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ZERO1021 settembre | 20 DICEmbre 2014
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ieri oggi domaniieri oggi domani
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Per l’esame di maturità avevo deciso di dedicare la mia tesina
al tempo. Mi sembrava un argomento sufficientemente
astratto ed impalpabile da facilitare ogni possibile
collegamento logico, storico, filosofico, matematico, perfino
artistico e poetico. Insomma, una garanzia per diventare
sulla carta matura, abile e arruolata.
C’è voluta la vita dopo a farmi capire quanto il tempo sia un
protagonista tanto assoluto quanto concreto delle nostre
esistenze. Tutto è avvolto dal tempo, come fosse una pellicola
trasparente per cibi, di quella che si appiccica e conserva,
finchè può. Io penso al tempo e lo visualizzo mentre morde,
punge, accarezza, scivola. Non so se ieri morda più del
domani, non so se l’oggi abbia mani per accompagnarci o
occhi rivolti all’indietro. Però so che il tempo non è solo un
ruga sul volto - “Le rughe non coprirle, che ci ho messo una
vita a farmele venire” diceva Anna Magnani al trucco - è
anche nelle gambe di un bambino che impara a camminare,
in una storia che finisce, in 30 giorni densi passati in una città
lontana da casa.
Sgranocchio il tempo se sono in vacanza, ma da biscotto si
trasforma in gel che rallenta il nuoto del mio movimento,
nell’attesa di qualcosa che non arriva. Non esiste nulla
di più tremendamente tangibile di un bel momento che
assaporiamo e finisce, o di un dolore che ci ruba ore, giorni,
mesi, per fare il suo corso. Non so se stanotte avete dormito
bene, io si, ma lo scrittore Walter Finch (un meraviglioso
Robin Williams in Insomnia) dice che “Per me questo è il
momento peggiore della notte: troppo tardi per ieri, troppo
presto per domani“.
continua a pagina 2
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Ieri, oggi, domani (1963, diretto da Vittorio De Sica, vincitore
dell'Oscar al miglior film straniero nel 1965)
Sofia Loren e Marcello Mastroianni. L’Italia degli anni ‘60.
Dal 1963 ad oggi sono cambiate tante cose,
ma certi temi,
per certe persone,
no.
EVENTfool con questa provocazione vuole sottolineare la
naturalezza di ogni singolo individuo,
sperando in un DOMANI diverso da IERI e da OGGI.
C EVENTfool
ieri oggi domani
Chi ha ragione? Tutti, perchè il tempo è democratico e
aperto, di tutti e di nessuno, e si lascia tirare per la giacca
da chi dice che è tiranno o che è denaro. E mi viene in mente
una domanda che mi ha fatto qualche giorno fa un’amica:
“Come immaginavi la tua vita?”.
Partendo dal presupposto - lo dico a voi lettori per darvi un
contesto - che non sono in età pensionabile (pensione, una
parola che sta sparendo dal vocabolario di domani) e ancora
parecchia strada ho da fare, la mia risposta è stata “Non
così, ma va bene lo stesso”. C’è una linea sottile che separa
ieri dall’oggi e l’oggi dal domani, ed è una linea che scorre
inesorabile, non importa come riempiamo il nostro tempo.
Possiamo immaginarla o fare in modo che non esista, ma se
la facciamo nostra amica scopriremo che può darci infinite
possibilità di scelta, concatenate l’una all’altra, che spesso
fanno amabilmente a pugni con le nostre aspettative.
A questo punto regalo un paio di righe a Bob Marley, che in
36 anni di vita ci ha lasciato più di quanto altri non possano
fare in tre volte tanto: “Non aver paura del domani. Perché
in fondo, oggi è il giorno che ti faceva paura ieri”.
Buona lettura, e se farete in modo che questo numero di
TuttoQui&dintorni vi accompagni oggi e domani, sarà già un bel
ricordo di ieri da tenere sullo scaffale.
Valeria Dalcore
Un passato di verdure e/é un futuro migliore.Chi combatte per la liberazione animale viene spesso definito
“animalista”.
Chi porta avanti questa causa, generalmente, non ama essere
definito tale.
Gli “-ismi” spesso sono indicati come una casta, una condizione
denigrante e “da esaltati sociali”. Eppure non esistono definizioni
così discriminatorie per chi sostiene la liberazione dalla violenza dei
bambini, o il miglioramento della condizione infantile nel mondo: i
“bambinisti” non esistono.
Un movimento di liberazione che lotta pacificamente per i diritti
degli sfruttati e degli oppressi non dovrebbe mai essere visto come
un estremismo -purché non usi violenza a sua volta, sia chiaro-.
Non ci sono motivi giusti o sbagliati, non ci sono cause concrete o
lotte contro i mulini a vento, ognuno di noi, ogni giorno, combatte
per ciò che ritiene giusto e per il rispetto.
Il movimento di liberazione animale è composto semplicemente
da persone che oltre a combattere le loro cause personali
quotidianamente, si occupano anche degli altri. Ciò non significa
mettere il paraocchi e preferire individui ad altri, ma prefissarsi
obiettivi e combattere ideologicamente ogni giorno per la libertà.
Ieri, oggi e domani, ci battiamo per un futuro migliore: di pensiero e di qualità della vita.Che i nostri figli imparino il rispetto e la bellezza, che tutti possano
con-vivere in libertà.
Eravamo, siamo e saremo sempre sognatori – siamo attivisti.
"150 anni fa, avrebbero considerato assurdo se tu avessi sostenuto
fine alla schiavitù.
100 anni fa ti avrebbero preso in giro se tu avessi proposto che le
donne potessero avere il diritto al voto.
50 anni fa avrebbero obiettato all'idea che gli afroamericani
potessero avere eguali diritti per legge.
25 anni fa ti avrebbero chiamato un pervertito se avessi sostenuto i
diritti degli omosessuali.
Oggi ridono di te perché proponi di porre fine alla schiavitù animale.
Un giorno non rideranno più." (Gary Smith)
Associazione Z O E • associazionezoeveg@gmail.com
GRAZIE!!!
In questi ultimi mesi noi di TUTTOQUi abbiamo organizzato
alcuni eventi per promuovere il nostro progetto di comunicazione
e contaminazione e per raccogliere fondi indispensabili per poter
proseguire questa bella avventura che coinvolge tante persone
appassionate e con tanta voglia di fare e dire.
Noi della redazione vorremmo ringraziare tutti i nostri
collaboratori volontari che donano il loro tempo, ognuno come
può, alla nostra associazione, e vorremmo anche ringraziare
coloro che pur non essendo dell'associazione, ci sostengono e
ci aiutano nel nostro percorso.
Oltre ovviamente ai nostri sostenitori fissi, che con le loro
sponsorizzazioni annuali ci danno un grande aiuto, e che potete
vedere sfogliando ogni numero del nostro amato magazine,
vorremmo ringraziare chi in qualsiasi modo ci ha sostenuto
durante i nostri eventi estivi.
Grazie di cuore da tutto lo staff di TUTTOQUi&dintorni.
mirÓ cafÉ
KRAV MAGA QUISTELLO
SPORT
liBEROtempo
The game DoctorINGA, l'assistente di
Quando penso al “Ieri, oggi e domani” in termini di videogiochi
esclamo “Mamma mia!”, una delle frasi celebri di uno dei più
iconici e conosciuti personaggi di videogiochi: Super Mario.
Il simpatico idraulico ha attraversato indenne un decennio
legando indissolubilmente il suo nome alla casa creatrice
Nintendo, e ancora non sembra finita; la serie è composta,
per ora, da oltre 200 videogiochi, la maggior parte dei quali
appartiene al genere platform e contiene nel titolo la dicitura
Super Mario, nome del filone principale della serie.
I nostalgici come me però, ricorderanno il primo Super Mario Bros, uscito in Europa nel 1987 con l'opzione giocatore
singolo o multyplayer alternati, dove fa la comparsa
l'altrettanto famoso fratello di Mario, Luigi. Il tipo di gioco
rientra nel genere platform diventandone uno dei classici;
il personaggio attraversa vari livelli sconfiggendo nemici,
risolvendo puzzle e raccogliendo oggetti il tutto senza morire,
possibilmente. Solitamente il personaggio è anche in grado
di aumentare progressivamente le proprie capacità, per
via del passaggio di livello o per aver trovato alcuni oggetti
speciali.
Uno schema che, anche se si è ripetuto nel tempo nei vari
giochi ufficiali della saga, ha mantenuto intatto il suo fascino
e la sua capacità di divertire i videogiocatori rinnovandosi
sempre, aggiungendo sempre quel qualcosa in più in grado di
far apprezzare il titolo a diverse generazioni. Il tutto oltre alla
leggenda e fama di Mario stesso e di tutti i vari personaggi
corollari che si sono via via affiancati al protagonista tra cui la
Principessa Peach, Yoshi, Toad, Bowser, ecc.
In attesa delle avventure per il domani di Mario & Co. vi
consiglio di scovare il primo Super Mario Bros. Sebbene il
gioco sia datato, scommetto che ci sarà chi ci perderà ancora
le giornate! E altrettanto spassosi sono gli altri giochi della
serie prodotti per tutte le piattaforme della Nintendo... in
pratica, non avete che l'imbarazzo della scelta!!!
http://www.nintendo.it/Giochi/Portale-Nintendo/Portale-di-
Super-Mario/Portale-di-Super-Mario-627604.html
SUPER mario 4ever! di Linda Dal Pan
Oggi più che mai, l’uomo moderno vive immerso in una particolare
corsa a ostacoli che cronometra al millesimo di secondo e che
determina la propria esistenza; la fretta diviene l’unico andamento
conosciuto e praticato. La velocità molto spesso impedisce di
vedere, rende difficile la conoscenza e l’assimilazione, allontana
il piacere e il gusto.
