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sentenza 9 marzo 1992, n. 96 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 18 marzo 1992, n. 12); Pres.Corasaniti, Est. Borzellino; Sargenti (Avv. Robecchi Majnardi, Lais) c. Min. pubblica istruzione;interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato De Stefano). Ord. Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo1991 (G.U., 1 a s.s., n. 41 del 1991)Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1992), pp. 1339/1340-1341/1342Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186708 .
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1339 PARTE PRIMA 1340
dall'Inail ai propri assistiti, abbia diritto a prestazioni analo
ghe), nella 1. 12 giugno 1984 n. 222 (il cui art. 5 sancisce l'in compatibilità dell'assegno mensile per assistenza personale e con
tinuativa, erogato dall'Inps, con l'assegno erogato dall'Inail e
lo riduce per coloro che fruiscono di analoga prestazione eroga ta da altre forme di previdenza obbligatoria e di assistenza so
ciale, in misura corrispondente all'importo della prestazione stes
sa); e) che, infine, l'art. 1 1. 21 novembre 1988 n. 509, al punto 4 stabilisce espressamente l'incompatibilità dell'indennità di ac
compagnamento per gli invalidi civili ed i ciechi assoluti con
analoghe prestazioni concesse per invalidità contratta per causa
di guerra, lavoro o servizio (salva opzione per il trattamento
più favorevole); e, considerata la finalità di riordino della mate
ria, appare fondatamente sostenibile la tesi della natura inter
pretativa della disposizione. Il ricorso è infondato. La natura di interpretazione autentica
delle precedenti norme, attribuita in ricorso alla 1. 21 novembre
1988 n. 508 è nettamente esclusa proprio dalla finalità di riordi
no della materia, enunciata dallo stesso ricorrente, riordino che
contiene in sé logicamente la necessità di modifiche nel sistema
anteriore. Del resto, la modifica della precedente disciplina è
espressamente enunciata nell'art. 1 della legge (1° comma): «La
disciplina della indennità di accompagnamento istituita con leg
gi 28 marzo 1968 n. 406 e 11 febbraio 1980 n. 18, e successive
modificazioni e integrazioni, è modificata come segue». E la
relazione ministeriale al disegno di legge significativamente par la di passaggio «dal precedente al nuovo ordinamento».
L'inconcepibilità logica, poi, di una contemporanea moltepli cità di indennità di accompagnamento, per l'unità della funzio
ne dell'istituto, non ha senso, se non è riferita a specifiche nor
me e alla funzione che esse affidano alle indennità. È vero che
l'indennità di accompagnamento è il sostitutivo di un accompa
gnatore che presti assistenza continuativa all'invalido; ma que sto non implica che l'accompagnatore sia previsto per ogni e
qualsiasi bisogno dell'invalido, se non vi è una specifica norma
che preveda l'accompagnamento per tutte le esigenze, anche le
più gravi, con assorbimento di assistenze per cosi dire parziali e per specifiche infermità. Le invalidità, appunto, possono va
riare nella loro intensità ed anzi richiedere, a seconda della loro
natura, quella molteplicità di accompagnatori che invece in via
di principio il ricorrente rifiuta.
Difatti, il d.p.r. 23 dicembre 1978 n. 915 sulle pensioni di
guerra all'art. 21 ammette fino a tre «accompagnatori» militari
e, in sostituzione di questi, un'integrazione dell'indennità di ac
compagnamento, per i casi più gravi. E, inoltre, lo stesso d.p.r. 915/78 (come del resto la precedente legge in materia, la n.
648 del 1950) varia la misura dell'indennità di accompagnamen to a seconda sempre della gravità dei postumi, a conferma della
funzione della provvidenza, ancorata in modo specifico alle esi
genze imposte da un determinato male e non ad ogni e qualsiasi
bisogno, in maniera onnicomprensiva. Se il Di Genni fosse un
cieco di guerra potrebbe godere di due accompagnatori o di
un'indennità di accompagnamento integrata.
