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2. L'affermata incompatibilità eurounitaria: la confusione ... · nell'ordinanza del giudice del...

Date post: 20-Oct-2020
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2. L'affermata incompatibilità eurounitaria: la confusione del TAR Piemonte I dubbi del TAR Piemonte si sono tradotti in due quesiti 1 sottoposti pregiudizialmente all'esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i quali, nella loro impalcatura fondamentale, riposano sul fatto che, rispondendo l'onere di immediata impugnazione delle ammissioni ad un interesse pubblico, e non già alla volontà del ricorrente di conquistare il bene della vita - che nell'ambito dei pubblici appalti "consiste unicamente nel conseguimento dell’aggiudicazione " - è da ritenersi violato quel principio di effettività che pervade le direttive ricorsi, poiché in tal guisa s'instaura "un giudizio di diritto oggettivo, contrario ai principi comunitari". Sulla base di questo presupposto il Collegio ritiene che la tutela giurisdizionale può (e deve) esserci solo ove vi sia stata una lesione di un diritto o di un interesse legittimo, e (...) che vi sia un interesse, concreto ed attuale, ad una pronuncia dell’autorità giudiziaria. Logico corollario, epiloga il Tribunale, è che il legislatore non potrebbe mai imporre al privato cittadino di azionare lo strumento processuale prima che detta lesione concreta e attuale di un diritto o di un interesse legittimo sia reale ed effettiva”. Le argomentazioni del Collegio non appaiono particolarmente convincenti. 1 "1) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che, impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti; 2) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che preclude all’operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato".
Transcript
  • 2. L'affermata incompatibilità eurounitaria: la confusione del TAR Piemonte

    I dubbi del TAR Piemonte si sono tradotti in due quesiti1 sottoposti

    pregiudizialmente all'esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i quali,

    nella loro impalcatura fondamentale, riposano sul fatto che, rispondendo l'onere di

    immediata impugnazione delle ammissioni ad un interesse pubblico, e non già alla

    volontà del ricorrente di conquistare il bene della vita - che nell'ambito dei pubblici

    appalti "consiste unicamente nel conseguimento dell’aggiudicazione" - è da

    ritenersi violato quel principio di effettività che pervade le direttive ricorsi, poiché

    in tal guisa s'instaura "un giudizio di diritto oggettivo, contrario ai principi

    comunitari".

    Sulla base di questo presupposto il Collegio ritiene che “la tutela

    giurisdizionale può (e deve) esserci solo ove vi sia stata una lesione di un diritto

    o di un interesse legittimo, e (...) che vi sia un interesse, concreto ed attuale, ad

    una pronuncia dell’autorità giudiziaria”.

    Logico corollario, epiloga il Tribunale, è che “il legislatore non potrebbe mai

    imporre al privato cittadino di azionare lo strumento processuale prima che detta

    lesione concreta e attuale di un diritto o di un interesse legittimo sia reale ed

    effettiva”.

    Le argomentazioni del Collegio non appaiono particolarmente convincenti.

    1 "1) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei

    diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che, impone all’operatore che

    partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro

    soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene

    disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti;

    2) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività

    sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei

    diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad

    una normativa nazionale quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che preclude all’operatore economico

    di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli

    atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente

    principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato".

  • 2

    E ciò, in primo e fondamentale luogo, poiché sembra evidente che il Collegio

    si rivolga alla CGUE parlando l'Italiano.

    Il riferimento non è chiaramente all'idioma, ma al ripetuto richiamo di

    principi che, seppur immanenti nell'ordinamento interno, non sembrano essere

    rilevanti, ed ancor meno dirimenti, in ambito europeo.

    Come ha perfettamente intuito attenta dottrina2 l'ordinanza, "seppur non

    condizionata dall’esistenza di una specifica normativa comunitaria da rispettare",

    è "stata ad essa forzatamente ricondotta", confondendo i piani nell'ambito di un

    sistema amministrativo multilivello. Il richiamo operato dal Collegio nel cappello

    della pronuncia all’orientamento dei suoi colleghi, secondo il quale la disciplina è

    da ritenersi conforme ai principi costituzionali, pare confermare detta

    "riconduzione forzata", quasi a rappresentare una via di fuga dal (più) severo ed

    intransigente filtro della Consulta e, forse, dal di lui già prefigurato "infelice esito"

    della questione di legittimità in ambito patrio.

    E che il vero bersaglio del Collegio non sia il diritto Europeo è reso palese

    dal fatto che l'ordinanza, pur individuando espressamente quale parametro di

    conformità la direttiva ricorsi, nella parte in cui prevede che l'accesso ai ricorsi

    deve essere garantito a "chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere

    l'aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a

    causa di una presunta violazione", presuppone poi a fondamento delle proprie

    convinzioni la tradizionale "formuletta"3, che riconduce la legittimazione ad agire

    alla lesione di un interesse legittimo concreto ed attuale4.

    Con un gioco di prestigio, dunque, il Collegio confonde le carte e allarga le

    maglie del parametro che dovrebbe far luce sulla conformità del rito super-speciale

    in relazione all'effettività della tutela prevista dalla Direttiva, aggiungendovi

    tuttavia figure estranee al diritto positivo europeo, mutate da quello interno, come

    2 BARBIERI E. M., L'ammissione alle gare pubbliche, op. cit. 3 Per dirla con MORBIDELLI G. Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in Rivista Italiana di

    diritto pubblico comparato, 1991, p 803. 4 Si richiama il seguente già citato passaggio: “la tutela giurisdizionale può (e deve) esserci solo

    ove vi sia stata una lesione di un diritto o di un interesse legittimo, e (...) che vi sia un interesse, concreto ed attuale, ad una pronuncia dell’autorità giudiziaria”.

  • 3

    a voler costituire una italica postilla alla direttiva stessa. Postilla viziata tuttavia da

    nullità.

    Sembra d'immediata evidenza infatti che la configurazione dell'interesse

    quale "concreto e attuale" sul quale indugia il Collegio poco s'attagli a quella

    invece delineata dalla direttiva, che sussume in esso persino il mero rischio,

    presente o financo passato, di lesione5.

    Ed allora, che senso ha invocare l'oracolo lussemburghese, se alla base del

    pregiudizio non si fondano compiute argomentazioni ad evidenziare distonie con

    l'ordinamento europeo, rilevate queste solo in relazione ad una nozione di interesse

    meramente interna, ingiustificatamente posta a parametro stesso della contestata

    compatibilità?

