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sezione I civile; sentenza 9 aprile 1999, n. 3462; Pres. Losavio, Est. Panebianco, P.M. Maccarone(concl. conf.); Fall. soc. Casearia sarda export (Avv. Contaldi, Parodi) c. Min. finanze. ConfermaApp. Genova 11 aprile 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 7/8 (luglio-agosto 1999), pp. 2243/2244-2247/2248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194988 .
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2243 PARTE PRIMA 2244
troduzione di un tale rimedio straordinario e la sua disciplina,
quanto ai presupposti e alle modalità di esperimento dello stes
so, non possono che rientrare nella discrezionalità del legislatore».
Questa prospettazione, a sua volta non è nuova nella giuris
prudenza della Corte costituzionale che si era già in tal senso
espressa nella citata sentenza n. 294 del 1995, con la quale, in
riferimento ad eventuali errori contenuti nelle pronunce della
Corte di cassazione, aveva affermato che l'introduzione nel si
stema processuale di un mezzo straordinario d'impugnazione per ovviare a tali errori comporta innovazioni che, per la loro am
piezza e per la pluralità di soluzioni e modalità attuative, non
possono che discendere da scelte riservate al legislatore nell'e
sercizio della sua sfera di discrezionalità; nonché nella sentenza
n. 21 del 1982, cit., con la quale, in relazione, ancora una volta,
ad un caso di dedotta violazione del principio del contradditto
rio, aveva ritenuto che, pur trattandosi di una situazione «di
indubbia gravità», solo il legislatore potrebbe porvi rimedio in
troducendo un mezzo straordinario d'impugnazione.
Deve, dunque, ribadirsi, anche alla luce di queste ultime con
siderazioni, il rilievo d'inammissibilità del ricorso.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 9 aprile
1999, n. 3462; Pres. Losavio, Est. Panebianco, P.M. Mac
carone (conci, conf.); Fall. soc. Casearia sarda export (Avv.
Contaldi, Parodi) c. Min. finanze. Conferma App. Genova
11 aprile 1995.
Fallimento — Azione revocatoria fallimentare — Ipoteca legale
per debiti tributari — Equiparazione all'ipoteca giudiziale —
Revocabilità — Esclusione — Limiti (Cod. civ., art. 2818; 1. 7 gennaio 1929 n. 4, norme generali per la repressione delle
violazioni delle leggi finanziarie, art. 26; r.d. 16 marzo 1942
n. 267, disciplina del fallimento, art. 67).
L'ipoteca c.d. legale a favore dell'amministrazione finanziaria concessa a garanzia di crediti tributari, ancorché presuppon
ga l'autorizzazione del presidente del tribunale, non può esse
re equiparata all'ipoteca giudiziale e non è quindi assoggetta bile a revocatoria fallimentare ai sensi dell'art. 67, 1 ° com
ma, nn. 3 e 4, I. fall. (1)
(1) Nulla in termini a livello di giurisprudenza di legittimità; fra le corti di merito si segnalano due decisioni entrambe del Tribunale di
Genova; secondo la più recente Trib. Genova 17 novembre 1993, Foro it., Rep. 1994, voce Fallimento, n. 415, l'ipoteca legale iscritta in favo re dell'amministrazione finanziaria per violazione delle leggi tributarie, ai sensi dell'art. 26 1. 7 gennaio 1929 n. 4, è assoggettabile all'azione revocatoria fallimentare prevista dall'art. 67, 1° comma, n. 4, 1. fall.; secondo la meno recente 14 marzo 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n.
384, l'ipotesi di revocatoria fallimentare prevista dall'art. 67, 1° com
ma, nn. 3 e 4, 1. fall, non è applicabile alle ipoteche legali e, nella
specie, all'ipoteca legale iscritta dall'amministrazione finanziaria ai sen si dell'art. 26 1. 7 gennaio 1929 n. 4, pur se è viceversa applicabile l'azione revocatoria di cui all'art. 67, cpv., 1. fall.; così anche App. Ancona 22 marzo 1968, id., Rep. 1969, voce cit., n. 379. Con riferi mento ad altro tipo di ipoteca legale, la non revocabilità era stata affer mata da Cass. 14 luglio 1952, n. 2184, id., 1952, I, 1359.
