Post on 27-Jan-2017
transcript
Sezione III civile; udienza 21 luglio 1931; Pres. Piola Caselli P., Est. Parrella, P. M. Ratti (concl.conf.); Bartolini (Avv. Santangeli, Martinengo) c. Oppenheimer Casing C.M.B.H (Avv. Valeri,Neill, Princivalle)Source: Il Foro Italiano, Vol. 56, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1931), pp. 897/898-899/900Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23133721 .
Accessed: 28/06/2014 13:20
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact support@jstor.org.
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 13:20:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
897 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 898
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione III civile; udienza 21 luglio 1931; Pres. Piola Ca
selli P., Est. Parrella, P. M. Ratti (conci, conf.); Bartolini (Avv. Santangeli, Martinengo) c. Oppen
heimer Casing C.M.B.H (Avv. Valeri, Neill, Prin
civalle).
(8ent. denunciata : App. Genova 22 luglio 1930)
Vendita — Prezzo dilazionato ;— Insolvenza del com
pratore — Decadenza « ipso iure > dalla dilazione
(Cod. civ., art. 1469).
Nelle vendite a prezzo dilazionato la sopravvenuta in
solvenza del compratore opera ipso iure come causa
di decadenza dal beneficio della concessa dilazione,
salvo che quegli offra spontaneamente idonee garan zie. (1)
La Corte, ecc. — Sostiene il ricorrente che la Corte
di merito aveva errato nel trarre motivo dalla esclusione
dell'attributo della essenzialità nel termine fissato per le
consegne ripartite della merce nel contratto in disputa
per non dare a questo termine alcun valore giuridico e
per non trarre alcuna conseguenza giuridica dalla inos
servanza di esso. Che la Corte ancora aveva errato nel
retrodatare a fine luglio, scadenza del primo termine di
consegna, l'applicazione che il venditore aveva fatto nel
22 agosto della facoltà concessagli nell'art. 1469 cod. civ., facoltà che non poteva coprire e sanare la inadempienza
già verificatasi alla scadenza del termine suddetto. Che
la Corte stessa infine a giustificazione della connata ina
dempienza era illegittimamente ricorsa a circostanze non
influenti o quanto meno estranee al rapporto nel quale tale inadempienza si era verificata.
Il ricorso è palesemente infondato.
Anzitutto la Corte di merito con insindacabile apprezza mento di fatto attribuì al termine delle consegne un ca
rattere soltanto indicativo ed approssimativo : donde de
dusse che il non averlo puntualmente osservato non po teva costituire un fatto di inadempienza in mancanza di
un atto di costituzione in mora da parte di esso com
pratore. Ma la Corte a rincalzo di questo argomento ne ad
dusse un secondo e cioè quello relativo all'applicazione al caso specifico della norma dell'art. 1469 cod. civ. che
appare il più radicale e decisivo, se anche non risulti che
sia stata data a questa norma la più chiara interpetra
zione, il che ha potuto permettere al ricorrente di far
credere che tale norma fosse entrata in funzione col 22
agosto quando già si sarebbe verificata, a suo dire, con
la fine luglio la inadempienza del venditore alla prima
consegna.
Seguendo il tenore letterale e lo spirito del citato ar
ticolo che trova riscontro in un ordine sistematico di norme
le quali prevedono gli effetti della non solvenza del de
bitore in genere e del compratore in ispecie (art. 1176,
1272, 1513 cod. civ.) è facile riflettere : a) che, rappre sentando la dilazione una concessione che fa il creditore
al debitore sulla fiducia nella di lui capacità di pagamento, tale concessione viene a mancare del suo necessario pre
supposto tosto 'che venga meno per indizi concludenti
quella fiducia ; 6) e che, essendo la vendita delle cose
(1) Vedasi, nello stesso senso App. Bologna 27 giugno 1927
(Foro it., 1928, I, 53) con nota di richiami ai precedenti.
mobili organizzata in guisa che la tradizione debba avve
nire di regola simultaneamente al pagamento del prezzo,
il venditore ha diritto di ritenere normalmente la cosa
venduta sino a che questo pagamento non avvenga; e
nella vendita a dilazione, nella quale sia sopraggiunta l'in
solvenza del compratore, il venditore acquista questo di
ritto dal momento in cui siasi verificata tale insolvenza
e lo conserva sino a che quegli non abbia offerto idonea
garanzia.