    Eloquente a tal fine è l'unico improprio richiamo alla giurisprudenza della

    CGUE6 operato dal Collegio, per assurdo esso stesso idoneo a confutare la tesi che

    quest'ultimo sostiene (!).

    E, riformulando con ancora più schiettezza, la missiva del Collegio non

    rassomiglia ad una pura rivendicazione di primazia del diritto interno su quello

    Europeo?

    Si archivia solo temporaneamente il tema dell'interesse a ricorrere e su quello

    ad esso intimamente connesso dell'impugnabilità degli atti preparatori, sul quale si

    avrà modo di tornare in modo approfondito e diffuso.

    Si prosegue invece nell'analisi delle ulteriori argomentazioni rilevabili

    nell'ordinanza del giudice del rinvio, la quasi totalità delle quali, si anticipa,

    sembrano ancor meno cogliere nel segno, atteggiandosi a mere insinuazioni volte

    5 PICOZZA E., Il cumulo (condizionale) di domande e il processo amministrativo: rilievi critici,

    in Diritto e processo amministrativo, 1, pp. 81-156. 6 Il Collegio richiama CGUE, Grande Sezione, 5 aprile 2016, C 689/13 Puligenica,

    ECLI:EU:C:2016:199, per avallare la tesi secondo la quale "l’operatore economico al quale

    dev’essere assicurato un sistema di giustizia effettivo abbia e conservi un interesse

    all’aggiudicazione dell’appalto". Ma, com'è noto, la pronuncia della Corte è d'interesse proprio

    perché ha ritenuto che la direttiva ricorsi osta "a che un ricorso principale proposto da un offerente,

    (…) sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono

    l’esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente". La Corte, si vuol

    dire, percependo un diniego di giustizia, stigmatizza proprio quella rigoristica concettualizzazione

    di interesse a ricorrere nazionale che pervade ogni riga dell'ordinanza di remissione.

  • 4

    ad instillare dubbi sull'irragionevolezza alla radice del sistema, dubbi che come si

    cercherà di dimostrare tradiscono perlopiù essi stessi "irragionevolezza d'essere".

    2.1.1 Le ulteriori considerazioni del Collegio: un'escalation di capziosità

    La prima di tali considerazioni, invero la più concreta e condivisibile in

    quanto effettivamente svela potenziali esiti paradossali cui può condurre il rito

    super-speciale, si riferisce al fatto che nell'ambito dello stesso i soggetti

    "addirittura potrebbero correre il rischio di favorire propri concorrenti, come

    potrebbe accadere qualora il ricorso contro l’atto di ammissione alla gara sia

    stato proposto da uno dei concorrenti poi collocati in posizione non utile ai fini

    dell’aggiudicazione”.

    L'affermazione a puro livello teorico è suggestiva e astrattamente vera. Ma

    l'epilogo nell'effettività della prassi non potrà mai condurre agli infausti esiti

    propugnati dal Collegio.

    Si richiama allora a fini esplicatori un caso di scuola, che con particolare

    acume è stato recentemente proposto in dottrina7.

    Nell'ambito di una gara alla quale hanno preso parte tre offerenti, Alfa

    propone ricorso ex art. 120 comma 2-bis avverso l'ammissione di Beta.

    Nelle more del giudizio, il non sospeso procedimento si conclude, e vede

    ALFA aggiudicatario; GAMMA al secondo posto; e BETA al terzo posto, contro

    la cui ammissione, si rammenta, pende ancora il ricorso presentato da ALFA.

    Senonché, ALFA si accorge che questo ricorso, oltre a non apportargli utilità

    in quanto già collocata al primo posto della graduatoria, è idoneo ad arrecargli

    nocumento, in quanto il ricalcolo delle medie nell'ambito dei punteggi attribuiti in

    fase di offerta tecnica, che inevitabilmente seguirà al provvedimento del giudice

    che annulla l'ammissione di BETA, è idoneo a determinare il sopravanzare di

    GAMMA al primo posto della graduatoria.

    7 CREUSO N. L'impugnazione dell'ammissione ed i motivi aggiunti, tra ammissibilità e

    contributo unificato, relazione al convegno, L’art. 120, comma 2 bis, c.p.a.: luci ed ombre, verso una possibile riforma, Venezia, 9 novembre 2018.

  • 5

    E ciò in quanto il Consiglio di Stato8 ha già statuito che il principio di

    "cristallizzazione" della graduatoria, ricavabile dall'art. art. 95, comma 15, del

    Codice dei contratti, trova un limite applicativo proprio nel caso dei ricorsi ex art.

    120 comma 2-bis.

    Orbene, anche laddove il contenuto di quest'ultima pronuncia dovesse

    divenire consolidato orientamento, ad ALFA rimane comunque un'opzione

    percorribile per mantenere il proprio status di aggiudicatario: garantire il

    consolidamento dell'ammissione di BETA mediante rinuncia al ricorso ex art. 44

    c.p.a. 9 Rinuncia che a cascata comporta però un'ulteriore (gravosa) rinuncia: la

    rifusione del contributo unificato e delle spese di lite, poste queste a carico del

    rinunciatario. Oppure, forse più semplicemente, lo status di aggiudicatario

    permarrebbe per mano del giudice: il ricorso dovrebbe ritenersi improcedibile ai

    sensi degli artr. 35 e 85 c.p.a. per sopravvenuta carenza di interesse, con possibilità

    che le spese vengano regolate secondo il principio della soccombenza virtuale, non

    potendo ammettersi, a fortiori nel rito super-speciale, che la necessità di servirsi

    del processo per ottenere ragione torni in danno del ricorrente.

    Su questo aspetto, sagacemente rilevato dal Collegio, s'impongono interventi

    correttivi volti ad una regolamentazione puntuale del rito, per prevenire il

    concretarsi di siffatti paradossali scenari.

    La seconda considerazione, che dà il la al walzer della fallacia, mira a

    ravvisare nell’art. 53 del Codice dei contratti, che disciplina l'accesso agli atti, un

    divieto a comunicare o comunque di rendere noti gli atti di gara, pena l'integrazione

    del reato di cui all'art. 326 c.p. (rivelazione di segreti d’ufficio), divieto idoneo a

    determinare la "ritrosia dei soggetti responsabili della procedura a rendere

    8 Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2018 n. 2579: "una diversa interpretazione (…)si porrebbe in contrasto non solo con gli artt. 24 e 113 Cost, ma anche con l'(…)art. 97 Cost., consentendo

    l’aggiudicazione di una gara sulla base di una determinazione della soglia ottenuta per l’effetto

    di una ammissione illegittima, tempestivamente impugnata dal concorrente interessato nelle

    forme e nei tempi dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a.” 9 CARUSO N., L'impugnazione dell'ammissione ed i motivi aggiunti, op.cit.

