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  • Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 4-5 gennaio 2021)

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

    Unicuique suum Non praevalebunt

    Anno CLXI n. 2 (48.625) lunedì 4 gennaio 2021Città del Vaticano

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    L’agnosticismo scomodo e la sua speranzaALL’INTERNO«Fratelli tutti»

    Per una letturadell’enciclicadi Papa Francesco

    FERNAND O FILONI E ST E FA N OGIROLA NELLE PA G I N E 2 E 3

    L a b o ra t o r i o

    Dopo la pandemia

    LUCIO BRUNELLI E SI LV I ACAMISASCA NELLE PA G I N E 10 E 11

    NOSTREINFORMAZIONI

    PAGINA 12 SEGUE A PA G I N A 3

    di LUCIANO FLORIDI

    Passiamo la vita adulta a schivare le domande piùdifficili, quelle che nascono come curiosità da bam-bini, e ci assalgono come dubbi quando siamo an-ziani. Tra queste risalta la domanda sull’esistenzadi Dio. È la più importante non solo a causa dell’a rg o m e n -to, ma anche perché la risposta è la prima tessera del do-mino rappresentato dalla nostra vita. A seconda di come ca-de la “tessera di Dio” seguono ricadute diverse su scelte esperanze, certezze e paure, gioie e dolori, significati e com-portamenti. Tutto ciò è vero anche per gli inconsapevoli.Ogni vita umana si può interpretare come una risposta neifatti alla domanda su Dio (una testimonianza, si direbbe intermini meno laici). Gli atei danno una risposta negativa,anche se solo implicita. Alcuni di loro, quelli militanti, han-no tanta fede nell’inesistenza di Dio quanta i credenti nehanno nella sua esistenza. Per loro l’impossibilità di Dio èuna religione dell’assenza, alla quale, incoerentemente, nonapplicano le stesse obiezioni che muovono contro una reli-gione della presenza. Ci sono poi atei anche tra i praticanti,i religiosi, gli ottemperanti, che non negano Dio a parole

    ma si comportano di fatto come se Dio non esistesse. Sonoi farisei che “dicono e non fanno” (Ma t t e o 23, 3). Agli atei siantepongono i teisti. Non si tratta solo di coloro che cre-dono nell’esistenza di Dio, perché anche in questo casoconta la prassi: molte persone che affermano di essere noncredenti poi di fatto si comportano come se Dio esistesse.Le chiamiamo spirituali, coscienziose, buone, pie. Infine, cisono gli agnostici. Siamo un grande popolo di incerti, spes-so ignorati dal dibattito tra atei e teisti.

    Alcuni sono agnostici pigri, ai quali manca la volontà di de-cidere da che parte stare. È l’agnosticismo comodo, per adattareun’espressione usata negativamente da Papa Francesco, checaratterizza la vita distratta, superficiale, disimpegnata, irri-flessa. Gli agnostici comodi, nel dubbio, si astengono o ri-mandano, senza capire che questo è già decidere: Dante limette all’Inferno come ignavi.

    Invece, l’agnosticismo scomodo è quello che cerca risposte esoffre per la loro assenza. Un agnostico scomodo è come unassetato nel deserto: se non si disseta è per impossibilità,non per pigrizia. Rifiuta di essere catalogato come mero

    Riesplode la violenzanella Repubblica Centrafricana

    La città centrafricana diBangassou è cadutanelle mani dei ribelli,«molti dei quali mer-cenari e gente del Niger; la mat-tinata è stata frenetica. Artiglie-ria pesante dalle 5 del mattino etrenta tra morti e feriti» di cuidiversi sono bambini. A riferir-lo è Juan José Aguirre Muñoz,vescovo di Bangassou, nel suddella Repubblica Centrafrica-na, in una dichiarazione all’a-genzia Fides. «Ci sono moltibambini feriti da proiettili va-ganti, bambini che scappano inCongo per sfuggire alle violen-ze» spiega il vescovo Aguirre.Di fronte alla crescente insicu-rezza, il vescovo ha raccolto ungruppo di orfani per tenerli als i c u ro .

    Dopo aver cercato di resiste-re all’offensiva dei ribelli, i sol-dati governativi «hanno ab-bandonato la loro posizione esono nella nostra base» ha spie-gato il capo dell’ufficio regio-nale della missione Onu.

    Il Paese vive un momentomolto delicato: sono attesi nelleprossime ore i risultati parzialidelle presidenziali del 27 di-cembre. Il voto si è tenuto no-nostante due terzi del territoriosia occupato da gruppi armati.

    L’Angelus del Papa

    Un Dioche si è fatto

    fragilità

    L’ audacia di Dio fatto-si «carne per dirciche ci ama proprionelle nostre fragilità,dove noi ci vergogniamo di più»,è stata al centro della riflessionedomenicale proposta dal Papaprima di recitare l’Angelus a mez-zogiorno del 3 gennaio.

    Dalla Biblioteca del Palazzoapostolico, il Pontefice ha com-mentato il prologo del Vangelodi Giovanni, attualizzandone ilcontenuto con un’esortazione afermarsi «in silenzio davanti al

    presepe a gustare la tenerezza diDio fattosi vicino» e a invitarlo«a casa nostra, nella nostra fami-glia», affinché «veda le nostrepiaghe». Perché, ha assicuratoFrancesco, Egli «verrà e la vitacambierà».

    Quindi, al termine della pre-ghiera mariana, salutando i varigruppi di fedeli in ascolto attra-verso i media, il Papa ha rinno-vato gli «auguri per l’anno appe-na iniziato» e ha raccomandatoai cristiani di rifuggire «dallamentalità fatalistica o magica»,perché — ha detto — «le cose an-dranno meglio» solo «nella mi-sura in cui lavoreremo insiemeper il bene comune, mettendo alcentro i più deboli e svantaggia-ti».

    PAGINA 12Una foto di repertorio: un bambino centrafricano che cerca riparo dalle violenze

    La città di Bangassou è caduta nelle mani dei ribelli

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 lunedì 4 gennaio 2021

    «Fratelli tutti» - Per una lettura dell’enciclica di Papa Francesco

    Le sfideda raccogliere

    di FERNAND O FILONI

    «L’affermazione che come esseriumani siamo tutti fratelli e so-relle, se non è un’astrazione(...), ci pone una serie di sfi-de» (Fratelli tutti [FT] 128). Laprima di queste sfide è capirese e perché siamo tutti fratellie sorelle. Davanti alle quoti-diane guerre, agli odi di ognigenere, passati e presenti, alterrorismo, alle cattiverie per-sonali e collettive ci si doman-da se e come si possa parlaredi fraternità; una parola cheha dato pure vita a fraintendi-menti ideologici e politici e lastessa Rivoluzione francese

    proprio simile nel più grandedispregio anche di Dio (cfr.Sal 50, v. 16 e ss.). La cattivacoscienza porta quasi Caino ableffare l’Eterno, cercando dichiamarsi fuori dalla fraternitàdi Abele; questa storia conti-nua nell’umanità. Il peccatooriginale (ormai quasi rotta-mato nella teologia e nellapredicazione contemporanea)ce lo portiamo invece dietro;senza di esso, poi, non c’ènemmeno un battesimo dal-l’alto (cfr. Gv 3, 3-8), secondol’insegnamento di Gesù a Ni-codemo: questi intendeva ca-pire qual era la “novità” p re d i -cata da Cristo; e nemmeno cisarebbe stato un ruolo perquell’«Agnello di Dio,... chetoglie il peccato del mondo!»(Gv 1, 29), Gesù, che Giovanniil battezzatore additava veden-dolo venire verso di lui.

    Di quale novità si tratta?Gesù stava insegnando allefolle e ai discepoli il cuore del-le relazioni con Dio, con la so-cietà (anche religiosa) e congli altri; poi afferma con deci-sione: «Voi siete tutti fratelli”(Mt 23, 8). Qui non si intende-va semplicemente l’apparte-nenza ebraica; Egli stava allar-gando lo sguardo, giacché«uno solo è il Padre vostro,quello celeste» (Mt 23, 9). Laquestione con Gesù si fa cosìtrascendente. La fraternità —dice Gesù — ha origine dal Pa-dre celeste e, per questo, supe-ra ogni discriminazione relati-va al colore della pelle, alla

    cultura e alle tradizioni; “O ri-gine” che, anche in ambito ec-clesiale, pare si declassi oignori. Se venisse meno l’ap-pello alla trascendenza, la fra-ternità si frantumerebbe; l’u-guaglianza non resisterebbealle pressioni varie, compresequelle economico-sociali, e lalibertà si incarterebbe egoisti-camente su se stessa. La frater-nità ha una portata trascen-dente. Lo ricorda anche l’enci-clica papale, citando la Centesi-mus annus di Giovanni Paolo II(cfr. FT 273).

    Un’ulteriore sfida ci si po-ne: se la trascendenza fosse ve-ra, di quale Dio parliamo? Laquestione mi fu posta in modosemplice, ma profondo, da uncristiano che viveva in Iran altempo del mio servizio in quelPaese e che si doveva conti-nuamente confrontare con il“Dio dell’Islam”: «Il Dio diGesù Cristo — diceva non sen-za perplessità — è lo stesso delDio predicato dai musulma-ni?». La questione non eraoziosa. Le contraddizioni con-crete, il fatto di sentirsi chia-mare «miscredente» (kāfir),erano/sono reali. Abu Dhabi,per le relazioni tra cristiani emusulmani, (Documento sullafratellanza umana per la pace mon-diale e la convivenza comune, del 4febbraio 2019), è un passonuovo, almeno per non farsi laguerra e non creare ulterioricrisi umanitarie. Il terrorismoe l’estremismo sono controAbu Dhabi. Ma la speranza

    che la radice abramitica delletre religioni monoteiste, di cuiparla il concilio Vaticano II(cfr. Lumen gentium 16), possadare frutti non è rinsecchita.In questo clima non è perciòazzardato pensare che il Pattodi Abramo (tra Emirati Arabi,Bahrein e Israele, con possibi-le ulteriore allargamento) siauna iniziativa dalle conse-guenze, oltre che diplomati-che, anche economiche, cultu-rali e religiose, prima impen-sabili. Uscire dalla logica delloscontro è pensare altro ed ele-vato.

    Quando Gesù parla del«Padre celeste» certamente si

    riferisce al Dio della rivelazio-ne abramitica. Non parlava diun Dio astratto o filosofico; al-la samaritana (si ricordi chetra samaritani e giudei nonc’era buon sangue!) che glichiedeva quale Dio si debbaadorare, Gesù risponde an-dando oltre il vicino monteGarizim su cui i samaritaniadoravano il “l o ro ” Dio, maanche il monte di Gerusalem-me sul quale i giudei adorava-no l’Altissimo. Gesù parla, in-vece, di un «Padre» che vuoleessere adorato «in spirito e ve-rità: così infatti il Padre vuoleche siano quelli che lo adora-no. Dio è spirito, e quelli che

    Società e politica australiane interpellate dalle indicazioni del Pontefice

    In nome di una comune umanità

    del XVIII secolo ne fece un car-dine della “nuova” era; un’erain cui non si disdegnò la vio-lenza, la segregazione razziale,il colonialismo, la guerra e,successivamente, lo sfrutta-mento del lavoro, la nascita dicomplesse ideologie di domi-nio e di supremazia (nazismo,comunismo e dittature di variaispirazione).

    Per Cristo e per la culturache in lui si origina, la frater-nità ha un’altra storia — quellabiblica — p ro f o n d a m e n t eumana e esistenziale, che nonignora l’asserto dell’homo hominilupus (massima derivata dall’A-sinaria di Plauto, II, 4, 88), chefu intesa a spiegare l’egoismoumano e a designare la condi-zione in cui gli uomini si com-battono l’un l’altro per soprav-v i v e re .

