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sezione I civile; sentenza 29 maggio 1992, n. 6520; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Martinelli(concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Guicciardi) c. Soc. Permaflex; Soc. Permaflex (Avv.Iresa, Puoti) c. Min. finanze. Conferma App. Bologna 26 ottobre 1987Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1993), pp. 2303/2304-2309/2310Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187556 .
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2303 PARTE PRIMA 2304
come tale riservata alla giurisdizione speciale attribuita in mate
ria del citato d.p.r. 636/73 in via esclusiva alle commissioni, che non può risultare pregiudicata ad opera di un giudice diverso.
Con la sentenza n. 6040 del 15 ottobre 1986 (id., Rep. 1987, voce Riscossione delle imposte, nn. 69, 70) questa corte ha poi
specificamente esaminato il caso dell'opposizione all'esecuzione esattoriale intrapresa nei confronti di un soggetto diverso dal
debitore iscritto a ruolo in forza di una pretesa sua coobligazio ne solidale; ed ha affermato che la domanda di detto soggetto
passivo rivolta a denunciare l'illegittimità dell'azione esecutiva
per difetto di titolo configura un'opposizione all'esecuzione, come
tale non proponibile (ai sensi degli art. 53 e 54 d.p.r. 29 settem bre 1973 n. 604) dinanzi al giudice ordinario e che resta invece
devoluto alle commissioni tributarie l'accertamento dell'inesi
stenza dei presupposti dell'obbligazione. Tale principio non può non essere esteso al terzo che, in via
di opposizione ex art. 619 c.p.c., faccia valere un'uguale prete
sa, con riferimento alla posizione del debitore d'imposta o di
un coobbligato di questi, e chieda al giudice (ordinario) dell'e secuzione l'accertamento in via incidentale della non debenza
del tributo da parte dei detti soggetti, per i riflessi che indiretta
mente deriverebbero a suo favore da un simile accertamento
negativo. Oggetto del giudizio di opposizione di terzo, che è
autonomo rispetto al processo esecutivo, è la legittimità dell'e
secuzione esclusivamente sotto il profilo dell'appartenenza del
bene pignorato al debitore. Il terzo non è cioè legittimato a
far valere vizi della procedura; tanto meno può, quando per l'accertamento di questi è prevista la giurisdizione delle com
missioni tributarie, dedurre detti vizi dinanzi al giudice ordina
rio dell'opposizione ex art. 619 c.p.c., al quale non può essere rimessa la cognizione di una controversia tributaria neppure in
via di accertamento incidentale. Al di fuori di ciò, resta invece
ferma, ovviamente, la competenza giurisdizionale dello stesso
giudice a conoscere nel merito dell'opposizione di terzo, per
quanto riguarda l'appartenenza del bene sottoposto all'esecu
zione fiscale.
Correttamente perciò nel caso in esame la corte di merito
ha ribadito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a
conoscere della questione proposta dall'opponente in ordine al
l'inesistenza dell'obbligazione tributaria, a titolo solidale, della
Gualino quale moglie del debitore, per non avere essa sotto
scritto il concordato fiscale concluso dal curatore dell'eredità
giacente del marito, unico debitore d'imposta. Ciò tanto più in quanto di detta questione era stato investito (su istanza degli eredi della Gualino) proprio il giudice tributario, come risulta
dalla decisione della Commissione centrale esibita dal ricorrente
in questa sede.
3. - Per logica conseguenza, deve essere disattesa anche la censura di cui al quarto motivo di ricorso, con il quale si dedu
ce l'omessa pronunzia sulla richiesta di sospensione del presente giudizio fino all'esito di quello tributario ora ricordato. Essen
do l'oggetto dei due giudizi diverso — quello tributario, sulla
legittimità della pretesa esecutiva dell'amministrazione finanzia
ria; quello attuale, sull'appartenenza dei mobili pignorati al ter zo opponente o al debitore esecutato — non esisteva rapporto di pregiudizialità. E pertanto esattamente venne rifiutata la chiesta
sospensione, tanto più che il terzo rivendicante del bene poteva
svolgere validamente le proprie ragioni in ordine all'apparte nenza del bene dinanzi al giudice dell'esecuzione, senza necessi
tà di attendere la decisione sulla controversia tributaria, alla
quale egli era estraneo.
4. - Resta da esaminare il terzo motivo di ricorso, con il qua
le, denunziando la violazione degli art. 619 c.p.r. e 2697 e 2727
c.c. oltre che il vizio di carenza di motivazione, il Rivetti sostie
ne che erronemante la corte di Torino ha ritenuto che egli non
aveva fornito la prova necessaria per vincere la presunzione di
appartenenza alla Gualino dei beni mobili pignorati nel suo al
loggio, senza considerare che invece egli aveva esibito il con
tratto di locazione relativo all'altro alloggio, del tutto autono mo anche se contiguo, di proprietà della predetta ma da lui
occupato. La resistente banca popolare, oltre ad eccepire (al pari del
l'amministrazione finanziaria) l'infondatezza di tale censura, pro
pone un motivo di ricorso incidentale condizionato per sostene re che la corte di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissi
bile o improponibile l'opposizione ai sensi dell'art. 52 d.p.r.