  • 6

    ostensibile (…) la documentazione amministrativa dei concorrenti, costringendo

    gli operatori a proporre ricorsi al buio”.

    L'affermazione è smentita dal testo stesso dell'art. 53 richiamato, il quale

    testualmente si riferisce alle "offerte"10, e non già alla documentazione

    amministrativa, come del resto confermato sia implicitamente dallo stesso art. 29

    del Codice dei contratti, sia da pacifica giurisprudenza11.

    Il Collegio prosegue poi nelle sue non condivisibili affermazioni sostenendo

    che "il soggetto privato (…) subisce anche un danno dall’applicazione dell’art. 120

    c. 2 bis c.p.a.:

    a) per la potenziale compromissione della propria posizione agli occhi

    della Commissione di gara della S.A., destinataria dei plurimi ricorsi, che è

    chiamata nelle more del giudizio a valutare l’offerta tecnica del ricorrente;

    b) per le nefaste conseguenze in merito al rating d’impresa disciplinato

    dall’art. 83 CCP, che individua come parametro di giudizio (negativo) l’incidenza

    dei contenziosi attivati dall’operatore economico nelle gare d’appalto".

    Con riferimento all'elemento sub a) ci si può limitare a condividere la

    posizione già ben espressa in dottrina12, secondo la quale seppur la "considerazione

    può forse ritenersi umanamente comprensibile", è da ritenersi "giuridicamente

    infondata", giacché non "sembra né giusto né rispettoso dubitare della serenità di

    10 LIPARI M., La fase di verifica dei requisiti, op, cit. 11 Cfr. da ultima Tar Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 10 dicembre 2018, n. 365, secondo la

    quale "non vigeva, peraltro, alcun effettivo impedimento “legale” alla immediata messa a

    disposizione della parte istante".

    Cfr. altresì TAR Veneto, Venezia, sez. I 26 maggio 2017 n. 512; TAR. Lazio, Roma, sez. I-ter

    25 luglio 2017, n. 8944; Id, III-quater, 20 ottobre 2017 n. 1056; Tar Puglia, Bari, sez. III, 17 ottobre 2017, n. 1049, le quali all'unisono statuiscono che "il richiamato art. 53 deve essere

    interpretato nel senso che l’accesso ai documenti è differito all’aggiudicazione dell’appalto solo per le offerte tecnico-economiche, per cui stante la necessità d’impugnare ex art. 120 c.p.a. le

    ammissioni e le esclusioni alla gara, l’interessato potrà, invece, avere immediato accesso alla

    documentazione amministrativa circa i requisiti soggettivi degli altri concorrenti". (…) In tal senso depongono l’art. 29 del D.lgs. 50/2016, il quale detta i principi generali sulla trasparenza

    e impone la pubblicità di tutti gli atti delle procedure di affidamento sul sito delle stazioni

    appaltanti (…) laddove per “atti” si devono intendere, i verbali di gara relativi alla fase di

    ammissione dei concorrenti e la documentazione amministrativa di cui si è detto sopra utile al

    fine della verificazione della sussistenza dei requisiti soggettivi dei concorrenti”. 12 BARBIERI E. M., L'ammissione alle gare pubbliche, op. cit.

  • 7

    giudizio dei commissari di cui si sia contestato l’operato, quasi che una

    contestazione fosse di per sé fonte di inimicizia".

    L'argomentazione è a fortiori priva di spessore se si considera che, superato

    il regime transitorio il cui termine è (forse)13 ormai imminente, i commissari di

    gara saranno soggetti esterni alla stazione appaltanti, e pertanto certamente

    indifferenti alle vicissitudini processuali di quest'ultima, ed insuscettibili di quel

    "condizionamento ritorsivo" supposto dal Collegio, a neutralizzare la

    contestazione mossa da quest'ultimo, invero già in origine carente in

    verosimiglianza.

    Con riferimento all'elemento sub b) la replica è ancora più agevole, e viene

    formulata in termini interrogativi: l'art. 83, c. 10 del Codice dei contratti è

    compatibile con il diritto euro-unitario, ed ancor prima con la Costituzione, nella

    misura in cui pretende di stabilire criteri premiali direttamente proporzionali

    all’incidenza (maggiore) ed agli esiti (sfavorevoli) del contenzioso in sede di

    partecipazione alle procedure di gara?14 L'ovvia risposta non può che condurre alla

    deduzione di irrilevanza della questione sollevata dal Collegio.

    Ed anche volendo prescindere dalle dirimenti superiori considerazioni, è

    doveroso segnalare che il sistema del rating d'impresa ad oggi non è attivo, forse

    proprio perché l'Autorità Nazionale Anticorruzione, soggetto competente

    all'adozione del sistema, si è da tempo avveduta dell'irragionevolezza e

    dell'ingiustizia di una norma che si prefigge di premiare chi rinuncia al proprio

    diritto di difesa15.

    13 Con il Comunicato del Presidente del 9 gennaio 2019 l'ANAC ha differito al 15 aprile 2019 l’operatività dell’Albo, prima prevista per il 15 gennaio 2019. 14 In termini si veda SANDULLI M. A. Nuovi limiti alla tutela giurisdizionale in materia di contratti pubblici, in federlaismi.it, 2016, che in tal modo legge tra le righe: "considerate che, se

    fate ricorso e lo perdete, l’Autorità ne terrà conto nel rating di legalità [recitus d'impresa n.d.r.]

    e, dunque, se ci tenete a partecipare ad altre gare, evitate di agire in giudizio (sic!). È chiaro che se questo sistema viene sottoposto al vaglio della Corte di Giustizia e/o della Corte

    Costituzionale, è ragionevolmente destinato a saltare". 15 L'ANAC, pur evidenziando espressamente la necessità di "una lettura costituzionalmente

    orientata della norma che salvaguardi il diritto alla difesa in giudizio (art. 24 Cost.)", nel

    paragrafo riferito all'incidenza del contenzioso, prendeva in considerazione (inaccettabilmente)

    ogni ipotesi di soccombenza.