Questi concetti si desumono perspicuamente anzitutto
dal disposto dell'art. 1176 cod. civ. che può dirsi il pre cetto basilare in materia e dal quale si apprende come
il debitore non possa più reclamare il benefizio del ter
mine tosto che sia divenuto non solvente. Ma di essi è
altresì palese traccia anche nello stesso art. 1469 in cui
è detto sub verbo signanter che il venditore non è tenuto
alla consegna delle cose ancorché avesse accordato una
dilazione al pagamento se dopo la vendita il compratore cade in istato di fallimento o di non solvenza in guisa che
esso venditore si trovi in pericolo imminente di perdere il prezzo. Il che vuol dire che basta la sussistenza di tale
stato al momento in cui la consegna avrebbe dovuto ese
guirsi per rendere legittima la resistenza passiva del ven
ditore a darvi corso, nel che sostanzialmente si traduce
l'esercizio del diritto di ritenzione, non occorrendo ai fini
di tale legittimazione una manifestazione positiva di vo
lontà nel senso di una revoca dellp concessa dilazione.
La sopravvenuta insolvenza, come appare manifesto
dalla dizione dei due articoli, opera ipso iure come causa
di decadenza dal benefizio di quella dilazione.
Ed è anche ragionevole che cosi sia in vista di quella condizione sottintesa di buona fede che regge la conces
sione di tale benefizio che svuota del suo contenuto ob
bligatorio la concessione stessa col sopraggiungere di una
situazione ad essa contraria.
Tanto impongono le norme di interpetrazione dei con
tratti e lo stesso sentimento di equità che reagisce al pen -
siero che un attaccamento formale del venditore all'impe
gno contrattuale possa risolversi in un castigo alla sua lealtà
ed in un premio alla insincerità e mala fede del com
pratore. Il diritto positivo è cosi severo custode di questo sen
timento in materia che senza neppure voler far ricorso
all'istituto della rivendicazione fallimentare, concede al
venditore all'art. 1513, sia pure con alcune cautele, un
eguale diritto in regime ordinario contro il compratore che non abbia pagato il prezzo alla consegna della merce.
Una riprova convincente di qaesto automatismo è data
dalla norma in tema di delegazione di pagamento dell'ar
ticolo 1272 per il quale viene meno nell'accettazione di
un debitore delegato quel carattere di novazione deri
vante dalla espressa dichiarazione del creditore di libe
rare dalla obbligazione il debitore delegante nel caso la
non solvenza del delegato rimonti al momento di tale de
legazione. A tenore infatti di quell'articolo basta que sta constatazione per far cadere il presupposto di buona
fede in cui veniva emessa la cennata dichiarazione ; se
anche questa, stante i suoi effetti liberatori, possa rappre sentare per il dichiarante un ostacolo ad avvalersi, ai fini
della revoca di tali effetti, di una insolvenza sopravvenuta in vista del rischio assuntosi nell'emetterla.
Si è discusso nella scuola italiana ed anche francese se
il testo dell'art. 1469 possa comprendere una situazione
alquanto diversa, se anche analoga, in cui lo stato di in
solvenza faccia capo ad un tempo anteriore alla vendita,
Il Fobo Italiano — Anno LVI — Parta 1-61.
This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 13:20:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
899 Ì?ARTE PRIMA 9Ó0
ma la unanime dottrina traendo anche ispirazione dal pre
detto art. 1272, riconosce che il criterio informatore della
norma regge anche questa ipotesi sempre che il vendi
tore ignori all'atto della vendita la decozione del compra
tore, ignoranza da doversi induttivamente ritenere come
normale salvo prove contrarie, in omaggio al concetto
del nemo res suas donare vel iactare praesumitur. È pur vero che sia l'art. 1176 che l'art. 1469 salvano
il debitore ed il compratore dalla cennata decadenza quan
do questi abbia concesso al creditore e venditore oppor tune garanzie ma è anche vero che la struttura delle pre
dette norme è tale da far apparire che queste garanzie
debbano essere offerte spontaneamente dal decotto e non
occorra che il creditore debba chiederle per potersi giovare
degli effetti legali della di lui decozione quanto alla de
cadenza della concessa dilazione.
Tutto quello che si può pretendere dal venditore nelle
compravendite commerciali in ossequio al disposto del
l'art. 67 cod. comm. è che questi faccia offerta della pro
pria prestazione al compratore ossia che offra a costui la
consegna della merce nei modi usati in commercio per
provocare così dal compratore l'adempimento della pro
pria contro prestazione e cioè l'offerta del pagamento im
mediato del prezzo. Ma questa norma può essere invo
cata quando sia lo stesso venditore ad affacciare una do
manda di risoluzione di diritto della compravendita ai
danni del compratore e non quando sia questi a chiederne
la risoluzione in giudizio ai danni del venditore. D'altra
parte quella offerta a qualsiasi fine può anche consistere
in una semplice manifestazione di volontà del venditore
accompagnata dal fatto di mettere la merce a disposizione del compratore nel luogo dove debba verificarsi quel
pagamento. Premessi questi concetti giuridici è facile farne appli
cazione alla specie in esame.
La Corte quanto allo stato oggettivo della insolvenza
nel compratore rilevò come dagli atti era emerso che pre cisamente nel luglio questi aveva rassegnato la sua posi zione proponendo un concordato ai propri creditori : al che
era seguita a distanza di qualche mese la di lui dichiara
zione di fallimento.