602/73, perché proposta dal nipote ex filio della debitrice e cioè
Il Foro Italiano — 1993.
da uno dei congiunti cui, per detta disposizione di legge, l'op
posizione all'esecuzione è vietata.
È però evidente l'infondatezza del su riportato motivo del
ricorso principale: e ciò toglie rilevanza al ricorso incidentale
che va perciò dichiarato assorbito.
Si tratta infatti di censura chiaramente di merito, inammissi
bile perché tende a chiedere un riesame del materiale probatorio in base al quale la corte di Torino ha ritenuto non fornita la
dimostrazione che i mobili rinvenuti nella «casa del debitore»
fossero di proprietà del terzo rivendicante. La sentenza impu
gnata ha dato conto in modo adeguato, con motivazione esente
da vizi logici e giuridici, del fatto che le denunzie verbali di
locazione esibite dal Rivetti non potevano costituire prova vali
da dell'esistenza di un contratto di locazione con l'attuale ricor
rente, poiché in base alle deposizioni testimoniali rese dal fra
tello del padre di questi e alle dichiarazioni rese dall'ufficiale
giudiziario che procedette al pignoramento non era risultato che
l'appartamento in cui erano stati rinvenuti i mobili pignorati (unico, anche se con due ingressi) fosse diverso da quello del
Rivetti, né che questi fosse il proprietario di tutti i mobili sui
quali era caduto il pignoramento. La corte di merito ha cioè
considerato il valore probatorio della denunzia verbale di fitto
e l'ha ritenuto insufficiente, a fronte delle contrarie risultanze
di prova acquisite, a vincere la presunzione di appartenenza al
debitore dei mobili rinvenuti nella sua casa di abitazione.
Il ricorso principale è perciò da rigettare, perché infondato
in tutti i suoi motivi, mentre (come si è detto) resta assorbito
l'esame del ricorso incidentale condizionato dalla Banca popo lare di Novara.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 29 mag
gio 1992, n. 6520; Pres. Vela, Est. R. Sgroi, P.M. Marti
nelli (conci, diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Guicciar
di) c. Soc. Permaflex; Soc. Permaflex (Avv. Iresa, Puoti) c. Min. finanze. Conferma App. Bologna 26 ottobre 1987.
Lotto, lotteria e concorsi a premi — Operazione a premio vieta ta — Tassa proporzionale di lotteria — Inapplicabilità (R.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, riforma delle leggi sul lotto pubbli
co, art. 44, 49, 51; 1. 5 giugno 1939 n. 973, conversione in
legge, con modificazioni, del r.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, art. unico).
Lotto, lotteria e concorsi a premi — Operazione a premio —
Regali in natura — Assimilabilità agli sconti — Esclusione
(R.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, art. 44; 1. 5 giugno 1939
n. 973, art. unico; r.d. 25 luglio 1940 n. 1077, regolamento sui servizi del lotto e sul personale delle ricevitorie, art. 107).
La tassa proporzionale prevista dell'art. 49, 5° comma, r.d.l.
19 ottobre 1938 n. 1933 — da qualificarsi tassa di licenza, al pari della tassa fissa contemplata dallo stesso articolo —,
quantunque sia collegata all'autorizzazione per lo svolgimen to delle operazioni a premio di cui all'art. 44 r.d.l. 1933/38, è dovuta anche nel caso in cui tale autorizzazione non sia
stata chiesta, sempre che l'operazione a premio sia suscettibi
le di essere autorizzata; qualora invece l'operazione sia orga nizzata con modalità vietate (nella specie, si trattava di una
operazione che riconosceva premi in denaro, in violazione del
l'art. 51 r.d.l. 1933/38), la tassa proporzionale non è
dovuta. (1)
(1) Non si rinvengono precedenti in termini nella giurisprudenza del la Suprema corte; in dottrina, v. G. Ielo, Per la Cassazione il «paghi 2 - prendi 3» è una operazione a premio (nota a Cass. 29 maggio 1992, n. 6520, in epigrafe), in Corriere trib., 1992, 2227, il quale cita il d.m. fin. 23 giugno 1981, n. 2393/V che ha annullato un'ordinanza con la
quale un'intendenza di finanza aveva chiesto il pagamento della tassa di lotteria per una manifestazione a premio non autorizzabile.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I regali in natura accordati alla clientela non in base a consue
tudini, convenzioni o accordi economici collettivi e al di fuori di singole pattuizioni contrattuali non costituiscono sconti bensì
operazioni a premio soggette alla disciplina di cui al r.d.l.
