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pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013 DOSSIER Mercati e valori...pagine. E per sfamare questo...

Date post: 21-Aug-2020
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Crisi&Opportunità Con la crisi economica, i problemi dell’economia globale sono entrati in modo dirompente nelle case di milioni di persone. Assistiamo quotidiana- mente al dibattito sulle manovre da adottare: l’austerity, la Troika, il Fon- do monetario, l’Europa sono parole che sentiamo pronunciare in conti- nuazione. E sempre più le persone vo- gliono informarsi, cercano di capire. “Voglio sapere in che direzione sta an- dando il mondo” afferma Tito Boeri in un’intervista pubblicata in queste pagine. E per sfamare questo deside- rio di capire è nato il Festival Econo- mia di Trento e Rovereto (dal 30 al 2 giugno), giunto all’ottava edizione, che richiama pubblico da tutta Euro- pa e che tra i suoi ospiti vanta eco- nomisti illustri, premi Nobel (que- st’anno Michael Spence e James Mir- rlees), esperti del settore finanziario. Tema di quest’anno, “sovranità in con- flitto”: la crisi finanziaria ha mostrato la fragilità di un mondo economico profondamente interconnesso, con paesi che hanno dovuto rinunciare a parte della propria sovranità per cer- care di non uscire con le ossa rotte da una situazione a dir poco compli- cata. “Ma è chiaro, è la sovranità, o meglio la cessione di sovranità, la chiave fondamentale per rafforzare il sistema europeo. Oggi è qui che si gioca la partita” spiega nell’intervista a Pagine Ebraiche l’economista Da- niel Gros, direttore del Centro euro- peo di studi politici di Bruxelles non- ché ospite del Festival Economa. Una sovranità che la Chiesa sta cer- cando di recuperare, facendo leva anche sulla crisi delle rappresentanze laiche e dello Stato. Il valore della povertà è tornato di attualità. Così come i discorsi sulla decrescita felice. Un mondo in evoluzione in cui cia- scuno cerca di trovare il proprio spa- zio. E i momenti di riflessione su te- matiche come il futuro dell’euro, la sovranità monetaria, le diseguaglian- ze sociali, la globalizzazione finan- ziaria – toccati dai relatori del Festi- val – aiutano a dare una direzione in un momento di grandi cambiamenti e, almeno apparentemente, scarse certezze. Con i giovani alla finestra, partecipi e presenti a questi eventi nonché i più interessati a capire “dove sta an- dando questo mondo”. / P15 www.moked.it pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013 Tito Boeri DOSSIER / Mercati e valori a cura di Daniel Reichel Giacomo Todeschini Alessandro Marzo Shmuly Yanklowitz “Il fine dello studio dell’economia non è acquisire una serie di soluzioni già pronte per i problemi economici, ma imparare a non lasciarsi ingannare dagli economisti”. Così scriveva l’economista inglese Joan Robinson. Oggi, in un mondo che pare aver perso la bussola, comprendere i fenomeni economici è diventata una necessità che sempre più cittadini sentono propria. Cerchiamo soluzioni ai problemi, interroghiamo gli economisti, chiediamo risposte alla religione, ri- scopriamo il passato, protestiamo. Tutti spunti su cui si soffermano le pagine di questo dossier. L’economia in piazza L’ECONOMISTA Minoranze come risorsa LO STORICO Il culto della povertà IL GIORNALISTA L’invenzione dei soldi IL RABBINO La religione della giustizia
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Page 1: pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013 DOSSIER Mercati e valori...pagine. E per sfamare questo deside-rio di capire è nato il Festival Econo-mia di Trento e Rovereto (dal 30 al 2 giugno),

Crisi&OpportunitàCon la crisi economica, i problemidell’economia globale sono entrati inmodo dirompente nelle case di milionidi persone. Assistiamo quotidiana-mente al dibattito sulle manovre daadottare: l’austerity, la Troika, il Fon-do monetario, l’Europa sono paroleche sentiamo pronunciare in conti-nuazione. E sempre più le persone vo-gliono informarsi, cercano di capire.“Voglio sapere in che direzione sta an-dando il mondo” afferma Tito Boeriin un’intervista pubblicata in questepagine. E per sfamare questo deside-rio di capire è nato il Festival Econo-mia di Trento e Rovereto (dal 30 al 2giugno), giunto all’ottava edizione,che richiama pubblico da tutta Euro-pa e che tra i suoi ospiti vanta eco-nomisti illustri, premi Nobel (que-st’anno Michael Spence e James Mir-rlees), esperti del settore finanziario.Tema di quest’anno, “sovranità in con-flitto”: la crisi finanziaria ha mostratola fragilità di un mondo economicoprofondamente interconnesso, conpaesi che hanno dovuto rinunciare aparte della propria sovranità per cer-care di non uscire con le ossa rotteda una situazione a dir poco compli-

cata. “Ma è chiaro, è la sovranità, omeglio la cessione di sovranità, lachiave fondamentale per rafforzareil sistema europeo. Oggi è qui che sigioca la partita” spiega nell’intervistaa Pagine Ebraiche l’economista Da-niel Gros, direttore del Centro euro-peo di studi politici di Bruxelles non-ché ospite del Festival Economa. Una sovranità che la Chiesa sta cer-cando di recuperare, facendo levaanche sulla crisi delle rappresentanzelaiche e dello Stato. Il valore dellapovertà è tornato di attualità. Cosìcome i discorsi sulla decrescita felice.Un mondo in evoluzione in cui cia-scuno cerca di trovare il proprio spa-zio. E i momenti di riflessione su te-matiche come il futuro dell’euro, lasovranità monetaria, le diseguaglian-ze sociali, la globalizzazione finan-ziaria – toccati dai relatori del Festi-val – aiutano a dare una direzione inun momento di grandi cambiamentie, almeno apparentemente, scarsecertezze.Con i giovani alla finestra, partecipie presenti a questi eventi nonché ipiù interessati a capire “dove sta an-dando questo mondo”.

/ P15

www.moked.it

pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013

Tito Boeri

DOSSIER /Mercati e valoria cura di Daniel Reichel

Giacomo Todeschini

AlessandroMarzo

Shmuly Yanklowitz

“Il fine dello studio dell’economia non è acquisire una serie di soluzioni già pronte per i problemi economici, ma impararea non lasciarsi ingannare dagli economisti”. Così scriveva l’economista inglese Joan Robinson. Oggi, in un mondo chepare aver perso la bussola, comprendere i fenomeni economici è diventata una necessità che sempre più cittadinisentono propria. Cerchiamo soluzioni ai problemi, interroghiamo gli economisti, chiediamo risposte alla religione, ri-scopriamo il passato, protestiamo. Tutti spunti su cui si soffermano le pagine di questo dossier.

