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1 I Costrutti Dell Ansia

Date post: 24-Nov-2015
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1 I costrutti dell'ansia: obbligo di controllo, perfezionismo patologico, pensiero catastrofico, autovalutazione negativa e intolleranza dell'incertezza 2 Riuscire ad identificare con sufficiente affidabilità un corpo centrale di cognizioni disfunzionali comune a tutti i disturbi d'ansia è da tempo un attraente obiettivo per i ricercatori nel campo della psicopatologia cognitiva. Una possibile strada da seguire è l'identificazione e l'analisi dei contenuti cognitivi empiricamente più frequenti e ipoteticamente specifici della paura e dell'ansia e sottesi alle differenti manifestazioni cliniche ansiose (Beck, 1976; Beck, Emery e Greenberg, 1985; Hibbert, 1984; Rachman, Lopatka e Levitt, 1988). I costrutti più frequentemente citati sono lo sproporzionato timore del danno e la tendenza a previsioni catastrofiche ( catastrophising thought ), la tendenza al controllo ( drive to control ), l’intolleranza dell'incertezza ( intolerance of uncertainty), il timore dell'imprevisto ( fear of
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  • 1 I costrutti dell'ansia: obbligo di controllo,perfezionismo patologico,pensiero catastrofico, autovalutazione negativa eintolleranzadell'incertezza 2

    Riuscire ad identificare con sufficienteaffidabilit un corpo centrale di cognizionidisfunzionali comune a tutti i disturbi d'ansia datempo un attraente obiettivo per i ricercatori nelcampo della psicopatologia cognitiva. Unapossibile strada da seguire l'identificazione el'analisi dei contenuti cognitivi empiricamente pifrequenti e ipoteticamente specifici della paura edell'ansia e sottesi alle differenti manifestazionicliniche ansiose (Beck, 1976; Beck, Emery eGreenberg, 1985; Hibbert, 1984; Rachman,Lopatka e Levitt, 1988). I costrutti pifrequentemente citati sono lo sproporzionatotimore del danno e la tendenza a previsionicatastrofiche ( catastrophising thought), latendenza al controllo ( drive to control),lintolleranza dell'incertezza ( intolerance ofuncertainty), il timore dell'imprevisto ( fear of

  • unexpected), il timore dell'errore ( concern overmistakes) o perfezionismo patologico elautovalutazione negativa ( negative self-evaluation).

    Secondo la teoria cognitiva queste credenzesono sempre o spesso presenti, sia pure applicatea domini differenti, nei vari disturbi d'ansia coscome sono definiti dal DSM-IV e anche in altridisturbi con elevata componente ansiosa, come adesempio i disturbi alimentari o l'ipocondria Questolavoro passa in rassegna la letteratura cognitivariguardante i costrutti sopracitati. Sono stati usatimotori di ricerca telematici (MED-LINE ePSYCHINFO) e sono stati consultati alcuniautorevoli volumi sull'argomento. Le parole chiavescelte erano inizialmente anxiety e worry e, in unsecondo momento, negative self-evaluation,perfectionism, concern over mistakes, intoleranceof uncertainty e catastrophising thought.

    si propone l'obiettivo di fornire definizioniclinicamente affidabili dei costrutti cognitividell'ansia, definizioni che permettano, durantelaccertamento clinico, di osservare la presenza

  • dei costrutti nei soggetti ansiosi esercitando un noneccessivo grado di inferenza. Al limite il soggettostesso potrebbe essere in grado di riconoscere,dopo un periodo di esercitazione allintrospezionein psicoterapia cognitiva, la presenza di questicostrutti (Young, 1999). Le definizioni proposte,quindi, dovrebbero essere utilizzabili perdisegnare strumenti psicometrici di valutazioneclinica e cognitiva che permettano un accertamentoformalizzato. A questo scopo in questo lavoropresentiamo in appendice una intervista strutturatae un questionario autosomministrato originali.3

    Ansia come timore sproporzionato di danno etendenza a previsioni catastrofiche Il terrenopsicologico comune dei fenomeni clinici noti comeansia, rimuginio, panico e fobie lemozione dellapaura. Tutti queste manifestazioni cliniche possonoessere considerate, almeno in parte, comemanifestazioni disfunzionali di questa emozione. Ilcontenuto cognitivo dellemozione di pauraimplica una valutazione di pericolo e dannoimminente. Il giudizio cognitivo distorto delle

  • forme di paura disfunzionali e potenzialmentepsicopatologiche dovrebbe quindi implicare unavalutazione sproporzionata dei rischi e deipericoli ambientali (Power and Dalgleish, 1997).Varie prove di fatto sperimentali sono stateprodotte ad appoggio di questa assunzione. Latendenza a produrre previsioni negative e talvoltacatastrofiche effettivamente presente in maggiormisura nei soggetti ansiosi che in quelli normali, el'estensione di questa distorsione cognitiva correlata al grado di ansia provata (Butler eMatthews, 1983, 1987; McNally e Foa, 1987).Esperimenti di laboratorio hanno mostrato che isoggetti ansiosi sono portati ad interpretare glistimoli situazionali come indizi di conseguenzenegative sopravvenienti (Tomarken, Cook eMineka, 1989), a scegliere aggettivi descrittivinegativi quando gli viene richiesto di valutarescenari neutri o ambigui (Butler e Matthews,1983), stimoli verbali neutri (Mathews, Richards eEysenk, 1989) e espressioni facciali neutre(Winton, Clark e Edelman, 1995). I soggettiansiosi tendono a usare termini negativi o

