Post on 17-Feb-2019
transcript
L’internazionalizzazione delle imprese italiane e le infrastrutture.Un’indagine sulle medie e grandi aziende.
Rapporto 2/2013
Giorgio Di GioRGio1-2, Marzia GeRMini3, Giuseppina GianfReDa4,
Stefano Manzocchi (coordinatore della ricerca)1-4
1 LUiSS Guido carli2 centro arcelli per gli Studi Monetari e finanziari (caSMef)3 fondazione centro Studi enel4 LUiSS Lab
I nostri ringraziamenti a
Alessandro Costa e Mariano Morazzo
della Fondazione Centro Studi Enel
Mariapaola Biasi, Roberto Billiani e Giovanni Lucarelli
di Aspen Institute Italia
per i preziosi commenti e suggerimenti
Questo Rapporto è stato realizzato in collaborazione con la Luiss Guido Carli
e con il supporto di Aspen Institute Italia.
executive summary | 7
introduzione | 9
1 il quadro internazionale e la posizione dell’italia | 111.1 I mercati di sbocco e le imprese esportatrici | 12
1.2 Il ri-orientamento merceologico delle esportazioni italiane | 13
1.3 La competitività delle imprese italiane | 14
2 cosa favorisce l’internazionalizzazione delle imprese? Un breve contesto teorico e il ruolo delle infrastrutture | 17
2.1 Produttività ed espansione estera delle imprese | 17
2.2 Infrastrutture, produttività, internazionalizzazione | 18
3 i risultati dell’indagine sul campo | 203.1 Le imprese e le attività internazionali | 20
3.2 Il ruolo delle infrastrutture per l’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano | 22
3.2.1 Le infrastrutture materiali | 22
3.2.2 Ilfinanziamentodegliinvestimenti | 25
3.2.3 Le infrastrutture immateriali | 26
3.2.4 Le risposte “aperte” | 26
indice
4 Ilnododelfinanziamentodelleinfrastrutture:Europa,Italia | 284.1 Interventi in ambito di regolamentazione comunitaria per il mercato del Public-Private Partnership
e del PF delle opere infrastrutturali | 29
4.2 Qualche cifra sul mercato del Public-Private Partnership in Europa e Italia | 29
4.3 Principali problematiche e possibili soluzioni per lo sviluppo futuro dell’istituto del Public-Private
Partnership per lo sviluppo di opere infrastrutturali | 31
4.4 La situazione italiana | 33
conclusioni | 34
appendice | 37
7
executive summary
L’indagine svolta sulle imprese medie e grandi, operanti sia nel manifatturiero sia nel
terziario, conferma il ruolo strategico delle infrastrutture per l’internazionalizzazione
delle aziende italiane. La priorità principale segnalata dalla imprese riguarda le reti di
trasporto e di logistica, che per circa la metà delle aziende rappresenta la prima stroz-
zatura del Paese rispetto alla proiezione esterna del sistema produttivo. Da sottoline-
are, tuttavia, che mentre le imprese di dimensioni molto grandi indicano chiaramente
le infrastrutture di trasporto come la priorità numero uno, tra le imprese di medie
dimensioni l’indicazione principale è suddivisa equamente tra i trasporti e le nuove
fonti e reti di approvvigionamento energetico. In particolare, le imprese sondate indi-
cano nello sviluppo dell’inter-modalità dei sistemi di trasporto (specie nella relazione
tra sistema portuale e ferroviario) e nella miglior connessione con le infrastrutture
estere di trasporto e logistica, i nodi cruciali per favorire l’internazionalizzazione delle
imprese italiane.
Per quanto concerne le infrastrutture del comparto energia, le aziende indicano nello
sviluppo di nuove fonti di generazione e mezzi di approvvigionamento di energia la
priorità per aumentare la competitività delle imprese italiane nel contesto interna-
zionale, seguito dal completamento del Mercato Interno dell’energia. In particola-
re, l’adeguamento e la crescita del nostro sistema di stoccaggio appare come la più
immediata esigenza di una politica energetica che favorisca l’apertura delle imprese
all’estero, sia per i risvolti di sicurezza e stabilità degli approvvigionamenti, sia per i
profilidicontenimentodeicostiperleimprese.Perfavorirelepiccoleimprese,inol-
tre, sarebbe opportuna anche una revisione della distribuzione degli oneri per lo svi-
luppo delle fonti alternative, che oggi penalizza le piccole e medie imprese italiane
rispetto alle loro concorrenti europee.
La quasi totalità delle imprese intervistate, inoltre, considera gli investimenti nella
banda larga la chiave per sostenere l’internazionalizzazione mediante lo sviluppo
delle infrastrutture di Information and Communication Technology. In generale,
le imprese medio-grandi del sondaggio manifestano una forte esigenza di aggior-
namento e gestione non solo del capitale fisico impegnato nelle infrastrutture,
ma del capitale immateriale coinvolto nelle reti: questo si esprime nell’esigenza
di connessioni “intelligenti” nella logistica, di ricerca di nuovi approvvigionamenti
nell’energia, e di un più potente vettore di conoscenze e dati nelle ICT.
Un cambio di passo della Pubblica Amministrazione e un nuovo approccio nell’attività
legislativa emergono come ormai inderogabili. Appare infatti insostenibile la frattura
tra un Paese dove si risponde solo delle procedure formali, impermeabile ai temi della
7
8
concorrenza globale e chiuso verso l’esterno se non per i richiami e gli obblighi che
periodicamente l’Unione Europea ci impone ed un Paese dove si risponde dei risultati
operativi, aperto verso l’estero e sottoposto alla pressione della competizione inter-
nazionale.Oltreallerichiestedisempre,piùcontrolliefficacienonformalistici,meno
carte da presentare e tempi certi per le risposte, dalla giustizia civile, ai pagamenti,
alla concessione di autorizzazioni e permessi, è tempo di avviare una vera riforma del
processo legislativo, che disboschi la pletora di leggi esistenti e le sostituisca con testi
essenziali e comprensibili anche per gli investitori esteri.
Perquantoattienealfinanziamentodelleinfrastrutturerichieste,leimpreseintervi-
stateindicanoneglistrumentidifinanzapubblico-privataenell’agevolazionefiscale
degli investimenti privati le fonti preferibili cui attingere. Si tratta dell’approccio che
vaprevalendoinambitoeuropeo,ancheseilruolodellafinanzainternaalleimprese
cherealizzanoleinfrastrutturenonvatrascurato.Anchenelcasodellefontidifinan-
ziamento,tuttavia,prevalelarichiestadimaggiorefficienzaecertezzadelleregole
cheemananodalcompartodellaPA,considerandochelaliquiditàfinanziariapoten-
zialmentedisponibilesuimercatiglobaliperfinanziareleinfrastruttureitalianenon
è oggi scarsa.
8
9
introduzione
Lasfidadiintercettareladomandaesteracomevettoredicrescitaèineludibileper
un Paese maturo come il nostro, quando la spesa pubblica smette di aumentare e
quando occorre sostenere il costo delle risorse naturali. Nonostante la ripresa delle
esportazioni italiane rispetto alla contrazione del 2009, l’Italia è passata dal sesto al
settimopostonellaclassificadeiprincipaliesportatorimondiali.Leesportazioniita-
liane sono state trainate dalla domanda proveniente da paesi extra UE e, per quanto
riguarda la composizione merceologica, dai beni strumentali e intermedi. Le medie
imprese riescono meglio a sostenere la competizione sui mercati internazionali e solo
così riescono a espandersi nella Grande Crisi.
Si tratta di confrontarsi con mercati esteri lontani, con culture complesse e distanti.
IldifferenzialeditendenzaconlaGermaniaèormaimarcatointerminidiproduzio-
ne industriale,pur se idati scontanoun ritardonell’adeguamentodeideflatoridi
prezzo italiani agli incrementi di qualità dei nostri prodotti. E se è vero che le nostre
esportazionisonoandatefinoramegliodellaproduzione industriale,èanchevero
cheilnostrodeficitcorrente–trainatodallacomponenteenergetica–nonsiannulla
neanche in presenza di una domanda interna stagnante. Aumentare il numero e le
attività delle nostre imprese esportatrici è una condizione decisiva per lo sviluppo,
come anche migliorare l’internazionalizzazione produttiva e commerciale delle no-
stre imprese. A questo scopo, le infrastrutture sono una componente chiave del pro-
cesso di internazionalizzazione e la ricerca che abbiamo condotto vuole investigare
le priorità che emergono dal mondo produttivo sotto questo aspetto.
Le infrastrutture svolgono due ruoli distinti ma complementari nei processi di inter-
nazionalizzazione delle imprese, sia che si tratti di esportazione sia che si tratti di
investimenti all’estero. Da una parte, le infrastrutture riducono i costi del business e
consentono perciò alle imprese di scendere al di sotto di quelle soglie di costo che
rendono possibile sopportare i costi aggiuntivi dell’internazionalizzazione. Esiste or-
mai una vasta letteratura che indaga i processi di selezione nell’universo delle im-
prese appartenenti allo stesso settore o regione e che suggerisce come le imprese
rimangano nazionali se la loro produttività (il valore aggiunto per addetto) è troppo
bassaperconsentiredi“affacciarsi”all’estero,oppureesportinoselaproduttivitàè
maggiore,oinfineinvestanoall’esteroselaloroproduttivitàsuperaunacertasoglia
massima. Migliori infrastrutture riducono i costi e fanno aumentare il valore aggiunto
per addetto, favorendo la transizione delle imprese oltre le soglie dell’internaziona-
lizzazione. Questo vale sia per il cosiddetto “margine estensivo” (imprese prima as-
sentiall’esterocheauncertomomentovisiaffacciano)siaperil“margineintensivo”
(imprese già presenti all’estero che si muovono verso nuovi mercati o vendono nuovi
prodotti). D’altro canto, le infrastrutture facilitano anche la creazione di nuove op-
9
10
portunità, migliorando la conoscenza di mercati prima negletti, oppure consentendo
di stabilire contatti o relazioni prima impossibili: si pensi alle infrastrutture di traspor-
to o a quelle delle telecomunicazioni e dell’ICT. In entrambi i casi, si tratta di fattori
che possono rivelarsi decisivi.
In questa indagine ci siamo proposti di investigare quali siano le infrastrutture che le
impreseitalianereputanopiùimportanti(e/oinsufficienti)perfavorireiprocessidi
internazionalizzazione delle nostre imprese. Le infrastrutture si possono ricondurre
a due ampie categorie, quelle materiali e quelle immateriali, a loro volta articolate
sotto diverse voci. Scopo delle interviste che abbiamo condotto con i manager e i
rappresentantidelleimpresenonfinanziarieassociateoconnesseadAspenItaliaè
quello di enucleare le priorità e le modalità d’intervento che le imprese suggerisco-
no per potenziare il sistema infrastrutturale italiano (si veda la nota metodologica
in appendice).
Il lavoro è organizzato come segue. Nel primo capitolo delineiamo lo stato dell’in-
ternazionalizzazionecommerciale italiana sotto ilprofilodell’exporte leprincipali
tendenze emerse negli ultimi anni. Nel secondo capitolo tracciamo un breve quadro
della teoria recente sui processi di internazionalizzazione delle imprese e sul ruolo
che le infrastrutture svolgono in tale contesto. Nel terzo capitolo illustriamo e com-
mentiamo i risultati dell’indagine svolta presso 40 aziende italiane leader nei pro-
cessidiespansioneediversificazioneall’estero,sultemadeirequisitiinfrastrutturali
dell’internazionalizzazione.Nelquartocapitolosiesaminailnododelfinanziamen-
todelleinfrastruttureinEuropaeItalia.Infine,nelcapitoloquintotracciamoalcune
conclusioni della ricerca. Le appendici contengono una nota metodologica e il que-
stionario utilizzato per la rilevazione, nonché alcune statistiche aggiuntive.
10
11
1il quadro internazionale e la posizione dell’italia
Le esportazioni, in quest’ultimo lustro contrasse-
gnato da crisi finanziarie e recessione, hanno so-
stenuto l’economia italiana, fornendo uno stimolo
importante in tempi di contrazione della domanda
interna–fattaeccezioneperlacadutadelcommer-
ciomondialedel2009.Allafinedel2011,siconfer-
mava una dinamica di ripresa della domanda estera
che si era riportata su di un sentiero di espansione.
Le esportazioni italiane erano aumentate in termi-
ni nominali rispetto al 2009 con un incremento del
15,8% nel corso del 2010 e di circa l’11,4% nel 2011
mentre il saldo netto, negativo dal 2004, registrava
un miglioramento rispetto al 20101. Questa tenden-
za si è arrestata nella prima parte del 2012, con un
progressivo peggioramento dell’export a seguito
del rallentamento economico dell’Eurozona (in re-
cessione alla finedel 2012) e dei paesi emergenti
dell’Asia e dell’America Latina. Nonostante il recu-
pero rispetto al 2009 e malgrado le esportazioni
rappresentino attualmente il motore principale del-
la crescita, il grado di apertura agli scambi interna-
zionali delle imprese italiane non può dirsi migliora-
to. Le esportazioni italiane, che nel 2000 pesavano
per il 3,7% nell’ambito del commercio internaziona-
le, nel 2011 si sono ridotte al 2,9%, facendo slittare
l’Italia dal sesto al settimo posto rispetto al 2007.
Il ridimensionamento non ha riguardato però solo
l’Italia ma anche gli altri paesi dell’Unione Europea,
i quali hanno dovuto cedere il passo ai paesi emer-
genti, soprattutto all’area BRIC (tabella 1.1).
