Post on 12-Mar-2018
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1. Posizione di guida:
Eccoci dunque alla descrizione della posizione base da usare sempre durante la guida di un trial. Il
pilota deve innanzitutto potersi muovere agevolmente in senso verticale ed in senso laterale, quindi
andrà a posizionarsi in piedi sulle pedane, serrando il manubrio non troppo fortemente. (Foto 1-2-3)
Il corpo sarà di poco inclinato in avanti, con lo sguardo rivolto 2/3 m. circa oltre la ruota anteriore,
le gambe e le braccia dovranno flettere leggermente, con i polpacci a sfiorare il telaio.
E’ importante, fermo restando quanto sopra detto, che il pilota, in funzione della sua morfologia,
identifichi una posizione che possa risultare la più comoda e naturale possibile.
È bene ricordare, inoltre, come il costante controllo del baricentro del pilota e della moto siano la
chiave di successo nella gestione dei movimenti sopra la macchina ed è importante evidenziare
come questi debbano essere solo dei piccoli aggiustamenti dalla posizione d’equilibrio originale e
non delle scomposte esagerazioni.
Foto 1, posizione base vista frontale.
MANUALE DI TECNICA ELEMENTARE PER FORMAZIONE TECNICI
2. Il surplace:
nella conoscenza della moto da trial, assume rilevante importanza la capacità di restare in equilibrio
da fermo. Questo atteggiamento, che negli ultimi anni è diventato una pratica d’uso comune tra gli
agonisti, consente di affinare la sensibilità nel compensare gli sbilanciamenti necessari a compiere
le più moderne evoluzioni. (Foto 4)
In pratica, dalla posizione di equilibrio a motore spento sul piano, cercheremo, ruotando a fine corsa
il manubrio, di mantenerci con piccoli aggiustamenti in questa condizione per il maggior tempo
possibile; in questa situazione è importante frenare contemporaneamente con anteriore e posteriore.
Ulteriore complicazione all’esercizio sarà quella di rimanere in surplace con lo sterzo dritto ferme
restando le condizioni sopradette.
Consiglio: inizialmente sarà opportuno posizionarsi vicino ad un muro, albero o cordolo contro il
quale insistere la ruota anteriore onde riprendere agevolmente l’equilibrio; questo espediente è
molto utilizzato in zona dai piloti per garantirsi un posizionamento ottimale.
Foto 4, surplace a manubrio ruotato.
3. Sollevamento della ruota anteriore:
Una manovra indispensabile nella pratica del trial è il sollevamento della ruota anteriore senza la
quale sarebbe impossibile affrontare i gradini le volèe aeree e gli spostamenti della suddetta.
Per affrontare “l’impennata” occorre innanzitutto avere un buon controllo nell’uso di frizione ed
acceleratore i quali, coordinati ad una corretta compressione-distensione delle forcelle, ne
consentono una perfetta esecuzione.
Inizialmente è conveniente alzare la ruota per piccoli tratti, sempre a bassa velocità, utilizzando il
freno posteriore in caso di rischio ribaltamento e cercando di affinare la capacità di comprimere le
forcelle mediante lo sbilanciamento in avanti dell’asse testa bacino (quindi il peso) sfruttandone il
successivo rimbalzo; questo avviene attraverso il repentino breve piegamento di gambe e ginocchia
che andranno a sincronizzarsi agli ammortizzatori.
Rammentare che, una volta alzata la ruota, il busto attraverso il piegamento delle braccia andrà
avanzato quanto basta a mantenere il baricentro in equilibrio. Tutto quanto sopra detto se coordinato
perfettamente apporterà ulteriore affiatamento al complesso moto-pilota, permettendo un controllo
del mezzo globalmente migliore.
Consiglio: sfruttare un piccolo invito o una leggera salita per agevolare l’esercizio. (Foto 5)
Foto 5, sollevamento ruota anteriore con appoggio.
4. La curva:
La curva rappresenta la prima complicata espressione tecnica da imparare nella pratica del trial.
Questa, diversamente dalle altre specialità fuoristradistiche, dove la componente dinamica è
preponderante, richiede innanzi tutto un uso più accentuato dello sterzo e, in considerazione della
bassa velocità, una notevole inclinazione della moto verso l’interno della stessa. La difficoltà per il
pilota nasce proprio dalla necessità di controbilanciare questo atteggiamento. (Foto 6-7)
In pratica, dalla posizione base, la sequenza sarà: rotazione del manubrio ed inclinazione della moto
nel senso della curva, il corpo si adeguerà, per mantenere l’equilibrio, con le spalle parallele al
manubrio ed il bacino che le segue ruotando naturalmente all’esterno mentre la gambe esterna si
aprirà e quella interna andrà ad appoggiare al telaio (Foto 8). Nell’esecuzione della curva bisogna
ricordare che la ruota posteriore gira sempre interna a quella anteriore. Rammentare sempre che il
carico, tranne che nel surplace, va sulla pedana interna crescendo proporzionalmente con
l’aumentare della velocità.