    La visione — come vera no-vità — che Gesù traccia è “al-tra”. Ed è in quest’ottica cheva intesa l’espressione toltadalle Admonitiones attribuite asan Francesco, il quale chiede-va ai suoi frati di guardare aCristo per cogliere il sensodella fraternità che voleva tradi essi.

    Biblicamente parlando, l’i-dea di fraternità (antecedentead ogni forma di fratellanzache ha sapore alquanto ridut-tivo e apparentemente camera-tesco) nasce non semplice-mente dalla condivisione dellastessa maternità/paternità bio-logica, ma dal superamentodell’aspetto biologico beneespresso esistenzialmente dalSalmo 51, che confessa: «Nelpeccato mi ha concepito miamadre» (v.7); per lo stesso sal-mo, l’essere umano, cioè, è co-sciente che nella vita egli si facompagno di ladri e adulteri,di fomentatori di inganni, e,persino, arriva ad uccidere il

    IL TESTO

    Un contributo alla riflessione

    Il testo che pubblichiamo in questa pagina èapparso nei giorni scorsi sul sito dell’O rdineequestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme— di cui l’autore è cardinale gran maestro —col titolo «Fratelli tutti»? A proposito dell’enciclicadi Papa Francesco.

    vittime; il richiamo alla solidarietà verso ipiù vulnerabili, inclusi coloro che cercanocondizioni di vita più dignitose in un’al-tra terra: tutto ciò dovrebbe offrire spuntidi riflessione profonda anche agli austra-liani.

    Nonostante i molti progressi compiuti,ancora oggi gli aborigeni sono eccessiva-mente rappresentati nelle statistiche sullosvantaggio sociale, mentre le sofferenzefisiche e psicologiche dei richiedenti asiloa Nauru o in Papua Nuova Guinea nonscalfiscono l’apatia e l’indifferenza dibuona parte della popolazione.

    Sarebbe però ingiusto caratterizzare leattitudini australiane verso le persone bi-sognose di rifugio e solidarietà solo attra-verso il prisma delle politiche bipartisanche impediscono ai boat people di attrac-care sul continente. L’Australia mantieneun generoso programma migratorio cheha consentito a migliaia di persone di tro-varvi sicurezza e opportunità impensabilinei loro Paesi d’origine.

    Alla recente apertura verso parti delmondo meno rappresentate nei program-mi migratori precedenti, come il MedioOriente e l’Africa sub-sahariana, e alla so-lidarietà espressa verso il terrorismo isla-mico da nuovi immigrati in Australia, èlegato il riaccendersi di una mai sopitaxenofobia in alcuni settori della popola-zione, insieme all’aggravarsi di tendenzeislamofobe. Proprio dal suolo australianoè partito Brenton Harrison Tarrant, ilventottenne che il 15 marzo del 2019 mas-

    lasciava ai margini della moderna nazionesia gli abitanti originari del continente siagli immigrati c o l o u re d . O meglio, il mateshiprimaneva ufficialmente un valore prima-rio e condiviso, ma dai confini ben ristret-ti ed esclusivi di interi gruppi umani, tracui le donne che non si riconoscevanonelle sue connotazioni militaristiche omaschilistiche.

    Ancora oggi, più di un secolo dopo lanascita della Federazione, milioni di bam-bini australiani cantano a scuola i versidell’inno nazionale che promettono «acoloro che sono venuti attraverso i mari»,«illimitate pianure da condividere». Locantano con ingenua fiducia nei valori diuguaglianza e giustizia per tutti che sen-tono come tipicamente aussie, ma il lorocanto gioioso non raggiunge i loro coeta-nei afghani, indonesiani o pakistani rin-chiusi da anni con le loro famiglie neicentri di detenzione su isole sperdute delpacifico, colpevoli di aver sognato di rag-giungere quelle infinite e ricchissime pia-n u re .

    Questo divario fra gli ideali professaticome centrali alla propria cultura o reli-gione e il loro “tradimento” sul piano per-sonale o politico naturalmente non ri-guarda solo l’Australia: quante persone ogruppi umani vivono in assoluta coerenzacon gli ideali apertamente professati?

    Ma i riferimenti dell’enciclica papaleall’importanza della riconciliazione, chedeve basarsi sul perdono mai disgiuntodalla memoria storica dei torti subiti dalle

    di ST E FA N O GIROLA

    «Che ogni uomo si comporti come un fratel-lo verso un altro uomo, è una dottrina chemi si addice perfettamente. Il cuore chesa avere pietà per i dolori degli altri. Oh,questa è la mia religione».Così recitavano i versi di una canzonetradizionale del bush australiano, pubbli-cata dal «Bulletin» nel 1905. Lo storicoRussel Ward citò questa canzone nel libroormai classico The Australian Legend (1958),come esempio evidente di un valore cen-trale della cultura australiana, espressodal termine mateship.

    Un termine che racchiude l’imp ortanzadella lealtà, dell’uguaglianza e soprattut-to dell’amicizia. Ancora oggi quando unestraneo ci si rivolge nel saluto chiaman-doci mate, tutti i muri sociali, culturali edetnici che ci dividono sembrano dissolver-si in una breve epifania della nostra co-mune umanità, alla ricerca disperata diamicizia e fraternità.

    Anche per questo l’ultima enciclica diPapa Francesco, incentrata sul tema dellafraternità universale, può parlare diretta-mente al cuore e alla mente di tutti gli au-straliani.

    Certo, come tutti i valori, anche quellodel mateship si è manifestato soprattuttosul piano degli ideali, più che su quellodella prassi dei rapporti inter-personali odelle azioni politiche. La federazione natanel 1901 non era basata sui valori del ma-teship, ma sulla White Australia policy che

    Olga Bakhtina,«Il buonsamaritano»(2016,p a r t i c o l a re )

  • L’OSSERVATORE ROMANOlunedì 4 gennaio 2021 pagina 3

    «Fratelli tutti» - Per una lettura dell’enciclica di Papa Francesco L’agnosticismoscomo do

    e la sua speranza

    non credente insieme agliatei, perché non crede nell’i-nesistenza di Dio, anche senon è in grado di crederenella sua esistenza — non più,per uno come me “agnosti-co di ritorno”, o non ancora,per chi la fede non l’ha maiavuta ed è “agnostico dipartenza”. Non ha, o haperso, la fede nella presenzadi Dio senza aver acquisitola fede nella sua assenza.Ha sete, ma non sa se c’è fi-ne all’aridità del deserto.

    L’agnostico concorda concredenti e non credenti suun punto di partenza. SeDio esiste, esiste necessaria-mente, come un triangoloche necessariamente ha trelati, non come un triangoloche è accidentalmente blu.Al contempo, se Dio nonesiste, non esiste necessaria-mente, come non esiste untriangolo quadrato, non co-me una scultura triangolaremai realizzata ma che sareb-be potuta esistere. Si trattadel punto di partenza delfamoso argomento ontologi-co a favore dell’esistenza diDio. Purtroppo, nel corsodei ragionamenti che seguo-no da questo punto, i disac-cordi crescono, l’incertezzaaumenta, e l’agnostico tornaa dubitare scomodamente,incerto tra chi ritiene l’a rg o -mento ontologico una di-mostrazione inconfutabile,come Cartesio, Leibniz, He-gel, o Gödel, e chi lo rigettacome una fallacia logica, co-me Kant o Russell.

    Ciò non toglie che anchel’agnostico può essere pio. Ècosì che Papa Francesco hadefinito Carlo Petrini, ilfondatore di Slow Food, perla sua “pietà per la Natura”.L’agnostico pio si comportameglio di certi farisei. Suquesto l’enciclica Fratelli Tuttiha parole molto gentili. E seè un agnostico non solo sco-modo ma anche “di ritor-no”, sa che la perdita dellafede è la più grave di tutte,perché rende tutte le altreperdite definitive. SenzaDio, ogni morte è perenne;il dolore è irriscattabile; l’in-giustizia è irrimediabile;l’assenza di significato è in-colmabile. L’assenza di Dioè l’eternità del male non co-me qualcosa, ma come even-to irreversibile. Solo la pre-senza di Dio può annullareil male e ripristinare (nonmeramente restaurare) il be-ne come intatto. Sono costitragici, che il credente non èdisposto a pagare; che l’ateodeve avere il coraggio titani-co di affrontare; e che l’a-gnostico pena a far quadra-re .

    L’agnostico sa anche chesenza Dio viene meno l’op-portunità di essere grati pertutto quel bene che accadesenza alcuna ragione appa-rente. Senza Dio il male ètragicamente permanente, eil bene naturale — quelloche non è dovuto alla vo-lontà umana — è solo casua-le, come l’incontro fortuitocon la persona che si ama, etutte le altre cose belle perle quali non si può ringra-

    ziare nessuno. Anche i ro-mani ringraziavano la deaFortuna, e i greci potevanoessere grati a Agathe Tyche,la “Buona Sorte” (tyche ingreco significa “accadere percaso”). Invece l’ateo può so-lo congratularsi con se stes-so per essere stato fortuna-to, mentre all’agnostico re-sta il dubbio se si tratti dicasualità o causalità, acci-dente o disegno. L’imp ossi-bilità di essere grati per ilbene naturale ricevuto è unaperdita profonda perché lasolitudine della gioia ne di-minuisce il valore. Come nelcaso dell’assenza della fede,anche il bene naturale ha unvalore doppio: di base, inquanto bene, e aggiunto,come bene che è parte di uncontesto condiviso più am-pio anch’esso buono. Cosìla gratitudine per il bene neesalta il valore, come unabottiglia di vino, che è piùbuona se condivisa con al-tri.

    L’agnostico “di ritorno”rimpiange la fede senza es-sere in grado di riottenerla.Ha tuttavia una consolazio-ne. Nel famoso passo dellaPrima Lettera ai Corinzi,San Paolo elenca le virtùteologali: «Queste dunquele tre cose che rimangono:la fede, la speranza e la ca-rità; ma di tutte più grandeè la carità!» (1 Corinzi 13, 13).Il credente può praticarletutte; all’agnostico ne man-ca una, la fede, perciò si av-vicina al credente per dueterzi. Entrambi condividonocon l’ateo la carità che quin-di, anche in versione secola-re e non paolina, resta lavirtù più importante, perchéaccomuna tutti: credenti,non credenti, e agnostici.Ma è sulla speranza che l’a-gnostico può focalizzarsi.Per chi dubita dell’esistenzadi Dio sul serio, come chidubita di aver vinto o menoalla lotteria, la fede si scon-tra con la ragione e con ifatti, ma la speranza restaun’opzione ragionevole. Èirragionevole credere di avervinto alla lotteria, ma è ra-gionevole s p e ra rl o . Per l’a-gnostico credere nell’esisten-za o nell’inesistenza di Dioè impossibile, ma sperareche Dio esista e quindi com-portarsi di conseguenza re-sta un’opzione del tuttoplausibile, anzi diventa unavirtù della ragione conosci-trice (epistemica, diremmo noifilosofi). Perché se la sceltaè tra sperare che Dio esistae sperare che Dio non esi-sta, la risposta è semplice. IlSalmo 14, dal quale parte laprova ontologica per l’esi-stenza di Dio, dice che: «Lostolto ha detto nel suo cuore“non c’è Dio”». Tradotto inuna teologia della speranzasi può allora dire che solo lostolto spera che Dio nonesista, che il bene sia tran-seunte, e che il male sia pe-renne. Perciò all’agnosticoscomodo, che non riesce ascommettere ragionevolmen-te come Pascal sulla fede, ri-mane la virtù epistemica diinvestire nella speranza, re-stando incerto senza esserestolto.

    lo adorano devono adorare inspirito e verità» (Gv 4, 23-24).Questo Dio è poi rivelatoda/in Gesù Cristo, il Messia,dal quale non è possibile piùprescindere. Senza di Lui si ri-torna o al panteismo o alle di-visioni irenico-teosofiche diun Dio dal sapore platonico oesoterico. Il Dio di Gesù Cri-sto ha i caratteri del Padre chenel Figlio, illumina, redime, ciriconcilia e sulla croce apre al-la fraternità. Quale?