19 ottobre 1938 n. 1933. (2)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 22 otto
bre 1984, la soc. Permaflex conveniva dinanzi al Tribunale di
Roma l'amministrazione finanziaria dello Stato, assumendo che
la polizia tributaria aveva constatato con verbale 5 maggio 1980
che essa aveva posto in essere, senza autorizzazione ministeria
le, iniziative costituenti operazioni a premio, consistenti in rim
borsi di sconti differenziati o nell'utilizzazione dell'importo di tali sconti in acquisti successivi, nonché avere attuato, senza
autorizzazione, altre operazioni a premio, consistenti in omaggi di beni mobili ai rivenditori acquirenti di un determinato pro dotto o di un determinato quantitativo di prodotti; che l'inten
denza di finanza di Roma con ordinanza 10 novembre 1982
le aveva imposto di pagare lire 598.917.110 a titolo di tributo
evaso, lire 950.000 a titolo di pena pecuniaria, oltre interessi;
che il ministero delle finanze, con decreto 3 agosto 1984, aveva
respinto il suo ricorso; tutto ciò premesso, l'attrice chiedeva
che il tribunale annullasse i suddetti provvedimenti e dichiarasse
inesistente ogni obbligazione tributaria, osservando che le due
operazioni commerciali suddette non costituivano operazioni a
premio, e quindi non rientravano nella previsione degli art. 44
r.d.l. 19 ottobre 1983 n. 1933 e 107, 2° comma, r.d. 25 luglio 1940 n. 1077; che la concessione di sconti rientrava nella nor
male prassi dei contratti di commercio e che l'omaggio di beni
mobili ai rivenditori-acquirenti di un determinato quantitativo di prodotto doveva essere considerato una concessione gratuita a titolo di sconto.
Si costituiva l'amministrazione, resistendo alla domanda, che
veniva rigettata dal tribunale con sentenza del 21 dicembre 1985.
Su appello della soc. Permaflex, la Corte di appello di Roma,
con sentenza 26 ottobre 1987, accoglieva parzialmente l'impu
gnazione e pertanto dichiarava l'illegittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati nella parte in cui applicavano la tassa
di licenza e relativa addizionale all'operazione denominata «scala
sconti»; compensava fra le parti le spese di entrambi i gradi.
La corte osservava: — che la prima operazione consisteva nella concessione di
sconti agli acquirenti-venditori, che però non venivano applicati contestualmente all'acquisto ma venivano via via applicati in
In generale, sulla struttura della tassa di lotteria o di licenza, v., in
dottrina, E. De Sena, Concorsi e operazioni a premio, giuochi di abili tà e concorsi pronostici nel diritto tributario, voce del Digesto comm.,
Torino, 1988, III, 377; C. Taurino, Le manifestazioni promozionali a premio e le iniziative di sorte locali, in Tributi, 1992, fase. 7, 61; M. Corvaja, Cenni sulle principali problematiche fiscali dei concorsi
ed operazioni a premio, in Bollettino trib., 1989, 1857.
Sulla base imponibile della tassa di lotteria, v., da ultimo, Cass. 23
gennaio 1993, n. 783, Foro it., 1993, I, 1094, che afferma che nella determinazione di questa deve tenersi conto dell'importo totale — oneri
fiscali inclusi — che il destinatario del premio dovrebbe pagare per ac
quistare un identico oggetto. Sulle autorizzazioni e sanzioni in materia di manifestazioni a premio,
v., da ultimo, L. Ferrajoli, Manifestazioni promozionali a premi, in
Fisco, 1992, 6894.
(2) In tema di assoggettabilità alla tassa di lotteria o di licenza degli sconti alla clientela, v. Cass. 1° aprile 1987, n. 3107, Foro it., 1987,
I, 1040, e Rass. trib., 1987, II, 652, con nota di Tinelli, ad avviso
della quale la campagna promozionale di casa produttrice di automobili
basata sulla promessa di una valutazione minima dell'usato restituito
dagli acquirenti di vetture nuove integra gli estremi di uno sconto sul
prezzo di queste ultime, come tale non soggetto alla tassa di lotteria
o di licenza. In argomento, v. anche S. Fiaccadori, Gli sconti in natura ai clienti
in relazione alla disciplina delle manifestazioni a premio, in Fisco, 1990,
6883, e min. fin., ris. 26 settembre 1986, n. 4/294928, id., 1986, 7575.
Sugli sconti alla clientela, v. ora l'art. 7 d.l. 30 settembre 1989 n.
332, convertito nella 1. 27 novembre 1989 n. 384, che ha stabilito che
non sono soggette alle disposizioni sulle operazioni a premio le manife
stazioni i cui premi sono costituiti da sconti di prezzo o da quantità
aggiuntive del prodotto propagandato: su tale nuova disciplina, v. D.
Orazi, Le manifestazioni a premio alla luce delle recenti modifiche le
gislative, in Tributi, 1990, fase. 6, 39, e min. fin., circ. 18 settembre
1990, n. 6/4/6712, Dir. e pratica trib., 1991, I, 102.