Consiglio: nell’esecuzione di una curva, cercare di allargare fin dove è consentito la traiettoria
iniziale così da poter recuperare più rincorsa possibile per l’ostacolo successivo.
Foto 6, curva dx, vista frontale.
5. La salita:
Andando per gradi, eccoci ad analizzare la rappresentazione più significativa e stimolante del trial:
la salita. (Foto 9)
Per affrontare una salita dobbiamo innanzi tutto ricordare che guidare un trial è assimilabile al
camminare: percorrendo una salita a piedi il nostro busto, per stare in equilibrio, rimane sempre
verticale rispetto al piano dell’orizzonte qualunque sia l’inclinazione della stessa. Sulla moto il
discorso non cambia. Andremo a variare la nostra posizione esclusivamente spostandoci in avanti
solo quanto l’inclinazione della salita e delle nostre gambe lo richiedono. In pratica, per poter
mantenere questa condizione d’equilibrio, è necessario predisporsi sulla moto pronti a schiacciarsi
su di essa, cioè piegare gambe, bacino e braccia proporzionalmente all’aderenza ed inclinazione che
ci troveremo ad affrontare (Foto 10-11).
Altro elemento qualificante è senza dubbio l’uso appropriato dell’acceleratore che andrà dosato
sempre in funzione della salita da superare con l’obiettivo di guadagnare più velocità possibile
durante la rincorsa, chiudendo il gas in prossimità del culmine della stessa per sfruttarne poi
l’inerzia accumulata.
Consiglio: per migliorare la capacità di reazione rispetto alla salita conviene sfruttare un pendio
sabbioso a scarsa aderenza dove poter controllare l’aderenza attraverso le componenti velocità,
abbassamento del corpo (quindi baricentro) e dosaggio dell’acceleratore (apri-chiudi).
Foto 9, salita con principio di volèe aerea.
6. La discesa:
La discesa (Foto12), al contrario della salita, va affrontata distendendo le braccia e portando il
bacino verso il parafango posteriore tanto più quanto è marcata l’inclinazione della stessa. Il
movimento va completato con l’uso adeguato dei freni, con una prevalenza nell’uso dell’anteriore
che risulta avere più carico quindi maggiore direzionalità e aderenza mentre il posteriore viene
dosato accuratamente per mantenere la moto dritta nella giusta traiettoria. In questa esecuzione è
importante assorbire le asperità del terreno con le braccia aiutando lo scorrimento della forcella che
altrimenti lavorerebbe troppo sul fondo corsa (Foto 13-14).
Consiglio: in alcuni discese, quando si ha la sensazione di un probabile ribaltamento, usare la
tecnica d’alleggerimento della ruota anteriore, in pratica si allunga l’atterraggio della suddetta con
un piccolo colpo di gas ed un ulteriore sbilanciamento verso il retroreno.
Foto 12, discesa.
7. La contropendenza:
La contropendenza, rappresenta un’ulteriore e frequente difficoltà riscontrabile nella pratica
trialistica, con la variante più difficile della curva in salita o discesa a lei abbinate. (foto 15)
La tecnica consiste nel cercare come sempre, per quanto possibile, la verticalità rispetto al piano
dell’orizzonte. Indipendentemente dall’inclinazione della contropendenza, è comunque
consigliabile spostare il corpo leggermente all’esterno per poter meglio reagire ad improvvise
perdite d’aderenza.
Foto 15, contropendenza, punto critico.
8. La contropendenza in salita:
La contropendenza in salita è come detto un’espressione tecnica estremamente raffinata. Infatti, per
una corretta esecuzione, dovremo esagerare i normali movimenti usati per la curva e, unitamente a
questi, cercare una traiettoria che possa offrire un minimo appoggio alla ruota anteriore. In pratica,
all’inizio della curva, inclineremo decisamente la moto a monte privilegiando il carico sulla pedana
interna. Contemporaneamente il corpo avanzerà proporzionalmente alla salita spostandosi
naturalmente all’esterno per riequilibrare lo sbilanciamento della moto (Foto 16).
E’ anche importante ricordare come gli elementi qualificanti la contropendenza in salita siano
nell’ordine: aderenza, inclinazione e raggio di curva entro il quale girare. In pratica, in situazioni
d’aderenza precaria, dovremo cercare anche la minima traiettoria d’appoggio e soprattutto gestire
l’esercizio usando una velocità più sostenuta che ci permetta di sfruttare quanta più inerzia
possibile. Al contrario, con buona aderenza, useremo un approccio a velocità ridotta eseguendo
l’esercizio con più calma e maggiore stile.
