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0011-8524/5 - see front
doi: 10.1016/j.cadmos.20
PATOLOGIA SPECIALE
La patologia odontostomatologicaassociata alla malattia celiaca:revisione della letteraturaOral manifestations of celiac disease:a review of the literature
A. Gentile*, M. Boss�u, G.L. Sfasciotti, A. Polimeni
Universit�a degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche,UOC di Odontoiatria Pediatrica, Azienda Policlinico Umberto I (Direttore: prof. A. Polimeni)
Ricevuto il10 giugno 2010
Accettato il30 settembre 2010
Disponibile online13 gennaio 2011
*Autore di riferimentoAlessandro Gentile
alexgentile@supereva.it
Riassunto
Obiettivi. Valutare l’associazione tra la malattia celiaca e alcune tra le pi�u
comuni patologie di interesse odontostomatologico. Materiali e metodi.
Un’attenta revisione della letteratura scientifica internazionale �e stata con-
dotta su Medline ed Embase mediante l’utilizzo di appropriate parole
chiave. Risultati. Dalla ricerca �e emerso che i difetti dello smalto dei denti
sia decidui sia permanenti sono le lesioni orali pi�u comunemente associate
alla celiachia, mentre �e stata rilevata una meno evidente associazione con
la stomatite aftosa ricorrente. Conclusioni. I pazienti che presentano difetti
dello smalto sistematici devono essere sottoposti a uno screening per la
malattia celiaca anche in assenza di sintomi gastrointestinali.
Parole chiave:* Malattia celiaca* Difetti dello smalto* Stomatite aftosa ricorrente* Glutine* Manifestazioni orali
matter � 2010 Elsevier Srl. Tutti i dirtti riservati.
10.11.014
Abstract
Objectives. The aim of this study is to review the association between
celiac disease and several of the most common lesions of the oral cavity.
Materials and methods. A careful literature search was conducted in the
Medline and Embase databases using appropriate key words. Results.
Enamel defects involving the deciduous and permanent teeth are the oral
lesions most commonly associated with celiac disease. The review revealed
only a weak association between celiac disease and recurrent aphthous
stomatitis. Conclusions. Patients with systematic defects of the dental
enamel should be screened for celiac disease, even in absence of gastro-
intestinal symptoms.
Key words:* Celiac disease* Enamel defects* Recurrent aphthous stomatitis* Gluten* Oral manifestations
1. Introduzione
La malattia celiaca (MC) �e una patologia infiammatoria cronica
che colpisce, in toto o parzialmente, la mucosa dell’intestino
tenue, determinandone il progressivo appiattimento fino alla
completa scomparsa dei villi. Insorge di solito, in individui gene-
ticamente predisposti, in seguito all’assunzione di glutine, un
complesso di glicoproteine contenuto in diversi cereali quali il
grano, l’orzo e la segale. �E caratterizzata dalla presenza di un
infiltrato infiammatorio cronico, con stravolgimento della normale
architettura della mucosa intestinale fino all’atrofia, cui conse-
guono gradi diversi di malassorbimento e malnutrizione [1].
�E una malattia relativamente frequente che ancora oggi, pur-
troppo, viene diagnosticata in una percentuale di casi di gran
lunga inferiore rispetto a quella reale, essendo spesso misco-
nosciuta a causa dell’esistenza di numerose forme oligosinto-
matiche o anche clinicamente del tutto silenti. Si ritiene, infatti,
che la sua prevalenza nella popolazione generale si attesti
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A. Gentile et al.
intorno all’1%, con una maggiore predilezione per il sesso fem-
minile (rapporto F:M = 3:1) [2].
L’intolleranza non �e determinata tanto dal glutine nel suo com-
plesso, quanto piuttosto da una sua frazione chiamata glia-
dina, che rappresenta l’antigene in grado di indurre l’attiva-
zione della risposta immunitaria a livello della mucosa
intestinale [3].
La MC pu�o insorgere in qualsiasi periodo della vita, sebbene
nella sua forma classica si manifesti solitamente tra il sesto e il
dodicesimomese di vita, all’epoca dello svezzamento, quando il
bambino passa da un’alimentazione esclusivamente lattea a
un’altra composta per lo pi�u da cibi contenenti glutine. Le ma-
nifestazioni cliniche sono molto varie poich�e, oltre ai classici
sintomi gastrointestinali e di malassorbimento, quali diarrea, di-
stensione e dolori addominali, vomito, anoressia e arresto della
crescita, ne possono essere presenti anche altri pi�u o meno
evidenti e sfumati, come malessere generale, disturbi psicolo-
gici, anemia sideropenica, artrite, osteoporosi, stomatite aftosa
ricorrente (SAR) e anomalie dello smalto dentario [4].
Il glutine di per s�e ha uno scarso valore nutrizionale a causa della
carenza di amminoacidi essenziali quali la lisina e il triptofano.
Tuttavia, poich�e consente alle farine di grano di formare con
l’acqua un impasto resistente ed elastico, �e talmente importante
nel processo di produzione del pane che il suo contenuto nelle
attuali variet�a di frumento �e pari al 50% delle proteine totali.
In passato la MC era considerata una patologia tipica dell’infan-
zia e veniva diagnosticata solo quando si manifestava con la sua
sintomatologia caratteristica. Nell’ultimo ventennio, invece, si �e
assistito a una chiara modificazione delle modalit�a di presenta-
zione, soprattutto grazie alla maggiore tempestivit�a della dia-
gnosi in et�a pediatrica e alla pi�u attenta valutazione dei sintomi
sfumati propri dell’adolescente e dell’adulto [5].
Il classico quadro del bambino distrofico con diarrea cronica e
addome prominente �e divenuto sempre pi�u raro e ha ceduto il
posto a una molteplicit�a di manifestazioni cliniche atipiche.