L’economia in piazza

L’ECONOMISTA

Minoranzecome risorsa

LO STORICO

Il culto della povertà

IL GIORNALISTA

L’invenzionedei soldi

IL RABBINO

La religione della giustizia

Page 2: pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013 DOSSIER Mercati e valori...pagine. E per sfamare questo deside-rio di capire è nato il Festival Econo-mia di Trento e Rovereto (dal 30 al 2 giugno),

Spread, default, decrescita felice.Sono termini che abbiamo im-

parato a conoscere. L’opinionepubblica, negli ultimi anni, ha co-minciato a farsi una cultura econo-mica, a interessarsi di temi primapoco considerati. La crisi ha peral-tro acuito questo desiderio di ca-pire, di conoscere e in Italia unospazio per l’analisi, il confronto sullescelte e i modelli economici si èaperto con il Festival Economia diTrento. Tra gli ideatori dell’evento,l’economista Tito Boeri, professoreordinario alla Bocconi nonché fir-ma autorevole di La Repubblica ètra i fondatori del sito di informa-zione economica lavoce.info.

Negli ultimi anni l’opinione pubblica

ha dimostrato sempre maggiore in-

teresse per i temi di carattere eco-

nomico. Una tendenza che si riflette

in Italia nel grande seguito che hanno

avuto le diverse edizioni del Festival

Economia di Trento. Questa crescita

di attenzione è dovuta alla crisi o è

solo uno dei fattori?

L’attuale situazione italiana ed eu-ropea ha inciso sulla volontà del-l’opinione pubblica di essere infor-mata su questi temi. Ma l’esperien-za del Festival, giunto all’ottavo an-no, così come l’esperienza di un si-to come la voce.info (al suo undi-cesimo anno di vita), testimonianocome già prima del-la crisi si sentissela necessità diavere un’informa-zione di qualitàsulle tematicheeconomiche. Laconnessione conla crisi c’è ma c’èsoprattutto la vo-lontà di capire in quale direzionestia andando il mondo. Attenzionee partecipazione prescindono dallequestioni legate alla propria eco-nomia personale o familiare; c’è vo-glia di discutere su tematiche di piùampio respiro: la decrescita, il sot-tosviluppo, la sovranità (tema delFestival di quest’anno).

C’è chi sostiene che la crisi nasca dalla

perdita di sovranità dell’Italia in fa-

vore dell’Europa e della Germania.

“Abbiamo lasciato loro decidere del

nostro destino”: quanto c’è di vero

in questa affermazione? Non c’è il ri-

schio di essere di fronte al solito stra-

tagemma del capro espiatorio?

Scaricare le responsabilità è un gio-co in cui i politici sono molto abilie il rischio di riversare su altri leproprie colpe c’è. D’altra parte è

indubbio che la Germania abbia te-nuto un atteggiamento che ha por-tato a delle scelte sbagliate. Da quia pensare che sia l’unica responsa-bile il passo è lungo. Anche l’Europaha le sue responsabilità, irrigiditasisulle politiche di austerità. In ognicaso credo ci si debba concentraresul problema della sovranità in temadi politica monetaria, ancor piùstringente alla luce della crisi dellerappresentanze politiche dei singolipaesi.

La sensazione è che ci siano due piani

che corrono paralleli: da una parte il

dibattito pubblico in cui sono coinvolti

gli esperti, dall’altro la politica, che de-

cide autonomamente e, almeno in ap-

parenza, resta sorda di

fronte agli input ester-

ni. E’ un quadro realisti-

co della situazione?

In ambito italiano, una delle proble-matiche è legata alla cultura econo-mica dei nostri politici, in generalebassa. Credo che i media abbianocercato di creare una convergenzatra i due piani, si veda l’iniziativa delfact checking portata avanti dallavoce.info. Occorre maggiore sensi-bilità ma credo che anche gli eco-nomisti debbano fare autocritica,con approcci a volte troppo super-ficiali con conseguenze devastantisul piano economico. In questo sen-so non ha aiutato la ricerca Rein-hart-Ricolf. In ogni caso il mondodell’informazione, puntando su ungiornalismo specializzato nel settoreeconomico, mi pare stia creandoquel ponte necessario fra i due

ambiti. Poi fino a cheavremo una legge elet-

torale come quella attuale, dove nonsi possono selezionare i candidati,le distorsioni legate alla classe poli-tica che ci rappresenta non potran-no che rimanere.

Ritornando al tema della sovranità.

Con i governi nazionali in crisi, la Chie-

sa sta cercando di recuperare una po-

sizione di influenza a livello interna-

zionale. Il modello economico su cui

sembra insistere il nuovo papa Fran-

cesco è incentrato sul valore della po-

vertà. Un’idea francescana dello spo-

gliarsi delle proprie ricchezze. Come

giudica questa ricetta?

La Chiesa è da sempre protagonistain molti temi legati all’economia glo-bale. Credo che lo sforzo assisten-ziale portato dalle istituzioni cri-

stiane sia sicuramentemeritorio e abbia dato

un grande contributo a livello locale.Il problema è che è un sostegno ap-plicato in modo selettivo e che nonpuò incidere sulle condizioni eso-gene causa della povertà. Ed è loStato che dovrebbe intervenire percreare un sistema di protezione peri più deboli ad ampio spettro.

L’associazione banchiere-ebreo con-

dita con la retorica sul complotto giu-

daico-massonico è ancora purtroppo

utilizzata da alcuni per mascherare re-

sponsabilità delle situazioni economi-

che e fomentare odio. Non sarebbe

ora di guardare alle minoranze come

una risorsa e non come un bersaglio?

Sicuramente. Bisogna continuare alavorare perché cadano questi pre-giudizi. L’informazione, i dibattitisono uno strumento per superarequesti fenomeni pericolosi che, senon arginati, rischiano di scatenareviolenze e soprusi.

A proposito di fenomeni violenti, Grillo

sostiene che il Movimento Cinque Stelle

sia un argine contro il riemergere di

estremismi che hanno invece preso pie-

de in Grecia o Ungheria. E’ d’accordo?

Credo che i Cinque Stelle siano unargine ma quest’argine sia molto fra-gile. Dentro al movimento ci sonomolte voci, penso più orientate a si-nistra in generale. Se dovesse sfal-darsi, però, potrebbero crearsi delle

correnti orientate al populismopuro ed eventual-mente violente.

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n. 6 | giugno 2013 pagine ebraiche

DOSSIER /Mercati e valori

Responsabile scientifico del Fe-

stival Economia di Trento, Boeri

è stato per dieci anni senior eco-

nomist all’Organizzazione per la

Cooperazione e lo Sviluppo Eco-

nomico. Attualmente professore

ordinario presso la Bocconi, è tra

i fondatori del sito lavoce.info

piattaforma online di approfon-

dimento su diverse tematiche di

ambito economico.

Condono è una parola che in Italia si sente

spesso. Quasi mai con accezione positiva. E

a giudicare dalla rivolta scatenata sul web,

nemmeno molti israeliani hanno gradito

udirla. Non quando di mezzo c’era Bank Leu-

mi, seconda banca di Israele, un debito da

150 milioni di shekel (poco più di 30 milioni

di euro) e a beneficiare del condono sarebbe

stato uno degli uomini più ricchi e potenti

del paese, Nochi Dankner.

