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adunanza plenaria; decisione 29 febbraio 1992, n. 4; Pres. Crisci, Est. Lignani; La Sala (Avv.Rossano) c. Min. pubblica istruzione. Conferma Tar Lazio, sez. I, 17 novembre 1988, n. 1591Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 369/370-373/374Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187480 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 29 feb
braio 1992, n. 4; Pres. Crisci, Est. Lignani; La Sala (Avv.
Rossano) c. Min. pubblica istruzione. Conferma Tar Lazio,
sez■ I, 17 novembre 1988, n. 1591.
Istruzione pubblica — Università — Professori associati — Ido
neità — Giudizio negativo — Ricorso — Notificazione ai con
trointeressati — Esclusione (D.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, rior
dinamento della docenza universitaria, relativa fascia di for
mazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica, art.
44, 45, 51). Istruzione pubblica — Università — Professori associati — Giu
dizi di idoneità — Commissione giudicatrice — Composizio
ne (D.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, art. 44, 45, 51).
Il ricorso proposto da un aspirante all'idoneità a professore uni
versitario associato contro il giudizio negativo formulato dal
la commissione giudicatrice, anche se basato sull'illegittimità della composizione della commissione, non deve essere notifi
cato agli altri aspiranti riconosciuti idonei in qualità di con
trointeressati, perché, stante l'autonomia della loro posizione
conseguente a meri giudizi di idoneità e non ad una selezione
concorsuale, essa non risulterebbe compromessa dall'eventuale
accoglimento del ricorso. (1) Nei procedimenti di nomina dei professori universitari associa
ti, anche nell'ipotesi in cui questa consegua a meri giudizi
di idoneità, e non ad una selezione concorsuale, della com
missione giudicatrice non possono far parte i membri della
commissione giudicatrice del concorso immediatamente pre
cedente. (2)
(1-2) I. - Il d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382 (decreto legislativo delegato emesso in forza della legge di delegazione 21 febbraio 1980 n. 28), ha
articolato il ruolo dei professori universitari prevedendo oltre al preesi stente livello (precedentemente unico) dei professori ordinari, quello (nuo
vo) dei professori associati (art. 1); e, quindi, nel titolo secondo (art. 41 ss.) ha disposto per l'accesso ad ambedue i ruoli la regola del con
corso nazionale, in relazione ai posti banditi a conclusione di una com
plessa procedura ad iniziativa dei consigli di facoltà, che qui non inte
ressa descrivere in dettaglio. Anche per i condizionamenti costituzionali (v. la garanzia di autono
mia delle istituzioni di alta cultura, delle università e delle accademie
assicurata dall'art. 33, ultimo comma, Cost., e l'interpretazione che ne
ha dato, in particolare, Pototschnig, in L'autonomia universitaria, at
ti del convegno, 1990), ha mantenuto, come principio fondamentale
per la composizione delle commissioni giudicatrici, la loro elettività da
parte dei professori competenti per materia. Però, per evitare le eve
nienze che la decisione ora riportata puntualmente precisa, considerate
politicamente come inconvenienti da scongiurare, tale principo ha subi
to due correttivi.
Anzitutto, il sistema elettivo è stato combinato con quello del sorteg
gio: con particolareggiate disposizioni previste per l'accesso al primo
livello dai ben ventidue commi dell'art. 3 1. 7 febbraio 1979 n. 31,
confermata dall'art. 41 d.p.r. 382/80; e per l'accesso al secondo livello
dagli art. 42 ss. di quest'ultimo. Non rilevano qui precisazioni ulteriori, se non per segnalare quel che sembra una incongruenza non facilmente
spiegabile: mentre per i concorsi a professore ordinario il sorteggio se
gue l'elezione, e si svolge tra docenti selezionati secondo il maggior numero dei voti riportati, in numero doppio rispetto ai commissari da
nominare, per i concorsi a professore associato la sequenza è invertita:
prima si sorteggiano gli eleggibili, stavolta in numero triplo, e poi tra
questi si vota.
Inoltre, per ambedue i livelli di concorso, con norma sostanzialmente
analoga (art. 3, 5° comma, 1. 31/79; art. 44, 5° comma, d.p.r. 382/80)
è stato disposto che non possono far parte della commissione giudica
trice di un concorso i professori che hanno fatto parte della commissio
ne giudicatrice del concorso immediatamente precedente (s'intende: del
medesimo livello), per lo stesso raggruppamento di discipline (è soprat tutto su quest'ultimo aspetto che si sono avute incertezze qui non per
tinenti). II. - Però il medesimo d.p.r. 382/80, in larga parte ispirato al fine
di sistemare comunque in ruolo docenti già operanti nell'università a
titolo precario, mediante procedure meno selettive di quelle concorsua
li, ha previsto una diversa strada per l'accesso al ruolo dei professori
associati (art. 50 ss.): i giudizi di idoneità, emessi da commissioni giudi
II Foro Italiano — 1992.