Quel che, in effetti, è risolutivo, come incisivamente ha nota to il tribunale, è che le infermità per le quali siano state ricono
sciute le indennità di accompagnamento siano diverse. L'inden
nità di accompagnamento prevista per una determinata infermi
tà non può soddisfare le esigenze imposte da una diversa
infermità: il cieco totale, per venire al caso concreto, ha biso
gno di assistenza che supplisca alla sua mancanza di vista e non di altri soccorsi; e invece il cieco totale che sia privo anche
di arti necessita di assistenza ben più intensa e continua. Solo — si ripete — una norma espressa può far ritenere assorbite
in un'unica indennità di accompagnamento ogni esigenza da in
validità. Le norme indicate dal ricorrente, infine, non sono puntuali,
perché riguardanti prestazioni di forme assicurative qui non ri
correnti. Né vi sono — come dà atto (si è riferito) il ricorrente — divieti espressi di legge al cumulo in questione.
Il Foro Italiano — 1992.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 marzo 1992, n. 96
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 18 marzo 1992, n. 12); Pres. Corasaniti, Est. Borzellino; Sargenti (Avv. Robecchi
Majnardi, Lais) c. Min. pubblica istruzione; interv. Pres. cons,
ministri (Avv. dello Stato De Stefano). Ord. Cons. Stato,
sez. VI, 15 marzo 1991 (G.U., la s.s., n. 41 del 1991).
Istruzione pubblica — Università — Professori ordinari — Ri
conoscimento di servizi pregressi — Limiti — Questione in
fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 36, 97; d.p.r. 11
luglio 1980 n. 382, riordinamento della docenza universitaria,
relativa fascia di formazione nonché sperimentazione orga nizzativa e didattica, art. 103).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
103, 5° comma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, nella parte in
cui prevede che, ai fini della carriera di professore universita
rio ordinario, il riconoscimento di attività e servizi pregressi non può comunque superare il limite massimo di otto anni,
in riferimento agli art. 3, 36 e 97 Cost. (1)
Diritto. — 1. - L'art. 103 d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382 (riordi namento della docenza universitaria, relativa fascia di forma
zione nonché sperimentazione organizzativa e didattica) provve de a riconoscere in favore dei professori universitari, all'atto
della nomina a ordinario e ai fini della carriera, i servizi even
tualmente prestati in precedenza sempre nell'ambito dell'ordi
namento universitario.
In particolare, viene riconosciuto per due terzi il servizio di
professore associato e di professore incaricato, per la metà quello di ricercatore universitario, di assistente ovvero di tecnico lau
reato e per un terzo quello di assistente volontario.
In ogni caso, ai sensi del 5° comma, del richiamato articolo
il complessivo riconoscimento non può superare il limite massi
mo di otto anni.
2. - Della legittimità di tale disposizione dubita l'ordinanza
di rimessione che la ritiene lesiva dell'art. 3 Cost, sotto il profi lo della ragionevolezza: attività sostanzialmente differenziate nella
loro valenza, quali quelle enunciate e come tali singolarmente
apprezzate, potrebbero ricevere, in base al limite degli otto an
ni, una appiattita regolamentazione uniforme.
La norma in esame, cosi come congegnata, confliggerebbe altresì con l'art. 36 Cost., venendo a determinarsi in concreto
un trattamento retributivo non proporzionato alla qualità del
lavoro via via posto in essere nel passato; e cosi ancora con
l'art. 97, poiché a soggetti di diseguale professionalità pregressa
potrebbe restare attribuito, alla fine, il medesimo trattamento
retributivo, con ovvia limitazione, si assume, dell'efficienza stessa
della pubblica amministrazione.
3. - La questione non è fondata.