Lentezza, altresì, significa scoprire una meta con andamento
lento. Significa avere il tempo per assaporare ciò che di unico una
destinazione ha da offrire senza l’ansia di una rigida scaletta di
marcia. Camminare slow significa esplorare quei luoghi meno
battuti e lontani dal turismo di massa, significa gustare prodotti
a chilometro zero e prediligere quelle attività che mettono in
diretto contatto con la natura, con la cultura, con le tradizioni di
località forse meno famose, ma che meritano di essere vissute,
con se stessi e l’altro. Il nostro Paese merita di essere conosciuto,
valutato e apprezzato per le sue straordinarie sfaccettature:
arte, cultura, storia, enogastronomia, ambiente fanno di questa
nazione strapazzata e tanto criticata un territorio unico e sempre
diverso. Scoprire l’Italia da un punto di vista slow è un'esperienza
interessante - nuova (?) per noi uomini del postmoderno,
soprattutto per chi ha già visitato le grandi capitali europee, le
sempre gettonatissime spiagge tropicali e ha ormai toccato le
coste oltreoceano.
Questo è il lusso che può concedersi chiunque, perfino chi ha già
frequentato la movida delle località più turistiche e forse crede di
non aver più nulla per cui stupirsi e meravigliarsi, ma anche chi
pensa di non potersi permettere alcun viaggio: questo è un lusso
per chi è in grado di cambiare totalmente la propria prospettiva.
La filosofia dello slow travel può trasformare il turista (anche chi
ha pochissimo tempo e risorse) da vacanziere a viaggiatore, un
viaggiatore in grado di cogliere e far suo il territorio e tutto ciò che
lo circonda.
Lentezza e Movimento – ieri e oggi.
Questi due vocaboli apparentemente in contrasto tra di loro,
in realtà rappresentano l’esatto ossimoro che abbraccia in sé il
senso di questo nuovo andare.
L’idea nasce dall’osservazione di un territorio in grado di
offrire molteplici spunti e opportunità. L’opportunità in gioco
è quella di muoversi, di spostarsi con estrema lentezza, calma
e pace. Tuttavia la filosofia della lentezza sta facendo scuola,
ritrovandosi ormai in molteplici ambiti, in questa prospettiva il
rischio di massificazione infatti potrebbe farsi alto. La chiave di
volta risiede proprio nel concetto del camminare, dell’andar per
via recuperando la consapevolezza di tutto ciò che ci circonda
– a partire dal nostro corpo, esplorando poi tutti i nostri cinque
sensi, fino a raggiungere la totalità del contesto che ci abbraccia.
Lentezza e Movimento - ieri e oggi. Percezione e Consapevolezza - oggi e domani.
Il nostro corpo è una macchina perfetta inserita in un contesto
di inestimabile valore, perché nel suo perenne divenire e mutare
rimane sempre unico agli occhi del singolo osservatore.
Percezione e Consapevolezza – oggi e domani.
Attraverso un turismo diverso, altro, è possibile promuovere
l’identità culturale del nostro territorio. Solo attraverso
determinate condizioni si è in grado di percepire nella sua
pienezza la totalità di un fenomeno. Ecco quindi che in questa
precisa direzione si possono inserire le capacità di osservazione,
conoscenza e appropriazione. Enogastronomia, arte, botanica,
scienze, storia, religione, sport, benessere fisico e psichico,
tradizioni rurali e contadine, tecnologia: il viandante può scoprire
e far suo tutto ciò, nel suo cammino. Un cammino che da fisico
– attraverso strade, sentieri, argini, spiagge, campagne e paesi,
progressivamente diventa sempre più astratto, interiore e
metafisico – il movimento della conoscenza e della scoperta, della
crescita e dell’incontro.
In questa prospettiva solo chi avrà piedi veloci, cuore aperto, occhi
pronti e il lusso di lasciarsi scivolare addosso il tempo sarà in
grado di cogliere con lentezza ogni sfumatura che gli verrà donata
dal nostro territorio.
L’andare lento, magari anche non troppo lontano, magari anche
solo appena fuori dalla porta di casa, spinto dal solo movimento
del proprio corpo e della propria mente, è il solo in grado di
cogliere e accogliere in pieno i valori tipici che sono la guida del
nostro dna culturale: cultura, comunità e territorio. Il camminare,
nel suo lento movimento, permette la piena interazione tra questi
tre elementi, esprimendo così in pieno il loro massimo potenziale.
Credo che nella frenesia della nostra società, nel caotico nostro
oggi, questo tipo di movimento possa rappresentare la risposta
per avvicinarci alla piena consapevolezza in ciò che stiamo
facendo, osservando, toccando, gustando, bevendo e mangiando.
Nel nostro domani in tutti dovrebbe esistere ed essere proprio il
lusso dell’essenziale: il contatto diretto con una realtà altra, con
un territorio diverso e autentico.
L’obiettivo sarebbe quindi quello di raggiungere la persona,
allontanandosi sempre di più dalla proposta massificante e
standardizzata. Il viandante, sia durante sia al termine della sua
strada, dovrà sentirsi parte integrante dell’identità del territorio e,
al tempo stesso, vivere un’esperienza unica. La Sua Esperienza.
È solo muovendoci in questa direzione, anche di approccio
alla conoscenza, che un domani (non troppo lontano) si potrà
raggiungere la piena identificazione tra camminatore lento e
territorio.
Margherita Faroni
© TAVOLESTRETTEwww.tavolestrette.it
COME IERI...
... ANCHE OGGI È COSÌ: CON L'AIUTO DEL SEDERE
DI UN GIOCATORE... VAI CON IL PERCORSO!
E DOMANI? ... DOMANI SARÀ UGUALE. E NON ESCLUDO CHE IN UN PROSSIMO EVENTO DEL GIORNALE NON SI ORGANIZZI...
QUESTA VOLTA NON VI FARÒ DISCORSI FILOSOFICI E FORBITI SUL TEMA DI QUESTO NUMERO (LI LASCIO AD ALTRI A CUI VENGONO MEGLIO). IO VOGLIO PARLARE DI UN EPISODIO SEMPLICE, LEGGERO E MOLTO DIVERTENTE CHE MI È SUCCESSO AL MARE QUEST'ESTATE...
... QUELLO DI RITROVARMI DOPO TRENT'ANNI A GIOCARE CON LE
BIGLIE SULLA SABBIA. LE COSE NON SEMBRANO AFFATTO
CAMBIATE DA ALLORA!
Sei arrivato.
Con fatica, sotto il sole, sei arrivato.
La gente che è già lì e quella che arriva dopo di te ha
quell'espressione soddisfatta e gioiosa.
Ti fa bene guardarli, pensi al tuo sorriso quando finalmente hai
smesso di sudare, i muscoli si sono rilassati e davanti a tutta
quella bellezza, che è lì da sempre, hai sorriso.
E poi arriva quella sensazione, quella necessità, di allontanarti
dalle voci, dai sorrisi e cercarti un angolino tutto tuo.
Rannicchi le gambe, rallenti i pensieri, cerchi il silenzio.
Stringi gli occhi e cerchi di vedere l'orizzonte, ti metti una mano
sulla fronte e tocchi le piccole cose vicino a tuoi piedi.
Ti svuoti, togli la quotidianità di questo anno, che come tutti gli
altri è stato più faticoso del previsto.
Cerchi la solitudine e alzi la coperta di madre natura, quella
distesa di vita e secoli che ti trovi davanti.
Non vuoi nulla, non pensi a nulla. Contempli il mondo e contempli
te stesso.
Tocchi terra con le mani e cerchi, ad occhi chiusi, di assorbire le
energie.
PH
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metti una sera per GIOCO... di Serena Lucia Gallini
INTERVISTA A MAXSTIRNERDJ: QUANDO LA PASSIONE PER LA
MUSICA FA BALLARE COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI!
Ho conosciuto Max Stirner Dj un paio di anni fa durante una bella
serata in cui lui metteva su un po' di dischi, e io non riuscivo a
smettere di ballare. L'ho rivisto di recente, per un evento TUTTOQUi
ed è nata l'idea dell'intervista, per togliermi qualche curiosità!
NOME: -Alessandro
IN ARTE?: -MaxStirnerDj
PERCHÉ?: -É un omaggio a Max Stirner, pseudonimo di Johann
Caspar Schmidt, filosofo e anarchico tedesco dell'800, radicale
sostenitore di posizioni anti-stataliste. Il soprannome gli era stato
dato dai compagni di scuola a motivo della sua alta fronte (fronte,
in tedesco, è Stirn). Per me è una leggenda, un personaggio rude,
un pensatore che ha dovuto fare i conti con l'ostilità dei suoi tempi.
"L'Unico e la sua proprietà" è il suo massimo scritto, ce l'ho qui con
me, è stata una lettura illuminante. Stirner affronta temi come la
religione, il nazionalismo, il liberalismo etc... da libero pensatore
controcorrente per i suoi tempi. Ritengo le sue posizioni tuttora
attuali. Quando ho cominciato a fare il Dj mi piaceva l'idea di trovare
uno pseudonimo non banale, da qui l'omaggio a Schmidt alias Stirner.
DEFINISCI CHI SEI IN TRE PAROLE: -Immaturo, musicale, introverso.
QUANDO NASCE LA TUA PASSIONE PER I VINILI?: -Sono nato in
una famiglia dove si è sempre ascoltata un sacco di musica. Sono
del '79, i vinili erano molto diffusi, mio padre ne aveva tanti e aveva
piacere che li toccassi e li ascoltassi, stando attento a non rovinarli,
ovvio. Mia madre poi ci ha sempre permesso di ascoltarli ad alto
volume, non si è mail lamentata. I dischi quindi mi sono piaciuti da
subito, e da sempre sono un ascoltatore vorace di musica.
Come Dj ho cominciato relativamente tardi rispetto all'età media
di chi si approccia a questo mondo. Sei o sette anni fa, una mia
amica, conoscendo la mia passione e sapendo che io ero quello
che consigliava sempre a tutti un sacco di musica da ascoltare,
mi ha detto: "Perchè invece di ascoltarla e basta, non provi anche
a metterla? Organizzo la festa per la mia laurea, vieni?!". Ho fatto
qualche ricerca sul web sul mondo dei Dj, mi sono comprato un
controller MP3 e dopo una settimana ho messo musica alla festa,
e mi è piaciuto tanto!. É iniziato tutto così, per gioco. Sono poi
andato in soffitta dei miei a recuperare i loro vinili e non mi sono
più fermato.