Nell’epoca di Occupy Wall Street, del “noi

siamo il 99%” e dopo le proteste del 2011 in

Rothshild Boulevard, la notizia – a metà

aprile scorso - dello sconto al magnate Dan-

kner ha risvegliato i malumori sopiti della

piazza. Tanto da creare un movimento on-

line per boicottare Bank Leumi, così impe-

tuoso da costringere la banca a tornare sui

suoi passi. Evento più unico che raro, la

pressione dell’opinione pubblica ha fatto

saltare il banco delle trattative, lasciando

Dankner con un pugno di mosche in mano

e un impero sempre più traballante. La sua

Gand Holdings (società che controlla la IDB

Holding, spina dorsale dell’universo Dan-

kner), infatti, non naviga in buone acque:

450 milioni di shekel è l’ammontare del de-

bito tra la società e Bank Leumi. Vedersi ab-

bonare 150 milioni, sarebbe stata cosa gra-

dita. Nell’accordo era previsto l’intervento

dell’uomo d’affari argentino Eduardo El-

sztain che avrebbe dovuto versare quasi 60

milioni di euro nelle casse della Ganden Hol-

dings. Tutto è andato a monte quando la

notizia della trattativa è uscita sui giornali

(su The Marker). Il privilegio accordato al-

l’uomo che possiede la più grande catena di

supermercati di Israele, Shufersal, e il co-

losso della telefonia, Cellcom Israel, ha fatto

Crisi

Quando il web ferma le banche

Boeri - GalassoCONTRO I GIOVANI Mondadori

Tito BoeriLA CRISI NON ÈUGUALE PER TUTTI Rizzoli

Boeri - GaribaldiLE RIFORME A COSTO ZERO Chiarelettere

Boeri - LeviPARLERÒ SOLODI CALCIOIl mulino

Le minoranze risorsa per tuttiTito Boeri spiega il perché della riscoperta del pubblico dei temi economici

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a favore di chi ha bisogno di tutto,ma l’adoperarsi perché venga su-perato lo stato di necessità in cuiormai si trova la maggior partedell’umanità. Todeschini ritiene cri-ticabile la mancanza di presa di po-sizione dell’ebraismo italiano inmateria etico-economica. Parrebbe,dice, che il mondo ebraico italiano“abbia introiettato comportamentieconomici vicini al modello cristia-no e non abbia niente da aggiun-gere”. E osserva ancora, in una pro-spettiva più ampia, che “la realtàebraica italiana, senza voler pole-mizzare, non pare aver aperto undibattito vivace sui temi dell’eticaeconomica. Fino all’Ottocento ilconfronto era vivo: le leggi razzistehanno colpito al cuore questa dia-lettica. Ma adesso è il momento direcuperare e analizzare concetti va-lidi per il dibattito etico interna-zionale”. In Israele, continua il pro-fessore, si sta sviluppando una mo-derna letteratura in merito, pren-dendo come riferimento i testi tal-mudici e non solo. Un confrontoche serve anche a decostruire i pre-giudizi di cui gli ebrei sono vittime:“c’è questa idea che gli ebrei face-vano l’economia ma non la pensa-vano, mentre nella realtà la tradi-zione culturale ebraica contieneuna vasta gamma di posizioni e diproposte etico-economiche. Nona caso gli ebrei, con apparente con-traddizione, sono stati accusati allostesso tempo di essere pezzenti eplutocrati, comunisti e simbolo delcapitalismo”. In un momento di crisi, di ricercadi risposte, la Chiesa sta cercandodi tornare ad essere un punto diriferimento. “L’ebraismo italiano –riflette Todeschini – dovrebbe con-frontarsi di più con l’economia rea-le e le sue contraddizioni; far valerela differenza ebraica, negando lavalidità di un modello di sviluppounico e applicabile in tutto il mon-do. E’ improbabile che nel ritornoalla povertà sia contenuta una ri-sposta plausibile all’attuale crisi deivalori e delle scelte economiche”.

Dove abbia-mo sbaglia-

to e ora cosa fac-ciamo? La crisi incui viviamo hasquarciato il velosu un sistema economico apparso,a giudicare dai nefasti risultati, fal-limentare. Tocca dunque ripensarei modelli su cui fondare il nostrofuturo e, in un momento di insta-bilità, diventare protagonisti del di-battito è una importante possibilitàda cogliere, se non un dovere.“In un momento di spiazzamentogenerale, confrontarsi e provare adare risposte è un passo necessario– spiega Giacomo Todeschini, do-cente di Storia medievale all’Uni-versità di Trieste – la Chiesa cat-tolica lo sta facendo, cercando direcuperare la sua centralità nonchésovranità. Attraverso il nuovo pa-pa, si ripropone come modello digoverno transnazionale. E l’ebrai-smo, anzi gli ebraismi?”. La scelta francescana, la promo-zione della povertà come un va-lore, la caritas cristiana sono le ar-mi con cui la Chiesa è entratanell’attuale dibattito sull’etica eco-nomica. “La tradizione culturaledella povertà volontaria ha radiciantiche, ma all’interno della logicadel profitto, emersa con la rivolu-zione industriale, è stata accanto-nata - sottolinea il professor To-deschini - Ora c’è una rivitalizza-zione di questo principio, lo dimo-stra la scelta di papa Francesco maanche, in chiave laica, la rivitaliz-zazione del modello della decre-scita felice”. Lasciando momenta-neamente in sospeso il ruolo del-l’ebraismo nel dibattito, viene da

chiedersi quanto le due soluzioni,clericale e laica, possano reindiriz-zare un sistema economico giuntosull’orlo del baratro. Secondo To-deschini “questo tipo di economiaetica inciampa in due problemati-che: non mette in discussione l’in-tero meccanismo delle logicheproduttive, ma affida alla scelta in-dividuale il cambiamento”. Deci-dere di consumare meno determi-nati prodotti o non comprarne al-tri, è eticamente condivisibili e me-ritorio, afferma il professore, ma,anche sommando i comportamen-ti dei singoli, difficilmente si avràun impatto sul sistema globale. “E’necessaria una radicale riprogram-mazione del modello produttivo,una decisione che deve arrivare

dall’alto perché abbia un impattosignificativo”. A fare lo sgambettoalla visione improntata sul valoredella povertà c’è poi la comunica-zione: il quotidiano bombarda-mento mediatico in favore dell’ac-quisto di beni di consumo si ab-batte sull’edificio concettuale sug-gestivo ma fragile costituito dal ri-chiamo alla povertà. “Queste pro-poste etiche non mettono in di-scussione le forme di comunica-zione che spingono i singoli a con-sumare, non discutono le scelteeconomiche che nella crescita delprofitto vedono l’unica via alla cre-scita del benessere collettivo”. Ri-programmare, dunque, per incideresulla razionalizzazione del consu-mo.

