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Progetto Lauree Scientifiche Scienza dei Materiali - Attività Laboratori Regionali
Fotovoltaico innovativo
Unità coinvolte Cagliari, Torino, Milano,Roma
Breve descrizione degli scopi degli esperimenti
Il settore di attività sul fotovoltaico innovativo (celle a colorante o celle di Graetzel) affronta il
tema dell'impiego dell'energia solare per la produzione di elettricità mediante l'utilizzo di celle
fotovoltaiche a film sottile, in contrapposizione alla tecnologia del silicio cristallino, che, oggi,
rappresenta la tecnologia predominante a livello commerciale. Dette celle utilizzano coloranti
organici o ibridi organometallici, anche di origine naturale, legate a supporti inorganici (ossidi) di
basso costo e facile reperibilità.
In questo laboratorio si costruirà e si testerà un prototipo di cella di Graetzel utilizzando
materiali facilmente reperibili ed a costi limitati.
Fasi
1) descrizione dei principi di funzionamento della cella solare
2) preparazione del colorante organico e dell’elettrolita
3) preparazione dello strato adsorbente (anodo della cella) e del contro elettrodo (catodo)
4) assemblaggio della cella
5) caratterizzazione elettrica: misura della tensione di circuito aperto e dell’intensità di corrente di
cortocircuito in funzione di:
- densità di potenza di illuminazione
- sorgenti di luce utilizzate
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Celle Fotovoltaiche
Introduzione e background
Le celle solari convenzionali convertono la luce in elettricità sfruttando l’effetto
fotovoltaico che ha luogo all’interfaccia (giunzione p-n) tra materiali semiconduttori
e per questo motivo sono strettamente correlate alla tecnologia del silicio (diodi,
transistors, circuiti integrati, ecc.). Differentemente, le cosiddette celle solari a
colorante (dye-sensitized solar cells o DSSC), dette anche celle di Graetzel, dal nome
del professore di Losanna che le ha inventate, funzionano con un principio diverso,
in cui la funzione di assorbimento della luce e quella di separazione e trasporto delle
cariche (elettroni e buche) agli elettrodi vengono assolti da componenti le
quali,quindi, possono essere ottimizzate in maniera separata. L’assorbimento della
luce avviene grazie ad uno strato di fotosensibilizzatore o colorante, una molecola
(organica o organometallica) che viene chimicamente adsorbita sulla superficie di
nanoparticelle (le dimensioni di queste particelle sono di poche decine di
miliardesimi di metro, tipicamente 20 nanometri) di biossido di titanio (TiO2)
interconnesse tra loro a formare un film mesoporoso di alcuni micron di spessore (5-
15 µm; per confronto un normale nastro adesivo trasparente ha uno spessore di
circa 100 micron). Il film di ossido conduttore è depositato, tramite tecniche a basso
costo (serigrafia, deposizione a mano), su un vetro trasparente conduttore, ovvero
su una lastra di vetro ricoperta da un sottile film di ossido conduttore trasparente
(transparent conducting oxide, TCO). Il materiale conduttivo più utilizzato a tale
scopo è l'ossido di stagno drogato con fluoro (FTO). A volte può essere aggiunto un
secondo strato di TiO2 costituito da particelle più grandi (300-400 nm) che hanno lo
scopo di diffondere la luce che colpisce il film (scattering) e quindi aumentare
l’assorbimento della luce da parte del materiale attivo (il fotosensibilizzatore
colorante). Colpito dalla luce, il colorante passa allo stato energetico superiore dal
quale trasferisce, facilmente e velocemente, un elettrone al biossido di titanio il
quale, essendo un buon conduttore, lo trasporta efficacemente fino all’elettrodo (il
vetro conduttore). In seguito al trasferimento dell’elettrone il colorante rimane
carico positivamente, ovvero costituisce una carica positiva (buca), che viene
trasferita ad un composto mediatore che, ossidandosi (cedendo cioè un elettrone),
trasporta la carica positiva fino all’altro capo della cella, il contro-elettrodo o catodo.
Esaminando il principio di funzionamento di questa cella, i processi che vengono
messi in atto ricordano da vicino la fotosintesi clorofilliana, in cui una molecola
analoga a quelle di sintesi delle celle di Graetzel, la clorofilla, assorbe la luce solare
innescando il processo fotochimico che trasforma la luce solare in energia chimica.