Il Foro Italiano — 1993.
funzione della quantità di merce ordinata nell'arco di un anno.
Questo sistema, denominato «scala sconti» prevedeva cinque sca
glioni di acquisto espressi in lire ed altrettante percentuali di
sconto. La percentuale di sconto relativa al primo scaglione era
applicata a tutti; superato il tetto di primo scaglione, la somma
percentuale di sconto veniva applicata sugli acquisti del nuovo
scaglione; nel contempo veniva ricalcolato con la nuova percen tuale lo sconto già praticato sul primo scaglione e la differenza
fra lo sconto già concesso e quello nuovo e maggiore era accre
ditata al rivenditore o con l'emissione di una nota di credito
o di un assegno, o mediante la concessione al rivenditore di
portare l'importo in diminuzione dei pagamenti relativi ad ac
quisti successivi; — che la seconda operazione consisteva nella dazione gratui
ta ai rivenditori-acquirenti di un dato prodotto o di un dato
quantitativo di prodotti di omaggio di beni mobili; per esem
pio, la Permaflex dava in omaggio un materasso per ogni ordi
ne di dieci materassi, ovvero una scaffalatura per ogni ordine
di sedici materassi, ovvero una poltroncina per ogni ordine di
dieci materassi; — che non aveva fondamento la censura secondo la quale
le operazioni promozionali suddette non rientravano nella pre visione degli art. 43 e 44 r.d.l. 1933/38, in quanto i premi veni
vano attribuiti in modo automatico, in presenza di determinati
elementi di fatto e quindi senza nessuna alea, perché:
a) il sistema della scala sconti ricade nell'ambito delle opera
zioni a premio di cui all'art. 44 cit.; niun dubbio che lo sconto
fosse riconducibile al premio, ai sensi dell'art. 107 r.d. 1077/40.
Si trattava di operazioni a premio che non potevano essere au
torizzate, perché gli sconti venivano accreditati in un momento
successivo all'acquisto e perché consistevano nell'accredito di
denaro. L'impegno a concedere tali sconti aveva natura di pro
messa unilaterale e quindi era svincolata dal contratto di vendita;
b) quanto al secondo gruppo di operazioni, si trattava di una
pratica riconducibile all'art. 44, 2° comma, lett. b), che doveva
essere autorizzata. L'art. 44 prevede in modo espresso l'ipotesi dell'offerta di regali ed esige l'autorizzazione; anche ammessa
l'assimilazione dei regali agli sconti, l'autorizzazione sarebbe stata
indispensabile, considerato il consistente valore dei regali offerti; — che era invece fondata la censura con la quale si sosteneva
che la prima operazione non avrebbe potuto essere autorizzata,
e conseguentemente non avrebbe potuto essere soggetta a tassa
di autorizzazione, la quale non riguarda qualsiasi forma di ope
razione promozionale, ma soltanto determinate operazioni. Nes
suna tassa è applicabile ad operazioni non autorizzabili.
Avverso la suddetta sentenza l'amministrazione finanziaria ha
proposto ricorso per cassazione. La soc. Permaflex. resistendo
con controricorso, ha proposto ricorso incidentale, illustrato con
memoria.
Motivi della decisione. — Col primo motivo l'amministrazio
ne denuncia la mancanza od insufficienza di motivazione su
un punto decisivo, la violazione dell'art. 112 c.p.c. (art. 360,
nn. 3 e 5, c.p.c.), osservando che nella specie l'imposta applica ta era stata quella proporzionale di cui al 4° comma dell'art.
49 r.d.l. n. 1933 del 1938, che non è una tassa di licenza (tassa
fissa dovuta in relazione all'avvenuta autorizzazione ad espleta
re un numero indefinito di operazioni per un certo periodo di
tempo), ma un prelievo che è previsto perché è superato il limi
te, fissato dal ministero, dell'ammontare dei premi, non più
ragguagliato al tempo di durata dell'autorizzazione, ma all'am
montare effettivo dei premi, con l'aliquota dell'8 per cento.
Nella specie non vi era tassa di licenza, ma tassa proporzio
nale, per cui:
a) o la corte di Roma aveva avuto presente la differenza sud
detta, ed allora la questione da essa decisa in realtà non si pre
sentava;
b) o la corte non aveva avuto presente detta differenza, ed
allora la sentenza è erronea, perché la tassa proporzionale non
è collegata alla licenza ed è un prelievo collegato al fatto che
comunque si conseguono (in modo lecito o non, con autorizza
zione o non) effetti promozionali.