L’ebraismo può in questo contestoinserirsi e dare una sua risposta inchiave etico-economica legata allesue tradizioni. “La tzedakah ebrai-ca, ad esempio, è un concetto chesi distingue dalla caritas cristiana:è un’idea di società nel suo com-plesso, di solidarietà collettiva voltaa una ridistribuzione della ricchez-za. La cosa importante non è es-sere buoni con i poveri, ma che lacondizione di povertà e cioè diesclusione economico-sociale nonesista”. I piani vengono quindi ro-vesciati: la povertà non è un valorema una questione da risolvere at-traverso la solidarietà collettiva.Non tanto l’abbandono da partedel singolo di ciò che è superfluo

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pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013

Docente di Storia Medievale al-

l’Università di Trieste, Todeschini

ha concentrato il suo lavoro

sulle tematiche legate allo svi-

luppo delle teorie e dei linguaggi

economici medievali, alla dot-

trina cristiana riguardante l’in-

famia e l’esclusione dalla

cittadinanza e dal mercato, e il

ruolo politico-economico degli

ebrei nel mondo cristiano medie-

vale e moderno.

La povertà non è una risposta Secondo Giacomo Todeschini non è il pauperismo che ci metterà al riparo dalla crisi

Giacomo TodeschiniCOME GIUDAIl Mulino

Giacomo TodeschiniVISIBILMENTE CRUDELI Il Mulno

Giacomo TodeschiniRICCHEZZAFRANCESCANA Il Mulino

Giacomo TodeschiniLA RICCHEZZA DEGLI EBREI Carocci

infuriare migliaia di suoi concittadini. Riu-

niti sotto l’egida del gruppo Facebook che

invocava il boicottaggio di Bank Leumi, gli

indignados israeliani hanno iniziato la pro-

pria campagna di sensibilizzazione e prote-

sta. “Io devo fare tre lavori per ripagare gli

interessi su un prestito di 100mila shekel

(circa 20mila euro) e a lui in un soffio can-

cellano 150 milioni di shekel?!”, è solo uno

dei commenti divampati sul web che ha por-

tato in piazza migliaia di persone. In un pae-

se dove cresce la sensazione di uno squili-

brio sociale e in cui il 50 per cento del valore

della borsa di Tel Aviv è in mano a venti fa-

miglie – tra cui i Dankner – simili concessioni

non passano inosservate. Ancor più quando

si è scoperto che la Ceo di Bank Leumi Ra-

kefet Russak Aminoach è amica personale

del magnate nell’occhio del ciclone. Di fron-

te a una mobilitazione tanto accesa, i vertici

d Bank Leumi hanno deciso di congelare il

piano di ristrutturazione del debito e la Ban-

ca di Israele ha dichiarato che verificherà

l’accordo. Una vittoria per l’opinione pub-

blica che mai prima d’ora era riuscita a rac-

cogliere un risultato di questa portata. Ma-

stica amaro invece Dankner che, alla notizia

del mancato condono, ha dichiarato “è facile

distruggere. Più difficile è costruire”.

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“L a bruttezza del presente havalore retroattivo”. Si apre

con un aforisma tagliente il nuovolibro del giornalista AlessandroMagno Marzo, “L’invenzione deisoldi - Quando la finanza parlavaitaliano”. Citazione – di Karl Kraus,giornalista viennese di origineebraica, celebre per la sua ferociasatirica - assaggio del percorso cheda Wall Street, dalle bolle finan-ziarie e lo spread ci riporta indietroa quando gli italiani insegnavanoal mondo le fondamenta della fi-nanza. Perché è nel triangolo d’orotra Genova, Toscana e Veneziache, durante il Medioevo, fiorisco-no banche, assicurazioni, prototipidi multinazionali così come spe-culatori, broker e via discorrendo.Con ironia e gusto per l’aneddoto,Marzo riscopre i meriti dell’inge-gno italiano nel mondo dell’eco-nomia e l’influenza che la creativitànostrana ha avuto sull’attuale mon-do delle banche, del mercato glo-bale e della borsa. “L’idea era diriportare alla luce una delle eccel-lenze del passato dell’Italia; unmondo, quello della finanza, dovegli italiani hanno fatto scuola ide-ando e perfezionando strumentidi cui ancora oggi facciamo uso”,spiega a Pagine Ebraiche l’autore.Dopo aver parlato dei meriti del-l’editoria veneziana con “l’Alba deiLibri”, Magno si dedica a raccon-tare l’evoluzione del mercante inbanchiere e assicuratore, tratteg-giando inoltre il ritratto di alcunipersonaggi geniali che a distanzadi secoli hanno lasciato la loro im-

pronta sul presente. “Il materialea disposizione è sterminato mamolto settorializzato – sottolineail giornalista – io ho cercato di in-crociare i dati, di mettere in rela-zione i piani, congiungendo leesperienze genovesicon quelle toscanee veneziane. Ognicittà infatti influen-zava le altre, da unaparte si ideava edall’altra si perfezio-nava in un mondocaratterizzato dauna continua dialet-tica al suo interno”.Un mondo in cuianche la realtà ebrai-ca aveva il suo ruolo.

E’ cosa nota infatti che molti ban-chi di pegno erano gestiti da ebrei:una forma di microcredito fonda-mentale per le necessità della gentecomune ma altrettanto detestata.“I prestatori di pegno avevano unruolo chiave nell’economia quoti-

diana delle persone.Se un contadinoaveva bisogno di unutensile non si rivol-geva al grande ban-chiere per un presti-to ma al banco dei

pegni”. Come spiega Marzo nel li-bro, la banca medievale era divisain più piani, da una parte c’eranoi grandi e prestigiosi banchieri, iprincipali toscani; poi c’erano icambia valute e i prestatori di pe-gno. Tra questi, oltre agli ebrei, ilombardi: “li chiamavano lombardied era da loro che la gente comu-ne andava a bussar quattrini” scrivel’autore. Erano italiani, con banchidi pegno sparsi per l’Europa. “Era-no bollati con lo scomodo, ma es-senziale, ruolo di usurai; un’eti-chetta infamante che, dopo l’uscitadi scena dei prestatori italiani, ri-marrà appiccicata soltanto agliebrei”. E come gli ebrei, i lombardierano oggetto delle invettive dellagente comune, un disprezzo che

in alcune circostanze esplose inviolenza come successe in Inghil-terra a metà del Quattrocento. Magradualmente i lombardi lasceran-no il loro ruolo, ritornando da be-nestanti nei luoghi di origine. E co-sì a rimanere necessari ma disprez-zati sono gli ebrei, contro cui pe-raltro si scaglia la retorica dellaChiesa. “Da veneziano – affermaMarzo – ho un pizzico di orgoglionel sottolineare che le istituzionicittadine cercarono a lungo di sal-vaguardare la minoranza ebraicadella città con cui c’era un rapportodialettico”. Dal punto di vista eco-nomico, l’apertura dei monti di pie-tà metterà a dura prova i prestatoridi pegno. “Una cosa rispetto almonte di pietà era apprezzata dallepersone che si rivolgevano ai ban-chi di pegno gestiti dagli ebrei: ilfatto che le cose date non venivanorivendute nella stessa città”. Nel libro si ricordano anche i di-versi pogrom che purtroppo di-vamparono nelle diverse comunitàebraiche, contro cui la Chiesa pun-tava il dito, aizzando spesso il po-polo contro “gli ebrei usurai”. Apeggiorare il clima, la campagnamoralizzatrice contro l’usura dipredicatori come Bernardino daSiena e Bernardino da Feltre. Tornando al quadro generale, iericome oggi le banche non godeva-no dei favori del popolo. “C’era unequiparazione tra il lavoro banca-rio e la prostituzione – affermaMarzio – entrambe erano consi-derate peccaminose, entrambe pe-rò necessarie”.