LE TUE ANNATE PREFERITE? -Beh, il ventennio '60/'70. Degli anni
'60 oltre i Beatles e The Rolling Stones anche tutto il resto. È la
musica che più mi emoziona. E gli anni '50 dove trovi le radici di un
certo tipo di musica rock, che mi piace assai.
CONSIGLIAMI LA CANZONE GIUSTA PER: LA DOCCIA AL MATTINO,
UNA SERATA ROMANTICA, UN MOMENTO DOWN E UNO UP!
-Mmmmmm, così a bruciapelo, devo pensarci un attimo, non
voglio risultare scontato... allora, per la doccia del mattino, "You've got me" dei The Prodigal ti giro il link, http://www.youtube.com/
watch?v=SNz6NkmRrLU, mentre per la serata romantica "She's a rainbow" dei Rolling Stones, già il titolo dice tutto! (http://
www.youtube.com/watch?v=Ya4R7ZswMwA). Per il momento
down "Paranoid" dei Black Sabbath (http://www.youtube.com/
watch?v=MSbfqCO8XBI) e per quello up i Love con "7 and 7 is"
(http://www.youtube.com/watch?v=6An7KGK6U3c).
MOLTO BENE, GRAZIE! ORA, ALLA MARZULLO, FATTI UNA
DOMANDA E DATTI UNA RISPOSTA: -Ok, la domanda che mi faccio
è: "Pensi di farlo tutta la vita?" Il Dj intendo. E mi rispondo come ho
risposto ad una ragazza durante un mio Dj set, che mi chiedeva
quanti vinili avrei ancora messo su: "Fino a quando tu continuerai a
ballare!". Il mio problema è smettere, quando condivido i miei dischi
e vedo che le persone ballano... io non smetterei mai. Quindi mi sa
che finchè qualcuno ballerà io continuerò! :)
I VINILI SONO UNA MERAVIGLIOSA EREDITÀ DI IERI, OGGI SI STANNO
RISCOPRENDO, ALCUNI ARTISTI DECIDONO DI PUBBLICARE SU
VINILE... E DOMANI? -Domani, vinili!!! Credo che continueranno
ad esserci. Ok per la tecnologia, non sono contro; voglio sperare
che domani sempre più gente continuerà ad acquistare i vinili e ad
apprezzarli, perchè il vinile è bello, la gestualità di ascoltare musica
su vinile è fantastica, la musica la tocchi, ti porta belle vibrazioni. Io nel solco del vinile ho trovato la mia strada. WOW!!! GRAZIE MAXSTIRNERDJ PER LA TUA BELLA ENERGIA!
PROSSIMI APPUNTAMENTI? -Io sono un Dj indipendente, non ho
alle spalle un'agenzia, un calendario con date stabilite. Trovi i miei
appuntamenti sulla mia pagina facebook.
QUINDI SU FACEBOOK MAX STIRNER DJ e STAY TUNED!!!P
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Siviaggiare
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Ti vedi piccolissimo dall'alto, minuscolo in modo insignificante,
pieno di poderosi e grandi slanci d'animo.
Lo accetti e resti lì.
Sulla cima di una montagna, ad annusare le nuvole e guardare
il vento.
I giorni sono assenti ed allo stesso momento sono tutti lì.
Sospeso.
Sei Ieri, Oggi e Domani.
Non perderti.
Ritorna
oggi.
Resta
domani.
Sara Ferrari . OUI DARLING
I Pellegrini.La gente, le persone e i popoli con le loro culture e le loro merci,
da quando esistono le gambe... si spostano. Spesso camminando
quando non esisteva o non ci si poteva permettere un mezzo di
trasporto diverso.
Un particolare tipo di viaggiatori sono i pellegrini, coloro che si
spostano a piedi per il mondo. Se ne ha notizia sin dall'epoca
paleocristiana.
Su Wikipedia si legge "Un pellegrinaggio è un viaggio compiuto per
devozione, ricerca spirituale o penitenza verso un luogo considerato
sacro."
I Cammini più famosi per noi, sono quello per Santiago de
Compostela e la Via Francigena che hanno quasi mille anni ormai,
ma molto probabilmente ribattono percorsi tracciati da altre
popolazioni precedenti.
Il primo e il più famoso tra i quali arriva a Compostela (ce ne sono
diversi in Spagna e anche uno Portoghese che parte da Fatima, in
Portogallo appunto). Ufficialmente parte in Francia sui Pirenei da
San Jean Pied de Port, li scavalla entrando nei Paesi Baschi (guai a
chiamarli spagnoli!) per attraversare tutto il nord della Spagna tra
sentieri, boschi, città, vigneti, montagne, pianure... fino a 90 km
dall'Oceano Atlantico, in Galizia (bella quasi come la Toscana!) a
Santiago de Compostela.
Da li si può proseguire per la fine del mondo, per Finis Terrae.
Al faro. SJPdP-Santiago, 800 km. Santiago - Finis Terrae 90 Km.
Non mi dilungo in ricordi che poi mi commuovo.
Il secondo parte da Canterbury in Inghilterra, è stato tracciato circa
nel milleduecento dall'Arcivescovo di Canterbury, Sigerico. Era la
via per andare a Roma dal Papa e nel complesso è lungo duemila
chilometri.
In Italia entra al Gran San Bernardo in Valle d'Aosta, attraversa il
Piemonte, la Lombardia a Pavia, entra in Emilia a Piacenza, poi
Parma sulla Cisa, un pezzo di Liguria, Aulla e Sarzana, si entra in
Toscana a Massa e Carrara, Lucca, un pezzo di Pisa a S. Miniato,
poi la splendida provincia di Siena passando per Montalcino, Siena,
San Giminiano, la Val d'Orcia poi, dopo Radicofani si entra nel Lazio
con Viterbo, la splendida Sutri e giù a Roma per San Pietro.
Le mete Cristiane, quelle che per la nostra Cultura sono le più
importanti, sono Santiago de Compostela, Roma e Gerusalemme,
unite da un Cammino, un pellegrinaggio di oltre 5000 chilometri.
A Roma si andava dal Papa e forse come per Santiago (San Giacomo)
spesso ci finivano oltre che i fedeli, anche coloro che dovevano fare
penitenza, mandati da una qualunque autorità ecclesiastica perchè
meditassero sui propri peccati e si pentissero.
Capitava anche che la partenza di un peccatore, fosse agevolata
dal signorotto locale se la fidanzata dell'empio era particolarmente
attraente oppure, se sacca e bastone era il signorotto a doverli
imbracciare, pagava un servo per andare a Santiago de Compostela
al posto suo.
Come provare che effettivamente il Cammino è stato compiuto?
Riportando la conchiglia, la concha, il simbolo del Cammino di
Santiago che si trovava solo in una spiaggia precisa sull' Atlantico.
Ho fatto il Cammino di Santiago nell'ottobre del 2012 (circa 890
km) e la Francigena (quella che arriva a Roma) a ottobre-novembre
del 2013 (700 km abbondanti) uscendo da casa a piedi (Poggio
Rusco) e raggiungendo la Francigena all'Abbazia di Chiaravalle
della Colomba ad Alseno, provincia di Piacenza. Da li sono sceso
per Roma.
Cammini molto diversi per paesaggi e strutture, per l'accoglienza
degli abitanti dei centri nei quali si passava.
Un pellegrino lo vedi... Scarpe da trekking, d'estate calzini appesi allo zaino perchè si asciughino se c'è il sole, poncho se piove e generalmente sorridente.Mai fare l'errore, in Italia, di avere un ombrello appeso al braccio che
altrimenti viene più veloce l'associazione mentale con un barbone.
Tipo me, prima di Altopascio, dopo un acquazzone.
Impossibile chiedere informazioni al semaforo... probabilmente
pensavano stessi chiedendo monetine.
Ma i pellegrini invece, sono pellegrini in tutto il mondo. Sulla
Francigena, sul Cammino di Santiago o su qualunque altro
Cammino.
Un pellegrino in Cammino avrà sempre un sorriso da regalare, avrà sempre rispetto del tuo passo, che tu sia più lento o più veloce non ti forzerà mai ad accelerare o rallentare. Sii te stesso e va bene così.Un pellegrino non corre, cammina, va al passo del proprio cuore, a quella velocità che permette di comprendere le situazioni. Quella velocità che è sinonimo di presente. Il pellegrino si muove alla velocità dell'uomo, cinque chilometri l'ora
con un buon allenamento, non di più. Il pellegrino si abitua a gioire
di tutte le erbe e i fiori del ciglio della strada, di tutti i profumi dell'
aria, tutti i colori delle montagne, della pianura, del cielo, di come
cambia la stagione... alla stressa nostra velocità.
Si abitua ad ascoltare il silenzio, a stupirsi di quanti siano i suoni
della Vita che riempiono il silenzio.
Alla stranezza che diventano i rumori della città.
I pellegrini sanno che c'è un oltre, anche senza necessità di costruire
templi se non dentro se stessi.
I pellegrini sui cammini sono di ogni nazionalità, ma non importa la
lingua, tra pellegrini ci si legge negli occhi.
Tra pellegrini, vedi l'altro in te stesso e te stesso nell' altro. Lo zaino è pesante per tutti, i km sono per tutti di 1000 passi. Raramente si è alla ricerca di qualcosa che arrivi dall'esterno, più
verosimilmente ci si mette all'ascolto di cosa nasce dentro.
E non è una decisione quella di partire.È una chiamata alla quale non si può dire di no. È incredibile come per quasi tutti quelli con cui ho parlato sui Cammini (tanti!), sia stata un'esigenza personale anche senza perchè, ma che andava fatta!Molti, tra cui anch' io, ci siamo accorti che invece di avere pensieri
illuminifici, camminando si svuota la mente. E diventa stranamente
una sorta di droga.