Pertanto, occorre prestare attenzione a segni quali l’anemia da
carenza di ferro, soprattutto se refrattaria alla terapia, la com-
parsa e il persistere di afte orali, la bassa statura, la dermatite
erpetiforme e le anomalie dello smalto dei denti. Oltre alle due
suddette forme cliniche, in letteratura sono riportate altre due
condizioni denominate rispettivamente celiachia silente e
potenziale.
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Le forme silenti sono riscontrabili in soggetti che, pur in pre-
senza delle lesioni intestinali caratteristiche, non mostrano
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segni evidenti di malattia. Il 10-15% dei parenti di primo grado
di soggetti con celiachia presenta una mucosa intestinale
atrofica in assenza di sintomi ed �e questo il motivo per cui si
raccomanda in tutti i casi lo screening sierologico dei familiari
dei pazienti.
*
Nelle forme potenziali, invece, la mucosa intestinale appare diaspetto normale, ma allo stesso tempo sono rilevabili tutti i
segni della reattivit�a immunitaria alterata tipica della celiachia.
In tali casi i sintomi conclamati si possono evidenziare con il
trascorrere del tempo, pi�u frequentemente fra il terzo e il sesto
decennio di vita [6,7].
La strategia terapeutica da attuare nei soggetti celiaci consiste
esclusivamente nell’instaurazione di una dieta totalmente priva
di glutine, che permette la regressione fino alla scomparsa di tutti
i sintomi della malattia e di gran parte delle manifestazioni pato-
logiche a essa correlate.
1.1. Cenni storici
La prima descrizione di questa patologia si deve al medico greco
Areteo di Cappadocia, vissuto tra il I e il II secolo d.C., che
descriveva un’enteropatia cronica da lui denominata “diatesi
celiaca”, ossia alterazione intestinale, che si presentava con feci
di aspetto caratteristico e con unamaggiore frequenza nel sesso
femminile.
Nel 1888 Samuel Jones Gee descrisse in modo esemplare il
quadro clinico della forma tipica della malattia nell’infanzia e intu�ı
che la causa scatenante fosse qualche sostanza contenuta negli
alimenti.
Nel 1889 Gibbons sottoline�o come questa patologia colpisse
soprattutto i bambini e afferm�o che a causarla fossero sostanze
tossiche derivanti da alimenti non digeriti.
Nel 1903Cheadle denominava laMC “acholia”, poich�e le feci dei
malati erano chiare a causa del notevole contenuto di lipidi.
Nel 1908 Herter suppose che tale patologia fosse dovuta a
un’infiammazione dell’intestino provocata dall’eccessivo svi-
luppo della flora batterica locale, e la denomin�o “infantilism from
chronic intestinal infection”.
Uno studio pubblicato da Sidney Hass nel 1924 dimostrava la
remissione della sintomatologia in alcuni soggetti trattati con una
dieta di sole banane.
Tuttavia fu solo dopo la seconda guerra mondiale che il pediatra
olandese William Karel Dicke intu�ı il ruolo causale del glutine, a
partire dall’osservazione che i suoi pazienti, che lamentavano
La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura
vomito, dolore e distensione addominali, dimagramento e feci
untuose e maleodoranti, erano migliorati durante il periodo bel-
lico, quando erano stati costretti a nutrirsi con una dieta a base di
patate, ma erano ricaduti una volta terminato il conflitto, quando
avevano ripreso a consumare pane e altri alimenti contenenti
glutine. Tali riscontri portarono all’introduzione della terapia die-
tetica senza glutine, che rimane tuttora l’unica realmente effi-
cace e che ha permesso di ridurre drasticamente i casi di
mortalit�a [4].
[(Fig._1)TD$FIG]Fig. 1
Fig. 1 Iceberg celiaco
2. Epidemiologia
Fino a pochi anni fa la MC era considerata una condizione
piuttosto rara, con ampie differenze di incidenza nelle diverse
aree geografiche. Le casistiche internazionali riportavano,
infatti, dati molto variabili tra i vari Paesi, sia per la difficolt�a
di identificare i casi atipici sia per le differenti modalit�a di insor-
genza della malattia. In Europa, per esempio, si riscontrava
una notevole differenza tra gli Stati meridionali, dove vi �e una
maggiore incidenza della forma clinica precoce, e quelli set-
tentrionali, in cui invece prevale la forma tardiva e atipica, con
la sola eccezione della Svezia, dove le abitudini alimentari e il
patrimonio genetico hanno favorito la selezione di una popo-
lazione ad alto rischio.
La prevalenza della celiachia nel nostro continente �e stata diver-
samente riportata in passato, con medie che andavano da
1:1.000 a 1:4.000, a eccezione della Svezia ove i valori registrati
si avvicinavano a 1:300. Tali dati si basavano sui soli casi di
malattia conclamata e le differenze probabilmente erano solo
apparenti e, verosimilmente, da ricondurre al polimorfismo cli-
nico della malattia e alla sua non sempre facile riconoscibilit�a,
anzich�e a fattori ambientali [8].
Negli anni successivi la diffusione nella pratica clinica della
ricerca e del dosaggio degli anticorpi antigliadina (AGA),
degli anticorpi antiendomisio (EMA) e, nell’ultimo decennio,
degli anticorpi antitransglutaminasi tissutale (anti-tTG) ha
fatto s�ı che un numero sempre maggiore di patologie, che
in precedenza non trovavano una spiegazione, potessero
essere ricondotte a un quadro di MC atipica, silente o poten-
ziale [7].
