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Crisi&OpportunitàCon la crisi economica, i problemidell’economia globale sono entrati inmodo dirompente nelle case di milionidi persone. Assistiamo quotidiana-mente al dibattito sulle manovre daadottare: l’austerity, la Troika, il Fon-do monetario, l’Europa sono paroleche sentiamo pronunciare in conti-nuazione. E sempre più le persone vo-gliono informarsi, cercano di capire.“Voglio sapere in che direzione sta an-dando il mondo” afferma Tito Boeriin un’intervista pubblicata in questepagine. E per sfamare questo deside-rio di capire è nato il Festival Econo-mia di Trento e Rovereto (dal 30 al 2giugno), giunto all’ottava edizione,che richiama pubblico da tutta Euro-pa e che tra i suoi ospiti vanta eco-nomisti illustri, premi Nobel (que-st’anno Michael Spence e James Mir-rlees), esperti del settore finanziario.Tema di quest’anno, “sovranità in con-flitto”: la crisi finanziaria ha mostratola fragilità di un mondo economicoprofondamente interconnesso, conpaesi che hanno dovuto rinunciare aparte della propria sovranità per cer-care di non uscire con le ossa rotteda una situazione a dir poco compli-
cata. “Ma è chiaro, è la sovranità, omeglio la cessione di sovranità, lachiave fondamentale per rafforzareil sistema europeo. Oggi è qui che sigioca la partita” spiega nell’intervistaa Pagine Ebraiche l’economista Da-niel Gros, direttore del Centro euro-peo di studi politici di Bruxelles non-ché ospite del Festival Economa. Una sovranità che la Chiesa sta cer-cando di recuperare, facendo levaanche sulla crisi delle rappresentanzelaiche e dello Stato. Il valore dellapovertà è tornato di attualità. Cosìcome i discorsi sulla decrescita felice.Un mondo in evoluzione in cui cia-scuno cerca di trovare il proprio spa-zio. E i momenti di riflessione su te-matiche come il futuro dell’euro, lasovranità monetaria, le diseguaglian-ze sociali, la globalizzazione finan-ziaria – toccati dai relatori del Festi-val – aiutano a dare una direzione inun momento di grandi cambiamentie, almeno apparentemente, scarsecertezze.Con i giovani alla finestra, partecipie presenti a questi eventi nonché ipiù interessati a capire “dove sta an-dando questo mondo”.
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Tito Boeri
DOSSIER /Mercati e valoria cura di Daniel Reichel
Giacomo Todeschini
AlessandroMarzo
Shmuly Yanklowitz
“Il fine dello studio dell’economia non è acquisire una serie di soluzioni già pronte per i problemi economici, ma impararea non lasciarsi ingannare dagli economisti”. Così scriveva l’economista inglese Joan Robinson. Oggi, in un mondo chepare aver perso la bussola, comprendere i fenomeni economici è diventata una necessità che sempre più cittadinisentono propria. Cerchiamo soluzioni ai problemi, interroghiamo gli economisti, chiediamo risposte alla religione, ri-scopriamo il passato, protestiamo. Tutti spunti su cui si soffermano le pagine di questo dossier.
L’economia in piazza
L’ECONOMISTA
Minoranzecome risorsa
LO STORICO
Il culto della povertà
IL GIORNALISTA
L’invenzionedei soldi
IL RABBINO
La religione della giustizia
Spread, default, decrescita felice.Sono termini che abbiamo im-
parato a conoscere. L’opinionepubblica, negli ultimi anni, ha co-minciato a farsi una cultura econo-mica, a interessarsi di temi primapoco considerati. La crisi ha peral-tro acuito questo desiderio di ca-pire, di conoscere e in Italia unospazio per l’analisi, il confronto sullescelte e i modelli economici si èaperto con il Festival Economia diTrento. Tra gli ideatori dell’evento,l’economista Tito Boeri, professoreordinario alla Bocconi nonché fir-ma autorevole di La Repubblica ètra i fondatori del sito di informa-zione economica lavoce.info.
Negli ultimi anni l’opinione pubblica
ha dimostrato sempre maggiore in-
teresse per i temi di carattere eco-
nomico. Una tendenza che si riflette
in Italia nel grande seguito che hanno
avuto le diverse edizioni del Festival
Economia di Trento. Questa crescita
di attenzione è dovuta alla crisi o è
solo uno dei fattori?
L’attuale situazione italiana ed eu-ropea ha inciso sulla volontà del-l’opinione pubblica di essere infor-mata su questi temi. Ma l’esperien-za del Festival, giunto all’ottavo an-no, così come l’esperienza di un si-to come la voce.info (al suo undi-cesimo anno di vita), testimonianocome già prima del-la crisi si sentissela necessità diavere un’informa-zione di qualitàsulle tematicheeconomiche. Laconnessione conla crisi c’è ma c’èsoprattutto la vo-lontà di capire in quale direzionestia andando il mondo. Attenzionee partecipazione prescindono dallequestioni legate alla propria eco-nomia personale o familiare; c’è vo-glia di discutere su tematiche di piùampio respiro: la decrescita, il sot-tosviluppo, la sovranità (tema delFestival di quest’anno).
C’è chi sostiene che la crisi nasca dalla
perdita di sovranità dell’Italia in fa-
vore dell’Europa e della Germania.
“Abbiamo lasciato loro decidere del
nostro destino”: quanto c’è di vero
in questa affermazione? Non c’è il ri-
schio di essere di fronte al solito stra-
tagemma del capro espiatorio?
Scaricare le responsabilità è un gio-co in cui i politici sono molto abilie il rischio di riversare su altri leproprie colpe c’è. D’altra parte è
indubbio che la Germania abbia te-nuto un atteggiamento che ha por-tato a delle scelte sbagliate. Da quia pensare che sia l’unica responsa-bile il passo è lungo. Anche l’Europaha le sue responsabilità, irrigiditasisulle politiche di austerità. In ognicaso credo ci si debba concentraresul problema della sovranità in temadi politica monetaria, ancor piùstringente alla luce della crisi dellerappresentanze politiche dei singolipaesi.
La sensazione è che ci siano due piani
che corrono paralleli: da una parte il
dibattito pubblico in cui sono coinvolti
gli esperti, dall’altro la politica, che de-
cide autonomamente e, almeno in ap-
parenza, resta sorda di
fronte agli input ester-
ni. E’ un quadro realisti-
co della situazione?