1 Dati Istat. Per quanto riguarda i primi mesi del 2012, le esportazioni sono cresciute del 3,7% nel periodo gennaio-aprile 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011 mentre, relativamente al solo mese di aprile hanno registrato una contrazione dell’1,7% rispetto ad aprile dello scorso anno.
2000 2007 2011
Cina 3,9 8,8 10,7
Stati Uniti 12,1 8,4 8,3
Germania 8,6 9,5 7,8
Giappone 7,5 5,1 4,6
Francia 5,1 4,0 3,3
Corea del Sud 2,7 2,7 3,2
Italia 3,7 3,6 2,9
Russia 1,6 2,5 2,8
Regno Unito 4,4 3,2 2,4
Singapore 2,2 2,2 2,3
Messico 2,6 2,0 1,9
India 0,7 1,1 1,7
Brasile 0,9 1,1 1,4
UE-27 38,0 38,6 32,7
Area euro 29,2 29,5 24,6
TABELLA 1.1 –Esportazionimondialidimerci(quotepercentualiaprezziecambicorrenti)
Fonte:CentroStudiConfindustria
11
1212
la quota UE è stata del 4,2% e quella extra-UE del
4,9%, nel corso del 2011 l’incremento delle espor-
tazioni extra-UE, pari all’8,1%, ha in parte compen-
sato la riduzione del 18,3% della quota UE; ciò ha
consentito di contenere la riduzione complessiva
intorno al 12,3% (tabella 1.2).
Il processo di apertura ha interessato le imprese ita-
liane in misura diversa. La tabella 1.3 riporta la cresci-
ta percentuale delle imprese per numero di addetti
e mercati di sbocco tra il primo trimestre del 2009 e
il secondo trimestre del 2011 (rispettivamente i mo-
menti peggiori della crisi internazionale e di mag-
gior ripresa). Nell’arco di tempo considerato, mentre
due imprese su tre hanno visto incrementare la loro
presenza sui mercati internazionali, la crescita delle
imprese sui mercati esteri è risultata proporzionale
alla dimensione delle stesse superando, per le gran-
di imprese, il 70%. Per ogni categoria di imprese l’e-
spansione nei mercati extra-UE è risultata maggiore
rispetto ai mercati europei.
Le stesse tendenze si riscontrano se si restringe il con-
fronto alla produzione manifatturiera; in quest’am-
bito l’Italia è slittata dalla quinta all’ottava posizione
dal 2000 riducendo la sua quota di produzione dal
4,1% al 3,3%.
Inoltre, il mutato contesto internazionale ha
comportato una ridefinizione degli aspetti com-
petitivi modificando la composizione della do-
manda estera sia sotto il profilo geografico che
merceologico.
1.1 I mercati di sbocco e le imprese esportatrici
Benché i paesi dell’Unione Europea rappresentino
ancora i principali mercati di sbocco delle esportazio-
ni dell’Italia, con una quota intorno al 56% nel 2011,
la loro importanza è andata riducendosi a favore di
mercati extra UE. In particolare il Medio Oriente, gli
altri paesi asiatici e i paesi europei non UE hanno vi-
sto incrementare la loro domanda di prodotti italiani
rispettoal2000(grafico1.1).
È andata riducendosi anche la domanda provenien-
te dal continente americano, trainata dalla ridu-
zione (di circa il 14%) delle esportazioni negli USA,
mentre sempre per quanto riguarda i paesi non UE
l’aumento più rilevante delle esportazioni italiane
ha riguardato la Cina (3,2%), l’India (2,71%) e la Rus-
sia (2,69%) (dati Istat; appendice 1).
Restringendoilconfrontoalmanifatturierol’effetto
traino della domanda extra UE risulta particolarmen-
te evidente. Se nel 2007 a fronte di un incremento
medio in volume del 4,5% delle esportazioni italiane
GRAFICO 1.1 –Imercatidisboccodell’exportitaliano(percentualirispettoalfatturatocomplessivo)
2000
1%
15%
4%
3%7%
62%
8%
2011
2%
11%
4%
5%
9%
56%
13%
Altri paesi asiatici
Altri
Medio Oriente
America
Africa
Paesi europei non UE
Unione europea
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
12
13
MONDO UE-27 EXTRA-UE
Volumi Valori VMU Volumi Valori VMU Volumi Valori VMU
2007 4,5 9,7 5,0 4,2 9,5 5,1 4,9 10,2 5,0
2008 -4,5 0,6 5,4 -6,7 -2,8 4,3 -1,1 5,8 7,1
2009 -19,8 -21,0 -1,5 -20,5 -22,8 -3,1 -18,8 -18,4 0,6
2010 9,9 16,5 5,9 8,7 16,6 7,2 11,2 16,3 4,3
2011 -12,3 3,3 7,0 -18,3 -4,6 7,6 8,1 14,8 6,3
TABELLA 1.2 –Esportazionidell’industriamanifatturieraitaliana(variazionipercentuali):volumi,valorievaloremediounitario(VMU)
TABELLA 1.3 –impreseincrescitaneimercatiUeedextraUE(percentuali)–Itrimestre2009/secondotrimestre2011
MERCATI DI SBOCCO 1-9addetti
10-49 addetti
50-249 addetti
250 addetti e oltre
Totale
Mercati UE 56,7 63,0 67,7 71,6 63,6
Mercati extra UE 64,4 66,3 67,9 72,0 66,2
TOTALE 63,6 65,7 68,1 71,5 65,7
In generale, circa 2000 imprese concorrono a deter-
minare il 55% delle esportazioni totali del nostro Pae-
se; il 75% proviene dall’attività di 4000 imprese.
Le esportazioni rappresentano un fattore chiave della
crescita delle imprese. Prendendo a riferimento l’arco
temporale compreso tra il 2000 e il 2010 e conside-
rando iprincipali elementididifferenziazione tra le
imprese in crescita e le imprese in contrazione risulta
che le prime hanno accresciuto le loro esportazioni sia
in valore assoluto che in percentuale del fatturato2.
1.2 Il ri-orientamento merceologico delle esportazioni italiane
I mutamenti degli scenari competitivi a livello in-
ternazionale hanno condizionato la composizione
merceologica delle esportazioni italiane.
I settori tradizionalmente considerati trainanti
nell’ambito del made in Italy, ossia il tessile, l’abbi-
gliamento, gli articoli in pelle, i mobili e gli alimen-
tari, che nel 1991 rappresentavano circa il 25,6%
delle esportazioni italiane di manufatti, hanno
visto ridursi gradualmente la loro quota fino al
19% circa nel 2011. Incidono invece in maniera
più significativa sulle esportazioni italiane i beni
strumentali e intermedi; in particolare, i 5 settori
con un maggior grado di apertura internaziona-
le – macchinari e apparecchiature, metallurgia,
autoveicoli rimorchi e semirimorchi, prodotti chi-
micieapparecchiatureelettriche–rappresentano
attualmente circa il 47% circa delle esportazioni
italiane di manufatti (tabella 1.4).
Inoltre, nei settori che hanno mostrato un dinami-
smomaggiore – i beni di consumo non durevoli,
i prodotti intermedi e strumentali – le imprese di
2DatiIstateConfindustria.
Fonte: Istat
Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat
13
14
grandi dimensioni hanno visto incrementare la loro
presenza in misura maggiore (tabella 1.5). Sempre
per le imprese di grandi dimensioni, la crescita mi-
nore sui mercati esteri ha riguardato i beni di con-
sumo durevoli.
1.3 La competitività delle imprese italiane
Nonostante il deterioramento della competitività
italianadallatodeicosti–dal1997al2010ilcosto
del lavoro per unità di prodotto (CLUP) è aumentato
diben31puntipercentualirispettoallaGermania–
sul piano internazionale le imprese italiane reggono
al confronto sui prezzi.
In particolare nel corso del 2010 la competitività
dell’Italia è aumentata del 3,5%, mentre l’aumento
per la Germania è stato del 5,3% (tabella 1.6).
Utilizzando un diverso indice di competitività, il
Trade Performance Index – elaborato da WTO e
UNCTAD – tra il 2006 e il 2010 l’Italiamantiene il
primo posto per quanto riguarda i prodotti tessili,
abbigliamento, cuoio, pelletteria e calzature; ha in-
vece ceduto all’Olanda il secondo posto per quanto
riguarda la meccanica elettrica e gli elettrodomestici
(tabella 1.7).
Confrontando l’Italia con i maggiori competitor in-
TABELLA 1.4 –Composizionedelleesportazioniitalianedibenimanufatti(percentuale-datieprezzicorrenti)
1991 2000 2007 2011
Macchinari e apparecchiature 17,5 17,5 19,7 19,0
Metallurgia 4,5 4,3 7,5 8,6
Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 8,1 8,0 8,2 7,0
Prodotti chimici 6,0 6,5 6,4 6,9
Apparecchiature elettriche 6,1 6,4 6,3 5,6
Alimentari 4,1 3,9 4,1 5,2
Prodotti in metallo 4,5 4,2 5,2 4,9
Cokeeprodottipetroliferiraffinati 2,0 2,0 3,8 4,7
Abbigliamento 7,1 5,7 4,8 4,6
Articoli in pelle 5,7 5,1 4,1 4,3
Farmaceutica 1,3 3,0 3,4 4,3
Gomma - plastica 3,4 3,8 3,8 3,8
Computer e prodotti di elettronica e ottica 6,3 5,8 3,6 3,6
Altre ind. manifatturiere 4,3 4,3 3,4 3,3
Altri mezzi di trasporto 3,1 3,9 3,3 3,2
Tessili 5,4 4,8 3,2 2,7
Minerali non metalliferi 4,1 3,7 2,9 2,4
Mobili 3,3 3,6 2,8 2,2
Carta e stampa 1,5 1,8 1,6 1,7
Bevande e tabacco 1,2 1,3 1,4 1,6
Legno 0,5 0,6 0,5 0,4
Fonte:CentroStudiConfindustria
14
15
ternazionali, il nostro Paese risulta in coda (dopo
Cina e Vietnam) nella classifica delCost of Doing
Business elaborati dalla Banca Mondiale per il 2011
(si veda l’appendice in fondo al testo).
Le imprese italiane che esportano sono circa il
17% tra quelle manifatturiere, con una presen-
za proporzionalmente maggiore di quelle di di-
mensioni medie e grandi. Come illustriamo bre-
vemente nel prossimo paragrafo, la selezione tra
imprese che restano confinate al mercato locale
o nazionale, e imprese che si internazionaliz-
zano, dipende dalla produttività delle aziende
che a sua volta è connessa con i costi che esse
sopportano. Entra qui in gioco il tema delle in-
frastrutture che contribuiscono a rendere dispo-
nibili per le imprese i fattori della produzione e
che per questa via influiscono sul valore aggiun-
to per addetto delle aziende e dunque sulla loro
capacità di internazionalizzarsi.
TABELLA 1.5 –Impreseincrescitaneimercatiesteripertipologiadiindustrie(percentuali)–Itrimestre2009/secondotrimestre2011
RAGGRUPPAMENTI DI INDUSTRIE 1-9addetti
10-49 addetti
50-249 addetti
250 addetti e oltre
Totale
Beni di consumo durevoli 58,1 58,4 57,3 55,4 58,1
Beni di consumo non durevoli 65,7 67,0 68,2 72,1 66,9
Prodotti intermedi 63,2 66,2 68,7 74,4 66,2
Beni strumentali 63,4 66,1 69,4 73,0 66,3
TOTALE 63,6 65,7 68,1 71,5 65,7
TABELLA 1.6 –Competitivitàdiprezzoinalcunipaesiindustriali.Prezziallaproduzionedimanufatti:variazionipercentuali sull’anno precedente*
2007 2008 2009 2010
Italia 1,9 1,1 -0,6 -3,5
Francia 1,8 1,7 -2,7 -3,7
Germania 1,2 -1,1 2,1 -5,3
Regno Unito 1,7 -11,5 -6,1 0,3
Spagna 1,8 2,3 -0,1 -2,9
Stati Uniti -3,7 -0,7 -1,3 -2,2
Giappone -6,3 8,9 16,4 0,2
(*Variazioni negative indicano un miglioramento di competitività)
Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat
Fonte: ICE
15
16
2006 2010
1° 2° 3° 1° 2° 3°
Mezzi di trasporto Germania Francia Svezia Germania Polonia Corea
Meccanica non elettronica Germania Italia Svezia Germania Italia Svezia
Chimica Germania Olanda Singapore Germania Singapore Stati Uniti
Prodotti manufatti di base (*) Germania Italia Svezia Germania Italia Cina
Prodotti diversi Germania Italia Singapore Germania Italia Singapore
Meccanica elettr. ed elettrodomestici Germania Italia Francia Germania Olanda Svizzera
IT ed elettronica di consumo Svezia Cina Rep. Ceca Malesia Rep. Ceca Svezia
Prodotti alimentari elaborati Germania Olanda Francia Germania Olanda Francia
Prodotti in legno Germania Finlandia Svezia Germania Finlandia Svezia
Tessili Italia Germania Turchia Italia Germania Cina
Abbigliamento Italia Cina Bulgaria Italia Cina Turchia
Cuoio Pelletteria e Calzature Italia Vietnam Cina Italia Vietnam Cina
(*) Metalli di base non ferrosi, metalli ferrosi, ceramiche, vetro.