Chi parte solo, chi in compagnia, chi trova
altri pellegrini sul Cammino, chi si separa da
quelli che ha per starsene un pò da solo, per
raggiungere gente più avanti o aspettare chi
è più indietro.
Forse questa è la metafora del Cammino. Vai
al tuo passo e non preoccuparti, un sacco
e mezzo di persone va allo stesso tuo e
contestualmente si impara a lasciare andare
o lasciare indietro chi non è al tuo passo, sia
nel rispetto del suo che del tuo.
Credo che questa dimensione del camminare
sarà una parte del futuro, un'esigenza, la ricerca di un contatto
con se stessi lontano dalla velocità della tecnologia, la volontà di
riscoprire i propri tempi, che sono solo propri e di nessun altro, il
piacere di camminare tra la natura.
Sono sicuro che questo ci si possa aspettare per il domani, i cui
primi passi stanno già lasciando orme oggi, si penseranno cammini
nuovi, anche con logiche forse diverse, anche con significati diversi,
ma la costante resterà che se vai a piedi, qualcosa dentro di te succede.E sarà quello che dovrà succedere a sussurrarti di allacciarti le scarpe e partire.
Mago di Boz
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letteraLMente
Nella lingua italiana, al modo indicativo, esistono 8 forme verbali
per declinare il passato, una sola per declinare il presente e due per
indicare il futuro.
Al di là dell’aspetto puramente linguistico, risulta evidente che del
PASSATO, di ciò che è accaduto, si può parlare in modo articolato
e disteso, con dovizia di particolari e sfumature. Questo succede
perché “ciò che è stato”, è conosciuto o comunque è conoscibile
attraverso un racconto, sempre che la memoria regga.
Parlare del FUTURO, invece, è qualcosa di più complesso. Di ciò
che deve ancora avvenire, infatti, poco si può dire se non nel campo
dell’ipotesi, a meno che non si viva nella realtà di un vecchio film in
bianco e nero “Accadde domani”.
Viene da se che il PRESENTE, è il tempo inequivocabile. Tra
l’incertezza complessa o fumosa della memoria e l’ipotesi di un
futuro ancora inespresso emerge con forza il “Qui, adesso, ora, in
questo momento” dove non può accadere altro se non ciò che sto
vivendo.
Ecco allora il “cogli l’attimo”, il buddhismo zen e un’altra infinità di
religioni o pensieri filosofici che sostengono questo assioma.
Quello che vale la pena di sottolineare è che il presente non esclude passato e futuro ma li comprende, infatti, solo ciò che attivamente facciamo nell’attimo presente della nostra vita costruisce l’uno e l’altro. Il futuro infatti, non è che un presente che ho appena immaginato e che poi, inevitabilmente si trasformerà in passato.
ieri, oggi, domani di Davide Longfils
Non ho mai capito come si possa riuscire a travasare una qualunque cosa liquida da una damigiana ad una bottiglia senza che almeno una goccia, almeno una dico, non vada perduta.
Quand'ero piccola avevo paura di mettermi le scarpe. Pensavo
che tutte quelle stringhe incrociate avrebbero imprigionato il mio
piede senza permettergli mai più di uscire e io non avrei potuto
decidere dove andare, che sarebbero state loro a orientare il passo
e io alla fine mi sarei dovuta accontentare soltanto di stabilirne il
ritmo. Ricordo ancora la santa pazienza della maestra Cecilia, che
all'epoca credevo avesse gli stessi anni di quello che chiamavo 'il
grillo con le ragnatele', personaggio scoperto in un pomeriggio di
febbre con mio fratello e la tv (anni dopo venne fuori che si trattava di
Yoda di Guerre Stellari). La decana delle precettrici dell'Asilo Luisella
assisteva ogni volta con calma shintoista alle mie dichiarazioni di
Guerra alle Scarpe, e sempre, manco a farlo apposta, nell'ora in cui
all'asilo si facevano i lavoretti col punteruolo. Probabilmente per
questo, dal momento che giravano armi appuntite in classe mentre
dichiaravo al mondo il mio odio Anti-Calzaturiero, mi permetteva
di mostrare i miei alluci nudi a tutti gli altri bambini purché finissi
di bucherellare da brava l'orsacchiotto di cartoncino. O per la
precisione la sua sagoma, per la futura gioia degli sceneggiatori
di Dexter. Quasi sempre volevo tornare a casa scalza, e mia nonna
mi rincorreva per due corridoi e un cortile prima di riuscirmi ad
infilare almeno una delle due nemiche lacciute. Alla fine, col
sopraggiungere dell'invidia per le bionde trecce altrui e della brama
di possesso per le gonne sfarfallose, sono riusciti a convincermi
che una signorinella coi capelli da cartone animato e sottane da
bambola edizione limitata si doveva accollare anche sta faccenda
di andare in giro coi piedi abbigliati. E così vinsero le scarpe.
Ma non mi sono mai fidata di loro.
Quand'ero un pochino più cresciutella, per confondere il nemico,
ho cominciato a diventare campionessa olimpica di Scarpiere.
Negli anni dell'adolescenza ne avrò riempite con la sapiente arte
del Tetris tante quante almeno tutte le falangi dei miei due piedi,
e se andavo in un posto bello mi compravo delle scarpe (perfino
al supermercato) purché fossero una copertura per piedi. Così, per
'ricordo'. Gli altri compravano oggetti tipici e inviavano cartoline,
io compravo ciabatte e riportavo in dono calzini. Evidentemente
ignara ai bei tempi di un fenomeno chiamato globalizzazione, e
di un fenomeno ancora peggiore per tutte le donne con reddito
medio-triste tra i 12 e i 40 anni chiamato, a seconda dei paesi di
residenza, H&M, Zara o Primark.
Insomma, intorno ai 17 anni con una maglietta ci facevo pigiama
e divisa scolastica per l'intera settimana compresa funzione di
vestito buono per le orecchiette della domenica da nonna, ma con
le scarpe che collezionavo potevo metterne una diversa per piede
per ogni giorno dell'anno, confidando sempre nel febbraio bisesto.
Eppure non lo facevo. Le lasciavo lì a fare la muffa per intere ere
geologiche continuando ad alternare sempre quelle due paia di
scarpe da ginnastica d'ordinanza, che alla fine si sequestravano da
sole le stringhe per non cedere alla tentazione di suicidarcisi.
Ancora non mi fidavo di loro, era evidente.
Quando sono diventata quasi del tutto cresciuta, e avevo già
traslocato almeno cinque case in una decina d'anni, ho cominciato
a perdere traccia di alcune delle decine e decine di scatole che
erano state aperte per la prima e l'ultima volta da una di quelle
commesse meticolose che alla cassa controllano tu non sia riuscita
ad imboscarci dentro anche un secondo paio. Che tu le guardi
anche con una punta di superego avvinazzato perché, oh, pensarmi
capace di far entrare quattro pinne quaranta di numero in un
rettangolo di cartone 34x19 automaticamente mi dichiara persona
informata sui fatti circa il quarto segreto di Fatima. Sicché ho
smesso di comprare scarpe, ho continuato a girare scalza ogni volta
che ho potuto e ho iniziato a trentanni a mettermi le scarpe che mi
ero comprata a diciassette, con degli effetti collaterali abbastanza
prevedibili tranne che di Martedì Grasso.
Ma avevo cominciato a fidarmi di loro.
Domattina presto mi parte l'aereo. Vado in un posto dove dovrò
camminare molto, e in valigia ho messo un bel paio di scarpe
comode che in verità sono un abominio del senso estetico, ma
tant'è. Ai piedi mi tengo quelle carine ma inutili, tanto in aereo starò
scalza, che sennò quando arrivo esporto la sagra dello zampone
dall'altra parte del mondo.
Ancora non mi fido di loro con tutte e dieci le dita,
ma (ci) stiamo camminando.
Marina Berarducci
Camminando. Ieri, Oggi e pure Domani.
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I
Studiare architettura era un piacere.
Anche se l’aspetto più decisivo per me
è stata l’opportunità di viaggiare.
(Santiago Calatrava)
Mi succede, quando scrivo, di fermarmi. Ci sono tanti motivi:
troppo lavoro, altro da fare, vacanze. Perché non si vive di
sole parole… anche se ormai mi sembra impossibile riuscire a
sopravvivere senza.
A volte non ho nulla da scrivere.
Troppe cose per la testa, mi dico. Poca concentrazione.
Accontentati, no? Non è un lavoro. Cinque romanzi (quasi sei) in
sei anni, un esercito di racconti… Ma mi prende l’angoscia, magari
solo perché ho visto un concorso letterario interessante o qualche
editore mi ha chiesto un raccontino da mettere in un’antologia e
io… non ho niente di decente da scrivere.
Provo a pensare a una storia, cavoli, dopo tanto allenamento non
sarà difficile…
No. Niente. Mi vengono in mente solo cretinate senza capo né
coda.
Panico.
E una constatazione: “Ecco, non scrivo più, la vena si è esaurita”.
Così, quando una domenica mi siedo a pranzo in un’osteria della
bassa reggiana, non ci sto pensando per niente, alla scrittura.
Work in progressCose che passano per la testa (a me)
di Anna Giraldo
c'era una volta... di Francesca Battisti
C’erano una volta tre fratelli,
si chiamavano Ieri, Oggi e Domani.
Per la loro bizzarra natura, non potevano mai incontrarsi: Ieri
camminava all’indietro, Domani camminava in avanti e Oggi se
ne stava quasi fermo, guardandosi le punte dei piedi, per la paura
di inciampare. Ognuno invidiava qualcosa dell’altro, e non erano
felici.
Ieri avrebbe voluto essere come Oggi: non si rassegnava ad essere
passato, finito. Ieri non riusciva ad afferrare le emozioni: gli istanti
che gli accadevano, subito gli scivolavano via dalle mani. La vita lo
sfiorava appena, già lontana, come uno spettacolo che si può solo
guardare. Avrebbe voluto lasciarsi travolgere dall’emozione nel
momento in cui divampa, sentirla presente, come era per Oggi.