In ambito italiano, una delle proble-matiche è legata alla cultura econo-mica dei nostri politici, in generalebassa. Credo che i media abbianocercato di creare una convergenzatra i due piani, si veda l’iniziativa delfact checking portata avanti dallavoce.info. Occorre maggiore sensi-bilità ma credo che anche gli eco-nomisti debbano fare autocritica,con approcci a volte troppo super-ficiali con conseguenze devastantisul piano economico. In questo sen-so non ha aiutato la ricerca Rein-hart-Ricolf. In ogni caso il mondodell’informazione, puntando su ungiornalismo specializzato nel settoreeconomico, mi pare stia creandoquel ponte necessario fra i due
ambiti. Poi fino a cheavremo una legge elet-
torale come quella attuale, dove nonsi possono selezionare i candidati,le distorsioni legate alla classe poli-tica che ci rappresenta non potran-no che rimanere.
Ritornando al tema della sovranità.
Con i governi nazionali in crisi, la Chie-
sa sta cercando di recuperare una po-
sizione di influenza a livello interna-
zionale. Il modello economico su cui
sembra insistere il nuovo papa Fran-
cesco è incentrato sul valore della po-
vertà. Un’idea francescana dello spo-
gliarsi delle proprie ricchezze. Come
giudica questa ricetta?
La Chiesa è da sempre protagonistain molti temi legati all’economia glo-bale. Credo che lo sforzo assisten-ziale portato dalle istituzioni cri-
stiane sia sicuramentemeritorio e abbia dato
un grande contributo a livello locale.Il problema è che è un sostegno ap-plicato in modo selettivo e che nonpuò incidere sulle condizioni eso-gene causa della povertà. Ed è loStato che dovrebbe intervenire percreare un sistema di protezione peri più deboli ad ampio spettro.
L’associazione banchiere-ebreo con-
dita con la retorica sul complotto giu-
daico-massonico è ancora purtroppo
utilizzata da alcuni per mascherare re-
sponsabilità delle situazioni economi-
che e fomentare odio. Non sarebbe
ora di guardare alle minoranze come
una risorsa e non come un bersaglio?
Sicuramente. Bisogna continuare alavorare perché cadano questi pre-giudizi. L’informazione, i dibattitisono uno strumento per superarequesti fenomeni pericolosi che, senon arginati, rischiano di scatenareviolenze e soprusi.
A proposito di fenomeni violenti, Grillo
sostiene che il Movimento Cinque Stelle
sia un argine contro il riemergere di
estremismi che hanno invece preso pie-
de in Grecia o Ungheria. E’ d’accordo?
Credo che i Cinque Stelle siano unargine ma quest’argine sia molto fra-gile. Dentro al movimento ci sonomolte voci, penso più orientate a si-nistra in generale. Se dovesse sfal-darsi, però, potrebbero crearsi delle
correnti orientate al populismopuro ed eventual-mente violente.
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DOSSIER /Mercati e valori
Responsabile scientifico del Fe-
stival Economia di Trento, Boeri
è stato per dieci anni senior eco-
nomist all’Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Eco-
nomico. Attualmente professore
ordinario presso la Bocconi, è tra
i fondatori del sito lavoce.info
piattaforma online di approfon-
dimento su diverse tematiche di
ambito economico.
Condono è una parola che in Italia si sente
spesso. Quasi mai con accezione positiva. E
a giudicare dalla rivolta scatenata sul web,
nemmeno molti israeliani hanno gradito
udirla. Non quando di mezzo c’era Bank Leu-
mi, seconda banca di Israele, un debito da
150 milioni di shekel (poco più di 30 milioni
di euro) e a beneficiare del condono sarebbe
stato uno degli uomini più ricchi e potenti
del paese, Nochi Dankner.
Nell’epoca di Occupy Wall Street, del “noi
siamo il 99%” e dopo le proteste del 2011 in
Rothshild Boulevard, la notizia – a metà
aprile scorso - dello sconto al magnate Dan-
kner ha risvegliato i malumori sopiti della
piazza. Tanto da creare un movimento on-
line per boicottare Bank Leumi, così impe-
tuoso da costringere la banca a tornare sui
suoi passi. Evento più unico che raro, la
pressione dell’opinione pubblica ha fatto
saltare il banco delle trattative, lasciando
Dankner con un pugno di mosche in mano
e un impero sempre più traballante. La sua
Gand Holdings (società che controlla la IDB
Holding, spina dorsale dell’universo Dan-
kner), infatti, non naviga in buone acque:
450 milioni di shekel è l’ammontare del de-
bito tra la società e Bank Leumi. Vedersi ab-
bonare 150 milioni, sarebbe stata cosa gra-
dita. Nell’accordo era previsto l’intervento
dell’uomo d’affari argentino Eduardo El-
sztain che avrebbe dovuto versare quasi 60
milioni di euro nelle casse della Ganden Hol-
dings. Tutto è andato a monte quando la
notizia della trattativa è uscita sui giornali
(su The Marker). Il privilegio accordato al-
l’uomo che possiede la più grande catena di
supermercati di Israele, Shufersal, e il co-
losso della telefonia, Cellcom Israel, ha fatto
Crisi
Quando il web ferma le banche
Boeri - GalassoCONTRO I GIOVANI Mondadori
Tito BoeriLA CRISI NON ÈUGUALE PER TUTTI Rizzoli
Boeri - GaribaldiLE RIFORME A COSTO ZERO Chiarelettere
Boeri - LeviPARLERÒ SOLODI CALCIOIl mulino
Le minoranze risorsa per tuttiTito Boeri spiega il perché della riscoperta del pubblico dei temi economici
a favore di chi ha bisogno di tutto,ma l’adoperarsi perché venga su-perato lo stato di necessità in cuiormai si trova la maggior partedell’umanità. Todeschini ritiene cri-ticabile la mancanza di presa di po-sizione dell’ebraismo italiano inmateria etico-economica. Parrebbe,dice, che il mondo ebraico italiano“abbia introiettato comportamentieconomici vicini al modello cristia-no e non abbia niente da aggiun-gere”. E osserva ancora, in una pro-spettiva più ampia, che “la realtàebraica italiana, senza voler pole-mizzare, non pare aver aperto undibattito vivace sui temi dell’eticaeconomica. Fino all’Ottocento ilconfronto era vivo: le leggi razzistehanno colpito al cuore questa dia-lettica. Ma adesso è il momento direcuperare e analizzare concetti va-lidi per il dibattito etico interna-zionale”. In Israele, continua il pro-fessore, si sta sviluppando una mo-derna letteratura in merito, pren-dendo come riferimento i testi tal-mudici e non solo. Un confrontoche serve anche a decostruire i pre-giudizi di cui gli ebrei sono vittime:“c’è questa idea che gli ebrei face-vano l’economia ma non la pensa-vano, mentre nella realtà la tradi-zione culturale ebraica contieneuna vasta gamma di posizioni e diproposte etico-economiche. Nona caso gli ebrei, con apparente con-traddizione, sono stati accusati allostesso tempo di essere pezzenti eplutocrati, comunisti e simbolo delcapitalismo”. In un momento di crisi, di ricercadi risposte, la Chiesa sta cercandodi tornare ad essere un punto diriferimento. “L’ebraismo italiano –riflette Todeschini – dovrebbe con-frontarsi di più con l’economia rea-le e le sue contraddizioni; far valerela differenza ebraica, negando lavalidità di un modello di sviluppounico e applicabile in tutto il mon-do. E’ improbabile che nel ritornoalla povertà sia contenuta una ri-sposta plausibile all’attuale crisi deivalori e delle scelte economiche”.