TABELLA 1.7 –PosizionecompetitivadeipaesisullabasedelTrade Performance Index
Fonte:CentroStudiConfindustria
16
17
2 cosa favorisce l’internazionalizzazione delle imprese? Un breve contesto teorico e il ruolo
delle infrastrutture
2.1 Produttività ed espansione estera delle imprese
La moderna teoria del commercio internazionale è
fondata non solo sulle caratteristiche dei Paesi, ma
sempre più su quelle delle imprese. Si sostiene infat-
ti che l’attività internazionale sia altamente correla-
ta alla produttività aziendale: le imprese attive a li-
vello internazionale sono più grandi, più produttive,
piùdotatedi capitaleumanoedimezzifinanziari
rispetto a quelle che operano solo a livello di merca-
to domestico. L’internazionalizzazione è sostanzial-
mente un processo di autoselezione: la performan-
ce delle imprese internazionalizzate è superiore non
tanto perché sono attive sui mercati internazionali,
ma piuttosto perché sono in grado di generare il
valoreaggiuntonecessariopersuperareicostifissi
legati all’espansione all’estero. La teoria offre an-
che una “gerarchia” di produttività, nel senso che
le impresemenoefficienti restanosulmercatodo-
mestico(finchélaconcorrenzadelleimportazionilo
consente), le aziende un po’ più produttive vendono
anche sui mercati esteri con l’export, mentre le im-
prese con produttività ancor più elevata possono in-
traprendere anche la strada dell’internazionalizza-
zione mediante investimenti diretti all’estero (IDE) e
divengonoatuttiglieffettiaziendemultinazionali3.
In questa sezione ci concentriamo sulle determinan-
ti della scelta di esportare, prima tra tutte la produt-
tività, poiché ciò è funzionale all’analisi dei risultati
dell’indagine condotta tra le medie-grandi aziende
di Aspen Italia, riportata nella prossima sezione.
Proprio in relazione alla dimensione delle aziende
intervistate, sarà importante tener presente che una
maggior produttività aziendale non solo consente
l’ingresso sui mercati internazionali, ovvero agisce
sul cosiddetto “margine estensivo” (un maggior
numero di imprese coinvolte negli scambi di beni,
servizi, tecnologie, investimenti), ma ha un impatto
anche sul “margine intensivo” (aumento dei mercati
esteri coperti in media da ogni impresa e/o aumen-
to dei prodotti venduti su ogni singolo mercato).
Oltre a determinare l’irrompere nei mercati europei
di nuovi concorrenti localizzati in paesi a basso costo
del lavoro, la globalizzazionehaprodotto l’effetto
di sviluppare nuovi circuiti di conoscenza e compe-
titività su scala regionale e mondiale. Le dinamiche
inattonellefiliereglobaliimpongonoatutteleim-
preseindustrialiitalianeladifficilesfidadifarconvi-
vere gli storici vantaggi del radicamento locale con
l’esigenza di maggiore espansione verso i mercati
internazionali e verso i nuovi circuiti di approvvigio-
namento dei fattori produttivi. Tali circuiti implicano
la trasformazione delle tradizionali reti locali in reti
transnazionali, attraverso un ripensamento dei mo-
delli di business consolidati e delle tradizionali cate-
ne del valore. Ad esempio, il binomio locale-globale e
i nuovi circuiti della conoscenza rendono obsoleta la
forma tradizionale dei distretti industriali italiani che
si sono sviluppati essenzialmente come reti conte-
stuali chiuse. La relativa chiusura di questi sistemi ver-
so l’esterno ha costituito in passato un punto di forza,
in quanto ha contribuito a rafforzarne la coesione
interna e l’identità collettiva, con il consolidamento
del cosiddetto capitale sociale. Oggi, però, questo
carattere di quasi autoreferenzialità appare rischioso.
3 Si veda per esempio P. Krugman, M. Obstfeld, M. Melitz, “Teoria e politica del commercio internazionale”, cap. 8, Pearson 2012.
17
18
Infatti, le tradizionali economie esterne, che in
passato hanno consentito a tante piccole e picco-
lissime imprese di superare i limiti derivanti dalla
modesta dimensione, consentono sempre meno
di colmare i gap di produttività e competitività
aziendali. Le opportunità legate alla collabora-
zione produttiva con partner anche molto lontani
possono essere più vantaggiose rispetto alle rela-
zioni con partner interni al distretto. Nei distret-
ti dove l’evoluzione dal locale al globale è meno
radicataediffusasiregistrano,infatti,semprepiù
evidenti segnali di crisi, in termini di calo dei vo-
lumi di produzione ed export. Superare, dunque,
la “soglia” di produttività che consente di interna-
zionalizzarsi è spesso indispensabile per la soprav-
vivenza stessa dell’impresa in un contesto sempre
più integrato come quello europeo e mondiale.
Le determinanti della produttività aziendale, a pa-
rità di settore, hanno a che fare con la dimensio-
ne d’impresa, ma anche con caratteri non univoci
e meno netti. Ad esempio, la crisi della grande im-
presa manifatturiera nel nostro Paese fa si che non
si possa genericamente affermare che “grande è
bello”; ma allo stesso tempo neanche il contrario
è vero, poiché le piccole e micro imprese in media
esportano meno in quanto trovano assai difficile
sopportare i costifissidi internazionalizzazionedi
cui sopra, a meno che non siano eccezionalmente
innovative e produttive. Si discute molto invece, e
a ragione, delle nostre medie imprese industria-
li, quelle che meglio hanno sostenuto le nostre
esportazioni inquestiannididifficilecongiuntura
globale. Nell’ultimo Rapporto di Mediobanca (dati
2009) ne sono state censite circa 3.250, con altre
1.500 circa uscite dal novero delle medie imprese
a causa della crisi ma che potrebbero tornare ai
valori-soglia di fatturato e di occupazione stabiliti
a livello internazionale (si veda www.mbres.it/it/
publications/italian-medium-sized-enterprises).
Per garantire il futuro industriale dell’Italia sui mer-
cati internazionali, in tempi di debole domanda in-
terna, è però auspicabile che il novero delle medie
imprese industriali aumenti in futuro. Ridurre i costi
e aumentare la produttività d’impresa è un requisi-
to per favorire la transizione verso un maggior nu-
mero di medie imprese competitive.
Le voci di costo “di sistema” che possono incidere ne-
gativamente sulla produttività aziendale sono molte.
Primatratutte,ilnodoirrisoltodell’inefficienzadel-
la Pubblica Amministrazione, con l’inutile compli-
cazioneelentezzadellaburocrazia–dalcentroalla
periferiadelPaese–chepesaeconomicamenteper
il contribuente e al tempo stesso rallenta le strategie
delle imprese. In secondo luogo, le imprese italiane
lamentano altri elevati costi “di sistema”: da quello
dell’energia a quello della logistica e dei trasporti.
C’è poi il capitolo del costo e della disponibilità del
credito: l’aumento dei tassi di interesse ma soprattut-
tol’insufficienteliquiditàspessomortificanolestra-
tegie di espansione estera delle imprese (basti pen-
sare ai ritardi enormi nei tempi medi di pagamento
alle imprese, specie da parte del settore pubblico).
Esistono dunque diverse voci da prendere in consi-
derazione;inquestolavorocisoffermiamosuimag-
giori costi (ovvero, la minor produttività espressa in
valore) connessi con la dotazione di infrastrutture
materiali e che potrebbero limitare l’internaziona-
lizzazione delle aziende.
2.2 Infrastrutture, produttività, internazionalizzazione
La relazione tra dinamiche globali e dimensione na-
zionale o locale della produzione diviene al tempo
stessopiùrilevanteepiùfluidanelcontestoattua-
le. Antiche categorie, dai “distretti” alla “delocaliz-
zazione” diventano obsolete nel momento in cui la
produzione viene organizzata su scala continentale
o globale dalle imprese multinazionali, non neces-
sariamente grandi ma anche medie, e i destini di
lavoratori in luoghi lontani del pianeta si intreccia-
no, con relazioni che di volta in volta sono a somma
zero o a somma positiva in termini di potere d’acqui-
sto e di benessere, a seconda delle tecnologie, dei
mercati e delle competenze prevalenti. Sempre più
rilevanti appaiono, invece, sia le infrastrutture mate-
riali disponibili sul territorio, sia il consolidamento e
l’aggiornamento della conoscenza nel mondo delle
imprese, ovvero il suo accrescimento attraverso la ri-
cerca, l’istruzione, la progettazione e la divulgazione.
18
19
Sempre di più negli ultimi anni, la questione della
dotazione di infrastrutture materiali e di capitale
intangibile va declinata su base territoriale.
Le caratteristiche del territorio si affermano, in-
fatti, come variabili-chiave per comprendere la
produttività e la redditività delle imprese, soprat-
tutto in un Paese percorso da forti divari geo-eco-
nomici. Gli studi empirici sulle imprese italiane a
livello provinciale, ad esempio, mostrano come
una maggior dotazione infrastrutturale favorisca
l’abbattimento di una serie di costi: non solo quel-
li legati all’approvvigionamento di energia, alla
logistica e alle comunicazioni, ma anche i costi di
transazione e di accesso ad altri servizi da parte
delle imprese (ad esempio quelli caratterizzati
da un alto livello di professionalità); in tal modo
essa consente un incremento della produttività.
Analogamente, l’efficienza relativa dei servizi, sia
quelli scambiati sul mercato, sia quelli forniti dal-
le Pubbliche Amministrazioni, è caratterizzata da
una distribuzione sul territorio italiano che riflet-
te quella del tasso di internazionalizzazione delle
imprese: più elevato al Centro-Nord, più basso nel
Mezzogiorno.
C’ètuttavia–secondolateoriae l’analisiempirica
–unruolodiversoper lediversetipologiedi infra-
strutture.Quelleenergetiche, seefficientiedispo-
nibili in misura adeguata, contribuiscono a ridurre i
costi per le imprese industriali e di servizi e rispon-
donoancheadesigenzedidiversificazionedegliap-
provvigionamenti soprattutto in un Paese importa-
tore netto di energia come l’Italia. Le infrastrutture
ditrasportohannoeffettimoltepliciasecondadelle
caratteristiche. Quelle a carattere domestico tendo-
no univocamente a ridurre i costi di transazione per
le imprese industriali e di servizi nazionali, perché
rendono meno oneroso lo scambio lungo la catena
interna del valore aggiunto e quindi migliorano la
produttività consentendo a più imprese naziona-
li di superare la soglia dell’internazionalizzazione.
Le infrastrutture di trasporto a carattere transnazio-
nale e transcontinentale, invece, hanno un effetto
ambiguo: da una parte riducono i costi per l’espor-
tazione e quindi rendono più facile internazionaliz-
zarsi per le imprese domestiche; dall’altra, riducono i
costi anche per l’importazione e quindi rendono più
facile la penetrazione nel mercato interno per le im-
preseestere.Ciòpuòportare come risultatofinale
l’uscita dal mercato interno delle imprese nazionali
meno produttive, comprese quelle che avrebbero
potuto intraprendere, nel medio termine, strategie
di internazionalizzazione4. Inoltre, le infrastrutture di
trasporto possono aprire nuove possibilità di espan-
sione estera (nuovi mercati) prima precluse alle im-
prese nazionali più produttive. Per quanto riguarda,
infine,leinfrastrutturediinformazioneecomunica-
zione(ITC),essedaunlato–seefficienti–riducono
i costi di transazione e migliorano la competitività
internazionale delle imprese; dall’altro consento-
no di allargare l’insieme delle possibilità operative,
mediante un miglior raccordo con fornitori, clienti
epartnerpiùidoneiinbaseallespecificheesigenze
delle imprese.
Nel prossimo capitolo verranno illustrati i risultati
dell’indagineeffettuatatraleimpreseitalianeasso-
ciate ad Aspen Italia, il cui obiettivo è stato quello di
investigare quali siano le infrastrutture che le impre-
seitalianereputanopiùimportanti(e/oinsufficien-
ti) per favorire i processi di internazionalizzazione
della nostra economia, nonché le priorità e le mo-
dalità d’intervento che le imprese suggeriscono per
potenziare il nostro sistema infrastrutturale.
4 Martin, Philippe & Rogers, Carol Ann, 1995. “Industrial location and public infrastructure”, Journal of International Economics, Elsevier, vol. 39(3-4).
19
20
3 i risultati dell’indagine sul campo
3.1 Le imprese e le attività internazionali
L’indagine è stata condotta su 40 aziende operanti
in diversi settori5. In particolare, per quanto riguar-
da le prime due attività principali svolte, il 58% delle
imprese intervistate opera esclusivamente nel set-
tore manifatturiero, il 26% esclusivamente nel non
manifatturiero mentre il restante 16% è attivo in
entrambi gli ambiti di attività.
