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sezione IV penale; sentenza 15 ottobre 2003; Pres. Fattori, Est. Visconti, P.M. De Sandro (concl.conf.); P.m. in c. Granato. Annulla senza rinvio Giud. pace Firenze, ord. 17 settembre 2002Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 6 (GIUGNO 2004), pp. 359/360-361/362Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199267 .
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PARTE SECONDA
Non ignora la corte l'esistenza di precedenti di legittimità di
segno diverso (in particolare, Cass. 27 giugno 2002, Melluso,
id., Rep. 2002, voce cit., n. 41; 8 ottobre 1993, Negro, id., Rep. 1995, voce cit., n. 96) ma non ritiene di condividere questo orientamento. La previsione di nullità da parte dell'art. 546 cit.
può in effetti, dal punto di vista letterale, essere interpretata di
versamente, riferendola all'ipotesi in cui manchi proprio il di
spositivo letto in udienza ovvero all'ipotesi in cui, pur esistendo
il dispositivo letto, non venga riportato nella motivazione della
sentenza. A parere di questo collegio in questa seconda ipotesi non può ipotizzarsi la nullità della sentenza perché il dispositivo esiste ed è ormai immodificabile.
Se si considera la funzione dell'istituto della correzione del
l'errore materiale si vedrà che questa procedura è consentita nei
soli casi nei quali il contenuto dell'atto da correggere non subi
sce alcuna modificazione sostanziale. Ebbene la certezza del
contenuto già pubblicato del dispositivo della sentenza è, nel ca
so in esame, integralmente garantito. Verosimilmente la diffor
me giurisprudenza di legittimità è orientata anche dalla condivi
sibile esigenza di non convalidare una prassi, non frequente ma
esistente, che si avvale della procedura di correzione per ovviare
ad omissione od errori di giudizio nel dispositivo letto. Ma, nel
caso in esame, la necessità di questa esigenza non si pone in
quanto il dispositivo letto è conosciuto e la sua mancata ripro duzione nel testo della sentenza non immuta in nulla la decisio
ne adottata.
Il sistema delineato è quindi orientato ad evitare l'uso stru
mentale della procedura di correzione degli errori materiali per ovviare ad errori od omissioni di giudizio. Non sembra quindi che possa ritenersi in contrasto con la soluzione che si propone
quel filone della giurisprudenza di legittimità che afferma la
nullità, almeno parziale, del dispositivo incompleto, letto in
udienza e poi riprodotto nella sentenza e che ritiene l'inammis
sibilità, in questi casi, della correzione dell'errore materiale; v.
Cass. 12 febbraio 1999, Cutino, id., Rep. 1999, voce cit., n. 69
(relativa al caso dell'omissione nel dispositivo del nome di un
imputato e della pena inflitta); 22 settembre 1998, Cimieri,
ibid., n. 54 (relativa al caso dell'omessa statuizione sanzionato
ria nei confronti di un imputato); 19 febbraio 1997, Papi, id.,
Rep. 1997, voce cit., n. 76 (anche in questo caso erano state
omesse nel dispositivo le statuizioni relative ad alcuni degli im
putati); 28 aprile 1995, Pagliardi, id., Rep. 1996, voce cit., n. 12 (relativa al caso di omessa pronunzia su alcuni dei capi conte
stati). Come è agevole constatare in tutti questi casi era il dispositi
vo letto che presentava incompletezze od omissioni e corretta
mente si è ritenuto che ciò non fosse emendabile con la proce dura di correzione perché ciò avrebbe comportato un'immuta
zione del decisum. Il che, per quanto si è detto, non si verifica nel caso di una semplice omissione grafica in cui sia incorso l'estensore della sentenza. (Omissis)
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione IV penale; sentenza 15
ottobre 2003; Pres. Fattori, Est. Visconti, P.M. De Sandro
(conci, conf.); P.m. in c. Granato. Annulla senza rinvio Giud.
pace Firenze, ord. 17 settembre 2002.
Procedimento penale davanti al giudice di pace — Indagini preliminari — Avviso di conclusione — Esclusione (Cod. proc. pen., art. 415 bis-, d.leg. 28 agosto 2000 n. 274, disposi zioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma
dell'art. 14 1. 24 novembre 1999 n. 468, art. 2).