Questo paragone fornisce un concreto esempio dell’importanza della relazione tra
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principi chimici e fisici. Nella fotosintesi, la piante “fissano” l’energia della luce solare
in legami chimici presenti in molecole organiche complesse, i carboidrati, che
assunti e bruciati da piante e animali, rilasciano nell’atmosfera biossido di carbonio
completando quel ciclo, reversibile e rinnovabile, che sta alla base della vita sulla
terra:
La fotosintesi che ha luogo grazie alle piante sulla terra e ai batteri negli oceani
produce otto volte il fabbisogno energetico dell’umanità: se riuscissimo a convertire
con un’efficienza del 10% l’energia solare su una superficie appena dell’1% delle
terre emerse, produrremmo il doppio dell’attuale richiesta di energia elettrica, ma
sebbene vengano costruite ogni anno celle al silicio per oltre 1 miliardo di Watt,
nessuna tecnologia ha ancora soppiantato l’uso dei combustibili fossili come fonte di
energia.
La cella di Graetzel
La cella di Graetzel richiama nel suo funzionamento la fotosintesi delle piante:
(1) usa una molecola, il colorante, analogo alla clorofilla per assorbire la luce e
produrre un flusso di elettroni. A differenza della clorofilla, tuttavia, le molecole
utilizzate vengono appositamente ingegnerizzate per assorbire più efficacemente la
luce solare e convertirla in elettroni;
(2) usa strati multipli per migliorare l’efficienza sia dell’assorbimento della luce sia
della raccolta di elettroni.
Come la fotosintesi, anche la cella di Graetzel è una macchina molecolare che supera
i confini della tecnologia microelettronica entrando in quel regno che è noto come
nanotecnologia. Le particelle di dimensioni nanometriche di biossido di titanio (TiO2
come fase anatasio) vengono distribuite su un vetrino conduttore, ovvero su una
lastra di vetro ricoperta da un sottile film di ossido conduttore trasparente TCO. Il
film depositato di biossido di titanio viene quindi asciugato e scaldato ad alta
temperatura (500 °C; questo processo si chiama sinterizzazione) in modo da formare
una struttura mesoporosa, con un’altissima area superficiale. Uno strato di molecole
di colorante viene quindi legato chimicamente (adsorbito) a ciascuna particella di
TiO2 tramite immersione del vetrino in un bagno del colorante per alcune ore:
possono essere utilizzati tutti quei coloranti che posseggono i giusti gruppi chimici
per legarsi al TiO2. Il dispositivo viene infine assemblato chiudendo a sandwich con il
contro elettrodo e introducendo tra i due elettrodi alcune gocce di una soluzione
elettrolitica che pervade l’intera cella chiudendo il circuito.
La presenza dello strato di TiO2 serve ad incrementare enormemente l’efficienza di
raccolta della luce, disperdendo il colorante su un’area vasta in maniera analoga a
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quanto avviene per la clorofilla nei cloroplasti. Poiché lo strato di colorante è
contemporaneamente, molto
dall’assorbimento della luce sono raccolti dal
Gli elettroni perduti dalle mol
dal mediatore, lo ione ioduro
sua volta elettroni dal contro
modo da ripristinare il ciclo.
Le reazioni coinvolte nel processo complessivo sono le seguenti:
1. colorante neutro in stato di riposo
eccitato (coppia elettrone-buca)
2. colorante eccitato + TiO2 →
3. colorante ossidato + 3/2 I
½ I3-
4. ½ I3- + e
- (contro-elettrodo)
Le particelle interconnesse di biossido di titanio agiscono da accettori di elettroni, lo
ione ioduro I- agisce da donatore di elettroni e il colorante funzio
“pompa” fotochimica. Nella fotosintesi
dal biossido di carbonio, dall’acqua e dalla clorofilla.
Figura 1 schematizzazione del funzionamento di una cella solare a colorante
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avviene per la clorofilla nei cloroplasti. Poiché lo strato di colorante è
molto sottile, quasi tutti gli elettroni prodotti
luce sono raccolti dal TiO2 .