Dove abbia-mo sbaglia-
to e ora cosa fac-ciamo? La crisi incui viviamo hasquarciato il velosu un sistema economico apparso,a giudicare dai nefasti risultati, fal-limentare. Tocca dunque ripensarei modelli su cui fondare il nostrofuturo e, in un momento di insta-bilità, diventare protagonisti del di-battito è una importante possibilitàda cogliere, se non un dovere.“In un momento di spiazzamentogenerale, confrontarsi e provare adare risposte è un passo necessario– spiega Giacomo Todeschini, do-cente di Storia medievale all’Uni-versità di Trieste – la Chiesa cat-tolica lo sta facendo, cercando direcuperare la sua centralità nonchésovranità. Attraverso il nuovo pa-pa, si ripropone come modello digoverno transnazionale. E l’ebrai-smo, anzi gli ebraismi?”. La scelta francescana, la promo-zione della povertà come un va-lore, la caritas cristiana sono le ar-mi con cui la Chiesa è entratanell’attuale dibattito sull’etica eco-nomica. “La tradizione culturaledella povertà volontaria ha radiciantiche, ma all’interno della logicadel profitto, emersa con la rivolu-zione industriale, è stata accanto-nata - sottolinea il professor To-deschini - Ora c’è una rivitalizza-zione di questo principio, lo dimo-stra la scelta di papa Francesco maanche, in chiave laica, la rivitaliz-zazione del modello della decre-scita felice”. Lasciando momenta-neamente in sospeso il ruolo del-l’ebraismo nel dibattito, viene da
chiedersi quanto le due soluzioni,clericale e laica, possano reindiriz-zare un sistema economico giuntosull’orlo del baratro. Secondo To-deschini “questo tipo di economiaetica inciampa in due problemati-che: non mette in discussione l’in-tero meccanismo delle logicheproduttive, ma affida alla scelta in-dividuale il cambiamento”. Deci-dere di consumare meno determi-nati prodotti o non comprarne al-tri, è eticamente condivisibili e me-ritorio, afferma il professore, ma,anche sommando i comportamen-ti dei singoli, difficilmente si avràun impatto sul sistema globale. “E’necessaria una radicale riprogram-mazione del modello produttivo,una decisione che deve arrivare
dall’alto perché abbia un impattosignificativo”. A fare lo sgambettoalla visione improntata sul valoredella povertà c’è poi la comunica-zione: il quotidiano bombarda-mento mediatico in favore dell’ac-quisto di beni di consumo si ab-batte sull’edificio concettuale sug-gestivo ma fragile costituito dal ri-chiamo alla povertà. “Queste pro-poste etiche non mettono in di-scussione le forme di comunica-zione che spingono i singoli a con-sumare, non discutono le scelteeconomiche che nella crescita delprofitto vedono l’unica via alla cre-scita del benessere collettivo”. Ri-programmare, dunque, per incideresulla razionalizzazione del consu-mo.
L’ebraismo può in questo contestoinserirsi e dare una sua risposta inchiave etico-economica legata allesue tradizioni. “La tzedakah ebrai-ca, ad esempio, è un concetto chesi distingue dalla caritas cristiana:è un’idea di società nel suo com-plesso, di solidarietà collettiva voltaa una ridistribuzione della ricchez-za. La cosa importante non è es-sere buoni con i poveri, ma che lacondizione di povertà e cioè diesclusione economico-sociale nonesista”. I piani vengono quindi ro-vesciati: la povertà non è un valorema una questione da risolvere at-traverso la solidarietà collettiva.Non tanto l’abbandono da partedel singolo di ciò che è superfluo
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Docente di Storia Medievale al-
l’Università di Trieste, Todeschini
ha concentrato il suo lavoro
sulle tematiche legate allo svi-
luppo delle teorie e dei linguaggi
economici medievali, alla dot-
trina cristiana riguardante l’in-
famia e l’esclusione dalla
cittadinanza e dal mercato, e il
ruolo politico-economico degli
ebrei nel mondo cristiano medie-
vale e moderno.
La povertà non è una risposta Secondo Giacomo Todeschini non è il pauperismo che ci metterà al riparo dalla crisi
Giacomo TodeschiniCOME GIUDAIl Mulino
Giacomo TodeschiniVISIBILMENTE CRUDELI Il Mulno
Giacomo TodeschiniRICCHEZZAFRANCESCANA Il Mulino
Giacomo TodeschiniLA RICCHEZZA DEGLI EBREI Carocci
infuriare migliaia di suoi concittadini. Riu-
niti sotto l’egida del gruppo Facebook che
invocava il boicottaggio di Bank Leumi, gli
indignados israeliani hanno iniziato la pro-
pria campagna di sensibilizzazione e prote-
sta. “Io devo fare tre lavori per ripagare gli
interessi su un prestito di 100mila shekel
(circa 20mila euro) e a lui in un soffio can-
cellano 150 milioni di shekel?!”, è solo uno
dei commenti divampati sul web che ha por-
tato in piazza migliaia di persone. In un pae-
se dove cresce la sensazione di uno squili-
brio sociale e in cui il 50 per cento del valore
della borsa di Tel Aviv è in mano a venti fa-
miglie – tra cui i Dankner – simili concessioni
non passano inosservate. Ancor più quando
si è scoperto che la Ceo di Bank Leumi Ra-
kefet Russak Aminoach è amica personale
del magnate nell’occhio del ciclone. Di fron-
te a una mobilitazione tanto accesa, i vertici
d Bank Leumi hanno deciso di congelare il
piano di ristrutturazione del debito e la Ban-
ca di Israele ha dichiarato che verificherà
l’accordo. Una vittoria per l’opinione pub-
blica che mai prima d’ora era riuscita a rac-
cogliere un risultato di questa portata. Ma-
stica amaro invece Dankner che, alla notizia
del mancato condono, ha dichiarato “è facile
distruggere. Più difficile è costruire”.
