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Sezioni unite civili; sentenza 23 marzo 1983, n. 2022; Pres. F. Greco, Est. Scanzano, P. M. SgroiV. (concl. conf.); Soc. Feltrinelli (Avv. Paoletti) c. Lenninger e altri (Avv. Ciabattini).Regolamento preventivo di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3089/3090-3095/3096Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176938 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Quanto all'espressione (riferita ai « beni strumentali per l'eser cizio dell'impresa ») « da parte del loro possessore o da parte del
soggetto cui sono imputabili i redditi del possessore », essa sta a
significare, non già che gli immobili debbano far parte di
un'impresa esercitata dal loro possessore, ma è volta a precisare che l'esercizio dell'impresa dev'essere compiuto mediante utilizza zione degli immobili in modo diretto ed immediato da parte
dell'imprenditore, che ne abbia, comunque, la disponibilità in
base ad uno dei titoli ipotizzati dall'art. 32 d.p.r. n. 597/73 (ove
l'espressione « possesso » va intesa in senso non tecnico) per esercitarvi l'attività imprenditoriale.
In base alle suesposte considerazioni si rivelano prive di fonda
mento non solo la tesi sostenuta dalla c.t.c. e dalla controricor
rente Esso, ma anche quella esposta in via principale dalla
finanza, mentre devesi ritenere fondata la tesi formulata dalla
stessa in via subordinata (ofr. Cass. 6 maggio 1982, n. 2836, Foro
it., 1983, I, 153; 6 maggio 1982, n. 2839, id., Rep. 1982, voce Tributi locali, n. 132)
Consegue che il ricorso dev'essere accolto per quanto di
ragione. La decisione impugnata va, pertanto, cassata con il rinvio della
causa alla Commissione tributaria centrale per un nuovo esame. La commissione dovrà, inoltre, accertare, con motivazione ade
guata, la circostanza accidentalmente affermata da detta commis
sione nella sentenza impugnata, della effettiva sussistenza della
strumentalità dei beni immobili della soc. Esso italiana ai fini
commerciali, in relazione alla sua attività produttiva. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 23
marzo 1983, n. 2022; Pres. F. Greco, Est. Scanzano, P.M.
Sgroi V. (conci, conf.); Soc. Feltrinelli (Avv. Paoletti) c.
Lenninger e altri (Avv. Ciabattini). Regolamento preventivo di
giurisdizione.
oiurisdizione civile — straniero — Convenzione italo-austriaca — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 3; 1. 12 febbraio 1974 n. 71, ratifica ed esecuzione della convenzione tra la repubblica ita liana e la repubblica d'Austria per il riconoscimento e la esecuzione di decisioni giudiziarie in materia civile e commer
ciale, di transazioni giudiziarie e di atti notarili, conclusa a
Roma il 16 novembre 1971: convenzione, art. 12).
L'art. 12 della convenzione italo-austriaca del 16 novembre 1971 è
applicabile solo nell'ipotesi di litispendenza e non anche in
quella di continenza; pertanto la preventiva proposizione innanzi al giudice austriaco della domanda di accertamento
negativo di un credito (nella specie, indennità di anzianità) non
priva di giurisdizione il giudice italiano successivamente adito innanzi al quale sia proposta domanda di condanna oltre che di accertamento positivo del credito. (1)
<1-2) Nelle sentenze in epigrafe, le sezioni unite hanno uniformemen te ritenuto l'applicabilità dell'art. 12 della convenzione italo-austriaca del 16 novembre 1971, resa esecutiva con 1. 12 febbraio 1974 n. 71, che impone ai giudici di uno degli Stati contraenti di spogliarsi della causa qualora sia già pendente davanti ad un giudice dell'altro Stato un giudizio tra le stesse parti e sul medesimo oggetto, solamente ove tra le due cause vi sia rapporto di litispendenza e non solo di connessio ne o continenza, cosi come si è ritenuto ricorresse nei due casi di specie.
A detta rigorosa interpretazione, è pervenuta con una motivazione più approfondita Cass. n. 2022/83, argomentando principalmente dal fatto che, andando in contrario avviso, si dovrebbe ritenere che quel giudice adito, davanti al quale pende la causa di ampiezza maggiore, rilevata la pregiudizialità della causa di accertamento negativo previa mente proposta all'estero, dovrebbe sospendere la decisione in attesa di quella del giudice straniero. Ma tale soluzione presupporrebbe la efficacia automatica nel nostro ordinamento della sentenza straniera e si verrebbe altresì in tal modo a dare rilevanza ad un caso di connessione, costituita dalla pregiudiziale estera, non prevista dalla convenzione italo-austriaca quale motivo di deroga. Inoltre, nella pratica, si potrebbe verificare una sostanziale elusione del principio della tendenziale inderogabilità della giurisdizione italiana, ben poten dosi dedurre avanti al giudice straniero domanda di contenuto minimo, precludendo alla controparte la possibilità di proporre avanti al giudice italiano domanda più ampia, conforme all'intero diritto controverso.