Gli elettroni perduti dalle molecole di colorante vengono velocemente rimpiazzati
ioduro presente nella soluzione elettrolitica, il quale riceve a
elettroni dal contro-elettrodo (platino o carbonio su vetro conduttore
Le reazioni coinvolte nel processo complessivo sono le seguenti:
neutro in stato di riposo + luce → colorante nello stato energetico
buca)
→ e-( TiO2) + colorante ossidato (carico positivamente)
3. colorante ossidato + 3/2 I- → colorante neutro in stato di riposo (stato originale)
elettrodo) → 3/2 I-
particelle interconnesse di biossido di titanio agiscono da accettori di elettroni, lo
agisce da donatore di elettroni e il colorante funzio
“pompa” fotochimica. Nella fotosintesi questi tre ruoli sono svolti rispettivamente
dall’acqua e dalla clorofilla.
schematizzazione del funzionamento di una cella solare a colorante
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avviene per la clorofilla nei cloroplasti. Poiché lo strato di colorante è,
sottile, quasi tutti gli elettroni prodotti
ecole di colorante vengono velocemente rimpiazzati
presente nella soluzione elettrolitica, il quale riceve a
su vetro conduttore), in
nello stato energetico
(carico positivamente)
neutro in stato di riposo (stato originale) +
particelle interconnesse di biossido di titanio agiscono da accettori di elettroni, lo
agisce da donatore di elettroni e il colorante funziona come una
questi tre ruoli sono svolti rispettivamente
schematizzazione del funzionamento di una cella solare a colorante
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Lavoro sperimentale
Materiale occorrente:
Componenti per ciascuna cella:
• 2 vetrini conduttori 25 x 25 mm
• 3 – 4 gocce di TiO2 in sospensione acquosa
• colorante
• 2 gocce di soluzione elettrolitica a base della coppia triioduro/ioduro (I3-/I
-)
• soluzione a base di platino (Platisol) o grafite (una matita).
Strumenti necessari per l’assemblaggio della cella:
• nastro adesivo
• 2 clips
Preparazione
Vetrini conduttori:
o Vetrini conduttori (3 da ciascuna lastrina):
o determinare con un multimetro la faccia conduttrice di una lastrina
o incidere lievemente con la lama diamantata il lato isolante, appoggiando la
lastrina su un foglio di carta
o con un colpo lieve e deciso spezzare il vetro lungo l’incisione
TiO2 in sospensione acquosa:
o porre 3 g di TiO2 in un mortaio
o aggiungere 5 ml di acido nitrico (fino a pH 3-4): 1 ml alla volta, macinando
attentamente fino ad ottenere una crema senza grumi, della consistenza di una
vernice densa
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o trasferire la sospensione dal mortaio al crogiuolo e lasciarla riposare per circa 15
minuti (attenzione a non far formare bolle)
Colorante (in alternativa a questa preparazione si può usare una soluzione di
colorante sintetico già pronta):
• scegliere 2 - 3 more o lamponi
• una volta scongelati schiacciarli leggermente su un vetro d’orologio usando
una spatola (se necessario, aggiungere qualche goccia d’acqua)
• in alternativa, avvolgerli nello straccio di cotone e strizzarli facendo gocciolare
il succo sul vetro d’orologio
Soluzione elettrolitica (in alternativa a questa preparazione si può usare una
soluzione elettrolitica già pronta):
• 1 ml di glicole etilenico
• aggiungere 12.7 mg di I2 e agitare
• aggiungere 83 mg di KI
• agitare e conservare al buio
Procedura
1) Preparazione del vetro conduttivo
Questa sezione si concentra sulla preparazione dei substrati di vetro/FTO per coloro
che vogliono preparare i loro elettrodi da zero e dà consigli per la pulizia necessaria
prima di effettuare qualsiasi deposizione di materiale sul vetro conduttivo.
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Figura 2 Verifica della presenza di FTO sulla superficie di conduzione Figura 3 prepulizia dello strato conduttivo
a) Identificare il lato conduttivo
Le lastre di vetro contengono l’ossido trasparente conduttore (TCO) solo su un lato.