Diritto. — Con il primo motivo, che il Tar ha respinto e
che viene riproposto in appello, l'interessato aveva contestato
la legittimità della composizione della commissione giudicatrice.
Secondo l'avvocatura dello Stato, quel motivo, o più precisa
mente l'impugnazione dell'atto di nomina della commissione,
sarebbe inammissibile, perché il ricorrente non ha notificato il
ricorso ad alcuno dei controinteressati, quali sarebbero, nella
catrici composte nello stesso modo di quelle per i concorsi a professore
associato, anche se con un numero ridotto di componenti. Giudizi di
idoneità cui sono state ammesse determinate categorie di personale uni
versitario (alcune delle quali di personale già di ruolo, ma di livello
ancora inferiore), la cui definizione ha dato luogo ad un imponente
contenzioso, con l'intervento di numerose sentenze anche della Corte
costituzionale, qui peraltro non rilevante.
L'accesso al ruolo dei professori associati mediante giudizi di idonei
tà è stato previsto come naturalmente provvisorio, ed esperibile solo
in tre «tornate», l'ultima delle quali doveva essere indetta entro il 31
dicembre 1983 (art. 52, 5° comma). In realtà, solo nel mese di giugno del 1992 si sono svolte le elezioni per la nomina delle commissioni giu dicatrici per quest'ultima.
III. - La diversità essenziale dei giudizi, rispetto ai concorsi suddetti,
sta in questo: che non vi è limitazione del numero dei candidati che
possono essere considerati idonei, e, quindi, inquadrati in ruolo. Quan to sia minore la selettività che ne deriva, è facilmente intuibile.
Tale diversità, peraltro, consente di sciogliere l'interdipendenza tra
la posizione degli esclusi e quella dei vincitori che nelle procedure ge nuinamente concorsuali è intrinseca.
Ed è fondandosi su questo principio, che la prima massima ha potuto affermare che il ricorso proposto da un candidato all'inquadramento nel ruolo dei professori associati contro il giudizio negativo emesso nei
suoi confronti, non deve essere notificato a chi ha riportato un giudizio viceversa positivo: neppure se il motivo di illegittimità addotto riguardi la composizione della commissione giudicatrice, e, quindi, potenzial
mente, rilevi per tutti i candidati.
Sul punto, la decisione ora riportata dell'adunanza plenaria, emessa
su ordinanza di rimessione della sez. VI 3 giugno 1991, n. 340, Foro
it., Rep. 1991, voce Istruzione pubblica, n. 462, trova un precedente in quella della medesima sez. VI 10 febbraio 1988, n. 178, id., 1988,
III, 269, con nota di richiami; precedente in cui è stato sostenuto il
medesimo principio, in relazione ad un caso in cui ugualmente il giudi zio negativo di idoneità era stato impugnato per l'illegittimità (ricono
sciuta) di composizione della commissione giudicatrice; e ciò, sia pure da un diverso profilo, del resto del tutto concorrente: per affermare
il vizio di ultrapetizione dell'appellata sentenza del tribunale ammini
strativo regionale, che, viceversa, per quell'illegittimità, aveva annulla
to non solo il giudizio negativo riportato dal ricorrente, ma anche tutti
gli altri giudizi anche positivi emessi dalla commissione stessa. Eviden
temente, è in vista di questa limitazione soggettiva al solo ricorrente
degli effetti del giudicato, che la decisione ora riportata ha escluso che
i candidati giudicati positivamente come idonei rivestano la qualifica di controinteressati rispetto al ricorso da esso proposto.
IV. - La seconda massima riguarda l'applicabilità, anche alle com
missioni giudicatrici dei giudizi di idoneità, della regola secondo la qua
le un professore non può fare parte di ambedue le commissioni giudica
trici in procedure immediatamente consecutive.
Come si è già visto, tale regola è esplicitamente disposta per i concor
si veri e propri. Ma la norma che la prevede per i concorsi a professore
associato, non è stata altrettanto esplicitamente richiamata per i simme
trici giudizi di idoneità.