La banca parlava italianoDa Venezia a Firenze: Alessandro Marzo racconta il nostro ruolo da protagonisti

Lascia l’uomo che ha guidato la

nave israeliana nella burrasca

della crisi internazionale. Stanley

Fischer, governatore della Banca

centrale di Israele, in giugno la-

scia il suo incarico dopo aver

“salvato l’economia israeliana”

come recitava il Washington

Post in un suo articolo. Il presti-

gioso giornale lo vedrebbe bene

come erede del collega america-

no della Federal Reserve, Ben

Bernanke.

E a giudicare dalla situazione

israeliana, la scelta sembrerebbe

comprensibile: un tasso di cre-

scita annua del 3 per cento, bas-

sa inflazione (1,6 per cento) e il

tasso di disoccupazione più bas-

so degli ultimi trent’anni (6,5 per

cento). Un’economia solida ma

non priva di problematiche: in

primis la diseguaglianza sociale

è in crescita e a testimoniarlo ci

sono i dati dell’ultima ricerca

dell’Ocse in merito. Problema

che però dovranno affrontare il

successore di Fischer (che lascia

il suo incarico con due anni di

anticipo rispetto al termine na-

turale del suo mandato) e il nuo-

vo ministro dell’Economia israe-

liana Yair Lapid, cui prime deci-

sioni sono state apprezzate dal

governatore uscente. A maggio

Fischer aveva definito “coraggio-

sa” la proposta di bilancio del

ministro – verso cui sta crescen-

do però il malcontento dell’opi-

nione pubblica – sostenendo che,

nonostante la complessa riorga-

nizzazione delle entrate e delle

spese, si tratta di un percorso fi-

scale responsabile. Un percorso

che vuole portare a ridurre il de-

ficit per il 2014 al 3 per cento,

proprio su indicazione di Fischer,

poco turbato dalle proteste per

i tagli alla spesa pubblica e l’au-

mento delle tasse. “Queste deci-

sioni richiedono passi dolorosi –

commentava l’ex professore del

prestigioso Massachusetts Insti-

tute of Tecnology - Alla fine della

giornata, ripristinare la stabilità

di bilancio rafforzerà la capacità

di ripresa dell’economia da even-

tuali crisi, aiuterà l’economia a

realizzare il suo potenziale di

crescita, e sosterrà il benessere

pubblico nel suo complesso”.

Nato a Mazabuka, città dell’allo-

ra Rhodesia del Nord e oggi Zam-

bia, Fischer arrivò in Israele nel

2005, chiamato alla guida della

Banca centrale dal primo mini-

stro Ariel Sharon e dal ministro

del Tesoro Benjamin Netanyahu.

Numero due del Fondo moneta-

rio internazionale nonché capo

economista della Banca Mondia-

le, il governatore ha dimostrato

le sue capacità durante la crisi

del 2009: mentre i mercati di

mezzo mondo andavano nel pa-

nico, Israele riusciva a resistere

all’impatto devastante della cri-

si. Mentre l’economia americana,

come riporta il Washington Post,

riduceva il tasso di crescita an-

nuo del 4,6 per cento, quella

israeliana si riduceva solo dello

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n. 6 | giugno 2013 pagine ebraiche

DOSSIER /Mercati e valori

L’agenda nuova di un grande Governatore

AlessandroMarzo MagnoL’INVENZIONEDEI SOLDI Rizzoli

Giornalista e scrittore,

Marzo ha lavorato come

corrispondete nei Bal-

cani durante il conflitto

scoppiato nell’ex Jugo-

slavia. A fianco della car-

riera giornalistica - dieci

anni responsabile degli

esteri del settimanale

“Diario” – ha intrapreso

quella di scrittore, dedi-

cando gli ultimi due libri

alla riscoperta delle ec-

cellenze del passato

dell’Italia.

FISCHER

Page 5: pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013 DOSSIER Mercati e valori...pagine. E per sfamare questo deside-rio di capire è nato il Festival Econo-mia di Trento e Rovereto (dal 30 al 2 giugno),

“Etica ebraica e giustizia so-ciale. Una guida per il XXI

secolo”. Questo il titolo che il rab-bino Shmuly Yanklowitz ha sceltoper il suo libro dedicato al temadei valori della tradizione ebraicanei confronti della collettività, nelmondo delle relazioni economiche.Un ambito ricchissimo di spunti,come testimonia l’indice del volu-me, in cui si spazia dall’assistenzasanitaria alla globalizzazione, dalconsumismo alla filantropia, pas-sando per la responsabilità perso-nale, i diritti delle donne, il rispettoper il lavoratore, in azienda comefra le mura domestiche. D’altrondea questi temi rav Shmuly, che èstato incluso nella lista dei 50 rab-bini più influenti d’America daNewsweek, ha dedicato la vita, fon-dando l’organizzazione Uri L’Tze-dek’s. Orthodox social justice.“Un’organizzazione guidata dai va-lori della Torah e dedicata a com-battere la sofferenza e l’oppressio-ne. Attraverso l’educazione collet-tiva e lo sviluppo di leadership edi azione, Uri L’Tzedek si occupadi creare dibattito e inspirazione,e di rendere la comunità ebraicacapace di rendere il mondo piùgiusto” secondo la descrizione concui si presenta al pubblico. Laureadi primo livello all’Università delTexas, master in Leadership e psi-cologia ad Harvard e poi in Filo-sofia ebraica alla Yeshiva Universitydi New York, rav Shmuly, dopoaver pubblicato il libro nel 2012,ha continuato a scrivere, approfon-dendo le tematiche più diverse.

“Fino al 1865, la maggior parte de-gli americani consumavano cotone,tabacco, zucchero, merci varie,prodotte dal lavoro degli schiavi.A rifiutarsi di comprarli erano po-chi e determinati abolizionisti. Oggici troviamo di fronte a un proble-ma simile, visto che molto di ciòche acquistiamo è fabbricato attra-verso lo sfruttamento di bambinio di manodopera che lavora incondizioni disumane, con pagheal di sotto del livello di sussistenza,e nessun rispetto per l’ambiente -scrive per esempio in un articolosul Times of Israel – Fortunatamen-te abbiamo a disposizione una so-luzione molto migliore del meroboicottaggio: possiamo insisterenel comprare i prodotti del mer-

cato equo e solidale”, citando asupporto della sua tesi, le parole diRambam “E’ proibito imbrogliarele persone nel comprare e nel ven-dere” (Hilchot Mechirah 18:1). L’-Halakhah, spiega ancora il rabbino,richiede infatti che nel commerciovengano rispettati i di-ritti di tutte le parti incausa, del consuma-tore, del venditore,ma anche del lavora-tore. Su questi principi èbasato un altro pro-getto fondamentaledella Uri L’Tzedek’s,la certificazione TavHaYosher, sigillo etico.Una certificazione cheviene assegnata a queiristoranti kasher che rispettano treprincipi, correttezza (i lavoratoridevono essere ricevere almeno ilminimo sindacale), il diritto a unorario di lavoro equo, al pagamen-to degli straordinari, e a goderedelle giornate di riposo e delle pau-se previste dalla legge, il diritto aun ambiente di lavoro sano e sicu-ro, e privo di discriminazioni. Per-ché, è sottolineato, non è sufficiente

servire cibo che rispetta i dettamidelle regole alimentari, per essereconsiderati kosher. “Non opprime-re lo straniero, tu sai cosa si provaa essere straniero, perché tu stessofosti straniero in terra d’Egitto”(Esodo 22:20) è un altro principio

della tradizione ebraica cherav Yanklowitz citaspesso nei suoi edi-toriali, affrontandoil tema dell’immi-grazione. In un lun-go intervento sul