La soluzione adottata stando alla lettura dell'art. 67 1. fall, sembra
ineccepibile atteso che tale disposizione ai nn. 3 e 4 richiama i casi dei crediti scaduti e non ancora scaduti, mentre l'ipoteca legale poten dosi iscrivere in base a processo verbale di constatazione della violazio ne di una norma, per la quale sia stabilita una pena pecuniaria, costi tuisce una deroga al principio secondo il quale l'ipoteca tutela un dirit to di credito esistente, potendo tale garanzia iscriversi in un momento antecedente alla stessa formazione del titolo del credito dell'ammini strazione finanziaria, sulla sola base del fumus boni iuris e del pericu
II Foro Italiano — 1999.
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione del 23
ottobre 1992 il fallimento Casearia sarda export s.r.l., in perso na del curatore, conveniva in giudizio avanti al Tribunale di
Genova l'amministrazione finanziaria dello Stato, chiedendo la
revoca dell'ipoteca legale iscritta ai sensi dell'art. 26 1. 7 gen naio 1929 n. 4 in data 17 novembre 1990 sui beni immobili
della società, fino alla concorrenza di lire 2.269.547.000, a se
guito di autorizzazione del presidente del Tribunale di Genova
del 17 ottobre 1990, dopo che con processo verbale del 10 luglio 1990 era stata accertata un'evasione d'imposta, oggetto succes
sivamente di un avviso di rettifica notificato il 12 novembre
1990. La richiesta veniva proposta alternativamente sotto i pro fili di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 67, 1° comma, 1. fall, relativi
alle ipoteche volontarie e giudiziale ovvero, gradatamente, ai
sensi del successivo 2° comma.
Si costituiva l'amministrazione finanziaria che chiedeva il ri
getto della domanda, sottolineando, per quanto riguarda le ipo tesi di cui ai nn. 3 e 4 del 1° comma, l'impossibilità di ricono
scere nell'ipoteca prevista dall'art. 26 1. n. 4 del 1929 i caratteri
propri dell'ipoteca volontaria o di quella giudiziale, e, per quanto
riguarda l'ipotesi di cui al 2° comma, la mancanza della prova sulla scientia decoctionis.
La causa veniva riunita al giudizio di insinuazione tardiva
per imposte e pene pecuniarie.
lum in mora (Cass. 22 novembre 1991, n. 12589, id., 1992, I, 1178). In dottrina, sostengono la tesi dell'irrevocabilità, G. Ragusa Maggio
re, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, in Le
procedure concorsuali. Il fallimento, in Trattato diretto da G. Ragusa Maggiore e C. Costa, Torino, 1997, II, 232; G. Lo Cascio, Il falli mento e le altre procedure concorsuali, Milano, 1995, 237; B. Quatraro A. Fumagalli, La revocatoria ordinaria e fallimentare, Milano, 1994, 183; A. Bonsignori, Il fallimento, in Tratt. dir. comm. dir. pubbl. econ. diretto da F. Galgano, Padova, 1986, IX, 493; G. Rossi, La revocatoria fallimentare delle ipoteche, in Riv. dir. civ., 1963, I, 535; F. Semiani Bignardi, La ritenzione nell'esecuzione singolare e nel falli mento, Padova, 1960, 392; contra, P. Pajardi, Manuale di diritto falli mentare, Milano, 1986, 233, e, ma solo ai sensi dell'art. 67, 2° comma, 1. fall., S. Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1990, 236.
Certo è che se davvero l'iscrizione dell'ipoteca legale sui beni del tra
sgressore che — in base al processo verbale di constatazione della viola zione di una norma per la quale sia stabilita una pena pecuniaria e
quando vi sia pericolo nel ritardo — l'intendente di finanza chiede al
presidente del tribunale competente, ai sensi dell'art. 26 1. 7 gennaio 1929 n. 4 ha natura di provvedimento cautelare (Cass. 24 aprile 1996, n. 3883, Foro it., Rep. 1996, voce Tributi in genere, n. 1875; 27 luglio 1994, n. 7029, id., Rep. 1995, voce cit., n. 1808; 22 novembre 1991, n. 12589, cit.; 29 novembre 1983, n. 7162, id., 1984, I, 440), la conse
guenza in ambiente concorsuale dovrebbe essere non già la revocabilità derivante dalla inefficacia sostanziale di cui all'art. 67 1. fall., quanto piuttosto l'inefficacia processuale ex art. 5 1. fall, (per un chiaro con fronto con altra normativa amministrativa, cfr. Cass. 16 aprile 1996, n. 3595, id., Rep. 1997, voce Fallimento, n. 386, per la quale il seque stro amministrativo ex art. 3, 3° comma, r.d.l. 12 maggio 1938 n. 794, effettuato in relazione ad infrazioni valutarie a garanzia del pagamento delle pene pecuniarie di cui all'art. 2 r.d.l. 5 dicembre 1938 n. 1928, è inopponibile al fallimento del responsabile dell'infrazione valutaria, atteso che il divieto di azioni esecutive individuali, posto dall'art. 51 1. fall., si estende anche alle azioni cautelari, tra cui rientra il suddetto
sequestro amministrativo; più in generale, sull'effetto caducatorio del fallimento sui sequestri conservativi anteriormente concessi, Cass. 18
agosto 1997, n. 7659, ibid., n. 390; 18 gennaio 1995, n. 520, id., Rep. 1995, voce cit., n. 368; 26 febbraio 1992, n. 2346, id., Rep. 1992, voce
cit., n. 352; 21 maggio 1983, n. 3518, id., Rep. 1983, voce cit., n.