    Per togliere ogni ulterioreequivoco, al dottore della Leg-ge che chiedeva spiegazioni,Gesù racconta la splendidaparabola del buon Samaritano

    (cfr. Lc 10, 25-37); non c’è teo-ria, ma esemplificazione, e so-prattutto quel potente: «Va’ eanche tu fa’ così» (Lc 10, 37);l’enciclica di Papa Francescoillustra con indubbia limpi-dezza questa parabola cherappresenta il cuore teologicodell’insegnamento di Gesùsulla fraternità ed è al centrodel documento pontificio (cfr.nn. 56 e ss.). Nella parabola —spiega il Papa — viene eviden-ziata la «fiducia nella partemigliore dello spirito umano»(FT n. 71) che prende forma esi origina nella verità.

    Nella verità? Ancora unavolta il cristiano pensa a Cri-

    sto: «Io sono la via, la verità ela vita» (Gv 14, 6). In terminicomprensibili, diciamo cheGesù perfeziona per noi, percosì dire, il suo insegnamentoparlando degli atti umani piùdifficili, come ad esempio (cfr.Mt 5, 20 e ss.), la vendetta(«Ma io vi dico di non oppor-vi al malvagio...»: Mt 5, 39), lerelazioni umane («... Se uno ticostringerà ad accompagnarloper un miglio, tu fanne con luidue»: Mt 5, 41), l’attitudineverso chi è nel bisogno («Achi desidera da te un prestitonon voltare le spalle»: Mt 5,42) o il rapporto con l’avversa-rio («... Se mio fratello com-mette colpe contro di me,quante volte dovrò perdonar-gli? Fino a sette volte?... Nonti dico fino a sette volte, ma fi-no a settanta volte sette»: Mt18, 21-22). Attenzione! — diceGesù — una certa fratellanza sidà anche tra i “pubblicani” e i“pagani”, ma per il cristiano lafraternità ha per riferimento il«Padre vostro celeste» (Mt 5,48)!

    La fraternità di cui parlaGesù, dunque, non si può ri-durre semplicemente a un da-to antropologico o sociologi-co; per il cristiano la questioneè teologica, trascendente (cfr.FT 85); cioè ha bisogno diDio-Padre, principio di riferi-mento e pietra-chiave di ogniarchitettura sulla fraternità.Senza Dio-Padre, la fraternitàva in crisi e ha continuamentebisogno di puntelli: la tolle-ranza, il patto, la norma, ilgiudizio, la forza. La ragioneda sola non riesce a fondare lafraternità (cfr. FT 272).

    Gesù, in quanto Maestro, ègaranzia di una visione chetrascende il limite antropolo-gico in sé. Madre Teresa diCalcutta, ad una religiosa che

    voleva andarsene dalla Con-gregazione perché non sop-portava più il fetore dei pove-ri, chiese chi era quel poveroche aveva raccolto quel gior-no: «Non aveva il volto di Cri-sto?», chiese, e la religiosa re-stò in Congregazione. «Per icristiani — dice il Papa — ... ilriconoscere Cristo stesso inogni fratello» (FT 85) permettedi superare le tante motivazio-ni e interrogativi che ci irreti-scono. Ciò chiama in causa laterza delle virtù teologali, lacarità, che riscalda ogni rela-zione. La carità va ben al di làdi ogni dimensione sociologi-ca o biologica; ha sede in unDio da amare «sopra ogni co-sa per se stesso, e il prossimocome noi stessi per amore diDio» (Catechismo della Chiesa cat-tolica 1822); la carità è compiu-ta in Gesù che amò i suoi finoalla fine (cfr. Gv 13. 1). La Let-tera agli Ebrei si addentra inuna interessante spiegazionecirca l’umanità assunta da Cri-sto, commentando splendida-mente che “conveniva” (decè-bat, é p re p e n ) (Eb 2, 10) l’incarna-zione redentiva di Gesù, «co-lui che santifica» e «non sivergogna» di chiamarci fratelli(Eb 2, 11).

    Un’ultima sfida: Siamo tut-ti fratelli, ma fratelli “diversi”?Sì. La diversità non inficia ilsenso sociale dell’esistenza ola convinzione della dignità diogni persona e neppure la di-mensione della spiritualità(cfr. FT 86). La diversità pro-muove la ricchezza umana e ilbello. Pensiamo cioè ad unadiversità non da un genericosapore filantropico o universa-listico, ma creatrice di una for-ma vera di “amicizia” so cialeche genera, attraverso la retti-tudine del cuore, la verità, ilbene comune e la pace.

    sacrò 51 fedeli della moschea di Christ-church in Nuova Zelanda, pubblicizzan-do in diretta sui social media il suo gestoefferato.

    L’estremismo delle ideologie identita-rie o di supremazia bianca che ha armatola mano di Tarrant resta molto minorita-rio nella società e nella politica australia-na. Tuttavia, è innegabile che il richiamodi Bergoglio ai rischi di una «mentalitàxenofoba, di chiusura e di ripiegamento

    su se stessi» non è privo di rilevanza perla società.

    Molti leader australiani potrebberomeditare sulla condanna del Papa di unapolitica dagli orizzonti limitati, ossessio-nata dal consenso elettorale e guidata daisondaggi di opinione. Da un lato il pro-verbiale pragmatismo aussie e il sospettoinnato verso le grandi ideologie hannopreservato questa nazione dalle guerre ci-vili, dai totalitarismi e dalle aspre con-trapposizioni ideologiche che hanno in-sanguinato il “vecchio mondo”. Dall’a l t rolato, sono innegabili i limiti di un certomodo di fare politica che insegue solo ri-sultati a breve termine, lontana da quegliideali di apertura alla fraternità universalee ai bisogni dei più deboli, auspicati dalPontefice nell’enciclica.

    Del resto, anche una nazione media-mente ricca e privilegiata come l’Austra-lia, in cui alcune delle piaghe antiche delsottosviluppo descritte dall’enciclica sonostate sconfitte da tempo, non è immuneda alcuni dei mali stigmatizzati dal Pa-pa.

    L’immagine brillante di benessere ma-teriale, di grande sviluppo tecnologico, dipulizia, ordine e senso civico, nascondesolo a occhi distratti o passeggeri altriaspetti meno piacevoli ma reali, che offro-no un quadro ben più complesso di quel-lo espresso dagli epiteti popolari di Au s t ra -lia felix o Lucky Country.

    Certamente, il modo in cui l’Australiae la sua vicina Nuova Zelanda sono riu-scite ad affrontare la pandemia del covid-19, hanno confermato che tutto sommatoda queste parti si vive molto meglio che intante altre parti del mondo. Ma nemme-no questa terra è risparmiata da quei fe-nomeni disgreganti del vivere sociale che

    la pandemia ha esacerbato e su cui si sof-ferma Fratelli tutti.

    Anche in Australia sono ormai evidentile gravi conseguenze di un crescente indi-vidualismo e di un modello economicoche ha avvantaggiato gli ultra-ricchi au-mentando la precarizzazione e la fragilitàdelle classi più deboli.

    Una nazione in cui l’88% delle personeutilizzano internet regolarmente ha dicerto beneficiato di tecnologie che hannoridotto o annullato quella “tirannia delladistanza” che ha segnato, spesso negati-vamente, la vita australiana. Ma, allo stes-so tempo, l’unica citazione esplicita deivescovi australiani nell’enciclica si riferi-sce proprio agli effetti più deleteri dell’u-so delle nuove tecnologie digitali, in fortecrescita anche down under: l’ossessione nar-cisistica alimentata dai social media checreano l’illusione di una fragile “connes-sione”, povero sostituto dei profondi le-gami di amicizia e fraternità; le minaccealla privacy; la fruizione di immagini por-nografiche e violente anche da parte digiovanissimi; l’odio, l’insulto e l’a g g re s s i -vità al posto del dialogo e dello scambiocivile di opinioni contrastanti; infine, l’in-fluenza deleteria che la diffusione di noti-zie false può avere sul processo democra-tico.

    Anche per questo, la saggezza con cuiil Papa affronta il tema dell’impatto dellenuove tecnologie ha molto da offrire aquei politici, educatori e genitori austra-liani che si pongono il problema di comefar sì che i progressi tecnologici siano alservizio dei bisogni più profondi dellapersona umana e non degli interessi dioligarchie e potentati economici creatoridi nuovi tipi di schiavitù mentale e aliena-zione.

    CO N T I N UA DA PA G I N A 1

  • L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

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    L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 lunedì 4 gennaio 2021

    In una telefonata a un alto funzionario

    Pressioni di Trumpsul voto in Georgia

    In un duplice attacco armato al confine con il Mali

    Massacrati 100 civili in Niger

    DAL MOND O

    La Gran Bretagna respinge la richiestadi estradizione negli Usa per Julian Assange

    La giustizia britannica ha respinto oggi l’istanza di estra-dizione negli Stati Uniti per Julian Assange. Il fondatoredi WikiLeaks è accusato da Washington di spionaggio epirateria per aver contribuito a svelare file riservati relati-vi alle operazioni militari in Afghanistan e Iraq. A emet-tere il verdetto è stata la giudice Vanessa Baraister, cheha motivato la decisione evocando il rischio di suicidioper Assange a causa di «problemi di salute mentale».Washington potrà fare appello.

    Uccisi in Malialtri due soldati francesi

    Due soldati francesi sono stati uccisi sabato in Mali dal-l’esplosione di un ordigno rudimentale, dopo che altri tremilitari loro connazionali avevano perso la vita lunedìscorso in un attacco analogo rivendicato dalla branca diAl Qaeda nel Sahel. L’attacco è avvenuto a Manaka, nelnord-est del Paese africano. Sono una cinquantina i mili-tari francesi morti dall’inizio dell’impegno militare di Pa-rigi nella regione del Sahel, nel gennaio del 2013. LaFrancia è presente nel Sahel con l'operazione Barkhane,che impegna più di 5.000 militari in questa immensa re-gione, minacciata da gruppi jihadisti e violenze che han-no provocato migliaia di vittime civili e militari negli ul-timi anni.

    Nigeria: distrutto dai militariun insediamento di Boko Haram

    Decine di jihadisti del gruppo di Boko Haram sono ri-masti uccisi in un bombardamento aereo di velivoli go-vernativi della Nigeria, che hanno preso di mira un cam-po di addestramento dei terroristi nell’area di Mana Wa-ji, nello Stato settentrionale di Borno. La base serviva co-me deposito di armi e attrezzature, ma anche come sedeper pianificare attacchi terroristici, hanno confermato fon-ti militari. Dall’inizio del mese si registra un aumento de-gli attacchi nel nord-est della Nigeria, mentre alla vigiliadi Natale i jihadisti di Boko Haram hanno ucciso alme-no sette persone in un assalto a un villaggio a maggio-ranza cristiana sempre nello Stato settentrionale di Bor-no.

    Riaprono le scuole in Kenyadopo nove mesi di chiusura

    WASHINGTON, 4. Il presidenteuscente degli Stati Uniti, Do-nald Trump, avrebbe fattopressione sul segretario di Sta-to della Georgia, il repubbli-cano Brad Raffensperger, perprocedere a un nuovo conteg-gio delle schede elettorali inmodo da ribaltare i risultatiufficiali delle elezioni del 3 no-vembre scorso, in cui è statosconfitto da Joe Biden.