Ciò nonostante, la decisione, recependo il parere della sez. II del
Consiglio di Stato 16 novembre 1983, n. 564, id., Rep. 1986, voce Istru
zione pubblica, n. 358, richiamato in motivazione, con un'interpreta
zione sistematica che è inutile riassumere in nota, è pervenuta alla con
clusione che tale regola è applicabile pure ai giudizi di idoneità.
Ossia, e più precisamente, all'interno della sequenza delle diverse tor
nate di tali giudizi: quindi indipendentemente dalla simmetrica sequen
za dei concorsi per professore associato con le quali esse sono venute
ad alternarsi. Cosi che Tar Lazio, sez. I, 11 dicembre 1987, n. 1960,
id., 1988, III, 270, con nota di richiami, ha potuto escludere l'illegitti
mità dell'inclusione nella commissione giudicatrice di un concorso a pro
fessore associato per un dato raggruppamento di discipline, di chi ave
va fatto parte della commissione giudicatrice della precedente tornata
del giudizio di idoneità a professore associato per il medesimo raggrup
pamento: proprio per la segnalata eterogeneità tra concorsi veri e pro
pri e giudizi di idoneità.
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PARTE TERZA
specie, tutti i candidati che sono stati giudicati «idonei» della
medesima commissione.
Conviene precisare che il ricorrente non ha sollevato alcuna
contestazione riguardo all'ammissione di altri candidati, o al
risultato favorevole da essi riportato; pertanto è pacifico che
sotto questo profilo non si possa parlare di controinteressati.
D'altra parte, trattandosi di giudizio d'idoneità «a numero aper
to», e non di concorso, l'eventuale inclusione del ricorrente nel
novero degli idonei non comporterà che ne venga escluso alcu
no degli altri candidati; ed anche sotto questo profilo è pacifico che non si possa parlare di controinteressati. Semmai si potreb be pensare ad un interesse dei vincitori a non vedere accresciuto
il proprio numero, per i riflessi che ciò potrebbe avere sulle
future carriere; ma in casi del genere l'aspirazione a che sia
mantenuto ristretto il numero degli idonei o degli abilitati non
assurga al rango d'interesse legittimo. È riconoscibile, al più, la sussistenza di un interesse remoto, che è di mero fatto. Per
tanto neppure sotto quest'ultimo profilo emerge la posizione di controinteressati in senso proprio.
L'avvocatura dello Stato, peraltro, prospetta la sua eccezione
d'inammissibilità con specifico riferimento alla natura del vizio
dedotto. Essa muove dal presupposto che un eventuale annulla
mento della nomina della commissione ne travolgerebbe tutti
gli atti, compresi quelli non direttamente impugnati; in partico
lare, travolgerebbe i giudizi espressi nei confronti di tutti i can
didati. Secondo questa prospettazione, anzi, l'effetto caducato
rio si propagherebbe anche ai successivi provvedimenti ministe
riali, con i quali i candidati giudicati idonei sono stati inquadrati, a loro domanda, nel ruolo dei professori associati.
Ora, se questi fossero gli effetti dell'accoglimento del primo
motivo, non potrebbe negarsi ai candidati approvati la qualità di controinteressato. Pertanto, la questione all'esame dell'adu
nanza plenaria non sembra concernere la definizione della qua
lità di controinteressato, bensì' l'estensione degli effetti dell'e
ventuale annullamento della nomina della commissione, in esa
me d'idoneità od abilitazione. In proposito, il collegio ritiene che si possa fare riferimento
al consolidato principio per cui l'annullamento della nomina
di un organo non travolge, di per sé, la generalità degli artti
da questo anteriormente compiuti, ma solo quelli riguardo ai
quali l'illegittimità della costituzione dell'organo sia stata de
dotta come motivo d'invalidità derivata, mediante un rituale
ricorso. Ciò si suole anche esprimere con l'affermazione che
i vizi relativi alla costituzione dell'organo hanno, sugli atti di
questo, un effetto «invalidante» e non «caducante» (si prescin
de, qui, dall'ipotesi, non pertinente alla fattispecie, in cui la
nomina dell'organo, piuttosto che illegittima, sia radicalmente
nulla o anzi inesistente, o in cui l'atto impugnato sia per sua
natura inscindibile). Si tratta di un principio generalissimo, che trova applicazione
anche con riferimento agli atti degli organi giurisdizionali, e
che il collegio non ritiene qui di dover ulteriormente approfon
dire, anche tenuto conto che su questo specifico tema né l'ordi
nanza di rimessione, né le difese delle parti, offrono materia
di discussione.