Nel procedimento penale avanti al giudice di pace non trova
applicazione l'istituto dell'avviso di conclusione delle in
dagini preliminari, regolato, per il procedimento penale per reati di competenza del giudice unico, dall'art. 415 bis
c.p.p. (1)
Il ricorrente sostiene l'abnormità del provvedimento impu
gnato, in quanto è stata disposta un'attività assolutamente non
prevista dalla normativa inerente al procedimento dinanzi al
giudice di pace (d.leg. 28 agosto 2000 n. 274), e quindi non at tuabile. Inoltre, la situazione processuale derivante dall'ordi
nanza emessa dal Giudice di pace di Firenze procura una situa
zione di paralisi processuale, rimovibile solo con una decisione
di annullamento della Corte di cassazione.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Il giudice di merito ha ritenuto che la necessità dell'adempi mento previsto dall'art. 415 bis c.p.p. (avviso all'indagato della
conclusione delle indagini preliminari) si evince dall'art. 2 d.leg. 274/00, il quale dispone che «nel procedimento davanti al
giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto dal presente de
creto, si osservano, in quanto applicabili, le norme contenute nel
codice di procedura penale ...». Lo stesso giudice ha sostenuto
altresì che una diversa interpretazione lederebbe il diritto di di
fesa dell'imputato. Va, invece, rilevato che proprio l'interpretazione sia letterale
che logica del citato art. 2 non può portare ad altra conclusione
che non sia quella di escludere l'applicabilità dell'art. 415 bis
c.p.p. al procedimento dinanzi al giudice di pace. L'art. 2, infatti, specifica che le norme processuali penali ge
nerali, pur se non espressamente citate nel decreto, si osservano
«in quanto applicabili». Tale dizione comporta, pertanto, la ne
cessità di un esame di carattere sia generale che sistematico
della norma in esame, della quale il giudice di merito ritiene do
verosa l'osservanza, in relazione al particolare procedimento
previsto dal d.leg. 274/00, che contiene numerose innovazioni
(1) Sin dal primo dibattito era apparso largamente maggioritario l'indirizzo incline ad escludere l'applicabilità dell'art. 415 bis c.p.p. (introdotto dall'art. 17, 2° comma, 1. 16 dicembre 1999 n. 479) al rito
penale avanti al giudice di pace, rimarcando come l'istituto apparisse distonico — anche al di là di pur sussistenti ragioni meccaniche — ri
spetto alla filosofia di fondo, improntata ad una incisiva semplificazio ne delle forme, che permea di sé il modello disegnato dal d.leg. n. 274 del 2000 (cfr., in tal senso, tra gli altri, Bricchetti, Indagini prelimina ri: la polizia torna protagonista, in Guida al dir., 2000, fase. 38, 100; Caprioli, Esercizio dell'azione penale: soggetti, morfologia, controlli, in II giudice di pace. Un nuovo modello di giustizia penale a cura di
Scalfati, Padova, 2001, 170 ss.; Ichino, La fase delle indagini prelimi nari nei reati di competenza del giudice di pace, in AA.VV., La com
petenza penale del giudice di pace, Milano, 2000, 92). Più di recente si è, peraltro, ribadito come talune perplessità di ordi
ne tecnico potrebbero, in astratto, ritenersi superabili alla luce di appo site manovre interpretative volte a rendere compatibile l'avviso ex art. 415 bis c.p.p. con il rito penale avanti al giudice di pace (cfr., per que sta tesi, l'articolata disamina di Ciavola, Chiusura delle indagini ed esercizio dell'azione penale, in II giudice di pace nella giurisdizione penale a cura di Giostra e Illuminati, Torino, 2001, 193 ss., nonché i rilievi di Marzaduri, Procedimento penale davanti al giudice di pace, in G. Conso-V. Grevi, Compendio di procedura penale, 2a ed., Padova, 2003, 1045); s'è notato, tuttavia, proprio facendo leva sull'impronta semplificatrice che fa da leitmotiv alle scelte del legislatore del 2000, come sia la prassi a orientarsi, anzitutto, nel senso di escludere l'appli cazione del congegno (cfr., per tale indicazione, ancora Ciavola, op. cit., 199, e Marzaduri, op. loc. cit.).