“L a bruttezza del presente havalore retroattivo”. Si apre
con un aforisma tagliente il nuovolibro del giornalista AlessandroMagno Marzo, “L’invenzione deisoldi - Quando la finanza parlavaitaliano”. Citazione – di Karl Kraus,giornalista viennese di origineebraica, celebre per la sua ferociasatirica - assaggio del percorso cheda Wall Street, dalle bolle finan-ziarie e lo spread ci riporta indietroa quando gli italiani insegnavanoal mondo le fondamenta della fi-nanza. Perché è nel triangolo d’orotra Genova, Toscana e Veneziache, durante il Medioevo, fiorisco-no banche, assicurazioni, prototipidi multinazionali così come spe-culatori, broker e via discorrendo.Con ironia e gusto per l’aneddoto,Marzo riscopre i meriti dell’inge-gno italiano nel mondo dell’eco-nomia e l’influenza che la creativitànostrana ha avuto sull’attuale mon-do delle banche, del mercato glo-bale e della borsa. “L’idea era diriportare alla luce una delle eccel-lenze del passato dell’Italia; unmondo, quello della finanza, dovegli italiani hanno fatto scuola ide-ando e perfezionando strumentidi cui ancora oggi facciamo uso”,spiega a Pagine Ebraiche l’autore.Dopo aver parlato dei meriti del-l’editoria veneziana con “l’Alba deiLibri”, Magno si dedica a raccon-tare l’evoluzione del mercante inbanchiere e assicuratore, tratteg-giando inoltre il ritratto di alcunipersonaggi geniali che a distanzadi secoli hanno lasciato la loro im-
pronta sul presente. “Il materialea disposizione è sterminato mamolto settorializzato – sottolineail giornalista – io ho cercato di in-crociare i dati, di mettere in rela-zione i piani, congiungendo leesperienze genovesicon quelle toscanee veneziane. Ognicittà infatti influen-zava le altre, da unaparte si ideava edall’altra si perfezio-nava in un mondocaratterizzato dauna continua dialet-tica al suo interno”.Un mondo in cuianche la realtà ebrai-ca aveva il suo ruolo.
E’ cosa nota infatti che molti ban-chi di pegno erano gestiti da ebrei:una forma di microcredito fonda-mentale per le necessità della gentecomune ma altrettanto detestata.“I prestatori di pegno avevano unruolo chiave nell’economia quoti-
diana delle persone.Se un contadinoaveva bisogno di unutensile non si rivol-geva al grande ban-chiere per un presti-to ma al banco dei
pegni”. Come spiega Marzo nel li-bro, la banca medievale era divisain più piani, da una parte c’eranoi grandi e prestigiosi banchieri, iprincipali toscani; poi c’erano icambia valute e i prestatori di pe-gno. Tra questi, oltre agli ebrei, ilombardi: “li chiamavano lombardied era da loro che la gente comu-ne andava a bussar quattrini” scrivel’autore. Erano italiani, con banchidi pegno sparsi per l’Europa. “Era-no bollati con lo scomodo, ma es-senziale, ruolo di usurai; un’eti-chetta infamante che, dopo l’uscitadi scena dei prestatori italiani, ri-marrà appiccicata soltanto agliebrei”. E come gli ebrei, i lombardierano oggetto delle invettive dellagente comune, un disprezzo che
in alcune circostanze esplose inviolenza come successe in Inghil-terra a metà del Quattrocento. Magradualmente i lombardi lasceran-no il loro ruolo, ritornando da be-nestanti nei luoghi di origine. E co-sì a rimanere necessari ma disprez-zati sono gli ebrei, contro cui pe-raltro si scaglia la retorica dellaChiesa. “Da veneziano – affermaMarzo – ho un pizzico di orgoglionel sottolineare che le istituzionicittadine cercarono a lungo di sal-vaguardare la minoranza ebraicadella città con cui c’era un rapportodialettico”. Dal punto di vista eco-nomico, l’apertura dei monti di pie-tà metterà a dura prova i prestatoridi pegno. “Una cosa rispetto almonte di pietà era apprezzata dallepersone che si rivolgevano ai ban-chi di pegno gestiti dagli ebrei: ilfatto che le cose date non venivanorivendute nella stessa città”. Nel libro si ricordano anche i di-versi pogrom che purtroppo di-vamparono nelle diverse comunitàebraiche, contro cui la Chiesa pun-tava il dito, aizzando spesso il po-polo contro “gli ebrei usurai”. Apeggiorare il clima, la campagnamoralizzatrice contro l’usura dipredicatori come Bernardino daSiena e Bernardino da Feltre. Tornando al quadro generale, iericome oggi le banche non godeva-no dei favori del popolo. “C’era unequiparazione tra il lavoro banca-rio e la prostituzione – affermaMarzio – entrambe erano consi-derate peccaminose, entrambe pe-rò necessarie”.
La banca parlava italianoDa Venezia a Firenze: Alessandro Marzo racconta il nostro ruolo da protagonisti
Lascia l’uomo che ha guidato la
nave israeliana nella burrasca
della crisi internazionale. Stanley
Fischer, governatore della Banca
centrale di Israele, in giugno la-
scia il suo incarico dopo aver
“salvato l’economia israeliana”
come recitava il Washington
Post in un suo articolo. Il presti-
gioso giornale lo vedrebbe bene
come erede del collega america-
no della Federal Reserve, Ben
Bernanke.
E a giudicare dalla situazione
israeliana, la scelta sembrerebbe
comprensibile: un tasso di cre-
scita annua del 3 per cento, bas-
sa inflazione (1,6 per cento) e il
tasso di disoccupazione più bas-
so degli ultimi trent’anni (6,5 per
cento). Un’economia solida ma
non priva di problematiche: in
primis la diseguaglianza sociale
è in crescita e a testimoniarlo ci
sono i dati dell’ultima ricerca
dell’Ocse in merito. Problema
che però dovranno affrontare il
successore di Fischer (che lascia
il suo incarico con due anni di
anticipo rispetto al termine na-
turale del suo mandato) e il nuo-
vo ministro dell’Economia israe-
liana Yair Lapid, cui prime deci-
sioni sono state apprezzate dal
governatore uscente. A maggio
Fischer aveva definito “coraggio-
sa” la proposta di bilancio del
ministro – verso cui sta crescen-
do però il malcontento dell’opi-
nione pubblica – sostenendo che,
nonostante la complessa riorga-
nizzazione delle entrate e delle
spese, si tratta di un percorso fi-
scale responsabile. Un percorso
che vuole portare a ridurre il de-
ficit per il 2014 al 3 per cento,
proprio su indicazione di Fischer,
poco turbato dalle proteste per
i tagli alla spesa pubblica e l’au-
mento delle tasse. “Queste deci-
sioni richiedono passi dolorosi –
commentava l’ex professore del
prestigioso Massachusetts Insti-
tute of Tecnology - Alla fine della
giornata, ripristinare la stabilità
di bilancio rafforzerà la capacità
di ripresa dell’economia da even-
tuali crisi, aiuterà l’economia a
realizzare il suo potenziale di
crescita, e sosterrà il benessere
pubblico nel suo complesso”.