Occorre, peraltro, valutare se questo principio possa trovare
utile applicazione anche con riferimento ai giudizi d'idoneità
o d'abilitazione, nei quali vi è bensì' pluralità di candidati e quindi
pluralità di giudizi, ma unità di procedimento. Il collegio ritiene che a questa domanda si debba dare rispo
sta affermativa.
È vero che i procedimenti per giudizi d'idoneità o d'abilita zione si svolgono con forme esteriori in tutto simili a quelle dei concorsi: ad esempio, in genere essi si svolgono con la par
tecipazione di un numero definito di candidati, previa emana
zione di un bando e presentazione delle domande entro un'uni ca scadenza prefissata; vi è una commissione nominata ad hoc
per il singolo procedimento; spesso vengono formulati criteri
di massima; le regole per lo svolgimento e la valutazione delle
eventuali prove d'esame sono le stesse; e via dicendo.
Ma queste innegabili analogie con i concorsi propriamente
Il Foro Italiano — 1992.
detti non vanificano la diversità di fondo tra le due situazioni:
nel caso del concorso, vi è interdipendenza e reciproco condi
zionamento tra il successo o l'insuccesso di ciascun candidato,
e quello di ogni altro concorrente; nel caso dell'idoneità od abi
litazione, invece, come già accennato, non vi è alcuna interdi
pendenza. Sicché nel caso di concorso si può parlare di un prov vedimento unico, la graduatoria, con pluralità di destinatari;
nel caso dei giudizi d'idoneità o d'abilitazione, si tratta di tanti provvedimenti separati quanti sono i candidati.
E, pertanto, nei procedimenti di questo secondo tipo è da
ritenere che l'eventuale annullamento della nomina della com
missione giudicatrice non travolge i giudizi che questa abbia
già espresso, e che non siano stati specificamente impugnati.
Rientrerà, semmai, nelle facoltà dell'amministrazione, preso at
to dell'annullamento della nomina dell'organo, e basandosi so
pra una motivata considerazione dell'interesse pubblico, debita
mente comparato con quello dei privati, annullare d'ufficio an
che gli atti, compiuti dalla commissione, non direttamente
travolti; ma si tratta di un effetto indiretto, futuro ed incerto,
insufficiente a dar vita ad attuali situazioni di controinteresse.
In conclusione, dandosi il caso di un candidato che impugna
il giudizio sfavorevole emesso nei suoi confronti, deducendo,
fra l'altro, un vizio nella nomina della commissione (senza chie
dere, in relazione alle censure avanzate, l'annullamento e la rin
novazione dell'intera procedura anche per ciò che concerne gli
altri candidati), i candidati, già valutati favorevolmente, non
assumono la veste di controinteressato.
L'eccezione d'inammissibilità sollevata dall'avvocatura dello
Stato dev'essere pertanto respinta.
Si può cosi esaminare nel merito quel primo motivo, che il
tribunale amministrativo regionale ha respinto, e che il ricor
rente ha riproposto in appello. I termini di fatto e di diritto della questione possono essere
ricostruiti come segue. II d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382, contenente il nuovo ordina
mento della docenza universitaria, contiene, fra l'altro, le di
sposizioni relative al reclutamento dei professori associati (art.
42-53). A questo proposito, è previsto che i professori associati
siano reclutati mediante gli appositi concorsi; e sono dettate
le relative norme di procedura. Inoltre, a titolo transitorio, è
previsto che la prima copertura dei posti di professore associato
sia fatta per inquadramento, sulla base di giudizi d'idoneità da
svolgere in tre tornate consecutive; e anche per questa parte sono dettate le relative norme di procedura.
Riguardo alla formazione delle commissioni di concorso, l'art.
45 dispone una procedura assai complessa, articolata essenzial
mente in due fasi: nella prima fase si estraggono a sorte, fra
tutti i professori legittimati a far parte della commissione, no
minativi per un numero pari al triplo dei membri della commis
sione da costituire; nella seconda fase, uno speciale corpo elet
torale elegge i membri della commissione, scegliendoli fra i sor
teggiati. L'art. 44 contiene alcune disposizioni integrative,
dichiarando, fra l'altro, che di una commissione non possono far parte i membri del consiglio universitario nazionale, né i
membri della commissione giudicatrice del concorso immediata
mente precedente, relativo allo stesso raggruppamento di di
scipline.