277; in dottrina, G. de Ferra, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1998, 123; T. Manferoce, Effetti per i creditori, in AA.VV., Diritto
fallimentare, Milano, 1996, 560; F. Vassalli, Diritto fallimentare, To
rino, 1994, I, 321; F. Ferrara, Il fallimento, Milano, 1989, 461; B.
Inzitari, Effetti del fallimento per i creditori, in Commentario Scialoja Branca, Legge fallimentare, Bologna-Roma, 1988, 24; U. Belviso, Se
questro e fallimento, Milano, 1978, 62; A. Bonsignori, Il fallimento, cit., 357; S. Satta, Diritto fallimentare, cit., 167).
Il giudice di legittimità nel percorso argomentativo tracciato fa men zione dell'origine storica della norma che mirava a colmare la lacuna dell'assenza di misure cautelari su beni immobili; ora che le misure cau telari sui beni immobili esistono, si è posto il problema della compatibi lità del sequestro conservativo con l'ipoteca legale come si ricava dalla interlocutoria Corte cost. 22 luglio 1998, n. 312, Foro it., 1998, I, 3053, con nota di E. Fabiani; su tale questione, C. Consolo, Ipoteca, seque stro fiscale e processo cautelare «civilizzato», in Giur. it., 1997, I, 1, 1183. [M. Fabiani]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il Tribunale di Genova con sentenza del 17 novembre 1993
(Foro it., Rep. 1994, voce Fallimento, n. 415) dichiarava l'inef
ficacia, ai sensi dell'art. 67, n. 4, 1. fall., dell'ipoteca dell'inten
denza di finanza ed ammetteva l'amministrazione finanziaria
(ufficio Iva) allo stato passivo per il credito di lire 204.820.000
in via privilegiata, con riserva all'esito del ricorso, e per il credi
to di lire 45.404.500 in via chirografaria.
Proponeva impugnazione l'amministrazione finanziaria, do
lendosi dell'erroneo inserimento da parte del tribunale dell'ipo teca legale in esame nella categoria delle ipoteche giudiziali, in
contrasto con l'espressa connotazione conferita dalla lettera della
legge e nell'assenza dei tratti desumibili dalle specifiche indica
zioni date dall'art. 2818 c.c., nonché dell'applicazione del rime
dio di cui all'art. 67, n. 4, 1. fall, ad un caso estraneo a tale
previsione, costituendo l'ipoteca legale tributaria una misura cau
telare applicabile indipendentemente dall'accertamento sull'esi
stenza e sull'entità stessa dell'obbligazione tributaria.
Si costituiva il fallimento che chiedeva il rigetto dell'impu
gnazione e, in subordine, con l'appello incidentale, l'accogli mento della domanda revocatoria ai sensi dell'art. 67, 2° com
ma, 1. fall.
All'esito del giudizio la Corte d'appello di Genova con senr
tenza dell'11 aprile 1995, in accoglimento dell'appello principa
le, dichiarava non revocabile l'ipoteca legale iscritta dall'inten
dente di finanza e che all'amministrazione finanziaria spettava il conseguente diritto di prelazione a favore dei crediti fiscali
garantiti.