Nato a Mazabuka, città dell’allo-
ra Rhodesia del Nord e oggi Zam-
bia, Fischer arrivò in Israele nel
2005, chiamato alla guida della
Banca centrale dal primo mini-
stro Ariel Sharon e dal ministro
del Tesoro Benjamin Netanyahu.
Numero due del Fondo moneta-
rio internazionale nonché capo
economista della Banca Mondia-
le, il governatore ha dimostrato
le sue capacità durante la crisi
del 2009: mentre i mercati di
mezzo mondo andavano nel pa-
nico, Israele riusciva a resistere
all’impatto devastante della cri-
si. Mentre l’economia americana,
come riporta il Washington Post,
riduceva il tasso di crescita an-
nuo del 4,6 per cento, quella
israeliana si riduceva solo dello
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DOSSIER /Mercati e valori
L’agenda nuova di un grande Governatore
AlessandroMarzo MagnoL’INVENZIONEDEI SOLDI Rizzoli
Giornalista e scrittore,
Marzo ha lavorato come
corrispondete nei Bal-
cani durante il conflitto
scoppiato nell’ex Jugo-
slavia. A fianco della car-
riera giornalistica - dieci
anni responsabile degli
esteri del settimanale
“Diario” – ha intrapreso
quella di scrittore, dedi-
cando gli ultimi due libri
alla riscoperta delle ec-
cellenze del passato
dell’Italia.
FISCHER
“Etica ebraica e giustizia so-ciale. Una guida per il XXI
secolo”. Questo il titolo che il rab-bino Shmuly Yanklowitz ha sceltoper il suo libro dedicato al temadei valori della tradizione ebraicanei confronti della collettività, nelmondo delle relazioni economiche.Un ambito ricchissimo di spunti,come testimonia l’indice del volu-me, in cui si spazia dall’assistenzasanitaria alla globalizzazione, dalconsumismo alla filantropia, pas-sando per la responsabilità perso-nale, i diritti delle donne, il rispettoper il lavoratore, in azienda comefra le mura domestiche. D’altrondea questi temi rav Shmuly, che èstato incluso nella lista dei 50 rab-bini più influenti d’America daNewsweek, ha dedicato la vita, fon-dando l’organizzazione Uri L’Tze-dek’s. Orthodox social justice.“Un’organizzazione guidata dai va-lori della Torah e dedicata a com-battere la sofferenza e l’oppressio-ne. Attraverso l’educazione collet-tiva e lo sviluppo di leadership edi azione, Uri L’Tzedek si occupadi creare dibattito e inspirazione,e di rendere la comunità ebraicacapace di rendere il mondo piùgiusto” secondo la descrizione concui si presenta al pubblico. Laureadi primo livello all’Università delTexas, master in Leadership e psi-cologia ad Harvard e poi in Filo-sofia ebraica alla Yeshiva Universitydi New York, rav Shmuly, dopoaver pubblicato il libro nel 2012,ha continuato a scrivere, approfon-dendo le tematiche più diverse.
“Fino al 1865, la maggior parte de-gli americani consumavano cotone,tabacco, zucchero, merci varie,prodotte dal lavoro degli schiavi.A rifiutarsi di comprarli erano po-chi e determinati abolizionisti. Oggici troviamo di fronte a un proble-ma simile, visto che molto di ciòche acquistiamo è fabbricato attra-verso lo sfruttamento di bambinio di manodopera che lavora incondizioni disumane, con pagheal di sotto del livello di sussistenza,e nessun rispetto per l’ambiente -scrive per esempio in un articolosul Times of Israel – Fortunatamen-te abbiamo a disposizione una so-luzione molto migliore del meroboicottaggio: possiamo insisterenel comprare i prodotti del mer-
cato equo e solidale”, citando asupporto della sua tesi, le parole diRambam “E’ proibito imbrogliarele persone nel comprare e nel ven-dere” (Hilchot Mechirah 18:1). L’-Halakhah, spiega ancora il rabbino,richiede infatti che nel commerciovengano rispettati i di-ritti di tutte le parti incausa, del consuma-tore, del venditore,ma anche del lavora-tore. Su questi principi èbasato un altro pro-getto fondamentaledella Uri L’Tzedek’s,la certificazione TavHaYosher, sigillo etico.Una certificazione cheviene assegnata a queiristoranti kasher che rispettano treprincipi, correttezza (i lavoratoridevono essere ricevere almeno ilminimo sindacale), il diritto a unorario di lavoro equo, al pagamen-to degli straordinari, e a goderedelle giornate di riposo e delle pau-se previste dalla legge, il diritto aun ambiente di lavoro sano e sicu-ro, e privo di discriminazioni. Per-ché, è sottolineato, non è sufficiente
servire cibo che rispetta i dettamidelle regole alimentari, per essereconsiderati kosher. “Non opprime-re lo straniero, tu sai cosa si provaa essere straniero, perché tu stessofosti straniero in terra d’Egitto”(Esodo 22:20) è un altro principio
della tradizione ebraica cherav Yanklowitz citaspesso nei suoi edi-toriali, affrontandoil tema dell’immi-grazione. In un lun-go intervento sul
Jewish Journal, ricor-da che “la Torah pone lo stranierosotto la speciale protezione dellalegge”, citando rav Samson Rapha-el Hirsch, e aggiunge che “non bi-sogna dimenticare neanche che laTorah ci insegna che siamo tuttistranieri, perché la proprietà per-petua della terra è solo di D-o, noila possiamo considerare semplice-mente in prestito”. Shmuly lancia
infine un messaggio forte: “Dob-biamo lavorare per assicurare chei migranti privi di documenti sianotrattati in modo giusto nelle nostrecomunità, nei nostri ristoranti, neinostri quartieri. Oggi è tempo chela comunità ebraica americana alzila voce e si occupi della situazionedegli stranieri in mezzo a noi. Solocosì, anche se altri si rivelerannocomplici della negligenza e dellamarginalizzazione verso i migranticlandestini, potremo almeno direche le nostre mani non hanno ver-sato questo sangue”.Sul suo blog sull’Huffington Post,rav Shmuly ha di recente anchebacchettato la politica delle falsepromesse, ricordando i dettamidella religione ebraica circa la proi-bizione dei giuramenti vani (she-vuat shav), che comprende il di-vieto di giurare ciò che è palese-mente vero, ciò che è palesementefalso, di giurare di infrangere uncomandamento, e infine di giurarel’impossibile. Ed è proprio a partireda quest’ultima previsione che ildirettore di Uri L’Tzedek’s spiegacome quando un politico, ma an-che un operatore finanziario, pro-mette all’elettore, o al cliente, me-raviglie irrealizzabili, compie unagrave violazione etica. “Sono intanti a promettere l’impossibile pervenire eletti oppure fare affari. Tut-
tavia, noi dobbiamo chiedercise quella promessa è quantomeno plausibile e se invecemerita di essere catalogata co-me shevuat shav. Un mercatoe un elettorato informati, in-sieme all’obbligo di rendere
conto delle promesse mantenuteo non mantenute, rappresentanouno strumento per una società piùgiusta. La Torah ci insegna a nonfomentare pubblicamente falseaspettative per convenienza per-sonale - conclude rav Yanklowitz- Dovremmo prendere questa le-zione molto a cuore anche nellenostre vite e alzare l’asticella deldibattito pubblico”.