Dal punto di vista della dimensione, il 50% delle
imprese considerate ha un fatturato superiore a 1
miliardo di euro/anno mentre il restante 50% risul-
ta pressoché uniformemente distribuito tra le altre
fasce di reddito secondo le seguenti percentuali:
il 18% con fatturato inferiore a 200 milioni di euro,
il 16% con fatturato compreso tra i 200 e i 500 mi-
lioni e il restante 16% tra i 500 milioni e 1 miliar-
do di euro6. È rilevante evidenziare, dunque, che i
risultati qui presentati sono riferiti a un campione
diimpresedidimensionigiàsufficientiperaffron-
tare il mercato globale e nella quasi totalità dei
casi (84%) già attive all’estero. Per queste impre-
se, quindi, il tema delle infrastrutture non si pone
come una determinante della possibilità/decisione
di svolgere attività internazionali, ma piuttosto di
diventare più competitive rispetto ai concorrenti
sia in termini di rapporto tra produttività interna e
costi esterni all’impresa, sia in termini di possibilità
di accedere a nuovi mercati (il cosiddetto “margi-
ne intensivo”). Questa precisazione è importante
sotto il profilo teorico perché può condizionare
l’esito di alcune risposte, ad esempio, come ve-
dremo, quelle relative al tema delle infrastrutture
di trasporto che condizionano in modo diverso le
imprese già presenti sul mercato estero rispetto a
quelle che invece sono per ora confinate al mer-
cato locale o nazionale (si veda il paragrafo 2.2).
5 In particolare, per quanto riguarda il manifatturiero, le imprese intervistate operano nei seguenti settori: alimentari, bevande e tabacco, macchinari e apparecchi n.c.a., metalli di base (esclusi macchinari e impianti), articoli in gomma e materie plastiche, apparecchi elettrici, mezziditrasporto,computereapparecchielettronicieottici,prodottichimiciefibresinteticheeartificiali,strumentiefornituremedichee dentistiche, prodotti delle attività informatiche, autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, articoli farmaceutici chimico-medicinali e preparati farmaceutici, giochi e giocattoli, i prodotti della stampa e della riproduzione di supporti registrati, altri prodotti delle industrie manifattu-riere.Perquantoriguardaisettorinonmanifatturieri,sonostatepreseinconsiderazioneleattivitàprofessionali,scientificheetecniche,iservizi di supporto alle imprese, il settore dell’energia, gas, vapore e aria condizionata, infrastrutture di trasporto, trasporto e logistica, ICT.
6Datiriferitialfatturatoannuorealizzatonel2010–11.p
26%
16% 18%
58%
16%
50%
16%
Oltre 1000 mln
Da 500 mln a 1000 mln
Da 200 mln a 500 mln
Fino a 200 mln
Entrambi
Non Manifatturiero
Manifatturiero
GRAFICO 3.1 –Areediattivitàedimensionidelleimpreseintervistate
Fonte: elaborazione propria
20
21
La maggior parte delle imprese intervistate (cir-
ca l’85%) realizza parte del fatturato all’estero.
Per quanto riguarda i mercati di sbocco, le principali
aree di provenienza del fatturato export sono rap-
presentate dall’Unione Europea nel 78% dei casi, dai
paesi americani (sia Nord che Centro-Sud) per il 66%
delle imprese e dai paesi asiatici per il 53%7. Inoltre,
la maggior parte delle imprese considerate (circa
l’82%)hasedioaffiliateestere8.Lesedi/filialiestere
svolgono, nella maggior parte dei casi, attività di pro-
duzione in loco e servono mercati esteri; seguono le
attività di commercializzazione dei prodotti nonché
la realizzazione di alcune fasi del processo produttivo.
Infine,il41%delleimpreseintervistateacquistaol-
tre il 50% di beni (primari e intermedi) e servizi all’e-
stero; solo il 16% delle imprese acquista all’estero
una proporzione esigua (inferiore al 10%) di beni e
servizi, mentre il 43% ne acquista una proporzione
compresa tra il 10% e il 50%.
7Ciascunaimpresahaindicatotreareeprincipali;idatisonoriferitialleesportazionirealizzatenel2010–11.
8Inparticolare,delle6impreseintervistatechenonhannosediofilialiall’estero4nonesportanoall’estero.
0
15
30
UE Europanon EU
Africa Americadel Nord
America delCentro/Sud
AsiaCentrale
EstremoOriente
MedioOriente
GRAFICO 3.2 –Principaliareediprovenienzadelfatturatoexport(numerodirisposte;sonopossibilirispostemultiple)
TABELLA 3.1 –Funzionidellesedioaffiliateesteredelleimprese
Produzione in loco e servizio di alcuni mercati esteri 81%
Commercializzazione dei prodotti 56%
Realizzazione di alcune fasi del processo produttivo 31%
Approvvigionamento di beni primari o intermedi 19%
Outsourcingdeiservizifinanziarienon 9%
Fonte: elaborazione propria
Fonte: elaborazione propria
21
22
3.2 Il ruolo delle infrastrutture per l’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano
3.2.1 Le infrastrutture materiali
In primo luogo, alle imprese è stato chiesto di indi-
care le infrastrutture materiali dalle quali il sistema
produttivo trae o potrebbe trarre il maggior impulso
per le sue esportazioni9.
Il 45% delle imprese ha identificato come so-
luzione lo sviluppo di nuove reti di trasporto e
logistica, a seguire le infrastrutture energetiche
e quelle ICT. In particolare, la valutazione delle
imprese in termini percentuali è riassunta nella
tabella 3.2.
In linea generale, la valutazione delle imprese non
risultainfluenzatainmodosignificativodaltipodi
attività svolta dagli intervistati, ossia dal fatto che
questi operino nel settore manifatturiero o non
manifatturiero (colonna 2).
9Salvoneicasiespressamentespecificati,leimpresesonostatechiamateaindividuareunasolarisposta.
TABELLA3.2–Indicazionidegliintervistatisulleinfrastrutturematerialirilevantiperl’esportazione(percentualedipreferenzarispettoal totale degli intervistati)
(1)Totale
(2)Settore
(3)Dimensione
M NM Meno di1.000 mln €
Oltre1.000 mln €
Nuove reti di trasporto e logistica 45% 43% 50% 37% 53%
Nuove fonti e retidi approvvigionamento energetico
29% 32% 20% 42% 15%
Nuove reti e investimentiper le tecnologie ICT
26% 25% 30% 21% 32%
Per quanto riguarda le dimensioni d’impresa, inve-
ce, mentre le imprese di dimensioni molto grandi
indicano chiaramente le infrastrutture di trasporto
come la priorità numero uno, tra le imprese di me-
die dimensioni l’indicazione principale è suddivisa
equamente tra i trasporti e le nuove fonti e reti di
approvvigionamento energetico (colonna 3).
Le imprese di dimensioni minori sembrano essere
quindi più sensibili ai maggiori costi legati all’ap-
provvigionamento di energia rispetto alle grandi im-
prese, a evidenza dell’impatto della regressività del
prezzofinaledell’energiaelettricapertaletipologia
di consumatori.
In secondo luogo, per ciascuno dei sistemi sopra in-
dividuati (trasporti, energia, ICT) è stato chiesto alle
imprese di indicare la strategia più rilevante per la
competitività e per l’internazionalizzazione.
Per quanto riguarda il sistema dei trasporti, le impre-
se privilegiano come strategia rilevante l’intermo-
dalità nei sistemi di trasporto (44%) e la maggiore
connessione ai sistemi di trasporto esteri (22%);
sono invece scarsamente rilevanti nella valutazione
degli operatori la costruzione di singole infrastrut-
ture (autostrade, reti o porti), l’organizzazione degli
operatoriesistentioifattoricheinfluenzanoilgrado
di concorrenzialità dei mercati.
Fonte: elaborazione propria22
23
10Ladifferenzatraleimpresecheesportanoneipaesiasiaticirispettoaquellechenonesportanointalipaesièstatisticamentesigni-ficativa(intervallodiconfidenzaal90%).
TABELLA3.3–Strategieritenutepiùrilevantiperlacompetitivitàeinternazionalizzazionenell’ambitodelsistematrasporti
GRAFICO3.3–Imercatidisboccodelleimpresecheconsideranolamaggiorintermodalitàneisistemiditrasporto
STRATEGIE Risposte positive
Nuove reti autostradali 4
Nuove reti ferroviarie 3
Nuovi porti 1
Maggior intermodalità nei sistemi di trasporto 16
Maggior connessione ai sistemi esteri di trasporto 8
Migliore organizzazione degli operatori esistenti 1
Aumento della concorrenza tra gli operatori esistenti 2
Ingresso di nuovi operatori 1
Concentrandosi sul fattore ritenuto più rilevante
dalle imprese, la valutazione circa la maggior inter-
modalitàneisistemiditrasportononèinfluenzata
dal tipo di attività svolta né dalle dimensioni delle
imprese. Invece, sembra incidere su tale valutazio-
nelavicinanza/lontananzageograficadeimercati
di sbocco. In particolare, se le imprese che hanno
individuato l’intermodalità come strategicamen-
te più rilevante nell’ambito del sistema trasporto
sono in tutto il 43% del totale, distinguendo per
mercati di sbocco risulta che concordano con tale
valutazione il 60% delle imprese che esportano nei
paesi asiatici10, il 55% delle imprese che operano
nei paesi del continente americano e il 48% delle
imprese che esportano nei paesi europei, come si
evincedalgraficoseguente:
0%
35%
70%
Europa America Asia
Infine, la valutazionedelle impresecirca la rilevanza
dell’intermodalità nei sistemi di trasporto non risulta
influenzatasignificativamentedalgradodidipenden-
za nei confronti dell’estero nell’acquisto di beni prima-
ri e intermedi e servizi. Per quanto riguarda il sistema
energia, il 40% delle imprese ritiene che la strategia
migliore sia rappresentata dallo sviluppo di nuove
fonti di generazione e mezzi di approvvigionamento.
Fonte: elaborazione propria
Fonte: elaborazione propria
23
24
Nel caso delle infrastrutture energetiche, la valuta-
zione circa la rilevanza dello sviluppo di nuove fon-
ti di generazione e mezzi di approvvigionamento
nonrisultaessereinfluenzatainmodosignificativo
dall’attività delle imprese né dalla loro dimensione
o dai mercati di sbocco. Inoltre, le voci che riguar-
dano più immediatamente il grado di apertura e di
integrazioneconl’estero(diversificazionedegliap-
provvigionamenti dall’estero, miglioramento delle
reti nazionali di trasporto e di interconnessione con
l’estero, realizzazione di un mercato unico europeo)
pesano nella valutazione delle imprese in maniera
più significativa rispetto ai fattori regolamentari e
istituzionali interni (armonizzazione delle regole e
deicriterididefinizionedelletariffe,organizzazione
e concorrenzialità tra gli operatori esistenti e ingres-
so di nuovi operatori).
Infine,perquantoriguardailsistemaICT,circal’81%
delle imprese intervistate considera i nuovi investi-
menti in banda larga come la strategia più rilevante
per la competitività e l’internazionalizzazione.
Anche in questo caso, la valutazione è risultata in-
dipendente rispetto alla dimensione delle imprese.
TABELLA 3.4 –Strategieritenutepiùrilevantiperlacompetitivitàeinternazionalizzazionenell’ambitodelsistemaenergia
STRATEGIE Risposte positive
Sviluppo di nuove fonti di generazione e mezzi di approvvigionamento di energia 14
Diversificazionedegliapprovvigionamentiall’estero 3
Miglioramento delle reti nazionali di trasporto e di interconnessione con l’estero 5
Realizzazione di un mercato unico europeo 6
Armonizzazionedelleregoledeimercatienergeticiedeicriterididefinizionedelletariffeenergetiche 4
Migliore organizzazione degli operatori esistenti 0
Aumento della concorrenza degli operatori esistenti 3
Ingresso di nuovi operatori 0
TABELLA 3.5 –Strategieritenutepiùrilevantiperlacompetitivitàeinternazionalizzazionenell’ambitodelleretiICT
STRATEGIE Risposte positive
Nuovi investimenti in banda larga 29
Nuovi investimenti in sistemi satellitari 0
Nuovi sistemi di gestione delle infrastrutture esistenti 4
Migliore organizzazione degli operatori esistenti 1
Aumento della concorrenza tra gli operatori esistenti 2
Ingresso di nuovi operatori 0
Fonte: elaborazione propria
Fonte: elaborazione propria
24
25
3.2.2Ilfinanziamentodegli investimenti
Sotto il profilo del finanziamento degli investi-
menti materiali utili all’internazionalizzazione,
circa un terzo delle imprese ritengono che la stra-
tegia migliore sia rappresentata dal ricorso a nuo-
vi strumenti di finanza pubblico-privato (ad esem-
pio project bond) come mostra il grafico 3.4.
Gli investimenti pubblici italiani ed europei sono
congiuntamente considerati la soluzione migliore
solo per il 21% delle imprese, mentre ben il 42%
delle imprese ritiene preferibile il ricorso all’investi-
mentoprivato(defiscalizzatoosullabasedicondi-
zionidiconvenienza)(grafico3.5).Inoltre,lavaluta-
zionedelle impresecircalapossibilitàdifinanziare
gli investimenti materiali con il ricorso all’investi-
mento privato, pubblico o pubblico-privato non è
influenzatadalfatturatodellestessenédaltipodi
attività svolta.
GRAFICO 3.4 –Avalutazionedelle impresecirca lemodalitàdifinanziamentodegli investimentiper l’internazionalizzazione(percentuale di scelta rispetto al totale delle interviste)
3%
37%
18% 18%
24%
Solo investimenti privati, creando condizioni di convenienza
Investimenti privati in parte defiscalizzati
Nuovi investimenti di finanza pubblico-privato
Investimenti pubblici europei
Investimenti pubblici italiani
Infine,perquanto riguarda i soli investimentipri-
vati per le infrastrutture, il 39% delle imprese ritie-
ne utile da parte dello Stato un intervento volto a
garantire maggiore certezza, rapidità e facilità al
sistema di autorizzazioni, mentre il 32% degli in-
tervistati ha indicato come elemento decisivo un
trattamentofiscalemiglioreperl’investimentoegli
utili che questo genera. Le risposte delle imprese
sono sintetizzate nella tabella 3.6.