Oggi, era stanco di stare sempre ad occhi fissi sui suoi piedi, per
evitare i pericoli che poteva incontrare sulla strada. Procedeva
così cauto e lentamente, che pareva fermo. Al contrario di Ieri,
sentiva ogni sensazione più forte degli altri fratelli: quello che gli
accadeva, accadeva adesso e tante volte sentiva molto dolore.
Oggi invidiava Domani, perché il fratello aveva la fortuna di nutrirsi
continuamente di speranze e di non conoscere quindi delusione,
almeno così egli immaginava.
Domani, al contrario, era tutt’altro che tranquillo: vedeva indistinta
la vita all’orizzonte, non conosceva emozioni se non il timore di
non sapere cosa stava per accadere. Non provava speranza, come
immaginava il fratello, ma paura. Avrebbe voluto essere come Ieri,
invidiava la sua quiete, e la possibilità di gustarsi tutto alla giusta
distanza dalla quale nulla può ferirti.
I tre fratelli desideravano incontrarsi per conoscersi e condividere
almeno un istante insieme, ma la loro stessa natura non poteva
concedere loro questo privilegio. Così Ieri continuava a camminare
all’indietro guardando triste le sue impronte svanire, Oggi
fissando timoroso le punte dei suoi piedi e Domani, sbirciando
confuso l’orizzonte.
Un giorno però, qualcosa cambiò.
Per primo fu Ieri, ad incontrare una fanciulla delicata e bellissima:
si chiamava Ombra. Se ne innamorò al primo sguardo. Come tutte
le cose, non poteva afferrarla davvero, ma camminava sempre al
suo fianco; quando si sedeva poteva toccarla, e questo gli bastava
per sentire l’amore invadergli l’anima.
Poi fu il turno di Oggi: conobbe Lacrima che era pura, vera e di
una bellezza sconvolgente. Oggi la teneva sulla punta di un dito
e non poteva fare altro che ammirarla perché, se avesse provato
a toccarla, avrebbe rischiato di farla scivolare via. Ma Lacrima
brillava di un’energia così bella, che ad Oggi bastava guardarla
per sentirsi felice.
Infine Domani, da lontano, un giorno rimase folgorato dal fascino
di una fanciulla misteriosa che si chiamava Miraggio. Non riusciva
a distinguerla chiaramente, ma sembrava la cosa più bella che
avesse mai visto. Era così luminosa che tutta la strada davanti a
Domani prese a splendere ed egli finalmente le poteva correre
incontro, senza alcuna paura.
I tre fratelli avevano finalmente qualcosa che li accomunava:
conobbero l’amore.
In realtà, le tre fanciulle erano sempre state al loro fianco, ma
l’invidia per gli altri e la paura impedivano ai tre fratelli di vedere
ciò che di bello la vita poteva offrire.
Ombra insegnò a Ieri la dolcezza delle cose passate che non ti
lasciano mai solo e continuano a tenerti per mano. Egli imparò che
passato non significa “finito”: il nostro vissuto è linfa che continua
a nutrirci e a scorrere dentro di noi, se vogliamo accorgercene,
guizzante e vivace come il presente.
Lacrima insegnò a Oggi la struggente bellezza delle cose vere,
la fragile felicità degli istanti più belli e la catartica e inattesa
possibilità di rinascita che sanno offrire solo i momenti più tristi.
Oggi smise così di fissare timoroso la punta dei suoi piedi e imparò
ad osservare ciò che di prezioso aveva tra le mani: la sua Lacrima,
che era la più bella sia nei giorni luminosi, sia in quelli più bui.
Miraggio, insegnò a Domani ad avere meno paura dell’ignoto, a
guardare con fiducia a ciò che ancora deve arrivare: ogni giorno, da
lontano, lo rassicurava promettendogli che se lui avesse imparato
ad avere più coraggio, lei sarebbe sempre rimasta davanti a lui
per guidarlo, come fa un faro con la sua nave. Domani, imparò a
vivere esattamente nel modo in cui lo aveva sempre immaginato
il fratello: più ricco di speranza e meno di incertezza.
Così l’amore, che, solo, batte lo stesso tempo da sempre, regalò
ai tre fratelli l’immanenza dell’istante che desideravano, ed essi
capirono che l’amore è oggi nello ieri, ieri nel domani e domani
nell’oggi.
Ordino tortelli speck e funghi. C’è la panna, signora?
Un filino.
Eh, cara mia, un filino lungo un chilometro, potevi dirlo.
Sarà la panna (o i funghi un tantino allucinogeni?) fatto sta che quei
tortelli proprio non li digerisco. Mi viene un mal di testa come non ne
avevo più da anni, devo scappare a casa e mettermi a letto.
Inizia così, con un pensiero, tra deliri di tortelli e un tamburo che
batte in testa.
Reggio Emilia è una città interessante. Se lo meriterebbe un
romanzo. Se solo avessi qualcosa da dire… Dai, tipo una storia un
po’ fantastica, ma non troppo, come piace a me.
Da dove comincio? Anna, hai esaurito la vena, ricordi?
Eppure due immagini di Reggio continuano ad alternarsi nella mia
mente. Fanno a pugni tra di loro.
La prima è scontata, la percorro quasi ogni giorno lavorativo… la
Statale 9, ovvero la Via Emilia. Costruita dal Console Marco Emilio
Lepido dopo avere fatto piazza pulita di tutti gli insediamenti celtici
in zona, la strada collegava Placentia ad Ariminum. E Reggio? Era
Regium Lepidi, poco più di una stazione di posta. La sua storia con
la S maiuscola inizierà secoli e secoli dopo.
Sbuffo mentre mi rigiro nel letto scatenando una nuova ondata di
mal di testa.
Qui arriva la seconda immagine. Le Vele di Calatrava.
Sono i tre ponti bianchi che vediamo svettare come spine dorsali di
avveniristici dinosauri quando arriviamo a Reggio Emilia da Bagnolo
in Piano o dall’autostrada del Sole, li ha progettati un certo Santiago
Calatrava, noto architetto di Valencia, che vanta un ricco portfoglio
di strutture eleganti e un tantino azzardate in giro per il mondo.
Un architetto discusso, Calatrava, che progetta cose belle, è vero,
ma spesso poco funzionali e molto costose.
Allora scatta la scintilla. Una città situata su una arteria strategica
dell’Impero Romano e, oltre due millenni dopo, tre ponti che si
elevano come dal nulla nella campagna a nord della stessa città.
Un bel salto.
Un bellissimo salto, direi!
Sì, perché basta fare un po’ di ricerche su internet per scoprire che
Calatrava non progetta nemmeno, butta giù uno schizzo che poi
qualcun altro, nel suo ufficio, mette in opera. E spesso le sue idee
sono al limite della realizzabilità… come se lui vedesse… cose che gli
altri non sono in grado nemmeno di immaginare. Sarà quello che
sto vedendo io?
Se attraverso le strutture di Calatrava si viaggiasse nel tempo?
Reggio Emilia e Regium Lepidi sarebbero separate da una semplice
porta: le Vele.
No, impossibile. Insomma se fosse tanto facile tornare indietro nel
passato grazie a una struttura di Calatrava, qualcuno ci avrebbe già
provato, rovinandomi la sorpresa.
Quasi casco dal letto per recuperare il portatile. Devo, devo
assolutamente sapere come continua questa storia. Ringrazio la
Musa Wikipedia quando, dopo avere digitato a caso per qualche
minuto, mi offre l’illuminazione!
Abracadabra, è proprio il caso di dirlo.
Già perché questa parola non se l’è inventata il mago Silvan, ma un
medico romano, tale Quintus Serenus Sammonicus, che la faceva
scolpire su pietre triangolari.
Bene, quindi un talismano millenario attiva le Vele e apre il varco
temporale. Ci saranno anche altri orpelli, ovviamente, per attivare
altre strutture: dove porterà, per esempio, il Quarto Ponte sul Canal
Grande di Venezia? O la Stazione d’Oriente di Lisbona?
Non è affar mio, adesso. Se ne occuperà qualcun altro.
Io, una storia da scrivere, ce l’ho già.
… it ain’t over.
Nota dell’autrice:
Per metà sono ragioniere, quindi mi sembra
doveroso dire che il signor Calatrava, quello
vero, non è al corrente delle mie elucubra-
zioni. Molto probabilmente nemmeno legge
fantasy, lui.
Inoltre mi sembra il caso di avvisarvi: non
provate a viaggiare nel tempo attraverso i
tre cavalcavia di Reggio Emilia, nemmeno
se siete in possesso del talismano con
scritto “Abracadabra”. Già perché, per aprire
il varco, manca ancora un ingrediente
fondamentale…
Nel corso del tempo
di Patrizio Guandalini
Scopro l'amore.Da giovane scoprivo
tracce d'amore,
da vecchio saròcosì ricco d'amoreche la mia mano
stringerà il sole,
la mia bocca baceràl'ultima luce.
E tu Fortuna
apri promesse alateagiti torce
distendi per mecieli vertiginosinotti di luce…
Oh, io ci sarò
quando il rombo del sanguescuoterà forte
tenui pareti
e allagherà la mentedi fango nero,
relitti sparsi,
arazzi e tesori di untempio abbattuto.
Graphic Designer - Illustrator
Vj Visual Performer
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Change Maker
Leonardo da Vinci, fece solo la Gioconda.
I Beatles, fecero soltanto Yesterday.
Il passato,
non è solo una soffitta piena di ricordi
o una remota biblioteca
di noiosissimo sapere.
Il presente,
deve essere la chiave per accedere,
per scoprire il passato.
Un motore per agire.
Un motore per cambiare.
Addentrarsi nel passato,
per conoscere il futuro.
Berg.ART©2014
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L'EROE NEL TEMPO E NELLO SPAZIOLa capacità di ragionare rende l’uomo diverso da qualsiasi altra
specie, in quanto gli permette di scegliere.
Il cane, il cavallo, il falco sanno sempre qual è la cosa giusta da
fare, basta seguire l’indiscutibile "Codice di sopravvivenza".