Risorse per l’etica socialeIl rabbino Shmuly Yanklowitz spiega il legame tra ebraismo e giustizia
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pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013
0,2 per cento. Mentre le potenze
europee boccheggiavano, Fi-
scher dichiarava sconfitta la re-
cessione. Eppure inizialmente
sulla sua strada non c’era l’eco-
nomia ma la chimica. Da ragaz-
zo, infatti, aveva inizialmente
pensato di votarsi alla scienza
che fu di Primo Levi ma nel suo
ultimo anno in Africa capì che il
suo futuro era un altro. L’epifa-
nia arrivò con l’introduzione da
parte di un conoscente alle le-
zioni e libri di Paul Samuelson,
professore al Mit e premio No-
bel. Altro test fondamentale La
teoria generale dell’occupazione,
dell’interesse e della moneta di
un certo John Maynard Keynes.
“Ero immensamente impressio-
nato – ha affermato Fischer in
un’intervista – non perché avessi
capito qualcosa ma per la qualità
dell’inglese”. Gli studi di econo-
mia lo porteranno a diventare
uno dei volti più importanti e in-
fluenti del panorama internazio-
nale, costruendo un approccio
noto come “New Keynesian eco-
nomics”. Al Mit ci andò prima co-
me studente e poi come profes-
sore e tra i suoi alunni ci sono
alcune degli uomini chiave del-
l’economia contemporanea: il ci-
tato Bernanke, numero uno della
Federal Reserve, Olivier Blan-
chard, capo economista al Fondo
monetario internazionale e Ma-
rio Draghi, governatore della
Banca centrale europea. A que-
sto punto rimane la domanda sul
futuro “dell’uomo che ha salvato
Israele” che potrà essere sciolta
in questi mesi.
Shmuly YanklowitzJEWISH ETHICS & SOCIAL JUSTICE Derusha Publishing
Tra i cinquanta rabbini più
influenti d’America secondo
Newsweek, Yanklowitz ha
fondato l’organizzazione
Uri L’Tzedek’s. Orthodox so-
cial justice, il cui scopo è la
sensibilizzazione dell’opi-
nione pubblica su temi etici
alla luce degli insegnamenti
della Torah. Nel suo curricu-
lum un master in Leader-
ship e psicologia ad
Harvard e in Filosofia
ebraica alla Yeshiva Univer-
sity di New York.
Trovare un impiego alla IsraelElectric Corporation o alla
Intel Israel è un ottimo investimen-to per il proprio futuro. Almeno agiudicare dal sondaggio commis-sionato dalla Bdi-Coface e dallarivista The Marker per cui le dueaziende risultano le mete preferitedai lavoratori israeliani. Su duemilaintervistati, la compagnia elettricastatale (sul gradino più alto del po-dio) e il colosso dell’high tech ri-sultano le più ambite, principal-mente per il livello degli stipendie per la sicurezza del posto di la-voro. Entrambe infatti garantisco-no ai propri impiegati buone re-tribuzioni, ottimi benefit a fine me-se e hanno la tendenza – partico-larmente apprezzata – a non licen-ziare i propri dipendenti.Sull’ultimo punto, come sottolineail giornale Haaretz, c’è però unadifferenza sostanziale: una èun’azienda privata con un fatturatoin attivo, l’altra un monopolio sta-tale con un deficit annuale da mi-lioni di euro. Nel 2009, momentopiù acuto della crisi internaziona-liee con le inevitabili ripercussionisul mercato israeliano, la Intel hadeciso di tutelare i propri dipen-denti evitando licenziamenti percoprire le perdite. Nella stessa si-tuazione, gli impiegati della Iec -attualmente 14mila - hanno potutocontare sulla forza dei sindacati, ilcui peso nelle aziende statali è an-cora molto forte, che sono riuscitia scongiurare eventuali ridimen-sionamenti. Inoltre, per ammortizzare le per-dite, l’azienda monopolista ha co-munque avuto la possibilità di au-mentare le bollette sull’elettricità,scaricando in parte sui cittadini icolpi inferti dalla crisi. Proprio lacorrente elettrica, peraltro, rientratra i benefit dei lavoratori Iec, conforti sconti o bollette a costo zero,oltre alle buone pensioni che ren-dono molto appetibile e richiestoil posto. In Intel, invece, oltre agliottimi stipendi, particolarmenteapprezzate dagli intervistati le pos-sibilità di lavorare una volta a set-timana da casa e un’opzione ri-
guardo la maternità che permettealle donne di tornare a lavoro gra-dualmente.Nella top ten di questa specialeclassifica anche due banche: laBank Leumi e Bank Hapoalim. La
prima, negli ultimi mesi al centrodi una polemica riportata in questepagine, è addirittura sul terzo gra-dino del podio. La seconda, inve-ce, la Banca dei lavoratori, si è po-sizionata settima ma con un titolo
in più da poter fregiare: la presti-giosa rivista Global Finance ha no-minato Hapoalim miglior bancad’Israele. Una decisione che pre-mia la capacità dell’istituto di “ri-spondere alle necessità dei propri
clienti”. Nonostante una perditanei profitti del 7,4 per cento, labanca ha comunque registrato imigliori utili del sistema bancarioisraeliano, attenuando i contrac-colpi della crisi finanziaria globale.