  • 8

    Infatti, dopo una prima ed insoddisfacente versione di Linee guida poste in

    consultazione nel giugno 201616, alla quale è seguito un atto di segnalazione al

    parlamento17, l'Authority è recentemente tornata sui propri passi ponendo in

    consultazione nuove Linee guida18, dove si evidenzia una drastica riduzione delle

    penalizzazioni, precedentemente generalizzate a tutte le tipologie di soccombenza

    rilevate nel contenzioso ordinario, amministrativo o di natura arbitrale, limitate ora

    solo a quello amministrativo, ed a quelle nelle quali il giudice condanni l’operatore

    economico per le fattispecie di cui all’articolo 26 c.p.a., ovvero esclusivamente in

    caso di motivi manifestamente infondati o di lite temeraria, eventualità invero

    alquanto rare nel processo amministrativo.

    In una siffatta configurazione del rating d'impresa, i "danni temuti" dal

    Collegio non sembrano affatto possedere il carattere della rilevanza ed appaiono

    tutt'altro che nefasti, risiedendo tutt'al più in un alveo di periferica marginalità.

    Sull'ultima rilevante considerazione del Collegio, secondo la quale il rito

    super-speciale impone "di formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per

    evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo (…), con la

    necessaria proposizione di tanti ricorsi quante sono le ditte ammesse e quindi con

    la conseguenza di dover versare il contributo unificato per ogni ricorso" si ritornerà

    infra19, in quanto trattasi di aspetto rilevante, degno di maggiore ed autonomo

    approfondimento.

    3. Una sfera di cristallo per la risoluzione della doppia pregiudizialità

    3.1 Adattabilità alla vexata questio dei principi ad oggi espressi dalla Corte

    costituzionale

    Chiarito allora che l'art. 120 c. 2-bis è norma che incide sulla disciplina

    processuale, è di primaria importanza il richiamo al costante orientamento della

    Corte Costituzionale, che riserva all'ampia discrezionalità del legislatore "la

    16 Cfr. la consultazione on line del 10 giugno 2016. 17 Cfr. l'atto di segnalazione n. 2 del 1° febbraio 2017. 18 Cfr. la consultazione on line dell’11 maggio 2018. 19 Cfr. capitolo 4, par. 3.2.5.

  • 9

    conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta

    irragionevolezza o arbitrarietà della disciplina"20.

    Nel delineare detto limite, la Corte ha affermato che "nell’esercizio di tale

    discrezionalità è necessario, tra l’altro, che si rispetti il principio di effettività della

    tutela giurisdizionale, il quale rappresenta un connotato rilevante di ogni modello

    processuale"21, precisando che il limite della manifesta irragionevolezza è valicato

    "ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire"22.

    Un siffatto riscontro va operato mediante una verifica in concreto a "che il

    bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato

    con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in

    misura eccessiva"23, giudizio da concretarsi "attraverso ponderazioni relative alla

    proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile

    discrezionalità rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che

    intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni

    concretamente sussistenti"24.

    Si tratta dunque di capire se la "penalizzazione" relativa alla "futura

    preclusione" sia da ritenersi irragionevole e sproporzionata, nel bilanciamento con

    il fine perseguito dal legislatore di deflazionare.

    In tale contesto va segnalato che la Corte costituzionale ha più volte statuito

    che un "modulo processuale non può essere assunto a modello costituzionale del

    giusto processo, onde non può venir prospettata come lesiva della garanzia al

    diritto di difesa l'adozione di un rito piuttosto che di un altro"25.

    La strutturazione "bifasica" del rito appalti non opera alcuna aprioristica

    preclusione all'accesso alla giustizia, me determina esclusivamente quali siano le

    "condizioni" per non incorrere in "preclusioni", configurantesi queste ultime

    esclusivamente in caso di inerzia degli attori nei termini scanditi dalla legge.

    20 ex plurimis, sentenze n. 225 del 2018, n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008. 21 sentenza n. 304 del 2011 22 Sentenze n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004 23 Sentenze n. 239 del 2018 e n. 1 del 2014 24 sentenze n. 236 del 2018, n. 47 del 2017, n. 71 del 2015, 1130 del 1988. 25 Corte Cost., 11 dicembre 1995, n. 500.

  • 10

    Con la nuova disciplina, metaforicamente parlando, cambiano le regole del

    gioco: restano invece inalterati il tabellone, i personaggi, i poteri di questi ultimi

    e, soprattutto, la possibilità di vincere la partita.

    In tal guisa non paiono esservi fenomeni impeditivi idonei ad arrecare un

    vulnus del diritto di agire in giudizio contro un atto, diritto che rimane comunque

    garantito, sebbene con formule più rigide, "venendo in discussione non già l'an

    sibbene il quomodo dell'accesso alla tutela giurisdizionale"26.

    Ed ancora è stato sostenuto che il "margine di compromissione del principio

    di effettività della tutela giurisdizionale − che si vuole correlato ad un effetto

    dissuasivo del ricorso (…) − riflette una legittima opzione del legislatore, nel

    quadro di un bilanciamento di valori di pari rilievo costituzionale. Nel contesto del

    quale, il diritto di difesa (art. 24 Cost.) risulta (…) cedevole a fronte del valore del

    giusto processo (art. 111 Cost.), per il profilo della ragionevole durata delle liti,

    che trova innegabile ostacolo nella mole abnorme del contenzioso (…), che

    costituisce il dichiarato obiettivo della disposizione impugnata"27.

    Questo ragionamento, allora, è a fortiori valevole dove i valori di rilievo

    costituzionale son più d'uno: beneficiano infatti della super-accelerazione del

    processo anche i principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di

    certezza delle situazioni giuridiche, in un ambito settoriale che, come si è visto, ha

    il carattere della particolare rilevanza in funzione dell'effetto utile della direttiva

    appalti, nonché più in generale della creazione del mercato unico europeo, con

    l'abbattimento delle frontiere interne e garanzie in ordine alla libera circolazione

    delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Si ode in tale settore in maniera

    amplificata l'antico eco della limitazione di sovranità derivante dall'art.11, e quello

    più moderno di cui all'art. 117 della Costituzione, altresì da tenere in primaria

    considerazione nel bilanciamento degli interessi costituzionali coinvolti.