    Questo quanto emerge dauna conversazione telefonica,avvenuta sabato scorso, i cuicontenuti sono stati resi notiieri sera, domenica, dal «Wa-shington Post». «Non c’èniente di male se dite di averericalcolato» si ascolta nella re-gistrazione durata circa un’o-ra in cui Trump, adducendoipotetici brogli ai suoi danni,cerca di convincere Raffen-sperger, e il suo consigliereRyan Germany, di adoperarsiper sovvertire l’esito del votoin Georgia. I due rispondonoal presidente che nello Statolo svolgimento del voto è statodel tutto regolare.

    Il leader repubblicano con-tinua a perseverare con le sueaccuse di brogli, finora co-stantemente rivelatesi infon-date, nel tentativo di annulla-re in ogni modo l’acclarato ri-sultato delle elezioni presi-denziali svoltesi ormai duemesi fa. Ieri su twitter ha scrit-to che il segretario di Stato

    della Georgia «non ha idea»dei brogli avvenuti.

    Numerose le critiche daparte dei democratici. Da pre-cisare che anche un capovolgi-mento del risultato in questoStato non basterebbe ad an-nullare la vittoria ottenuta conampio margine da Biden.Quest’ultimo, dopo aver in-cassato l’ufficializzazione del-la vittoria a dicembre daiGrandi elettori, attende solola ratifica del Congresso ilprossimo 6 gennaio per potereffettivamente entrare in cari-ca il prossimo 20 gennaio co-me 46º presidente degli StatiUniti d’America.

    La rivelazione del «Wa-shington Post» arriva in unmomento molto importanteper le sorti della politica statu-nitense. Proprio in Georgia,infatti, domani (martedì) sivoterà per eleggere due nuovisenatori. Due seggi che deter-mineranno in modo decisivogli equilibri tra repubblicani edemocratici al Campidoglio aWashington. Sempre ieri ilquotidiano statunitense hapubblicato un editoriale fir-mato da dieci ex segretari del-la Difesa in vita, di entrambi ipartiti, che congiuntamenteinvitano Trump a desistere.

    Nel frattempo la democra-tica Nancy Pelosi è stata rielet-ta speaker della Camera deiR a p p re s e n t a n t i .

    Riparte il dialogoper la diga sul Nilo Azzurro

    NI A M E Y, 4. Strage di civili inNiger, dove sabato scorso so-no stati trucidati almeno 100persone in attacchi simultaneicontro due villaggi nel remotosud-ovest, al confine con ilMali. Potrebbe trattarsi delpeggiore singolo attentatojihadista contro i civili nelPaese, affermano le autoritàlo cali.

    L’attacco è stato condottoda uomini armati contro i duevillaggi di Tchombangou eZaroumdareye, situati nella re-gione occidentale di Tillabéria circa 120 chilometri dalla ca-pitale Niamey. I feriti sarebbe-ro almeno 25. Lo riferisconofonti della sicurezza, aggior-nando il precedente bilanciodi almeno 79 morti (49 a

    Tchombangou, 30 a Zaroum-dareye) e di circa 17 feriti.

    I terroristi, arrivati a bordodi motociclette si sono divisiin due gruppi, seminando lamorte tra gli abitanti. «Mentreuno attaccava Zaroumadareye,l’altro assaltava Tchomaban-gou», ha precisato il sindacodi Tondikiwindi, che ammini-stra entrambi i villaggi. Si trat-terebbe di un attentato piani-ficato militarmente e non an-cora rivendicato, ma che gliosservatori non esitano ad at-tribuire ai miliziani jihadisti.

    I terroristi, secondo alcunefonti locali, avrebbero massa-crato la popolazione comerappresaglia per l’uccisione didue non meglio precisati mili-tanti da parte delle milizie lo-cali di autodifesa. Gli aggres-sori sarebbero arrivati a bordodi pick up e di un centinaio dimoto proprio dal vicino Mali,Paese dove nelle ultime oredue soldati francesi sono statiuccisi da militanti jihadisti.

    Le azioni sono state com-piute in pieno giorno, in coin-cidenza con l’annuncio dei ri-sultati parziali del primo tur-no delle elezioni presidenzialie legislative svoltesi lo scorso27 dicembre nel travagliatoPaese africano, segnato da in-stabilità politica e da frequenticolpo di Stato. Risultati chehanno attribuito all’ex mini-stro dell’Interno Mohamed

    Bazoum il 39,33 per cento del-le preferenze, soglia non suffi-ciente a raggiungere il 50 percento dei voti necessari pervincere il primo turno control’ex presidente MahamaneO usmane.

    In molti sperano che le ele-zioni portino ad un passaggiopacifico del potere. Il tutto sa-rà deciso il 21 febbraio, quan-do si affronteranno in ballot-taggio Bazoum, braccio destrodel presidente uscente, Moha-madou Issoufou, al potere perdue mandati, e il candidatoespresso dall’opp osizione,O usmane.

    Il Niger è teatro di diversiattacchi di jihadisti legati adAl Qaeda e al sedicente Statoislamico. Lo scorso anno gliattentati e la violenza armataalla frontiera occidentale conil Mali e il Burkina Faso equella sud-orientale con la Ni-geria sono costati la vita a cen-tinaia di persone. L’attaccopiù recente risale a metà di-cembre, quando 28 personesono state uccise a Toumourda Boko Haram.

    In particolare, la regione diTillabéri — dove è avvenutol’eccidio — è un’area talmentepericolosa che le autorità han-no vietato di usare la motoci-cletta: un mezzo che permettea terroristi islamici, banditi etrafficanti di muoversi veloce-mente e agilmente.

    IL CA I R O, 4. Etiopia, Su-dan ed Egitto hanno con-cordato di riprendere il dia-logo sulla complicata di-sputa riguardo la gigantescaGrand Ethiopian Renais-sance Dam, la grande digache Addis Abeba sta co-struendo sul Nilo Azzurrodal 2011 e che il Cairo eKhartoum temono danneg-gerà il loro approvvigiona-mento idrico.

    I tre Paesi hanno tenutoieri, domenica, un incontroin videoconferenza alla pre-

    senza di funzionari del SudAfrica, Paese che detiene lapresidenza di turno dell’U-nione africana e che stasvolgendo una mediazionenel dialogo.

    «Abbiamo concluso chequesta settimana sarà dedi-cata a incontri bilaterali frai tre Paesi con esperti e os-servatori» si legge in unanota del ministero sudaneseper l’acqua. Gli incontri tri-partiti, anche di vertice, ri-prenderanno dal 10 gennaiop ro s s i m o .

    NAIROBI, 4. Gli studenti ke-nyani tornano finalmente inaula. Dopo nove mesi di chiu-sura a causa della pandemia dicovid-19, con conseguenzespesso disastrose anche e so-prattutto in ambito educativo,oggi vengono finalmente ria-perte le scuole nel Paese africa-no così da permettere a circa di-ciassette milioni di ragazzi ditornare dietro i banchi.

    Una chiusura lunga, quasiun intero anno scolastico senzaistruzione, con i corsi a distan-za introdotti solo da alcuni isti-

    tuti e in realtà pochissimi ke-niani che hanno avuto accessoalle attrezzature tecnologichenecessarie.

    Nei mesi scorsi più volte l’U-nicef ha sottolineato come i ri-schi per i bambini che non van-no a scuola siano molto più altidei rischi che incontrano nellescuole — si teme anche un forteabbandono scolastico — e cheera difficile da comprendere ladecisione di mantenere chiusele scuole quando ristoranti enegozi sono rimasti aperti dal-l’inizio della pandemia.

  • L’OSSERVATORE ROMANOlunedì 4 gennaio 2021 pagina 5

    Il virus è costato mille miliardi di dollari e nel 2021 si tradurrà in 235 milioni di persone bisognose di aiuti

    Il terremoto covidfa tremare l’economia mondiale

    di ANNA LISA ANTONUCCI

    I l terremoto covid, che hafatto tremare l’economiaglobale, è costato finoramille miliardi di dollari enel 2021 si tradurrà in 235 milio-ni di persone bisognose di assi-stenza umanitaria, con un au-mento del 40% rispetto al 2020.A tracciare questo quadro deso-lante è il Programma delle Na-zioni Unite per lo sviluppo.«Le prospettive delle esigenzeumanitarie nel prossimo futurosono le più desolanti mai pensa-te» ha annunciato il responsabi-le degli Affari umanitari dell’O-nu, Mark Lowcock, sottoli-neando il fatto che il covid hacausato «una carneficina in tut-ti i Paesi più fragili e vulnerabilidel pianeta». Le sfide da affron-tare nel 2021 sono dunque enor-mi e secondo il rappresentanteOnu «sarà un risultato impor-

    Superati gli 85 milioni

    Aumentanoi contagi

    GINEVRA, 4. Crescono in tut-to il mondo i casi di covid-19, soprattutto dopo la sco-perta di una variante del vi-rus individuata per la primavolta in Gran Bretagna.

    Secondo gli ultimi con-teggi della Johns HopkinsUniversity, i contagi sono at-tualmente 85.122.080, inclusi1.843.135 decessi. Dall’iniziodella pandemia nel mondosono comunque guarite47.860.306 persone.

    In molti Paesi europei lasituazione permane difficile.

    Anche a causa della cosid-detta “variante britannica”,che viaggia più velocementee che si è diffusa in diversiPaesi del continente (inclusal’Italia, mentre in Germaniasarebbe stata presente già anovembre) e pure in Cana-da, India e Pakistan.

    Ieri, per il sesto giornoconsecutivo, la Gran Breta-gna ha registrato oltre50.000 contagi. Il dato, rife-rito dal quotidiano «TheGuardian», è di 54.990 casi,in calo rispetto al record diquasi 58.000 fatto segnaredue giorni fa. Il numero deidecessi è di 454, in lieve au-mento rispetto ai 445 di sa-bato, il che porta il totale adoltre 75.000 vittime. E men-tre aumentano i ricoveri dibambini, le autorità di Lon-dra hanno deciso di chiuderetutte le scuole elementari fi-no al 18 gennaio.

    In Francia, dopo un allen-tamento delle restrizioni perle festività, è stato anticipatoil “coprifuo co” dalle 20 alle18 per sei milioni di personeche vivono in 15 dipartimenti

    della parte orientale del pae-se, su richiesta delle autoritàlocali preoccupate per laprogressione dell’epidemia.

    In Germania, le autoritàsanitarie hanno registrato ul-teriori 10.000 casi e 302 de-cessi. Complessivamente, inGermania si contano1.775.513 casi e 34.574 morti.

    Oggi, intanto, il cancellie-re, Angela Merkel, incontre-rà i leader dei 16 Länder perdiscutere i prossimi passi perfronteggiare l’emergenza. Illockdown attualmente in vi-gore si concluderà il 10 gen-naio e non è escluso che pos-sa proseguire.

    In Italia, dato l’aumentodei casi, potrebbe essere pro-rogata con un’ordinanza delministro della Salute, la sca-denza del decreto natalizio,al momento prevista il 7 gen-naio. Le due ipotesi in cam-po sono quella di mantenerein vigore le misure vigenti fi-no al 15 gennaio, data di sca-denza dell’ultimo Dpcm, op-pure di tornare in zona giallaper il 7 e 8 gennaio, per poipassare alle misure della fa-scia arancione il fine settima-na del 9 e 10 e, successiva-mente, sulla base del moni-toraggio, assegnare le fasceper la settimana seguente.

    La nuova variante del co-vid-19 sta provocando fortitimori. Nonostante abbia untasso di contagi tra i più bas-si in Europa, il Governo del-la Norvegia ha infatti sceltola linea della prudenza, an-nunciando nuove restrizioni,mentre la Svizzera ha am-messo di avere sottovalutatola situazione.