Da queste recenti acquisizioni �e scaturita l’idea di paragonare la
popolazione dei celiaci a un iceberg, la cui parte emersa com-
prende le forme conclamate, mentre quella sommersa include i
casi atipici, silenti e potenziali che possono sfuggire alla diagnosi
e che ancora oggi costituiscono purtroppo la porzione pi�u con-
sistente di tale popolazione (fig. 1) [9].
In Italia e in altri Paesi europei la MC �e attualmente considerata
una delle patologie pi�u frequenti in assoluto, sebbene, a diffe-
renza di altremalattie croniche, sia curabile al 100%, almeno fino
a quando non si siano instaurate complicanze irreversibili (linfomi
non Hodgkin del tratto gastrointestinale).
D’altra parte, alla luce del gran numero di condizioni patologiche
associate alla celiachia che possono essere risolte o evitate
semplicemente instaurando una dieta priva di glutine, potrebbe
essere utile uno screening a largo raggio su tutta la popolazione
(tabella I).
Un’altra acquisizione recente riguarda il fatto che la celiachia non
�e pi�u considerata un problema esclusivo del mondo occidentale,
ma �e oggi segnalata con frequenza elevata anche in aree in via di
sviluppo quali l’Africa del Nord, il Medio Oriente e l’India, regioni
dove spesso il quadro clinico dellamalattia �e drammatico perch�e
interessa soggetti gi�a provati dalla malnutrizione e dalle infezioni
intestinali endemiche e dove, oltretutto, �e difficile pensare all’ap-
plicazione del trattamento dietetico, vista la carenza genera-
lizzata di cibo. Un dato abbastanza curioso e significativo �e
rappresentato dal fatto che la pi�u alta prevalenza della MC nel
mondo (5,6%) �e stata registrata fra i Saharawi, una popolazione
di origine arabo-berbera che vive nel Sahara occidentale
[8,10,11].
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Tabella I Principali patologie associate alla malattia celiaca
Diabete mellito insulino-dipendente
Tiroiditi autoimmuni, epatite autoimmune, cirrosi biliare primitiva
Artrite reumatoide giovanile, lupus erimatoso sistemico,
polimiosite, sindrome di Sj€ogren, miastenia grave
Epilessia con e senza calcificazioni cerebrali, atassia cerebellare,
neuropatia periferica, sclerosi multipla
Dermatite erpetiforme
Anemia emolitica autoimmune
A. Gentile et al.
3. Patogenesi
Lo sviluppo della MC deriva dalla contemporanea presenza di
due fattori fondamentali: uno genetico, individuato nel rilievo di
un particolare aplotipo di antigeni umani leucocitari (HLA), e
l’altro ambientale, rappresentato dal glutine.
L’importante ruolo svolto dai fattori ereditari �e dimostrato
dall’osservazione che l’8-10% dei familiari di primo grado dei
celiaci �e affetto dalla malattia, in modo silente o manifesto, e dal
fatto che esiste una concordanza in oltre il 75% dei gemelli
monozigoti [10].
L’intolleranza al glutine viene trasmessa geneticamente attra-
verso il sistema di identificazione degli HLA ed �e legata in parti-
colare alla presenza dei geni della classe II DQ2 e DQ8, frequen-
temente associati con quelli dei sottogruppi DR3, DR5 e DR7.
In una modesta percentuale di pazienti celiaci (8%) la predispo-
sizione �e legata alla presenza dell’aplotipo DQ8-DR53, ugual-
mente dotato di alta affinit�a per la gliadina [2].
I geni dell’HLA sono essenziali nel determinismo della malattia,
ma non bastano da soli a spiegare l’intero meccanismo della
risposta immunitaria: senza di essi la celiachia non si sviluppa,
tuttavia chi li possiede senza produrre gli anticorpi specifici con-
tro la gliadina e l’endomisio non ha l’intolleranza franca. In pra-
tica la presenza di uno degli aplotipi sopra menzionati ha un
valore predittivo positivo molto basso, mentre, al contrario,
l’assenza ha un valore predittivo negativo estremamente
elevato.
Studi recenti, inoltre, hanno dimostrato la presenza sui cro-
mosomi 11 e 5 di aree nelle quali �e suggestivo che siano
localizzati i geni che, in unione ai loci di istocompatibilit�a
HLA suddetti, determinano l’espressivit�a clinica della malat-
tia. Ci�o potrebbe permettere in un futuro prossimo di indivi-
duare l’intimo meccanismo fisiopatologico alla base di questa
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condizione e di diagnosticarla tramite l’utilizzo di test genetici
gi�a alla nascita, in epoca quindi precedente alla prima espo-
sizione al glutine [3]. �E lecito pensare, infatti, che la
“costituzione celiaca” sia scritta nei geni, mentre le influenze
ambientali, quali l’et�a dello svezzamento e la quantit�a di glu-
tine assunto, intervengano solo sulle modalit�a di espressione
della malattia.
La gliadina �e l’estratto glicoproteico solubile in alcol del glutine, il
quale a sua volta �e contenuto nell’endosperma dei semi del
grano. Le prolammine dell’orzo e della segale risultano essere
ugualmente tossiche, in quanto presentano sequenze simili di
amminoacidi a elevato contenuto di glutammina e prolina, men-
tre quelle dell’avena, che fino a pochi anni fa erano considerate
dannose, sembrano al contrario relativamente ben tollerate dai
pazienti con celiachia. La spiegazione potrebbe risiedere nel
minore contenuto di prolina e nel fatto che esse costituiscono
solo il 5-10% delle proteine totali dell’avena.