    E che la Corte abbia piena contezza della peculiarità del sistema processuale

    che involge gli appalti pubblici è fatto noto, come dimostrato in una "storica"

    26 Ibidem. 27 Corte Cost., 4 giugno 2014, n. 157.

  • 11

    pronuncia28 nella quale ha ritenuto congruo il celeberrimo termine di trenta giorni

    per proporre ricorso, e che:

    - "(…) La specialità della materia ben può conformare la disciplina

    legislativa del diritto di difesa alle speciali caratteristiche della struttura dei singoli

    procedimenti, anche in relazione alla materia del contendere, purché non sia

    pregiudicato lo scopo e la funzione del processo e non sia compromessa

    l’effettività della tutela giurisdizionale (sentenze n. 141 del 1998; n. 111 del 1998;

    n. 119 del 1995; n. 220 del 1994)".

    - Non può ritenersi irragionevole o arbitraria una disposizione volta "ad

    accelerare lo svolgimento dei processi amministrativi relativi alla materia delle

    opere pubbliche e alle attività e procedimenti amministrativi connessi,

    contrassegnati dalla rilevanza degli interessi incisi e dal coinvolgimento di

    posizioni individuali e collettive, (…) sono individuati alcuni profili processuali,

    ritenuti dal legislatore (…) idonei a accelerare i processi amministrativi, relativi

    alle indicate materie, spesso contrassegnati, in passato, da una eccessiva durata.

    E con riferimento alla conformazione del principio di effettività, si è detto in

    dottrina che la Corte costituzionale pare intenderla prevalentemente "nel senso di

    effettiva eseguibilità delle decisioni giurisprudenziali, ossia come garanzia della

    possibilità di operare mutamenti della realtà materiale corrispondenti al dictum

    giurisdizionale"29, in un'ottica non tanto o non solo di accesso alla giustizia, quanto

    più alla non privazione degli effetti utili che l'accesso stesso determina30, grazie

    all'effettiva traduzione della realtà giuridica giudiziaria nella realtà giuridica

    individuale.

    28 Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427. 29 TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull'effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, Milano, 2004, p. 43. 30 Cfr. Corte cost., 8 settembre 1995, n. 419, ove si legge che "una decisione di giustizia che non

    possa essere portata ad effettiva esecuzione (…) altro non sarebbe se non un'inutile enunciazione

    di principio, con conseguente violazione degli art. 24 e 113 Cost., i quali garantiscono il

    soddisfacimento effettivo dei diritti e degli interessi accertati in giudizio nei confronti di qualsiasi soggetto". Cfr. altresì Corte cost., 8 settembre 1995, n. 419

  • 12

    Ed infine la Consulta31 ha avuto già avuto modo di affermare come sia da

    escludersi "che la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale implichi

    necessariamente una relazione di immediatezza tra il sorgere del diritto (o

    dell’interesse legittimo) e tale tutela (…), essendo consentito al legislatore di

    imporre l’adempimento di oneri (…) che, condizionando la proponibilità

    dell’azione, ne comportino il differimento, purché gli stessi siano giustificati da

    esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia"32.

    Ora, ancorché la casistica analizzata dal Giudice delle leggi cui si riferisce

    l'ultima pronuncia citata sia differente ed apparentemente non pertinente, la sottesa

    ratio pare a contrariis estensibile a quella in parola: se si accetta la postulazione

    relativa alla non necessaria immediatezza tra sorgere del diritto e relativa tutela,

    così come non è stato ritenuto irragionevole differirla, parimenti non pare

    irragionevole nemmeno anticiparla al momento in cui un diritto è sorto, ancorché

    nella natura embrionale della strumentalità, in presenza di giustificate esigenze di

    ordine generali e da superiori finalità di giustizia.

    Ed in tale scenario non nuoce un richiamo ai pertinenti parametri

    convenzionali pur invocati in tutte le ordinanze in analisi, con riferimento alla

    consolidata giurisprudenza della Corte EDU, secondo la quale "il diritto a un

    tribunale, di cui il diritto all’accesso (…) costituisce un aspetto, non è assoluto,

    potendo essere condizionato a limiti implicitamente ammessi. Tuttavia, tali limiti

    non debbono restringere il diritto all’accesso ad un tribunale spettante all'individuo

    in maniera tale, o a tal punto, che il diritto risulti compromesso nella sua stessa

    sostanza. Inoltre, limiti siffatti sarebbero da considerarsi in violazione dell’articolo

    6 § 1 a meno che non perseguano uno scopo legittimo e che esista un ragionevole

    rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito"33.

    31 Corte Cost., 26 giugno 2018, n. 135. 32 Cfr. Corte Cost., 16 aprile 2014, n. 98; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 162 del 2016,

    n. 403 del 2007, n. 251 del 2003, n. 276 del 2000, n. 132 e n. 62 del 1998, n. 113 del 1997, n. 82

    del 1992 e n. 130 del 1970. 33 CEDU, 4 febbraio 2014, Staibano e altri contro Italia; Id 24 settembre 2013, Pennino c. Italia,

    paragrafo 73; Id 25 luglio 2002, Papon c. Francia; Id 14 dicembre 1999, Khalfaoui c. Francia.

  • 13

    Per ovviare infine a quella che può essere ritenuta una falla nelle ordinanze

    del giudice pugliese, che pare poter incidere in termini di difetto di motivazione

    sulla rilevanza della questione sollevata, stante l'assenza di qualsivoglia tentativo

    di interpretazione conforme in relazione alla direttiva ricorsi34, che come da

    costante giurisprudenza della Consulta funge da norma interposta atta ad integrare

    il parametro per la valutazione di conformità della normativa35, si ritiene di meglio

    indagare la disciplina la disciplina Euro-unitaria, con particolare riferimento alla

    interpretazione a questa data dalla Corte di Lussemburgo.

    3.2 Adattabilità alla vexata questio dei principi ad oggi espressi dalla Corte di

    Giustizia Europea

    3.2.1 Elementi indiziari sull'esito delle questioni pregiudiziali: il caso

    Commissione contro Irlanda

    Nell'ambito di un ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE,

    proposto dalla Commissione europea contro l'Irlanda36, la Corte di Giustizia

    Europea ha già avuto l'occasione di esprimersi in merito all'impugnabilità di atti

    preparatori, o decisioni intermedie, a carattere endoprocedimentale.

    Per quel che qui rileva, il fuoco della controversia ruotava attorno alla

    corretta interpretazione della disciplina interna che regolamentava le procedure di

    ricorso37, ai sensi della quale "Il ricorso avverso una decisione di aggiudicare o

    avverso l’aggiudicazione di un appalto pubblico dev’essere proposto quanto

    prima possibile e comunque entro tre mesi da quando sono emerse le ragioni su

    cui si basa il ricorso stesso, salvo che il giudice ritenga giustificata una proroga

    di detto termine".

    34 In termini cfr. Corte cost., ord. 3 giugno 1999, n. 212. 35 Tra le tante cfr. Cort. cost. 28 marzo 2006, n. 129. 36 CGUE, sez. III, 28 gennaio 2010, C‑456/08, Commissione contro Irlanda, ECLI:EU:C:2010:46. 37 Art. 84 A, n. 4, del regolamento di procedura degli organi giurisdizionali superiori (Rules of

    the Superior Courts), nella sua versione risultante dallo Statutory Instrument n. 374/1998.

  • 14

    La Commissione ravvisava ambiguità nella formulazione della norma, con

    conseguenti dubbi interpretativi che rendevano difficile agli offerenti capire quali

    decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice fossero impugnabili, ed entro quali

    termini.

    I Giudici irlandesi interpretavano tale disposizione nel senso

    dell'applicabilità non solo alla decisione definitiva di aggiudicazione, ma altresì

    alle decisioni intermedie adottate dalla stazione appaltante nel corso dello

    svolgimento della procedura di gara.

    La Corte convenne con la Commissione, e dichiarò che la normativa

    irlandese comportava l'incertezza denunciata, si da rendere praticamente

    impossibile o comunque eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti riconosciuti

    agli interessati dall’ordinamento europeo.

    In tale quadro succintamente ricostruito, la Corte ha statuito che non è

    conforme a quanto prescritto dall’art. 1, della direttiva ricorsi il fatto che l’ambito

    d’applicazione del termine decadenziale previsto dalla normativa nazionale "sia

    esteso ai ricorsi avverso decisioni intermedie adottate dalle amministrazioni

    aggiudicatrici nell’ambito del procedimento di aggiudicazione di un appalto

    pubblico, senza che ciò risulti chiaramente dal testo della disposizione".

    L'ultimo inciso è dirimente per comprendere il pensiero del giudice di

    Lussemburgo sull'impugnabilità degli atti endoprocedimentali.

    Ma prima di riportare il pronunciato sulla controversia, per meglio ricostruire

    detto pensiero, è di primaria importanza richiamare l'analisi effettuata

    dall'avvocato generale Juliane Kokott38, secondo la quale agli Stati membri "è data

    certamente la facoltà di prevedere termini di decadenza anche per i ricorsi in

    materia di appalti riguardanti azioni preparatorie e decisioni intermedie

    38 Conclusioni dell’avvocato generale presentate il 29 ottobre 2009, C‑456/08, ECLI:EU:C:2009:679.

  • 15

    dell’amministrazione aggiudicatrice, quali ad esempio la redazione di una «short

    list» o la determinazione di un offerente preferito".

    Ed ancora, si legge nelle di ella conclusioni, l'introduzione nell'ordinamento

    di adeguati termini di decadenza, anche riferibili a decisioni intermedie "è

    compatibile con il diritto comunitario nei limiti in cui si rispettino i principi di

    equivalenza e di effettività. A maggior ragione, simili termini di decadenza, tra cui

    anche i termini relativamente brevi, possono risultare leciti e adeguati laddove il

    diritto comunitario introduca, in un determinato ambito, un’esigenza di celerità,

    richiedendo, come avviene nel diritto degli appalti, un procedimento «quanto più

    rapid[o] possibile»".

    Siffatte conclusioni, ancorché in termini meno edulcorati ma cionondimeno

    perentori, sono state fatte proprie dalla Corte, che pronunciandosi sulla

    controversia ha statuito che, per realizzare gli obiettivi di celerità ed efficacia

    immanenti nella direttiva ricorsi, "gli Stati membri possono imporre termini di

    ricorso al fine di obbligare gli operatori a contestare entro termini brevi

    provvedimenti preparatori o decisioni intermedie adottati nell’ambito del

    procedimento di aggiudicazione di un appalto"39.

    3.2.2 Elementi indiziari sull'esito delle questioni pregiudiziali: il caso Marina del

    Mediterráneo.

    La Corte di Giustizia Europea ha avuto altresì l'occasione di esprimersi

    specificatamente in merito all'impugnabilità di atti preparatori, in una pronuncia40

    che pare di particolare rilievo ai fini di ponderare la conformità con il diritto

    Europeo del nostrale rito super-speciale.

    Nell'ambito di una gara in cui parteciparono solo due offerenti, uno di questi

    adì alla giustizia amministrativa per ottenere l'esclusione del concorrente, in

    39 Il principio di diritto, ad onor di completezza, è in termini rinvenibile anche nella sentenza della

    Corte, sez. III, 28 gennaio 2010, C-406/08, Uniplex, ECLI:EU:C:2010:45. 40 CGUE, sez. IV, 5 aprile 2017, C‑391/2015, Marina del Mediterráneo SL e altri, ECLI:EU:C:2017:268.

  • 16

    quanto a suo parere questo non era in possesso dei requisiti di natura soggettiva

    per la partecipazione alla procedura.

    Respinto il ricorso in primo grado, ed instaurato il giudizio di appello, il

    Tribunal Superior de Justicia de Andalucía41, previa informativa alle parti

    dell’eventuale esistenza di un motivo d’irricevibilità del ricorso, in quanto come si

    vedrà la normativa nazionale sanzionava con l'inammissibilità un ricorso in

    materia di aggiudicazione di appalti pubblici avverso atti preparatori non aventi i

    caratteri espressamente previsti dalla legge, sollevò questione pregiudiziale ai

    sensi dell'art. 267 TFUE.

    Il giudice di rinvio dubitava della compatibilità di una così architettata

    normativa con le disposizioni del diritto dell’Unione, ed investì dunque del caso la

    Corte lussemburghese per conoscere se una normativa nazionale che impedisce

    l’accesso al ricorso speciale in materia di appalti contro gli atti preparatori

    dell’amministrazione aggiudicatrice, quale la decisione di ammissione di

    un’offerta, i quali possono essere contestati esclusivamente nell’ambito di un

    ricorso avverso la decisione di aggiudicazione, fosse in contrasto con i principi di

    leale cooperazione e di effetto utile della direttiva, e con gli articoli 1, paragrafo 1,

    e 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 89/665.

    Nel pronunciarsi sulla questione la Corte, muovendo dall'analisi del contesto

    normativo unionale, richiama dapprima i principi fondamentali desumibili dalla

    direttiva 89/665 dirimenti ai fini della risoluzione della controversia:

    - i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano

    comunitario, per garantire tale applicazione [effettiva delle direttive in materia di

    appalti pubblici] non sempre permettono di garantire il rispetto delle disposizioni

    comunitarie, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere

    corrette42;

    41 Corte superiore di giustizia dell’Andalusia, Spagna. 42 Cfr. II° considerando.

  • 17

    - gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che (…)

    le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di

    un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, (…), sulla base

    del fatto che hanno violato il diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli

    appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono43;

    - gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso,

    secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o

    abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia

    stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione44;

    - gli Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle

    procedure di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di (…)

    annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle

    specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nell’invito

    a presentare l’offerta, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento connesso

    con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione45.

    La pronuncia si sviluppa poi con il richiamo alla disciplina spagnola, dove il

    principale riferimento è rinvenibile nella Ley 30/2007 de Contratos del Sector

    Público, la quale contiene le disposizioni relative al ricorso speciale in materia di

    appalti pubblici, e prevede l'impugnabilità dei seguenti atti:

    a) I bandi di gara, i capitolati d’oneri e i documenti contrattuali che

    stabiliscono le condizioni che devono disciplinare l’appalto.

    b) gli atti preparatori adottati nell’ambito della procedura di

    aggiudicazione, purché essi decidano direttamente o indirettamente

    sull’aggiudicazione, rendano impossibile continuare la procedura o determinino

    l’impossibilità di difendersi o un danno irreparabile a diritti o interessi legittimi.

    Gli atti della commissione aggiudicatrice che decidono l’esclusione di offerenti

    43 Cfr. art. 1 paragrafo 1. 44 Cfr. art. 1 paragrafo 3. 45 Cfr. Art. 2 paragrafo 1.

  • 18

    saranno considerati atti preparatori che rendono impossibile continuare la

    procedura.

    c) Le decisioni di aggiudicazione adottate dalle amministrazioni

    aggiudicatrici.

    È di solare evidenza che, sullo "scottante" tema dell'interesse a ricorrere, la

    disciplina spagnola è nella sostanza del tutto coincidente con quella domestica, si

    da poter presupporre senza particolari sforzi conformativi l'agevole ed immediata

    trasferibilità nell'ordinamento patrio dei principi della CGUE che ora si

    analizzeranno.

    Ritornando al ragionamento della Corte questa postula che, stante la

    generalità delle espressioni impiegate dal legislatore europeo nella direttiva ricorsi,

    qualsiasi decisione di un’amministrazione aggiudicatrice che ricada sotto le norme

    di diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici e sia idonea a violarle sia

    assoggettata al controllo giurisdizionale: nessun criterio discretivo è ravvisabile a

    seconda del contenuto o del momento in cui una decisione è stata assunta46.

    E che l'accezione della nozione di "decisione" sia accentuatamente estesa è

    confermata in un'ottica di coerenza sistematica interna, con riferimento sia al primo

    paragrafo dell'art. 1 della direttiva, il quale "non prevede alcuna restrizione per

    quanto riguarda la natura e il contenuto delle decisioni da essa contemplate"47,

    sia con il primo paragrafo dell’articolo 2, "che impone agli Stati membri di

    prevedere procedimenti d’urgenza in relazione a qualsiasi decisione adottata

    dalle autorità aggiudicatrici".

    Sulla base di tali postulati la Corte addiviene alla prima importantissima

    statuizione: "la decisione di ammettere un offerente a una procedura di

    aggiudicazione (…) costituisce una decisione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1,

    46 CGUE, sez. I, 11 gennaio 2005, Stadt Halle e RPL Lochau, C 26/03, ECLI:EU:C:2005:5, punto

    28 e giurisprudenza ivi citata. 47 Principio invero già espresso diversi anni prima in CGUE, sez. VI, 28 ottobre 1999, C-81/98,

    Alcatel Austria AG, ECLI:EU:C:1999:534.

  • 19

    di detta direttiva". Inesorabile corollario, quindi, non può che essere

    l'"ammissione" della sua immediata impugnabilità.

    Ed invero la Corte già ebbe a sostenere che, in assenza di formali previsioni

    della direttiva in ordine al momento a partire dal quale è garantita la possibilità di

    proporre un ricorso, gli Stati membri, seppur autonomizzati e legittimati a

    disciplinare le modalità del procedimento giurisdizionale inteso a garantire la

    tutela dei diritti spettanti ai singoli nel rispetto dei noti principi di equivalenza48 ed

    effettività49, non sono autorizzati a subordinare l’esercizio del diritto di ricorso al

    fatto che la procedura di appalto pubblico di cui trattasi abbia formalmente

    raggiunto una fase determinata50.

    La Corte chiude il proprio ragionamento statuendo che la direttiva ricorsi osta

    "ad una normativa nazionale in forza della quale la decisione di ammettere un

    offerente alla procedura di aggiudicazione, decisione che si asserisce violi il

    diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o la normativa nazionale che lo

    traspone, non figura tra gli atti preparatori di un’autorità aggiudicatrice che

    possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale autonomo".

    Leggendo a contrariis il principio, dunque, il fatto che la normativa

    nazionale, che si ribadisce sul tema è assolutamente speculare a quella italiana,

    richieda, in ogni caso, che l’offerente attenda la decisione di aggiudicazione

    dell’appalto di cui trattasi prima di poter proporre un ricorso contro l’ammissione

    di un altro offerente, non è conforme alle disposizioni della direttiva 89/665.

    Il principio di diritto espresso dalla Corte pare allora astrattamente idoneo a

    lumeggiare la legittimità dei mezzi impiegati dal rito super-speciale e, in ultima

    48 Le modalità procedurali non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi

    analoghi previsti per la tutela dei diritti derivanti dall’ordinamento interno. 49 Le modalità procedurali non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente

    difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico (su entrambi i principi si vedano

    le sentenze Orizzonte Salute (C‑61/14, EU:C:2015:655, punto 46, Club Hotel Loutraki e a., C‑145/08 e C‑149/08, EU:C:2010:247, punto 74 nonché eVigilo, C‑538/13, EU:C:2015:166, punto 39). 50 Cfr. sentenza dell’11 gennaio 2005, Stadt Halle, C-26/03, EU:C:2005:5, punto 38.