Per quello che riguarda l’ampiezza della curva da affrontare, dovremo scegliere una traiettoria
corrispondente alla tangente della curva nella quale individuare un appoggio tale da compiere,
sfruttando un piccolo rimbalzo della forcella, tutta la virata. Naturalmente il retrotreno dovrà
muoversi nella traiettoria d’aderenza sopra citata.
Foto 16, contropendenza in salita, fine curva dx.
9. La contropendenza in discesa:
Nella contropendenza in discesa risulta di fondamentale importanza l’uso corretto dei freni. (Foto
19)
In pratica il corpo dovrà assumere l’atteggiamento tipico utilizzato per eseguire le discese,
accentuando però uno sbilanciamento a valle della moto tale da consentire la virata in condizioni
d’aderenza e di sicurezza per il pilota (Foto sequenza 20).
Foto 19, curva in discesa a sx, fine curva.
10. Piccoli ostacoli:
Nell’affrontare piccoli ostacoli, siano essi sassi o gradini di dimensione non troppo importanti (fino
al metro), entra in gioco il movimento di compressione e distensione delle gambe. Infatti,
proporzionalmente all’altezza dell’ostacolo, il corpo dovrà cercare mediante il movimento delle
gambe di agevolare la salita della ruota posteriore sullo stesso. Risulta quindi importante imparare a
sincronizzare il movimento del tronco e del bacino con quello degli ammortizzatori, attraverso le
gambe e le braccia le quali rappresentano a loro volta una sorta d’ammortizzatore intelligente nel
complesso moto-pilota. L’uso dell’acceleratore, in questo frangente, è il classico apri-chiudi
proporzionato all’ostacolo, cioè è necessario dare gas per avere sufficiente velocità ed inerzia a
salire pur mantenendo l’aderenza.
L’esecuzione in automatico di questo fondamentale esercizio consentirà, con una buona pratica, di
superare ostacoli sempre più importanti. (Foto 21)
Foto 21, Boario 2004, Campionato Italiano, sequenza di piccoli ostacoli di roccia.
11. Gradini:
Affrontare i gradini rappresenta in generale una stimolante riprova delle nostre capacità tecniche,
quindi la mentalità corretta per avvicinarci a questo genere d’ostacolo va proprio di pari passo a
questa ultima o meglio siamo noi a dover consentire il superamento del gradino alla moto e non il
contrario!
Per quanto attiene al superamento di ostacoli di notevoli dimensioni, dal metro sino al metro e
settanta, oppure di ostacoli con sottosquadro accentuato, dovremo sviluppare la capacità di
coordinare una precisa sequenza d’azioni.
In pratica immaginiamo di suddividere l’azione in tre fasi consecutive:
1. Impennare la ruota anteriore, sfruttando per questo una piccola “sfrizionata” ed un colpo di
gas, andando a battere la stessa poco sotto il culmine dell’ostacolo. In questo istante, a causa
dell’impatto e per effetto dello schiacciamento impresso dal peso del nostro corpo attraverso
le gambe e le braccia, che naturalmente andremo a piegare contemporaneamente
mantenendo il tronco verticale rispetto al piano dell’orizzonte, la forcella si comprimerà
fortemente così come l’ammortizzatore posteriore.
2. Alla precedente massima compressione, in corrispondenza dell’attacco all’ ostacolo, seguirà,
comandata da un secondo colpo di gas, l’esplosiva estensione del complesso macchina-
pilota che sarà tanto più efficace quanto più riusciremo a portare la ruota posteriore vicina
alla sommità del gradino. Il corpo in questa situazione agevola il balzo portandosi avanti
sempre mantenendo la verticalità del busto.
3. Successivamente si lascerà letteralmente scorrere la moto tra le gambe, andando quasi a
sedere sul parafango posteriore e fornendo quindi la necessaria aderenza al retrotreno.
Consiglio: prima di tentare l’esecuzione di gradini con la vostra moto provate a piedi mettendovi di
fronte ad un muretto e saltandoci sopra in un solo balzo. Vi renderete conto di ripetere esattamente
le tre fasi sopra descritte: piegamento gambe (compressione), spinta in avanti e verso l’alto
(distensione), atterraggio e ripristino equilibrio (nuova leggera compressione). Questa simulazione
“a secco” vi aiuterà a comprendere i movimenti da ripetere poi sulla moto.
Foto 22, superamento di gradino, vista laterale dx, istante di arrivo sulla sommità.
Foto 23, sequenza completa della risalita di un gradino d’altezza pari a 150 cm. con vista laterale sx.