�E possibile separare elettroforeticamente quattro frazioni della
gliadina (alfa, beta, gamma e omega), di lunghezza variabile da
250 a 650 amminoacidi e di peso molecolare compreso tra 30 e
75 kDa. La sequenza strutturale della alfa-gliadina �e stata svelata
nel 1984: si tratta di una proteina costituita da 266 amminoacidi
ad alto contenuto di glutammina. Non tutta la molecola ha la
capacit�a di provocare l’intolleranza; infatti, la porzione corrispon-
dente alla sequenza di amminoacidi 31-43 si �e rivelata immuno-
logicamente attiva nella stimolazione della produzione di AGA.
Il contatto con la gliadina induce un aumento consistente nella
produzione di molecole HLA-DR e DQ da parte degli enterociti,
con relativa presentazione dell’antigene ai linfociti T della lamina
propria. In particolari condizioni, le cellule epiteliali della mucosa
intestinale acquisiscono infatti la capacit�a di esprimere sulla loro
superficie basale questemolecole di istocompatibilit�a di Classe II
e si comportano, quindi, da vere e proprie cellule presentanti
l’antigene (APC). In condizioni normali, solo sostanze tossiche o
patogene, prelevate dal lume intestinale mediante endocitosi,
sono in grado di combinarsi con molecole HLA ed essere pre-
sentate ai linfociti. Nel celiaco, per�o, anche la gliadina viene
legata alla superficie della cellula e introdotta in vescicole di
endocitosi. L’espressione delle molecole HLA di Classe II sulla
superficie dellamembrana cellulare �e solitamente una peculiarit�a
delle cellule immunocompetenti e la loro espressione ectopica
sulle cellule parenchimali �e considerata da alcuni autori come un
evento necessario allo sviluppo di autoimmunit�a d’organo. Di
conseguenza, l’espressione di molecole HLA da parte degli
La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura
enterociti delle cripte potrebbe essere un fenomeno importante
nella patogenesi della celiachia [5].
Nel celiaco il glutine viene riconosciuto dalle APC come un anti-
gene estraneo, portato sulla superficie cellulare e presentato ai
linfociti T che, a loro volta, attivano una serie di mediatori cellulari,
le citochine, le quali scatenano una risposta immune che si
sviluppa dapprima con una fase infiltrativa e un aumento mas-
sivo dei linfociti intraepiteliali, successivamente con una fase
iperplastica che comporta l’allungamento delle cripte e, infine,
con una progressiva riduzione in altezza dei villi intestinali fino
all’atrofia [4].
4. Diagnosi
I protocolli per la diagnosi della MC hanno subito numerose
modifiche nel corso degli ultimi anni, allo scopo di ottenere
una maggiore semplificazione delle procedure. Infatti, fino a
pochi anni fa si faceva riferimento ai criteri stabiliti nel 1977 dalla
European Society of Paediatric Gastroenterology, Hepatology
and Nutrition (ESPGAN), che consistevano nel rilievo di una
mucosa digiunale atrofica con malassorbimento, nel migliora-
mento clinico e istologico dopo dieta priva di glutine e nella
recidiva in seguito alla sua reintroduzione (challenge). Tutto ci�o
richiedeva, per�o, l’esecuzione di ben tre esami endoscopici con
relativi prelievi bioptici, preceduti da due test di valutazione
dell’assorbimento intestinale: quello dell’eliminazione dei grassi
con le feci (steatorrea) e quello dell’assorbimento e della clear-
ance dello xilosio (xilosemia e xilosuria) [3].
In effetti ancora oggi il gold standardper la diagnosi della MC �e
rappresentato dalla dimostrazione istologica di mucosa atrofica
che regredisce dopo una dieta priva di glutine, sebbene tale
criterio si dimostri valido soltanto nei casi a sintomatologia con-
clamata o in quelli fortemente sospetti.
La diagnostica dei casi atipici, silenti e potenziali �e invece cam-
biata radicalmente a partire dagli anni Ottanta, quando sono
entrati in uso i nuovi test, quali il dosaggio degli AGA e degli
EMA che, grazie alle loro elevate sensibilit�a e specificit�a, hanno
comportato una notevole semplificazione del protocollo
dell’ESPGAN [10].
I primi marker impiegati nella diagnostica della MC sono stati gli
anticorpi antireticolina (ARA), diretti contro il connettivo del rene
di ratto, i quali attualmente non sono pi�u utilizzati poich�e, a fronte
di una specificit�a molto elevata, possedevano una scarsissima
sensibilit�a, che li rendeva assolutamente inadeguati a un largo
uso e non in grado di competere con le metodiche introdotte
negli anni a seguire.
Gli AGA, sia di tipo IgG, dotati di maggiore sensibilit�a, sia di tipo
IgA, pi�u specifici, prodotti a livello della mucosa intestinale e dei
linfonodi mesenterici e presenti nel siero in oltre il 90% dei casi,
rivestono un ruolo importante nella diagnosi e possono essere
utilizzati anche nel follow-up dei pazienti per verificarne la com-
pliance alla dieta priva di glutine. La concentrazione ematica
delle IgA, infatti, diminuisce enormemente nell’arco di 6 mesi,
mentre quella delle IgG in circa un anno. Il dosaggio pu�o essere
eseguito con metodi sia immunoenzimatici (fra cui il test ELISA)
sia immunofluorimetrici ed �e considerato un esame di primo
livello per la semplicit�a di esecuzione, la riproducibilit�a e il basso
costo. Nella determinazione degli AGA non sono rari i riscontri sia
di falsi positivi, in pazienti con altre patologie gastrointestinali,
come il morbo di Crohn, o autoimmunitarie, quali l’artrite reuma-
toide e la sindrome di Sj€ogren, sia di falsi negativi, come accade
in soggetti celiaci nei quali si sia verificata l’insorgenza di un
linfoma che provoca probabilmente un abbassamento della ri-
sposta immunitaria. Questo tipo di immunoglobuline riveste un
ruolo molto importante per la diagnosi soprattutto nella prima
infanzia, quando le altre classi anticorpali non sono ancora suffi-
cientemente sviluppate. In caso di positivit�a �e necessario ese-
guire un test di secondo livello rappresentato dal dosaggio degli
EMA [12].