Poiché ad occhio nudo è difficile identificare il lato conduttore è necessario utilizzare
un multimetro. La deposizione dei materiali va sempre eseguita sul lato conduttivo,
che poi sarà rivolto verso l’interno della cella e farà parte dell’elettrodo. Un tester
impostato per misurare la resistenza dovrebbe in genere leggere circa 10 ohm,
quando le due punte sono poste a circa 1 millimetro di distanza (Figura 2). Questo
valore può variare a seconda del tipo di TCO. C'è anche un trucco semplice che non
richiede alcun strumento. Ciò è particolarmente utile per identificare quale è il lato
conduttore in qualsiasi momento durante l'assemblaggio. Raschiare (delicatamente
per non rischiare di rovinare lo strato) ogni dei due lati del vetro con una spatola di
plastica o anche con un’unghia. La parte conduttrice è quella che offre maggiore
attrito tra le due poiché il rivestimento TCO ha una superficie più ruvida rispetto al
vetro. Visivamente, il lato rivestito è anche quella che appare più “nebuloso”.
b) Pulizia del vetro conduttivo
E’ necessario pulire bene le lastre di vetro TCO prima di qualsiasi tipo di deposizione.
Assicurarsi di non utilizzare un sistema di lavaggio che potrebbe graffiare il lato
conduttivo, preferite sempre una spugna morbida (come quelle per pulire le posate
o cose simili). La scelta del detergente è anche importante. Saponi per lavare i piatti
non sono adatti per la pulizia del vetro TCO; preferite l'uso di detergenti specifici per
vetreria di laboratorio. Questi detergenti sono ottimizzati per non lasciare residui
dopo il risciacquo. Attenzione, dopo la pulizia risciacquate accuratamente le lastre di
vetro con acqua deionizzata per evitare tracce di minerali. Può anche essere usato
allo scopo alcool etilico. Per una più rapida asciugatura si può utilizzare un comune
asciugacapelli elettrico. Attenzione: d’ora in poi toccare le lastrine solo con le
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pinzette o per i bordi o usando dei guanti di lattice acquistabili nei supermercati o
nei negozi di bricolage.
2) L’ elettrodo di biossido di titanio: l’anodo della cella DSSC.
L'elettrodo di ossido di titanio (o titania) è costituito da uno strato di nanoparticelle
di biossido di titanio depositato sulla lastra di vetro TCO. Tale strato si ottiene
attraverso la deposizione di una pasta (ha la densità di un gel denso) che contiene
una sospensione di particelle di ossido di titanio. In commercio sono disponibili
formulazioni differenti adatte ad ogni tecniche di deposizione. Le particelle di titania
devono essere nell’intervallo di dimensioni di 10 - 40 nm, in modo che lo strato
risultante sia estremamente poroso una volta sinterizzato ad alta temperatura.
Figura 4 lo stato di Titania completato il processo di deposizione
Le nanoparticelle, dopo il riscaldamento, di solito portano ad un livello di
semitrasparenza il supporto vetroso/FTO su cui sono depositate. Ciò può essere
minimizzato con l'uso di particelle di titania più grandi, come descritto prima.
Esistono in commercio paste di titania già pronte per essere depositate e contenenti
nanoparticelle di diverse dimensioni e vari tipi di additivi. E' anche possibile
acquistare elettrodi di titania pre-assemblati. Nel nostro caso ci divertiremo a
preparare anche gli elettrodi, passo per passo.
a) Preparazione del sottofondo per la deposizione
Il metodo più semplice e più ampiamente usato per il deposito della pasta di ossido
di titanio su un substrato TCO è il cosiddetto metodo squeegee. La tecnica è
conosciuta anche come ”doctor blade” nella sua versione meccanizzata. Utilizza una
bacchetta di vetro cilindrica del diametro di circa 0.5 cm (o anche una lama o una
superficie piatta dura) per spalmare una piccola quantità di pasta di titania sul vetro.
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Con questa tecnica lo spessore dello strato di biossido di titanio deposititato è
determinata dallo spessore di un distanziale posizionato su entrambi i lati. Si
consiglia di utilizzare del comune Scotch quale ad esempio lo Scotch Magic della 3M
o Tartan tape (nastro adesivo bianco da carta) che hanno spessori di circa 50 micron.
Questi nastri possono essere facilmente rimossi dal vetro senza lasciare tracce di
colla.
Figura 5 e 6 prima fase della preparazione della deposizione squeegee: attaccare il nastro adesivo
Con il lato conduttivo rivolto verso l'alto, applicare due strisce parallele di nastro
adesivo sui bordi della lastra di vetro, coprendo circa 5-7 mm di vetro (Figura 5). La
zona di vetro scoperto nel centro del vetro è dove il biossido di titanio sarà
depositato. I bordi mascherati dal nastro daranno spazio per agganciare i contatti
elettrici del circuito esterno. Possiamo approfittare del nastro adesivo per tenere la
lastra di vetro in posizione corretta sul banco di lavoro (Figura 6). Questo consentirà
di evitare che la piastra si muova rendendo la deposizione molto più semplice.
b) Ripristinare una buona miscelazione della pasta di titania
La miscela di titania sotto forma di pasta densa può subire nel tempo delle divisioni
delle fasi che la compongono. Per questo motivo è bene assicurarsi di iniziare la
deposizione con una pasta omogenea:
- miscelare bene prima dell'uso - con una bacchetta di vetro o un attrezzo simile.