  • catastrofici quando gli si richiede di completaregli spazi vuoti di frasi incomplete o gli si richiededi interpretare stimoli testuali ambigui (Richards eFrench, 1992; MacLeod e Cohen, 1993; Calvo,Eysenk e Estevaz, 1994; Calvo, Eysenk e Castillo,1997). Infine, Vasey e Borkovec (1992) hannodimostrato che i soggetti ansiosi e rimuginatoriposseggono una pi larga rete di previsioninegative legate ad un determinato evento che isoggetti non ansiosi.

    Tutto questo porta a pensare che i soggettiansiosi nutrano un elevato timore di rovina, dannoo addirittura di catastrofe. Dal punto di vistaclinico, il soggetto ansioso sarebbe incline apensare che le cose della vita in generale, o alcunecose che gli stanno particolarmente a cuore,tendenzialmente vadano male o addirittura verso lacatastrofe. Nella fase di accertamento clinico, icostrutti cognitivi 4

    dellansia si potranno manifestare con variemodalit. In alcuni casi, il soggetto tender aprodurre e riferire catene pi o meno lunghe diprevisioni negative. Alla domanda: ma cosa non le

  • va in questo che mi dice, cosa teme che potrebbeaccadere? Il soggetto ansioso tenderebbe agiustificare lo scarso gradimento o la valutazionenegativa di una determinata situazione riportandoulteriori eventi e/o conseguenze negative. Leventotemuto finale potr essere, in certi disturbi, unacatastrofe finale oggettivamente irreparabile (es.infarto nel panico, grave e dolorosa emarginazionenella fobia sociale); altre volte (e pifrequentemente) il timore finale piuttosto unaautovalutazione negativa di incapacit, indegnit,debolezza, e cos via. Un'altra possibilit quellain cui ci siano, invece, catene predittive negativesingolarmente povere e brevi. Quindi non lunghecatene di scenari catastrofici, ma un restringimentodell'attenzione su un singolo evento temuto evalutato catastroficamente.

    Ipotesi sulla fenomenologia della mancanza didettaglio dell' appraisal ansioso Naturalmente, lavalutazione ( appraisal) di pericolo e di dannoimminente non sufficiente a distinguerel'emozione della paura dalle sue formedisfunzionali, a cominciare dall'ansia.

  • Giustamente Power e Dalgleish (1997, pp.206) notano che la definizione del DSM-IVdell'ansia come uno stato di apprensione, tensioneo disagio legata al timore di un pericolo esterno ointerno in realt applicabile anche alla semplicepaura. Molto meglio sarebbe dire, proseguono idue autori, che nell'ansia l'individuo non in gradodi mettere in atto una determinata strategia dicomportamento che sia in grado di rimuovere e/odi alterare l'evento minaccioso.Questa definizione certamente migliore, malascia aperto il problema del come e del perch ilsoggetto ansioso soffra di un deficit dipianificazione di strategie comportamentali digestione delle minacce temute. La nostra proposta che il deficit di processazione cognitiva sia amonte della risposta comportamentale, e risiedanelle caratteristiche stesse dell' appraisal ansioso.Secondo gli studi di Mogg e collaboratorisull'attenzione alle parole ad elevato contenutoemozionale (Mogg, Mathews and Weinman, 1987;1989; Mogg and Mathews, 1990; Mogg, Mathewsand Eysenck, 5

  • 1992; Mogg, Bradley, Williams and Mathews,1993), la prima valutazione preattenzionale deglistimoli si limita a classificarli semplicementecome negativi o positivi, senza ulterioricaratterizzazioni specifiche. La valutazione olistica e mancante di dettaglio. Nel caso dellapaura, vi sarebbe quindi inizialmente un semplicericonoscimento di negativit. Dopodich, segueuna processazione cognitiva di livello superiore,pi differenziata e in grado di effettuarevalutazioni specifiche di pericolo.

    Secondo la nostra ipotesi, i soggetti ansiosimostrerebbero una prestazione insufficiente aquesto secondo stadio. Essi non sirappresenterebbero il quadro concreto deipossibili eventi futuri, dalla possibilit migliorealla peggiore, e delle reali conseguenze anchedella peggiore possibilit.. Nel soggetto ansioso laprocessazione cognitiva mostrerebbe una singolaremancanza di modulazione e di dettaglio (Williamset al., 1997, pp. 169). Questa mancanza dimodulazione e di dettaglio coinvolgerebbe sia ilpensiero di tipo rappresentativo visivo-iconico

  • (costituito da immagini mentali che riproducono ilmondo visibile) che il pensiero di tipoverbaleproposizionale (costituito dalle parolementali del discorso interno).