ISRAEL ELECTRIC CORPORATION
Con 14mila dipendenti in Israele, la Iec detiene
il monopolio del mercato israeliano dell’elet-
tricità. Quasi completamente a partecipazione
statale, i suoi salari sopra
la media e la garanzia del
posto fisso la rendono par-
ticolarmente appetibile
agli occhi dei lavoratori
israeliani, almeno secondo
la classifica pubblicata dal The Marker e Bdi-
Coface
INTEL
Tra le aziende leader nel settore dell’high tech,
i bilanci in positivo le hanno permesso di non
licenziare nessuno – almeno in Israele – nel
momento più duro della
crisi economica. Classifica-
tasi seconda nel sondaggio
sui migliori posti di lavoro
dello Stato ebraico, la Intel
offre ai suoi dipendenti ge-
nerosi benefit, tra cui l’apprezzata possibilità
di lavorare una vlta alla settimana da casa.
BANK HAPOALIM
Per il secondo anno consecutivo, Hapoalim è
stata nominata miglior banca di Israele. Il ri-
conoscimento è arrivato dalla prestigiosa ri-
vista Global Finance. Una decisione che premia
la capacità
dell’istituto
di “rispon-
dere alle necessità dei propri clienti”. Nono-
stante una diminuzione sul fronte profitti, la
banca ha comunque ottenuto il miglior utile
rispetto alle concorrenti del paese.
Le aziende che scelgono il futuroIntel e Israel Electric Corporation fra i luoghi di lavoro più ambiti del sistema Israele
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n. 6 | giugno 2013 pagine ebraiche
DOSSIER /Mercati e valori
Mentre in Europa si attende con trepi-
dazione di avere una delle nuove ban-
conote da cinque euro nel portafoglio,
in Israele dopo la recente presentazio-
ne dei nuovi shekalim, che verranno
stampati a partire dalla seconda metà
del 2013, si scatena la polemica. Le
nuove banconote incriminate, i cui co-
lori resi più brillanti fanno venire vo-
glia di fare shopping, sono quella da
200 shekel, blu con il ritratto di Nathan
Alterman, da 100 shekel, arancione con
il viso di Leah Goldberg, da 50 shekel,
verde con i grandi baffi di Shaul Tcher-
nichovsky, e infine quella da 20 shekel,
rossa con lo sguardo intenso di Rachel
Bluwstein. I volti sono quelli di grandi
poeti Israeliani, eminentissimi e ap-
prezzatissimi. Ma tutti di origine
ashkenazita, come i loro cognomi ur-
lano. “È inconcepibile che non sia stato
trovato nessun poeta sefardita il cui
ritratto potesse stare sulle banconote”,
si è lamentato un membro della Knes-
set di origine sefardita. Il confronto
sulla questione dei nuovi shekalim si
sta facendo sempre più rovente sulle
pagine dei giornali, in televisione e sul
web, dove si materializzano proposte,
a volte serie a volte parodiche, di fi-
gure alternative per le nuo-
ve banconote. In realtà però
questo dibattito ha origini
storiche molto profonde.
Quando lo Stato d’Israele fu
fondato, quasi l’ottanta per
cento della sua popolazione
ebraica era di origine Ashke-
nazita. Ma questi nuovi abi-
tanti, che venivano preva-
lentemente dall’Ucraina,
dalla Polonia o dalla Russia,
non furono molto ospitali
con quelli provenienti dal-
l’Asia o dal Nord Africa che
si unirono a loro. Il divario fra questi
due gruppi si accentuò con gli anni, so-
prattutto per quanto riguardava
l’istruzione e il reddito. Si può inoltre
notare come finora non ci sia ancora
stato alcun primo ministro mizrahi, di
origine orientale. E anche la cultura se-
fardita, che gli ebrei hanno portato
con sé da Iran, Iraq, Marocco e altri
paesi, è stata per anni ridicolizzata e
ostracizzata dalle élite culturali. Nel
tempo si è borbottato e insultato, a
volte ci sono state proteste e
scontri. La situazione oggi è molto mi-
gliorata. Ora che una buona parte della
popolazione ha origini direttamente
israeliane, ci si cura meno delle rispet-
tive provenienze. Il numero dei matri-
moni fra ashkenaziti e sefarditi cresce
e anche le differenze di reddito si fan-
no meno accentuate. Tuttavia uno stu-
dio del 2008 ha mostrato che una per-
sona con un nome riconoscibilmente
ashkenazita trova lavoro più facilmen-
te di una altrettanto qualificata, ma
Banconote nuove, volti vecchi, eterne polemicheShekel
LA PAROLA AI PROTAGONISTI DELL’ECONOMIA DI DOMANIIl futuro è dei giovani. E’ un’affermazione inflazionata eppure semprevera. E il settore economico non può che essere uno dei settori centraliin cui i giovani devo sapersi inserire. A maggior ragione alla luce di unasituazione globale non proprio rosea e in profondo cambiamento. Diquesto e di altri temi di attualità discutono i 150 ragazzi e ragazze delloYoung Scholar Initiati-ve, un incontro an-nuale organizzato dal-l’Institute for NewEconomic Thinking,organizzazione legataal magnate america-no George Soros. Peril secondo anno con-secutivo i giovani,provenienti da tutto ilmondo, hanno trova-to spazio nel palco-scenico del Festival Economia di Trento e Rovereto. L’idea è quella dimettere in contatto ragazzi provenienti da diverse realtà e, attraversoil dibattito, cercare di dare voce ai futuri protagonisti della scena eco-nomica. Oltre al confronto tra di loro su tematiche come le disegua-glianze sociali e l’instabilità finanziari, l’Inet può contare sull’aiuto deisuoi ospiti. Quest’anno, presenti a Trento, due “lecture” di valore comeAndy Haldane e Perry Mehrling.