Dopo aver evidenziato che l'ipoteca prevista dall'art. 26 1.
n. 4 del 1929, anche dopo la dichiarata incostituzionalità par ziale della norma, ha conservato la sua natura «legale», attiva
bile fin dall'inizio della procedura di accertamento della viola
zione finanziaria, non essendo parificabile l'autorizzazione giu diziaria ad una sentenza di condanna ed agli altri provvedimenti ai quali l'art. 2818 c.c. attribuisce titolo per l'iscrizione dell'i
poteca giudiziale, e che non era possibile quindi dilatare in via
di interpretazione estensiva la nozione di ipoteca giudiziale con
tenuta nell'art. 67, n. 4, 1. fall, fino a comprendervi anche l'i
poteca in esame, nota come l'«ipoteca cautelare fiscale», rileva
va la corte d'appello che non era ipotizzabile nel caso specifico
un'ipoteca costituita per un debito preesistente e scaduto, atteso
che la nozione civilistica di debito scaduto mal si prestava ad
essere trasferita sul piano del debito d'imposta e che non era
praticabile un'interpretazione analogica in quanto il legislatore, non menzionando l'ipoteca legale, aveva inteso deliberatamente
sottrarla alla revocatoria di cui all'art. 67 1. fall.
Per quanto riguarda l'appello incidentale del fallimento, se
condo cui doveva trovare applicazione il 2° comma dell'art.
67 1. fall, (relativamente alla parte riguardante gli atti costitutivi
di un diritto di prelazione per debiti contestualmente creati),
osservava che se in linea di ipotesi in tal caso l'ipoteca è revoca
bile indirettamente, vale a dire tramite l'impugnazione del ne
gozio da cui deriva l'ipoteca, purché si dimostrino però l'inten
to fraudolento della stipulazione e la consapevolezza di ledere
la par condicio, in concreto nulla di specifico era stato dedotto
da parte della curatela circa un intento fraudolento dell'ufficio
finanziario.
Avverso tale sentenza la curatela del fallimento propone ri
corso per cassazione, deducendo tre motivi di censura.
Con provvedimento adottato all'udienza del 29 maggio 1998
questa corte, rilevando che il ricorso era stato irritualmente no
tificato all'avvocatura distrettuale anziché presso l'avvocatura
generale dello Stato, disponeva, su conforme parere del procu ratore generale, la rinnovazione della notifica entro il termine
perentorio di giorni sessanta, rinnovazione cui il ricorrente prov
vedeva tempestivamente. L'amministrazione finanziaria non svolgeva alcuna attività di
fensiva.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo di ricorso il fallimento della Casearia sarda export s.r.l. denuncia violazione
ed erronea applicazione dell'art. 26 1. 7 gennaio 1929 n. 4 e
degli art. 2817 e 2818 c.c. nonché omessa, insufficiente e/o con
traddittoria motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.
Lamenta che la corte d'appello abbia qualificato come legale
l'ipoteca prevista dall'art. 26 1. n. 4 del 1929 senza considerare
che, al pari delle ipoteche giudiziali ed a differenza dell'ipoteca
legale, quella in esame richiede un accertamento discrezionale
dell'intendente di finanza seguito da un accertamento parimenti
Il Foro Italiano — 1999.
discrezionale dell'autorità giudiziaria, sul cui provvedimento trova
la sua fonte; è priva quindi del carattere di automaticità pro
prio dell'ipoteca legale; colpisce indiscriminatamente tutti i beni
del debitore; riveste una funzione cautelare assimilabile al se
questro; non è collegata al verificarsi di specifiche previsioni
normative; è passibile di essere dichiarata inefficace in dipen denza delle pronunce che potrebbero essere rese dal giudice com
petente nel merito.
Con il secondo motivo denuncia il ricorrente fallimento vio
lazione dell'art. 26 1. n. 4 del 1929 e dell'art. 67 1. fall, nonché
omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione in rela
zione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Sostiene che, configurandosi nel caso in esame esattamente la fattispecie tipica presa in con
siderazione della legge con riferimento al comportamento del
creditore, agli atti che egli pone in essere ed ai presupposti so
stanziali e procedurali per ottenere la garanzia in via cautelare, non v'è alcuna ragione o principio in base al quale, in relazione
alla natura del credito, la garanzia medesima deve essere sot
tratta alla revocatoria.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o er
ronea applicazione dell'art. 67 1. fall, nonché omessa, insuffi
ciente e/o contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5. Sostiene che la corte d'appello erroneamente ha nega to che la garanzia era stata predisposta a fronte di un debito
preesistente scaduto sul rilievo che l'accertamento ha efficacia
costitutiva dell'obbligo tributario. Osserva che, agli effetti del
l'esistenza del credito, l'accertamento non ha tale efficacia, sor
gendo il debito d'imposta al verificarsi dei suoi presupposti,
indipendentemente dalla sua determinazione. Sostiene ancora che
del pari erroneamente ha negato che trattasi di debito scaduto
per il fatto che l'ipoteca sia stata iscritta quando ancora il ter
mine di sessanta giorni dalla notifica dell'accertamento non era
decorso, non avendo considerato che tale termine non determi
na l'esigibilità del credito più di quello previsto per il precetto e per il decreto ingiuntivo in quanto ha natura analoga al termi
ne dilatorio finalizzato all'esecuzione forzata.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per la loro intima
connessione logica e giuridica, sono infondate.