La ricerca degli EMA di Classe IgA �e molto pi�u affidabile, poich�e
essi sono presenti nella quasi totalit�a dei soggetti con celiachia
florida. I pazienti celiaci producono anche EMA IgG, ma il loro
utilizzo nella diagnostica �emeno importante. Gli EMA sono auto-
anticorpi diretti contro l’endomisio, il delicato rivestimento di
fibre reticolari che circonda ciascuna fibrocellula muscolare li-
scia, ma perch�e siano prodotti �e richiesta la presenza di un
elemento esterno, il glutine, che �e necessario non solo per
innescare le reazioni immunitarie ma anche per mantenerle
attive nel tempo. Gli EMA si negativizzano dopo circa 6 mesi
dall’eliminazione del glutine dalla dieta e ricompaiono entro 1-2
mesi dalla sua reintroduzione [2,4].
In passato si riteneva che gli EMA fossero diretti contro una
proteina subepiteliale della parete intestinale, diversa dal col-
lagene, la cui identit�a rimase sconosciuta fino a quando nel
1997 Dieterich et al. [13] scoprirono che essa era rappresentata
dalla tTG. La tTG �e un enzima intracellulare ubiquitario con peso
molecolare di circa 85 kDa, le cui funzioni fisiologiche sono
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[(Fig._2)TD$FIG]Fig. 2
[(Fig._3)TD$FIG]Fig. 3
Fig. 2 Visione endoscopica della seconda porzione del duodeno in un soggetto normale
Fig. 3 Tipico aspetto endoscopico del duodeno in un paziente celiaco: assenza delle
pliche e mucosa edematosa
A. Gentile et al.
molteplici e ancora in parte da chiarire, e che viene rilasciato
dalle cellule in differenti condizioni. Nella regione subepiteliale
dell’intestino la gliadina viene modificata dall’azione della tTG e
forma con essa complessi che si legano alle molecole DQ2 e
vengono riconosciuti da specifici linfociti T, i quali, a loro volta,
sono responsabili della risposta immunitaria. Per essere in grado
di scatenare la risposta delle cellule T, la gliadina deve essere
necessariamente deamminata a opera della tTG. I linfociti T CD4
+ gliadina-specifici riconoscono questi antigeni attraverso i loro
recettori complementari (TCR) e producono una serie di risposte
con conseguente secrezione di citochine quali il fattore di
necrosi tumorale alfa (TNF-alfa); il TNF-alfa stimola i fibroblasti
intestinali a rilasciare metalloproteinasi che degradano il col-
lagene fibrillare, le glicoproteine della matrice e i proteoglicani.
Inoltre, la maturazione dei linfociti B a plasmacellule porta alla
produzione di anticorpi IgA antigliadina e anti-tTG, che hanno
un’azione diretta nella genesi del danno tissutale classico della
malattia, impedendo all’enzima di attivare il fattore di crescita
tissutale beta (TGF-beta) favorente i meccanismi di differenzia-
zione e di maturazione degli enterociti. Il risultato ultimo di tale
catena di eventi �e l’atrofia dei villi intestinali. L’identificazione
della tTG come principale antigene riconosciuto dagli EMA, e
la messa a punto di metodiche che permettono la ricerca e il
dosaggio di anticorpi anti-tTG con metodi immunoenzimatici
fanno di questo test uno strumento di primo piano nel campo
dei mezzi diagnostici della celiachia [10].
Per la diagnosi di MC rimane tuttora fondamentale la biopsia
intestinale, dal momento che soltanto essa permette di dimo-
strare la presenza delle tipiche alterazioni istologiche alla base
della patologia e perch�e nessuno dei test sopracitati possiede
sensibilit�a e specificit�a pari al 100% [3,6].
La biopsia intestinale �e stata per molti anni eseguita mediante
capsula a suzione, ormai utilizzata soltanto nella prima infanzia.
Attualmente il prelievo viene effettuato nel corso di un’esofago-
gastro-duodenoscopia, che consente di ottenere frammenti
della seconda o terza porzione del duodeno e presenta una
maggiore rapidit�a di esecuzione, una migliore tollerabilit�a da
parte del paziente; inoltre, offre la possibilit�a di eseguire prelievi
bioptici multipli, fattore quest’ultimo molto importante dal
momento che la severit�a delle lesioni pu�o variare da un punto
all’altro dell’intestino [2].
L’enteroscopia, solitamente utilizzata per lo studio dei san-
guinamenti occulti del tratto intestinale, �e stata recentemente
proposta per lo studio della MC poich�e, a differenza della
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precedente, permette di effettuare prelievi bioptici anche a
livello digiunale, fino a 70 cm oltre il legamento di Treitz, e
consente di verificare eventuali correlazioni tra la severit�a
del quadro clinico e l’estensione delle lesioni intestinali
(figg. 2,3).
Tabella II Classificazione istologica delle lesioni intestinali di
Marsch, modificata da Oberhuber
Aumento del tipo 1
Iperplasia delle cripte del tipo 2
Atrofia lieve dei villi del tipo 3a
Atrofia subtotale dei villi del tipo 3b
Atrofia totale dei villi del tipo 3c
Fonte: modificata da Oberhuber G, et al. Eur J Gastroenterol Hepatol 1999;11(10):1185–94.