Con riferimento alla differente disciplina della convenzione di Bru xelles del 27 settembre 1968, la quale agli art. 21, 22, 23 disciplina la connessione e la sospensione oltre alla litispendenza, v. Pret. Parma 17 giugno 1980, Foro it., 1981, I, 1455, con nota di richiami, che, dopo avere escluso la operatività dell'art. 21 della convenzione di Bruxelles
II
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 17
marzo 1983, n. 1917; Pres. F. Greco, Est. Albanese, P.M. Sgroi V. (conci, diff.); Kronbichler (Avv. Fraccaroli, Bian
chini, Caset) c. Haymo (Avv. Fresa). Regolamento di giurisdi zione.
Giurisdizione civile — Straniero — Convenzione italo-austriaca —
Fattispecie (L. 12 febbraio 1974 n. 71: convenzione, art. 12).
Non è applicabile l'art. 12 della convenzione italo-austriaca del 16
novembre 1971, e quindi il giudice italiano non difetta di
giurisdizione, nel caso in cui sia stata preventivamente proposta innanzi al giudice austriaco domanda legata da un rapporto di connessione o di continenza con quella successivamente propo sta innanzi al giudice italiano (nella specie, il cittadino italiano, convenuto per l'adempimento di un contratto innanzi al giudice austriaco, aveva preventivamente proposto in via riconvenzionale innanzi a tale giudice domanda di nullità annullabilità e rescissione del contratto, e successivamente aveva proposto in via principale innanzi al giudice italiano, oltre alla domanda di nullità annullabilità e rescissione, anche domanda di dichiara zione di inefficacia del contratto per mancato avveramento della condizione appostavi di invadilità del contratto perchè stipulato condizionatamente in contrasto con i termini di una
precedente autorizzazione del tribunale, e di risarcimento del
danno). (2)
I
Svolgimento del processo. — Bruno Bezzi, assunto nel 1949 dalla s.p.a. fratelli Feltrinelli, in qualità di impiegato, venne nel 1957 promosso impiegato di prima categoria; poi nel 1958 venne
assegnato alla sede di Villalba con mansioni di direttore respon sabile della segheria; successivamente, nel 1959, venne trasferito a
Milano con mansioni di carattere commerciale. Con decorrenza 1° ottobre 1967 venne quindi destinato, con
la qualifica di dirigente, in Austria presso la consociata Ge brender Feltrinelli Drauland, che lo assume, con decorrenza 1° febbraio 1968, con le funzioni di direttore generale.
All'atto della destinazione in Austria, la s.p.a. f.Ili Feltrinelli versò al Bezzi la somma di lire 7.845.940 nette, per indennità di
anzianità, per ratei di gratifica di bilancio, di ferie maturate e di tredicesima mensilità, e per arretrati di ferie non godute.
In relazione a tale situazione, gli eredi del Bezzi (Herta
Lenninger, Rolando Bezzi e Cristina Bezzi) con ricorso del 13
giugno 1980 adivano il Pretore di Milano-giudice del lavoro e, affermando che l'attività prestata in Austria da de cuius si
inseriva in un unico rapporto di impiego, sostanzialmente inter corso sempre con la s.p.a. f.lli Feltrinelli, chiedevano che, accertatasi la continuità di tale rapporto, la detta società venisse
nel caso di pendenza davanti al giudice tedesco preventivamente adito ed al giudice italiano di due simmetriche ed opposte controversie, instaurate la prima dall'agente e la seconda dall'imprenditore, aventi ad oggetto la imputabilità della risoluzione di contratto di agenzia intercorso tra ditta italiana ed agente tedesco, con richiesta di condanna al risarcimento dei danni, non essendo ravvisabile né rapporto di litispendenza né di connessione né essendo possibile la riunione avanti il giudice preventivamente adito, stante la clausola contrattuale con riserva di giurisdizione del giudice italiano, ha ritenuto la opportunità della sospensione della controversia pendente avanti il giudice italiano, in attesa della definizione di quella pendente avanti il giudice tedesco, ritenendo a ciò sufficiente la connessione impropria rilevabile nel caso.
In argomento, relativamente alle due ipotesi di sospensione neces saria in caso di litispendenza, ma anche di connessione, previste dagli art. 21 e 22 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva con 1. 21 giugno 1971 n. 804, v. Cass. Francia 3 aprile 1978, id., Rep. 1978, voce Giurisdizione civ., n. 76, che ha ritenuto che la mancata prova che le due cause pendenti avanti giudici di Stati diversi tendevano alle riparazioni di uno stesso danno, non consentisse di ritenere la sussistenza della identità di oggetto; nonché App. Bastia 28 febbraio 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 76, che ha ritenuto insufficiente ad integrare la connessione la sola circostanza che le due cause pendenti avanti giudici di Stati diversi tendevano alla riparazione di uno stesso pregiudizio.
In dottrina, v. Matscher, La nuova convenzione italo-austriaca per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1975, 233; sugli istituti della litispendenza e della continenza, Franchi, in Commentario del codice di procedura civile, diretto da E. Allorio, 1973, I, 394 e 412 ss.; Andrioli, Commento, 1957, I, 134 ss.; S. Satta, Commentario, 1959, I, 171; Fantini, Continenza, voce del Novissimo digesto, 1959, iIV, 403; Fabi, Continenza, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1961, IX, 649 ss.