Nello stesso senso, da ultimo, Celeste-Iacoboni, Il giudice di pace. Le cause civili e i processi penali, Milano, 2003, 240, 318 s.
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GIURISPRUDENZA PENALE
procedurali (oltre che sostanziali) rispetto all'ordinaria discipli na del processo penale.
Come risulta dagli stessi atti preparatori e dalla relazione alla
normativa in esame, volontà del legislatore è stata quella di at
tuare, con l'attribuzione della competenza penale al giudice di
pace, un effetto deflativo sull'enorme carico di lavoro del giudi ce ordinario e, sotto il profilo processuale, di sperimentare una
procedura che coniughi le esigenze della semplificazione e del
l'efficienza con il rispetto delle garanzie processuali. In tale ottica sono stati ridotti i termini delle indagini prelimi
nari ed è stata limitata al massimo la loro prorogabilità, e manca
lo snodo dell'udienza preliminare, il tutto in un progetto — che,
se attuato con successo, potrà allargarsi ad altre competenze —
di sostituire ad una prassi solitamente generatrice di lungaggini
processuali un modello di speditezza anche nel corso delle in
dagini preliminari, oltre che nella fase del giudizio. Ciò consente già di non far ritenere, in linea generale, conci
liabile l'adempimento di cui all'art. 415 bis c.p.p., foriero a sua
volta di ulteriori attività processuali, ed anche investigative, con
la ratio del procedimento dinanzi al giudice di pace, che si pone indubbiamente in una situazione di attuazione, e non di contra
sto con l'art. Ill Cost. Infatti, il nuovo processo ha lo scopo
espresso di conciliare il principio del contraddittorio con la ne
cessaria celerità del procedimento penale, al fine di giungere in
tempi brevi, o quanto meno ragionevoli, alla decisione, senza
limitare le esigenze difensive.
Più specificamente, poi, l'art. 415 bis c.p.p. espressamente
dispone che l'avviso della conclusione delle indagini prelimina ri va notificato alla persona sottoposta alle indagini ed al difen
sore «prima della scadenza del termine previsto dal 2° comma
dell'art. 405». Il richiamo a tale ultima norma ha consentito di
distinguere e di ritenere legittimo sotto il profilo costituzionale
che, nei procedimenti di giudizio immediato, di giudizio diret tissimo e per decreto penale, non venga dato a persona sottopo sta alle indagini e difensore l'avviso di cui all'art. 415 bis c.p.p.
Tale avviso, infatti, oltre a rendere edotto l'indagato degli ac
certamenti eseguiti e di metterlo in condizione di chiederne al
tri, ha lo scopo di consentire la definizione del procedimento al
l'udienza preliminare o con il proscioglimento dell'imputato o
con la celebrazione di riti alternativi.
Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, l'udienza preli minare non è prevista, come si evince chiaramente dagli art. 2 e
15 d.leg. 274/00. In particolare, l'art. 15 prevede che il p.m., al
l'atto della chiusura delle indagini preliminari, ha due alternati
ve: o chiedere l'archiviazione, o esercitare l'azione penale, for
mulando l'imputazione e autorizzando la citazione dell'impu tato, ma non gli impone alcun ulteriore adempimento, che mal si
concilierebbe con la celerità della procedura. L'art. 20, al 6° comma, individua, poi, espressamente le cau
se di nullità della citazione a giudizio, non comprendendo tra
queste l'omissione dell'avviso previsto dall'art. 415 bis c.p.p. Come è noto l'art. 177 c.p.p. dispone che «l'inosservanza delle
disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di
nullità soltanto nei casi previsti dalla legge». Il nuovo codice ha
così mantenuto fermo il principio di tassatività delle nullità del
l'atto processuale, già presente nel codice di procedura penale del 1930 (art. 184), e, con formulazione più vicina a quella del
vigente codice, nell'art. 135 del codice del 1913, il quale con
netteva la nullità dell'atto al non essere «state osservate le di
sposizioni», piuttosto che alla «inosservanza delle forme», come
recitava il codice Rocco.