Non può essere condivisa infatti la tesi di fondo prospettata con i tre motivi di ricorso con cui si deduce sostanzialmente
l'assimilabilità dell'ipoteca legale in esame, prevista dall'art. 26
1. 7 gennaio 1929 n. 4, con l'ipoteca giudiziale ai fini dell'eserci
zio della revocatoria fallimentare nell'ambito dell'ipotesi di cui
al n. 4 dell'art. 67, 1° comma, 1. fall.
Diversa è infatti la sua natura giuridica, come diversi sono
i presupposti e la disciplina. Sorta in epoca in cui il sequestro conservativo era consentito
unicamente per i beni mobili in quanto solo con il vigente codi
ce di procedura civile è stato esteso, in base all'art. 671, ai beni
immobili, l'ipoteca in questione, pur richiedendo per la sua iscri
zione un provvedimento dell'autorità giudiziaria che l'autorizzi,
non è assimilabile per i motivi che saranno appresso precisati,
all'ipoteca giudiziale e rappresenta sostanzialmente una misura
cautelare fiscale che assolve la stessa funzione del sequestro con
servativo.
Essa è denominata legale in quanto prevista espressamente dalla legge da cui deriva in modo diretto, essendosi ritenuto
evidentemente il credito, alla cui garanzia assolve, degno di par ticolare tutela al pari delle altre ipotesi di ipoteca legale previste dal codice civile (art. 2817), per le quali — va sottolineato —
sussiste di regola contestualità fra la nascita del titolo per l'i
scrizione e l'insorgenza del credito, a differenza di quanto av
viene invece per l'ipoteca giudiziale ove (fatta eccezione per le
sentenze di condanna alle spese giudiziali) il credito preesiste
sempre al titolo che lo riconosce e che consente la costituzione
dell'ipoteca. Anzi nell'ipoteca legale in esame la garanzia può costituirsi
addirittura in un momento precedente alla formazione del cre
dito dell'amministrazione finanziaria, essendo consentita la sua
iscrizione sulla base del semplice processo verbale di constata
zione, prima ancora della predisposizione e della notifica del
verbale di accertamento.
Ciò del resto è quanto è avvenuto nel caso in esame in cui,
come risulta dall'impugnata sentenza, le condizioni per ottenere
l'autorizzazione da parte del presidente del tribunale e la sua
stessa autorizzazione sono precedenti alla notifica di avviso di
accertamento di cui all'art. 60 d.p.r. 633/72, avvenuta in data
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2247 PARTE PRIMA 2248
12 novembre 1990, e quasi contestuali all'iscrizione dell'ipote
ca, la cui valida costituzione comunque prescinde in ogni caso
da tale notifica.
Non può assumere peraltro alcuna rilevanza il fatto che per
l'ipoteca legale in esame, al pari dell'ipoteca giudiziale e diver
samente dalle altre ipotesi di ipoteca legale, si richieda un prov vedimento dell'autorità giudiziaria, non accertando tale provve dimento l'esistenza di un credito ma solo la presenza delle con
dizioni proprie di ogni provvedimento di natura cautelare: fumus boni iuris e periculum in mora. In ogni caso poi assume caratte
re decisivo, ai fini in esame, proprio il momento della forma
zione della garanzia reale rispetto al credito, alla luce della pre visione della normativa che disciplina la revocatoria fallimentare.