    Dal punto di vista rappresentativo-iconico,potremmo ipotizzare che la mancanza di dettagliodella processazione cognitiva di tipo ansioso sitraduca concretamente in rappresentazioni mentalistatiche e astratte al tempo stesso dell'agenteminaccioso e temuto, immaginato come pietrificatoin una terrifica e irresistibile postura di attacco. Ilsoggetto ansioso soffrirebbe di una grave carenzadi immaginazione e fantasia nella predizione discenari dinamici in cui l'agente minaccioso non silimiti a minacciare, ma interagisca con il soggettostesso, realizzando secondo scenari realistici ilsuo attacco con maggiore o minore efficacia. Laminaccia sarebbe invece vissuta sempre otendenzialmente come in grado di portare unattacco unico, irresistibile, definitivo, irreversibilee irreparabile. In una parola: catastrofico.

    Dal punto di vista verbale-proposizionale sipotrebbe ipotizzare che lagente minaccioso venga

  • genericamente etichettato nel discorso interno conpredicati rigidi e vaghi come terribile,

    "catastrofe", "male", "insopportabilit","impossibilit di essere all'altezza", le cosepotrebbero 6andare tutte e sempre male (o andranno, nellavariante depressiva) ecc. Questa etichetta negativaviene ripetuta instancabilmente e costituisce iltema del cosiddetto rimuginio, fenomenocaratterizzato da una predominanza altamenteripetitiva del pensiero verbale negativo (Borkovecet al., 1998). La psicopatologia cognitiva haprestato negli utlimi dieci anni forte attenzione aquesto fenomeno mentale, trovandolo strettamenteapparentato con lansia. Come i soggetti ansiosi, irimuginatori posseggono una rete di associazionidi eventi previsti negativi molto pi ampia e piricca dei non rimuginatori (Vasey e Borkovec,1992). Il rimuginio la forma che assume lansianel discorso mentale interno.

    Facciamo un altro esempio clinico. Seimmaginiamo un fobico sociale preoccupato dallapredizione mentale di uno scenario di

  • disapprovazione da parte degli altri in unasituazione sociale, possiamo ipotizzare egli sirappresenter gli altri fermi nel loro atteggiamentodi disapprovazione (pensiero iconico) edetichetter nel discorso interno la scena comecatastrofica (pensiero proposizionale).

    Non vi sar alcuna immagine pi dettagliata ecapace di evolversi nel tempo dello scenario, enemmeno una analisi verbale pi flessibile epossibilista. Il soggetto fobico non penser quindisecondo un copione in cui le persone possanodisapprovarlo solo parzialmente e in maniera nondefinitiva, o facciano solo fugacemente o perniente caso a sue eventuali goffaggini, o addiritturasi dimostrino benevole e lo incoraggino, o notinoanche i lati positivi, ecc.

    Evidenze a supporto dellipotesi dellamancanza di dettaglio degli eventi temuti Nellaletteratura scientifica le evidenze a supporto diquesta ipotesi sono varie. Per quanto riguarda ilpensiero iconico e rappresentazionale, Watts,McKenna, Sharrock e Tresize (1986) hannodimostrato come la variabile 'dettaglio' del loro

  • strumento di valutazione delle immaginazionifobiche fosse inversamente correlato con la gravitdello stato fobico. Coerentemente, statodimostrato che la vividit, cio la ricchezza didettaglio, aumenta durante i trattamenti didesensibilizzazione negli ansiosi (Borkovec eSides, 1979) e nelle persone in lutto laddove illoro grado di rimuginio sul defunto diminuisca(Parkes, 1972). Anche per quanto riguarda ilpensiero 7

    verbale sono stati trovati risultati congruenti.Infatti i soggetti sofferenti di fobia canina sono ingrado di elencare un minor numero di razze caninedei non fobici (Landau, 1980) e gli ossessivimostrano un vocabolario limitato nella descrizionedi temi ossessivi come la contaminazione o iltimore di sbagliare. Consideriamo questi risultaticome segni di deficit di cognizione dettagliata.

    Secondo Williams et al., (1997, pp. 180-181)anche i risultati delle ricerche sui costruttipersonali presenti in varie patologie ansiose o aelevata componente ansiosa (per una rassegnaesaustiva vedi Button, 1985) dimostrerebbero che

  • nell'ansia vi sia una peculiare indifferenziazione emancanza di precisione nella processazionecognitiva. Inoltre un nutrito numero di studi hadimostrato che gli ansiosi soffrono di unrestringimento dell'attenzione e del pensiero versole conseguenze pi negative immaginabili, senzamai uno spostamento verso stimoli positivi o versovalutazioni meno minacciose degli eventi temuti(Williams et al., 1997; Mathews, 1990; 1993;1997). Questo modello applicabile sia all'ansiageneralizzata (Eysenck, 1992) che alle fobie(hman, 1993; hman and Soares, 1993, 1994).

    Una terza sorgente di studi a supporto dellaipotesi della genericit della minaccia e del dannotemuti nell'ansia la troviamo negli studi sulrimuginio. Il rimuginio lo stile di pensiero tipicodei soggetti ansiosi, ed caratterizzato da una fortepredominanza di pensieri ripetitivi negativi, se noncatastrofici (Borkovec et al. 1998). Il rimuginio caratterizzato proprio da uno scarso livello diconcretezza (Eysenck, 1992) e dalla mancataelaborazione di piani protettivi e gestionali (coping) efficaci (Schnpflug, 1989). Nel rimuginio

  • prevalgono le valutazioni di tipo verbale astratto,mentre l'immaginazione visiva di scenari dinamici quantitativamente meno presente (Borkovec andInz, 1990; Freeston, Dugas e Ladoucer, 1996;Molina, Borkovec e Peasley, 1998). Perfinoquando l'immaginazione presente ha un caratteredi bassa vividezza e risoluzione (Borkovec e Inz,1990; Stber, 1997). Clinicamente, il rimuginioviene definito come l'autoripetizione continua eossessiva di previsioni e valutazioni negative epessimistiche con scarsa rappresentazione discenari concreti.

    In breve, il soggetto ansioso e rimuginatore hasempre paura che le cose potrebbero andare male,ritiene di dover tenere tutto sotto controllo al finedi evitare che le cose vadano male, ma non sa mai8

    esattamente che cosa accadrebbe se le coseeffettivamente andassero male. Egli "vede" dellescene temute, e continua a ripetere a se stesso chesi tratta di possibilit negative, catastrofiche, daevitare assolutamente, sostanzialmente nonsuscettibili di aggiustamento alcuno.

  • Da un punto di vista speculativo anche ilmodello dei sottosistemi cognitivi interattivi diTeasdale (1993; 1996; 1997) assume chenell'ansia entri in azione uno stile cognitivodifferente da quello analitico tipico degli stati dicalma. Questo stile sarebbe di minore contenutocognitivo e di maggiore espressivit emotiva. Inaltre parole, l'ansioso pensa che qualcosa andrmale e soprattutto teme fortemente di non farcela,ma non si rappresenta esattamente il danno. Similiosservazioni si possono trovare nelle teoriesull'emozione di Power e Dalgleish (1997), siapure con una terminologia differente.Paura dell'incertezza o intolleranza dellapossibilit della minaccia

    Il soggetto ansioso nutre quindi un elevatotimore di pericolo e di danno. Ma come si pone difronte al problema della probabilit che loscenario temuto si avveri? Perch spesso siosserva che nell'ansia non si in grado di trarrebeneficio dalla considerazione che non affattosicuro, o addirittura poco probabile, che glieventi temuti avvengano?

  • In molti casi, il soggetto ansioso non si poneconsapevolmente il problema della probabilit chela situazione temuta si verifichi o meno.Interrogato in proposito, potrebbe rispondere cheegli ritiene che le probabilit di realizzazione delpericolo siano sufficientemente elevate dagiustificare la sua ansia. In altri casi, tuttavia, ilsoggetto pu essere consapevole che il suo stato diallarme eccessivo, o lo diventa dopo unaristrutturazione cognitiva in psicoterapia. In questicasi spesso emerge un costrutto interessante, notocome "intolleranza dell'incertezza" o anche, informa leggermente diversa, "timoredell'imprevisto".

    Si tratta in breve di una incapacit disopportare la semplice esistenza di un rischio, lapossibilit, sia pure bassa, che si verifichi ilpericolo e il danno temuti. Molti studi hannodimostrato l'esistenza e l'importanza di questocostrutto nei disturbi emozionali ansiosi. E' statodimostrato che 9

    l'intolleranza dell'incertezza correlata alrimuginio perfino nei soggetti non clinici (Freeston

  • et al., 1994). I soggetti affetti da ansiageneralizzata sopporterebbero l'incertezza moltomeno dei cosiddetti "rimuginatori moderati"(Ladoucer, Freeston e Dugas, 1993). L'intolleranzadell'incertezza sembra particolarmente correlata aldisturbo d'ansia generalizzata, poich pare chequesti pazienti la sopportino molto meno deisoggetti ossessivi e di quelli affetti da panico o dafobia sociale (Ladoucer et al., 1995). Altri studihanno dimostrato che i soggetti rimuginatori sonopi lenti a rispondere dei non rimuginatori quandosi tratta di rispondere a domande ambigue eapparentemente prive di una sola risposta corretta,situazione che pu essere definita di incertezza(Dugas et al., 1993; Metzeger et al., 1990; Tallis,Eysenck e Mathews, 1991).Dugas et al. (1997), dopo avere ancora una voltamostrato la correlazione tra rimuginio eintolleranza dell'incertezza, hanno anche discussoteoricamente la loro relazione. Secondo questiautori, questo costrutto si potrebbe spiegareinvocando la caratteristica difficoltnell'impostare e risolvere i problemi da parte dei

  • rimuginatori ( problem orientation). Il costruttoproblem orientation probabilmente un altroaspetto della mancanza di modularit nellarappresentazione del pericolo, ed anche unsinonimo della incapacit di elaborare strategiecomportamentali di gestione del pericolo comedefinita da Power e Dalgleish (1997).

    Tuttavia, in termini clinici questa soluzione discutibile. A nostro parere non basterebbe, infatti,un deficit di problem orientation per giustificareuno stato d'ansia, e nemmeno chiara laconnessione con la paura dell'incertezza. In primoluogo perch il soggetto sia ansioso sarebbenecessaria, infatti, nel soggetto la consapevolezzadi questo proprio limite, con conseguentevalutazione di possibile fallimento (e quindicatastrofe). Il soggetto si rappresenterebbe comese fosse incapace di orientarsi nelle difficolt eproverebbe, giustamente, ansia. Ma questogiustifica la paura del pericolo e del fallimento,non quella dell'incertezza. La paura dellincertezzaderiverebbe piuttosto dallassunzione ansiogenache dalla situazione incerta derivi un fallimento.

  • Dal punto di vista dell'accertamento clinico dellapsicopatologia cognitiva, la spiegazione piplausibile probabilmente quella del particolarerestringimento attenzionale del soggetto ansioso. Inpresenza di pericolo e di possibili 10

    danni, vero che il soggetto ansioso puessere in grado di produrre una valutazione"fredda" che la probabilit di pericolo sia pocoelevata a o addirittura bassa. Tuttavia, nello statodi incertezza la sua attenzione rimane ristretta sullepossibilit negative, di cui evidentemente nontollera la semplice esistenza sia pure solopotenziale. Egli vede solo i possibili sbocchipericolosi. Per lui una situazione di incertezzasignifica in definitiva certezza della catastrofe.Timore dell'errore o perfezionismo patologico

    Il timore dell'errore, o perfezionismopatologico, un sottoinsieme particolare di timoriansiosi, legati alle prestazioni elevate e ai pericoliad esse connessi. Nel nostro approccio gerarchicoil perfezionismo patologico , in ultima analisi,riconducibile alla valutazione di pericolo e ditimore del danno, verso il quale strumentale. Una

  • definizione precisa di perfezionismo non facile,ma la letteratura scientifica ha individuato un certonumero di caratteristiche specifiche (Frost et al.,1990). La prima la tendenza a porsi obiettivieccessivamente elevati ( excessively highstandards).

    Questa dimensione del perfezionismo probabilmente necessaria ma non sufficiente: essainfatti non sembra in grado di distinguere traperfezionisti patologici e persone altamentecompetenti e padrone di un determinato campodellattivit umana. Lottare per obiettivi ambiziosi,notano Frost et al., non certamente in spatologico. Anzi, vi sono studi che hanno suggeritoche questa caratteristica pu essere un indicatoredi benessere psichico (Blatt, DAfflitti e Quinlan,1976). La dimensione cognitiva che potrebbedeterminare un carattere psicopatologico alperfezionismo semmai il timore dellerrore (concern over mistakes), come gi suggerito daHamachek (1978). Il perfezionista sano o nonnevrotico persegue obiettivi anche estremamenteambiziosi, ma accetta la eventualit di battute di

  • arresto ed incertezze durante il percorso, ed ingrado di valorizzare in termini di soddisfazionepersonale il risultato finale anche in caso disuccesso solo parziale. Al contrario ilperfezionista patologico non ammette incertezzedurante il percorso e nel momento in cui dovrvalutare il risultato finale, ed anzi tender adinterpretare ogni minima discrepanza 11dallobiettivo iniziale come segno di fallimentoglobale. Questa visione stata poi riaffermata daBurns (1980) e Pacht (1984).

    Accanto a queste, Frost et al. (1990) elencanoancora altre caratteristiche specifiche delperfezionismo. Esse sono un pervasivo ed altempo stesso vago senso di dubbio riguardante laqualit di quel che fa il soggetto, ed un bisogno diordine ed esattezza. Infine vi la tendenza asopravvalutare le aspettative ed il criticismo deigenitori e quello altrui in generale.

    Sebbene queste ulteriori qualificazioni delperfezionismo siano utili e chiarificatrici, esseper sembrano non aggiungere troppo al poteredemarcativo del concetto di timore dellerrore. Il

  • principale vantaggio di questa definizione delperfezionismo proprio la sua elevata capacitnon solo di definire con buona e precisaapprossimazione lo stile cognitivo tipico delperfezionista, ma anche di distinguerlo conchiarezza da uno stile cognitivo non perfezionista.Il timore dellerrore delinea intuitivamente lascarsa flessibilit dellatteggiamento cognitivo delsoggetto perfezionista, la sua tendenza adaspettarsi che i suoi scopi, le sue previsioni, i suoipiani si avverino interamente in ogni dettaglio.

    Lo stile cognitivo perfezionistico si applicacon facilit ad alcune aree della sintomatologiaansiosa, come l'ossessivit o il timore diingrassare nei disturbi alimentari, ma non pare ingrado di coprire una area vasta come lavalutazione di pericolo, la tendenza a previsioninegative e il timore del danno, costrutti che sicoprono l'intero arco dei contenuti cognitiviansiosi. Il timore dell'errore, infatti, si puapplicare soltanto a situazioni in cui il soggettopunta o costretto a puintare a prestazioni dilivello elevato, ma non applicabile in altri casi.

