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sentenza 16 marzo 1999; Giud. Palestini; Mazzocchi (Avv. Carbone, Mazzocchi) c. Cassa nazionaledi previdenza ed assistenza forense (Avv. De Stefano, Moriconi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1677/1678-1679/1680Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193498 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
PRETURA DI ASCOLI PICENO; sentenza 16 marzo 1999;
Giud. Palestini; Mazzocchi (Avv. Carbone, Mazzocchi) c.
Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense (Aw. De
Stefano, Moriconi).
PRETURA DI ASCOLI PICENO
Avvocato — Previdenza forense — Iscrizione — Retrodatazio
ne — Pensionato di vecchiaia — Spettanza (L. 20 settembre
1980 n. 576, riforma del sistema previdenziale forense, art.
29; 1. 11 febbraio 1992 n. 141, modifiche ed integrazioni alla 1. 20 settembre 1980 n. 576, in materia di previdenza forense
e di iscrizione alla cassa nazionale di previdenza ed assistenza
per gli avvocati e procuratori, art. 12; 1. 23 dicembre 1996
n. 662, misure di razionalizzazione della finanza pubblica, art.
2, comma 202).
La retrodatazione dell'iscrizione alla cassa di previdenza foren
se prevista dall'art. 29 I. 20 settembre 1980 n. 576 spetta an
che al titolare di pensione di vecchiaia. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso ritualmente notifi
cato, l'avv. Enrico Mazzocchi evocava in giudizio, dinanzi al
Pretore-giudice del lavoro di Ascoli Piceno, la Cassa nazionale
di previdenza ed assistenza forense, deducendo: 1) di aver svol
to la professione forense continuativamente anche negli anni
1956, 1957, 1958, 1959 prima della sua iscrizione alla cassa na
zionale forense; 2) di aver presentato in via amministrativa la
domanda di retrodatazione della iscrizione alla cassa, per la rili
quidazione della pensione di vecchiaia, invocando l'applicazio
ne dei benefici di cui all'art. 2, comma 202, 1. 662/96 e quindi dell'art. 12 1. 141/92 e dell'art. 29 1. 576/80; 3) che la cassa
aveva respinto tale domanda, reiterando la reiezione a seguito
di reclamo. Pertanto la parte chiedeva il riconoscimento del di
ritto alla retrodatazione indicata con gli interessi e con vittoria
di spese del giudizio. Si costituiva ritualmente la convenuta, la quale, sostanzial
mente, deduceva l'inapplicabilità dei benefici invocati a favore
del ricorrente perché egli era già destinatario di pensione di vec
chiaia e come tale escluso dall'ambito di operatività della nor
mativa invocata. Chiedeva il rigetto della domanda con vittoria
di spese. Nel corso del giudizio erano versati in atti documenti, quindi
la causa era discussa e decisa come da dispositivo all'udienza
del 12 marzo 1999.
Motivi della decisione. — Prima di esaminare l'oggetto del
presente giudizio appare opportuno premettere una breve rico
struzione degli istituti interessati dalla controversia de qua e for
nire una coerente lettura della normativa di riferimento.
È noto che gli avvocati in quanto esercitino con carattere di
continuità la professione forense hanno l'obbligo di iscriversi
alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e di ver
sare i prescritti contributi secondo quanto previsto dagli art.
10 e 11 1. 576/80. La citata 1. 576/80 agli art. 2 e 3, come modificati dalla 1.
175/83, stabilisce che l'avvocato che abbia raggiunto i sessanta
cinque anni di età ed i trenta anni di contribuzione, matura
11 diritto alla liquidazione di una pensione di vecchiaia. L'im
porto di detto trattamento è parametrato anche ai dieci redditi
più alti riscontrati in un contesto di tempo determinato (ultimi
quindici anni anteriori al pensionamento). È inoltre prevista la possibilità di cumulo tra pensione di vec
(1) Non constano precedenti specifici in termini. Contra, ma con rife
rimento agli effetti della retrodatazione, Cons. Stato, sez. Ili, 2 maggio
1995, n. 926/93, Foro it., Rep. 1997, voce Avvocato, n. 213, e Prev.
forense, 1995, fase. 3, 64 (in cui si afferma «giustamente» il diritto
del pensionato a beneficiare della retrodatazione, ma si afferma poi
«erroneamente» che gli effetti della retrodatazione potranno riversarsi
solo sul supplemento di pensione). Conforme alla riportata sentenza, ma con riferimento al titolare di
pensione di invalidità, Pret. Firenze 11 ottobre 1993, Foro it., Rep.
1994, voce cit., n. 131.
In ordine agli effetti, sulla pensione, della contribuzione versata a
seguito di retrodatazione (nel senso che si colloca temporalmente nel
periodo cui si riferisce), cfr. Cass. 21 ottobre 1997, n. 10352, id., 1998,
I, 1958. In dottrina, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professio
nisti, Torino, 1998, 296 ss.
li Foro Italiano — 1999.
chiaia e reddito professionale per gli avvocati-pensionati che con
tinuino ad esercitare la professione e pertanto continuino a pro durre reddito con contestuale conseguente ulteriore contribuzio
ne alla cassa (art. 2, 6° e 8° comma, 1. 576/80). Per tali soggetti è contemplato l'istituto del supplemento di
pensione di vecchiaia. Trattasi di un meccanismo di migliora mento del trattamento pensionistico operato sul quinquennio successivo al pensionamento. In particolare si pongono due tap
pe intermedie nel detto quinquennio con distinte liquidazioni di supplementi, calcolando rispettivamente i due e i tre anni
di anzianità dopo il pensionamento di vecchiaia (art. 1,5° com
ma, 1. 141/92 di modifica dell'originario art. 2, 8° comma, 1. 576/80).
Nel sistema della 1. 576/80 si configura poi una chiara distin
zione tra due diverse fattispecie: 1) quella disciplinata dall'art.
28, che riguarda il sistema di ricalcolo delle pensioni ed ha co
me destinatari gli avvocati pensionati; 2) quella disciplinata dal
l'art. 29, che riguarda la disciplina delle iscrizioni retroattiva
e la retrodatazione delle iscrizioni, che ha per destinatari tutti
gli avvocati iscritti.
Detta seconda norma recita: «Entro il termine perentorio di
un anno dall'entrata in vigore della presente legge, gli avvocati,
i procuratori ed i praticanti abilitati al patrocinio che abbiano
esercitato con carattere di continuità la professione od il prati cantato a norma dell'art. 2 1. 22 luglio 1975 n. 319, possono
chiedere l'iscrizione con effetto retroattivo o la retrodatazione
degli effetti dell'iscrizione, se già iscritti, risalendo al massimo
all'iscrizione agli albi e ai registri dei praticanti e comunque
non oltre il 1952».
Ora che la retrodatazione dell'iscrizione sia consentita anche
agli avvocati-pensionati appare desumibile dal testo normativo,
proprio laddove l'art. 29 fornisce una disciplina di immediata
e trasparente lettura.
In altri termini le condizioni che la norma stabilisce affinché
si consolidi la posizione giuridica attiva sono esclusivamente due:
1) l'iscrizione alla cassa nazionale forense; 2) essere tenuti ad
una forma di contribuzione alla cassa stessa. Quindi tanto gli
avvocati non ancora titolari di pensione quanto quelli che dopo
la liquidazione del trattamento di pensione continuino a versare
il contributo personale soggettivo possono essere indistintamen
te beneficiari del diritto di cui all'art. 29 in esame.
L'interpretazione letterale della norma appare veramente l'u
nica possibile. La difesa della cassa ha molto insistito su un argomento di
carattere ordinamentale e sistematico. Si è detto in sostanza:
che il termine «iscritti» si applichi con esclusione degli avvocati
già pensionati appare desumibile da una circostanza fondamen
tale, e cioè che gli effetti della retrodatazione, di fatto, sarebbe
ro utilizzabili al solo fine del mutamento del titolo della pensio
ne (e nella fattispecie ai fini della sua riliquidazione). Sotto tale
profilo la retrodatazione non potrebbe incidere sulla liquidazio
ne dei supplementi di cui sopra in motivazione per l'evidente
motivo che gli stessi sono calcolati solo con riferimento all'ulti
mo quinquennio. La difesa argomenta insomma che con la retrodatazione po
trebbe arrivarsi alla modifica della pensione e ciò appare positi
vamente escluso dal divieto di mutamento del titolo della pen
sione. Infatti — secondo l'assunto in esame — nel vigente siste
ma previdenziale esiste il principio fondamentale per cui, se è
vero che nell'unità del rapporto assicurativo i contributi sono
destinati ad assicurare la copertura dei vari rischi oggetto della
tutela, tuttavia, una volta verificatosi l'evento costituente il ri
schio protetto col riconoscimento all'assicurato del diritto al cor
rispondente trattamento previsto dalla legge, viene a consoli
darsi una posizione di diritto soggettivo, la quale, salvo espres
se norme contrarie, non può essere trasformata o sostituita a
scelta dell'interessato.
Esisterebbe dunque un argomento dogmatico di interpreta
zione del testo normativo per cui all'enunciato va attribuito il
significato suggerito dal sistema dei concetti e dei principi gene
rali dell'ordinamento.
La prospettazione non può essere condivisa per l'evidente mo
tivo che nella fattispecie non si dà alcun mutamento del titolo
della pensione. Infatti non si tratta di passare da un tipo di
pensione all'altra ma di riliquidare lo stesso tipo di pensione
(vecchiaia) sulla base di una facoltà (retrodatazione) consentita
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1679 PARTE PRIMA 1680
dalla legge. Pertanto, se questo è il meccanismo non c'è né mu
tamento né modifica del titolo della pensione e dunque nessun
conflitto tra l'interpretazione della norma qui sostenuta ed i
principi generali dell'ordinamento.
Sul punto può invece concordarsi che l'unica ipotesi di muta
mento del titolo è quella dell'art. 5 1. 576/80; da pensione di
invalidità a pensione di vecchiaia. L'argomento interpretativo della costanza terminologica —
sostenuto dalla difesa della resistente e per cui nel contesto del
la 1. 576/80 quando ci si è voluto riferire agli avvocati-pensionati 10 si è fatto indicando ed evidenziando sempre la particolare condizione giuridica in cui era posta in luce la concorrenza tra
11 trattamento pensionistico ed il coevo esercizio di attività pro fessionale — costituisce canone interpretativo piuttosto debole
e comunque ancillare rispetto a quello letterale e non può essere
utilizzato per limitare posizioni di diritto compiutamente ed uni
vocamente definite quali quella del ricorrente.
Fin qui l'esegesi del dato testuale dell'art. 29 cit.
Per completare il quadro di riferimento occorre aggiungere che il termine per esercitare la facoltà di retrodatazione è stato
riaperto dall'art. 12 1. 141/92 e dall'art. 2, comma 202,1. 662/96.
Circa il disposto dell'art. 12 cit. va aggiuntivamente osserva
to che in tale norma la facoltà di retrodatazione è stata conces
sa agli eredi: «Il termine di cui al 1° comma dell'art. 29 1. 20
settembre 1980 n. 576 è riaperto per la durata di un anno dal
l'entrata in vigore della presente legge, ai soli fini della retroda
tazione degli effetti di iscrizioni già avvenute. La facoltà di re
trodatazione è estesa ai superstiti degli iscritti deceduti dopo l'entrata in vigore della citata 1. n. 576 del 1980».
La lettura che di tale norma deve darsi è del tutto analoga a quella dell'art. 29 in quanto — e per le stesse ragioni sopra menzionate — essa si riferisce agli avvocati iscritti alla cassa.
Sul punto vanno condivise le osservazioni di parte ricorrente
laddove si prospetta che la facoltà sia concessa anche ai super stiti e che tali siano tanto i titolari di pensione indiretta che
di reversibilità. Sul punto ha insistito la difesa della resistente con una lettura
della norma che non può essere condivisa poiché essa, lungi dal costituire prova di una eccezione al sistema, deve conside
rarsi al contrario armonizzata nel sistema stesso.
Sulla scorta di tali premesse la soluzione delle questioni sorte
nella presente controversia diventa agevole. È infatti pacifico tra le parti che il ricorrente — nato nel
maggio 1928 — ha ottenuto la liquidazione della pensione di
vecchiaia nel giugno 1993 pur continuando ad essere iscritto
alla cassa, producendo reddito e versando la relativa contri
buzione.
L'aw. Mazzocchi ha chiesto in giudizio il riconoscimento della
facoltà di retrodatazione dell'iscrizione per gli anni 1956, 1957, 1958, 1959 avvalendosi dell'art. 2, comma 202, 1. 662/96.
In conformità di quanto sopra argomentato deve ritenersi che il professionista è tuttora titolare della facoltà dedotta e che
la stessa non sia preclusa dall'aver egli maturato ed ottenuto il trattamento pensionistico di vecchiaia.
Poiché il ricorrente ha precisato che il suo interesse si limita
ad una pronunzia dichiarativa del diritto vantato, l'esame del
giudicante deve arrestarsi alle questioni fin qui trattate.
Consegue l'accoglimento del ricorso.
Il Foro Italiano — 1999.
PRETURA DI BOLOGNA; sentenza 26 ottobre 1998; Giud.
Acierno; Santinami e Baldazzi (Aw. Accongiagioco) c. Soc.
Finemiro (Aw. Corsini).
PRETURA DI BOLOGNA;
Interessi — Credito al consumo — Interessi moratori — Anato
cismo — Limiti (Cod. civ., art. 1283).