Col secondo motivo, l'amministrazione denuncia la violazio
ne degli art. 43, 46, 49, 53, 54 r.d.l. 1933/38 (art. 360, n. 3,
c.p.c.), osservando che la tesi accolta dalla corte di appello è
paradossale, perché teorizza un beneficio da doppia illegittimi
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2307 PARTE PRIMA 2308
tà, in quanto ammette che la Permaflex, in quanto non ha chie
sto la preventiva autorizzazione ed ha erogato premi consistenti
in denaro, commettendo una atto vietato, non deve pagare la
tassa proporzionale. Secondo l'amministrazione, a parte gli aspet ti sanzionatori penali, vi è la necessità del ripristino della situa
zione giuridica lesa sotto il profilo dell'entrata fiscale, perché l'effetto promozionale conseguito con il denaro non può andare
esente da tributo. Trattasi di tributi percetti in occasione di un'au
torizzazione amministrativa, che hanno come presupposto lo svol
gimento di attività promozionali mediante meccanismi premiali. Secondo l'amministrazione, non si può ricorrere all'argomen
to secondo cui non è scuscettibile di tassazione l'attività illecita,
perché il fatto illecito consiste nell'aver organizzato una mani
festazione a premi senza aver ricevuto la preventiva autorizza
zione e senza aver pagato la relativa tassa, non nella scelta del
mezzo (denaro) con cui il premio veniva erogato, essendo que sta una circostanza influente sulla concedibilità dell'autorizza
zione, ma non costituente un autonomo specifico illecito.
L'obbligo fiscale — secondo la ricorrente — non è eludibile
organizzando la manifestazione con modalità tali da renderla
non autorizzabile. Una volta che l'operazione si sia svolta, le
sue modalità non possono escludere la percezione del tributo
sull'ammontare dei premi erogati. Il ricorso è infondato. In primo luogo, le censure contenute
nel primo motivo non colgono nel segno perché è evidente e
chiaro il contenuto della sentenza impugnata, che è partita dal
presupposto che la tassa di cui all'art. 49 r.d. n. 1933 del 1938
e successive modificazioni sia in ogni caso una tassa di licenza, sia quando è stabilita in misura fissa che quando è stabilita
in misura proporzionale all'ammontare dei premi. Tale assunto si deve condividere. L'art. 49 stabilisce una tas
sa di licenza in misura variabile a seconda del reddito del sog
getto ed a seconda della circostanza che le operazioni a premio siano limitate ad una provincia od estese in due o più province, ma sempre in misura fissa, per ciascuno dei suddetti casi. Il
4° comma dispone: «L'applicazione della tassa di licenza è su
bordinata, però, alla condizione che i premi assicurati a tutti, considerati nel loro valore assunto e non in relazione all'entità
degli acquisti, siano contenuti nei limiti che sono fissati ogni anno . . .». Ed il successivo comma dispone: «Qualora il valore
dei premi sia per tutti superiore al limite stabilito, dovrà appli carsi la tassa proporzionale nella misura dell'8 per cento sul
valore complessivo dei premi stessi; qualora invece il valore dei
premi sia per alcuni contenuto nei limiti stabiliti nel decreto
del ministro per le finanze e per gli altri sia superiore a tale
limite, è dovuta sui primi la tassa di licenza e sugli altri la tassa
proporzionale dell'8 per cento».
Dall'ultimo comma dell'art. 49 risulta l'alternatività fra le due misure di tassa, ma non la distinzione fra esse.
La tassa fissa è indicata come tassa di licenza, per brevità
(comprendendosi in essa tutte le ipotesi indicate nei primi tre
commi); la tassa proporzionale non è espressamente indicata
come tassa di licenza, ma ciò non significa che essa non sia
tale. Altrimenti si dovrebbe concludere che quella proporziona le non è collegata all'autorizzazione, ma ad un altro presuppo sto, e cioè al compimento di fatto dell'operazione a premio. Tale conclusione contrasta con tutto il sistema del titolo V della
legge, che si occupa, appunto, delle previe autorizzazioni neces
sarie per i concorsi e le operazioni a premio, nonché con il
tenore letterale dell'art. 124: «Chiunque promuove od organiz za concorsi od operazioni a premio senza aver ottenuto la pre scritta autorizzazione o senza aver pagato la relativa tassa, è
punito . . .». La punizione si riferisce, evidentemente, ai due
tipi di tassa, non essendo previsto un esonero da responsabilità, nel caso che sia dovuta la tassa proporzionale la quale, quindi, è espressamente definita come «relativa» all'autorizzazione, e cioè come tassa connessa all'autorizzazione medesima. L'alter
natività fra le due ipotesi si spiega con l'osservazione che, evi
dentemente, chi non ha ottenuto la prescritta autorizzazione, non avrà pagato la tassa relativa ad essa; ma chi ha ottenuto
l'autorizzazione può incorrere nella contravvenzione solo per il fatto (diverso) di non aver pagato la «relativa tassa».