L'art. 67, 1° comma, n. 4, 1. fall, infatti, dopo aver fatto
espresso riferimento alle ipoteche giudiziali (oltre che volonta
rie) costituite per debiti già scaduti, evidenzia chiaramente come
il titolo in base al quale viene iscritta l'ipoteca giudiziale (sen tenza o altri provvedimenti giudiziali cui la legge attribuisce tali
effetti: v. art. 2818 c.c.) e che riconosce il credito non può che
essere successivo al credito medesimo che è quindi sempre pree sistente.
D'altra parte non si spiegherebbe la presunzione, sia pure re
lativa, prevista dalla legge, della conoscenza da parte del credi
tore dello stato d'insolvenza del debitore se non si tenga conto
che essa si basa, in linea di principio, sul sospetto che l'esigenza avvertita dal creditore di rafforzare le garanzie del proprio cre
dito successivamente alla sua scadenza celi la consapevolezza di detto stato e l'intento quindi di sottrarsi alla par condicio.
Sospetto invece che la legge non considera e che non si traduce
pertanto in presunzione nell'ipotesi di insorgenza del titolo per l'iscrizione in concomitanza con il credito o addirittura di pree sistenza del primo rispetto al secondo, come nel caso in esame.
Ogni possibilità di assimilazione fra l'ipoteca giudiziale e quella
legale ed in particolare con l'ipoteca fiscale di cui si discute
deve essere pertanto esclusa non solo in via generale, ma pro
prio ai fini dell'applicazione dell'art. 67, 1° comma, n. 4, 1.
fall, potendosi attagliare solo alla prima la sua particolare disci
plina sulla necessità di preesistenza del credito rispetto al titolo
che consente l'iscrizione.
Né del resto può ritenersi irrilevante, anche indipendentemen te da tali esaustive considerazioni, che la legge non faccia espressa menzione in tale normativa delle ipoteche legali, non potendosi certamente attribuire a mera dimenticanza la sua mancata in
clusione, specie se si tengano conto le diversità evidenziate con
le ipoteche giudiziali. Del resto la dottrina e la prevalente giurisprudenza di merito,
nell'affrontare il problema della revocatoria fallimentare nei con
fronti delle ipoteche legali, richiamano la diversa ipotesi previ sta dal 2° comma dell'art. 67 1. fall, riguardante, fra l'altro,
gli atti «costitutivi di un diritto di prelazione per debiti conte
stualmente creati». Ciò proprio per il diverso rapporto tempo rale prospettato nel capoverso rispetto al comma precedente fra
l'insorgenza del credito e la nascita delle condizioni che consen
tono l'iscrizione.
Ma sotto tale diversa prospettiva nessuna censura è stata de dotta dal ricorrente, nonostante l'applicabilità del 2° comma fosse stata richiesta sin dal primo grado e nonostante la corte
d'appello se ne sia occupata a seguito del gravame incidentale
dello stesso fallimento che aveva proposto tale ulteriore tesi in via subordinata.
Ogni valutazione giuridica al riguardo rimane quindi preclusa
dall'impossibilità di sindacato oltre i limiti segnati dai motivi del ricorso.
Né la censura potrebbe ritenersi implicitamente estesa anche
a tale 2° comma, essendo, oltre tutto, diversamente disciplinato l'onere della prova in ordine all'elemento soggettivo che grava in tal caso sul curatore ed avendo la corte d'appello escluso
nei confronti dell'amministrazione finanziaria la presenza della
scientia decoctionis, senza che nemmeno su tale specifico punto sia stata dedotta alcuna doglianza, coerentemente del resto con la mancata prospettazione, sotto tale diverso profilo, dell'appli cabilità della revocatoria fallimentare.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Il Foro Italiano — 1999.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 9 aprile
1999, n. 3457; Pres. Cantillo, Est. De Musis, P.M. Sepe
(conci, conf.); Albergo (Avv. Nanna) c. Soc. coop, edilizia
Italia 2000 (Aw. Tamburelli, Morollo). Conferma App. Bari
20 maggio 1996.
Società — Società per azioni — Delibere assembleari — Nullità — Dichiarazione — Estremi — Disciplina (Cod. civ., art. 1418, 2379).
Le delibere assembleari delle società per azioni possono essere
dichiarate nulle nei soli tassativi casi elencati dall'art. 2379
c.c., che contiene una disciplina completa ed autonoma ri
spetto a quella prevista per i contratti dagli art. 1418 ss. stes
so codice. (1)
Svolgimento del processo. — La cooperativa «Italia 2000», sulla base del verbale del 15 aprile 1985, con il quale l'assem
blea aveva deliberato il pagamento da parte dei soci dei debiti
della società nei confronti di alcune banche, (debiti) indicati nel piano di riparto allegato alla delibera, ottenne decreto con
il quale veniva ingiunto al socio Giorgio Albergo il pagamento di lire 9.123.323.