E rilevò ancora che non solo la sentenza dichiarativa
aveva retrodatato la cessazione dei pagamenti al 2 ago
sto, ma il curatore nella sua relazione l'aveva fatta risa
lire ad epoca ancor più lontana.
Basterebbero questi accertamenti di fatto per persuadere della esatta applicazione dell'art. 1469 anzidetto, anche
se la situazione di dissesto possa essersi chiarita ex post attraverso la docnmentazione acquisita alla causa.
Ma, pur non essendovene bisogno, la Corte stessa os
servò che di questa situazione aveva già potuto avere la
società venditrice una soggettiva sensazione quando ave
va invano reclamato dal compratore, già suo rappresen
tante, la restituzione di una partita di merce in deposito ed era stata perciò costretta a revocargli il mandato.
Nè a svalutare tale osservazione può addursi che que sta inadempienza riflettesse un rapporto contrattuale di
verso e non potesse costituire una giusta causa della suc
cessiva inadempienza della mandante in veste di vendi
trice nel rapporto di compravendita distinto ed indipen dente dal rapporto precedente. Giacché la mancata resti
tuzione del deposito fu addotto dalla Corte soltanto come
un fatto generatore nella venditrice della convinzione che
il compratore versasse in quello stato di disorganizzazione economica che contrassegna la imminenza della crisi e
come una prova della ragionevolezza di tale convinzione.
Posto ciò, a nulla vale insistere su altri minori argo
menti, nè trarre partito dalla circostanza non influente
che la venditrice solo il 22 agosto invitava il compratore a prestarsi, in vista di quello stato, al pagamento imme
diato della merce. L'esame del valore di quella manife
stazione attiva di volontà avrebbe potuto essere neces
sario solo ai fini di una domanda di risoluzione de iure
del contratto proposto dalla venditrice per la mancata
controprestazione da parte del compratore e non per una
domanda in senso opposto. Del resto, anche quando voglia ravvisarsi una qualche
rilevanza nella cennata manifestazione, dato che essa si
presenta ineccepibile nella sua forma e si dubita soltanto
della sua tempestività, al postutto tale manchevolezza
avrebbe potuto far luogo ad una semplice azione di danno
per il ritardo e non mai ad una azione risolutiva del rap
porto di compravendita, non potendo disconoscersi nel
contenuto di essa una operatività riferibile al tempo in cui
era venuta a determinarsi la situazione che alla stessa
aveva dato causa.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
SORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione I civile in Camera di consiglio; 14 luglio 1931; Pres. D'Amelio P. P., Eat. Samperi, P. M. Pit
talis (conci, coni.); Testa (Avv. Cogliolo) c. Rosasco.
(Sent, denunciata: App. Genova, Gam. di Cons. 13
febbraio 1930)
Matrimonio — NnlHIA canonica — Matrimonio precon
cordatario — Effetti civili — TrascrlvibilitA —
Procedura (Concordato tra la S. Sede e l'Italia, L.
27 maggio 1929 n. 847, art. 17, 22).
L'accertamento da parte della Corte d'appello che la
nullità del matrimonio preconcordatario fu pronun ciata dal giudice ecclesiastico per una causa ammessa
anche dal codice civile deve essere eseguito con le
forme ordinarie del giudizio e non in sede di volon
taria giurisdizione. (1)
(1) La procedura per la trascrlvibilità della nullità canonica nei matrimoni preconcordatari.
Già in altra occasione il Foro Italiano si è occupato (1930, I, 1009) di queata vertenza matrimoniale per aver essa formato
oggetto di un'altra sentenza del Supremo Collegio del 22 luglio 1930. Sarà utile'richiamarne i precedenti, che questa volta hanno una maggiore influenza che non nella precedente sentenza.
Il matrimonio in questione fu da principio denunciato per la condizione apposta e non verificata di cui al can. 1092 cod.
dir. can. innanzi al Tribunale Arcivescovile di Genova, il quale ne dichiarò la nullità. Interposto l'appello necessario dal di
fensore del vincolo presso il Tribunale della S. R. Rota, questa il
10 dicembre 1927 confermava la nullità senza nuovo appello re
stando così tale nullità operativa per la doppia decisione con
forme, a norma del can. 1287 cod. dir. can. Poiché ancora non era intervenuto il Concordato latera
nense, allo scopo di avere la dichiarazione di nullità di tale
matrimonio non solo agli effetti religiosi ma aDche a quelli ci
vili, veniva, dopo che fu pronunciata la sentenza del Tribunale Arcivescovile di Genova, promosso il giudizio di nullità innanzi a quel Tribunale civile, il quale con sentenza 8 luglio 1927 re
spingeva la domanda. La Corte d'appello di Genova confer mava tale sentenza.
Contro il giudicato di questa nel 1928 veniva -proposto ri
This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 13:20:39 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions