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A10 · dei suoi primi lettori (Gassendi, Hobbes, Arnauld, Mersenne), esalteranno la sua metafisica...

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Francesca Pagani

Le macchine nella letteratura dei lumi

Introduzione diFranca Franchi

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I edizione: aprile

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7 Introduzionedi Franca Franchi

23 Capitolo IL’immaginario settecentesco della macchina1.1 Gli intrecci di una nuova sensibilità1.2 L’incanto delle anatomies mouvantes1.3 La creatività settecentesca: sedie volanti, strumenti magnetici,

mongolfiere e ghigliottine

65 Capitolo IIMacchine romanzesche. I dispositivi del piacere2.1 L’artificio teatrale nelle corde del romanzo2.2 Architetture del desiderio. Boudoirs, petites maisons, châteaux2.3 La perversione del piacere. Le macchine crudeli

97 Capitolo IIIMacchine utopiche nella letteratura dei lumi3.1 I congegni volanti. Il superamento di ogni limite3.2 Il clavicembalo del père Castel, l’utopia del suono e del colore3.3 Macchine d’invenzione, dal sogno alla satira

131 Bibliografia

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Indice

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La grande riforma del sapere: dall’Instauratio Magnadi Francis Bacon al Dictionnaire di Pierre Bayle

Il termine «enciclopedia» entra in diverse lingue a partire dalCinquecento. Guillaume Budé lo introduce in occasione di un ri-maneggiamento della prima versione manoscritta del suo Institu-tion du Prince (1522), Thomas Elyot se ne avvale nel suo Boke na-med the Govemour (1531), François Rabelais lo utilizza nel ventesi-mo capitolo del Pantagruel (1532), Sterck van Ringelberg lo evi-denzia a partire dal titolo delle sue Lucubrationes, vel potius absolu-tissima κυκλοπαιδεία (1541), e Joachim Du Bellay lo pone inesordio alla Défense et illustration de la langue française (1549) ri-portando a sua volta l’attenzione sul valore etimologico della paro-la: «ce rond de sciences que les Grecs ont nommé Encyclopédie».Nell’espressione «circolo delle scienze», Du Bellay traduce il desi-derio rinascimentale di stabilire un diverso rapporto con il sapere,la necessità di individuare nuovi modi di classificazione in grado dirivoluzionare l’organizzazione teocentrica medioevale. Questa aspi-razione, che troverà la sua realizzazione solo due secoli più tardinella grande impresa editoriale dell’Encyclopédie di Diderot eD’Alembert, è quella che si va precisando lungo il Seicento: dallagrande riforma del sapere di Bacone, all’analisi di Cartesio, dallariflessione di Locke, ai Principia mathematica di Newton, si accu-mulano le diverse speculazioni europee tutte tese ad elaborare una

Introduzione

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sistematizzazione sintetica del sapere. La historia litteraria definitada Bacone, la Bibliotheca Memmiana concepita da Naudé, il corpusvagheggiato da Morhof, i diversi programmi enciclopedici di Leib-niz e, soprattutto, la pubblicazione del Dictionnaire historique etcritique di Bayle rappresentano dei momenti fondamentali nellastoria del pensiero enciclopedico segnando via via il passaggio dal- l’età classica al secolo dei Lumi.

È innanzitutto Bacone che, consacrando l’umanesimo, opponeal sistema teologico medioevale un sistema antropocentrico stantela proposta di una classificazione delle scienze dedotta dalle facoltàumane. Contenuto nella seconda parte del De dignitate et augmen-tis scientiarum (1623), traduzione latina e al tempo stesso accre-sciuta del trattato On the Proficience and Advancement of Learning(1605), l’albero delle scienze di Bacone, cui si ispireranno Diderote D’Alembert per il loro Système figuré des connaissances humaines,si configura secondo una triplice ripartizione: «Le parti del sapereumano corrispondono rispettivamente alle tre parti dell’intellettodell’uomo, che è la sede del sapere: la Storia corrisponde alla me-moria, la Poesia all’immaginazione, e la Filosofia alla ragione». Nelsuo grande progetto di riforma del sapere, Bacone finisce peraltroper attribuire all’immagine dell’albero un posto di secondo piano.Come sintetizza il titolo stesso del trattato On the Proficience andAdvancement of Learning, per il filosofo il sapere può tendere aduna totalizzazione effettivamente enciclopedica solo nella misurain cui si è in grado di concepirlo in divenire, nel suo progresso enel suo sviluppo. Ecco perché rispetto all’albero medioevale, fruttodi una visione gerarchica e, al tempo stesso finita, statica del sape-re, Bacone privilegia l’immagine dell’oceano, come testimonial’esordio del secondo libro del trattato del 1605 e, nuovamente, ilfrontespizio dell’Instauratio Magna del 1620 dove al vascello cheoltrepassa le colonne d’Ercole si accompagna la scritta Multi per-transibunt, et augebitur scientia («Molti passeranno, e la scienza nesarà accresciuta»). In un’epoca in cui l’oceano diviene lo spazio pri-vilegiato dello scambio e la fonte della prosperità pubblica, Baconeimpone un’immagine che si fa portavoce dell’idea dell’enciclopediacome realizzazione collettiva della Repubblica delle lettere e che, al

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tempo stesso, si presenta come il movimento di una relatività sem-pre al lavoro, senza tregua votata al superamento. Questa concezio-ne del sapere, che implica la comunicazione e la collaborazione ditutte le forze umane e che rimanda all’idea di un’opera collettivadove il passato e il presente vanno a congiungersi e al tempo stessoannunciano idealmente l’avvenire, viene iconograficamente illu-strata, e quindi promossa, anche dai ritratti di gruppo. Il testo Desestertiis (1691) di Johannes Fredericus Gronovius si apre, ad esem-pio, su un’incisione che rappresenta venticinque numismatici delCinquecento e del Seicento riuniti attorno allo stesso tavolo perdiscutere del loro lavoro. Sempre verso la fine del Seicento, a se-gnalare la rottura con l’epoca rinascimentale dove l’umanista vienesolitamente ripreso nel suo isolamento in uno spazio chiuso e pres-soché spoglio, come ad esempio nel caso del celebre San Gerolamo(1514) dipinto da Albrecht Dürer, si impongono le rappresenta-zioni che celebrano l’apertura del mondo del sapere. E al riguardouna testimonianza particolare viene fornita da una famosa incisio-ne che nel voler rappresentare la Biblioteca imperiale di Vienna in-tende soprattutto, al tempo stesso, suggerire l’idea di uno spazio il-limitato illustrando il prospetto di una sola parete dove si erge unalibreria colma di libri e senza confini ai suoi estremi.

Ad una visione aperta resta ancorato il disegno enciclopedico diLeibniz che, per cinquant’anni, dal 1660 alla morte, si interrogasulle possibilità di sistematizzazione del sapere. Nell’ultimo capito-lo dei Nouveaux Essais sur l’Entendement Humain, scritti in france-se tra il 1703 e il 1704 e pubblicati postumi nel 1765, là dove il fi-losofo propone una critica della divisione sistematica delle scienze,per designare più chiaramente la sua visione del sapere, ricorre,mostrando di restare fedele al progetto enciclopedico di Bacone,alla metafora dell’oceano. Già in precedenza, tra il 1676 e il 1679,all’epoca della redazione di uno dei suoi numerosi progetti, Leib-niz si era posto nel solco della tradizione inaugurata da Bacone in-titolando appositamente la sua riflessione Plus ultra sive initia etspecimina scientie generalis de instauratione et augmentate scientia-rum. Gli scritti contenuti in Plus ultra segnano un duplice progres-so nell’idea leibniziana di enciclopedia tanto relativamente al me-

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todo – è qui che il filosofo opera una separazione netta tra l’enci-clopedia vera e propria e la scienza generale – quanto dal punto divista dell’intenzione filantropica da cui tutti i suoi grandi progettienciclopedici prenderanno le mosse.

Questa idea del sapere in divenire che si elabora nella comuni-cazione e nella collaborazione viene promossa, grazie alla riflessio-ne di Cartesio, in nome della ragione e dell’esperienza. Gli enciclo-pedisti settecenteschi, pur muovendo al filosofo le stesse obiezionidei suoi primi lettori (Gassendi, Hobbes, Arnauld, Mersenne),esalteranno la sua metafisica proprio per il ruolo di rinnovamentosvolto nella cultura del Seicento. Nel Discours préliminaire conte-nuto nel primo volume dell’Encyclopédie, D’Alembert, malgrado lecritiche di Locke, di Voltaire e di Condillac alle idee innate, e ledure osservazioni di tutti gli enciclopedisti condivise peraltro an-che da lui, giungerà ad affermare che proprio grazie alla sua rivolta,Cartesio ha reso alla filosofia un servizio forse più notevole di tuttiquelli resi dai suoi più illustri successori. È infatti Cartesio, che in-tende essere compreso solo da «ceux qui ne se servent que de leurraison pure» (Discours de la méthode, 1637), a definire i canoni del-la ricerca razionale opponendo all’autorità della tradizione l’espe-rienza, l’osservazione e le prove. Convinto che le scienze possanoprogredire solo «par le moyen d’une réduction des choses aux cau-ses», Cartesio partecipa, al tempo stesso, alla grande riflessionecontemporanea sulla svalutazione della memoria («il n’est nul be-soin de la mémoire pour toutes les sciences»), che perde la funzio-ne primaria attribuitale nel passato. Alternativa al sapere vero eproprio, essa può persino costituire un ostacolo al suo insegna-mento e alla sua scoperta. D’altra parte, di fronte alla massa cre-scente delle conoscenze e all’instabilità e alla debolezza della me-moria, il problema della conservazione e della trasmissione del sa-pere resta centrale e richiede del le nuove soluzioni, vale a direl’elaborazione di strumenti diversi tramite i quali sia possibile con-servare senza memorizzare. Da Bacone in poi l’aspirazione ad unostrumento universale di consultazione traduce proprio il timoredella dispersione, in un momento in cui il progresso delle cono-scenze va di pari passo con la costituzione di un sapere sempre più

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frammentario e specialistico. Gli inventari, i cataloghi, così comegli epistolari, informativi della produzione corrente, esistono sindall’antichità e, in particolare nel Cinquecento, l’epoca della stam-pa, si moltiplicano le bibliografie che mirano a recensire il maggiornumero di opere, come quella di Conrad Gesner (Bibliotheca Uni-versalis, 1545) dove compaiono circa cinquemila autori ordinatisecondo il loro nome di battesimo. Questi strumenti non sono co-munque in grado di rispondere all’ideale enciclopedico che nelfrattempo si è andato affermando nella Repubblica delle lettere eche, lungo il Seicento, trova le sue prime realizzazioni in particola-re grazie a Gabriel Naudé, Daniel Georg Heinrich Morhof e PierreBayle.

Nel suo Advis pour dresser une bibliothèque (1627), GabrielNaudé pubblica il primo trattato francese consacrato alla costitu-zione, l’organizzazione e la manutenzione di una biblioteca la cuiprima specificità consiste nel non rivolgersi ad un solo proprietarioma, al contrario, di essere «dressée pour l’usage de tous». L’altraimportante novità della biblioteca concepita da Naudé riguarda ilcontenuto, stante il suo carattere innanzitutto universale: devecontenere tutti gli autori principali che hanno scritto sui soggettipiù diversi e in particolare sulle arti e le scienze. Naudé non inten-de comunque accumulare ma riunire secondo un ordine «naturale»che, coniugando la divisione delle discipline alla cronologia, per-metta un accesso semplice, sicuro e rapido. Gli stessi obiettivi sonoalla base della stesura dei cataloghi, l’uno destinato alla consulta-zione degli autori disposti per ordine alfabetico, l’altro, dove i me-desimi autori, vengono ridistribuiti secondo la materia. Così con-cepita questa biblioteca costituisce per l’autore la base per un’operafutura, la Bibliotheca Memmiana, presentata come la storia genera-le e particolare delle lettere e dei libri, il giudizio e la censura degliautori, il nome dei migliori e dei più necessari per ogni facoltà,l’elenco degli imitatori, il progresso delle scienze, la diversità dellesette, la rivoluzione delle arti e delle discipline, la decadenza degliantichi e i diversi princìpi innovatori. Indubbio il dialogo cheNaudé intrattiene idealmente con Bacone che solo pochi anni pri-ma aveva lamentato la mancanza di un lavoro d’ordine retrospetti-

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vo, di una historia litteraria che per illustrare le vicissitudini dellevarie discipline fornisse informazioni sugli autori e le opere ancherelativamente al quadro e alle forme della vita intellettuale e, altempo stesso, tenesse conto tanto dei fattori che avevano parteci-pato al progresso del sapere quanto degli ostacoli che lo avevanoarrestato.

Così come Naudé, anche Morhof con il suo Polyhistor (1698)intende inserirsi nel solco della tradizione inaugurata dal filosofoinglese, come testimonia, posto nelle prime pagine dell’opera, ilpassaggio del De augmentis scientiarum là dove Bacone auspica laredazione di una storia del sapere. A suo modo il Polyhistor rispon-de all’invito presentandosi come «lo strumento delle arti, il riposti-glio delle scienze, la fabbrica di ogni letteratura». L’ambizione al-l’universale fa sì che l’autore deleghi all’opera il compito di descri-vere e di rappresentare il sapere così come si è costituito lungo i se-coli. Questo viaggio nel mondo del sapere, il termine «viaggio» ri-torna frequentemente nell’opera, segue un itinerario preciso. AlPolyhistor Literarius, che tratta dei modi di accesso al sapere, deimetodi di apprendimento e degli strumenti necessari per poter ac-cedere ai saperi specializzati, segue il Polyhistor Philosophicus, con-sacrato alla filosofia, alla fisica, alle scienze naturali e alla matema-tica, e, infine, il Polyhistor Practicus dedicato all’etica, alla politica,all’economia, alla storia, alla teologia, al diritto e alla medicina.Come l’opera, anche i diversi capitoli che la compongono, vengo-no concepiti secondo una logica precisa: dopo un’introduzionestorica e critica, segue, relativamente al soggetto trattato, l’elencodelle pubblicazioni maggiori ordinate cronologicamente e accom-pagnate da brevi commentari critici. Di fatto Morhof vagheggiavala redazione di un’opera ben più vasta, un corpus che, grazie all’aiu-to materiale dei potenti e allo sforzo collettivo degli studiosi, fossein grado di registrare, per ogni disciplina, le scoperte degli antichie dei moderni in vista dei progressi ulteriori del sapere.

Dei grandi progetti enciclopedici, dalla historia litteraria di Ba-cone alla Bibliotheca Memmiana di Naudé, dal corpus di Morhof aidiversi programmi di Leibniz, solo quello di Pierre Bayle si traducein una vera e propria pubblicazione (Dictionnaire historique et criti-

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que, 1697). La grande novità del dizionario di Bayle è da rintrac-ciare nel contenuto, non «delle parole» ma «delle cose», secondol’insegnamento di Furetière, nella sua organizzazione interna –l’ordine alfabetico che nega ogni gerarchia e che al tempo stessopermette una consultazione semplice e rapida – e nella sua natura,vuol essere un’opera provvisoria che si affranca da ogni autorità. Iltaglio storico e critico che l’autore attribuisce al suo dizionario fa sìche le diverse voci biografiche, consacrate a grandi personaggi chehanno segnato la storia del sapere e dell’umanità, si componganodi due parti. Alla sezione dedicata ad una succinta informazionestorica segue quella dove sono riunite le prove, le ampie citazioni,per la maggior parte in lingua originale, le discussioni, le riflessionifilosofiche, e le correzioni degli errori contenute negli altri diziona-ri (in particolare in quello di Louis Moréri, Grand dictionnaire hi-storique, 1674), «così che ogni specie di lettore – afferma Bayle – vitrovi in un modo o nell’altro ciò che possa soddisfarlo». Benchénon possa essere considerato come una vera e propria enciclopedia,data ad esempio l’esclusione di molte figure storiche, proprio invirtù del suo ordine alfabetico e dei vari commenti critici che mi-rano a lasciare aperta la riflessione e che dunque rifiutano ogniprincipio d’autorità, l’opera di Bayle rappresenta un momentofondamentale nella storia del pensiero enciclopedico inaugurandol’era dei grandi dizionari che verranno organizzati secondo il bino-mio ragione-alfabeto.

La ragione e l’alfabeto: la Cyclopædia di Chambers el’Encyclopédie di Diderot e di D’Alembert

La Raison par alphabet è il sottotitolo adottato da Voltaire per ilsuo Dictionnaire philosophique (1764) che, composto da un nume-ro limitato di voci disposte secondo l’ordine alfabetico, si proponedi essere uno strumento di divulgazione utile e immediatamentefruibile. Lo scopo che si prefigge Voltaire nel suo dizionario, dif-fondere la battaglia contro ogni forma di oscurantismo sottopo-nendo costantemente la riflessione al vaglio della ragione, è anche,in senso lato, quello di Chambers e di Diderot e D’Alembert che

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per i loro dizionari enciclopedici avevano già individuato nel bino-mio ragione-alfabeto la chiave di accesso al sapere.

Nella prefazione alla sua Cyclopædia (1728), Chambers defini-sce la novità dell’opera rispetto a ciò che la separa dal dizionarioerudito e dai sistemi metafisici stante l’adozione di una strutturanella quale convivono l’ordine enciclopedico e l’ordine alfabetico.Di qui il grande successo dell’opera, la cui traduzione è all’originedel progetto di Diderot e D’Alembert e che comunque resterà lafonte per molte voci e per parecchie tavole dell’Encyclopédie.