In ogni caso, la norma in questione (art. 177) è sicuramente
applicabile al procedimento dinanzi al giudice di pace, che, in
fatti, nel decreto legislativo che lo disciplina, coerentemente ad
un sistema a fattispecie chiuse, prevede le ipotesi di nullità nei
soli casi espliciti (tassativi) indicati dal legislatore. Ciò implica, inoltre, il divieto di integrazione a mezzo del
l'interpretazione analogica (art. 12 preleggi), come procedi mento ermeneutico fondato sull'applicazione della regola a «ca
si simili e materie analoghe». Sul punto è, peraltro, significativo che, nel procedimento di
nanzi al tribunale, pur con citazione diretta a giudizio, l'art.
552, 2° comma, c.p.p. espressamente dispone che «il decreto è
altresì nullo se non è preceduto dall'avviso previsto dall'art.
415 bis». La mancata previsione di eguale disposizione norma
li, Foro Italiano — 2004.
tiva per il procedimento dinanzi al giudice di pace, non solo non
consente interpretazioni analogiche, ma è significativa della
volontà del legislatore di disciplinare in modo diverso il proce dimento dinanzi al magistrato onorario, coerentemente con il
principio di speditezza processuale al quale tale procedimento si
ispira. Altro argomento rilevante per escludere la compatibilità del
l'applicazione dell'art. 415 bis c.p.p. con le norme che regolano il procedimento penale dinanzi al giudice di pace è la valutazio
ne della sicura inapplicabilità alla procedura prevista dall'art. 21
d.leg. 274/00, che disciplina il ricorso immediato al giudice della parte offesa per i reati procedibili a querela di parte. Es
sendo l'avviso in questione atto espressamente attribuito dalla
legge al pubblico ministero, il mancato intervento di quest'ulti mo in tutta la fase che precede l'udienza prevista dall'art. 27
rende inattuabile l'adempimento (trascurandosi di valutare l'op
portunità di non appesantire un procedimento che — secondo la
volontà del legislatore — ben si potrebbe concludere con una
conciliazione).
Pertanto, l'art. 415 bis c.p.p. non solo non è previsto espres samente per il procedimento dinanzi al giudice di pace, discipli nato dal d.leg. 274/00, ma, ai sensi dell'art. 2 citato decreto, che
dispone l'osservanza delle norme contenute nel codice di proce dura penale «in quanto applicabili», va esclusa la sua attuazio
ne, in quanto inconciliabile con la speditezza del procedimento, come voluta dal legislatore, e con le disposizioni di cui agli art.
15, 20 e 21 stesso decreto.
Nella specie, come giustamente osservato dal ricorrente,
l'adempimento indicato dal giudice di pace non è eseguibile dal
p.m., in quanto la citazione a giudizio per i procedimenti previ sti dal d.leg. 28 agosto 2000 n. 274, viene eseguita dalla polizia
giudiziaria, che, a sua volta, non ha il potere — come già preci
sato — di disporre gli adempimenti previsti dall'art. 415 bis
c.p.p. Ciò consente di ritenere non solo l'illegittimità, ma anche
l'«abnormità» dell'atto per due motivi. Il primo è che il provve dimento del giudice di pace si discosta e diverge non solo dalla
previsione di determinate norme, ma anche dall'intero sistema
organico della legge processuale, tanto da porsi come atto insu
scettibile di ogni inquadramento normativo e da risultare impre visto e imprevedibile rispetto alla tipizzazione degli atti proces suali compiuta dal legislatore. Il secondo motivo è che il prov vedimento provoca una situazione di stasi del processo, diver
samente insanabile, e l'impossibilità di proseguirlo. Ne consegue che 1'«abnormità» si rileva sotto entrambi i pro
fili individuati dalle sezioni unite della Corte di cassazione con i
provvedimenti 24 novembre 1999, Magnani, Foro it., Rep.
2000, voce Ordinamento penitenziario, n. 105, e 9 luglio 1997,
Quarantelli, id., Rep. 1997, voce Impugnazioni penali, n. 23, e
cioè sia sotto l'aspetto strutturale che quello funzionale.
Ne consegue l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza gra vata, ai sensi dell'art. 620, lett. d), c.p.p., con restituzione degli atti al Giudice di pace di Firenze per l'ulteriore corso.
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