Jewish Journal, ricor-da che “la Torah pone lo stranierosotto la speciale protezione dellalegge”, citando rav Samson Rapha-el Hirsch, e aggiunge che “non bi-sogna dimenticare neanche che laTorah ci insegna che siamo tuttistranieri, perché la proprietà per-petua della terra è solo di D-o, noila possiamo considerare semplice-mente in prestito”. Shmuly lancia

infine un messaggio forte: “Dob-biamo lavorare per assicurare chei migranti privi di documenti sianotrattati in modo giusto nelle nostrecomunità, nei nostri ristoranti, neinostri quartieri. Oggi è tempo chela comunità ebraica americana alzila voce e si occupi della situazionedegli stranieri in mezzo a noi. Solocosì, anche se altri si rivelerannocomplici della negligenza e dellamarginalizzazione verso i migranticlandestini, potremo almeno direche le nostre mani non hanno ver-sato questo sangue”.Sul suo blog sull’Huffington Post,rav Shmuly ha di recente anchebacchettato la politica delle falsepromesse, ricordando i dettamidella religione ebraica circa la proi-bizione dei giuramenti vani (she-vuat shav), che comprende il di-vieto di giurare ciò che è palese-mente vero, ciò che è palesementefalso, di giurare di infrangere uncomandamento, e infine di giurarel’impossibile. Ed è proprio a partireda quest’ultima previsione che ildirettore di Uri L’Tzedek’s spiegacome quando un politico, ma an-che un operatore finanziario, pro-mette all’elettore, o al cliente, me-raviglie irrealizzabili, compie unagrave violazione etica. “Sono intanti a promettere l’impossibile pervenire eletti oppure fare affari. Tut-

tavia, noi dobbiamo chiedercise quella promessa è quantomeno plausibile e se invecemerita di essere catalogata co-me shevuat shav. Un mercatoe un elettorato informati, in-sieme all’obbligo di rendere

conto delle promesse mantenuteo non mantenute, rappresentanouno strumento per una società piùgiusta. La Torah ci insegna a nonfomentare pubblicamente falseaspettative per convenienza per-sonale - conclude rav Yanklowitz- Dovremmo prendere questa le-zione molto a cuore anche nellenostre vite e alzare l’asticella deldibattito pubblico”.

Risorse per l’etica socialeIl rabbino Shmuly Yanklowitz spiega il legame tra ebraismo e giustizia

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pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013

0,2 per cento. Mentre le potenze

europee boccheggiavano, Fi-

scher dichiarava sconfitta la re-

cessione. Eppure inizialmente

sulla sua strada non c’era l’eco-

nomia ma la chimica. Da ragaz-

zo, infatti, aveva inizialmente

pensato di votarsi alla scienza

che fu di Primo Levi ma nel suo

ultimo anno in Africa capì che il

suo futuro era un altro. L’epifa-

nia arrivò con l’introduzione da

parte di un conoscente alle le-

zioni e libri di Paul Samuelson,

professore al Mit e premio No-

bel. Altro test fondamentale La

teoria generale dell’occupazione,

dell’interesse e della moneta di

un certo John Maynard Keynes.

“Ero immensamente impressio-

nato – ha affermato Fischer in

un’intervista – non perché avessi

capito qualcosa ma per la qualità

dell’inglese”. Gli studi di econo-

mia lo porteranno a diventare

uno dei volti più importanti e in-

fluenti del panorama internazio-

nale, costruendo un approccio

noto come “New Keynesian eco-

nomics”. Al Mit ci andò prima co-

me studente e poi come profes-

sore e tra i suoi alunni ci sono

alcune degli uomini chiave del-

l’economia contemporanea: il ci-

tato Bernanke, numero uno della

Federal Reserve, Olivier Blan-

chard, capo economista al Fondo

monetario internazionale e Ma-

rio Draghi, governatore della

Banca centrale europea. A que-

sto punto rimane la domanda sul

futuro “dell’uomo che ha salvato

Israele” che potrà essere sciolta

in questi mesi.

Shmuly YanklowitzJEWISH ETHICS & SOCIAL JUSTICE Derusha Publishing

Tra i cinquanta rabbini più

influenti d’America secondo

Newsweek, Yanklowitz ha

fondato l’organizzazione

Uri L’Tzedek’s. Orthodox so-

cial justice, il cui scopo è la

sensibilizzazione dell’opi-

nione pubblica su temi etici

alla luce degli insegnamenti

della Torah. Nel suo curricu-

lum un master in Leader-

ship e psicologia ad

Harvard e in Filosofia

ebraica alla Yeshiva Univer-

sity di New York.

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Trovare un impiego alla IsraelElectric Corporation o alla

Intel Israel è un ottimo investimen-to per il proprio futuro. Almeno agiudicare dal sondaggio commis-sionato dalla Bdi-Coface e dallarivista The Marker per cui le dueaziende risultano le mete preferitedai lavoratori israeliani. Su duemilaintervistati, la compagnia elettricastatale (sul gradino più alto del po-dio) e il colosso dell’high tech ri-sultano le più ambite, principal-mente per il livello degli stipendie per la sicurezza del posto di la-voro. Entrambe infatti garantisco-no ai propri impiegati buone re-tribuzioni, ottimi benefit a fine me-se e hanno la tendenza – partico-larmente apprezzata – a non licen-ziare i propri dipendenti.Sull’ultimo punto, come sottolineail giornale Haaretz, c’è però unadifferenza sostanziale: una èun’azienda privata con un fatturatoin attivo, l’altra un monopolio sta-tale con un deficit annuale da mi-lioni di euro. Nel 2009, momentopiù acuto della crisi internaziona-liee con le inevitabili ripercussionisul mercato israeliano, la Intel hadeciso di tutelare i propri dipen-denti evitando licenziamenti percoprire le perdite. Nella stessa si-tuazione, gli impiegati della Iec -attualmente 14mila - hanno potutocontare sulla forza dei sindacati, ilcui peso nelle aziende statali è an-cora molto forte, che sono riuscitia scongiurare eventuali ridimen-sionamenti. Inoltre, per ammortizzare le per-dite, l’azienda monopolista ha co-munque avuto la possibilità di au-mentare le bollette sull’elettricità,scaricando in parte sui cittadini icolpi inferti dalla crisi. Proprio lacorrente elettrica, peraltro, rientratra i benefit dei lavoratori Iec, conforti sconti o bollette a costo zero,oltre alle buone pensioni che ren-dono molto appetibile e richiestoil posto. In Intel, invece, oltre agliottimi stipendi, particolarmenteapprezzate dagli intervistati le pos-sibilità di lavorare una volta a set-timana da casa e un’opzione ri-