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3091 PARTE PRIMA 3092
condannata a pagare l'indennità di anzianità nella misura di lire
135.481.308 (ridotta a lire 95.715.819, per la detrazione della
somma di lire 7.765.819 come sopra versate nel 1967, e di
successivi acconti), calcolata con riferimento alla intera durata del
medesimo unico rapporto.
Costituitosi il contraddittorio, la convenuta soc. f.lli Feltrinelli
eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice adito, per la pendenza della stessa causa dinanzi al Pretore di
Villach (Austria) da essa preventivamente adito per ottenere l'ac
certamento negativo del diritto preteso dai Bezzi-Lenninger col
ricorso anzidetto. Nel merito chiedeva in via principale il rigetto di tale ricorso, ed in via subordinata la detrazione, in misura
monetariamente rivalutata, della somma versata per indennità di
anzianità nel 1967.
Con ricorso dell'I 1 agosto 1980 la stessa società ha proposto istanza di regolamento preventivo di giurisdizione. Resistono con
controricorso Herta Lenninger, Rolando e Cristina Bezzi.
Motivi della decisione. — L'art. 12 della convenzione italo-au
striaca 16 novembre 1971 per il riconoscimento e la esecuzione
di decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale, di transa
zioni giudiziarie e di atti notarili, resa esecutiva con 1. 12
febbraio 1974 n. 71, dispone: « I tribunali di ciascuno dei due
Stati, in un procedimento instaurato davanti ad essi, si asterranno
dal giudicare sul merito della causa qualora, fra le stesse parti e
sul medesimo oggetto, sia pendente un giudizio davanti a un
tribunale dell'altro Stato la cui decisione possa essere riconosciuta ai sensi della presente convenzione ».
La ricorrente soc. Feltrinelli invoca questa disposizione per sostenere che, avendo essa preventivamente proposto dinanzi al
giudice austriaco, contro i Bezzi-Lenninger, la stessa causa da
questi poi proposta dinanzi al Pretore di Milano, il giudice italiano difetta di giurisdizione.
A ciò i controricorrenti oppongono: a) che la decisione chiesta
dalla Feltrinelli al giudice austriaco sarebbe contraria all'ordine
pubblico italiano perchè violerebbe il principio del « favore del
lavoratore » proprio del nostro ordinamento ed il principio della
infrazionabilità dell'indennità di anzianità posto dall'art. 2120 c.c., e la conseguente impossibilità di ottenere in Italia il riconoscimen
to di essa renderebbe irrilevante la dedotta litispendenza ai fini
del citato art. 12; b) che della novazione del rapporto di impiego, asserita dalla controparte come avvenuta in Italia e tra soggetti di diritto italiano, non potrebbe conoscere il giudice austriaco; c) ohe non vi è identità di oggetto tra le due cause anzidette,
perchè nel ricorso presentato dalla Feltrinelli in Austria è com
pesa una richiesta di rivalutazione monetaria dell'acconto, mentre
di ciò non è menzione nel ricorso introduttivo del giudizio
proposto in Italia; d) che la Feltrinelli, avendo proposto in
quest'ultimo giudizio la domanda riconvenzionale per ottenere
tale rivalutazione, avrebbe con ciò accettato la giurisdizione italiana.
L'istanza della società ricorrente è priva di fondamento.
Va anzitutto rilevato non essere esatto che — come i contro
ricorrenti sostengono — la soc. Feltrinelli abbia implicitamente accettato la giurisdizione del giudice italiano, col proporre do
manda riconvenzionale dinanzi al Pretore di Milano per ottenere
la rivalutazione monetaria dell'acconto (a suo tempo versato al
Bezzi per il titolo di cui è controversia).
Invero, a parte ogni considerazione sulla qualificazione di
quella richiesta (che risulta proposta in entrambi i giudizi) e sulla
rilevanza, ai fini della convenzione italo^austriaca del 16 novem
bre 1971, dell'accettazione della giurisdizione; è dato constatare
che la detta società ha pregiudizialmente — nel costituirsi dinanzi
a quel pretore — eccepito il difetto di giurisdizione. La relativa
questione, pertanto, non è preclusa.
L'art. 12 della citata convenzione, imponendo ai giudici di uno
degli Stati contraenti di spogliarsi della causa qualora avanti ad
un giudice dell'altro Stato sia pendente un giudizio tra le stesse
parti e sul medesimo oggetto, accoglie, nel rapporto tra la
giurisdizione italiana e quella austriaca, lo stesso principio che
l'art. 39, 1° comma, c.p.c adotta, in tema di competenza, nel
rapporto tra i vari giudici dello Stato; assume, cioè, a base della
normativa il concetto di litispendenza, ed introduce cosi una
deroga al principio espresso dall'art. 3 c.p.c.
Il confronto tra le due cause, ai fini del giudizio di loro
identità (necessaria affinché si abbia litispendenza), va fatto in
base ai tradizionali elementi dei soggetti, dell'oggetto e del titolo.
Nella specie (pacifica essendo l'identità dei soggetti e del titolo),
per escludere l'identità dell'oggetto non è rilevante il fatto che al
giudice austriaco sia stato chiesto l'accertamento negativo (dell'u
nitarietà del rapporto di impiego) ed al giudice italiano sia stato
chiesto il correlativo accertamento positivo.
La diversità di segno riguarda infatti il momento conclusivo
dell'indagine e non la materia che ne costituisce il contenuto. È rilevante invece — per escludere quella identità — il fatto
che, mentre al giudice austriaco è stato chiesto il mero accer
tamento, al giudice italiano sono stati chiesti dalla controparte l'accertamento e la condanna, con una domanda di ampiezza indubbiamente maggiore (corrispondente al diverso interesse di
coloro che quivi si sono resi attori). Non risulta — è il caso di precisare — che nel processo
austriaco i Bezzi-Lenninger abbiano propostò domanda riconven
zionale di condanna della Feltrinelli.
Il rapporto, tra le due cause, di cui una ha per oggetto l'accertamento negativo e l'altra il corrispondente accertamento
positivo più la condanna, si pone propriamente in termini di
contingenza e non di litispendenza (Cass. 460/76, Foro it., Rep.
1976, voce Competenza civ., n. 112; 2293/81, id., Rep. 1981, voce
cit., n. 200), perché la relativa ipotesi è quella di cause parzial mente identiche.
Rimane cosi escluso il pressupposto (l'identità totale) della
rilevanza attribuita dall'art. 12 alla prevenzione: presupposto che
va individuato col criterio dell'interpretazione restrittiva, data la
natura eccezionale di -una norma che attenua il pricipio dell'inde
rogabilità della giurisdizione.
Tutto ciò conduce a ritenere che il Pretore di Milano è fornito
di giurisdizione sulla domanda proposta dagli eredi Bezzi con il
ricorso di cui in narrativa.
In senso contrario, non sarebbe possibile applicare il citato art.
12 limitatamente a quella parte in cui tale domanda coincide con
quella proposta dinanzi al giudice austriaco; cioè affermare la
giurisdizione del giudice italiano per la domanda di condanna e
negarla riguardo alla domanda di accertamento, per quest'ultima riconoscendola a favore del giudice austriaco.
Ed invero, riguardo ad una certa pretesa, non sarebbe possibile affermare la giurisdizione in ordine alla condanna senza contem
poraneamente riconoscere la giurisdizione dello stesso giudice in
ordine all'accertamento positivo (che della condanna costituisce il
presupposto), se non ritenendo che quel giudice — rilevata la
pregiudizialità della causa di accertamento negativo previamente
proposta all'estero — debba sospendere la decisione in attesa
della decisione del giudice straniero.
Ma ad una tale soluzione si oppone un duplice ostacolo: a) la
sospensione necessaria del processo implica che la decisione
emananda nella causa pregiudiziale sia automaticamente, e per forza propria, efficace nel nostro ordinamento; e ciò non è per le
sentenze straniere, che nel nostro ordinamento possono acquistare rilevanza solo in forza, ed a condizione, della dichiarazione di
efficacia; b) ipotizzare la sospensione del processo italiano in
attesa della definizione di quello austriaco, significherebbe dare
rilevanza ad un caso di connessione, costituita dalla pregiudiziale
estera, ed introdurre cosi un motivo di deroga alla giurisdizione italiana non previsto dalla convenzione italo-austriaca (come,
invece, e previsto dall'art. 19 della convenzione italo-francese del
3 giugno 1930, resa esecutiva con 1. 7 gennaio 1932 n. 45). Non si può, d'altronde, ritenere che nel caso, gli eredi Bezzi
(certamente non obbligati a proporre domanda riconvenzionale di
condanna nel processo austriaco) avrebbero dovuto astenersi
dall'iniziativa assunta in Italia ed assumerla solo dopo l'eventuale
sentenza favorevole austriaca e previa dichiarazione della sua
efficacia, perché una tale soluzione verrebbe a comprimere indebi
tamente il diritto alla tutela giurisdizionale.
E non si può neanché affermare riguardo a tutta la causa la
giurisdizione del giudice austriaco, in quanto preventivamente
adito, considerandolo, rispetto ai giudici italiani ed ai fini della
convenzione, su un piano di equiordinazione, perché ciò si
gnificherebbe introdurre nel citato art. 12 l'ipotesi disciplinata dal
2° comma dell'art. 39 c.p.c., laddove la previsione della norma
convenzionale è limitata alla ipotesi corrispondente a quella del
1° comma di quest'ultimo articolo.
Contro la conclusione che si accoglie, non varrebbe, infine,
segnalare il pericolo che la parte convenuta all'estero eluda la
norma della convenzione proponendo in Italia una domanda
sostanzialmente identica, col solo correttivo (magari artificioso) di
una maggiore ampiezza.