Pubblicata tra il 1751 e il 1772, l’Encyclopédie di Diderot eD’Alembert viene concepita come un’opera che intende esploraresistematicamente tutti i campi del sapere e dell’attività umana eche, per far questo, si inserisce appunto deliberatamente nel solcodella tradizione inaugurata da Chambers. Nel Discours prélimi nai -re, contenuto nel primo volume dell’opera, D’Alembert delinea ilquadro delle conoscenze umane e dei loro rapporti facendo delDictionnaire raisonné il luogo dell’esposizione dei princìpi generalidi ogni scienza e di ogni arte, sia liberale che meccanica, e, al tem-po stesso, lo spazio dove è possibile mostrare il loro mutuo soccor-so. È a tal fine che l’ordine alfabetico si accompagnerà a quello en-ciclopedico tramite le sigle, che richiamano ogni voce alla scienzacui appartiene, i rinvii, che rimandano alle voci di contenuto affi-ne e, soprattutto, tramite l’albero genealogico delle conoscenze do-ve prendono posto tutte le arti e le scienze «[…] abbiamo cercatodi conciliare nel nostro Dizionario l’ordine enciclopedico con l’or-dine alfabetico. A tal fine abbiamo utilizzato tre strumenti, il siste-ma figurato che è posto all’inizio dell’opera, la scienza alla qualeogni articolo si riferisce, e la matena di cui si tratta». Per quanto ri-guarda i rinvii «essi servono principalmente per indicare i legamitra le materie; differentemente dalle altre opere di questo tipo, essisono destinati a spiegare un articolo tramite un altro».

Concepito per arrivare a conciliare due ordini tra loro contrad-dittori – quello razionale enciclopedico, in grado di far risaltare «laconcatenazione delle conoscenze umane», e quello alfabetico, diper se stesso arbitrario, ma che permette un facile accesso –, il Di-scours préliminaire di D’Alembert finisce per tradursi in un vero e

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proprio manifesto in difesa dei dizionari: «Non si può non ricono-scere che nella nostra epoca il rin novamento delle lettere deve inparte ai Dizionari i chiarimenti generali che si sono diffusi nellasocietà, e quell’impulso scientifico che dispone insensibilmente lementi a delle conoscenze più profonde». L’elogio prosegue alla vo-ce «Dictionnaire» dove, sempre D’Alembert, dopo essersi soffer-mato sui meriti dei dizionari storici e dei dizionari di lingua, infor-ma sulla novità dei dizionari enciclopedici che, segno dei tempi,vengono paragonati ad una macchina: «Se si volesse dare a qualcu-no l’idea di una macchina un po’ complessa, si comincerebbe conlo smontarla, col farne vedere separatamente e distintamente tutti ipezzi, poi si spiegherebbe il rapporto di ciascuno di tali pezzi conquelli vicini; in tal modo si farebbe intendere con chiarezza il fun-zionamento dell’intera macchina, senza nemmeno essere costretti arimontarla».

Considerato come l’emblema dei tempi moderni, il dizionarionon solo risponde al desiderio di divulgazione del sapere che ani-ma tutti i philosophes settecenteschi, ma incarna nella sua stessaforma il rifiuto nei confronti dei sistemi. Come già Chambers nel-la sua prefazione aveva affermato che il sistema è opera d’immagi-nazione e quindi artificiale, anche D’Alembert nel Discours sottoli-nea che il gusto per i sistemi è più atto a lusingare l’immaginazioneche a illuminare la ragione. In entrambi la presa di distanza neiconfronti dell’esprit de système, che trova fondamento nell’idea diprogresso, si traduce in un atteggiamento verso il sapere che indi-vidua nell’enciclopedia la forma asistematica per eccellenza. A dif-ferenza dei sistemi metafisici o teologici, il Système figuré des con-naissances humaines dell’Encyclopédie non intende avere un caratte-re definitivo, né imporsi come unico e cogente, ma, al contrario, alpari di una mappa geografica, garantire a tutti la possibilità di na-vigare in un mondo del sapere ordinato alfabeticamente. Per que-sto schema regolativo Diderot e D’Alembert si rifanno direttamen-te all’albero delle scienze di Bacone al quale però apportano dellemodifiche significative. In conformità con lo spirito del loro seco-lo, invertono la posizione di immaginazione e ragione e interven-gono poi al livello delle singole scienze così che il piano finisce per

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diversificarsi presentando il diffondersi in certi rami, in particolarematematica e fisica, e la caduta o la riduzione in altri. Il ritorno al-lo schema baconiano, e dunque l’adozione dell’ordine delle cono-scenze dedotto dalle facoltà umane, si giustifica essenzialmente peril suo valore antropocentrico. La grande ambizione dell’Encyclopé-die, riunire, classificare e dare accesso, è da studiare proprio in rela-zione alla nuova formulazione dei rapporti dell’uomo con Dio,con la natura e con gli altri uomini.

L’uomo come «centro comune»

Nell’articolo «Encyclopédie» a segnalare la centralità dell’uomonel Dictionnaire raisonné Diderot sottolinea: «Una considerazionesoprattutto non bisogna perdere di vista. Se si bandisce dalla facciadella terra l’uomo o l’essere pensante e contemplante, lo spettacolopatetico e sublime della natura diventa una scena triste e muta.L’universo tace, il silenzio e la notte lo invadono. Tutto si trasfor-ma in un’immensa solitudine dove i fenomeni non osservati danessuno, si succedono oscuri e muti. È la presenza dell’uomo cherende interessante l’esistenza degli esseri; e chi voglia fare la storiadi questi esseri, cosa può proporsi di meglio che di tenere semprepresente tale considerazione? Perché non introdurre l’uomo nellanostra opera, dandogli lo stesso posto che occupa nell’universo?Perché non farne un centro comune?». E alla voce «Homme», sem-pre Diderot così definisce l’uomo a cui fa riferimento: «È un essereche sente, che riflette, che pensa, che si muove liberamente sullafaccia della terra, che sembra il signore di tutti gli animali, sui qua-li domina, che vive in società, che ha inventato scienze e arti, cheha una bontà e una cattiveria sue proprie, che si è dato dei padro-ni, che si è fatto delle leggi».

Nel farsi portavoce di un pensiero che trova la sua matricenell’Essay concerning Human Understanding di Locke, Diderot sot-tolinea il tributo che l’Encyclopédie deve all’empirismo inglese. GiàD’Alembert, nelle prime pagine del suo Discours, dopo aver rico-nosciuto in Cartesio e in Newton i fondatori della nuova metodo-logia scientifica, aveva portato l’attenzione sull’importanza fonda-

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mentale dell’insegnamento di Locke, là dove la necessità di chiarirelo scopo dell’enciclopedia lo aveva condotto a riflettere sulla catenadelle scienze, e a risalire all’origine e alla genesi stessa delle idee cheaveva indicato nella sensazione. Introdotta ufficialmente in Franciagrazie a Condillac (Essai sur l’origine, 1746), la riflessione di Lockeviene variamente sviluppata dai philosophes settecenteschi, trovan-do le sue manifestazioni più estreme nell’Homme machine (1747)di La Mettrie e nel Système de la nature (1770) di D’Holbach. Seb-bene non tutti gli enciclopedisti partecipino della concezioneesclusivamente materialistica di La Mettrie o dell’irriducibile atei-smo di D’Holbach, né del determinismo meno rigido di Diderot,si prefiggono, nella redazione dei loro articoli, un unico scopo:«[…] lo scopo di un’enciclopedia – afferma Diderot alla voce «En-cyclopédie» – è di riunire le conoscenze sparse sulla superficie dellaterra; esporne il sistema generale agli uomini con cui viviamo e tra-smetterlo a quelli che vivranno dopo di noi; affinché i lavori deisecoli passati non siano stati inutili per i secoli a venire; affinché inostri nipoti, diventando più istruiti, divengano nello stesso tempopiù virtuosi e più felici; affinché noi non muoriamo senza che ilgenere umano ci abbia riconosciuto questo merito».

Conservando dei progetti enciclopedici di Leibniz l’intenzionefilantropica, ossia la volontà, più volte dichiarata da parte del filo-sofo, di lavorare per l’elevazione e il benessere dell’umanità, gli en-ciclopedisti intendono registrare il progresso e, così facendo, con-tribuire a promuoverlo per la felicità delle generazioni future. So-stenuta da Montesquieu e in seguito continuamente ripresa lungotutto il Settecento, l’idea di felicità viene intimamente connessa alconcetto di progresso e non fa quindi esclusivamente appello allanatura animale dell’uomo, ma richiama piuttosto alla sua naturasociale e razionale, alla sua capacità di evolvere grazie allo sviluppodella scienza e della tecnica. Centrale nei volumi dedicati all’espo-sizione delle voci, l’uomo resta il protagonista per eccellenza anchenella raccolta delle tavole che, nel voler offrire al lettore i mezzi ne-cessari per interpretare il mondo, fanno dell’uomo la misura co-stante, mostrandolo sempre al centro del processo di produzione.Nella maggior parte dei casi – uno degli esempi più celebri resta la

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planche «Métier à faire des Bas» che accompagna la voce corrispon-dente redatta da Diderot –, la tavola rappresenta la macchinasmontata nelle sue varie parti e poi ricomposta non più in funzio-ne della sua apparenza ma del suo funzionamento o della sua pro-duzione.

Nel suo testo L’Encyclopédie Diderot et D’Alembert: planches etcommentaires (1985), riferendosi in particolare all’immagine dellasocietà francese fornita dalla raccolta delle tavole, Jacques Proustrileva una serie di significative assenze, tra le quali sottolinea quelladella Chiesa, delle istituzioni monarchiche e, in senso lato, dell’ari-stocrazia, e del mondo contadino. Sempre secondo Proust: «[...]l’immagine della società degli enciclopesti si riduce a un dittico: dauna parte il “lusso utile”, dall’altra il lavoro produttivo, ciascunotrova la sua ragion d’essere nell’altro. In questo, la raccolta delle ta-vole risponde appieno al progetto economico che domina tuttaquanta l’Europa».1 Letta in questa prospettiva l’Encyclopédie, nelcelebrare l’uomo, sembra consapevolmente riflettere e, di conse-guenza, promuovere le necessità e gli interessi di una classe in par-ticolare, quella borghese, ciò che, in un primo momento, ha con-tribuito a far sì che l’opera venisse interpretata come una vera epropria macchina da guerra.

L’Encyclopédie e le nuove pratiche di diffusione del sapere

Alla luce delle numerose ricerche contemporanee non è piùpossibile considerare l’Encyclopédie come una macchina da guerracoerente e consapevole, anche se risulta evidente il suo ruolo fon-damentale nello sviluppo della nuova società mercantile e impren-ditoriale. Per l’ampiezza dei mezzi finanziari e delle tecniche messiin gioco, il grande favore del pubblico, quasi quattromila sotto-scrittori, e il numero di collaboratori, più di centocinquanta, l’En-cyclopédie, che nella sua prima edizione (1751-1772) riunisce ven-totto volumi, diciassette di testo che raccolgono settantunmilaot-

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1 J. PROUST, L’Encyclopédie Diderot et D’Alembert: planches et commentaires, Paris, Ha-chette, 1985, p. 722.

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tocento voci, e undici di tavole dove compaiono duemilaottocen-tottantacinque illustrazioni, assicura al mercato librario franceseun ruolo centrale, se non addirittura primario, nell’interscambioeditoriale europeo, stimolando il movimento delle idee e dei capi-tali negli ultimi dieci anni dell’«Ancien Régime».

Stando ai Mémoires sur la librairie (1749) di Malesherbes, diret-tore del mercato librario parigino, appare con chiarezza che l’indu-stria editoriale è in grado di sottrarsi, con ampi margini di succes-so, alla persecuzione poliziesca. Al riguardo la storia della redazio-ne e della pubblicazione dell’Encyclopédie costituisce l’esempio pereccellenza, dato che è proprio l’intervento costante dello stessoMalesherbes a rendere possibile la pubblicazione di un’opera cheriunisce contro di sè gli ordini religiosi e l’autorità reale. Al Dic-tionnaire raisonné si oppongono i gesuiti, che nel frattempo stannopubblicando il Dictionnaire de Trévoux (1704-1771), i giansenistie, soprattutto, la Corte e il Parlamento di Parigi come testimonia-no i duri provvedimenti adottati sia nel 1752 che nel 1759 quandola pubblicazione dell’opera viene definitivamente sospesa. Nel mo-mento stesso in cui una parte della classe governativa denuncia uf-ficialmente il pericolo degli articoli dell’Encyclopédie, un’altra par-te, che ne considera il portato economico, ne difende la pubblica-zione, così che il profitto e diffusione di una filosofia nella quale lanuova élite riconoscerà il proprio disegno politico vanno a ricon-giungersi. Proprio la revocazione del privilegio, impedendo allacensura di arrivare al suo scopo, sancisce infatti il successo del-l’opera che, a partire dal 1760, viene edita clandestinamente e, pri-ma del 1789, grazie alle cinque ristampe realizzate in Italia e inSvizzera, si diffonde in tutta Europa continuando a servire il pub-blico francese cui sono destinati la metà del venticinquemila esem-plari editi all’estero. Ricostruite con particolare attenzione da Ro-bert Darnton (The Business of Enlightenment, 1789), le lotte com-merciali dell’Encyclopédie prevedono ovunque che l’astuzia e lamancanza di scrupoli si accompagnino con le esigenze dell’ideolo-gia dominante.

Charles-Joseph Panckoucke, colui che viene oggi consideratocome uno degli inventori dell’impresa editoriale moderna, dopo