12. Spostamenti laterali:
Gli spostamenti della ruota anteriore e della ruota posteriore rappresentano la massima
esasperazione nell’esecuzione di una curva (Foto 24). In pratica anziché disegnare traiettorie
curvilinee si attua la tattica del compasso: puntando la ruota posteriore con il freno, si sposta con un
piccolo rimbalzo della forcella la ruota anteriore e viceversa. Ma vediamo nel dettaglio la tecnica da
seguire per compiere correttamente l’esercizio: posizionatevi sul piano, a motore spento, frenando
entrambe le ruote. A questo punto muovete verticalmente l’asse testa-tronco-bacino (ovvero tutto il
peso corporeo), attraverso il piegamento combinato di ginocchia e braccia, e otterrete una
compressione degli ammortizzatori; la successiva distensione di questi ultimi sarà controllata e
gestita con un piccolo sbilanciamento del busto nella direzione desiderata. Ovviamente per spostare
l’una o l’altra ruota sarà necessario privilegiare il carico sull’ammortizzatore relativo (Foto
sequenza 25).
Per diminuire lo sforzo fisico nell’esecuzione di questo esercizio, è conveniente aiutarsi con delle
piccole false partenze abortite dall’uso del freni. In pratica un colpetto di gas coordinato ad un
repentino attacco stacco della frizione consente di sfruttare la tendenza della moto ad impennare nel
caso si cerchi lo spostamento dell’anteriore, oppure, abbinando una decisa pinzata al freno
anteriore, ad alleggerire il retrotreno.
Consiglio: all’inizio questo esercizio apparirà molto complicato. Non bisogna demordere. Il segreto
è la perfetta coordinazione dei movimenti descritti. Per facilitare l’apprendimento comunque è
consigliabile aiutarsi scegliendo un cordolo dove appoggiare lateralmente la ruota anteriore e
successivamente farla a scendere. Mentre, per la ruota posteriore, imparate a “sentirla” salire
frenando in corrispondenza dell’impatto della stessa contro il cordolo affrontato ora frontalmente. È
propedeutico, per far lavorare in sincrono pilota ed ammortizzatori, imparare a saltellare sul posto
con entrambe le ruote (Foto 26).
Foto 24, spostamento laterale ruota anteriore, vista dx.
Foto 25, sequenza di compressione e distensione, per spostamento laterale della ruota
anteriore.
Foto 26, sollevamento ruota posteriore, esercizio propedeutico,
3. Il salto:
la tecnica del salto rappresenta l’ultima frontiera della tecnica trialistica (Foto 27). Questo
complesso esercizio s’è reso necessario dall’aumento d’altezza subito dagli ostacoli nelle gare
indoor. Infatti per poter salire su muri di quasi due metri o spigoli di roccia con vuoti sottostanti da
più di un metro, il trialista moderno ha fatto propria la tecnica crossistica del salto; la sola variante è
determinata dalla minore velocità, rincorsa e lunghezza da affrontare.
In pratica: a) mettiamoci di fronte ad un muro superiore al metro posizionando un invito ad una
distanza pari alla lunghezza della moto, b) prendete un paio di metri e non più di rincorsa
scegliendo una marcia lunga (seconda o terza se molto alto il gradino), c) accelerate d) quando la
ruota anteriore sale l’invito alzatela decisamente per non toccare l’ostacolo mentre, nel contempo,
attuerete la tecnica di compressione-distensione coadiuvata dall’ invito in modo da far salire la ruota
posteriore il più in alto possibile. Il gas in questo caso va aperto tutto, mediato dalla frizione e
chiuso subitamente appena la ruota posteriore stacca dal suolo.
Ulteriore complicazione la troveremo saltando senza invito. Per eseguire questo esercizio occorre
partire a velocità ridottissima comprimendo ancor più fortemente gli ammortizzatori ad una distanza
di circa un metro e mezzo dall’ostacolo. Distendendoci istantaneamente cercheremo di saltare noi
stessi sopra l’ostacolo con la ruota posteriore. In questa esecuzione la ruota anteriore sarà molto alta
e l’apertura del gas con l’attacco-stacco della frizione dovrà avvenire in maniera esplosiva.
Nell’esecuzione delle tecniche di salto ricordatevi di non arretrare troppo il corpo poiché potreste
ribaltare la moto.
Consiglio: per imparare questa tecnica scegliete un piccolo trampolino da utilizzare solo per saltare;
inizialmente concentratevi sulla lunghezza del salto, una volta compresi i tempi di stacco, passate al
salto verso l’alto. La comprensione di questi due atteggiamenti disgiunti vi permetterà di affrontare
con maggiore sicurezza l’esercizio completo (Foto28-29).
Foto 27, salto, fase centrale di volo, vista laterale sx.