L'obiezione — come tutte quelle che si risolvono nella prospet tazione di inconvenienti — non sarebbe decisiva, perché potrebbe essere vinta prospettandosi l'analogo pericolo (reso possibile dalla
tesi opposta, e reso più concreto dalla norma dell'art. 13 della
convenzione, che dichiara questa applicabile indipendentemente dalla cittadinanza) che una delle parti eluda il principio della
tendenziale inderogabilità della giurisdizione italiana, deducendo
avanti al giudice straniero una domanda di contenuto minimo
(magari artificiosamente ridotto) e precluda cosi all'altra parte la
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
possibilità di dedurre avanti al giudice italiano una più ampia domanda (che abbia in comune lo stesso contenuto minimo)
conforme all'intera portata del diritto controverso. (Omissis)
II
Svolgimento del processo. — Franz Kronbichler, cittadino ita
liano residente in Italia, citato in giudizio, quale erede dell'inter
detto fratello Josef, da Haimo Von Grebmer, anche egli italiano
residente in Italia, davanti a giudice austriaco (Landesgericht di
Insbruck) per l'adempimento dell'obbligo di stipulare in forma
valida per la relativa « intavolazione » un contratto di vendita di
immobili siti in Austria concluso in Italia dal tutore dell'incapace suo dante causa, si oppose alla domanda e chiese in via ricon
venzionale che il contratto fosse dichiarato nullo o annullato,
ovvero risolto (rescisso) deducendo che la vendita era stata
invalidamente autorizzata dal competente Tribunale di Bolzano
sul presupposto di una situazione di fatto difforme dal vero
maliziosamente prospettata dal tutore dell'incapace con certa
consapevolezza dell'acquirente Von Grebmer, per cui era stato
stabilito un prezzo inferiore alla metà dell'effettivo valore degli immobili contrattati.
Successivamente lo stesso Kronbickler, con atto notificato in
data 29-30 novembre 1974, citò il Von Grebmer davanti al
Tribunale di Bolzano e in confronto di lui propose domande per dichiarazione di inefficacia, di nullità o annullabilità, o per risoluzione (rescissione), dell'anzidetto contratto, e per risarcimen
to di danni, deducendo che non si era verificata la condizione
alla quale (illegittimamente peraltro, non avendola consentita il
provvedimento autorizzativo) il pattuito trasferimento immobiliare
era stato subordinato (autorizzazione da parte della competente autorità austriaca), che, poi, la stipulazione del contratto era stata
invalidamente autorizzata per le ragioni già fatte valere davanti
al giudice austriaco, e che, infine, gli immobili dell'incapace suo
dante causa erano stati venduti per un prezzo inferiore alla metà
del loro valore.
Il Von Grebmer resistette a tali domande, pregiudizialmente
eccependo gli effetti della situazione di litispendenza indotta dalla
relativa anteriore proposizione nel giudizio da lui iniziato davanti
al giudice austriaco, in relazione richiamando anche la previsione dell'art. 12 della convenzione conclusa il 16 novembre 1971 tra la
repubblica italiana e la repubblica di Austria, ratificata e resa
esecutiva con la 1. 12 febbraio 1974 n. 71.
Nell'udienza fissata per la precisione delle conclusioni da sotto
porre al giudizio del Tribunale di Bolzano il Kronbichler, insi
stendo sempre nelle iniziali domande, chiese inoltre espressa dichiarazione della dedotta invalidità dell'autorizzazione a vende
re conseguita dal tutore dell'incapace suo dante causa.
Il Tribunale di Bolzano con sentenza in data 28 novembre - 23
dicembre 1975 dichiarò di astenersi, a norma dell'art. 12 della
menzionata convenzione, dal giudicare sulle domande del Kronbi
chler, per considerazione della pendenza di eguale processo tra le
medesime parti anteriormente iniziato davanti al giudice austriaco
e destinato ad essere definito con sentenza riconoscibile in Italia; e tale giudizio fu confermato dalla Corte d'appello di Trento con
sentenza depositata il 9 febbraio 1979.
In relazione alle ragioni dell'impugnazione del Kronbichler la
corte osservò anzitutto che la deduzione a formale oggetto di
espressa domanda davanti al solo giudice italiano, e non anche
davanti al giudice austriaco, della contestazione della validità del
provvedimento di autorizzazione della vendita discussa non pote va valere a differenziare, per il contenuto, i processi contempora neamente pendenti davanti all'uno e all'altro giudice, in entrambi
la questione essendo stata egualmente sollevata ed egualmente rilevando in termini di accertamento pregiudiziale inerente al
controllo, chiesto sotto eguali profili, della validità e della risolu
bilità della vendita; considerò, poi, che tale accertamento necessa
riamente doveva operarsi, in relazione all'oggetto, in via mera
mente incidentale, per ciò rientrando nei poteri del giudice adito
per la definizione della lite relativa alla vendita e non compor tando pronuncia autonoma che potesse eccedere dalla sua compe
tenza; riconobbe che, a norma della convenzione ratificata con la
1. n. 71 del 1974, in ordine alla lite anzidetta il giudice austriaco
era, al pari di quello italiano, competente, data l'astratta ricono
scibilità in Italia della sentenza ad esso chiesta — discutendo le
parti di un'obbligazione da eseguirsi in Austria — luogo di
ubicazione degli immobili contrattati, e non, come invece sostenu
to dal Kronbichler, di questioni attinenti allo stato o alla capacità delle persone o alla materia successoria, riservate al giudice italiano per riguardo alla cittadinanza italiana delle parti in causa
(e dell'incapace già domiciliato in Italia, in rappresentanza del
quale la vendita era stata conclusa); e infine giudicò che, a
Il Foro Italiano — 1983 — Parte I-199.
norma dell'art. 12 della convenzione, la preventiva adizione
fattane comportava la competenza esclusiva del giudice austriaco
a conoscere di tutta la lite.