Quanto alle commissioni dei giudizi d'idoneità, l'art. 51 detta alcune disposizioni speciali (ad es., tre membri invece dei cin que previsti per i concorsi) e per il resto rinvia alle modalità
di scelta dei commissari, dettate dall'art. 45.
Ora, poiché l'art. 51 richiama esplicitamente solo l'art. 45, e non anche l'art. 44, si è posto il problema se alle commissioni
d'idoneità si applicasse o meno il divieto d'includere nelle com missioni stesse, per le tornate successive alla prima, chi fosse
stato già commissario, per lo stesso raggruppamento di discipli ne, nella tornata immediatamente precedente.
In concreto, svoltasi la prima tornata, e dovendosi formare
le commissioni per la seconda (alla quale poteva partecipare sia chi fosse stato giudicato sfavorevolmente nella prima, sia
chi avesse maturato i titoli di partecipazione nell'intervallo fra
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
la prima e la seconda tornata), il ministero ha chiesto, sul pun
to, il parere del Consiglio di Stato.
La seconda sezione consultiva, nell'adunanza del 16 novem
bre 1983, n. 564 (Foro it., Rep. 1986, voce Istruzione pubblica,
n. 358), ha espresso un motivato parere affermando che anche
nei giudizi d'inquadramento si applica il divieto di far parte della commissione in due procedure consecutive. Il ministero
si è attenuto a questo parere.
Questa interpretazione è contestata dall'attuale appellante. Egli,
dopo essere stato riprovato nella prima tornata, ha impugnato
il giudizio ugualmente sfavorevole riportato nella seconda, de
ducendo, fra l'altro, che l'applicazione di questa regola, a suo
avviso erronea, ha viziato la nomina della commissione. E poi
ché il tribunale amministrativo regionale ha respinto la sua tesi,
egli ora ripropone la questione in secondo grado.
Questo è dunque il punto di diritto che il collegio è ora chia
mato a risolvere.
Il collegio è dell'avviso che sia corretta l'interpretazione se
guita dal ministero.
Si può convenire con l'appellante sul punto che le argomen
tazioni addotte dal Tar per giungere allo stesso risultato non
sembrano pienamente condivisibili. In particolare non sembra
condivisibile la tesi per cui la seconda tornata si configura, ri
spetto alla prima, come una sorta di giudizio di secondo grado; e neppure appare condivisibile la tesi per cui il divieto di far
parte, in più sessioni consecutive, di commissioni di esame e
di concorso, discenderebbe dai principi generali dell'ordinamento
e troverebbe riscontro nella prassi generalizzata.
Nella generalità dei pubblici concorsi e degli esami d'abilita zione, cosi come negli esami scolastici ed universitari, non si
rinviene impedimento a che un candidato si presenti reiterata
mente davanti ad una commissione composta in tutto o in parte
dalle stesse persone (ciò non significa, ovviamente, che il candi
dato abbia un'aspettativa tutelata in questo senso).
Ma il sistema dei concorsi per la docenza universitaria assu
me caratteristiche specifiche rispetto alla generalità dei concor
si, per quanto attiene ai criteri di formazione delle commissio
ni, e, in praticolare, per ciò che concerne l'intero meccanismo
di scelta dei commissari e la stessa logica che lo sottende. Ordi
nariamente, le commissioni d'esame sono formate dalla compe
tente autorità mediante scelte, che, entro certi limiti, sono di
screzionali ed insindacabili; l'obiettivo dell'ordinamento è quel lo di assicurarne la competenza tecnica e l'imparzialità, ma non
si rinvengono disposizioni rivolte a garantire il ricambio dei com
ponenti o a tutelare ogni singolo soggetto, rivestito dei titoli
legittimanti, nella sua aspettativa di essere chiamato a far parte
di una commissione.
La specialità del sistema in vigore per i concorsi universitari
consiste invece in ciò: che la scelta dei commissari è frutto di
una peculiarissima e formale procedura, costruita in modo da
evitare la costituzione di posizioni di predominio o di egemonia
da parte di qualsivoglia autorità, politica, amministrativa o ac
cademica. Il sistema è orientato, altresì', a prevenire che singoli
cattedratici, giovandosi della loro personale autorevolezza scien
tifica, pur meritatamente acquisita, possano esplicare interventi
determinanti nello svolgimento dei concorsi. In quest'ottica, il
potere di scegliere le commissioni è stato parzialmente neutra
lizzato mediante un sorteggio e per il resto, per cosi dire, par
cellizzato e diffuso attraverso un sistema elettivo esteso a tutti
i docenti delle discipline comprese nel raggruppamento cui si
riferisce il concorso, e, quando il loro numero sia troppo ridot
to, anche a quelli di raggruppamenti affini.