    Per i profughi al confine tra Bosnia ed Erzegovina e Croazia

    Allarme Caritas: «Rischio catastrofe umanitaria e bomba sociale»

    tante se concluderemo l’annosenza grandi carestie». Il Pro-gramma delle Nazioni Uniteper lo sviluppo aveva lanciatol’allarme su quali danni econo-mici avrebbe provocato il virusgià nel marzo scorso, prima chela diffusione del covid-19 fossecertificata come pandemia.

    L’Agenzia dell’Onu avevaavvertito come la nuova ed ine-dita situazione fatta di divieti diviaggio, restrizioni alla circola-zione, persone costrette a lavo-

    rare da casa, uffici chiusi e mi-sure di contenimento avrebbegravato pesantemente sull’eco-nomia mondiale. Per questo ilFondo monetario internaziona-le (Fmi) e la Banca mondialeavevano previsto un’iniezionemultimiliardaria di fondi glo-bali sostenuti dalle NazioniUnite messi a disposizione deimercati emergenti e a bassoreddito. Nonostante questi aiu-ti, le prospettive, soprattuttoper i sei miliardi di persone chevivono nei Paesi in via di svi-luppo, sono fosche, secondol’Agenzia dell’Onu. A maggio,il Dipartimento degli affarieconomici e sociali delle Nazio-ni Unite (Desa) aveva previstoche l’economia globale si sareb-

    be contratta di quasi il 3,2% en-tro il 2020, mentre l’O rganizza-zione internazionale del lavoro(Oil) avvertiva che quasi la me-tà della forza lavoro mondialeavrebbe visto venire meno ipropri mezzi di sussistenza acausa del continuo calo del nu-mero di ore lavorate per il loc-kdown. Il mese successivo, laBanca mondiale ha confermatoche il mondo era nel bel mezzodella peggiore recessione dallaseconda guerra mondiale.

    In particolare la pandemiaha colpito duramente i lavora-tori poco qualificati sia nei pae-si ricchi che in quelli in via disviluppo. Nel settore dei servizisi sono verificati licenziamentidi massa, in particolare in setto-ri come il turismo, il commercioal dettaglio, il tempo libero el’ospitalità, i servizi ricreativi edi trasporto. A dicembre, l’O ilha pubblicato un rapporto chemostra come gli aumenti sala-riali stanno rallentando decisa-mente, le persone più colpitesono le donne, i giovani e i lavo-ratori meno retribuiti: un ope-raio su sei ha smesso di lavorarea maggio e chi ancora lavora havisto il proprio orario ridotto diquasi il 23%. E questo anda-

    mento negativo, secondo gliesperti, dovrebbe continuareanche con l’arrivo dei vaccini.

    Di fronte a questa ondata disegnali negativi, le NazioniUnite hanno avanzato l’idea diun reddito di base universale. Amaggio, una relazione dellaCommissione economica Onuper l’America Latina e i Caraibiha proposto che i governi ga-rantiscano trasferimenti tem-poranei immediati di denarocontante per aiutare milioni dipersone che in quella parte delmondo lottano per soddisfare iloro bisogni di base. SecondoKanni Wignaraja, esperto delProgramma Onu sul commer-cio e lo sviluppo «se non c’è unreddito minimo su cui fare affi-damento quando si verificaquesto tipo di shock, le personenon hanno scelta e rischiano disoccombere alla fame o ad altremalattie, molto prima di am-malarsi di covid». Ecco perché,secondo l’Onu, è così «essen-ziale rilanciare il dibattito sulreddito di base universale e ren-derlo una parte centrale dei pia-ni di stimolo fiscale che i Paesistanno prendendo in conside-razione».

    Già l’estate scorsa il Pro-gramma delle Nazioni Uniteper lo sviluppo aveva racco-mandato un reddito di baseuniversale temporaneo per lepersone più povere del mondocome mezzo per rallentare ladiffusione del covid-19 e con-sentire a quasi tre miliardi dipersone di rimanere nelle lorocase. I lavoratori che non han-no una rete di sicurezza socialenon hanno altra scelta che cer-care lavoro all’esterno, metten-do a rischio la loro salute e quel-la dei loro familiari. Il Pro-gramma per lo sviluppo rileva,dunque, che laddove il redditodi base è stato adottato è accer-tato che ha contribuito a rallen-tare la diffusione del virus e afornire una rete di sicurezza percoloro che ne avevano bisognoe cita come esempio la Cambo-gia dove il governo ha istituitoun sistema di trasferimento di-gitale di denaro contante per lepersone che vivono al di sottodella soglia di povertà. Così co-me hanno fatto i governi delBangladesh, dell’Indonesia,della Malesia, delle Filippine,del Vietnam e altri Paesi.

    DAL MOND O

    Caos documentitra Gb e Spagna

    Ad alcuni cittadini bri-tannici che risiedono inSpagna è stato impedi-to ieri di salire a bor-do di un volo congiun-to British Airways-Ibe-ria diretto a Madrid,perché, secondo lacompagnia aerea, i lorodocumenti di soggior-no pre-Brexit non era-no più validi. Altripasseggeri sono statirimpatriati in GranBretagna da Barcellonaper lo stesso motivo.La vicenda è stata rac-contata al quotidianobritannico «The Guar-dian» dagli stessi pas-seggeri.

    Manifestazioniin Iraqnel primoanniversariodell’uccisionedi Soleimani

    Migliaia di sciiti ira-cheni si sono riuniti aPiazza Tahrir, a Bagh-dad, nel primo anni-versario del dupliceomicidio mirato — conun raid statunitense vi-cino all’aeroporto diBaghdad — del genera-le Qassem Soleimani,uno dei più influentileader militari iraniani,a capo della forza AlQuds, e di Abu Mahdial-Mohandes, numerodue della milizia ira-chena Hashd al-Shaa-bi. I manifestanti filo-iraniani hanno prote-stato contro gli StatiUniti e contro il PrimoMinistro iracheno, in-vocando vendetta. Im-ponenti le misure di si-curezza adottate percontenere la protesta ea tutela della GreenZone, dove hanno sedegli uffici del governo ele sedi diplomatiche.

    SA R A J E V O, 4. Freddo, malattie, abbando-no, rifiuto: l’Unione europea non riesce afermare la decimazione dei 1300 profughiche vagano da aprile, rifiutati e senza pa-ce, al confine fra Bosnia ed Erzegovina eCroazia. La Caritas italiana, che presidiadal 2015 la rotta balcanica al fianco delleCaritas locali, avverte le autorità: di que-sto passo la catastrofe umanitaria annun-ciata «sarà inevitabile». E con essa «vio-lenze e gravi tensioni sociali».

    Il problema, infatti, non è solo la trage-dia delle 1300 anime vaganti in attesa alleporte dell’Europa che anche ieri hannoinscenato l’ennesima inascoltata protesta.Sballottati da un campo all’altro, scacciatidagli incendi, incalzati dal freddo, i pro-fughi vengono anche percepiti come unaminaccia dalla popolazione locale che ri-

    fiuta l’apertura di nuove strutture di acco-glienza a Bihra e Sarajevo: inutilmente laUe ha offerto aiuti economici chiedendo,però, la ricostruzione del campo di Lipa,andato in fiamme il 23 dicembre. Nessu-no pare disposto a farsi carico di 1300 per-sone che da giorni vagano stipate su pul-mann senza una vera destinazione, ina-scoltati nelle loro periodiche rivolte: e,paradossalmente, sale l’ostilità delle pub-bliche opinioni locali. Il monito della Ca-ritas rischia di essere una facile profezia.Lipa, avverte, «non può garantire in pocotempo le condizioni minime necessarieper vivere». La Cei e Papa Francesco conuna donazione hanno sostenuto l’avvio diservizi d’urgenza nei campi di transitodella rotta balcanica. Sciarpe, giacche ecappelli a chi manca di tutto. Migranti in un campo in Bosnia ed Erzegovina (Epa)

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 lunedì 4 gennaio 2021

    Un libro di Massimo De Angelis su Nietzsche oltre il nichilismo

    Il desertoe la sete di Dio

    Senza un preteGli abitanti dell’isola di Sein in un film di Delannoy uscito settant’anni fa

    di EUSEBIO CICCOTTI

    T ra i tanti film oggi po-co ricordati crediamovada annoverato Dio habisogno degli uomini diJean Delannoy, distribuito inItalia nel dicembre 1950. Siamo ametà dell’Ottocento e protago-nista di questo film corale è lacomunità della piccola isolafrancese di Sein, di fronte allaBretagna, una lingua di terrasferzata perennemente dalvento, dai temporali, e dallealte ondate dell’o ceanoAtlantico in cui nessun pretecattolico desidera esercitare ilproprio ministero.

    Alla morte del parrocoJean Marie Kervadec, il ve-scovo ne invia un successore,ma dopo alcun mesi anchequesto lascia Sein, inorriditodal comportamento degliisolani. Essi, pur non saltandola messa della domenica, viola-no sistematicamente i dieci co-mandamenti. Poi si confessano.Il maggiore peccato è l’omici -dio: fanno naufragare le navidurante le tempeste notturneattirandole con dei fuochi sugliscogli. Uccidono l’equipaggio esi spartiscono la refurtiva. La

    giustificazione è la povertà incui versa la comunità, il duroclima cui è sottoposta. Credonoche Dio si sia dimenticato di lo-ro e, dunque, si arrangiano co-me possono. In assenza del par-roco assume un ruolo impor-

    tante il sagrestano, Tommaso(Pierre Fresnay) che la comuni-tà vorrebbe diventasse ministrodei sacramenti. «Perché non ciaiuti? Dacci il Signore!», gli gri-da una donna. Tommaso, inor-ridito, protesta e si rifiuta cer-cando di mantenere solo la pre-ghiera comunitaria. I fedeli, inchiesa, immergono la mano nel-

    l’acquasantiera vuota da mesi esi segnano. Qualcuno vuoleconfessarsi, come sua cognataGiovanna, in preda alle dogliedel parto, «perché sono in pec-cato mortale!», gridando di do-lore, lo supplica: «Se muoio va-do all’inferno! Sarai responsa-bile!». Tommaso cerca di op-porsi ma poi cede, ascolta i pec-cati della cognata e le dice: «Tisei pentita, sei perdonata». È labontà e la tranquillità di Tom-maso che finiscono per proiet-tarlo sempre più,per una comuni-tà che ha un biso-gno disperato diDio, nel suo nuo-vo ruolo, non vo-luto, di curatofinché non arri-verà il nuovo par-roco mandatodal vescovo.