Partendo dall'assunto per ultimo qui sopra enunciato, nessun
coinvolgimento sussiste con l'art. 97 Cost.: pretendere che il
riconoscimento, a fini economici, di una maggiore o minore
pregressa anzianità abbia riverbero automatico sulla efficienza
amministrativa è ipotesi che resta al di fuori, come avvalora
l'avvocatura dello Stato, da ogni suo concreto riferimento in
fattispecie. Né miglior pregio assume, per consimili considerazioni che
si volessero riportare all'attività del docente, un insussistente
aggancio all'art. 36 Cost.: la mera limitazione temporale nella
(1) A giudizio della corte un maggiore riconoscimento dei servizi pre gressi finirebbe per attribuire una preponderanza, nel corso dell'intera
carriera, proprio alla attività pregressa, anziché al normale fluire dei servizi quale docente ordinario.
Sui criteri di valutazione dei servizi pregressi ai fini della carriera dei professori universitari ordinari, ai sensi dell'art. 103 d.p.r. 382/80, v. Tar Campania, sez. Salerno, 21 aprile 1989, n. 118, Foro it., Rep. 1989, voce Istruzione pubblica, n. 403, secondo cui l'elencazione dei servizi pregressi valutabili ha carattere tassativo; Corte conti, sez. contr., 13 novembre 1986, n. 1701, id., Rep. 1987, voce cit., n. 406, circa la competenza delle università per il riconoscimento dei servizi pregressi e la decorrenza dello stesso; Tar Lazio, sez. I, 23 gennaio 1986, n.
131, id., Rep. 1986, voce cit., n. 352, in ordine al riconoscimento ai fini della carriera di professore ordinario del periodo di ricercatore uni versitario trascorso all'estero.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
valutazione di servizi pregressi non può dirsi certo incidente sul
la proporzionalità della retribuzione in atto, tale da ledere il
disposto dell'art. 36.
Passando all'esame di una prospettata irragionevolezza intrin
seca della norma in discorso questa, come già riportato, con
il porre il vincolo massimo di anni otto nella riconoscibilità dei
pregressi servizi, consisterebbe in una inadeguatezza di fatto, ai fini riproposti, nella valutabilità dei servizi stessi, resi dalla
norma indistinti. Ma a ben vedere l'indistinguibilità dei ricono scimenti pregressi rimane all'interno di una disposizione, la quale mira ad un unicum ricostruttivo, che viene a realizzarsi con evi
dente favore, tra i vari servizi pregressi: una diversa configura zione con un maggiore riconoscimento di questi ultimi verrebbe
a costituire, invece, quella palese distorsione nel rapporto, che
si vuole evitare: ed infatti otterrebbe preponderanza in tal mo
do nel corso dell'intera carriera proprio quella pregressa, anzi
ché il normale fluire dei servizi quale docente ordinario. Il che, se attuato, comporterebbe quel rovesciamento degli equilibri che
si vorrebbe dai rimettenti contenuto nella norma cosi come pre
disposta e vigente. La questione è perciò non fondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 103, 5° com
ma, d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382 (riordinamento della docenza
universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimenta zione organizzativa e didattica) sollevata, in riferimento agli art.
3, 36 e 97 Cost., dal Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizio
nale, con l'ordinanza in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 marzo 1992, n. 87
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 18 marzo 1992, n. 12); Pres. Corasaniti, Est. Spagnoli; Intersind (Aw. Satta) c.
Assess, reg. sic. industria ed altri (Avv. dello Stato Onufrio). Ord. Cons, giust. amm. sic. 19 dicembre 1990 (G.U., la s.s., n. 34 del 1991).
Sicilia — Associazioni sindacali degli imprenditori — Designa zione di rappresentanti sindacali in organi amministrativi pub blici — Rilevanza esclusiva della struttura organizzativa pro vinciale — Incostituzionalità (Cost., art. 3; 1. reg. sic. 4 gen naio 1984 n. 1, disciplina dei consorzi per le aree di sviluppo industriale e per i nuclei di industrializzazione della Sicilia, art. 6).