Evitate assolutamente di agitare il contenitore poiché questo creerebbe la
formazione di bolle d'aria nella miscela portando ad una deposizione non
omogenea della pasta sulla superficie del vetro in cui le bolle scoppiando
lascerebbero delle zone non coperte del vetro.
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Figura 7 rimescolamento della pasta di titania
c) Deposizione via metodo squeegee della pasta di titania
Applicare inizialmente una dose di pasta vicino al bordo superiore del vetro TCO tra i
due pezzi di nastro (attenzione non esagerate con le quantità!) (figura 8). Si può
stendere benissimo la pasta lungo tutta la superficie del vetro utilizzando una
bacchetta di vetro cilindrica o un vetrino da microscopio (preferibilmente molato sui
lati).Ripetete l'operazione fino ad avere un livello il più omogeneo possibile.
Figura 8 le varie fasi del procedimento di deposizione squeegee
Questa tecnica di deposizione può essere utilizzata anche per ottenere uno strato di
biossido di titanio leggermente più spesso. Questo può essere utile per aumentare
la conseguente produzione di elettricità della cella solare. Seguendo lo stesso
metodo, si possono sovrapporre due strati di nastro adesivo così da ottenere un
distanziatore più spesso per la deposizione della pasta.
Ci sono molti altri metodi di deposizione meccanizzati. Il metodo principale è la
serigrafia, che permette di deporre multistrati di biossido di titanio in modo
controllato e riproducibile. E’ il metodo più versatile e anche economico in vista di
un’applicazione industriale. Qui ci limiteremo al metodo manuale che risulta essere
nel contempo di semplice applicazione ed efficace nel produrre strati di spessore
approssimativamente costante.
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d) Sinterizzazione dello strato di titania
Per completare la deposizione dell’elettrodo di titania è necessario riscaldare il tutto
ad elevata temperatura. Con questo riscaldamento facciamo si che la parte dei
leganti della pasta di titania vengano allontanati attraverso una decomposizione
/combustione della frazione organica. Alla fina otterremo uno strato di solo ossido
di titanio sotto forma di nanoparticelle sinterizzate. Questo processo ha il duplice
effetto di assicurare il contatto elettrico tra le particelle e la buona adesione delle
stesse al substrato di vetro TCO. La sinterizzazione può avvenire in un forno o su una
piastra riscaldante programmabile. Innanzitutto è necessario rimuovere il nastro
adesivo utilizzato per la deposizione del film, poi bisogna porre la lastra di vetro
appena rivestita sul dispositivo di riscaldamento.
Figura 9 fase di sinterizzazione dell’elettrodo
Impostare la temperatura a 450 °C. Durante il riscaldamento è possibile osservare
che lo strato di biossido di titanio diventa prima marrone poi rilascia fumi di colore
giallognolo. Ciò indica l’evaporazione e combustione delle sostanze chimiche
utilizzate nella formulazione della pasta. Dopo un tempo compreso tra i 15 e i 20
minuti a 450 °C, lo strato di biossido di titanio appare di nuovo bianco o trasparente,
il che indica che il processo di sinterizzazione è completato. Occorre lasciare che il
dispositivo di riscaldamento si sia raffreddato prima di togliere il vetro col film
depositato. Un improvviso cambiamento di temperatura del supporto di vetro e
dello strato appena sinterizzato di titania possono provocarne la rottura sia dello
strato, sia del vetro.
Lo strato di nanoparticelle di titania assorbe l'umidità dell'aria con estrema facilità.
E’ bene assicurarsi di conservare gli elettrodi sinterizzati in un ambiente chiuso e
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secco subito dopo la cottura. Nel caso in cui la cella venga assemblata subito dopo
l’operazione di sinterizzazione, si può trascurare questa precauzione.
e) Creazione dello spazio per i contatti elettrici e/o per la tenuta dei morsetti del tester
L'elettrodo sinterizzato di titania deve prevedere uno spazio non coperto dal film
per il successivo collegamento elettrico. Per fare questo si può rimuovere, ad una
delle estremità, il film di titania con un attrezzo non metallico. L'area di deposizione
della titania dovrebbe essere limitata al centro del piatto di vetro (figura 10).
Figura 9 rimozione dell’eccesso di titania (sinistra); elettrodo finito (destra)
f) Adsorbimento del colorante sul film di titania
In questa metodica ci concentreremo su coloranti di origine naturale, anche se
meno efficienti dei coloranti sintetici che vengono appositamente ingegnerizzati. Le
piante verdi e i loro frutti sono una fantastica fonte di coloranti naturali che
assorbono la luce visibile. I pigmenti rossi che si trovano nei lamponi o nelle more
possono funzionare particolarmente bene nelle DSSC.
I frutti rossi sono molto utili per la sperimentazione nei corsi di formazione, in cui
l'uso dei coloranti sintetici può essere un problema a causa degli elevati costi. La
sensibilizzazione di biossido di titanio con tinture naturali consiste in un ammollo
nell’estratto di frutti sotto forma di purè o, preferibilmente, di succhi. La completa
deposizione del colorante può richiedere da alcuni minuti a diverse ore. In questa
fase le molecole di colorante dal succo di frutta vengono chimicamente legate
(adsorbite) dalle particelle di biossido di titanio.
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Figura 10 la fase di deposizione del colorante sullo strato sinterizzato di titania
Per ottenere il succo è possibile utilizzare succhi pronti, avendo l’accortezza di
filtrarli su carta da filtro per eliminare i residui di particella del frutto di maggiori
dimensioni, oppure utilizzare frutta fresca. In quest'ultimo caso occorre frantumare
i frutti rossi (more, mirtilli o lamponi) in una capsula di Petri o un contenitore
analogo. Attenzione: i frutti devono essere in quantità sufficiente per ottenere un
volume di succo adeguato a ricoprire completamente l’elettrodo di titania.
Il processo di sensibilizzazione dura da poche ore fino a 1 giorno intero. E’
opportuno attendere almeno 4 ore per consentire una concentrazione
sufficientemente elevata delle molecole di colorante sulla superficie delle nano
particelle di titania.
Al termine del processo di adsorbimento del colorante, rimuovere l'elettrodo
colorato e sciacquarlo con etanolo per eliminare le molecole che non si sono legate
chimicamente e che quindi saranno inerti. Attendere qualche minuto per far
evaporare l'etanolo o usare un asciugacapelli per asciugare delicatamente
l'elettrodo più velocemente. La titania risultante dovrebbe ora apparire rossa in
tutta la sua superficie.
3) Il contro-elettrodo o catodo
Il catodo di una cella DSSC è a base di un vetro conduttore FTO ricoperto da un
sottile strato di platino. In alternativa si può depositare uno strato di carbonio (nel
nostro caso grafite). L'alternativa del carbonio, anche se meno efficace rispetto al
platino, è più facile da preparare e meno costosa da realizzare, il che la rende
interessante per scopi didattici. Lo strato di carbonio o platino così depositato agisce
da catalizzatore per la reazione di rigenerazione dello ione ioduro (reazione 4) e
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deve perciò coprire interamente il vetrino tranne per una striscia di 4-5 mm che
servirà come contatto elettrico.
a) Da una matita
Le matite possono essere una comoda fonte di carbonio molto facile da applicare.
Iniziate con una lastra di vetro TCO/FTO di dimensioni analoghe a quella
dell’elettrodo di titania. Coprire tutta la superficie conduttiva passando su di essa la
matita. Dopo questo procedimento un discreto strato di carbonio rimarrà attaccato
al vetro. L’ elettrodo è pronto per essere assemblato nella cella, senza bisogno di
cottura o altri procedimenti.
b) Da una candela
Un altro modo per ottenere un elettrodo a base di carbone è attraverso la
deposizione di fuliggine da una candela accesa. Iniziate con una lastra di vetro
TCO/FTO di opportune dimensioni. Accendete una candela e tenete in prossimità
della fiamma il pezzo di vetro TCO con lato conduttivo verso il basso a circa 10 cm al
di sopra della fiamma. Il nerofumo è un agglomerato di particelle carboniose che
proviene dalla combustione incompleta delle cere di cui è fatta la candela; questo si
deposita sotto forma di un film nero sul lato del vetro conduttivo TCO.