Il tema del finanziamento delle infrastrutture, così
comesiconfiguraallalucedeirecentisviluppieuropei
e italiani, verrà approfondito nel prossimo capitolo.
TABELLA 3.6 –ValutazionedelleimpresesullatipologiadiinterventodelloStatoalfinedifavoriregliinvestimentiprivatiininfrastrutture
STRATEGIE Risposte positive
Trattamentofiscalemiglioreperl’investimentoegliutilichegenera 12
Condizioni di maggiore concorrenza tra gli operatori/investitori 4
Favorendolosviluppodistrumentifinanziariidonei 3
Maggiorecertezzanelsistematariffario 4
Maggiore certezza, rapidità e facilità del sistema delle autorizzazioni 15
Fonte: elaborazione propria
Fonte: elaborazione propria
25
26
3.2.3 Le infrastrutture immateriali
Nell’ambito delle infrastrutture immateriali che
favoriscono l’internazionalizzazione, tema per il
quale gli intervistati potevano individuare due
preferenze, ben 24 imprese hanno indicato la ri-
organizzazione delle pubblica amministrazione
(PA) volta a sostenere il funzionamento e la com-
petitività delle imprese quale strategia rilevante
ai fini dell’internazionalizzazione dell’economia
italiana. Seguono nella valutazione il miglioramen-
to dell’accesso al credito (12 preferenza), migliori
servizi di finanza per l’internazionalizzazione (10
preferenze) e un sistema educativo che formi le
giuste professionalità (10 preferenze); solo 5 im-
prese hanno indicato come strategia i servizi pro-
fessionali organizzati su standard internazionali.
Ilgrafico3.5sintetizzalavalutazionedelleimprese.
Concentrandosi sulla riorganizzazione della PA, va
rilevato come tale preferenza non dipenda dall’at-
tività svolta dall’impresa (settore manifatturiero
o non manifatturiero) o dalle caratteristiche di-
mensionali (sopra o sotto la soglia di 1 miliardo di
euro) ma sia unanimemente sentito come fattore
cruciale e prioritario in fase di programmazione
degli interventi.
GRAFICO 3.5 –Valutazionedelleimpresecircaleinfrastruttureimmaterialichefavorisconol’internazionalizzazionedelleimprese(sono possibili risposte multiple)
0
25
50
RiorganizzazionePA
Numerodi risposte
Accessoal credito
Servizidi finanza
Sistemaeducativo
Serviziprofessionali
3.2.4 Le risposte “aperte”
Nelle 40 interviste condotte, abbiamo anche rac-
colto le osservazioni libere e i pareri individuali di
manager e imprenditori. In linea generale, l’ostaco-
lo principale al processo di internazionalizzazione
viene individuato nell’attuale sistema normativo,
che è molto complesso e non dà certezza nelle re-
gole. Ciò scoraggia gli investimenti privati italiani
ed esteri, i quali potrebbero invece svolgere un ruo-
lo rilevante – anche tramiteuno strumento come
ilprojectfinancingcomeindicatonelcapitolosuc-
cessivo–nell’ambitodellosviluppodelleinfrastrut-
ture. Da più parti è stata quindi posta in evidenza
lanecessitàdiunprocessodisemplificazioneecen-
tralizzazione del sistema regolamentare.
Per quanto riguarda il sistema dei trasporti, diver-
si imprenditori hanno sollevato il problema della
mancanza di coordinamento nella gestione dei
singoli porti da parte delle autorità portuali; da ciò
derivano sia problemi di scarsa specializzazione
che di sviluppo insoddisfacente delle infrastrutture
portuali, conun riflesso immediato sullagestione
Fonte: elaborazione propria
26
27
economica. Accanto allo scarso coordinamento
nella gestione portuale si segnala un problema di
intermodalità tra i sistemi portuali e quelli ferro-
viari. Inoltre, si sono rilevate carenze in ampi tratti
dei sistemi ferroviari e autostradali, caratterizzati
entrambi da una polarità verso il Nord e da uno
sviluppoinsufficientedelledirettricidall’Italiacen-
trale al Sud. Come fattore strategico nell’ambito
delle infrastrutture di trasporto si è suggerita da
più parti la strada della semplificazione normati-
va,unitamenteaunsistemadiagevolazionifiscali
efinanziarieperleiniziativediPublic Private Part-
nership (project financing con sponsor pubblici e
privati); tra queste sono state indicate l’emissione
deiprojectbondcontrattamentofiscaleagevolato
come per i titoli di stato e misure per la trasparenza
e lasemplificazioneneirapportieconomici fraPA
e imprese.
In ambito di infrastrutture energetiche, in linea ge-
nerale è stata individuata la sicurezza degli approv-
vigionamenti (con particolare riferimento ai nuovi
siti di stoccaggio) quale fattore strategico per l’in-
ternazionalizzazione.Sottoilprofilodellestrategie,
è stato indicato da un lato un mix di interventi che
riconosca il ruolo del carbone pulito, unitamente
a contratti a lungo termine per gli approvvigiona-
menti gas e per una maggiore sicurezza ed econo-
micità delle forniture; dall’altro, la determinazione
diobiettividi efficienzaenergetica,equilibrati tra
i diversi settori, che valorizzi il vettore elettrico e il
parco di generazione italiano, unitamente a uno
sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili. Inoltre,
è stata rilevata la necessità di investimenti sulla
rete di trasmissione nazionale allo scopo di sfrutta-
remegliogliimpiantipiùefficientigiàesistenti,di
ridurre i rischi associati a grandi quantità di energia
non programmabile, di limitare le congestioni della
rete e di migliorare le interconnessioni con l’estero.
Sottoquestoprofilo,molte impresehanno indivi-
duato come punto debole del sistema energetico
italiano l’insufficienza delle infrastrutture per la
rigassificazione. Tuttavia, anche in questo caso, il
problema è stato da più parti posto relazione come
connesso al regime autorizzatorio vigente nel no-
stro Paese, caratterizzato da un sistema di veti in-
crociati e di processi decisionali frammentati tra
le diverse autorità locali (regioni, province, ecc).
In particolare, è stata messa in evidenza la lun-
ghezza e complessità di tali processi, che da un lato
impongono costi elevati agli operatori e dall’altro
lasciano troppo spazio alla discrezionalità; ultimo e
non meno importante, è stato rilevato come in que-
ste maglie si possa facilmente insinuare la malavita.
Per quanto riguarda le ICT, è stato messo in eviden-
za da più parti il problema della divario esistente
tra le diverse zone del Paese; la velocità di tra-
smissione dati risulta infatti molto variabile anche
all’interno delle stesse aree metropolitane. Tra le
strategie da attuare nell’ambito dell’ICT, si è sug-
gerita la riconversione delle reti ormai obsolete e
l’integrazione tra banda larga e satelliti nelle zone
problematiche. Si è poi da più parti rilevato come
gli investimenti diretti alla digitalizzazione del Pa-
ese debbano essere accompagnati da un processo
di informatizzazione della PA.
27
28
4 Ilnododelfinanziamentodelleinfrastrutture:europa, italia
Nel corso dell’ultimo decennio si è registrato in
Europa un incremento del ricorso a operazioni di
Public-Private Partnership in settori quali la realiz-
zazione di opere infrastrutturali (trasporti, energia,
nuove tecnologie, soprattutto in ambito ICT e sani-
tà), un tempo ambito esclusivo della sfera pubblica.
L’attenzione rivolta a tale istituto si spiega con
diversi fattori: innanzitutto, la crescente consa-
pevolezza del ruolo giocato dalla realizzazione di
opere infrastrutturali per la crescita economica11
(sia sotto il profilo dell’incidenza diretta sul PIL e
sull’occupazione,siaperl’effettopositivosull’eco-
nomia della presenza di infrastrutture efficienti);
in secondo luogo, la volontà di incentivare il coin-
volgimento del settore privato nella realizzazione
delle opere pubbliche12, allo scopo di sfruttarne
le risorse finanziarie in particolare in un periodo
come quello attuale ove molti Stati sono chiamati
al contenimento della spesa pubblica13;infine,ma
non ultimo per importanza, l’interesse da parte del
settore pubblico a utilizzare il know how e le capa-
cità progettuali possedute dal settore privato.
Rispetto al classico modello della costruzione e
gestione di un’opera infrastrutturale da parte di
un organismo pubblico, l’istituto del Public-Priva-
te Partnership, all’interno del quale viene successi-
vamente utilizzata la tecnica del project financing
(PF), presenta vantaggi e svantaggi.
In particolare, esso consente di ripartire i rischi e
i ricavi dello specifico progetto di realizzazione
delle opere infrastrutturali in maniera predeter-
minata ed efficiente tra il public e il private player,
secondo le diverse e specifiche esigenze14.
Il ricorso al Public-Private Partnership favorisce,
inoltre, la razionalizzazione del processo di iden-
tificazione degli investimenti permettendo di sce-
gliere progetti che rispondono a dei requisiti sia
di profittabilità, secondo un profilo puramente
economico-finanziario, sia di “necessità e conve-
nienza” per il bene comune, secondo un profilo
economico-sociale. Il coinvolgimento di soggetti
altamente specializzati provenienti dal mondo del
privato assicura la gestione ottimale delle diverse
attività operative necessarie alla realizzazione del
11 Si vedano i lavori di D. Aschauer, Is public expenditure productive?, Journal of Monetary Economics, 1989, E. Gramlich, Infrastrucutre investment:areviewessay,Journalofeconomicliterature,1994,o,piùrecentemente,D.CanningeP.Pedroni,Infrastructure,long–runeconomic growth and a causality test for cointegrated panels, Manchester school, 2008, e B. Egert, T. Kozluck e D. Sutherland, Infra-structureandgrowth:empiricalevidence,OECDWP685,2009.Siautilizzandoseriestorichecheanalisicross-section,l’investimentoininfrastrutturerisultaunadeterminanterilevantedellacrescita,coneffettichevariano,tuttavia,trapaesiesettori,oltrecheneltempo.Inalcunicasi,c’èevidenzadiover-investment,probabilmentecollegatoausoinefficientedelleinfrastrutture.Egertetal.(2009)trova-nounsensibileeffettopositivoderivantedainvestimentiinITCeenergia,manonneitrasporti.
12 L’Unione Europea considera la partnership pubblico-privata come uno strumento per mobilitare investimenti pubblici e privati e per favorire la ripresa economica e i cambiamenti strutturali di lungo termine. [Rif. Commissione della Comunità Europee, COM (2009) 615, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, “Mobilitare gli investimenti pubblici e privati per la ripresa e i cambiamenti strutturali a lungo termine: sviluppare i partenariati pubblico-privato” 11/2009].
13Ipaesidell’Eurozonasitrovanooggiadoverridurreilpropriolivellodiindebitamentoecontestualmenteildeficitpubblico.Daciònescaturisceunevidenteimpattosullalorocapacitàdiriuscireafinanziareinvestimenticapitalintensiveec.d.alungotermineossiaaven-tiunperiododiritornosuperioreai5anni,qualilegrandiinfrastrutturegeneralmenteafferentiaisettoritrasporti,energia,ICTesanità.
14Alfinediconseguireunoptimalrisk-sharing,principiofondamentaleè l’assegnazionediundeterminatorischioallapartecheèmaggiormenteingradodigestirlo.Essa,infatti,halamiglioreopportunitàperridurrelaprobabilitàchetalerischiosiverifichiedicon-trollarneleconseguenzenelcasosiappuri.Ciòimplicacheilrischiochepuòesseregestitodalpartnerprivato(adesempioefficienzaoperativa, variazione costo materie prime, ecc) dovrebbe essere a carico del settore privato, mentre il rischio di un interesse di natura pubblica (ad esempio, cambiamenti nella normativa, rilascio licenze, ecc) dovrebbe essere a carico del settore pubblico.
28
29
progetto. Infine, il ricorso al Public-Private Part-
nership consente di contenere i “compiti” e i costi
per le amministrazioni pubbliche, sia permetten-
do la realizzazione di opere ove è sostanzialmen-
te minimizzata la probabilità di manifestazione
di fenomeni negativi tipicamente legati alla rea-
lizzazione di opere pubbliche effettuate tramite
l’applicazione del classico istituto dell’appalto
pubblico, sia riducendo sensibilmente l’aggravio
sul bilancio pubblico per la realizzazione di una
opera infrastrutturale.
Tuttavia, a fronte di tali possibili benefici, l’appli-
cazione dell’istituto del Public-Private Partnership,
e di conseguenza del PF, presenta dei limiti ricon-
ducibili essenzialmente alla possibile complessità
nelladefinizionedellerelazionitraidiversisoggetti
coinvolti nel Public-Private Partnership, ossia il part-
ner pubblico e quello privato, nonché alla probabi-
le manifestazione del rischio che tale istituto venga
utilizzatoperfininonpropri,bensìcomeunostru-
mento di provvista finanziaria a basso costo con
l’obiettivo di aggirare i limiti posti, a fronte della
situazione economica attuale, dagli ordinamenti
europei all’indebitamento degli enti pubblici.
4.1 Interventi in ambito di regolamentazione comunitaria per il mercato del Public-Private Partnership e del PF delle opere infrastrutturali
Al fine di incentivare lo sviluppo di grandi opere
infrastrutturali per favorire la crescita in ambito eu-
ropeo, negli anni più recenti si è molto dibattuto in
merito alla definizione di un apparato regolamen-
tareadattoalladiffusaapplicazionedell’istitutodel
Public-Private Partnership.