  • Cosa pensare, infatti, delle distorsioni cognitive diun disturbo di ansia generalizzata che abbia paurache i propri familiari possano essere investiti daun'auto mentre sono fuori, o di un disturbo daattacchi panico che tema un infarto. In questi casi,in cui gli scopi prestazionali elevati sono assenti ele aspettative catastrofiche non sono legate ad essi,volendo applicare a tutti i costi l'equazione traansia e perfezionismo patologico, si finirebbe perattribuire alla nozione di timore dell'errore unsignificato troppo ampio e sostanzialmente vago.12

    Inoltre, da solo il timore dell'errore non riescea spiegare lo stato ansioso del soggettoperfezionista.

    In realt, lo scopo terminale del perfezionistanevrotico non affatto il successo, ilmiglioramento prestazionale e personale, ma ancora una volta protettivo. Si tratta sempre delcoping goal dell'evitamento del danno e delbisogno di controllo. Coerentemente con questaipotesi, Frost et al.

    (1990) hanno dimostrato che il soggetto

  • perfezionista patologico incapace di apprezzarepositivamente la propria prestazione perch tendea intravedere un danno finale dietro ogni successoparziale o imperfetto. Dietro la insoddisfazioneper la incapacit di apprezzare un successoparziale si nasconde una valutazione globale dimancato successo che a sua volta porterebbe unalunga serie di ulteriori previsioni negativecatastrofiche. Il timore dell'errore pu esserequindi concettualizzato come una credenzasottordinata al timore del danno e alla tendenza alcontrollo.I timori legati alla valutazione di s

    Secondo Wells (2000, pp. 18-20) le credenzeriguardanti s stessi si possono definire come uninsieme di credenze metacognitive che dirigonol'attenzione e la valutazioni del soggetto in unsenso negativo o positivo, e svolgono un ruolochiave nella psicopatologia dell'ansia e deidisturbi emozionali in generale. Le ragioni chegiustificano questo ruolo chiave si potrebberotrovare riflettendo sul fatto che le credenzeautovalutative sono credenze che per definizione

  • generalizzano, in termini di capacit personali dibase o di tratti di personalit, i giudizi di valorepositivo e/o negativo su eventi particolari. Sitratta, quindi, di valutazioni per definizione conuna componente predittiva, e soggette a generareroutine cognitive secondarie automatiche, rigide eipergeneralizzanti, in senso sia positivo chenegativo. La psicopatologia cognitiva ha sempreinsistito sulla efficacia delle routine cognitiveautoriflessive disfunzionali, che gi Ellis (1962)chiamava credenze secondarie e che oggi pisofisticatamente sono parte integrante dellacosiddetta metacognizione, nell'ingenerarerimuginii ansiogeni catastrofici. Se l'ansia quindi, per definizione, uno stile cognitivopredittivo e generalizzativo di tipo negativo oaddirittura catastrofico, non c' da meravigliarsi sele autovalutazioni, qualora siano negative,svolgano un simile ruolo, trattandosi di 13

    non altro che di un valutazione di s cometendenzialmente incapace di far fronte ( coping) aiproblemi sopravvenienti.Dal punto di vista clinico osserviamo che, laddove

  • prevalgano credenze autovalutative di tiponegativo, il soggetto presenti timori legati nontanto a valutazioni di pericolo esterno, quantopiuttosto ad autovalutazioni di incapacit di poterfar fronte materialmente e/o emozionalmente allesituazioni temute. Soprattutto nel secondo caso(timore non poter reggere emozionalmente allasituazione temuta), si tratta di credenze di tiposquisitamente metacognitivo: il soggetto non temeun evento in s, ma piuttosto di non essere in gradodi controllare il proprio comportamento e leproprie emozioni, di non produrre le rispostecomportamentali giuste e di lasciar trapelare controppa evidenza emozioni di ansia, paura,vergogna oppure convinzioni personali diinferiorit, inadeguatezza, ecc.

    La autovalutazione negativa quindi ilrovescio del senso di autoefficacia, definito comela convinzione di essere sia in grado di produrrerisposte comportamentali efficaci di fronte aiproblemi, di poter affrontare la paura e le altreemozioni negative stimolate da una situazioneproblematica, e infine di poter affrontare e gestire

  • emozionalmente una eventuale fuga o fallimento edi concepire scopi alternativi e soggettivamentesignificativi e gratificanti di fronte a sconfitteanche gravi. Anche nella definizione diautoefficacia troviamo una forte componentemetacognitiva.