Figura 11 preparazione del contro elettrodo attraverso al deposizione di uno strato di nerofumo
Il processo è molto veloce e quindi non è necessario ripeterlo. Uno strato grigio
omogeneo tendente al nero è sufficiente.
Attenzione: Lasciate la lastra di vetro a raffreddare su una superficie adatta prima di
procedere all’assemblaggio della cella; questo vi eviterà spiacevoli scottature e
preverrà la rottura del vetro TCO.
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c) Dal platino
In alternativa ricoprire il lato conduttore del vetrino con uno strato di platino,
spennellando la soluzione Platisol.
4) Assemblaggio degli Elettrodi
Abbiamo visto come preparare un anodo di FTO/titania e un catodo a base di
FTO/carbonio. Vediamo ora come assemblare i due elettrodi in una cella solare.
Quando gli elettrodi sono messi insieme, i lati attivi dell'anodo e del catodo saranno
uno di fronte all'altro. In altre parole, il biossido di titanio colorato dovrà affacciare il
contro-elettrodo di carbonio. Il vuoto lasciato tra le due lastre di vetro sarà riempito
con la soluzione liquida elettrolitica durante la fase finale.
a) Rapido e facile: la configurazione di cella aperta
Iniziate a prendere gli elettrodi appena fatti. Appoggiare il primo vetrino su una
superficie piana con il lato con lo strato di titania/colorante rivolto verso l’alto e
adagiare delicatamente sopra di esso il contro-elettrodo con lo strato di carbonio
rivolto verso il basso, lievemente sfalsato in modo da lasciare esposto il bordo
scoperto della prima lastrina: le due estremità libere, di 4-5 mm, serviranno come
contatti elettrici. Affinché la cella funzioni correttamente è importante che non ci
siano tracce d’acqua sullo strato di TiO2/colorante prima di aggiungere la soluzione
elettrolitica.
Figura 12 assemblaggio degli elettrodi
b) Sigillanti
Normalmente si utilizza una resina che, per riscaldamento, sigilla le pareti della cella
per evitare le contaminazione esterne e la fuoriuscita della soluzione elettrolitica
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che viene introdotta nel passaggio finale. Noi useremo semplicemente delle clip
normalmente impiegate per rilegare fogli di carta (Figura 12, riquadro centrale) al
fine di mantenere a contatto l’uno con l’altro gli elettrodi. Tale cella deve essere
immediatamente riempita con la soluzione dell’elettrolita poiché l’esposizione degli
elettrodi all’aria ne provoca un rapido deterioramento.
c) Riempimento della cella con l’elettrolita
Lo spazio che si è creato tra i due elettrodi deve essere ora riempito con la soluzione
elettrolitica per chiudere il circuito elettrico interno della cella e così completare la
cella DSSC. Questo avviene per effetto capillare a celle aperte. Si consiglia di
riempire le celle con l’elettrolita non appena gli elettrodi siano assemblati insieme
come descritto al punto precedente.
Dopo che gli elettrodi sono stati assemblati con le due clips, iniziate a riempire con
l’elettrolita versando con una pipetta qualche goccia (1-2 gocce saranno sufficienti)
di elettrolita all'interfaccia tra le due lastre di vetro. Attenzione: la soluzione
elettrolitica è ossidante e corrosiva e non deve andare a contatto con la pelle. Per
svolgere questa operazione è necessario utilizzare un paio di guanti protettivi o far
svolgere l’operazione ad un ricercatore esperto. Osservate come il liquido venga
trascinato per effetto capillare nella cella. Se necessario, ripetete l'operazione finché
l'intera superficie interna della cella solare appaia bagnata dalla soluzione
elettrolitica. Pulite il liquido in eccesso con carta assorbente.
La cella solare a colorante è a questo punto è completata e OPERATIVA e durerà
fintanto che il solvente evaporerà seccando l’ elettrolita.
Figura 12 la fase finale di assemblaggio, l’introduzione dell’elettrolita
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Dal momento che l'assemblaggio è stato fatto con una cella aperta, senza resina
sigillante, la performance della cella diminuisce rapidamente nel tempo. Questo
assemblaggio però consentirà di avere tutto il tempo sufficiente per misurare e
dimostrare la produzione elettrica del dispositivo fotovoltaico.