    Con Dio ha bi-sogno degli uominiDelannoy gira unfilm atipico nel

    panorama della produzionecommerciale del tempo ma cheoggi ha ancora molto da dire.Tratto dall’intrigante romanzoUn recteur de l’île de Sein (1944) diHenri Queffélec, ispirato da unfatto accaduto, il messaggio delfilm ruota intorno alla frase car-dine del romanzo che Tommasogrida, quasi arrabbiato, nellachiesa vuota, rivolto al Crocifis-so: «Tu per diventare Dio ti seifatto uomo! Non puoi abban-donarci, Tu hai bisogno di noi

    uomini!». Affermazione chenon vuole essere blasfema, main forma iperbolica ribadire ildogma contenuto nel Credo,«vero Dio e vero uomo». Ossiache «Dio non può essere Diosenza l’uomo» (Papa France-sco, udienza 7 giugno 2017).Delannoy, inoltre, sul pianodell’estetica filmica, inventauna “regia teologica”. Ogni vol-ta che Dio viene chiamato incampo nelle “omelie” di Tom-maso opta per riprese dall’alto

    verso il basso (sono de -mi-plongée): è il “punto divista” di Dio, il Suosguardo (se ne ricorderàJuilien Duvivier nel pri-mo film su Don Camilloe Peppone, 1952). Op-pure, quando i paesanisi recano a messa, la ca-mera carrella a precede-re o a seguire, accompa-gnandoli, come in unasofferta via crucis. La re-sa del film gode anchedella superba interpre-

    tazione di Pierre Fresnay, adat-to nei panni del religioso, pa-drone, come pochi attori, d’unapolifonica mimica facciale. Sisupererà nel magnifico Lo spreta-to (1954) di Léo Joannon, for-mando così con questo di De-lannoy un imperdibile dittico.Il film ottenne a Venezia il pre-mio della giuria internazionaledella critica cattolica (Ocic) edebbe recensioni positive ancheda non credenti, come EnnioFlaiano, che — da fine scrittore efuturo sceneggiatore — ne ap-prezzò la scrittura e l’uso origi-nale della macchina da presa.Altri ci videro un inizio prote-stante e una chiusa cattolica, masi sbagliavano. Il film di Delan-noy è il grido di Giobbe, con-dotto con drammaticità e garboallo stesso tempo, all’internodel rispetto della tradizione cat-tolica e dei sacramenti, soprat-tutto dell’eucaristia, che perTommaso può consacrare soloun ministro di Dio. Rivedereoggi il film di Delannoy, duran-te questa pandemia, quando inalcuni momenti ci sentiamo ab-bandonati da Dio, ci farebbebene, capiremmo che Lui ci è vi-cino, e in qualche modo miste-rioso, ha “bisogno” di noi.

    di GIUSEPPE BO N F R AT E

    I l libro di Massimo De Angelis,Serve ancora Dio? La via di Nietzscheoltre il nichilismo, (Roma, Castel-vecchi, 2020, pagine 288, euro25) conduce nel deserto, per fare espe-rienza della sete di Dio. Facendo il bi-lancio della articolata interpretazionedel pensiero nietzschiano in ambitocristiano sarebbe legittimo domanda-re: cosa resta di Dio? Nella serrata cri-tica di Nietzsche all’idea di verità co-me descrizione oggettiva-assolutadelle cose, solo il soggetto nel suo attodi volontà, non altri, non altro, diven-ta ermeneuta del reale. Si rigetta l’i-dea di un ordine del mondo, e per li-berare il proprio sì alla vita non si po-trebbe far altro che rinunciare a Dio.Ma, se riprendiamo la famosa enun-ciazione di Paul Ricoeur che unisceMarx, Nietzsche e Freud nella defini-zione di «maestri del sospetto», po-tremmo comprendere l’utilità di que-sto libro. Il “sosp etto” incrina gliequilibri, e sollecita un distanziamen-to da come le cose stanno, rivelando,insieme, la fallacia della realtà e l’ap-parire di qualcosa di nuovo. La forzadistruttiva diventa generativa, con laconseguenza che bisogna congedarsidal vecchio, per porsi nella direzionedi un altro evo: il “sosp etto” generakrisis, separazione, vaglio per unanuova consapevolezza dello stare almondo, e così scegliere, decidersi. Lodovremmo a noi stessi, scoprendociimpastati di “infingimenti”.

    In questo libro l’autore assume lasfida della krisis. Accetta la sfida di un«un rigoroso confronto» con la pro-pria fede, come lo scolpisce Nietzschein Aurora, «finché non siate andatilontano» dal cristianesimo. Divenen-do esuli (una rinuncia teoretica allemetafisiche e al cogito cartesiano), i ge-sti, la vita come inveramento, condur-ranno all’autenticità dei significati, incui le parole ritroveranno i loro suonidi verità: un nuovo inizio, povero disicurezze, ma in cui tempo ed eterni-tà, corpo e spirito, si daranno final-mente la mano. E qui diventa centralel’umanità di Gesù, facendo emergereuna paradossale cristologia filosofica,la cui radice alimenta la teologia del-l’umano. Se ne evince già dal visibileconnubio tra autobiografia dell’auto-re e biografia di un pensiero tellurico,all’apparenza solo distruttivo. I som-movimenti sismici aprono una strada:la via di Nietzsche oltre il nichilismo.Come in ogni conversione o riforma,la crisi e la morte sono una necessitàche perde rilievo di fronte alla vita chegermina in esse.

    Gesù, l’uomo «eternamente sacro edegno di venerazione» è la chiave del-la risoluzione della lotta che avrebbeestenuato il cristianesimo, quella tral’umano e il divino, tra il corpo e lospirito, nel segno dell’intangibiledualismo che ha contrassegnato la ri-flessione e l’esperienza cristiana. Lepagine si rincorrono intrecciandosi aframmenti di meditazione di una vitache si guarda allo specchio dei pensie-

    ri nietzschiani. Il libro innerva un pro-cesso discendente e ascendente, com-posto lungo due sezioni asimmetricheche paiono riprendere la struttura del-l’Ottava sinfonia di Mahler, quella chepiù di ogni altra ha cercato la soluzio-ne della tensione tra suono e parola.Ogni capitolo, trova il suo tempo in-teriore nella misurazione musicale:andante, lento, adagio, mosso, rondò,allegro, e così via. Lo sfondo musicalecoispira la “meditazione” filosofica diDe Angelis, che con Nietzsche per-corre il suo esodo strappando i rivesti-menti teoretici, per mostrare una veri-tà che deve dissolversi per riprendereil suo corpo, rigenerarsi nella distanzaper abitare una patria, perdersi perscoprirsi sulla via, contrastare lacorrente per risalire il fiume, ma-nifestarsi nella sete e nella fame,per alimentare il fuoco del desi-derio. Coerente, ci pare, conquanto avvenuto nelle partituremahleriane, che mentre portava-no alla dissoluzione della formasinfonica, purificavano nel fuocola fedeltà alla tradizione. E non èun caso che si attribuisca a que-sto compositore il celebre afori-sma che «la tradizione non è lavenerazione delle ceneri, ma te-ner vivo il fuoco».

    La fiamma è il Cristo exodus, motoree primo passo del benefico peregrina-re per liberarsi dalla sententia Christi,dai concetti, e scorgere finalmente ilcorpus Christi, presenza che si rivela nel-la carne, unendola a sé dove altri vor-rebbero separarla, ritenendola inde-gna di Dio. Il dualismo è la soluzioneanalgesica dei tormenti della creatu-ralità, il sintagma intorno al quale sisono costituite tante soluzioni falsifi-canti, come lo gnosticismo e il pela-gianesimo. Errori antichi che ancoracostringono l’idea di salvezza nel rigi-do assoluto della legge e nell’imma-nente solitudine delle proprie ragioni,perdendo la verità di Dio che si pre-senta in Gesù, e trapassa permanente-mente nel “sacramento” del tu-noi, al-l’ombra della grazia che dà gioia aicieli, come direbbe Nietzsche, per ilfatto che Dio è sulla terra. A questo siaggiunge la lotta contro quella ragio-

    ne che ogni cosa riempie annichilen-do, e da cui si esce, ancora nichilismo,svuotando di valore le categorie a cuitutto è appeso: scopo, unità, essere.Un congedo che si trasforma in oblio.Tutto frana, sembrerebbe.

    Ma si potrebbe verificare, invece,che a cadere sia la maschera di unaostinata prepotenza intellettuale cheincatena i passi di chi vuole andare ol-tre. Allora, i muri di acqua che hannoaperto e difeso la via nel mar Rosso sitrasformano nella tempesta che tra-volge i deduttivi, dispersit superbos mentecordis sui, per mettere al centro la vitache brama l’oltre, et exaltavit humiles(Luca 1, 51-52).

    La scena di questo mondo si trasfi-

    gura nel sacrificio delle proprie cer-tezze, al prezzo di trovarsi nella mas-sima distanza da Dio. Ed è nella piùestrema lontananza che si acclara cheil Regno di Dio è qui (Ma t t e o 5-7), e lagloria di Dio è l’uomo vivente pensa-to da Ireneo (Adversus haereses 4, 20, 5-7), nella tensione di sguardo alla vita,di presa in carico di essa, dissipandola menzogna e rinunciando alle illu-sioni, per vedere Dio. Il minimo coin-cide con il massimo, e quello che perCusano trascende ogni possibilitàdell’intelletto, non è per Nietzschenegato alla vita, al suo sapore-sapere,alla pratica dell’esistere. Egli danzatra gli opposti, ma la musica sembraesaurirsi lì dove, secondo un’i n t e r p re -tazione costante del suo pensiero, po-nendo in alternativa fede e religione,tra soggettività e alterità, io o Dio,non riesce a cogliere, questa la trage-dia di Nietzsche, che la natura relazio-nale della fede non è soltanto rinun-

    cia-perdersi dell’uscire da sé, ma è unperdersi per trovare Dio dentro di sé,intimior intimo meo (Agostino, Confessio-nes III, 6): mai relazione fu più intimae profonda, delicata rimembranza diuna possibilità perduta e ridonata, li-berante dalla trappola dell’a u t o re f e -renzialità, nuova forma — sup eramen-to e dignità ritrovata — dell’umano. Ilminimo e il massimo si compenetranofino alla sorpresa di Matteo 25, quan-do la coincidenza proietta luce sullafine per generare un nuovo inizio,inatteso e impensabile come solo unateofania può esserlo: quello «che ave-te fatto ai miei fratelli più piccoli, l’a-vete fatto a me», pienamente umaniz-zante, nel vuoto, nell’assenza, nell’in-

    digenza, nella nudità, nella solitu-dine, nella vulnerabilità. E cos’al-tro avrebbe potuto ispirare quantoraccolto in Al di là del bene e del male:«Amare l’uomo per amore di Dio— fu questo, fino a oggi, il senti-mento più nobile e più remoto chesia stato raggiunto dagli uomini.Che l’amore per l’uomo senza unaqualche segreta finalità che lo san-tifichi sia una sciocchezza e unabestialità in più, che l’inclinazionea questo amore umano debba rice-vere soltanto da una inclinazione

    superiore la sua misura, la sua finezza,il suo granello di sale e il suo pulvisco-lo d’ambra — chiunque sia stato l’uo-mo che per la prima volta ha sentito e“ha vissuto” tutto questo, per quantola sua lingua possa aver balbettato, al-lorché tentò di esprimere una tale de-licatezza di sentimento, egli sarà pernoi eternamente sacro e degno di ve-nerazione, in quanto è l’uomo che havolato più in alto sino a oggi e si èsmarrito nel modo più bello».

    Lo smarrimento, lo straniamentodi un essere che deve trapassare séstesso, avvertire la vertigine del vacuumper scoprirsi capax Dei. Ma qui, comegiustamente avvertirebbe De Angelis,siamo oltre Nietzsche. Nello stessotempo, però, dalle pagine di questo li-bro emerge la gratitudine al suo pen-siero, che riesce a far ascoltare quelloche non è riuscito a sentire: un cantoalla vita, nostra e, non sorprenda, allanecessaria vita di Dio.

    Centrale è l’umanità di Gesùche fa emergereuna paradossale cristologia filosoficala cui radicealimenta la teologia dell’umano

    Fanno naufragare le navidurante le tempesteuccidono l’equipaggioe si spartiscono la refurtiva

  • L’OSSERVATORE ROMANOlunedì 4 gennaio 2021 pagina 7

    I «Pensieri giovanili» di Giovanni Battista Montini

    Co erenzatra parola e azione

    O ttant’anni fa moriva Henri Bergson

    O ltrela tradizione

    Giovanni BattistaMo n t i n i ,giovane sacerdotenel suo studio romano

    di FRANCESCA ROMANADE’ ANGELIS

    Èun Giovanni Battista Montinipoco più che ragazzo il prota-gonista del volume Pensieri gio-vanili (1919-1921) (Roma, Stu-dium, 2020, pagine 136, euro18) per la cura di Angelo Maf-feis docente di teologia, autoredi importanti pubblicazioni eimpegnato nell’attività ecume-nica. Il libro raccoglie un centi-naio di pagine scritte da Gio-vanni Battista su un taccuino apartire dal mese di settembredel 1919 che non solo ricostrui-scono un ambiente culturale,religioso e sociale, ma permet-tono di seguire un intenso per-corso spirituale, fondato sullacoerenza del pensiero, della pa-rola, dell’azione. Un documen-to prezioso, come sottolineaMaffeis nella sua ampia e bellaintroduzione, che illumina ilperiodo della formazione, l’or-dinazione sacerdotale e l’iniziodel ministero di colui che, do-po essere stato arcivescovo diMilano, nel 1963 sarebbe salitoal soglio pontificio con il nomedi Paolo VI.