Per noi invece la vita non è così semplice. La nostra più ricca
biblioteca contiene anche un altro volume da affiancare al codice
di sopravvivenza: la morale.
Quest’ultimo libro è assai più complesso, perché è soggettivo:
ognuno potrebbe scriverlo in modo diverso in quanto la moralità
di ciascuno di noi si basa su principi differenti o addirittura
contrastanti. Ciò avviene perché la ragione ci permette di scegliere
in quale modo noi possiamo raggiungere la realizzazione morale.
È una scelta per niente facile e scontata, per questo ci serviamo di
una guida, di un idolo che personifica i valori da noi ritenuti giusti,
e che possiede la forza ed il coraggio di metterli in pratica: l’EROE.
Egli è pronto a tutto per raggiungere il suo scopo: migliorare il mondo intorno a lui. L’obbiettivo è sempre questo, ma gli eroi
che aspirano ad esso sono numerosissimi e straordinariamente
diversi tra loro. Questa sorta di biodiversità eroistica è dovuta ai
fattori che li hanno principalmente circondati, e forgiati: i costumi
e il tempo.
L’idea di giusto o sbagliato, di perfezione, e quindi di conseguenza anche di eroe varia a seconda dello spazio e dell’epoca di riferimento.Andando a ritroso, basti pensare agli eroi letterari per antonomasia
delle due più grandi potenze del mondo antico: Enea per i romani
e Ulisse per i greci. Essi personificavano i più grandi valori delle
rispettive civiltà: mentre Enea, carico di pietas, era disposto
a rinunciare a tutto, anche all’amore, per portare a termine la
missione ordinatagli dagli dei -fondare una nuova Troia a Roma-,
Ulisse, aiutato dalla sua innata astuzia, compie innumerevoli atti
eroici solo per soddisfare la sua inarrestabile curiosità e la voglia di
viaggiare. Curiosità e astuzia, considerati valori primari in Grecia,
sono invece disprezzati dai romani, in quanto riducono l’uomo ad
un essere meschino che si allontana dai suoi primi doveri verso la
"De' libri che 'nsegnan precettiI corpi sanz'anima ci daranno con lor sentenzie precetti utili al ben morire.
Leonardo Da Vinci, Profezie.
La nostra memoria oggi è sempre più opacizzata e la nostra percezione è sempre più satura; perché l'uomo di oggi è costantemente a caccia del presente e dell'immediato, senza veramente rendersi conto di cosa sia il presente e di quanta intuizione ci voglia per cogliere l'immediato. Quest'inverno partecipai ad un incontro con Massimo Sgroi,
il curatore del saggio "F FOR FAKE", fu interessante ascoltarlo
raccontare un episodio capitatogli nel quartiere di Scampia
a Napoli. Il suo intento era di intervistare alcuni residenti del
quartiere, testimoni del degrado di Scampia. Dopo alcune
conversazioni notò che nelle risposte della gente ricorrevano due
elementi comuni: quando alla maggior parte delle persone veniva
chiesto di descrivere la loro settimana passata, questi parevano
come non interessati a quello che era avvenuto o peggio ancora,
alcuni proprio non ricordavano granché; quando invece a loro
veniva chiesto di raccontare quello che avrebbero voluto fare in
futuro, molti di questi si mostravano disillusi e incuranti di quello
che sarebbe potuto avvenire.
21.38 - 23.57 - 00.30Dopo il racconto di Sgroi mi resi conto che il vivere alla giornata, che
spesso attribuivo allo spirito della vita meridionale, cominciava ad
assumere un altro significato; quindi pensai di dedicare a questo
significato qualche pagina di futuro.
Oggi eccomi qui, di fronte a questo foglio di carta, cerco di unire
pezzi della mia conoscenza e del mio istinto, senza smettere di
amare il mio esercizio e rispettando ogni situazione di disagio nel
mondo, e soprattutto, cercando di amare l'uomo.
Hannah Arendt, una fra le più grandi pensatrici del nostro secolo,
nel saggio "La banalità del male" sostiene che l’assenza di
radici, di memoria e l’assenza del “potere di ritornare sui propri
passi” in un dialogo con se stessi, sia la causa dello sviluppo dei
famigerati "geni del male"; è così che ribalta alcune delle cause
che portarono a uno dei più grandi totalitarismi: il Nazismo. Questi
geni non si svilupperebbero radicando il loro male in una società,
ma esploderebbero in una società priva di radici, una società che
perde di vista il passato ed il futuro.
Una società che non mette a fuoco il suo passato non è
capace di leggere il proprio presente e ne consegue che non
possa costruire il proprio futuro.
Il nostro presente è certamente differente da quello degli anni
quaranta, ma l'assenza di valori, di passato e la dissipazione
del "due in uno" (il dialogo con noi stessi di cui parla la Arendt)
sono comunque presenti e pronti a dar terreno fertile al male.
La velocità con la quale comunichiamo da una parte del mondo
all'altra, la rapidità con cui otteniamo informazioni tramite il
web, vanno a definire i nostri anni come età del "Nozionismo".
Nozionismo è solamente un termine, ma di certo la mancanza
generale di esercizio, oggigiorno, è un fatto sostenuto da prove
tangibili. Dobbiamo essere capaci di osservare anche questa
faccia della medaglia per essere vivi!
Sono i nostri stati di coscienza che ci permettono di osservare ciò che accade nella nostra vita e che ci permettono di riconoscere un passato, ma il bombardamento di immagini
odierno ci satura di leggi che presumiamo siano quelle che
funzionano, così abbiamo l'impressione di avere raggiunto il
giusto equilibrio per proseguire la nostra vita. Questa tempesta
fa si che i tempi si contraggano fino ad arrivare al trapasso della
memoria; vero è che si dovrebbe vivere il più possibile, vedere più
cose possibili, ma non è importante cosa si vede o si sente ecc.
l'importante è il come si vede o si sente! Possiamo sapere tutta
l'enciclopedia di Wikipedia e vedere tutto il mondo attraverso
lo schermo, eppure non sapere niente della nostra terra e della
conoscenza dell'uomo. Dobbiamo cogliere noi stessi nel presente di questo mondo e di questa vita, per capire chi siamo e cosa cerchiamo. Ma il presente del 2014 è un crimine,
di Federico Aprile
Domani, Ieri, Oggi di Armando Araldi
Curiosamente le iniziali di ieri, oggi, domani, opportunamente
ordinate ci rimandano a Dio.
Il Domani, paradossalmente, viene prima; in effetti, in questi
tempi di scossoni ed incertezze varie, chi non si preoccupa del
domani?
Però, non a caso, la I di ieri sta al centro, a conferma della
centralità della memoria, del passato, dell’esperienza in ogni
campo, anche il più creativo.
Non ci si inventa dal “nulla”; anche inconsapevolmente noi
cerchiamo ancoraggi nella storia, più o meno recente.
Basta vedere quanto sia seguita una piccola rubrica televisiva
come “Techetechete” che, con sapienti tuffi nel passato, si sforza
di mostrarci il nostro ieri, bello o brutto non importa.
Per finire la O di oggi, l’ora e qui (TUTTOQUi&dintorni?), è, in
definitiva, ciò che importa veramente: vivere la quotidianità,
facendo tesoro del passato, con uno sguardo al futuro.
famiglia e l’impero. Persino Dante nella sua ‘Commedia’ condannò
per queste ragioni l’intraprendente figlio di Itaca all’inferno.
Insomma, due antiche visioni completamente diverse della
moralità.
Veniamo ai giorni nostri, a quel famoso 11 settembre. Ciascun
terrorista schiantatosi con un aereo contro le Torri Gemelle
viene considerato un eroe dai membri della sua organizzazione
terroristica. Ma per quella bambina intrappolata al primo piano,
penso che il vero eroe sia stato il pompiere che l’ha estratta dalle
macerie.
Gli eroi esistono per essere ammirati o addirittura imitati, ma bisogna prestare molta attenzione alla scelta del nostro modello. È essenziale valutare se è giusto seguire ed emulare un idolo con
certi valori, e quindi lottare per essi, piuttosto che per altri.
Interessante analizzare anche l’epico scontro tra eroi narrato
nell’Iliade: Ettore a difesa di Troia contro Achille che a nome di
tutti i greci vuole conquistarla. I loro obbiettivi di giustizia, e quindi
anche loro stessi, arrivano addirittura a scontrarsi. Lo scrittore
Omero chiede implicitamente al lettore di scegliere una delle loro
missioni, quella che riteniamo più giusta, e quindi di schierarsi
dalla parte dell’eroe che sta combattendo per essa.
Ora, tralasciando gli scopi dei due eroi che possono essere
considerati entrambi giusti, soffermiamoci sui personaggi.
In realtà il vero eroe sarebbe dovuto essere Achille: forte,
invulnerabile (eccezion fatta per il tallone) e sostenuto dagli dei.
Praticamente invincibile. Tuttavia con il tempo i lettori si sono
lentamente spostati maggiormente dalla parte del vulnerabile
Ettore. La mentalità è cambiata, ora non si tifa più per il favorito.
Un parallelismo lampante è presente nel mondo dei comics, dove
Superman è stato il leader indiscusso dei supereroi del fumetto
per generazioni. “Perché?” –Ovvio, era il più forte di tutti.
Ma oggi l’uomo d’acciaio, considerato ormai troppo perfetto ed
esageratamente lontano da noi persone comuni per conquistarci,
è stato spodestato dal suo trono di carta dal ben più umano
Batman. L’uomo pipistrello è amato perché il pubblico è stufo di
inverosimili eroi sorridenti e colorati, egli vuole immedesimarsi
nei suoi idoli, quindi sceglie campioni relativamente più vicini
alla realtà. Con un atteggiamento serio (perché aiutare gli altri
è sì giusto, ma non è per niente facile) ed una vita decisamente
problematica. I loro fan vogliono in qualche modo rispecchiarsi in
essi, autoconvincendosi che tutti, anche loro, possono diventare
eroi.
Dopotutto, non serve avere la super-forza, essere telepatici o creare campi di forza, basta lottare per portare avanti la propria idea di giustizia. Per farlo bisogna essere disposti a rinunciare a molte cose, a
volte anche alla vita, come ci insegnano i nostri Martiri di Belfiore.