5) Test delle performance della cella solare
È ora di fare un tentativo!
Figura 13 Infine : la misura della corrente disponibile !
Collegate attraverso dei morsetti a coccodrillo un multimetro nella modalità
voltaggio (simbolo V sull’apparecchio), polo negativo (cavo nero) verso l'anodo
(elettrodo di titania) e polo positivo (cavo rosso) al contro-elettrodo (FTO/carbone).
Misurate la tensione a circuito aperto Voc con l'illuminazione in pieno
sole……dovrebbe essere di circa 0.6 V. Allo stesso modo, in modalità corrente DC
(simbolo A) misurate la corrente di corto circuito Isc della cella solare. Questo valore
può variare notevolmente a seconda della geometria della cella e delle condizioni di
luce, così come altri parametri interni alla cella, tra cui lo spessore dello strato di
titania e la composizione dell’elettrolita.
Se non avete a disposizione il sole, preferite una lampade ad incandescenza o
alogena rispetto alle lampade fluorescenti.
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Misure delle curve I/V
Se avete a disposizione uno multimetro digitale che consente di misurare
l’andamento corrente (I) contro voltaggio (V) potete fare qualcosa di più accurato e
calcolare alcuni dei parametri caratterizzanti di una cella DSSC, tra cui anche
l’efficienza globale di conversione della luce solare in elettricità, che rappresenta il
parametro più qualificante di un dispositivo fotovoltaico. Ricordiamo che la massima
efficienza raggiunta oggi da una cella DSSC si aggira attorno al 13%, contro il 15-20%
dei pannelli a base di silicio cristallino. Questo è il tipo di caratterizzazione che
utilizzano i ricercatori che studiano i dispositivi fotovoltaici di nuova generazione!
Impostate il vostro strumento in modo da ottenere una scansione di voltaggio tra -
0.1 e 0.8 V e misurate i valori di corrente (espressa in mA) in corrispondenza
dell’intervallo impostato di voltaggio.
Attenzione: dovrete fare due misure
1) In assenza di luce (potete coprire la cella con un panno scuro)
2) In presenza di luce solare
Ora inseriamo in un grafico i dati ottenuti. Quello che otterrete sarà una curva simile
a quella proposta in Figura 14. Dove la curva incontra gli assi x (voltaggio) e y
(corrente) potete leggere rispettivamente il voltaggio di circuito aperto Voc e la
corrente di corto circuito Isc, come già ottenute col multimetro.
0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8
0,0030
0,0025
0,0020
0,0015
0,0010
0,0005
0,0000
-0,0005
-0,0010
Cella illuminata
Cella al buio
Cu
rre
nt
[A]
Voltage [V]
Figura 14 Curva I/V di una cella DSSC
X Voc
Impp
Vmpp
X
X ISC
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Dalle due curve possiamo misurare alcuni punti caratteristici del sistema che ci
permetteranno di analizzare le prestazioni delle celle a coloranti.
Calcolo dei parametri caratteristici di cella
Oltre ai valori di Voc e Isc applicando una semplice formula possiamo misurare il fill
factor (FF) che stima la potenza massima di picco (data dal prodotto tra la corrente e
il voltaggio al punto di massima potenza, rispettivamente Impp e Vmpp) in rapporto al
prodotto tra la massima corrente e voltaggio (ISC x VOC) ottenibile dalla cella.
FF = Fill Factor (attenzione è sempre un numero < 1)
FF=I mpp× V mpp
I SC× V OC
dove:
Voc = tensione di circuito aperto
Icc = corrente di corto circuito
Impp e Vmpp = corrente e della tensione al punto di massima potenza
Avendo a disposizione il sole o una lampada con un’analoga potenza radiante (circa
300-500 W) possiamo anche calcolare l’efficienza di conversione effettiva (in %)
della cella solare a colorante, attraverso l’equazione:
ηe=V OC× I SC× FF
P in
dove:
Pin = densità di potenza della luce incidente (standardizzata a 1000 W/m2 con una
distribuzione spettrale di intensità pari a quella che presenta il sole sulla superficie
terrestre con un angolo solare zenith di 48.2°; questo spettro standard si chiama
spettro AM1.5). Lo spettro AM1.5 è quello che viene mediamente osservato
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realmente alle medie latitudini terrestri. Per questo motivo viene utilizzato come
standard dalla ricerca e industria fotovoltaica.