Sorge il problema se una tassa collegata all'autorizzazione sia
dovuta quando detta autorizzazione non sia stata chiesta (e cioè
per il fatto obiettivo di avere organizzato o promosso le opera zioni a premio) e la risposta non può che essere positiva (perché
Il Foro Italiano — 1993.
altrimenti si autorizzerebbe l'evasione volontaria dal tributo, rea
lizzata con la semplice astensione dal richiedere l'autorizzazio
ne), ad una precisa condizione: che, cioè, la suddetta operazio ne rientri fra le operazioni autorizzabili.
Se l'autorizzazione non può essere data (per esempio, come
nel caso di specie, perché i premi consistevano in denaro e cioè
l'operazione era organizzata con modalità vietate dall'art. 51) si spezza il legame necessario fra l'autorizzazione (concessa o
concedibile) e la tassa, la quale andrebbe a colpire non un fatto
di evasione fiscale, ma un fatto di «elusione» e cioè un procedi mento indiretto rivolto al medesimo risultato pratico, con mo
dalità diverse da quelle previste dalla legge. Si può ammettere
la parificazione fra l'evasione o l'elusione quando la legge pre veda un'ipotesi specifica di frode fiscale, colpendo con la stessa
imposizione tutti i fatti — comunque configurati — diretti a
raggiungere il medesimo scopo, ovvero quando dal sistema ri
sulta l'indifferenza di un atto formale, per la percezione della
tassa. Se, invece, il sistema è, come nel caso di specie, nel senso
di un'indefettibile correlazione fra la tassa e l'atto formale, se
questo non solo non esiste, ma non potrebbe neppure esistere
per difetto di un requisito dell'atto di autorizzazione, l'imposi zione andrebbe a colpire un atto diverso da quello configurato dalla legge e, quindi, difettandone uno degli elementi costituti
vi, non può essere pretesa. Certamente, il sistema ricostruito in tal modo si presta ad
una facile elusione fiscale, ma dovrebbe essere la legge a preve dere tale fenomeno (con l'espressione, per esempio: «con qua
lunque mezzo o modalità» riferita all'operazione a premio, per la quale è dovuta la tassa di licenza non richiesta e, quindi, non ottenuta e, per avventura, neppure ottenibile).
Con il ricorso incidentale, la soc. Permaflex denuncia la vio
lazione e falsa applicazione degli art. 43 e 44 r.d.l. 1933/38
e dell'art. 107 r.d. 1077/40, relativamente all'erronea assimila
zione dell'operazione commerciale praticata dalla società nella
forma di sconto in merce con le operazioni a premio; operazio ne che andava inquadrata tra gli sconti di prezzo ed analoghe facilitazioni concesse all'atto dell'acquisto o del successivo pa
gamento, che l'art. 107 r.d. n. 1077 esclude dalla soggezione alle norme sulle operazioni a premio, in quanto è evidente che
la fornitura di un bene di produzione della società venditrice
determinava null'altro che la diminuzione del prezzo globale,
e, quindi, rimanendo immutato il prezzo di listino, costituiva uno sconto di prezzo.
Secondo la ricorrente, il legislatore, nel qualificare gli sconti
di prezzo e le analoghe facilitazioni, non li ha voluti agganciare ad un parametro di valutazione economica, ma ha solo tenuto
presente la sussistenza di una consuetudine commerciale o di
una pattuizione commerciale; esistenza la quale porta ad esclu
dere non soltanto gli sconti in denaro, ma anche quelli in merce
o natura e cioè le cessioni gratuite di beni che sono fatte a titolo di sconto od abbuono, per la considerazione che il valore
dei beni ceduti a tale titolo viene in pratica incluso il prezzo dei prodotti cui lo sconto od abbuono si riferisce, per cui è
ininfluente il valore della merce fornita a titolo di sconto, solo
oggetto ai rapporti di convenienza commerciale e di economici
tà correnti fra le parti, in forza delle cennate convenzioni di
fornitura.
Il ricorso è infondato. Si può riconoscere l'esattezza del rilie
vo mosso contro l'argomentazione secondo cui l'assimilazione
dei regali agli sconti sarebbe irrilevante, perché «l'autorizzazio ne sarebbe stata comunque indispensabile, considerato il consi
stente valore dei regali». Invero, se si fosse trattato di sconti
ai sensi dell'art. 107, 2° comma, il valore dei medesimi sarebbe
stato indifferente (rilevando esso, invece, solo nell'ipotesi che
non si fosse trattato di sconti, ai sensi del 1° comma). Ma si
tratta di argomentazione aggiuntiva, che non scalfisce l'accerta mento di merito (contro cui non viene mossa alcuna censura
se non l'asserzione pura e semplice di una contraria modalità
di erogazione dei c.d. sconti) secondo cui l'impegno di concede
re gli sconti aveva natura di promessa unilaterale, e quindi era
svincolato dal singolo contratto di vendita; affermazione for
malmente contenuta nella parte della sentenza che si occupa della prima operazione («scala sconti»), ma è implicitamente riferibile anche al secondo tipo di operazioni. Pertanto, secon
do l'incensurabile accertamento di fatto del giudice del merito, non esisteva né la singola pattuizione contrattuale, né la con
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
suetudine o la convenzione o l'accordo economico collettivo, a cui l'art. 107, 2° comma, condiziona la possibilità di esclude
re dalla applicabilità delle norme sulle operazioni a premio di
cui al 2° comma, lett. ti) dell'art. 44 della legge gli sconti «e
le analoghe facilitazioni» concessi all'atto dell'acquisto o del
successivo pagamento, trattandosi, invece, di una promessa uni
laterale di un regalo in natura (vedi la sentenza là dove si riferi
sce il contenuto della sentenza del tribunale, confermata dalla
corte di appello, in ordine alla promessa unilaterale ed all'esclu
sione della pattuizione contrattuale).