    Uomo di finissima cultura edi grande sensibilità, Montinicresce in uno stimolante am-biente familiare, dove la madreGiuditta rappresentava il ri-chiamo a una vita contemplati-

    va e insieme la prossimità con-creta e quotidiana ai fragili e aibisognosi e il padre Giorgio eraun uomo d’azione impegnatonel cattolicesimo sociale e poli-tico. Nel momento in cui lascelta fondamentale della suavita, l’ordinazione sacerdotale,è compiuta, Giovanni Battistaavverte che ancora molto restada decidere. Con grande rigoree onestà intellettuale riflette e siinterroga sul suo futuro, nel ti-

    more di non essere pronto adadempiere con compiutezza ilministero al quale sarà chiama-to. All’indomani della scelta sa-cerdotale Giovanni Battistavorrebbe ancora del «tempoutile per prepararsi all’azione»,ma con scrupolo vaglia questanecessità chiedendosi se sce-gliere di dedicarsi ancora allostudio non sia un sottrarsi allenuove responsabilità, «una fu-ga dal lavoro pastorale».

    Nel farsi voce della voce di-vina, Montini sente che nonbasta «essere un fedele» ma è

    «doveroso essere un apostolo»e per realizzare questo disegnousa una parola che sarà centralenella sua riflessione spirituale enel suo impegno sacerdotale:testimonianza. Il dialogo conse stesso e con gli altri sarà unacostante in tutta la sua vita enegli anni difficili del pontifi-cato. Per consolidare, come os-serva Maffeis, l’orientamento

    che intende dare al suo im-pegno religioso Montinicontinua a interrogarsi su te-mi quali la verità, la passio-ne nel servire la Chiesa, l’u-miltà, la preghiera, la lucidi-tà necessaria nelle scelte chedevono essere compiute fuo-ri dall’influsso di emozioniforti.

    Il sacerdote che nell’Epi-fania del 1955 arriva vescovonella città ambrosiana segui-to da migliaia di libri, cheha per compagni di medita-zione Paolo, Girolamo, Ago-

    stino ma anche Leopardi, Ver-laine, Tommaseo, che pregaperché «il frastuono delle mac-chine» nella Milano industrialesi faccia «musica», ci lascia inqueste pagine un ritratto inti-mo e toccante nella sua sinceri-tà. Non sono le domande e leinquietudini legate a quella sta-gione di incertezze che è sem-pre la giovinezza, ma il segnoprecoce della profondità, del ri-gore, dello slancio umano che

    accompagneranno tutta la suavita. Carità, generosità, perdo-no, rettitudine sono concettifondanti che riassumono quelsentimento profondo di amoreper l’altro che è totalità, vici-nanza, condivisione. «Se nonami il fratello che vedi, comeamerai Dio che non vedi?» sichiede Montini facendo sue leparole dell’apostolo Giovanni.

    Spesso criticato, non com-preso, dimenticato, Paolo VI siannuncia, in queste pagine gio-vanili, come quello spirito elet-to che gli permetterà di diven-

    tare, sono le parole diPapa Francesco al mo-mento della canonizza-zione, un «grande»Pontefice e «un instan-cabile apostolo». Letto-re sollecito e partecipedel suo tempo, avevaintuito che il passato sistava concludendo eche il nuovo avrebbecambiato la storia.

    Ascoltando questa intuizione fuinterprete sensibile e profondodell’apertura conciliare, delprogetto ecumenico, del rinno-vamento per una Chiesa «sa-maritana» e «ancella dell’uma-nità». Come non ricordarequell’imperativo morale conte-nuto nella grande enciclica Po-pulorum progressio: «I popoli del-la fame interpellano oggi inmaniera drammatica i popolidell’opulenza. La Chiesa trasaledavanti a questo grido di ango-scia». E ancora la forza delleparole pronunciate alle NazioniUnite, un appello alla ragione,alla giustizia, al diritto e unacondanna ferma di ogni conflit-to armato.

    Il grande giurista e storicoArturo Carlo Jemolo scrivevache due testi dovrebbero esserepresenti in tutte le antologiescolastiche: la lettera che PaoloVI scrisse agli uomini delle Bri-gate rosse e la preghiera di suf-fragio per Aldo Moro e la suascorta. Su queste pagine tantosi è scritto e si è discusso ma, aldi là dei fiumi d’inchiostro ver-sati, ciò che resta davvero è lagrandezza morale di un Ponte-fice che, nel momento più buioe drammatico della storia re-pubblicana dell’Italia, non sitrincerò dietro opportunità estrategie politiche, ma fece ditutto per salvare la vita di unfratello.

    Un ritratto intimoraccolto in un centinaio di paginescritte su un taccuinoa partire dal settembre del 1919

    Non basta «essere un fedele»è «doveroso essere un apostolo»e per realizzare questo disegnoil futuro Paolo VI usa una parolache sarà centrale nella sua riflessione spiritualee nel suo impegno sacerdotale:testimonianza

    di GABRIELE NICOLÒ

    S ’impose all’attenzionedella comunità accade-mica contestando i risul-tati ottenuti da AlbertEinstein nella Teoria della relati-vità e, al contempo, elaborandouna concezione del mondo chevalicasse i confini sia del reali-smo che dell’idealismo per radi-carsi semplicemente nel sensocomune. A ottant’anni dallamorte (4 gennaio 1941) HenriBergson rappresenta ancora unriferimento importante per losviluppo di un pensiero che aspi-ra a sottrarsi al giogo di una tra-dizione supinamente accettata ealle pastoie di uno sterile forma-lismo.

    In Durata e Simultaneità il filoso-fo francese ricordava che Ein-stein ha dimostrato che il tempoè relativo al sistema di riferimen-to e che più è elevata la velocitàdi un sistema rispetto all’osserva-tore, più il tempo in tale sistemarallenterà dal punto di vista del-l’osservatore. Bergson, dal cantosuo, sosteneva che il tem-po non è una retta di tantipunti contigui, ma unistante che cresce su séstesso sovrapponendosiagli altri.

    Pur avvolto dai vaporidi un pensiero che rischia-va di tradursi in un’astrattaconcettualità, il filosofoevidenziò il valore praticodella scienza. A dispettodella consapevolezza di una co-stante antitesi fra interiorità edesteriorità, Bergson ribadì a piùriprese lo stretto legame tra la co-scienza e il mondo. Secondo il fi-losofo, l’oggetto conosciuto pos-siede una sua esistenza e una sua“datità”, ovvero il modo di rive-larsi alla conoscenza, indipen-dentemente dal soggetto cono-scente. Nello stesso tempo, tut-tavia, esso esiste così come è per-cepito dal senso comune senzanascondere “qualità occulte”, va-le a dire, atto, potenza, sostanza.L’oggetto è pertanto definito daBergson “oggetto pittoresco”, ecostituisce un qualcosa di diver-so sia dalla “r a p p re s e n t a z i o n e ”dell’idealista, sia della “cosa” delrealista: è quindi un’immagine insé.

    Il suo lavoro più conosciuto, epiù discusso, è L’evoluzione creatrice,ed è giudicato uno dei contributipiù originali alla riflessione filo-sofica sulla teoria dell’evoluzio-ne. «Un libro come L’evoluzionec re a t r i c e non è solo un’opera maanche una data, quella di unanuova direzione impressa al pen-siero» scrisse lo storico franceseImbart de la Tour. Il testo pre-senta l’evoluzione come unacreazione continua, intendendola teleologia differentemente ri-spetto alla concezione tradizio-nale e in analogia con la durata

    personale. «Senza la creazione —sostiene il filosofo — la vita e l’u-niverso sarebbero già finiti o fini-rebbero in futuro. L’evoluzione ècreatrice perché oltrepassa ilmeccanicismo e il cattivo finali-smo».

    Membro dell’Académie fran-caise, Bergson fu inoltre presi-dente dell’Académie des Scien-ces morales et politiques, ufficia-le della Légion d’honneur e uffi-ciale dell’Instruction publique.Ma la sua popolarità non si esau-riva entro i confini patri. Su invi-to della Columbia University diNew York, nel 1913 si recò negliStati Uniti. In varie città tennelezioni sui temi della spiritualitàe della libertà, che riscossero ilconvinto plauso dell’uditorio.

    Altrettanto significative le le-zioni tenute, a più riprese, in In-ghilterra, in particolare adOxford, in cui rivolse l’attenzio-ne allo studio dell’animo umanoe alle sue complesse dinamiche.Nel Saggio sui dati immediati della co-scienza, il filosofo scrive: «Le opi-nioni alle quali teniamo di più

    sono quelle di cui più difficil-mente potremmo rendere con-to».

    Nel 1927 gli fu conferito il pre-mio Nobel per la letteratura perle sue «ricche e feconde idee».Una motivazione che rendeva ilgiusto omaggio a un pensatoreche, superando le tradizioni ot-tocentesche dello spiritualismo edel positivismo, finì per esercita-re una robusta e duratura in-fluenza nei campi della psicolo-gia, della teologia e dell’arte.

    Riveste un valore particolare ilsuo rapporto con il cattolicesi-mo, al quale desiderava conver-tirsi. Vi rinunciò «per solidarie-tà» con i suoi corregionali ebreiverso i quali era cominciata inGermania la persecuzione nazi-sta.

    Nel suo testamento, redattonel 1937, il filosofo scriveva: «Lemie riflessioni mi hanno portatosempre più vicino al cattolicesi-mo, nel quale vedo il completa-mento dell’ebraismo. Io mi sareiconvertito, se non avessi vistoprepararsi da diversi anni la for-midabile ondata di antisemiti-smo che va dilagando sul mon-do. Ho voluto restare — sottoli-nea Bergson — tra coloro che do-mani saranno dei perseguitati.Ma io spero che un prete cattoli-co vorrà venire a dire le preghie-re alle mie esequie, se il cardinale

    arcivescovo di Parigilo autorizzerà. Nel ca-so che questa autoriz-zazione non sia con-cessa, bisognerà chia-mare un rabbino, masenza nascondere a luio ad altri la mia ade-sione morale al cattoli-cesimo, come pure ildesidero da me espres-so di avere le preghieredi un prete cattolico».

    Per sua richiesta, fuun prete cattolico a re-citare le preghiere alsuo funerale.

    Il filosofo si fece paladinodel valore pratico della scienzasottolineando il proficuo legametra la coscienza e il mondo

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 lunedì 4 gennaio 2021

    Donne e uomini nella Chiesa/10

    Sorelle e fratelliuniti dalla stessa fede

    Due libri sulle donne nella Sacra Scrittura e nella comunità ecclesiale

    Felici in modo nuovoUn sussidio dell’episcopato tedesco dedicato ai coniugi

    di GIORGIA SA L AT I E L L O

    D ue libri da poco tradotti initaliano (Christine Pedotti,Gesù. L’uomo che preferiva ledonne, Rizzoli, Milano,2020; Anne-Marie Pelletier, Una comu-nione di donne e di uomini. La forma dellachiesa, Edizioni Qiqajon - Comunitàdi Bose, Magnano, 2020) sollecitano

    a concentrare l’attenzione sulle donnenella Sacra Scrittura e nella comunitàecclesiale. Questa concentrazione del-l’attenzione sulle donne, in realtà,non risponde solo all’esigenza di ren-dere loro giustizia per secoli di mi-sconoscimento e subordinazione, macostituisce un passaggio indispensabi-le se si vuole giungere a una Chiesache sia ugualmente dei credenti edelle credenti, entrambi santificatidallo stesso battesimo. Si tratta, cioè,di una lettura del passato e del pre-sente che non è fine a se stessa, mache è proiettata verso il futuro dellaChiesa, che tutti siamo chiamati a co-s t ru i re .