Contro tale sentenza della corte d'appello il Kronbichler ha
proposto ricorso chiedendo, sulla base di tre motivi di annulla
mento, dichiarazione della competenza esclusiva del giudice ita
liano in ordine alle domande da lui proposte in confronto del Von Grebmer. Questi resiste all'impugnazione mediante controri
corso. Il Kronbichler ha presentato memoria a norma dell'art. 378
c.p.c. Il ricorso, su segnalazione del collegio della seconda sezione
civile alla quale era stato assegnato, è stato chiamato davanti alle sezioni unite.
Motivi della decisione. — Con la sentenza impugnata è stato
ravvisato un rapporto di identità tra la causa proposta davanti al
giudice italiano dal ricorrente in confronto del resistente e quella anteriormente proposta dallo stesso ricorrente, in confronto del
medesimo resistente, davanti al giudice austriaco, mediante formu lazioni di domande riconvenzionali in giudizio in cui era stato
convenuto; è stata riconosciuta, in ordine alla causa considerata, la concorrente competenza del giudice austriaco, in base alle
previsioni della convenzione italo-austriaca per il riconoscimento
e l'esecuzione di decisioni giudiziarie in materia civile e commer
ciale conclusa a Roma il 16 novembre 1971 ratificata e resa
esecutiva con la 1. 12 febbraio 1974 n. 71; e in applicazione del criterio di prevenzione sancito dall'art. 12 di tale convenzione è stata rifiutata la chiesta pronuncia sul merito della causa, con dichiarazione di astensione dal giudizio.
Contro tale sentenza, con il ricorso di chiede che invece sia
affermata la competenza esclusiva del giudice italiano a conoscere di tutta la causa, riconoscendosi a lui riservato, e non consentito a quello austriaco, di giudicare su alcune domande in essa
proposte, o che sia negata l'identità tra le cause contemporanea mente pendenti davanti ai due diversi giudici, con conseguente affermazione anche in tal caso della competenza del giudice italiano, per non operatività della prevenzione.
Si propone cosi — sotto tale profilo rilevando il conflitto di
competenza tra giudici di ordinamenti statuali diversi — una
questione attinente alla giurisdizione (che ritualmente è stata rimessa d'ufficio, non avendovi provveduto il ricorrente, all'esame delle sezioni unite della corte, cui spetta di giudicare al riguardo a norma dell'art. 374 c.p.c., in relazione all'art. 362, n. 2).
In relazione merita subito osservare che — la giurisdizione essendo un cosi detto presupposto processuale e il ricorso contro sentenza che (anche in appello) ha deciso soltanto sulla questione di giurisdizione sostanzialmente equivalendo all'istanza di regola mento preventivo prevista dall'art. 41 c.p.c. (cfr., in motivazione, sez. un. 24 aprile 1970, n. 1184, Foro it., 1970, I, 1564) — ai fini della pronuncia sull'impugnazione, che si risolve nella denuncia di errore in procedendo (cfr. sent. 3 aprile 1980, n. 2166, id.,
Rep. 1980, voce Cassazione civ., n. 92), spettano a questa corte, secondo ricevuta univoca interpretazione, i più ampi poteri di
indagine e piena potestà e autonomia di giudizio rispetto alla decisione impugnata e alle censure ad essa mosse, dovendosi —
una volta sorto il problema, per rilievo di giudice o per, in
ipotesi condizionante, eccezione di parte — in ogni caso verifica re d'ufficio, in base a libera valutazione di tutti gli elementi anche di fatto, ritualmente acquisiti al processo, le ragioni che
valgono a fare riconoscere o a fare negare la discussa competenza (giurisdizionale) del giudice adito.
Ciò posto, è da considerare anzitutto che, vertendo la lite tra cittadini italiani egualmente residenti e domiciliati in Italia, vengono in primario rilievo le generali disposizioni degli art. 2 e 3 c.p.c., per cui la giurisdizione italiana non può essere conven zionalmente (dalle parti) derogata a favore di una giurisdizione straniera, e non è esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa o di altra a questa connessa.
A tali fondamentali principi deroga la convenzione italo-au striaca di cui è questione, in forza della quale invece (in regime di reciprocità) talune cause tra cittadini, di uno dei due Stati, in esso residenti e domiciliati, possono essere proposte, con rilevanza della relativa pendenza agli effetti della possibilità o utilità di successiva proposizione davanti al giudice nazionale delle parti, davanti al giudice dell'altro Stato (art. 1, 3, 5, 12 e 13 della
convenzione). In particolare, per l'art. 12 i tribunali di ciascuno dei due Stati,
in un procedimento instaurato davanti ad essi, debbono astenersi dal giudicare sul merito della causa qualora, tra le stesse parti e sul medesimo oggetto, sia pendente un giudizio davanti al tribu nale dell'altro Stato la cui decisione possa essere riconosciuta ai sensi della convenzione.