guardo la maternità che permettealle donne di tornare a lavoro gra-dualmente.Nella top ten di questa specialeclassifica anche due banche: laBank Leumi e Bank Hapoalim. La

prima, negli ultimi mesi al centrodi una polemica riportata in questepagine, è addirittura sul terzo gra-dino del podio. La seconda, inve-ce, la Banca dei lavoratori, si è po-sizionata settima ma con un titolo

in più da poter fregiare: la presti-giosa rivista Global Finance ha no-minato Hapoalim miglior bancad’Israele. Una decisione che pre-mia la capacità dell’istituto di “ri-spondere alle necessità dei propri

clienti”. Nonostante una perditanei profitti del 7,4 per cento, labanca ha comunque registrato imigliori utili del sistema bancarioisraeliano, attenuando i contrac-colpi della crisi finanziaria globale.

ISRAEL ELECTRIC CORPORATION

Con 14mila dipendenti in Israele, la Iec detiene

il monopolio del mercato israeliano dell’elet-

tricità. Quasi completamente a partecipazione

statale, i suoi salari sopra

la media e la garanzia del

posto fisso la rendono par-

ticolarmente appetibile

agli occhi dei lavoratori

israeliani, almeno secondo

la classifica pubblicata dal The Marker e Bdi-

Coface

INTEL

Tra le aziende leader nel settore dell’high tech,

i bilanci in positivo le hanno permesso di non

licenziare nessuno – almeno in Israele – nel

momento più duro della

crisi economica. Classifica-

tasi seconda nel sondaggio

sui migliori posti di lavoro

dello Stato ebraico, la Intel

offre ai suoi dipendenti ge-

nerosi benefit, tra cui l’apprezzata possibilità

di lavorare una vlta alla settimana da casa.

BANK HAPOALIM

Per il secondo anno consecutivo, Hapoalim è

stata nominata miglior banca di Israele. Il ri-

conoscimento è arrivato dalla prestigiosa ri-

vista Global Finance. Una decisione che premia

la capacità

dell’istituto

di “rispon-

dere alle necessità dei propri clienti”. Nono-

stante una diminuzione sul fronte profitti, la

banca ha comunque ottenuto il miglior utile

rispetto alle concorrenti del paese.

Le aziende che scelgono il futuroIntel e Israel Electric Corporation fra i luoghi di lavoro più ambiti del sistema Israele

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n. 6 | giugno 2013 pagine ebraiche

DOSSIER /Mercati e valori

Mentre in Europa si attende con trepi-

dazione di avere una delle nuove ban-

conote da cinque euro nel portafoglio,

in Israele dopo la recente presentazio-

ne dei nuovi shekalim, che verranno

stampati a partire dalla seconda metà

del 2013, si scatena la polemica. Le

nuove banconote incriminate, i cui co-

lori resi più brillanti fanno venire vo-

glia di fare shopping, sono quella da

200 shekel, blu con il ritratto di Nathan

Alterman, da 100 shekel, arancione con

il viso di Leah Goldberg, da 50 shekel,

verde con i grandi baffi di Shaul Tcher-

nichovsky, e infine quella da 20 shekel,

rossa con lo sguardo intenso di Rachel

Bluwstein. I volti sono quelli di grandi

poeti Israeliani, eminentissimi e ap-

prezzatissimi. Ma tutti di origine

ashkenazita, come i loro cognomi ur-

lano. “È inconcepibile che non sia stato

trovato nessun poeta sefardita il cui

ritratto potesse stare sulle banconote”,

si è lamentato un membro della Knes-

set di origine sefardita. Il confronto

sulla questione dei nuovi shekalim si

sta facendo sempre più rovente sulle

pagine dei giornali, in televisione e sul

web, dove si materializzano proposte,

a volte serie a volte parodiche, di fi-

gure alternative per le nuo-

ve banconote. In realtà però

questo dibattito ha origini

storiche molto profonde.

Quando lo Stato d’Israele fu

fondato, quasi l’ottanta per

cento della sua popolazione

ebraica era di origine Ashke-

nazita. Ma questi nuovi abi-

tanti, che venivano preva-

lentemente dall’Ucraina,

dalla Polonia o dalla Russia,

non furono molto ospitali

con quelli provenienti dal-

l’Asia o dal Nord Africa che

si unirono a loro. Il divario fra questi

due gruppi si accentuò con gli anni, so-

prattutto per quanto riguardava

l’istruzione e il reddito. Si può inoltre

notare come finora non ci sia ancora

stato alcun primo ministro mizrahi, di

origine orientale. E anche la cultura se-

fardita, che gli ebrei hanno portato

con sé da Iran, Iraq, Marocco e altri

paesi, è stata per anni ridicolizzata e

ostracizzata dalle élite culturali. Nel

tempo si è borbottato e insultato, a

volte ci sono state proteste e

scontri. La situazione oggi è molto mi-

gliorata. Ora che una buona parte della

popolazione ha origini direttamente

israeliane, ci si cura meno delle rispet-

tive provenienze. Il numero dei matri-

moni fra ashkenaziti e sefarditi cresce

e anche le differenze di reddito si fan-

no meno accentuate. Tuttavia uno stu-

dio del 2008 ha mostrato che una per-

sona con un nome riconoscibilmente

ashkenazita trova lavoro più facilmen-

te di una altrettanto qualificata, ma

Banconote nuove, volti vecchi, eterne polemicheShekel

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LA PAROLA AI PROTAGONISTI DELL’ECONOMIA DI DOMANIIl futuro è dei giovani. E’ un’affermazione inflazionata eppure semprevera. E il settore economico non può che essere uno dei settori centraliin cui i giovani devo sapersi inserire. A maggior ragione alla luce di unasituazione globale non proprio rosea e in profondo cambiamento. Diquesto e di altri temi di attualità discutono i 150 ragazzi e ragazze delloYoung Scholar Initiati-ve, un incontro an-nuale organizzato dal-l’Institute for NewEconomic Thinking,organizzazione legataal magnate america-no George Soros. Peril secondo anno con-secutivo i giovani,provenienti da tutto ilmondo, hanno trova-to spazio nel palco-scenico del Festival Economia di Trento e Rovereto. L’idea è quella dimettere in contatto ragazzi provenienti da diverse realtà e, attraversoil dibattito, cercare di dare voce ai futuri protagonisti della scena eco-nomica. Oltre al confronto tra di loro su tematiche come le disegua-glianze sociali e l’instabilità finanziari, l’Inet può contare sull’aiuto deisuoi ospiti. Quest’anno, presenti a Trento, due “lecture” di valore comeAndy Haldane e Perry Mehrling.