“M a è chiaro, è la sovranità,o meglio la cessione di
sovranità, la chiave fondamentaleper rafforzare il sistema europeo.Oggi è qui che si gioca la partita”.L’economista Daniel Gros, diret-tore del Centro europeo di studipolitici di Bruxelles, è persino stu-pito quando gli si chiede di spie-gare la centralità del tema sceltoper l’edizione 2013 del FestivalEconomia di Trento “Sovranità inconflitto”.Quali speranze per l’Italia e perl’Europa di oggi? Quali strumentiper uscire dalla situazione econo-mica caratterizzata da una crisi chesembra non avere fine? Quali con-sigli per i giovani e rapporti tral’economia e i valori? Raggiuntotelefonicamente poco prima di sal-tare su un aereo, a queste domandeè chiamato a rispondere Gros.Nato e cresciuto in Germania, lau-rea in Economia all’Università Sa-pienza di Roma, dottorato di ricer-ca in quella di Chicago, al Festivaldi Trento il direttore del Ceps por-terà un intervento sulle prospettivedell’Unione monetaria per salvarel’Euro. Un tema che lo studiosoconsidera una frontiera fondamen-tale per il sistema europeo. “A li-vello politico la strada è ormai trac-ciata, la decisione è già stata assun-ta - evidenzia - Bisognerà capire
quali saranno i tempi e i passagginecessari per l’effettiva attuazione”.Chiedendogli quanto è importanteuna biografia con tappe in giro peril mondo per un economista comelui, spiega che se forse non è cosìimportante aver vissuto e studiatoin diversi paesi in generale, lo èsenz’altro in tempo di crisi econo-mica, per capire e confrontare lerealtà nazionali. “A un giovane di-ciottenne consiglierei di puntareall’università sulle materie tecniche,e sulla conoscenza delle lingue stra-niere, che nel mondo di oggi rap-presenta una competenza fonda-mentale” sottolinea Gros, che neisuoi interventi insiste molto sul-l’importanza dell’istruzione percombattere la disoccupazione edunque la crisi, perché un alto li-vello di educazione favorisce la ri-qualificazione e la redistribuzionedei lavoratori dai settori che hannoperso capacità di creare occupa-zione a settori che invece sono ingrado di assorbirli. Sull’Italia DanielGros, che rappresenta una dellevoci che contribuisce al dibattitoproposto dal sito di opinioni in ma-
teria non solo economica, ma an-che politica, sociale e culturale fon-dato da George Soros, Project Syn-dicate, con contenuti in inglese, ci-nese, francese, tedesco, italiano,spagnolo, arabo e il contributo del-le più grandi menti dell’economiamondiale, è spesso critico, spiegan-do che non è possibile concepiredelle riforme che nel breve periodopossano risolverne davvero la si-tuazione di crisi, perché a dovercambiare è secondo lui l’intero si-
stema paese, e la sua struttura so-ciale e politica. A differenza daquanto sostenuto da molti econo-misti tuttavia, il direttore del Cepsdifende le misure di austerità, chespesso rappresentano a suo parerel’unica via per evitare che crisi pro-fonde divengano ancora più disa-strose. “L’austerità, che avrebbepotuto peggiorare la crisi tempo-raneamente, ha invece consentitouna sostenibilità fiscale senza dannipermanenti per l’economia – scri-
ve, portando l’esempio della Let-tonia, in un articolo intitolato“L’austerità nelle economie di pic-cole dimensioni” - D’altro canto,la produzione in Grecia, che hatardato ad adottare una politica diausterità, è ancora sotto di 12 puntipercentuale rispetto al potenzialestimato, e continua a scendere”.Inevitabile infine, alla luce di unacrisi economica che sembra averriportato indietro le lancette del-l’orologio del rispetto dei valori intanti paesi colpiti, con i partiti raz-zisti o xenofobi sempre più forti, eche d’altronde affonda le sue radicianche in una mancanza di corret-tezza nel portare avanti i profittieconomici da parte degli operatorifinanziari, una domanda sul rap-porto tra etica ed economia. “Io ri-tengo che i soggetti economici simuovano secondo le regole deisoggetti economici, e che da essinon si possa pretendere qualcosadi diverso - spiega Gros - È com-pito della politica, è compito dellasocietà infondere i valori e assicu-rarsi che la vita pubblica, a tutti ilivelli, li persegua”.
La sovranità, tema centrale per l’EuropaParla l’economista Daniel Gros, direttore Centro europeo di studi politici di Bruxelles
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pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013
con nome sefardita. Un altro studio
mostra che generalmente un ashkena-
zita viene pagato di più per lo stesso
lavoro. E sebbene cantanti come Sarit
Hadad o Eyal Golan, il cui genere pop
con influenze mediorientali è conosciu-
to come Mizrahi music, riempiono gli
stadi, il loro viene comunque conside-
rato un intrattenimento “basso”, così
come in generale tutta la produzione
culturale e letteraria di matrice sefar-
dita. E così, anche quando si pensa che
sia ormai un fantasma del passato,
quello che viene chiamato “il demone
etnico”, ogni tanto torna a infestare il
paese. E dunque periodicamente ci si
trova tristemente a constatare che la
ferita stenta a rimarginarsi. Le nuove
banconote risultano dunque un dan-
noso promemoria, del fatto che gli al-
bori del Sionismo e anche di Israele
fossero dominati dagli ebrei di origine
ashkenazita. Per questo il Ministro
dell’economia e del commercio Naftali
Bennett, ha sottolineato come l’emis-
sione delle nuove banconote senza in-
cludere un poeta sefardita fra i ritratti
sia stata un errore metodologico: “Non
c’è ragione di perdere un’opportunità
che potrebbe aiutare a sanare il divario
nella popolazione”. E di certo non ha
aiutato che uno dei membri della com-
missione incaricata di decidere i ritrat-
ti abbia detto di non conoscere nessun
poeta sefardita.
Se il motivo di questo sia che i poeti
sefarditi non furono altrettanto pro-
lifici o non ebbero l’opportunità di es-
serlo, è una questione destinata a ri-
manere senza risposta.
Ma nel frattempo Bennett ha anche
proposto come poeta sefardita per le
nuove banconote rabbi Yehuda Halevi,
che scrisse nel Medioevo. D’altra parte
il primo ministro Benjamin Netanyahu
ha risposto che certamente sarà la pri-
ma scelta, ma la prossima volta che bi-
sognerà ridisegnare le banconote, cioè
fra una quindicina d’anni. E così i Se-
farditi aspettano, ripetendosi i versi
quasi profetici di Yehuda Halevi: “Il mio
cuore è a est, ma io sono alla fine del-
l’ovest”.
Francesca Matalon
Presente al Festival Economia di Trento con un intervento su
“L’Unione bancaria per salvare l’Euro”, Gros è il direttore del Centro
europeo di studi politici di Bruxelles. Nato e cresciuto in Germania,
oltre ad aver lavorato come economista al FMI, è stato consulente per
la Commissione e per il Parlamento europeo.
TRENTO E I GIOVANI