Date le finalità che ispirano il sistema, in questo contesto
il divieto di reiterare la nomina di uno o più membri nella stes
sa commissione, per tornate consecutive, si configura come una
cautela complementare e logicamente inscindibile dalle restanti
disposizioni. E pertanto, una volta che per la formazione delle commissio
ni d'inquadramento la norma rinvia alla disciplina relativa alle
commissioni di concorso, in considerazione dell'unitarietà della
materia (valutazioni relative alla docenza universitaria), è gio
ii. Foro Italiano — 1992.
coforza ritenere che il rinvio sia fatto al sistema nella sua inte
grità, e, cosi, anche al divieto di reiterazione dell'incarico in
sessioni consecutive.
È vero che l'art. 51 richiama solo l'art. 45, e non anche l'art.
44; ma questo argomento di carattere formale contrasta con
10 spirito della norma, che è quello di rinviare per intero alla
disciplina delle commissioni di concorso, stabilita in via princi
pale dell'art. 45. Del resto non vi sarebbe motivo di adottare
per le commissioni d'idoneità regole parzialmente diverse da quel
le dettate per le commissioni di concorso, nell'ambito di un si
stema speciale e unitario. Si noti che l'art. 44 contiene anche
11 divieto d'includere nelle commissioni di concorso i compo nenti del consiglio universitario nazionale: sarebbe irragionevo
le che tale incompatibilità fosse stabilita solo in sede di concor
so e non anche d'inquadramento. La mancanza di un richiamo
espresso all'art. 44 non impedisce dunque di ritenere applicabili
alle procedure d'inquadramento anche le regole in esso conte
nute, quando si tratti, come per le due richiamate ipotesi d'in
compatibilità, di regole inscindibilmente legate al resto della di
sciplina. Deve concludersi che, la soluzione interpretativa che conduce
al ricambio totale delle commissioni risulta la più vicina allo
spirito della legge, in quanto orientata ad accrescere, non già
a diminuire, le garanzie d'imparzialità, a tutto vantaggio, del
resto, dei candidati che si presentano per la seconda volta.
Per le esposte conclusioni l'appello va respinto.
CONSIGLIO DI STATO; sezione V; decisione 26 febbraio 1992, n. 143; Pres. Cataixozzi, Est. Carboni; Mascolo (Avv. Iac
carino) c. Ruocco (Aw. Giuffrè) e Comune di Agerola (Aw.
Palma). Annulla Tar Campania, sez. Ili, 25 febbraio 1987,
n. 5.
Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Impugnazione — Azione popolare — Esclusione — Proprietario di immobi
le sito nella zona — Legittimazione (L. 6 agosto 1967 n. 765,
modifiche e integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942
n. 1150, art. 10). Giustizia amministrativa — Concessione edilizia — Impugna
zione — Termini (L. 6 agosto 1967 n. 765, art. 10). Edilizia e urbanistica — Realizzazione di nuovi volumi — Inter
vento su immobile preesistente — Ristrutturazione — Esclu
sione (L. 5 agosto 1978 n. 457, norme per l'edilizia residen
ziale, art. 31).
L'art. 31, 9° comma, l. 17agosto 1942 n. 1150, come modifica to dall'art. 10 I. 6 agosto 1967 n. 765, nel prevedere la possi bilità di ricorrere contro il rilascio di licenza (ora concessio
ne) edilizia illegittima da parte di «chiunque», non configura
un nuovo tipo di azione popolare, ma riconosce una posizio ne di interesse che consente l'impugnativa a chi si trovi in
situazione di stabile collegamento con la zona (residenza, pos
sesso o detenzione di immobili, o altro titolo di frequentazio
ne) senza richiedere la prova di un danno specifico, essendo
insito nella violazione edilizia il danno a tutti i membri di
quella collettività (nella specie, si è riconosciuta la legittima zione dei proprietari di immobile sito quasi di fronte a quello oggetto di concessione, pur se non si verificava, come conse
guenza delle lamentate violazioni, privazione di luce e di aria
a danno del primo per effetto dell'intervento sul secondo). (1)
(1) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 ottobre 1989, n. 632, Foro it., Rep.
1990, voce Giustizia amministrativa, n. 540; 20 novembre 1989, n. 741,
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