L'ingiunto propose opposizione, che il Tribunale di Bari, do
po aver disposto consulenza tecnica, respinse. Lo stesso propose appello avverso tale statuizione deducen
do: a) che erroneamente il tribunale aveva ritenuto che il verba
le costituisse prova del credito, in difetto dell'allegazione delle
scritture contabili, le quali soltanto avrebbero consentito la rile
vazione dell'effettività e dell'ammontare dei crediti delle ban
che, specie considerando che il verbale non esplicitava chiara
mente le passività e pertanto non v'era certezza che i parteci
panti all'assemblea avessero approvato il piano di riparto; che
alcune irregolarità del verbale — mancata indicazione della na
tura ordinaria o straordinaria della riunione assembleare e delle
maggioranze previste per deliberare, discrepanza tra gli argo
(1) Il principio riprodotto in massima (enunciato con riferimento a
fattispecie di impugnazione di delibera di assemblea di società coopera tiva, in base all'art. 2516 c.c., soggetta alle disposizioni riguardanti le
s.p.a. e quindi anche agli art. 2377-2379 stesso codice), si inserisce nel l'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità fer mo nel limitare la proponibilità dell'azione di nullità contro le delibera zioni assembleari di società alle sole tassative ipotesi previste dall'art. 2379 c.c. (fra le più recenti, sent. 4 maggio 1994, n. 4323, Foro it., 1995, I, 2219; 23 marzo 1993, n. 3458, ricordata in motivazione, ibid., 257, con nota di A. Zucco, cui si rinvia per approfondimenti e per richiami sul punto; nonché, nella recente giurisprudenza di merito, an che per la esauriente trattazione delle varie questioni affrontate, Trib.
Napoli 10 novembre 1997, id., Rep. 1998, voce Società, nn. 587, 588, e, in extenso, Società, 1998, 447). La stessa giurisprudenza di legittimi tà è altresì consolidata nel ritenere che, nella subiecta materia, si assiste ad una inversione rispetto ai principi del diritto comune, in quanto l'a zione di nullità si configura come rimedio speciale, esperibile nelle sole
ipotesi di impossibilità o illiceità dell'oggetto della deliberazione, men tre l'azione di annullamento assume i connotati di strumento generale, utilizzabile in ogni altro caso di deliberazione non conforme alla legge o all'atto costitutivo, e pur se assunta in violazione di norme imperative (chiaramente sul punto, Cass. 22 luglio 1994, n. 6824, [est. Bibolini], Foro it., Rep. 1994, voce cit., nn. 547, 548), con conseguente assoluta
impossibilità di invocare, in relazione alle delibere delle assemblee so cietarie, il regime di invalidità dettato dall'art. 1418 c.c. (sul tema cons., per tutti, Ferrara jr.-CoRsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 1999, 542; Fré-Sbisà, Società per azioni, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1997, 723; Campobasso, Diritto commerciale. Diritto delle società, Torino, 1995, 316; Zanarone, L'invalidità delle delibera zioni assembleari, in Trattato delle società per azioni diretto da Colom bo e Portale, Torino, 1993, voi. 3, t. II, 187).
Quanto alla ratio del sistema delineato dagli art. 2377-2379 c.c., ven
gono in rilievo le esigenze di certezza, stabilità e rapidità che si impon gono in relazione al particolare contesto in cui le deliberazioni assem bleari sono destinate ad inserirsi (contesto) che è quello di «organismi che operano nel campo dell'attività economica e che instaurano una serie pressoché indefinita di rapporti con i terzi» (così, con riguardo alla nota polemica sorta in dottrina e in giurisprudenza in ordine al
problema delle deliberazioni c.d. «inesistenti», Ferri, Sulle deliberazio ni cosiddette inesistenti, in Riv. dir. comm., 1967, I, 392; nonché, per recenti riferimenti, Donativi, / poteri di controllo dell'ufficio del regi stro delle imprese, Napoli, 1999, 80 ss.). L'obiettivo è raggiunto attra verso la limitazione delle cause di nullità e la degradazione di ogni ulte riore possibile patologia della delibera a causa di mera annullabilità; la
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