La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura
L’interpretazione istologica delle biopsie pu�o porre importanti
interrogativi, dal momento che lo sviluppo delle lesioni nella
MC �e un processo dinamico che pu�o manifestarsi in vari
stadi. �E ormai chiaro che alcune caratteristiche istologiche,
come i cambiamenti dell’architettura villare o delle cripte, la
densit�a delle cellule della lamina propria e la conta dei linfociti
inatraepiteliali, costituiscono un continuum con la classica
lesione di mucosa piatta che si trova alla fine di questo spet-
tro di alterazioni (tabella II) [14]. Spesso l’unica anomalia ri-
scontrabile in presenza di una regolare architettura villare �e la
presenza di un aumentato numero di linfociti intraepiteliali
(figg. 4,5).
[(Fig._4)TD$FIG]Fig. 4
Fig. 4 Quadro istologico di mucosa intestinale normale
Fig. 5 Quadro istologico di malattia celiaca
Gli autori dichiarano che lo studio presentato �e stato realizzato in
accordo con gli standard etici stabiliti nella Dichiarazione di
Helsinki, e che il consenso informato �e stato ottenuto da tutti i
partecipanti prima del loro arruolamento allo studio.
5. Aspetti odontostomatologici
Un aspetto di grande rilievo nel quadro generale delle manife-
stazioni cliniche associate alla MC riguarda i segni rilevabili nel
cavo orale.
Nell’ambito di tali alterazioni si osservano lesioni a carico sia dei
tessuti molli, quali afte ricorrenti (fig. 6), glossite atrofica e lichen
planus, sia dei tessuti duri, quali ritardo nell’eruzione e nella
permuta e anomalie dello smalto dentario [15–17]. Questi ultimi
difetti si possono presentare clinicamente sotto forma di ipopla-
sia, qualora la noxa patogena agisca durante la fase di secre-
zione della matrice smaltea, oppure come opacit�a, qualora il
disturbo si verifichi durante il periodo di calcificazione o matu-
razione. Le ipoplasie sono anomalie di tipo quantitativo che
comportano una riduzione dello spessore dello smalto; le
opacit�a, al contrario, sono difetti di tipo qualitativo che ne alte-
rano la normale pigmentazione e traslucenza [18,19].
L’associazione tra i disturbi del tratto gastrointestinale e le alte-
razioni sopracitate era stata descritta da Black [20] gi�a agli inizi
del secolo scorso e da lui definita “atrofia dentale”, in riferimento
a tutte le anomalie derivanti da disordini che interferiscono con la
normale nutrizione.
Nel 1955 Hertz [21] ha descritto la presenza di gravi difetti dello
smalto in una bambina di 7 anni con segni clinici di MC, mentre
[(Fig._5)TD$FIG]Fig. 5
DENTAL CADMOS | 2011;79(7):405-417 | 411
[(Fig._6)TD$FIG]Fig. 6
Fig. 6 Presenza di afta in paziente celiaco
A. Gentile et al.
nel 1973, un pool di ricercatori polacchi [22] e successivamente
nel 1979 Smith et al. [23] hanno riscontrato simili alterazioni nei
denti permanenti, rispettivamente, in 3 su 7 e in 8 su 18 pazienti
celiaci.
Nel 1980 Shmerling et al. [24] hanno rilevato la presenza di
ipoplasia di grado variabile da lieve a severo soltanto in 9 pazienti
su un totale di 252 affetti da MC.
Il primo studio controllato disponibile in letteratura, effettuato da
Andersson-Wenckert et al. [25] nel 1984, non ha riportato
Tabella III Classificazione dei difetti dello smalto associati alla malat
Grado Difetto
Grado 0 Nessun difetto
Grado I Difetto della colorazione Opacit�a singole o
inoltre, una parte
Grado II Difetti strutturali lievi La superficie dello
sono possibili opa
non �e patinata
Grado III Difetti strutturali evidenti Una parte o l’inter
grado di ampiezza
di differenti colori
Grado IV Difetti strutturali gravi La forma del dent
sono irregolarmen
e i margini delle l
Fonte: Aine L. Proc Finn Dent Soc 1986;82 Suppl 3:1–71.
412 | DENTAL CADMOS | 7/2011
alcuna differenza statisticamente significativa, per quanto con-
cerne la presenza di difetti dello smalto, tra pazienti celiaci e
controlli sani.
Al contrario nel 1986 Aine [26] ha fornito una schiacciante
evidenza del fatto che tali disturbi di calcificazione possano
essere annoverati fra le manifestazioni extraintestinali della
MC, riportando una prevalenza del 95,94% nei denti perma-
nenti di 74 bambini affetti da tale patologia. Nello studio, tali
difetti sono stati definiti come “sistematici”, poich�e simmetri-
camente e cronologicamente distribuiti in tutti e quattro i
quadranti, in funzione del momento in cui la noxa patogena
ha interferito con il processo di amelogenesi. Lo stesso autore
ha anche stabilito una classificazione di tali alterazioni in base
al loro grado di severit�a, a partire dalle semplici opacit�a fino ad
arrivare a quelle pi�u gravi, che comportano seri danni struttu-
rali (tabella III, figg. 7-10).
Quasi tutti i successivi studi controllati hanno riportato valori
di prevalenza dei difetti sistematici dello smalto significativa-
mente pi�u elevati nei pazienti affetti da MC rispetto ai soggetti
sani [27–29].
La patogenesi di tali alterazioni rimane ancora poco chiara.
