Facciamo la rete?

Post on 17-Dec-2014

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Intervento per il seminario "Potenzialità e buone regole d'uso dei social network". San Benedetto del Tronto, 7 aprile 2010. Con Vincenzo Varagona, giornalista RAI, Giovanni Bonomo, Polizia Postale, e Fabio Curzi.

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Facciamo la rete? – Intervento al seminario “Potenzialità e buone regole d’uso dei Social Network” con Vincenzo Varagona, giornalista RAI, Giovanni Bonomo, Polizia Postale, Fabio Curzi. Coordinano Eleonora Camaioni e Gloria Marchetti, Friendly Media Communication. San Benedetto del Tronto, 8 aprile 2010.

Internet è una bella cosa. E’ talmente bella che c’è qualcuno che la candida al Premio Nobel per la Pace.

Dobbiamo prendere atto di alcune cose, se vogliamo averci a che fare. Non è una moda. Come dicono alcuni, Internet è qui per restare.

Capiamoci. Internet non collega i computer. Connette le persone.

Noi siamo la rete.

E’ una foto di famiglia. I miei nonni, maestri di campagna, mio padre e suoi fratelli e sorelle. Dagli anni ‘40 in casa nostra sono entrate la radio, la tv, i videogiochi e i telefoni, anche quelli cellulari.

Ah, poi gli anni 90 e Internet. Te li ricordi? Nel 1995 Yahoo e poi nel 1999 Google. E Youtube che è del 2005, l’altroieri, e sembra che ci sia da sempre e non puoi farne a meno.

Ma nel 1996 le cose succedevano anche da noi. Nasceva Topnet, nasceva Sinet, che distribuivano la rete nella nostra zona.

Chiariamo una cosa poi. Le reti sociali non nascono con Internet. Le reti sociali ci sono da sempre, tra le persone. Secondo Wikipedia “Una rete sociale (in inglese social network) consiste di un qualsiasi gruppo di persone connesse tra loro da diversi legami sociali, che vanno dalla conoscenza casuale, ai rapporti di lavoro, ai vincoli familiari. Le reti sociali sono spesso usate come base di studi interculturali in sociologia e in antropologia. ”.

I social network sites, in Internet, sono un’altra cosa. Danah Boyd ce lo spiega bene: “I social network sono servizi basati sul web che offrono tre macro-servizi integrati su un‟unica piattaforma:creare un proprio profilo pubblico o semi-pubblico all‟interno di un sistema delimitato;formare e articolare una lista di contatti con cui si condivide un legame (che può essere di amicizia, di lavoro, eccetera);vedere e navigare la propria lista di legami e quelle di altre/i all‟interno del sistema.”. Traduzione di Federica Fabbiani

La rete è fatta di persone che si collegano tra loro, con legami forti e deboli. Vincos ha provato a rappresentare ed analizzare i legami tra i blogger italiani.

Solo che poi in tutta questa rete si formano delle tribù. Ognuno di noi fa parte di più tribù, scegliendosi persone con cui condivide qualcosa di preciso. La passione per la politica, per uno sport o per un hobby o chissà cos’altro.

Non bisogna fraintendere il senso delle parole. Friend è un false friend, non significa amico, significa conoscente. Sì, quello lo conosco di vista. Così un follower non è un seguace, e hanno persino rinunciato a tradurlo, lasciandolo immutato.

Questo non è “un telefono”.

L’Italia al tempo di Facebook. Sessanta milioni di abitanti, di cui circa la metà connessa ad Internet. Un quarto del paese, metà dei navigatori on-line, ha un profilo Facebook.

Intorno a San Benedetto siamo a 170.000 profili Facebook.

Ma non c’è solo Facebook. A Netlog (quattro milioni d’italiani) sono iscritti cinquecentomila marchigiani. A Myspace, intorno a San Benedetto, sono iscritti oltre settemila profili (di cui 2899 donne). E a Badoo sono iscritti addirittura in 46.000.

C’era una volta IRC. In IRC c’era un canale, #sbt, dove si incontravano per chattare più di cento persone a sera. Tutte le sere, per anni. Dal 1998 in avanti, fino al 2005. Su sbt.onirc.it che è ancora online sono registrati 905 profili, ed il sito è fermo dal 2008.

Ho provato a fare un gioco. Vedere come i ragazzi di oggi, amici e amiche dei miei cugini più piccoli, usano il web. Hanno risposto in pochi giorni in trenta. A parte Facebook sembrano non utilizzare granchè la rete.

Ho provato, contemporaneamente, a sentire i vecchi contatti di IRC. Beh, in pochi giorni e solo col passaparola sono saltati fuori centoventi chatter di #sbt che oggi hanno intorno ai trent’anni. Dicono che la rete per loro era molto più aperta, frequentavano più siti contemporaneamente, più ambienti.

Un’altra cosa che è venuta fuori è che i ragazzi non sanno se i genitori usano o no Internet. E che parlano tramite il web ancora meno che dentro casa. Non si scambiano neppure link.

Qualche parola venuta fuori dai giovani.

Qualche parola dei “vecchi”.

Per stare in rete c’è bisogno di mettersi in sintonia con la rete. Secondo me alcune parole chiave, alcuni modi di intendere le cose devono diventare uno stile di vita. Quali sono? Condivisione, partecipazione, conversazione, sperimentazione, educazione e connessione. E poi dobbiamo imparare a chiedere permesso e a concedere il permesso.

Se poi volete passare a trovarmi sul mio sito, siete i bevenuti.