Il “Libro Verde” del 2004 relativo agli investimenti a
lungo termine sintetizza le principali conclusioni del
dibattito in sede europea ed è alla base della pre-
disposizione di nuove direttive volte a istituire un
quadro giuridico chiaro per tutti gli Stati membri in
materia di aggiudicazione dei contratti di concessio-
ne,nonchéagarantirel’accessoeffettivoalmercato
delle concessioni anche alle piccole e medie impre-
se, favorendone il confronto concorrenziale.
L’attività di armonizzazione del quadro normativo
intrapresa nel contesto europeo segue la richiesta
pervenuta da diversi players privati che, intervenendo
nel mercato del Public-Private Partnership per ope-
re infrastrutturali spesso transfrontaliere e/o comun-
que che coinvolgono interessi comuni a più nazioni,
hanno espresso la necessità di avere regole condivise,
oltre che chiare e definite. A tal proposito, occorre
sottolinearecheancoraaogginotevolisonolediffe-
renze in ambito regolatorio nei paesi dell’Eurozona.
Di queste una breve sintesi è fornita nella tabella sot-
to riportata (tabella 4.1).
4.2 Qualche cifra sul mercato del Public-Private Partnership in Europa e Italia
Nel corso del 2011 a livello europeo hanno raggiun-
to il closingfinanziario84operazionidiPublic-Pri-
vate Partnership, per complessivi 17,9 mld di euro.
Erano 112 le operazioni di Public-Private Partner-
ship l’anno precedente (118 nel 2009), per un valo-
re di 18,3 mld di euro15.
Questi dati fanno seguito a un trend positivo delle
operazioni di Public-Private Partnership, che dal
2002 ha sempre osservato ritmi di crescita impor-
tanti per poi, come si evince dai risultati 2009/2010
e2010/2011,iniziareasoffrirediproblematichede-
rivantidalleripercussionidellacrisifinanziaria.
Ledifficoltà in attonel contesto europeo si sono ri-
percosse anche sulla “mortalità” dei progetti realizzati
rispetto a quelli preventivati. Tra il 2002 e il 2011 è ar-
rivato all’aggiudicazione poco più del 44 % delle con-
cessioni di lavori pubblici bandite, rivelando un tasso di
15 EPEC, Market Update. Review of the European Public-Private Partnership Market in 2011.
29
30
Allocazione del rischio amministrativo e regolamentare
Procedure di selezionedel contraente
Predisposizionedel contratto di affidamento
Presidi per la bancabilitàdeicreditidell’affidatario
Francia § Carenze nei meccanismi di coordinamento tra i vari livelli decisionali della PA (istanzedimodificadelPlanEtat-Region-Communes).
§ Elevato gradi di accuratez-za nella fase di proget-tazione (il Code 2006 si caratterizza per attenzione ad aspetti tecnico-eco-nomici, prima ancora che giuridico-formali).
§ In generale il sistema riconosce un certo grado di discrezionalità in capo ai responsabili dei con-tratti pubblici.
§ È stato introdotto l'istituto del dialogo com-petitivo.
Limitata attenzione per la fase contrattuale.
La tutela delle pretese dei finanziatoriè(perlopiù)rimessa alle pattuizioni negoziali, la cui tua tenuta rischia di essere compressa dalle "rigidità" insite nel diritto civile francese (in particolare, per quanto attiene il sistema delle garanzie reali).
Germania § Adeguato coordinamento delle competenze dei vari enti a livello federale (da ultimo l. 12/2006); più pro-blematico il raccordo tra i vari livelli decisionali della PA a livello locale.
§ Elevato gradi di accuratez-za nella fase di progetta-zione (il VOB attribuisce grande rilievo ad aspetti tecnici e progettuali).
§ Limitati margini di discre-zionalità per la PA nella gestione delle procedure (ampio ricorso alla proce-dura aperta).
§ Il dialogo competitivo è limitato ai c.d. appalti complessi.
Limitata attenzione per la fase contrattuale.
La tutela delle pretese dei finanziatoriè(perlopiù)rimessa alle pattuizioni negoziali. Essa sembra sufficientementepraticabileper quanto attiene la costituzione di garanzie reali. Maggiori criticità sono invece opposte alla "tenuta" di tali accordi dai principi che governano il diritto dei contratti tedesco.
Italia § Limiti nei meccanismi di coordinamento tra i vari livelli decisionali della PA (specie per quanto attiene il raccordo con amministra-zioni preposte alla tutela di interessispecifici).
§ Scarsa attenzione per gli aspetti tecnico-progettuali
§ Limitati margini di discre-zionalità per la PA nella gestione delle procedure.
§ L'istituto del dialogo competitivo non è ancora operativo.
§ Presenza di meccanismi potenzialmente discorsivi nella presentazione delle offerte.
Limitata attenzione per la fase contrattuale.
§ Insufficienzadeimeccani-smi previsti dalla legge a tuteladeifinanziatori.
§ Scarsa praticabilità di cor-rettivi sul piano negoziale, data la presenza di nu-merose rigidità nel diritto civile italiano (specie per quanto attiene il sistema delle garanzie reali).
Regno Unito § Presenza di adeguati meccanismi di coordina-mento tra le varie autorità coinvolte.
§ Grande attenzione per gli aspetti tecnico-progettuali (ricorso a modelli standar-dizzati di contratti).
§ Elevatogradodiflessi-bilità e ampie possibilità di adattamento ai casi concreti.
§ È stato introdotto l'istituto del dialogo com-petitivo.
Grande attenzione per la fase contrattuale (predisposizione di clausole che consentono un'adeguata allocazione dei rischi).
Articolato sistema di garanzie reali e penali sul piano negoziale, la cui tenuta è assicurata dai principi che governano il diritto dei contratti inglese (privaty of contract).
Spagna § Presenza di adeguati meccanismi di coordina-mento tra le varie autorità coinvolte (Istituto del Replalanteo de la obra).
§ Grande attenzione per gli aspetti tecnico-progettuali.
§ Non trascurabili margini di discrezionalità per la PA nella gestione delle procedure (ampio ricorso alle procedure ristrette).
§ È stato introdotto l'istituto del dialogo com-petitivo.
Grande attenzione per la fase contrattuale (predisposizione di clausole che consentono un'adeguata allocazione dei rischi).
Articolato sistema di garanzie a tutela delle pretesedeifinanziatoriprevisto dalla legge, (anche) in deroga ai principi di civil law che governano il diritto civile spagnolo.
TABELLA 4.1 –ConfrontotralaregolamentazionedelPublic-Private Partnership dei principali Paesi europei
Fonte:InfrastruttureeprojectfinancinginItalia:ilruolo(possibile)dellaregolamentazione(QuestionidiEconomiaeFinanza–Banca d’Italia, Nov. 2009)
30
31
mortalità superiore al 50 % che si considera aumente-
rà negli anni a venire.
Analizzando i dati delle principali economie, si con-
ferma il mantenimento del primato del mercato in-
gleseinterminidinumerositàdeicontrattidifinan-
ziamento conclusi (27, erano 44 nel 2010), seguito
da quello francese (19 contratti) e tedesco (16 con-
tratti). Interminidivaloredeifinanziamentiaccor-
dati, la Francia rappresenta il 62% del totale, seguita
dalla Gran Bretagna (18%).
Relativamente ai settori interessati dall’utilizzo
dell’istituto del Public-Private Partnership, in termi-
ni di valore il primato spetta a quello dei trasporti,
che rappresenta il 58% del valore totale.
In Italia, si è assistito nel 2011 a una riduzione del
numero dei bandi pubblicati per operazioni di
Public-Private Partnership, a fronte di un modesto
aumento del loro valore totale. A livello settoriale,
nel 2011, il 52% del numero totale dei progetti si
concentra nel settore delle utility (energia, gas, ac-
qua, telecomunicazioni), seguono gli impianti spor-
tivi, i cimiteri e i parcheggi. In termini di valore delle
operazioni bandite, il settore dei trasporti pesa per
circa il 70% del totale, seguito da sanità e utility.
Nel 2011, sempre in Italia risultano conclusi 7 con-
tratti di finanziamento per operazioni di Public-
Private Partnership.Ilvalorecomplessivodeifinan-
ziamenti accordati è pari a circa 812 mln di euro,
a fronte di oltre 1,5 mld di euro di investimenti previ-
sti16. Tale ultimo dato mostra l’importanza del tasso
di mortalità che, anche nel nostro Paese, colpisce i
progetti che si intendono sviluppare mediante l’uti-
lizzo dell’istituto del Public-Private Partnership.
Con un focus sul territorio italiano, emerge come il
maggior numero di bandi pubblicati sia concentrato
al Nord (100), seguono il Sud e le Isole (70) e il Cen-
troItalia(59)acuisiaggiungono2iniziativediffuse
su più regioni17.
4.3 Principali problematiche e possibili soluzioni per lo sviluppo futuro dell’istituto del Public- Private Partnership per lo sviluppo di opere infrastrutturali
LaCommissioneEuropeahaquantificatonell’Otto-
bre del 201118 in c.a. 1.000 miliardi di euro per i pros-
simi 10 anni l’ammontare di investimenti in opere
infrastrutturali necessarie per innovare il settore dei
trasporti, dell’energia e dell’ICT (circa 500 miliardi di
euro nel settore trasporti, 200 miliardi di euro nel set-
tore energetico e 300 miliardi di euro nel settore ICT).
Tuttavia, contestualmente al processo di contenimen-
to della spesa pubblica in atto nei paesi dell’Eurozona,
inuovirequisitiprudenzialisviluppatiperilmondofi-
nanziario, per le banche (Basilea III) e le compagnie
di assicurazioni (Solvency II) in primis e, a seguire,
il mancato approdo sui mercati finanziari dei c.d.
long-term assets19, stanno avendo degli impatti nega-
tiviconsiderevolisultrendosservato,finoaoggipo-
sitivo,degliinvestimentieffettuatiinopereinfrastrut-
turali tramite l’istituto del Public-Private Partnership.
In ambito bancario, la recente rivisitazione dei re-
quisiti prudenziali previsti dalla regolamentazione
sta verosimilmente ostacolando, o potrà ridurre nel
prossimo futuro, la capacità delle stesse di destinare
partedellepropriedisponibilitàperilfinanziamento
dell’economiae,nello specifico,per ilfinanziamen-
to di progetti di investimento a lungo termine, quali
quelli in opere infrastrutturali, laddove sino ad oggi
lamaggiorpartedelle fonti di finanziamentodelle
opere infrastrutturali realizzate attraverso l’istituto
del Public-Private Partnership, e al suo interno del PF,
eragarantitapropriodalsettorebancario(grafico4.1).
Un recente documento della BIS20 prevede una ridu-
zionedeifinanziamentipergli investimentialungo
16 Associazione Bancaria Italiana (ABI).
17 In particolare le regioni con il più elevato numero di bandi pubblicati sono la Lombardia (27), l’Emilia Romagna (25), il Lazio (24) e la Toscana (21). La prima regione del Mezzogiorno è la Campania (18) seguita dalla Puglia (17) e dalla Sicilia (14).
18 “A growth package for integrated European Infrastructures”, European Commission (Oct. 2011).
19 I “long term assets” sono una particolare equity o debt asset-class derivante dalla negoziazione di azioni o obbligazioni si SPV appositamen-tecostituiteperlarealizzazionedispecificiprogettiinfrastrutturaliaseguitodell’applicazionedell’istitutodelPublic-PrivatePartenership.
20BISQuartleyReview–March2012.
31
32
termine da parte delle banche europee per valori che
oscillanotrail40%–relativoallebancheattualmente
inmaggioredifficoltànel rispettare inuovi requisiti
patrimonialidettatidaBasileaIII–eil20%–relativo
alle banche in medie e buone condizioni.
In aggiunta, oltre alla mera restrizione quantitativa
dellerisorsedestinateafinanziamentiinfrastrutturali,
le banche saranno probabilmente chiamate anche
arivedereladurataeilcostodeiprogettichefinan-
zieranno. Si attende, infatti, che per far fronte, prin-
cipalmente, ai nuovi requisiti di “liquidità” le banche
ricalibreranno la durata e il costo applicato ai proget-
ti finanziati, il primo parametro in termini negativi
mentre il secondo in termini positivi. I dati del 2011
evidenziano già, in ambito europeo, come la durata
media richiesta per la restituzione dei prestiti conces-
si a titolo di senior debt sia scesa intorno ai 20 anni
(a fronte di 25 anni del 2010). In Italia si è registrato il
picco negativo che ha toccato quota 17 anni.
Perquelcheriguardaleassicurazioni,intermediarifi-
nanziari considerati come “naturali acquirenti e deten-
tori” di long-term assets, alcuni studi rilevano come le
prospettive future facciano intravedere una progres-
siva riduzione dell’esposizione delle compagnie verso
forme di investimento a lungo termine21. Tale previ-
sione si ritiene, in primis, conseguenza della prossima
applicazione della normativa che va sotto il nome di
Solvency II: una regolamentazione che richiede un in-
cremento considerevole, se confrontato con i parame-
triattuali,dellapercentualediprofittodaconseguirsi
21AlfinedicontrastareledifficoltànelfinanziamentodeiprogettidiPublic-Private Partnership, in particolare per sopperire alla scarsa disponibilitàdigaranziefinanziariemonoline, la Commissione Europea ha lanciato la “Project Bond Initiative” che prevede, in una sua primaversione,l’emissionediobbligazionidapartedelsoggettorealizzatore, legateallospecificoprogettoecongaranziaBEIperrating e duration (AAA/long term), in maniera da catturare l’interesse degli investitori istituzionali.