L’ipocalcemia conseguente al malassorbimento potrebbe
essere una possibile causa, sebbene nessuna differenza nella
concentrazione ematica media di calcio sia stata osservata in
bambini celiaci con e senza difetti dello smalto. Di conseguenza
sembra pi�u plausibile l’ipotesi di un danno di natura immunolo-
gica mediato dal glutine, anche per la frequente associazione
tia celiaca secondo Aine
Descrizione del difetto
multiple, color crema, giallo o marrone, con margini ben definiti o diffusi;
o l’intera superficie dello smalto non �e patinata
smalto �e ruvida e cosparsa di solchi orizzontali o di fossette superficiali;
cit�a lievi e decolorazioni; inoltre, una parte o l’intera superficie dello smalto
a superficie dello smalto �e ruvida e cosparsa di profondi solchi con vario
o presenta ampie fossette verticali; possono combinarsi ampie opacit�a
o forte decolorazione
e �e modificata: le punte delle cuspidi sono acuminate e/o i bordi incisali
te sottili e ruvidi; l’assottigliamento dello smalto �e facilmente rilevabile
esioni sono ben definiti; la lesione pu�o essere fortemente decolorata
[(Fig._8)TD$FIG]Fig. 8
[(Fig._0)TD$FIG]Fig. 10
[(Fig._7)TD$FIG]Fig. 7
[(Fig._9)TD$FIG]Fig. 9
Fig. 7 Lesione di grado I secondo Aine: presenza di macchie color bianco latte sui
margini incisali degli incisivi centrali superiori
Fig. 8 Lesione di grado II secondo Aine: presenza di lesioni crateriformi sulla superficie
vestibolare degli incisivi superiori
Fig. 9 Lesione di grado III secondo Aine: presenza di ampie aree di smalto ipoplasico
sugli incisivi centrali superiori
Fig. 10 Lesione di grado IV secondo Aine: notevole scompaginamento dell’architettura
dello smalto
La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura
con l’antigene HLA-DR3, sebbene possa esservi anche la com-
partecipazione dell’ipocalcemia [19].
La prevalenza complessiva di tali difetti nei denti permanenti
varia tra il 9,52 e il 95,94%, mentre nei decidui varia tra il 5,88
e l’83,33%. La pi�u alta incidenza nella dentatura permanente si
pu�o spiegare con il fatto che lo sviluppo delle corone di tali denti
avviene a partire dai primi mesi di vita fino al settimo anno e
quindi dopo l’introduzione del glutine nella dieta, mentre la for-
mazione dei denti decidui avviene prevalentemente durante la
vita intrauterina. Tuttavia la presenza di tali difetti anche nella
dentatura decidua supporta l’ipotesi che fattori immunogenetici,
piuttosto che deficit nutrizionali, siano pi�u verosimilmente coin-
volti [19,30,31].
Le alterazioni che pi�u comunemente si rilevano appartengono al
grado I e II della classificazione di Aine [26]. Non �e chiaro quali
fattori influenzino la severit�a delle lesioni, sebbene quelle degli
adulti siano meno gravi rispetto a quelle dei bambini. Infatti,
DENTAL CADMOS | 2011;79(7):405-417 | 413
[(Fig._1)TD$FIG]Fig. 11
[(Fig._2)TD$FIG]Fig. 12
Fig. 11 Presenza di lesioni ipoplasiche a livello degli incisivi centrali superiori e dei
centrali e laterali inferiori in paziente celiaco
Fig. 12 Stessi elementi dentali dopo ricostruzione diretta con resine composite
A. Gentile et al.
nessun difetto di grado IV e soltanto uno di grado III sono stati
riscontrati in 40 soggetti adulti con un’et�a media alla diagnosi di
34 anni, mentre il 30% dei bambini con MC presenta difetti di
grado III o IV. Questa considerevole differenza potrebbe indicare
che i pazienti adulti abbiano avuto una malattia clinicamente
lieve o atipica durante l’infanzia, con una conseguente diagnosi
tardiva e con lo sviluppo di lesioni dentali moderate [32]. A
supporto di tali ipotesi era anche dimostrata una correlazione
tra la severit�a della presentazione clinica della MC e il grado dei
difetti dello smalto [26]. Tuttavia si rilevava una pi�u alta preva-
lenza di lesioni dello smalto in pazienti con MC atipica o asinto-
matica [33] e uno studio sui pazienti affetti da dermatite erpeti-
forme correlata alla MC non hamostrato correlazione tra il grado
di danno mucosale e la presenza di difetti dello smalto [34].
L’ipotesi che una diagnosi tardiva e una prolungata esposizione
al glutine siano correlate alla presenza di difetti dello smalto era
supportata da pochi studi che hanno dimostrato che l’et�amedia
alla diagnosi era significativamente pi�u elevata in pazienti con
difetti dentali [35,36]. Inoltre, in una serie di 360 adulti con MC,
non era descritto alcun caso di difetti dello smalto tra coloro la cui
diagnosi era stata posta nel periodo infantile e che seguivano
una stretta dieta senza glutine, mentre erano presenti nel 18%
dei pazienti diagnosticati precocemente ma riesposti al glutine e
nel 26% di quelli con diagnosi formulata in et�a adulta [37].
Per quanto concerne la localizzazione dei difetti, gli incisivi
permanenti sono gli elementi dentari maggiormente colpiti
(figg. 11,12), seguiti dai molari, dai canini e dai premolari. Tale
distribuzione sembra essere correlata alla cronologia di sviluppo
della dentizione permanente, poich�e gli incisivi e i primi molari
sono i primi elementi dentari a calcificare, a differenza degli altri
denti la cui mineralizzazione inizia pi�u tardi, in un periodo in cui la
MC potrebbe gi�a essere stata diagnosticata e il glutine potrebbe
gi�a essere stato eliminato dalla dieta. Al contrario, nei pazienti
non celiaci i difetti dentali sembrano essere ugualmente distri-
buiti fra tutti i denti [17,33].
Per quel che riguarda la distribuzione dei difetti sulla superficie
coronale, il terzo incisale essere risulta la porzione pi�u colpita sia
nei celiaci sia nei controlli; se invece si considerano i due terzi
incisali o l’intera superficie coronale, la differenza nei celiaci �e
statisticamente significativa [19].