    In questo lavoro di scavo e di rico-struzione non ideologica non vi èdubbio che un apporto di primaria ri-levanza sia fornito dalle interpretazio-ni e dalle riflessioni di esegete e teo-loghe femministe, spinte dall’esigenzadi accostarsi al passato e di approfon-dire il presente al di là di qualsiasistereotipo sessista. Si tratta qui dimuoversi attraverso tre passi tra loroconcatenati, per poi arrivare a gettarelo sguardo sul tempo che ci attende.

    In primo luogo è necessario partireda quello che è l’aspetto fondativo,ovvero la presenza delle donne accan-to a Gesù e il suo comportamentoverso di loro, per poi passare a con-siderare la situazione delle donne lun-go la storia della Chiesa e arrivare,così, all’oggi della comunità ecclesia-le. Il libro di Christine Pedotti citatoinizialmente offre un preciso filo con-duttore per orientarsi a leggere gli at-teggiamenti di Gesù verso le donne,ciascuna nella sua singolarità, senzaalcuna idealizzazione stereotipata:considerazione positiva, accettazionedella prossimità, ammirazione e vo-lontà di liberazione. Se vogliano esse-re cristiani, da qui dobbiamo riparti-re .

    Non c’è dubbio che, lungo i secoli,molto spesso questo messaggio origi-nario sia stato occultato e tradito, ri-portandolo dentro gli schemi di unacultura patriarcale e androcentrica cheha escluso le donne, negando, purcon alcune significative eccezioni, laloro soggettualità e la loro piena di-gnità di persone e di battezzate.

    Su questo tema, come emerge an-che dal libro di Anne-Marie Pelletier,nell’oggi la situazione si presentaestremamente complessa e, sicuramen-te, contraddittoria, perché, accanto asegnali indubbiamente positivi, per-

    mangono discriminazioni di fondo,attribuibili, in ampia misura, all’inca-pacità maschile di liberarsi da secolaripregiudizi e condizionamenti.

    Il discorso non può essere limitatoa quello, pur importante, dei ruoli edei posti da attribuire alle donne, mava più in profondità e tocca la que-stione del reciproco riconoscimento inun rapporto che, rispettoso della dif-

    ferenza, non la trasformi, però, in di-suguaglianza e sottomissione. Qualcu-no potrebbe obiettare che la richiestadi maggiore spazio per le donne nellaChiesa e di una più piena condivisio-

    ne sia dettata dall’intenzione di ricor-rere a “mo de” del contesto socio-cul-turale, soprattutto occidentale, ma ilprecedente riferimento all’esistenzaterrena del Cristo sgombra il campoda ogni equivoco, poiché rinvia moltopiù lontano, ossia a quello che è il di-segno di Dio per la Sua Chiesa: unacomunità di sorelle e fratelli uniti dalbattesimo e dalla stessa fede.

    Sempre con l’attenzione al presen-te, ma con lo sguardo proiettato an-che al futuro, si presentano in primopiano due temi ineludibili, quello delclericalismo e quello della sinodalità.Tra il clericalismo e la situazione delledonne vi è uno stretto intreccio, per-ché, da una parte, il primo è uno deimaggiori ostacoli al riconoscimentodella dignità ecclesiale delle donne,ma, dall’altra, proprio tale riconosci-mento potrebbe portare a una nuovavisione che non confondesse più ilservizio con il potere.

    La sinodalità, che indica il futurocammino della comunità ecclesiale,d’altra parte, non potrebbe essererealmente tale se escludesse o mettes-se ai margini quelle donne che sonofiglie accanto ai figli di sesso maschi-le, poiché solo insieme essi sono ilpopolo che Dio ha convocato e chedeve contribuire all’edificazione delre g n o .

    di GI O VA N N I ZAVAT TA

    «A ll’improvviso siete dinuovo in due, dopo avervissuto per anni con i fi-gli ed esservi concentratisulla loro crescita. Cosa significa questoper la relazione? Rifiorisce o i problemistanno diventando evidenti? Questo cam-biamento può essere molto impegnativo,esigente, ma anche pieno di nuove idee edi gioia»: l’arcivescovo di Berlino, HeinerKoch, presidente della Commissione per ilmatrimonio e la famiglia della Conferenzaepiscopale tedesca, spiega così nell’intro -duzione ciò che è all’origine di Imparare dinuovo a stare insieme, sussidio pubblicato inoccasione della Domenica della famigliacelebrata in Germania il 27 dicembre, festadella Santa Famiglia di Nazareth. All’ori -gine in realtà (a spiegarlo è lo stesso presu-le) c’è un passo dell’esortazione apostolicapostsinodale Amoris laetitia di Papa France-sco, là dove afferma che «non si vive insie-me per essere sempre meno felici, ma perimparare a essere felici in modo nuovo, apartire dalle possibilità aperte da una nuo-va tappa» (232).

    Il matrimonio — è lo stesso Pontefice asottolinearlo — ha fasi diverse, ognunadelle quali porta la propria sfida. Se nellapastorale matrimoniale e familiare l’at -tenzione principale è spesso inizialmentesu giovani coppie e famiglie con bambi-ni, dopo che i figli adulti si sono trasferitii coniugi di solito hanno molti anni perstare insieme come coppia. «Gli sposi as-sumono la sfida e l’anelito di invecchiaree consumarsi insieme e così riflettono lafedeltà di Dio» (Amoris laetitia, 319). Maquesta fase può rappresentare anche uno“sconvolgimento”. Il sussidio dei vescovitedeschi offre al riguardo suggerimenti eprospettive per avvicinarsi in modo ade-guato a tale trasformazione del matrimo-nio e della famiglia. Oltre a vari approccitematici, i lettori sono stati inoltre invitati

    a plasmare spiritualmente la domenicadel 27 dicembre (e non solo essa) con pre-ghiere, brani biblici e testi per la riflessio-ne. «Con l’attuale situazione provocatadalla pandemia di coronavirus», osservamonsignor Koch, «l’apprendimento del-lo stare insieme potrebbe persino essererafforzato. In ogni caso esiste un chiarocambio di prospettiva e l’esperienza diadattarsi all’altro nuovamente».

    Il documento — che assume ulteriorerilievo in considerazione dell’Anno spe-ciale dedicato alla famiglia (19 marzo2021 - 26 giugno 2022) indetto dal Papain occasione del quinto anniversario del-la promulgazione di Amoris laetitia — con -tiene fra l’altro un’intervista a BettinaZenner, presidente della Conferenza fe-derale cattolica per il matrimonio, la fa-miglia e la consulenza sulla vita, la testi-monianza di Beate Dahmen, esperta inscienze sociali e religiose, a capo del Cen-tro di consulenza sulla vita della diocesidi Trier (Treviri), il contributo di un’or -ganizzazione ecumenica e una riflessionedel vescovo di Mainz, Peter Kohlgraf. «Ilmutato terreno comune — scrive il presule— aumenta il potenziale di conflitto. De-ve essere perciò un’occasione per ripen-sare allo stare insieme, per ridisegnarlo.La fede cristiana può essere utile perchéparla proprio d’amore, che nella coppia èun percorso che deve essere progettato esul quale aprire nuovi orizzonti in diversesituazioni. La fede può essere un potentemotivatore nel risolvere i passaggi diffici-li attraverso il perdono e la riconciliazio-ne. Essa non è un mondo speciale ma unaserie di prove da superare nella vita ditutti i giorni, anche nello stare insieme».

    La Domenica della famiglia viene ce-lebrata in tutte le diocesi della Germaniadal 1976. Nel 2015 la Conferenza episco-pale ha deciso di farla coincidere con lafesta della Santa Famiglia, che come ènoto si celebra ogni prima domenica do-po il Natale.

    Lettere in ricordo di due sacerdoti

    I n c o n t r a reCristo

    di ALESSANDRO VERGNI

    C osa significa la frase«A Natale viene Ge-sù»? A volte percomprenderne il si-gnificato serve il dolore. Apensarci bene, come possiamocomprendere l’utilità della ve-nuta di Dio senza partire dalnostro dolore? A volte è lamorte di un amico il varco daattraversare per rileggere unfatto che ha portato nella no-stra vita ciò che il cuore già sa-peva senza conoscere ancora.Mi imbatto in due lettere didue donne per le quali tuttoquesto è successo. Due testi-monianze legate alla morte didue sacerdoti, don Luigi Men-ci, parroco a Foiano dellaChiana (Arezzo), e don Anto-nio Maffucci, rettore del san-tuario dedicato al beato Ro-lando Rivi a Castellarano(Reggio Emilia), dopo avervissuto a Milano, Pescara eGrosseto. Don Luigi è morto a73 anni il 4 ottobre scorso do-po una lunga malattia, donAntonio a 71 anni il 27 novem-bre, di covid. Due sacerdoti,due incontri che hanno illumi-nato la vita di tanti perchéportatori di una luce alta e al-tra.

    Parlando del suo incontrocon don Luigi, Nina scrive:«Non essendo cresciuta in unambiente cristiano, non esiste-va Dio, non faceva parte dellanostra vita, non era reale, maastratto. […] Mi ci voleva unavvenimento, un incontro spe-ciale per poter dire “sì” al miodesiderio di totalità, di Dio.[…] Sono stati occhi concretiche mi guardavano, è stata unabocca concreta che spiegava,sono stati abbracci veri di unuomo reale, di don Luigi, afarmi iniziare un cammino. Uncammino che mi ha portato albattesimo. […] La prima volta(che incontrai don Luigi) erain una situazione di lutto. Èvenuto a casa nostra per fare lecondoglianze, mi ha visto e hacapito subito. Il suo primo ab-braccio: “Ti senti sola. Ma nonsei sola”. E nasceva un seme disperanza che Dio esistesse, an-che per me. La seconda volta— lo incontrai in paese — midisse solo “che gioielli!”, eguardava con uno sguardodolce i miei figli e me, tantoche non sono riuscita a rispon-dere a tanto. La volta dopol’ho incontrato dal medico esentivo che avevo bisogno diparlargli. Allora mi invitò apassare da lui per parlarequando avremmo avuto en-trambi un po’ di tempo. Cheincontro! Un incontro che miha cambiato la vita. Lui ascol-tava, chiedeva, spiegava, c’era,era totalmente presente, gratui-tamente, mi regalava il suotempo, nonostante stesse male.Gli spiegavo che non riuscivoa credere, ma che avrei voluto,e che questo conflitto mi face-va soffrire. “Perché piangi?”,mi chiese. “Non lo so, forseperché questa domanda mi staa cuore”, risposi. Non disseniente, ma mi guardava. “Co-me fa a credere, a essere sicuroche Dio esiste?”, chiedevo. “Tiparla attraverso di me.” Mispiegava che dovevo partire daGesù, che dovevo leggere il

    Vangelo. Mi leggeva quello delgiorno: “Chiedete e vi sarà da-to, cercate e troverete, bussatee vi sarà aperto” (Ma t t e o , 7, 7)».Essere abbracciati dal Signore,immeritatamente, se non per ilfatto di desiderare qualcosache possa accogliere la propriaumanità così come è, piena diriflessi e di ferite. La stessaesperienza di Sara, che parlacosì del suo incontro con donAntonio: «Era il settembre del1992 e io avevo 16 anni. In unoscantinato scassato e scrostatodel seminario di via Ferruccientrai mentre un prete stavadicendo: “Quello che Leopar-di, più grande, più meritevoledi noi, ha desiderato tutta lav