Dalla riprodotta formulazione della norma appare che l'ipotiz zato conflitto delle diverse giurisdizioni, conseguente all'attribu
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3095 PARTE PRIMA 3096
zione (mediante le anteriori previsioni della convenzione medesi
ma) di concorrente competenza ai giudici dell'uno e dell'altro
Stato, è regolato con riferimento a situazioni rilevanti, nell'ordi
namento interno, in termini di conflitto di competenza per ragioni
qualificate di litispendenza, ed è regolato con analoga disciplina:
perché egualmente presuppone l'identità delle parti e dell'oggetto di procedimenti successivamente instaurati davanti a giudici di
versi (identità di causa) ed egualmente si prescrive il rifiuto del
giudizio da parte del giudice della causa posteriormente proposta — differenziatamente riservandosi a questo giudice il controllo
dell'appartenenza della causa alla giurisdizione di quello primo
adito, mediante preventiva delibazione della riconoscibilità della
decisione ad esso chiesta.
Deve invece escludersi che l'art. 12 della convenzione conside
ri e regoli anche la diversa situazione alla quale ha ulteriormente
riguardo l'art. 3 c.p.c. di contemporanee pendenza davanti a
giudici diversi di cause connesse, o in rapporto di continenza
(che è una specie della connessione): perché questa situazione ha
presupposti diversi da quelli della litispendenza e ad essa l'anzi
detta disciplina non è adeguata.
Invero, il conflitto indotto dalla connessione, o continenza, non
è logicamente componibile, e concretamente non è risolto nell'or
dinamento, con un rifiuto di giudizio, che comporterebbe parziale
privazione della perseguita tutela giurisdizionale: ché invece per considerazione di esso sono sancite previsioni di coordinamento
delle attività dei diversi giudici che vi sono coinvolti, mediante
attribuzione di competenza a uno solo di essi per la unitaria
decisione (secondo il criterio della prevenzione, o secondo diverso
criterio) o mediante (temporanea) privazione di poteri giurisdizio nali in ordine a una delle cause (sospensione del processo)
ovvero anche, quando tali rimedi non abbiano in concreto
operato, mediante le regole che disciplinano il contrasto di
giudicati.
Certamente, poi, per difetto di identità o di similarità dei
presupposti e delle ragioni e dei modi di rilevanza delle conside
rate situazioni processuali, la regola dell'art. 12 della convenzione,
posta per il caso di contemporanea pendenza della stessa causa
davanti a giudici appartenenti ai due Stati contraenti, non è
utilizzabile, in tutto o in parte, per il caso di contemporanea
pendenza davanti a quei giudici di cause invece connesse o in
rapporto di continenza, per la rispettiva tipicità e differenziata
disciplina nell'ordinamento difettando le condizioni di sua appli cazione estensiva e analogica, e questa peraltro restando pre
clusa dal carattere eccezionale della deroga a norme e regole
generali dell'ordinamento (in base ai principi presupposti dell'art.
14 disp. sulla legge in generale premesse al codice civile). E tanto
più ciò è certo, perché talune convenzioni concluse dallo Stato
italiano con altri diversi Stati specificamente si riferiscono, con
distinte previsioni, alla connessione e alla continenza di cause,
ponendo al riguardo differenziata autonoma disciplina (in tal
senso particolarmente rilevano le disposizioni degli art. da 21 a
23 della convenzione con gli Stati della Comunità europea conclusa il 27 settembre 1968 e ratificata con 1. 21 giugno 1971 n.
804, presso che in coincidenza temporale con la convenzione
italo-austriaca).
Né, ovviamente, per l'espresso divieto dell'art. 3 c.p.c., sul
punto non derogato dall'art. 12 della convenzione, e per radicale
diversità di situazione, il conflitto indotto dalla contemporanea
pendenza, davanti a un giudice italiano e davanti a un giudice
austriaco, di cause connesse o in rapporto di continenza può essere composto in base alle disposizioni che tale conflitto regola no in relazione a procedimenti egualmente proposti davanti a
diversi giudici italiani.
Deve conseguentemente, non operando l'art. 12 della convenzio
ne e operando invece la comune normativa, escludersi ogni
rilevanza, in ordine allo svolgimento e alla definizione di un
procedimento davanti al giudice italiano, alla contemporanea
pendenza davanti a un giudice austriaco di un procedimento
avente ad oggetto causa connessa o in rapporto di continenza con
quella davanti a esso proposta, e, per quanto occorra, va rilevato
che i problemi in ipotesi dipendenti dalla coesistenza di autono
me pronunce dei giudici dei due Stati, ammessa la relativa
riconoscibilità, vanno risolti in base alle già menzionate regole di
composizione di conflitto tra giudicati.
Le considerazioni fin qui svolte rilevano per la decisione della
questione sottoposta all'esame di queste sezioni unite, perché nel
caso la situazione di identità di cause (litispendenza), per consi
derazione della quale i giudici del merito si sono astenuti dal
giudizio a norma dell'art. 12 della convenzione più volte ricorda
ta, in realtà non ricorre.