È illegittimo l'art. 6 l. reg. sic. 4 gennaio 1984 n. 1, nella parte in cui prevede che due dei tre rappresentanti delle associazio
ni sindacali degli imprenditori nei consigli generali dei con
sorzi per lo sviluppo industriale della Sicilia siano designati dalle associazioni provinciali degli industriali. (1)
(1) In linea con Corte cost. 19 ottobre 1988, n. 975, Foro it., 1989, I, 2715, questa ennesima dichiarazione di illegittimità costituzionale di
disposizioni relative alla partecipazione di rappresentanti sindacali in
organi collegiali pubblici segue, nelle linee di fondo, l'orientamento or
mai sufficientemente delineato della giurisprudenza costituzionale in ma
teria (v. i riferimenti in nota a Corte cost. 975/88). Al suo interno
le direttive sull'applicabilità, ai soggetti collettivi, del principio di ugua
glianza (risalenti a Corte cost. 23 marzo 1966, n. 25, id., 1966, I, 613) e sulla sindacabilità, sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost., delle disposizioni legislative sulla rappresentanza sindacale negli organi
pubblici (risalenti, sotto forma di vincolo per il legislatore — e salvo
il merito dei criteri volta a volta prescelti — di «assicurare a tutte le
organizzazioni di categoria, allo stesso modo, la possibilità astratta di
essere rappresentate nella composizione di quell'organo», a Corte cost.
24 gennaio 1969, n. 2, id., 1969, I, 576), hanno via via trovato sistema
zione nella valorizzazione di un'accezione dinamica ed aperta del crite rio selettivo della rappresentatività sindacale.
Il Foro Italiano — 1992.
Diritto. — 1. - La questione sollevta dal Consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana riguarda l'art. 6 1. reg. sic. 4 gennaio 1984 n. 1 sui consorzi per le aree di sviluppo industriale e per i nuclei di industrializzazione della Sicilia, se condo cui al consiglio generale dei consorzi — che di questi
Con riferimento alla medesima 1. reg. sic. 1/84, sulla designazione dei rappresentanti della piccola e media industria, v. Tar Sicilia, sede Catania, sez. I, 19 marzo 1992, n. 223, in questo fascicolo, parte terza.
Quel che, con la presente decisione, del principio di uguaglianza si lascia apprezzare — dall'angolo di osservazione di una ingiustificata discriminazione tra associazioni sindacali delle imprese private e delle
imprese pubbliche (i due rappresentanti ammessi erano stati designati dalla Confindustria, non avendo l'Intersind un'organizzazione territo riale provinciale, come richiesto dalla norma impugnata, bensì regiona le), e tra associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori (per le quali il riferimento selettivo era alle strutture nazionali, anziché pro vinciali) — è, in definitiva, il tradizionale criterio della ragionevolezza da valutare «in relazione alle ragioni d'essere della disciplina ovvero ad aspetti ai quali una coerente considerazione dell'ordinamento con senta comunque di dare rilievo». Non è inutile tuttavia ricordare come al di fuori delle situazioni per cosi dire limite, finora offerte alla giuris prudenza costituzionale dalla partecipazione a funzioni pubbliche, di scelte legislative esclusive (sent. 25/66) o nominative (sent. 2/69; 975/88) o irrazionali (sent. 87/92), sia difficile dare a questi interrogativi una
risposta conclusiva. La questione più ardua, dove i rapporti tra garanzia dell'eguale trat
tamento dei sindacati e ragionevolezza legislativa si fanno particolar mente delicati, concerne naturalmente l'effettiva razionalità dei singoli criteri selettivi, dato che, al di là dei casi in cui la presenza assorbente dell'interesse pubblico curato dal collegio orienta la scelta legislativa (v. Perone, Rappresentatività e partecipazione dei sindacati alle fun zioni pubbliche, in Giur. costit., 1975, I, 62; v. anche lo schema di