“M a è chiaro, è la sovranità,o meglio la cessione di

sovranità, la chiave fondamentaleper rafforzare il sistema europeo.Oggi è qui che si gioca la partita”.L’economista Daniel Gros, diret-tore del Centro europeo di studipolitici di Bruxelles, è persino stu-pito quando gli si chiede di spie-gare la centralità del tema sceltoper l’edizione 2013 del FestivalEconomia di Trento “Sovranità inconflitto”.Quali speranze per l’Italia e perl’Europa di oggi? Quali strumentiper uscire dalla situazione econo-mica caratterizzata da una crisi chesembra non avere fine? Quali con-sigli per i giovani e rapporti tral’economia e i valori? Raggiuntotelefonicamente poco prima di sal-tare su un aereo, a queste domandeè chiamato a rispondere Gros.Nato e cresciuto in Germania, lau-rea in Economia all’Università Sa-pienza di Roma, dottorato di ricer-ca in quella di Chicago, al Festivaldi Trento il direttore del Ceps por-terà un intervento sulle prospettivedell’Unione monetaria per salvarel’Euro. Un tema che lo studiosoconsidera una frontiera fondamen-tale per il sistema europeo. “A li-vello politico la strada è ormai trac-ciata, la decisione è già stata assun-ta - evidenzia - Bisognerà capire

quali saranno i tempi e i passagginecessari per l’effettiva attuazione”.Chiedendogli quanto è importanteuna biografia con tappe in giro peril mondo per un economista comelui, spiega che se forse non è cosìimportante aver vissuto e studiatoin diversi paesi in generale, lo èsenz’altro in tempo di crisi econo-mica, per capire e confrontare lerealtà nazionali. “A un giovane di-ciottenne consiglierei di puntareall’università sulle materie tecniche,e sulla conoscenza delle lingue stra-niere, che nel mondo di oggi rap-presenta una competenza fonda-mentale” sottolinea Gros, che neisuoi interventi insiste molto sul-l’importanza dell’istruzione percombattere la disoccupazione edunque la crisi, perché un alto li-vello di educazione favorisce la ri-qualificazione e la redistribuzionedei lavoratori dai settori che hannoperso capacità di creare occupa-zione a settori che invece sono ingrado di assorbirli. Sull’Italia DanielGros, che rappresenta una dellevoci che contribuisce al dibattitoproposto dal sito di opinioni in ma-

teria non solo economica, ma an-che politica, sociale e culturale fon-dato da George Soros, Project Syn-dicate, con contenuti in inglese, ci-nese, francese, tedesco, italiano,spagnolo, arabo e il contributo del-le più grandi menti dell’economiamondiale, è spesso critico, spiegan-do che non è possibile concepiredelle riforme che nel breve periodopossano risolverne davvero la si-tuazione di crisi, perché a dovercambiare è secondo lui l’intero si-

stema paese, e la sua struttura so-ciale e politica. A differenza daquanto sostenuto da molti econo-misti tuttavia, il direttore del Cepsdifende le misure di austerità, chespesso rappresentano a suo parerel’unica via per evitare che crisi pro-fonde divengano ancora più disa-strose. “L’austerità, che avrebbepotuto peggiorare la crisi tempo-raneamente, ha invece consentitouna sostenibilità fiscale senza dannipermanenti per l’economia – scri-

ve, portando l’esempio della Let-tonia, in un articolo intitolato“L’austerità nelle economie di pic-cole dimensioni” - D’altro canto,la produzione in Grecia, che hatardato ad adottare una politica diausterità, è ancora sotto di 12 puntipercentuale rispetto al potenzialestimato, e continua a scendere”.Inevitabile infine, alla luce di unacrisi economica che sembra averriportato indietro le lancette del-l’orologio del rispetto dei valori intanti paesi colpiti, con i partiti raz-zisti o xenofobi sempre più forti, eche d’altronde affonda le sue radicianche in una mancanza di corret-tezza nel portare avanti i profittieconomici da parte degli operatorifinanziari, una domanda sul rap-porto tra etica ed economia. “Io ri-tengo che i soggetti economici simuovano secondo le regole deisoggetti economici, e che da essinon si possa pretendere qualcosadi diverso - spiega Gros - È com-pito della politica, è compito dellasocietà infondere i valori e assicu-rarsi che la vita pubblica, a tutti ilivelli, li persegua”.

La sovranità, tema centrale per l’EuropaParla l’economista Daniel Gros, direttore Centro europeo di studi politici di Bruxelles

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pagine ebraiche n. 6 | giugno 2013

con nome sefardita. Un altro studio

mostra che generalmente un ashkena-

zita viene pagato di più per lo stesso

lavoro. E sebbene cantanti come Sarit

Hadad o Eyal Golan, il cui genere pop

con influenze mediorientali è conosciu-

to come Mizrahi music, riempiono gli

stadi, il loro viene comunque conside-

rato un intrattenimento “basso”, così

come in generale tutta la produzione

culturale e letteraria di matrice sefar-

dita. E così, anche quando si pensa che

sia ormai un fantasma del passato,

quello che viene chiamato “il demone

etnico”, ogni tanto torna a infestare il

paese. E dunque periodicamente ci si

trova tristemente a constatare che la

ferita stenta a rimarginarsi. Le nuove

banconote risultano dunque un dan-

noso promemoria, del fatto che gli al-

bori del Sionismo e anche di Israele

fossero dominati dagli ebrei di origine

ashkenazita. Per questo il Ministro

dell’economia e del commercio Naftali

Bennett, ha sottolineato come l’emis-

sione delle nuove banconote senza in-

cludere un poeta sefardita fra i ritratti

sia stata un errore metodologico: “Non

c’è ragione di perdere un’opportunità

che potrebbe aiutare a sanare il divario

nella popolazione”. E di certo non ha

aiutato che uno dei membri della com-

missione incaricata di decidere i ritrat-

ti abbia detto di non conoscere nessun

poeta sefardita.

Se il motivo di questo sia che i poeti

sefarditi non furono altrettanto pro-

lifici o non ebbero l’opportunità di es-

serlo, è una questione destinata a ri-

manere senza risposta.

Ma nel frattempo Bennett ha anche

proposto come poeta sefardita per le

nuove banconote rabbi Yehuda Halevi,

che scrisse nel Medioevo. D’altra parte

il primo ministro Benjamin Netanyahu

ha risposto che certamente sarà la pri-

ma scelta, ma la prossima volta che bi-

sognerà ridisegnare le banconote, cioè

fra una quindicina d’anni. E così i Se-

farditi aspettano, ripetendosi i versi

quasi profetici di Yehuda Halevi: “Il mio

cuore è a est, ma io sono alla fine del-

l’ovest”.

Francesca Matalon

Presente al Festival Economia di Trento con un intervento su

“L’Unione bancaria per salvare l’Euro”, Gros è il direttore del Centro

europeo di studi politici di Bruxelles. Nato e cresciuto in Germania,

oltre ad aver lavorato come economista al FMI, è stato consulente per

la Commissione e per il Parlamento europeo.

TRENTO E I GIOVANI

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