Perché noi esseri umani, come sosteneva il filosofo tedesco
Hegel, non siamo altro che strumenti necessari a migliorare il
mondo, mentre “le idee sono a prova di proiettile” (cit. film ‘V
per Vendetta’).
Carlo Signorelli
o per meglio dire è divenuto un ismo massacrante: il presentismo.
Non fidiamoci del presente che ci viene proposto, perché il presente non si propone, il presente si intuisce!- « Buongiorno ragazzi. »
- « Buongiorno maestra. »
- « C'è Mario Rossi? »
- « Presente maestra! »
Il presente appella l'uomo ad esserci! E per esserci non dobbiamo
eliminare la riflessione, perché se così fosse, ed oggi si sta
dimostrando, si definirebbe il presente come "qui ora e subito"
in ogni istante, privo di ogni intuizione. Il presente non è più un
tempo da scoprire, ma un mezzo per sapere.
Questo tipo di sapere costruirà persone che diranno «conosco i
trucchi perciò sono un mago»; ovviamente non potremmo dare
torto a colui che affermerà ciò, ma non servono le scale per capire
che questo nozionismo manca di una magia, e quest'ultima sarà
destinata a perdersi del tutto se permettiamo che l'esercizio
venga defilato.
Oggi non esiste più un solo mago, ne esistono due tipi:
Il mago che esercita i trucchi che conosce (il mago di ogni tempo)
e il mago che conosce ogni trucco possibile ma non esercita mai
(il mago del 2014). Quale sarà il vero mago e il falso mago tra
cinquant'anni? Di sicuro lo spettacolo ne risentirà e anche il nostro
divertimento; non per niente oggi ridiamo molto meno rispetto a
quarant'anni fa.
Al giorno d'oggi in televisione ci sono programmi come "Breaking
Magic", che si occupano di svelare i trucchi dei prestigiatori. Basti
pensare a quanti telespettatori vedranno il canale, per capire che
tra non molto i maghi che non eserciteranno saranno sempre più
numerosi, mentre i maghi che eserciteranno verranno fagocitati
in massa dal sapere e di conseguenza verranno scherniti a
riguardo dell’inutilità del fare. Allora muterà anche il concetto di
mago! Aspettiamo solamente che svelino anche Babbo Natale
su DMAX... Cambierà la magia, ma cambieranno l’amore e anche
l’odio?
Poniamoci altre due domande: perché il mondo reale necessita
sempre più di racconti in reality? Perché "siamo sempre più
reali in contesti finti"? Forse perché dobbiamo trovarci di fronte
ad uno schermo che ci proponga vita reale, quotidiana? Allora
perché molti reality sono finti? A voi tutte le ulteriori domande ed
eventuali risposte.
Nel film "La palla numero 13" del 1929 diretto e interpretato da
Buster Keaton, tra le prime sequenze del film, il proiezionista
(Buster Keaton) entra fisicamente nel film che lui stesso proietta;
quella scena è di un'attualità incredibile, ma l'uomo, oggigiorno,
si trova a campeggiare in quella realtà che Buster Keaton ci
mostra nel 1929? Una realtà che si avvale di regole finte, alle quali
l’uomo soggiace passivo, e spaesato? L'uomo può commuoversi
guardando un film, ma quando nella sala si accendono le luci,
l'uomo deve riconoscere la propria vita e se stesso; per questo
lo spettacolo è importante, perché una volta terminato dona
un senso in più alla vita dell'uomo. A questo fine l'esercizio è
importantissimo, perché ci da l'opportunità di riconoscere le
nostre vocazioni e le nostre vocazioni sono la nostra libertà.
Lo spettacolo è un'esercizio e l'esercizio è una sorta di spettacolo, questi segnano il limite che separa, come abbiamo visto in precedenza, il “mago che esercita” dal "mago che conosce". "Privare la magia del suo mistero sarebbe assurdo come togliere il
suono alla musica" - Orson Welles.
anno 2214«Un giorno si svelarono i trucchi di ogni mago vivente e così la verità venne allo scoperto; e quel qualcosa di indefinibile, forse, si perse in un passato ormai lontano… somigliava a uno strano incantesimo, che non si è mai capito il motivo per il quale piaceva ad ogni persona presente sulla faccia della terra. Ma ora quel tempo è finito, lo spettacolo è fuori moda.Ora non si parla più di mago e nemmeno di artista, e i film sono le nostre famiglie. »
Giulia Casoni #TAVOLESTRETTE
www.printstudiografico.it
PER ORGANIZZARE EVENTI IN COLLABORAZIONEredazione@tuttoqui.info
"Riportare la cultura al centro dell’attenzione, sotto i riflettori, nel
ruolo che le compete nel mondo che cambia. Quattro giornate per
discutere, ascoltare, conoscere.
Dal 9 al 12 ottobre incontreremo a Mantova alcuni degli attori principali del cambiamento e dell’innovazione culturale, mescolando i temi, gli stili, le idee, in un processo virtuoso di contaminazione creativa.Sono molte e ambiziose le sfide da affrontare, ponendoci anzitutto
alcune domande: Come la cultura genera economia e inclusione
sociale? Come si trasforma un’idea creativa in un progetto di
successo? Come funziona un incubatore o un talent garden? Quali
sono le opportunità per le start up culturali? Come organizzare la
gestione condivisa dei beni culturali come beni comuni? Come si
attiva la ri-generazione di uno spazio urbano attraverso la cultura?
Sono solo alcuni dei quesiti ai quali tenteremo di fornire una
risposta, o più semplicemente di indicare un percorso; lo faremo
insieme a una vasta platea di ospiti, accompagnati da una serie di
partnerships che ci affiancano e ci sostengono. Al centro ci saranno,
soprattutto, le storie: casi concreti che hanno avviato esperienze
positive, in cui la cultura genera nuove opportunità.
Patrimonio, beni comuni, cittadinanza attiva, rigenerazione urbana,
innovazione culturale, imprese creative, cooperazione, smart
human cities… Queste saranno le parole-chiave che guideranno la
nostra esplorazione, alla ricerca dei fatti di cultura 2014."
Per informazioni e dettagli programma eventi:
www.fattidicultura.it
fb: Fattidicultura.social
#fattidicultura
#fattidicultura è un’idea di Pantacon impresa sociale per la cultura
KIT-CHEN. La tua passione in una scatola In tutto il mondo made in Italy è sinonimo di qualità dei materiali, cura del dettaglio e durevolezza. Anche noi siamo convinti che la difesa dell'italianità del prodotto sia un dovere, per sostenere l’economia nazionale, e per difendere la tradizione culturale di quei territori, storicamente legati alla produzione manifatturiera, che dal passato è arrivata fino ai giorni nostri e ci tutela come consumatori. Su questi concetti si fonda il progetto Kit-chen del Centro Casalinghi dal Toscano e Acqua&Menta. I Kit-chen sono sei kit di utensili da cucina, dedicati ognuno ad una preparazione (pasta, pane e focacce, pizze e schiacce, grill e hamburger, conserve e confetture, muffin e torte), confezionati solo con prodotti made in Italy in una pratica valigetta che ne facilita il trasporto e lo stoccaggio, oltre ad essere un’ottima confezione regalo. I prezzi, diversi per ogni Kit-chen, sono accessibili (da 19,90 a 39,90 euro) perché la nostra idea è che è avere sempre la qualità italiana, a prescindere dal prezzo, si può! Il progetto Kit-chen è stato presentato a ”Food Joy - donne, libri , cibo”, evento OFF di Festivaletteratura 2014 a Mantova dal 3 al 7 settembre scorsi, dove è stato donato alle sostenitrici dell’evento tra le quali Lisa Casali e Paola Maugeri. E non finisce qui, Kit-chen è multimediale: con l’ashtag #kit_chen, o nel menù “kit-chen” su www.acquaementa.com troverete tante ricette dedicate, mentre sul sito www.daltoscano.com potete visionare i Kit-chen e procedere all’acquisto on-line.PHOTO © JURI BADALINI
Siamo viandanti di passaggio nella storia del mondo, accomunati
dallo scorrere del tempo.
Arriviamo, transitiamo e ad un certo punto ce ne andremo.
Coscienti della nostra provenienza, alle volte titubanti nel nostro
transitare e assolutamente inconsapevoli del “dove” andremo a
finire.
Ieri, oggi e domani si susseguono inesorabili e inconsapevoli di noi.
Così siamo io e te nella storia del tempo.
IERI era un qualsiasi lunedi 19 Maggio, entrambi all’oscuro di noi,
le nostre esistenze scorrevano su binari le cui stazioni credevamo
di conoscere. Abitudini, consuetudini che ci accompagnano giorno
dopo giorno, automatismi collaudati, certezze e convinzioni
come fedeli compagne di viaggio. Ma anche ferite ancora vivide,
sofferenze non ancora superate. E poi… Oggi…
OGGI è un qualsiasi martedi 20 Maggio, forze a noi estranee
lavorano in segreto per deviare la traiettoria di quei binari sicuri,
portandoli ad incrociarsi, ferro contro ferro a produrre una scintilla,
IO e TE: IERI, OGGI e DOMANI
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OGGI É COME IERIOggi i viaggiatori di circostanza escono dalla provincia
e dagli schemi.
Oggi è come ieri.
Quando le salite ripide sembrano sentieri,
e non ti accorgi della fatica, oggi è come ieri.
Quando le minacce diventano pareri.
Oggi è come ieri.
E-Book non riuscirà mai a rubare il piacere ai lettori,
a togliere la penna, i fogli, i pensieri agli scrittori
perché domani è già oggi, se oggi è come ieri.
Io respiro profondamente e vengo incontro a te.