In caso di inadempimento di un contratto di credito al consu
mo, una società finanziaria non può pretendere il pagamento
degli interessi moratori sugli interessi corrispettivi non versa
ti, se non dal giorno della domanda giudiziale e sempre che
questi ultimi siano dovuti da oltre sei mesi. (1)
Svolgimento del processo. — 1. - Con ricorso presentato alla
Pretura di Bologna il 4 luglio 1996, la Finemiro s.p.a. esponeva di essere creditrice nei confronti dei signori Silena Baldazzi (quale obbligata principale) ed Augusto Santinami (quale obbligato in
garanzia) della somma di lire 28.029.736, comprensiva di inte
ressi sino al 31 maggio 1996. Tale somma era dovuta in seguito ad inadempimento di un contratto di finanziamento sottoscritto
in data 10 luglio 1991 per l'acquisto di un'autovettura presso il venditore convenzionato West Car s.n.c.
2. - Con decreto ingiuntivo n. 3349/96 emesso in data 17
luglio 1996, il Pretore di Bologna ingiungeva alla Baldazzi ed
al Santinami il pagamento di lire 28.029.736, oltre agli interessi
di mora al tasso del 2,5 per cento mensile dal 1° giugno 1996
al saldo, ed oltre alle spese di causa liquidate in lire 1.060.000
più il 10 per cento di legge, Iva e Cpa. Ricorso e decreto ingiun tivo sono poi stati notificati agli ingiunti in data 31 luglio 1996.
3. - Con atto di citazione regolarmente notificato in data 25
ottobre 1996, Baldazzi e Santinami convenivano in giudizio la
Finemiro s.p.a., chiedendo la revoca del decreto.
Esponevano gli opponenti che la Finemiro aveva erogato alla
signora Baldazzi una somma netta di lire 18.250.000, da resti
tuire in quarantotto rate mensili di lire 566.000 cadauna con
decorrenza il 1° settembre 1991 e termine il 1° agosto 1995,
per un ammontare globale quindi di lire 27.168.000 comprensi vo di un tasso di interesse annuo del 21,50 per cento. La signo
(1) La sentenza in epigrafe (redatta con la collaborazione dell'uditore
giudiziario Gianluigi Morlini) allevia l'oneroso fardello debitorio gra vante su un consumatore che aveva ottenuto un finanziamento per l'ac
quisto di un'autovettura e sul suo fideiussore, decurtando l'ammontare della somma pretesa dalla società finanziaria, una volta cessato il paga mento delle rate di rimborso del prestito.
Esclusa ogni altra via per tutelare la posizione del debitore, tenuto in forza delle clausole contrattuali alla corresponsione di interessi parti colarmente elevati, l'unico riferimento normativo che può essergli d'au silio rimane quello del divieto di capitalizzazione degli interessi, al di là dei limiti segnati dall'art. 1283 c.c.
Il giudicante riconosce, infatti, l'operatività di tale disposizione an che con riferimento agli interessi moratori (in tal senso, v. Cass. 24
maggio 1986, n. 3500, Foro it., Rep. 1986, voce Interessi, n. 11) ed esclude l'esistenza di un uso normativo idoneo a derogare alla stessa al di fuori dei rapporti bancari (ma qualche dubbio si insinua anche all'interno di quest'area: v., da ultimo, Trib. Monza 23 febbraio 1999, id., 1999, I, 1340).
Per l'impossibilità di estendere l'uso esistente in materia bancaria cir ca la corresponsione degli interessi composti ai prestiti effettuati da so cietà finanziarie, v. Cass. 12 aprile 1980, n. 2335, id., Rep. 1982, voce Consuetudine ed uso, n. 2 (per esteso, Giur. it., 1982, I, 1, 237, con nota di P. D'Amico, Osservazioni in tema di usi e loro estensione sog gettiva: materia bancaria, società finanziarie ed anatocismo); cfr. altresì Trib. Milano 30 giugno 1997, Banca, borsa, ecc., 1998, II, 680, secon do cui gli usi normativi che consentono la deroga alla disposizione im
perativa di cui all'art. 1283 c.c. operano soltanto relativamente ai rap porti bancari, nell'ambito dei quali non possono essere ricomprese le
operazioni di anticipazione effettuate dal factor. Secondo App. Napoli 21 gennaio 1981, Foro it., Rep. 1981, voce
Fallimento, n. 252 (per esteso, Dir. fallim., 1981, II, 161), si configura una violazione dell'art. 1283 c.c. allorquando vengano pattuiti interessi moratori sulle rate scadute e non pagate di un mutuo, già comprensive degli interessi corrispettivi.
Con riferimento al contratto di leasing, Cass. 29 marzo 1996, n. 2909, Foro it., 1996,1, 1621, sul presupposto che il canone dovuto dall'utiliz zatore è il corrispettivo per il godimento del bene, ancorché esso, oltre ad essere commisurato al prezzo di acquisto sborsato dal concedente, sia di regola comprensivo anche dell'interesse sul capitale investito, ha ritenuto che non costituisce anatocismo la clausola a tenore della quale sono dovuti interessi di mora per il ritardo nell'adempimento.
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