GRAFICO 4.1 –Tendenzeglobalidelfinanziamentodelleinfrastrutture
Fonte:InfrastructureJournal–GlobalInfrastructureFinanceReviewH12012
H12005
H22005
H12006
H22006
H12007
H22007
H12008
H22008
H12009
H22009
H12010
H22010
H12011
H22011
H12012
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
USSbn
Equity
Bonds
Loans
IFI/Gov support
da parte delle compagnie di assicurazione a fronte
dell’allungamento della durata (maturity) di un asset,
piuttostocheinfunzionedelsuorating.L’effettona-
turale potrebbe essere una ridotta inclinazione delle
compagnie di assicurazione europee a investire in as-
sets collegati a opere infrastrutturali a lungo termine
come quelli emessi dalle Special Investment Vehicles
(SPV),costituitenell’ambitodellafinanzadiprogetto.
In un tale contesto sembra necessario riprendere
il dibattito relativo alla c.d. marketability, ossia la
capacità di un bene di essere comprato e venduto
nel mercato, dei progetti infrastrutturali, favorendo
32
33
l’emergenza di mercati attivi, sia primari che secon-
dari, per la particolare categoria di long-term assets
collegati alla realizzazione di una opera infrastruttu-
rale, in modo da coinvolgere, incentivandoli, anche
altri soggetti economici, diversi dalle banche e dalle
compagnie di assicurazione, le cui risorse potreb-
bero essere impiegate. Gli strumenti di “mercato”
individuati dalla Commissione si riferiscono sempre
a SPV o Special Investment Vehicles (SIV), che do-
vrebbero emettere securities di interesse per nuovi
importanti investitori, quali fondi comuni specializ-
zati nelle infrastrutture, fondi sovrani attivi a livello
globale e grandi fondi di Private Equity.
Una ulteriore soluzione può essere trovata nella faci-
litazionedell’accessoafontidifinanziamentopriva-
te da parte di progetti locali di piccola scala. Tale ini-
ziativa, derivante dall’esperienza anglosassone, ha
come obiettivo quello di fornire una soluzione più
veloceedeconomicaalproblemadelfinanziamen-
to di opere infrastrutturali, che mantenga i vantaggi
deifinanziamentibancari privati,ma che riduca le
sueinefficienzeseapplicatoasistemipiùpiccoli22.
4.4 La situazione italiana
L’Italia ha una dotazione infrastrutturale al di sotto
della media europea. Le nostre infrastrutture sono an-
chemenoefficienti,inmediapiùobsoleteenoncoe-
renticonleesigenzedelsettoreproduttivoodeiflussi
attivabili dall’enorme potenziale del Paese connesso
alla dotazione straordinaria di beni culturali e di locali-
tà sfruttabili per il turismo. In aggiunta, risultando po-
liticamentebenpiùdifficiletagliarelaspesacorrente
(sanità, pensioni, stipendi e acquisti pubblici) rispetto
a quella per investimenti di lunga durata, la spesa in
conto capitale è ormai da più di due decadi compres-
sa dagli sforzi di risanamento del bilancio pubblico.
Nel nostro Paese, è quindi relativamente ancora più
urgente incentivare il finanziamento e la realizza-
zione di nuove infrastrutture. Dall’Europa, un aiuto
concreto può arrivare attraverso lo strumento dei
project bonds e il coinvolgimento della BEI. A livel-
lo di politica interna, occorre probabilmente andare
oltreleagevolazionifiscaliprevistesoloperlegran-
di opere nel Decreto Sviluppo. Si potrebbe pensare
a canalizzare il risparmio dei cittadini in fondi infra-
strutturali con garanzia pubblica, ma di natura e ge-
stione privata, attraverso incentivi simili a quelli pre-
visti per l’acquisto di titoli di Stato, o addirittura più
generosi visto il carattere di lunga durata e minore
liquidità degli investimenti finanziari in questione.
Indirettamente, sono rilevanti anche gli sforzi recen-
tiintemadisemplificazionedeirapportitraimprese
e amministrazione pubblica; inoltre renderebbe il
Paese un target più attraente per investitori esteri
e grandi fondi internazionali un rapido e deciso mi-
glioramento delle notevoli inefficienze e lentezze
che caratterizzano il nostro sistema giudiziario e che
riducono la capacità di imporre il rispetto delle nor-
me contrattuali a ogni livello.
Per concludere, si espone una osservazione gene-
rale in tema di Public-Private Partnership e PF che
rimangono, con tutte le difficoltà individuate, le
soluzioni più praticabili oggi. La letteratura indica
nellafinanzainternalaprima,inunaipoteticascala
gerarchica, delle fonti di finanziamento, conside-
rando meno rilevante la tradizionale distinzione tra
capitale proprio e capitale di credito, dato che nelle
imprese gestite da manager, entrambe queste fon-
ti sono “esterne”, più costose e meno convenienti
perché incorporano premi per l’assicurazione con-
tro una imperfetta e asimmetrica informazione da
partedeifinanziatorioutsidersrispettoaimanager
stessi.Nellafinanzadiprogettoilfinanziamentoè,
almeno all’inizio ma spesso per un periodo lungo,
tutto o prevalentemente “esterno”. Sarebbe oppor-
tunoallorariflettereancora,apartiredaquestecon-
siderazioni, sulle differenze, in termini di struttura
ottimaledellefonti,trafinanzaaziendaleefinanza
diprogetto,everificarnelarilevanzaperlediverse
opere infrastrutturali.
22 Un esempio di questo modello sono i Local Improvement Finance Trusts (LIFTs) nel settore sanitario sviluppati in Gran Bretagna dal 2004. I singoli progetti intrapresi da LIFTs sono strutturati in modo simile ai progetti Public-Private Partnership, tuttavia i singoli contratti vengono qui raggruppati insieme e standardizzati.
33
34
conclusioni
L’indagine svolta sulle imprese medie e grandi, operanti sia nel manifatturiero sia
nel terziario, conferma il ruolo strategico delle infrastrutture per l’internaziona-
lizzazione delle aziende italiane. In linea generale le imprese hanno individuato
come l’ostacolo principale al processo di internazionalizzazione l’attuale sistema
normativo, che è molto complesso e non dà certezza nelle regole. Ciò scoraggia gli
investimenti privati italiani ed esteri, i quali potrebbero invece svolgere un ruolo
rilevante–anche tramite strumenti come ilprojectfinancing–nell’ambitodello
sviluppo delle infrastrutture.
La priorità principale segnalata dalla imprese riguarda le reti di trasporto e di logi-
stica, che per circa la metà delle aziende rappresenta la prima strozzatura del Pae-
se rispetto alla proiezione esterna del sistema produttivo. In particolare, le imprese
medio-grandi sondate indicano nello sviluppo dell’inter-modalità dei sistemi di tra-
sporto (specie nella relazione tra sistema portuale e ferroviario) e nella miglior con-
nessione con le infrastrutture estere di trasporto e logistica, i nodi cruciali per favorire
l’internazionalizzazione delle imprese italiane.
Per quanto riguarda in particolare il sistema dei trasporti, diversi imprenditori han-
no sollevato il problema della mancanza di collegamento nella gestione dei singoli
porti da parte delle autorità portuali; da ciò derivano sia problemi di scarsa spe-
cializzazione che di sviluppo insoddisfacente delle infrastrutture portuali, con un
riflesso immediatosullagestioneeconomica.Accantoallo scarsocoordinamento
nella gestione portuale si segnala un problema di intermodalità tra i sistemi portua-
li e ferroviari. Inoltre, si sono rilevate carenze in ampi tratti dei sistemi ferroviari e
autostradali, caratterizzati entrambi da una polarità verso il Nord e da uno sviluppo
insufficientedelledirettricidall’ItaliacentralealSud.
Come fattore strategico nell’ambito delle infrastrutture di trasporto si è suggeri-
ta dapiù parti la stradadella semplificazionenormativa, unitamente a un siste-
madiagevolazionefiscaliefinanziarieperleiniziativediPublicPrivatePartnership
(projectfinancingconsponsorpubblicieprivati),qualil’agevolazionedell’emissio-
nedeiprojectbondcontrattamentofiscaleagevolatocomeititolidistatoomisure
perlatrasparenzaelasemplificazioneneirapportieconomicifraPAeimprese.
Per quanto concerne le infrastrutture del comparto energia, le aziende indicano
nello sviluppo di nuove fonti di generazione e mezzi di approvvigionamento di
energia la priorità per aumentare la competitività delle imprese italiane nel conte-
sto internazionale, seguito dal completamento del Mercato Interno dell’energia.
In particolare, l’adeguamento e la crescita del nostro sistema di stoccaggio appare
come la più immediata esigenza di una politica energetica che favorisca l’apertura
34
35
delle imprese all’estero, sia per i risvolti di sicurezza e stabilità degli approvvigio-
namenti, siaper iprofilidi contenimentodei costiper le imprese.Per favorire le
piccole imprese, inoltre, sarebbe opportuna anche una revisione degli oneri per lo
sviluppo delle fonti alternative, che oggi gravano sulle imprese italiane assai più che
sui concorrenti europei.
Sottoilprofilodellestrategiepuntuali,sisonoindicatidaunlatounmixdiinter-
venti che riconosca il ruolo del carbone pulito, unitamente a contratti a lungo ter-
mine per gli approvvigionamenti gas e per una maggiore sicurezza ed economicità
delle forniture;dall’altro, lafissazionediobiettividiefficienzaenergetica,equili-
brati tra i diversi settori, che valorizzino il vettore elettrico e il parco di generazione
italiano, unitamente a uno sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili.
È stata rilevata la necessità di investimenti sulla rete di trasmissione nazionale allo
scopodisfruttaremegliogli impiantipiùefficientigià,diridurre i rischiassociatia
grandi quantità di energia non programmabile, di limitare le congestioni della rete e
dimigliorareleinterconnessioniconestero.Sottoquestoprofilo,molteimpresehan-
no individuato come punto debole del sistema energetico in Italia quello dei rigas-
sificatori.Tuttavia,ancheinquestocasotaleproblemaèstatodapiùpartipostoin
relazione con il regime delle autorizzazione vigente nel nostro Paese, caratterizzato
da un sistema di veti incrociati e di processi decisionali frammentati tra autorità locali,
come regioni, province, ecc. In particolare, si è rilevata la lunghezza e complessità di
tali processi, che da un lato impongono costi elevati agli operatori e dall’altro lascia-
no troppo spazio alla discrezionalità; ultimo e non meno importante, è stato rilevato
come in queste maglie si possa facilmente insinuare la malavita.
La quasi totalità delle imprese intervistate, infine, considera gli investimenti nella
banda larga la chiave per sostenere l’internazionalizzazione mediante lo sviluppo
delle infrastrutture di Information and Communication Technology. In generale,
le imprese medio-grandi del sondaggio manifestano una forte esigenza di aggiorna-
mentoegestionenonsolodelcapitalefisicoimpegnatonelleinfrastrutture,madel
capitale immateriale coinvolto nelle reti: questo si esprime nell’esigenza di connes-
sioni “intelligenti” nella logistica, di ricerca di nuovi approvvigionamenti nell’energia,
e di un più potente vettore di conoscenze e dati nelle ICT.
Per quanto riguarda le ICT, è stato inoltre evidenziato da più parti il problema della
divario esistente tra le diverse zone; la velocità di trasmissione dati risulta infatti
molto variabile anche all’interno delle stesse aree metropolitane. Ad acuire tale
problemavi è il sistema tariffario, cheè legatoalmassimodipunta, spessonon
35
36
raggiungibile. Tra le strategie da attuare nell’ambito del sistema ICT, si è suggerita
la riconversione delle reti ormai obsolete e l’integrazione tra banda larga e satelliti
nelle zone problematiche. Si è poi da più parti rilevato come gli investimenti diretti
alla digitalizzazione del Paese debbano accompagnarsi a un processo di informa-
tizzazione della PA.
Oltreallerichiestedisempre,dicontrollipiùefficacienonformalistici,menocarte
da presentare e tempi certi per le risposte, dalla giustizia civile, ai pagamenti, alla
concessione di autorizzazioni e permessi, le imprese segnalano l’esigenza di avviare
una vera riforma del processo legislativo, che disboschi la pletora di leggi esistenti e
le sostituisca con testi essenziali e comprensibili anche per gli investitori esteri. Ogni
mutamento che favorisca la crescita dimensionale delle imprese, ogni decisione che
consenta l’attrazione di investimenti dall’estero o limiti la fuga di nostre imprese e
capitali va presa senza indugio.