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aver arricchito tra il 1776 e il 1780 l’Encyclopédie di Diderot e diD’Alembert di cinque volumi di supplemento e di due tavole ana-litiche, si fa il promotore di un’immensa opera di divulgazione(Encyclopédie méthodique, 1782-1832) e, per realizzarla, costituisceun gruppo di collaboratori assai eterogeneo nel quale compaionoautori come Voltaire e Buffon, apologeti che hanno combattuto lafilosofia dei Lumi come Bergier e poligrafi e pubblicitari reclutatinelle accademie, negli uffici dei ministeri e nei retrobottega dei li-brai. Anche in Italia e in Svizzera il carattere originale dell’Encyclo-pédie cede di fronte agli imperativi commerciali. Dalla ristampa diLucca (1758-77), a quella di Livorno (1770-79), alle tre pubblicatein Svizzera (Ginevra, 1777; Yverdon, 1778; Losanna-Berna, 1778),il Dictionnaire raisonné viene variamente rimaneggiato dagli editoriche, su consiglio dello stesso Panckoucke, al quale sono associati,optano per delle versioni moderate apportando delle modifiche piùo meno significative a seconda dei casi. È comunque vero che gra-zie alle diverse imprese editoriali, l’opera può diffondersi in tuttaEuropa raggiungendo progressivamente, tra il 1750 e il 1789, i let-tori delle classi sociali elevate e medie che, indipendentemente dal-la qualità della ristampa a disposizione, non possono certo ignora-re l’arditezza di un’opera che continua a suscitare nel continenteintero la diffidenza della Chiesa e dei sovrani, proprio perché ri-vendica il diritto naturale e rimette in discussione l’assolutismo.

A parte resta il caso dell’Inghilterra dove, come dimostra lo stu-dio di John Lough (The «Encyclopédie» in Eighteenth Century En-gland and Other Studies, 1971), sebbene l’Encyclopédie venga accol-ta, conservata nelle maggiori biblioteche e finisca per esercitare an-che un’influenza considerevole, il contesto intellettuale e politico ètale da non attribuire all’opera il carattere rivoluzionario che assu-me nel resto dell’Europa. In Inghilterra, del Dictionnaire raisonnéviene inoltre contestato il principio stesso, come testimonia, a par-tire dalla sua prima edizione, l’articolazione dell’Encyclopædia Bri-tannica (1768-71). Nella prefazione, dopo aver sottolineato «la fol-lia del tentativo di comunicare la scienza sotto i vari termini tecni-ci disposti in ordine alfabetico» si annuncia, in nome di una «serieconnessa di conclusioni dedotte da princìpi auto-evidenti o sco-

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perti in precedenza», l’introduzione nell’ordine alfabetico di veri epropri trattati (digests) e, così concepita, la Britannica mantienequesta struttura sino agli esordi del nostro secolo. È solo a partiredall’undicesima edizione (1910-11) che il sistema dei trattati disci-plinari viene abbandonato per la forma lessicografica che ha man-tenuto fino alla recente ristrutturazione.

Proprio questa oscillazione tra sistematica ed empirismo èesemplare di quella variazione che ha caratterizzato, nel tempo, ilsuccedersi delle edizioni enciclopediche.

Nell’Ottocento il carattere utopico di questa ambizione enciclo-pedica totalizzante sarà variamente e costantemente interpretatadalla letteratura come testimonia, in particolare, l’esempio francese.Dal negozio di curiosità illustrato da Balzac nella Peau de chagrin(1831), alla bottega di bric-à-brac evocata da Gautier all’esordio delPied de momie (1840) sino alla casa del collezionista Des Esseintes,la cui minuta descrizione è l’oggetto del romanzo À rebours (1884)di Huysmans, il lettore viene portato a confrontarsi con un univer-so che, ricordando le collezioni enciclopediche rinascimentali e ba-rocche e in particolare le Wunderkammern, rapprenta l’invasionedel reale nella sua diversità, discontinuità e frammentazione. Po-nendosi come termine ultimo di una riflessione letteraria che neldescrivere il mondo non ambisce più a rappresentarlo nella sua to-talità ma nella sua forma lacerata, è lo scrittore realista Flaubert cheprende una volta per tutte le distanze dal concetto stesso di enciclo-pedia come dimostra il suo dizionario dei luoghi comuni (Diction-naire des idées reçues) e il romanzo rimasto incompiuto (Bouvard etPécuchet, 1881), che porta il sottotitolo «enciclopedia della stupidi-tà umana».

A partire dall’analisi del rapporto tra scienza e letteratura (Pa-linsesti anatomici, 2010; L'immaginario delle «vapeurs» nel Settecen-to, 2013), Francesca Pagani nel presente volume fornisce un pano-rama vasto e suggestivo, quanto documentato, della presenza dellemacchine nella cultura francese del Settecento. In sintonia con lasensibilità dell’Encyclopédie, emblematica «macchina del sapere» estraordinaria messa in scena di congegni tecnici, la letteratura delsecolo propone, come dimostra Francesca Pagani, una curiosa va-

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rietà di dispositivi che, dalla poesia al racconto filosofico, dal ro-manzo galante a quello libertino, dalla satira sino alla vena più noi-re di Sade e Révéroni Saint-Cyr, articolano un ricco immaginariodella macchina, talora ingenuo, talora visionario, ma sempre nelsegno di una tecnica che supporta e potenzia l’espressione del vole-re umano.

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