Pertanto, non applicandosi l'esclusione di cui al 2° comma
dell'art. 107 del regolamento del 1940, si rientrava nell'ambito
della lett. ti) del 2° comma dell'art. 44 della legge del 1938,
come ha esattamente affermato la corte.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 29 mag gio 1992, n. 6480; Pres. Brancaccio, Est. Taddeucci, P.M.
Caristo (conci, conf.); Carusillo (Avv. Lubrano) c. Cassa
pensioni dipendenti enti locali (Avv. dello Stato Stipo). Con
ferma Corte conti, sez. giur. reg. Sardegna 21 giugno 1986,
n. 215.
Corte dei conti — Sezione giurisdizionale per la Sardegna —
Numero dei votanti — Questione manifestamente infondata
di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 21 marzo 1953 n. 161, modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti,
art. 2; 1. 8 ottobre 1984 n. 658, istituzione in Cagliari di una
sezione giurisdizionale e delle sezioni riunite della Corte dei
conti, art. 5). Cassazione civile — Motivi inerenti alla giurisdizione — Vizi
di costituzione del giudice (Cost., art. Ill; cod. proc. civ.,
art. 158, 360, 362).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 5, 1° comma, l. 8 ottobre 1984 n. 658 per aver ridotto a tre il numero dei votanti componenti il collegio
della sezione della Corte dei conti per la Sardegna, laddove
l'art. 2 l. 21 marzo 1953 n. 161 prevede per ciascuna sezione
giurisdizionale della Corte dei conti il numero invariabile di
cinque votanti, in riferimento all'art. 3 Cost, (nella motiva
zione si precisa che detta limitazione numerica trova adegua ta giustificazione nell'esigenza di attuare un progressivo de
centramento degli organi preposti all'amministrazione della giustizia contabile senza peraltro scalfire i caratteri fondamen
tali degli organi giurisdizionali quali la precostituzione, l'indi
pendenza e la collegialità del giudice). (1) È ammissibile il ricorso per cassazione avverso le decisioni del
giudice speciale ai sensi degli art. Ili, 3° comma, Cost, e
362, 1° comma, c.p.c., inquadrandosi nel difetto di giurisdi
zione il vizio derivante dalla irregolare costituzione del eolle
(1) Non si rinvengono precedenti nella giurisprudenza della Cassazio
ne. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale regione Sardegna, aveva,
invece, già rilevato con la pronuncia del 20 gennaio 1987, n. 158 (Foro
it., Rep. 1987, voce Responsabilità contabile, n. 81), la manifesta in
fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, 1°
comma, 1. 8 ottobre 1984 n. 658, affermando che la sola diversità di
composizione numerica non altera l'intima struttura dell'organo, non
incide sulla collegialità dello stesso e non determina una disparità di
trattamento tra i soggetti sottoposti all'uno o all'altro giudizio. Sul decentramento delle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti,
cfr. il d.l. 15 maggio 1993 n. 143, Le leggi, 1993, 1, 1483, di reitera
del d.l. 8 marzo 1993 n. 54, ibid., 977, sul quale cfr., da ultimo, in
prima approssimazione, F. Petralati, L'azione a tutela della legittimi tà amministrativa nel d.l. 8 marzo 1993 n. 54, in Documenti giustizia,
1993, fase. 4, 592.
Il Foro Italiano — 1993.
gio giudicante, ancorché tale irregolarità implichi una que stione di legittimità costituzionale della norma prevedente quel la costituzione. (2)
Svolgimento del processo. — La Corte dei conti per la Sarde
gna — sezione giurisdizionale per le pensioni civili — con deci
sione del 21 giugno 1986 ha respinto il ricorso proposto dal
dr. Nunzio Carusillo avverso il decreto del ministero del tesoro
relativo alla determinazione del suo trattamento pensionistico. Con ricorso notificato il 28 marzo 1987 il dr. Carusillo ha
adito questa corte per sentir annullare la suindicata decisione,
deducendo il difetto assoluto di giurisdizione nell'organo che
l'aveva emessa per irregolare sua composizione, e sollevando
a tale scopo questione di legittimità costituzionale dell'art. 5,
1° comma, 1. 8 ottobre 1984 n. 658, in relazione all'art. 3 Cost.