Numerosi studi [17,18,25,38–40] hanno investigato la preva-
lenza della carie dentale nei soggetti celiaci. Alcuni non
riportano differenze rispetto ai soggetti sani, mentre altri, in
maniera sorprendente, hanno rilevato indici di carie
414 | DENTAL CADMOS | 7/2011
significativamente pi�u bassi nei soggetti affetti da MC. Una
possibile spiegazione di tali risultati risiede nel fatto che la
necessit�a di una dieta controllata potrebbe far s�ı che tali
pazienti siano meno esposti ad alimenti cariogenici, che
spesso contengono glutine.
Gli elementi decidui pi�u colpiti nel corso della MC sono nell’or-
dine i primi molari, i canini e i secondi molari [19].
Aguirre et al. [17] hanno osservato la presenza di difetti dello
smalto nel 52,5% di 137 pazienti affetti da MC e nel 42,3% di 52
controlli sani.
[(Fig._3)TD$FIG]Fig. 13
[(Fig._4)TD$FIG]Fig. 14
Fig. 13 I prismi dello smalto sono pi�u corti del normale e appaiono disposti in manierairregolare e confusa con scarsa sostanza interprismatica
Fig. 14 I prismi dello smalto sono regolari per forma, dimensione e disposizione con
La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura
Rasmusson et al. [28] hanno rilevato disturbi della mineralizza-
zione dello smalto nel 50% dei pazienti celiaci e nel 38% dei
controlli sani.
Farmakis et al. [18], in uno studio caso-controllo, hanno rilevato
una differenza statisticamente significativa tra i pazienti affetti da
celiachia e i controlli sani per quanto concerne l’incidenza dei
difetti dello smalto sia nei denti decidui che in quelli permanenti.
Bucci et al. [33] in uno studio analogo, al contrario, non hanno
rilevato differenze statisticamente significative tra il gruppo test e
quello controllo in relazione all’incidenza dei difetti dello smalto e
della SAR.
Procaccini et al. [31] hanno osservato la presenza di ipoplasia
dello smalto nel 26% dei pazienti affetti da MC e nel 16% dei
controlli sani.
Wierink et al. [29], invece, hanno rilevato valori pari al 55% nei
pazienti celiaci e al 18% nei controlli sani.
Studi istologici recenti, eseguiti con l’ausilio del microscopio
elettronico a scansione (SEM), hanno inoltre mostrato la pre-
senza di evidenti alterazioni strutturali dei prismi dello smalto di
elementi sia decidui che permanenti in bambini affetti da MC
(figg. 13,14) [41].
Occorre sottolineare che tali anomalie si possono rilevare anche
in casi di MC latente, cio�e nei casi in cui non sono evidenti i
sintomi gastrointestinali, ma che presentano alterazioni immu-
nologiche o segni di alterata reattivit�amucosale di tipo specifico.
�E evidente, quindi, che la valutazione dei tessuti dentali pu�o
essere molto utile nello screening della popolazione
asintomatica.
Alcuni autori hanno riportato un’associazione tra la SAR e laMC.
La causa �e probabilmente da ricercare in un comune mecca-
nismo patogenetico immunomediato o in analoghe condizioni
e/o fattori predisponenti [42–44]. Majorana et al. [44] hanno
eseguito la tipizzazione degli antigeni di istocompatibilit�a in sog-
getti affetti da MC e SAR, evidenziando che:
sostanza interprismatica ben rappresentata
* i pazienti affetti da MC presentavano, rispetto alla popola-zione sana, una maggiore prevalenza dei sottogruppi DR3,
DR7 e DQw2;
*
i soggetti affetti sia da MC che da SAR presentavano unaprevalenza degli antigeni DRwlO e DQwl maggiore rispetto
ai pazienti con sola MC;
*
nel 7,9% dei celiaci �e stato riscontrato un ritardo nell’eruzionedentaria;
*
il 16,8% dei soggetti con MC, a dieta libera, era affetto anchedalla forma minor di SAR;
*
a distanza di un anno dall’eliminazione del glutine dalla dieta,tutti i pazienti celiaci affetti da SAR sono andati incontro a
remissione della sintomatologia aftosa, mentre nei soggetti in
cui �e stato eseguito il challenge si �e osservata la recidiva sia
del quadro aftosico sia delle caratteristiche lesioni intestinali,
documentate dalla biopsia [44].
Meini et al. [45] hanno confermato tali dati riportando una pre-
valenza di pazienti celiaci affetti anche da SAR pari al 17,7% e
DENTAL CADMOS | 2011;79(7):405-417 | 415
A. Gentile et al.
una prevalenza degli antigeni DRW10 e DQwl rispettivamente
del 10,57 e del 31,63%. Sedghizadeh et al. [46], al contrario, non
hanno rilevato differenze statisticamente significative nell’inci-
denza della SAR tra i pazienti celiaci e i controlli sani.
6. Conclusioni
I difetti dello smalto dentario sono le lesioni del cavo orale pi�u
frequentemente associate alla celiachia. Di conseguenza, la
ricerca e il rilievo di tali segni riveste una notevole importanza
soprattutto nell’identificazione dei casi atipici, silenti o potenziali
di MC che spesso sfuggono alla diagnosi, allo scopo di instau-
rare una terapia adeguata e prevenire complicanze irreversibili,
quali le neoplasie maligne del tratto gastrointestinale (soprattutto
linfomi non Hodgkin).
Conflitto di interessi
Gli autori dichiarano di non aver nessun conflitto di interessi.
Finanziamento allo studio
Gli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti istituzio-
nali per il presente studio.
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