disegno di legge pubblicato in nota a Corte cost. 975/88), non ci sono
parametri tecnici universalmente applicabili (cfr. Orsi Battaglimi, No te critiche sulla selezione eteronomo dei soggetti sindacali, in Politica del diritto, 1985, 385). In materia, se è agevole convenire su alcuni
principi di massima, resta sempre indefinito il significato della ragione volezza degli interventi normativi selettivi nei rapporti sindacali ed in determinato il margine di discrezionalità del legislatore nel discriminare
soggetti sindacali (sull'uguaglianza come ragionevolezza, v. ancora Or si Battaglimi, Diritto amministrativo, in Giornale dir. lav. relazioni
ind., 1990, 39 s.). Relativamente all'assunzione di scelte organizzative del sindacato co
me legittimo criterio di differenziazione legislativa, è necessario ricorda re almeno due applicazioni, ritenute ragionevoli (da ultimo, Corte cost. 24 marzo 1988, n. 334, Foro it., 1988, I, 1774), della rappresentatività sindacale: la previsione dell'art. 19, lett. a), statuto lavoratori, che pri vilegia l'intercategorialità, rispetto alla posizione delle confederazioni
monocategoriali (sul punto Corte cost. 26 gennaio 1990, n. 30, id., 1992, I, 30, ha comunque segnalato l'urgenza di una riforma legislativa); e
soprattutto, con specifico riferimento all'articolazione territoriale del
sindacato, i problemi interpretativi, su cui tuttora la giurisprudenza è
divisa, che la previsione di organismi locali nell'art. 28 statuto lavorato
ri, normalmente interpretata come coincidente con gli organismi pro vinciali, pone rispetto ad altre ipotizzabili articolazioni del sindacato
(regionali, di vertice, aziendali, ecc., ma specialmente le prime), di cui continua ad essere dubbia la legittimazione a proporre il ricorso per la repressione della condotta antisindacale.
Si segnala infine, nella pronuncia in epigrafe, l'affermazione (inci dentale: tale vizio di legittimità costituzionale della norma impugnata, per contrasto questa volta con la garanzia di libertà dell'organizzazione sindacale, non è dedotto nell'ordinanza di rimessione) circa la ricondu cibilità dei sindacati degli imprenditori sotto la garanzia dell'art. 39, 1° comma, Cost., che è questione assai controversa: per una classica
presa di posizione negativa, v. G. Santoro Passarelli, Sulla libertà sindacale dell'imprenditore, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1976, 170;
per l'esigenza di un ripensamento, v. ora Pedrazzoli, Qualificazioni dell'autonomia collettiva e procedimento applicativo del giudice, in La
voro e dir., 1990, 335. Sul tema specifico cfr., oltre agli autori citati in nota a Corte cost.
975/88, Falcucci e Mecirca, La rappresentanza imprenditoriale in or
gani della pubblica amministrazione, Asap-Intersind, Roma, 1983; Di
Nunzio, La partecipazione sindacale negli enti pubblici, in Quaderni dir. lav. e relazioni ind., 1989, fase. 5, 179 ss. Sull'associazionismo
sindacale degli imprenditori: v. Bettini, L'organizzazione sindacale dei
datori di lavoro, Roma, 1990; Becchi, Collida, Le associazioni im
prenditoriali, in Relazioni industriali. Manuale per l'analisi dell'espe rienza italiana, a cura di Cella e Treu, Bologna, 1982, 131; Zanelli, Sull'associazionismo sindacale delle imprese, in Riv. giur. lav., 1990,
I, 225; Ricci, Il ruolo dell'Intersind nel sistema italiano di relazioni industriali: alcune osservazioni, ibid., 289; Baglioni, Associazioni im
prenditoriali e rappresentanza, in AA.VV., La rappresentatività del sin
dacato, cit., 145. [P. Bellocchi]
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