    Infatti secondo Mineka e Thomas (1999) ilsenso di autoefficacia piuttosto una percezione dipoter controllare la propria risposta emozionale ecomportamentale in una situazione problematicache una generica convinzione di essere all'altezza.A supporto di questa ipotesi, i due autori citano glistudi sulle scimmie (Mineka, Keir e Price, 1980;Mineka e Keir, 1983) che dimostrano come questianimali possano imparare ad affrontare stimolipaurosi e minacciosi, come i serpenti, e tuttaviacomunque mostrare segni di paura.Speculativamente, quindi, possiamo pensare chegli animali dell'esperimento abbiano appreso delleroutine metacognitive in cui l'emozione di pauraprovata alla comparsa dell'animale minaccioso, ilserpente, non venga pi interpretata come segnaledi debolezza e inferiorit e non dia luogo pi a

  • risposte comportamentali di fuga.14

    Anche le autovalutazioni, positive o negativeche siano, si realizzano concretamente sottoentrambe le forme sia del pensiero verbale-dichiarativo che di quello iconico-analogico. Nelprimo caso sotto forma di autoistruzioni eautodefinizioni di fragile, inadeguato, ecc. nelsecondo di rappresentazioni immaginative di scome deriso, non considerato, criticato,emarginato.Illusione e ricerca del controllo

    La tendenza al controllo lultimo costruttopsicologico dellansia che prendiamo inconsiderazione. Operazionalmente, il controllo stato definito da Seligman (1975) come percezionesoggettiva di una relazione contingente tra larisposta ( response) ad un evento temuto e unrisultato ( outcome) di evitamento del danno.

    La credenza della necessit di mantenere ilcontrollo sulle cose, di sentire che le cose sianosotto controllo logicamente lo scopo finaledellarchitettura gerarchica del sistema cognitivo

  • ansioso. Il concetto clinico dellobbligo dicontrollo assoluto definibile come lo strenuoperseguimento e ricerca da parte del soggettoansioso della illusione di certezza assoluta cheegli possa impedire che si avverino tutte lepossibilit negative da egli stesso continuamentetemute e previste nel rimuginio attraverso ilmonitoraggio e la manipolazione continui dialcuni aspetti e parametri della realt esternae/o interna (ad esempio il peso, il cibo e/o ilgrasso nei disturbi alimentari; i pensieriintrusivi o lordine esterno nel disturbo ossessivocompulsivo, ecc.) In realt la preferenza per unostato di relativo controllo sulla propria vita normale. Il soggetto normale colui che in gradodi accettare sia un grado di controllo relativo (chevuol dire la consapevolezza di non averlo deltutto) e al tempo stesso esperisce uno stato dicontrollo illusorio lievemente maggiore a ci cherealmente egli sta esercitando (Langer, 1975).

    Al contrario il soggetto ansioso vivrebbe conil mito del controllo assoluto, ritenendo che siapossibile ottenerlo e rimanendo con il dubbio

  • perenne di non riuscire a possederlo. Il controlloassoluto lunica alternativa concepita dalsoggetto ansioso al suo stato emotivo pervaso daltimore continuo di catastrofe. Essendo lunicoscenario alternativo allansia immaginato dalsoggetto 15

    ansioso, il controllo quindi concepito comecomponente obbligata e indispensabile dellacondizione di tranquillit.. Il soggetto ansiosoquindi percepisce il controllo come stato obbligatoe privo di alternative (Crosina, 2000; Lorenzini eSassaroli, 2000). Da un punto di vista gerarchico,il bisogno pervasivo di conoscenza e predizione ditutti i possibili eventi futuri temuti e il bisogno dicontrollo sugli eventi stessi (la certezza che non siavverino) costituiscono lo scopo finale del sistemaansioso, dove confluiscono tutti gli scopistrumentali e particolari. Questo scopo pu essereconcepito come un aspetto della strategiacompensativa che il soggetto ansioso adotta peraffrontare e gestire le sue distorsioni cognitive.Utilizzando la terminologia di Caspar (1985), esso definibile come uno scopo compensativo (

  • coping goal). Naturalmente, si tratta di unastrategia destinata al fallimento.

    La distorsione cognitiva pi grave del soggettoansioso consiste nel concepire il controllo comesoluzione allansia, invece di comprendere che sitratta di una componente (forse la pi importante)del complesso castello delle credenze ansiose.L'esperienza clinica in psicoterapia cognitiva deidisturbi ansiosi fa spesso incontrare soggetti chedichiarano di avere il bisogno di avere la certezzaassoluta che non accada quello che loro preoccupa(Lorenzini e Sassaroli, 1992; 2000). Da un puntodi vista fenomenologico per i soggetti ansiosi ilcontrollo non soltanto un bisogno, ma vienevissuto come un obbligo imprenscindibile(Crosina, 2000).

    Si badi che nella nostra ipotesi la necessit delcontrollo non concepita come uno scopoterminale implicato dallarchitettura sistemaansioso, in cui il soggetto si comporta come seperseguisse il controllo, ma di uno scopoconsapevole.. Secondo la nostra esperienzaclinica, il soggetto ansioso dichiara, spesso dopo

  • poche sedute, che desidera il controllo e lacertezza. Anche gli studi empirici riportati dallaletteratura scientifica appoggiano questa ipotesi.Vari studi infatti hanno dimostrato la correlazionetra l'ansia e la percezione soggettiva (e quindipresumibilmente consapevole) della mancanza dicontrollo (Barlow, 1988, 1991; Basoglu e Mineka,1992; Foa, Zinbarg e Olasov-Rothbaum, 1992;Mineka e Kelly, 1989; Mineka e Zinbarg, 1996;Rapee, Craske, Brown e Barlow, 1996). Lapercezione soggettiva che la situazione sia sottocontrollo (nel senso che vi sia la 16sicurezza che le cose non possano deviare dalbinario previsto e non possano andar male),perfino laddove essa sia fallace e illusoria, riducel'ansia (Sanderson, Rapee e Barlow, 1989). Irisultati di questi studi sembrano mostrare che ilcostrutto della percezione del controllo siaconsapevole ed accertabile con strumenti divalutazione come intervista e questionari che nonesercitino elevati gradi di inferenza.