Invero, dal consentito (per le chiarite ragioni) libero esame
degli atti processuali risulta che, come si è già detto nella
premessa esposizione del fatto, il ricorrente, convenuto in giudizio dal resistente davanti al giudice austriaco, propose in suo con fronto causa riconvenzionale con domande di dichiarazione della
nullità o annullabilità, per dedotti vizi della relativa autorizzazio
ne, e di rescissione, per lesione, del contratto stipulato dal
rappresentante dell'incapace suo dante causa; e che invece, nella
causa da lui successivamente proposta contro il medesimo resi
stente davanti al giudice italiano, egli formulò, oltre a quelle anzidette, anche altre domande diverse per il titolo e per l'ogget to, miranti alla dichiarazione di inefficacia del contratto conside
rato, per mancato avveramento di condizione appostavi, e di sua
invalidità perché stipulato condizionatamente in contrasto con i
termini di sua autorizzazione, formulando inoltre domanda per la
condanna del resistente al risarcimento di danni. Per tale diversità qualitativa e quantitativa (di parte) del
rispettivo oggetto, la successiva proposizione e la contemporanea pendenza davanti ai giudici dei due Stati delle cause anzidette
realizza una situazione processuale — riconducibile non alla nozione della litispendenza, ma invece a quella di continenza o connessione di cause — diversa da quella che sola trova discipli na nell'art. 12 della convenzione italo-austriaca pili volte menzio nata: si che difetta un imprescindibile presupposto della operati vità di quella norma e quindi della dichiarazione di astensione dal giudicare della cui pronuncia il ricorrente si duole (se pure, essenzialmente, ma senza che — per le ragioni già dette —
possano derivarne limiti per il giudizio, in base ad argomenti diversi da quelli esposti e valorizzati).
In accoglimento della istanza di cui al ricorso, conseguentemen te la sentenza impugnata deve essere cassata, con dichiarazione della giurisdizione del giudice italiano in ordine alla causa
proposta dal ricorrente contro il resistente; e la causa va rimessa
davanti al Tribunale di Bolzano inizialmente adito, che ha
dichiarato di astenersi dal giudicare, per combinata applicazione
degli art. 382, 1° comma, e 383, ult. comma, c.p.c.., allo stesso
tribunale rimettendo di provvedere sulle spese del giudizio di
cassazione.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 15 marzo
1983, n. 1903; Pres. Mazzacane, Est. Lipari, P.M. Ferraiuolo
'(conci, conf.); Soc. Nabocarni (Avv. Bonifazi) c. Comp. di
assicurazioni Anglo Elementar (Avv. Bauderer, Wolf). Con
ferma App. Brescia 28 giugno 1979.
Contumacia civile — Regolare notifica della sentenza — Decor
renza del termine breve per impugnare — Inammissibilità del
gravame (Cod. proc. civ., art. 292, 325, 326, 327).
Il termine breve sancito dall'art. 326 c.p.c. decorre anche nei
confronti del convenuto contumace volontario a cui sia stata
notificata personalmente la sentenza. (1)
<1) In senso conforme, v. Cass. 22 aprile 1982, n. 2486, Foro it., Rep. 1982, voce Impugnazioni civili, n. 53; 14 ottobre 1981, n 5371, id., Rep. 1981, voce Contumacia civile, n. 4; 12 luglio 1980, n. 4476, id., Rep. 1980, voce Impugnazioni civili, nn. 29, 51; 28 giugno 1980, n. 4066, ibid., voce Notificazione civile, n. 29; 27 febbraio 1971, n. 502, id., Rep. 1971, voce Contumacia civile, n. 12.
In dottrina è favorevole all'applicazione dei termini brevi di impu gnazione, in caso di regolare notifica della sentenza, Andrioli, Diritto
processuale civile, Napoli, 1979, I, 782 ss., il quale però precisa che, in ipotesi di contumacia involontaria, la notificazione della sentenza è idonea a fare decorrere i termini acceleratori solo se effettuata « in tempo tale da rendere possibile la scadenza del termine acceleratorio a data anteriore alla scadenza del termine annuale di decadenza », laddove invece se effettuata dopo la scadenza del termine annuale di decadenza ovvero « in modo inidoneo a provocare la scadenza del termine acceleratorio a data anteriore alla scadenza del termine annuale » essa è idonea solo a fare decorrere il termine annuale in quanto segna la fine della operatività della fattispecie ex art. 327, 2° comma. Con riferimento alla contumacia volontaria, in senso favorevole alla appli cazione del termine breve per impugnare v., anche, A. Cerino Canova, Domanda nuova non notificata e impugnazione del contumace (nota a Cass. 5 aprile 1978, n. 1551, Foro it., Rep. 1978, voce Impugnazioni civili, n. 57), in Giur. it., 1979, I, 1, 108; in quest'ultima pronuncia la corte affronta in particolare, mutando il suo precedente orientamento, l'ulteriore problema dell'applicabilità del 2° comma dell'art. 327 al
convenuto regolarmente citato al quale non sia stata notificata, in corso di causa, una domanda nuova non conseguenziale a quella originaria; la Cassazione infatti, contrariamente a quanto sostenuto da Cerino Canova, ritiene di poter assimilare sulla base del com binato disposto degli art. 183, 292 e 327 c.p.c. le due ipotesi di
ignoranza assoluta dell'intero giudizio e di mancata instaurazione del contraddittorio rispetto ad una domanda nuova, cosicché la sentenza
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