Perquantoconcerneilfinanziamentodelleinfrastrutturerichieste,leimpreseinter-
vistateindicanoinstrumentidifinanzapubblico-privataenell’agevolazionefisca-
le degli investimenti privati le fonti preferibili cui attingere. Anche in questo caso
prevalelarichiestadimaggiorefficienzaecertezzadelleregolecheemananodal
compartodellaPA,considerandochelaliquiditàfinanziariapotenzialmentedispo-
nibilesuimercatiglobaliperfinanziareleinfrastruttureitalianenonèoggiscarsa.36
37
appendice
Nota metodologica
Leintervistecondotteconimanagereirappresentantidelleimpresenonfinanzia-
rie socie o connesse ad Aspen sono svolte sulla base del questionario allegato, da
utilizzare come traccia per poter uniformare le risposte e ottenere riscontri statisti-
ci dall’indagine. Le imprese finanziarie non sono state inclusepoiché la finanza è
(forse) oggi l’infrastruttura immateriale più rilevante per l’internazionalizzazione del-
le impresenonfinanziarie,mentre lafinanzastessa tendeper suanaturaaessere
globale:leimpresefinanziariesitrovanodunqueinunasituazionedeltuttopeculiare
rispetto alle altre, e includerle potrebbe rendere “illeggibili” i risultati. Obiettivo del
questionario e delle interviste è quello di enucleare le priorità e le modalità d’inter-
vento che le imprese suggeriscono per potenziare il sistema infrastrutturale italiano,
ovvero di investigare quali siano le infrastrutture che le imprese italiane reputano
piùimportanti(e/oinsufficienti)perfavorireiprocessidiinternazionalizzazionedelle
nostre imprese. Le infrastrutture si possono ricondurre a due ampie categorie, quelle
materialiequelleimmateriali,a lorovoltaarticolateinsottodiversevoci.Cisoffer-
miamo principalmente su quelle materiali ricondotte sotto tre voci: infrastrutture di
trasporto, energetiche e reti ICT.
37
38
Il questionario utilizzato per la rilevazione
Il questionario consta di 12 domande a risposta obbligata, e 3 domande aperte.
A) Descrizione dell’impresa e delle sue attività internazionali
1) Inqualeclassecollocailfatturatorealizzatodall’impresanel2010–11?
50.000.000–99.000.000euro
100.000.000–199.000.000euro
200.000.000–499.000.000euro
500.000.000–1.000.000.000euro
Oltre 1.000.000.000 euro
2) In quali settori l’impresa ha le principali attività (indicare al max i primi 2 settori)?
Alimentari, bevande e tabacco
Macchinari e apparecchi n.c.a.
Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti
Abbigliamento
Cuoio e prodotti in cuoio, pelle e similari
Mobili
Industrie tessili
Agricoltura, silvicoltura e pesca
Gioielleriaeoreficeria
Articoli in gomma e materie plastiche
Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
Apparecchi elettrici
Attivitàprofessionali,scientificheetecniche
Servizi di alloggio e di ristorazione
Commercio all’ingrosso e al dettaglio
Altri mezzi di trasporto
Legno e prodotti in legno
Computer, apparecchi elettronici e ottici
Prodottichimiciefibresinteticheeartificiali
Servizi di supporto alle imprese
Pasta da carta, carta e prodotti di carta
Strumenti e forniture mediche e dentistiche
Prodotti delle attività informatiche
Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi
Articolifarmaceutici,chimico–medicinaliepreparatifarmaceutici
Altri prodotti delle industrie manifatturiere
Fornitura di acqua
Articoli sportivi
Estrazione di minerali da cave e miniere
Energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata
Attività delle agenzie di viaggio e dei tour operator
Coke
Prodotti della stampa e della riproduzione di supporti registrati
Strumenti musicali
Giochi e giocattoli
38
39
3) Principaliareediprovenienzadelfatturatoexportdel2010–11(indicarealmaxleprimetrearee)
Unione Europea
Europa dell’Est
Africa
America del Nord
America Centro/Sud
Asia Centrale
Estremo Oriente
Medio Oriente
Oceania
Nessuna(l’impresanonhaexportsignificativo)
4) In che proporzione l’impresa acquista beni primari, beni intermedi e servizi all’estero?
0–10%
11–30%
30–50%
Oltre 50%
5) L’impresahasedioaffiliateestere,eperqualifunzioni(sonopossibilipiùrisposte)?
Per produrre in loco e servire alcuni mercati esteri
Per realizzare alcune fasi del processo produttivo
Per la commercializzazione dei prodotti
Perl’outsourcingdiservizifinanziarienon
Per l’approvvigionamento di beni primari o intermedi
B) Indagine sul ruolo delle infrastrutture per l’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano
6) Da quali nuove infrastrutture materiali il sistema produttivo italiano trarrebbe il maggiore impulso
per la sue esportazioni? (una sola risposta)
Di nuove reti di trasporto e logistica
Di nuove fonti e reti di approvvigionamento energetico
Di nuove reti e investimenti per le tecnologie ICT
7) Nell’ambito del sistema trasporti, quale strategia sarebbe più rilevante per la competitività e l’inter-
nazionalizzazione? (una sola risposta)
Nuove reti autostradali
Nuove reti ferroviarie
Nuovi porti
Maggior intermodalità tra sistemi di trasporto
Maggior connessione ai sistemi esteri di trasporto
Una migliore organizzazione degli operatori esistenti
Un aumento della concorrenza tra gli operatori esistenti
L’ingresso di nuovi operatori
39
40
8) Nell’ambito del sistema energia, quale strategia sarebbe più rilevante per la competitività e l’inter-
nazionalizzazione? (una sola risposta)
Lo sviluppo di nuove fonti di generazione e mezzi di approvvigionamento di energia
Ladiversificazionedegliapprovvigionamentiall’estero
Il miglioramento delle reti nazionali di trasporto e distribuzione di interconnessione con l’estero
La realizzazione di un mercato unico europeo
L’armonizzazionedelleregoledeimercatienergeticiedeicriterididefinizionedelletariffeenergetiche
Una migliore organizzazione degli operatori esistenti
Un aumento della concorrenza tra gli operatori esistenti
L’ingresso di nuovi operatori
9) Nell’ambito delle reti di ICT, quale strategia sarebbe più rilevante per la competitività e l’internazio-
nalizzazione? (una sola risposta)
Nuovi investimenti in reti di banda larga
Nuovi investimenti in sistemi satellitari
Nuovi sistemi di gestione delle infrastrutture esistenti
Una migliore organizzazione degli operatori esistenti
Un aumento della concorrenza tra gli operatori esistenti
L’ingresso di nuovi operatori
10)Comesipotrebberofinanziaregli investimentimaterialiutiliper l’internazionalizzazione? (una
sola risposta)
Con investimenti pubblici italiani
Con investimenti pubblici europei
Connuovistrumentidifinanzapubblico-privato(projectbondecc)
Coninvestimentiprivatiinpartedefiscalizzati
Solo con investimenti privati, creando condizioni di convenienza
11) In che modo lo Stato potrebbe meglio favorire gli investimenti privati in infrastrutture? (una
sola risposta)
Conuntrattamentofiscalemiglioreperl’investimentoegliutilichegenera
Favorendo più concorrenza tra gli operatori/investitori
Favorendolosviluppodistrumentifinanziariidonei
Conunamaggiorecertezzadelsistematariffario
Con una maggiore certezza, rapidità e facilità del sistema di autorizzazioni
12) Nell’ambito delle infrastrutture immateriali che favoriscono l’internazionalizzazione delle imprese,
quale strategia sarebbe più rilevante? (due sole risposte max)
Una riorganizzazione della PA volta a sostenere il funzionamento e la competitività delle imprese
Un miglioramento dell’accesso al credito
Miglioriservizidifinanzaperl’internazionalizzazione
Un sistema educativo che formi le giuste professionalità per l’internazionalizzazione
Servizi professionali per l’internazionalizzazione (commerciale, tributario, legale, ecc.) organizzati
su standard internazionali
40
41
C) Approfondimento sul ruolo delle infrastrutture per l’internazionalizzazione del sistema produt-
tivo italiano
13) Può indicare in 5 righe una misura pubblica o privata che favorirebbe le infrastrutture di trasporto
utili per l’internazionalizzazione?
__________
14) Può indicare in 5 righe una misura pubblica o privata che favorirebbe le infrastrutture energetiche
utili per l’internazionalizzazione?
__________
15) Può indicare in 5 righe una misura pubblica o privata che favorirebbe le infrastrutture ICT utili per
l’internazionalizzazione?
__________
Le aziende intervistate
ABB
Ansaldo
Atlantia
Basf
Bonfiglioli
Bosch
Buongiorno
Ducati
EMC
Enel
Eni
ERG
Falck
Farmindustria
Ferrari
Ferrovie dello Stato
Fincantieri
Grimaldi
IBM
Interpump
Isagro
Kedrion
L’Espresso
Maire Tecnimont
Marcegaglia
MerloniHolding
Pedrollo
Pietro Barbaro Group
Poste
Radaelli
Risogallo
Simest
Sirti
Sol
Sorin
STMicroelectronics
Telecom
TNT
Vodafone
41
42
Materiali statistici
TABELLA A.1 –Esportazioniitalianeperpaeseearea(milionidieuro)
PAESI E AREE 2007 2008 2009 2010 2011 (a)
Unione europea (b) 222,173 217,210 168,064 193,389 210,482
Uem (c) 168,361 163,848 128,738 147,365 160,338
Austria 8,845 8,803 6,961 8,002 8,707
Belgio 10,751 9,931 8,032 8,678 9,749
Francia 41,991 41,459 33,984 39,237 43,707
Germania 47,254 47,110 36,942 43,867 49,345
Paesi Bassi 8,658 8,678 7,111 8,368 9,117
Spagna 27,369 24,123 16,680 19,595 19,885
Polonia 8,943 9,774 7,922 8,553 9,409
Regno Unito 21,241 19,327 14,953 17,576 17,519
Paesi europei non Ue 40,457 44,325 34,101 40,633 50,110
Russia 9,560 10,468 6,432 7,906 9,314
Svizzera 13,297 14,425 13,563 15,823 20,655
Turchia 7,192 7,502 5,652 8,029 9,628
Africa settentrionale 9,968 13,207 11,544 13,383 10,762
Altri paesi africani 4,629 4,788 4,540 4,443 5,239
Sudafrica 1,544 1,432 1,072 1,345 1,737
America settentrionale 26,992 25,625 19,167 22,709 25,556
Stati Uniti 24,254 23,028 17,099 20,329 22,857
America centro-meridionale 11,993 12,175 9,025 11,095 14,127
Brasile 2,561 3,342 2,693 3,877 4,785
Messico 3,423 2,827 1,758 2,559 3,235
Medio Oriente 16,751 18,579 15,096 16,139 18,471
Altri paesi asiatici 26,612 27,061 25,517 30,217 34,810
Cina 6,290 6,432 6,629 8,609 10,000
Corea del Sud 2,527 2,593 2,173 2,513 2,932
Giappone 4,312 4,251 3,714 4,011 4,738
India 2,995 3,090 2,735 3,387 3,740
Oceania e altri territori 5,169 6,044 4,679 5,339 6,291
OPEC (d) 17,694 21,380 17,816 17,949 17,749
Mercosur (e) 3,540 4,366 3,411 5,026 6,081
EDA (f) 10,029 10,131 8,738 10,301 12,079
ASEAN (g) 4,668 4,789 4,289 4,689 5,590
TOTALE (h) 364,744 369,016 291,733 337,346 375,850
42
43
(a) I dati del 2011 sono provvisori.(b) All’interno dell’area sono comprese anche le Provviste di bordo Intra limitatamente alle esportazioni. La serie è ricostruita dal 1993.(c) Dal 1° gennaio 2011 l’Unione monetaria europea è costituita da 17 paesi: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna. La serie è ricostruita dal 1993.(d) Organization Petroleum Exporting Countries (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio): Algeria, Angola (dal 2007), ArabiaSaudita,EmiratiArabiUniti,Ecuador(dal2008),Indonesia(finoal2008),Iran(Repubblicaislamicadell’),Iraq,Kuwait,Libia, Nigeria,Qatar, Venezuela.(e) Mercosur: comprende Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay.(f) EDA (Economie dinamiche dell’Asia)comprendeCoreadelSud,HongKong,Malaysia,Singapore,Taiwan,Thailandia.(g) ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico): comprende Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar (ex Birmania), Singapore, Thailandia, Vietnam.(h)Iltotaleèdatodallasommadeivalorirelativialleareegeografiche.
Fonte: Istat
TABELLA A.2 –Classificazionedeipaesiinbaseal Cost of Doing Business (2011)
Singapore 1
Corea 8
Finlandia 11
Svezia 14
Malesia 18
Germania 19
Giappone 20
Francia 29
Olanda 31
Spagna 44
Polonia 62
Repubblica Ceca 64
Turchia 71
Italia 87
Cina 91
Vietnam 98
TABELLA A.3 –FlussiannualidiIDEinuscita,quote % sul totale mondiale
1990 2000 2010
Stati Uniti 12,8 11,6 24,9
Germania 10,0 4,6 7,9
Francia 15,0 14,4 6,4
Cina 0,3 0,1 5,1
Svizzera 3,0 3,6 4,4
Giappone 21,0 2,6 4,3
Russia – 0,3 3,9
Canada 2,2 3,6 2,9
Belgio 2,6 7,0 2,9
Olanda 5,7 6,1 2,4
Svezia 6,1 3,3 2,3
Australia 0,3 0,3 2,0
Spagna 1,4 4,7 1,6
Italia 3,2 1,0 1,6
Corea del Sud 0,4 0,3 1,5
Irlanda 0,2 0,4 1,3
India 0,0 0,0 1,1
Malesia 0,1 0,2 1,0
Brasile 0,3 0,2 0,9
Regno Unito 7,4 18,9 0,8
TOTALE 20 PAEsI 91,9 83,3 79,1
Paesi ordinati per quote nel 2010.
Fonte:WorldBank
Fonte: elaborazioni CSC su dati UNCTAD
43