    Infine, interessante osservare che il controlloperseguito dal soggetto ansioso potrebbe essere

  • definito prima di tutto come controllo conoscitivo.Il soggetto, secondo l'esperienza clinica, parlaspesso di 'necessit di certezza' e 'necessit disapere'. In qualche modo, possiamo dire che nelsoggetto ansioso si realizza quello che Kelly(1955) riteneva essere lo scopo terminale diqualunque sistema cognitivo: la massimizzazionedella capacit predittiva. Tuttavia, mentrenell'uomo kelliano questo scopo aveva un segnopositivo di incremento delle capacit umane, nelcaso del soggetto ansioso, lo scopo vero ha unsegno negativo, di evitamento del danno. In realt,il soggetto ansioso persegue la certezza piuttostoche la conoscenza. Quindi vi sono dellesomiglianze, ma anche delle differenze tra ilcostrutto clinico di bisogno di controllo e la teoriadei costrutti personali di Kelly. Il bisogno dicontrollo un concetto fondamentalmente clinicoutile per caratterizzare una determinata categoriadi individui psicologicamente disturbati, mentre lateoria di Kelly una teoria e una concezionegenerale della mente umana, definibile comeipercognitivista.

  • ConclusioneIn conclusione, i costrutti psicopatologicidellansia sono:

    1. Timore sproporzionato di danno e tendenzaa previsioni negative o pensiero catastrofico,definibile come la tendenza da parte del soggettoansioso a prevedere una pi larga gamma diconseguenze negative rispetto ai soggetti nonansiosi a partire dalle situazioni quotidiane e aconcepire il pericolo insito in queste possibilitnegative come sostanzialmente inevitabile,irresistibile e irreparabile;17

    2. Timore dellerrore o perfezionismopatologico, definibile come la tendenza asottolineare piuttosto gli errori e le imperfezionipresenti nei compiti eseguiti che i risultatipositivi, e a temere e prevedere che questeimperfezioni conducano inevitabilmente aconseguenze negative e catastrofiche;

    3. Intolleranza dellincertezza, definibile comela tendenza a pensare di non poter sopportareemozionalmente il fatto di non conoscere

  • perfettamente tutti i possibili scenari ed eventifuturi, di non poter sopportare il dubbio che tra ipossibili avvenimenti futuri ve ne possano esserealcuni negativi, anche nel caso che questapossibilit sia molto bassa, oppure a temere che,se vi sono delle possibilit negative in un certoscenario, queste saranno quelle cheinevitabilmente o tendezialmente si realizzeranno(naturalmente gli sviluppi negativi sono poitemuti a causa del punto 1);

    4 . Autovalutazione negativa, definibile comela tendenza a prevedere scena ri catastroficiderivanti direttamente da una valutazionenegativa sia delle proprie capacit pratiche(autovalutazione negativa prestazionale) chedelle proprie capacit di autocontrollo emotivo edi recupero nelle situazioni di difficolt e distress (autovalutazione negativa di debolezza,fragilit); 5. Necessit di controllo, definibilecome lo strenuo perseguimento e ricerca da partedel soggetto ansioso della illusione di certezzaassoluta che egli possa impedire che si avverinotutte le possibilit negative da egli stesso

  • continuamente temute e previste nel rimuginioattraverso il monitoraggio e la manipolazionecontinui di alcuni aspetti e parametri della realtesterna e/o interna (ad esempio il peso, il ciboe/o il grasso nei disturbi alimentari; i pensieriintrusivi o lordine esterno nel disturbo ossessivocompulsivo, ecc.)

    Nella nostra ipotesi la tendenza al controllocostituisce il livello sopraordinato e terminaledell'architettura gerarchica dell'ansia. Questo vuoldire che riteniamo che al fondo di ogni statoansioso vi siano sempre idealmente la credenzafinale che le cose vadano tendenzialmente male eche necessario un elevato grado di conoscenza econtrollo della realt per evitare che le cosevadano male.18

    Gli altri costrutti (timore di danno, timoredell'errore, autovalutazione negativa e timoredell'incertezza) sono sottordinati e non tutti semprepresenti, almeno dal punto di vista teorico.

    Timore di danno e autovalutazione negativasono quelli pi generali. E' difficile dire, allo stato

  • attuale se siano organizzati gerarchicamente o se siriferiscano a ambiti differenti. Ipoteticamente sipotrebbe ritenere che la autovalutazione negativasia temuta perch essa porterebbe a un danno, equindi il timore di danno la credenza terminale.Allo stesso modo si potrebbe pensare che laautovalutazione negativa la credenza centrale dicui il timore di danno solo un predicato. Oppuresi potrebbe ritenere che i due concetti siano duediversi dimensioni di un unico costrutto, e quindisiano reciprocamente in relazione non gerarchica.


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