Oggi come ieri, oggi è come ieri, oggi, domani, sempre.
di Enea Araldi
un sussulto nel continuo tempo. E così le nostre vite entrano in
contatto trasformando io e te in un Noi. Il sussulto ci coglie alquanto
impreparati, tanto inatteso è in questo momento, e lo viviamo con
diffidenza e paura. È ieri che ci fa stare allerta, ieri ci sussurra di ferite
non del tutto rimarginate, ieri fa l’avvocato del diavolo. Ma oggi non
ci sta a questo gioco, oggi si intromette perché è convinto che tutto
ciò non sia un caso, oggi crede fermamente che un incontro come
questo abbia molto da esprimere e da dare a entrambi, oggi vuole
zittire ieri per darsi una possibilità di diventare domani.
E poi… Domani…
DOMANI è un qualsiasi giorno da qui in poi, dove noi è un libro
del quale proveremo a scriverne le pagine mentre le viviamo. Ieri
continuerà a sussurrarci all’orecchio le sue premure, oggi dal canto
suo erigerà le sue difese per darci la possibilità di scrivere il nostro
domani come meglio lo sentiamo.
Io e Te. Ieri, oggi e Domani. Matteo Pistoni
Solenni riti religiosi con preti bardati che incedono gravi a capo di
una lenta processione.
Pastori in transumanza che guidano le proprie greggi con robusti
bastoni scelti tra i tanti rami del bosco.
Ex voto finemente agghindati attestanti il ringraziamento sincero
per una grazia ricevuta dal cielo.
File di giovani cipressi come lingue verdi tese verso sole e luna a
scandire il ciottolato del viottolo che porta al camposanto.
Ci crederesti?
Sono modi di essere ed atmosfere delle genti Etrusche vissute
nella nostra Italia a partire dal VII secolo A.C.
Ma come?
Anch’io ho inseguito una preghiera all’ombra di una statua adorna
di rose, ho visto bastoni e tabarri dirigere il traffico di pecore e
cani verso nuovi pascoli, appoggiato con cura un oggetto caro
sul pizzo candido di un altare nel silenzio di una chiesa vuota e
discreta, intonato i miei passi annoiati e pesanti con l’ombra dei
cipressi verso un ultimo saluto.
E in cucina?
Oh sì, anche in cucina avviene la magia: verdure appena lessate
condite con un filo d’olio d’oliva, carni selvatiche o di cortile
arrostite alla graticola o allo spiedo, pesci cotti sulla pietra, torte
di erbe di campo, dolci di frutta, creme di formaggi freschi e uova,
vino profumato di spezie da sorseggiare in compagnia.
Capisci?
Sono meccanismi vecchi di oltre 2000 anni che ancora vivono
nella nostra quotidianità di donne e uomini moderni come prova
che i gesti che toccano le corde dell’anima non subiscono in alcun modo la seduzione del tempo e si nascondono dentro il DNA di ognuno di noi come traccia profonda ed indelebile delle nostre origini.
Per sempre.
Clara Zaniwww.lapavona.blogspot.it
Il DNA se ne frega.
mezza cipolla mezza cipolla
olio e.v.o.
agliobesciamellasalsiccia
erbe di provenza
funghi
roquefortcipollamanzo
cavolfiore pepe nerolenticchiebesciamella
melanzanemozzarella
origanobasilicoricotta di pecorapomodoro
bacche gineprotimozucchineluccio
aglio peperoncino
pepe neroricottamozzarellaragù di maiale
parmigianopinoli
patate lessecozze
basilico
montanara
francese
veggy estiva
fishetarian
barese
napoletana
besciamella
noce moscataparmigianobesciamellaragù di manzo
pasta all’uovo
crepes
pasta all’uovo
pasta all’uovo
sarda
pane carasau
pasta all’uovo
pasta all’uovo
pasta all’uovo
pasta all’uovo
pasta all’uovo
bolognese
Di lagana erano ghiotti già Cicerone e Orazio, cent’anni prima di Cristo. Noi vi portiamo in giro per l’Italia, nel tempo e nello spazio, alla scoperta dei sapori regionali di ieri e di oggi, con interpretazioni attuali ed originali. La lasagna come macchina dello spazio/tempo, il cui nome evoca le ricette della nonna, e che fa ancora “casa” nella famiglia di oggi, dove abitano gli italiani di domani, magari nati chissà dove, che continueranno a modo loro la tradizione. Dieci proposte, dalla classica “bolognese” o “napoletana”, alle attualissime vegetariane (estiva ed inver-nale), alle sperimentali “francese” e “sarda”. Legati alla tradizione ma con uno sguardo in avanti, attenti alla stagionalità, al gusto, alle qualità nutrizionali e alla salute, come si richiede alla cucina di oggi, ma aperti a qualsiasi nuova variante, nazionale ed internazionale, che farà viaggiare nel futuro le lasagne!
genovese
veggy invernale
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Today is grey skies,tomorrow is tears,you’ll have to wait till yesterday is here.
Facciamo che io ero un poliziotto e tu eri un ladro?
E domani?
Domani facciamo un altro gioco.
Sono entrato in un negozio di dischi che adesso non c’è più. In
vetrina campeggiava, tra le altre, una copertina scura sulla quale
campeggiava, a disciplinate tinte oro, il volto di Tom Waits che
faceva capolino alle spalle di una fisarmonica.
Era il suo nuovo lavoro, Franks wild years. Canzoni predisposte
qualche tempo prima per una commedia che portava lo stesso
titolo. Un album (è così che si chiamavano i dischi) clamoroso.
Oggi sono cieli grigi,
domani lacrime,
dovrai aspettare finchè ieri arriverà.
Millenovecentottantasette e in realtà non rammento che tempo
facesse quel giorno ma mi ricordo di come, raggomitolato nella mia
stanza, guardando girare quelle note sul giradischi, la mia anima
iniziasse irreparabilmente a piangere.
Piangeva per quel suono, sghembo e scabro, per quelle parole
profetiche, scritte in parte anche da Kathleen Brennan (sua moglie),
per quelle obliquità, per quella forza purificatrice. Piangeva di
gratitudine.
A dire il vero l’anima non era più mia da quando questo sgangherato
divinatore, un paio d’anni prima, me l’aveva rubata stemperando un
capolavoro assoluto quale è “Rain dogs”.
Un invadente e imprudente inquilino del piano di sopra dedito
a stravizi fino a tarda notte, che, incomprensibilmente in grado
di intercettare le mie più approssimative necessità, si affacciava
sul pianerottolo a sguainare imprevedibili e fulgide gemme per
accaparrarsi il futuro, il mio futuro, porcatroia.
TUTTOQUI&dintorni associazione di volontariato onlusringrazia tutti i sostenitori che vogliono credere
nella creatività e nell’impegno giovanile che con coraggio, libertà e immaginazione
utilizzano anche questo stumento di divulgazione per esprime le loro passioni.
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a.a.a. sostenitori cercasi...
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Gli anni selvaggi di Frank.Un ladro, un ladro professionista, allenato ed attrezzato anche per
le pareti più impraticabili.
Anni selvaggi, quelli di Frank. E quelli di cinque sventurati carabinieri
appena ventenni, condannati per direttissima da un tribunale
militare per essersi fatti scappare un altro ladro, questo ben più
nocivo e celebre. Evaporando da un oblò, era sparito dal traghetto
che lo stava portando in Sardegna ad espiare i peccati di una vita
nell’inferno dell’Asinara, un carcere medievale e purificatorio.
Nell’ambiente era conosciuto come il bel Renè e all’anagrafe risultava
essere Renato Vallanzasca Costantini da Lambrate di Milano. Venne
riacciuffato a Grado, qualche giorno dopo la romanzesca evasione
marittima, esausto, sporco e senza una lira. Prima di questa, di
evasioni, nella sua robusta carriera delinquenziale nata all’età di soli
otto anni, quando con un amichetto fidato provò a far scappare una
tigre del circo accampato sotto casa, ne riunì almeno un altro paio,
risoltesi con altrettanti spericolati successi.
Renè era così, sotto due baffi da guascone, non riusciva a star
fermo. Con la banda della Comasina, divenuta in brevissimo tempo
una delle più efferate compagini malavitose, scorrazzò in lungo
e in largo per l’hinterland milanese rapinando, mitra alla mano,
banche e supermercati, lasciandosi alle spalle il fragore del sangue
giovane di poliziotti, medici e impiegati ligi ad un dovere mai così
mal riposto.
Quando le acque iniziarono ad ingrossarsi il bel Renè, eseguendo
un carpiato con doppio avvitamento, degno del più consumato
avventore delle ingannevoli sinuosità del marketing, si gettò sui
sequestri di persona (quattro per l’esattezza). Ingenti fortune per un
congruo tenore di vita: vestiti firmati, gioielli, auto fiammeggianti,
bella vita e belle donne. Un eroe equivoco il tenebroso Renè dagli
occhi di ghiaccio.
Oggi sono cieli grigi, domani lacrime, dovrai aspettare finchè ieri
arriverà.
E ieri è arrivato, puntuale e severo.
Dall’inizio del nuovo secolo, Renato, ormai più che sessantenne
e narcotizzato da quattro ergastoli e 295 anni di galera, gode,
a fasi alterne, di semilibertà, permessi e precarie occupazioni
al di fuori delle mura carcerarie ma, sfrontatamente in barba a
queste caritatevoli concessioni, all’inizio di quest’ultima bugiarda
primavera duemilaequattordici, viene ribeccato in flagrante, in un
supermercato della sbiadita periferia milanese, nel tentativo di
fregarsi un paio di mutande e un innaffiatoio.
Forse un attimo di debolezza, un incerto déjà vù, forse un brivido di
vecchia data.
Forse ieri non se n’è mai andato, ritorna tutti i santi giorni, ostinato
e fedele.
Forse sotto il cielo grigio di oggi il lupo cambia l’abito e la postura
ma non riesce a smarrire il vizio.
Forse.
E domani?
Domani facciamo un altro gioco.
Grego Ricorso
"Passa il tempo sopra il tempoma non devi aver paurasembra correre come il ventoper il tempo non ha premura."
fabrizio de andré
ILLU
STR
AZI
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LISA
SIV
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ARRIVEDERCI...
AL 21 DICEMBRE '14
CON LO ZERO11!
EVVIVA! & GRAZIE.