La amministrazione controinteressata, Cassa pensioni dipen denti enti locali, ha resistito alla impugnazione, con controri
corso. Il ricorrente ha prodotto memoria.
(2) I. - Allineandosi con la posizione espressa in suddetta pronuncia, la Corte di cassazione nella sentenza in epigrafe coglie l'occasione per ribadire l'ormai consolidato orientamento interpretativo secondo il quale i vizi attinenti alla regolare costituzione del collegio giudicante, si tra
ducono in difetto di giurisdizione dell'organo stesso.
Detto indirizzo, affermatosi in giurisprudenza fin dagli anni venti
(Cass., sez. un., 28 aprile 1925, Foro it., Rep. 1925, voce Ferrovie e
tramvie, n. 145; 22 giugno 1928, n. 2927, id., Rep. 1928, voce Impiega to governativo, n. 128; divenuto massima consolidata n. 117, id., Rep. 1948, voce Cassazione civile, n. 37), fu contraddetto da Cass. 16 dicem
bre 1950, n. 2775 (id., 1951, I, 303) — la quale individuò nella irregola re composizione del collegio giudicante un vizio determinante la nullità
della sentenza — e, «posto nel nulla» (l'espressione è di A. Scialoja
in nota a Cass. 10 dicembre 1951, n. 2764, id., 1952, I, 188), dalla
successiva pronuncia delle sezioni unite 19 ottobre 1951, n. 2641 (est.
Torrente), id., 1951, I, 1316, con nota di richiami. In tale occasione fu osservato come la alterazioni nella composizione
numerica dei collegi giudicanti, non comportassero alterazioni in punto di giurisdizione e di competenza ma, piuttosto, la «inesistenza» del prov vedimento giurisdizionale in quanto tale. Ciò considerando che: «l'irre
golare composizione del collegio giudicante non tocca il problema della
ripartizione della potestas decidendi tra i vari organi e neppure concer
ne la sottrazione della controversia dalla potestà medesima. La compe tenza e la giurisdizione riguardano l'attività dell'organo, laddove la com
posizione del collegio attiene ad un momento logicamente e cronologi camente anteriore all'esplicazione di questa attività e più propriamente si riferisce alla struttura del soggetto chiamato a giudicare».
Detta posizione, autorevolmente sostenuta in dottrina (V. Andrioli, nota a Cass., sez. un., 10 gennaio 1949, n. 7, id., 1949, I, 343, il quale considerava l'estensione del concetto di «difetto di giurisdizione» attua to dalla giurisprudenza «non . . . teoricamente giustificabile»), fu ac
colta nella successiva pronuncia della Cassazione 11 ottobre 1952, n.
3008 (id., 1952, I, 1321) che compose l'antinomia con il precedente orientamento sottolineando la specularità degli indirizzi: «tali statuizio
ni, in apparenza contrastanti, considerano ciascuna e risolvono la que stione di aspetti particolari e diversi, secondo cioè che si prenda in esa
me la pronuncia emessa dall'organo irregolarmente composto, quale atto a sé e la sua rilevanza per il diritto, ovvero la potestà dell'organo
irregolare che la pronuncia emise. Sotto il primo aspetto non può essere
dubbio che la pronuncia di un tale organo è "inesistente" (. . .): l'atto
non proviene da chi rivesta la qualità di giudice, e pertanto non esiste, è niente per il diritto. Ma se ciò non è contestabile, non pare nemmeno
disputabile che, quando la legge attribuisce l'esercizio del potere giuris dizionale ad un organo collegiale da costituirsi in un determinato mo
do, e della controversia invece conosca e giudichi organo diversamente
composto, ben possa e debba affermarsi che l'organo irregolare non
ha giurisdizione, o che, vale lo stesso, "difetta di giurisdizione"». Da
allora la giurisprudenza ha costantemente affermato detta interpreta zione estensiva del concetto di «difetto di giurisdizione», precisandone, via via, la portata.
Utili riferimenti in proposito — oltre alle pronunce richiamate nella
sentenza in epigrafe — sono contenuti nelle decisioni delle sezioni unite
della Suprema corte 3 giugno 1978, n. 2774, id., 1978, I, 1900, con
nota di F. Cipriani; 21 aprile 1982, n. 2476, id., 1982, I, 1256; 16
dicembre 1987, n. 9305, id., 1988, I, 1576, nelle quali il difetto di giuris dizione per irregolare costituzione dell'organo giudicante, è stato ravvi
sato nelle ipotesi di alterazione della sua struttura quantitativa o quali
tativa, di totale carenza di legittimazione di uno o più dei suoi compo nenti ovvero di loro assoluta inidoneità a farne parte.
II. - La fattispecie considerata dalla pronuncia in rassegna si diffe
renzia, peraltro, dai casi fin'ora ricordati (e, per vero, anche da quelli
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