  • 20

    istanza, il ragionevole rapporto di proporzionalità tra gli scopi perseguiti51 ed i

    mezzi medesimi.

    3.2.3 Elementi indiziari sull'esito delle questioni pregiudiziali: la distanza tra le

    conclusioni dell'avvocato generale e la posizione della Corte

    Di particolare rilievo, nell'ambito della causa in analisi, è anche

    l'impostazione "teorica" della sentenza della Corte, nella misura in cui questa si

    discosta, per certi aspetti in modo netto, dalle conclusioni avanzate dell'avvocato

    generale Michal Bobek52.

    La posizione di quest'ultimo, che invero pare essere ispiratrice delle

    ordinanze originatrici della già affrontata "doppia pregiudizialità", è allineata alla

    giurisprudenza ed alla dottrina in Italia univoche.

    Ciò è reso evidente dalla diffusa argomentazione dell'avvocato generale in

    relazione all'interesse a ricorre: a suo parere "la linea di demarcazione fra gli atti

    che devono poter essere immediatamente oggetto di ricorso e quelli che non

    devono esserlo, intercorre tra gli atti che hanno effetti giuridici sfavorevoli per le

    imprese e quelli che non spiegano siffatti effetti. Il ricorso immediato deve essere

    previsto per i primi, ma non necessariamente per i secondi".

    Sviluppando ulteriormente detto approccio argomentativo, Bobek suggerisce

    che gli Stati membri dovrebbero essere "obbligati a prevedere un ricorso

    immediato avverso gli atti illegittimi che incidono sfavorevolmente sulla posizione

    giuridica di un potenziale offerente in modo tale da rendere eccessivamente

    difficile o impossibile la sua successiva utile partecipazione", pena diversamente

    la compromissione della trasparenza e della leale concorrenza nell’ambito della

    procedura di gara.

    51 Non è da nessuno stata messa in discussione la bontà del fine, che in ultima istanza riposa sulla

    deflazione del contenzioso, sulla celerità dei giudizi, e sulla certezza delle situazioni giuridiche. 52 Conclusioni dell'avvocato generale, presentate l'8 settembre 2016, ECLI:EU:C:2016:651.

  • 21

    L'argomentazione prosegue sostenendo che, in relazione alla decisione di

    ammettere un candidato a presentare un’offerta:

    - "non risulta incidere sfavorevolmente sulla posizione giuridica degli altri

    candidati, in particolare nel caso di una procedura aperta nell’ambito della quale

    la concorrenza deve essere più ampia possibile;

    - (…) gli effetti giuridici sfavorevoli che si ripercuotono immediatamente

    sulla posizione giuridica di un’impresa devono essere distinti dalle implicazioni

    meramente fattuali per un’impresa che prende parte a una gara;

    - (…) salvo che tutte le regole in materia di appalti pubblici siano

    interpretate come massime di legalità oggettiva e astratta, che potrebbero essere

    fatte valere da ogni potenziale concorrente a titolo di diritto soggettivo, la

    decisione di ammettere un candidato non incide (ancora) sfavorevolmente sulla

    sua posizione giuridica".

    L'avvocato generale si spinge ad un'affermazione di particolare rilievo:

    "Contrasterebbe (…) con l’approccio adottato più di recente dal legislatore

    dell’Unione ritenere che il ricorso autonomo avverso la decisione di ammettere

    un candidato, separato dal ricorso contro la decisione di aggiudicazione di un

    appalto, debba derivare dall’esistenza di un passaggio distinto e autonomo nella

    procedura di aggiudicazione posto che i suddetti due passaggi stanno, di fatto,

    avvicinandosi" sicché non è da ritenersi sussistente un obbligo per lo Stato membro

    di prevedere un ricorso immediato e autonomo contro la decisione di ammettere

    un altro concorrente a una procedura di appalto pubblico, i quali devono tuttavia

    garantire la possibilità di dedurre un motivo di illegittimità nell'ambito di

    un’azione proposta avverso la decisione finale di aggiudicazione dell’appalto

    relativa alle precedenti decisioni di ammissione dei candidati.

    Non vi è alcun obbligo: ciò, si badi bene, non è idoneo ad escludere in nessun

    caso la possibilità che una facoltà invece sussista.

    Le conclusioni cui l'avvocato perviene sono del seguente tenore:

  • 22

    "gli articoli 1, paragrafi 1 e 3, e 2, paragrafo 1, della direttiva sulle

    procedure di ricorso non ostino a una normativa nazionale come quella oggetto

    del procedimento principale, a condizione che:

    1) la normativa nazionale non impedisca il ricorso immediato avverso

    gli atti preparatori che hanno effetti giuridici sfavorevoli per le imprese;

    2) sia possibile dedurre un motivo di illegittimità di atti preparatori che

    non hanno effetti giuridici sfavorevoli per le imprese, come la decisione di

    ammettere un candidato alla procedura di gara, a sostegno di un’azione proposta

    avverso la decisione finale di aggiudicazione adottata sulla base di tali atti

    preparatori".

    È di palese evidenza che se detta impostazione fosse stata accolta dalla Corte,

    il destino del rito "super-speciale" sarebbe già inesorabilmente ed infaustamente

    segnato.

    Il primo punto delle conclusioni, infatti, stante l'impianto teorico sul quale è

    costruito, secondo il quale la decisione di ammettere i candidati non incide ancora

    sfavorevolmente sulla loro posizione giuridica, non è ragionevolmente applicabile

    alla decisione di ammissione, salvo forse in un caso come quello scrutinato, nel

    quale gli offerenti nell'ambito di una procedura di gara erano soltanto due, sicché

    l'illegittimità dell'ammissione è in grado di incidere direttamente ed in modo

    sfavorevole sulla situazione giuridica dell'avversario, in assenza della quale non

    avrebbe competitor a contendergli il bene della vita.

    Tuttavia la Corte, obliterando ogni forma di onanismo concettuale per

    attenersi alla pragmaticità che storicamente ne contraddistingue l'azione, stante

    l'impossibilità di coniugare in minino comune denominatore le segmentazioni dei

    diversi impianti "filosofici" di ciascuno stato membro, ragiona in termini generali

    ed astratti e, diversamente dall'avvocato generale, fonda la propria pronuncia sul

    dato letterale della direttiva: l'atto di ammissione di un offerente ad una procedura

    di aggiudicazione, si configura come "decisione" ai sensi dell’articolo 1, paragrafo

  • 23

    1, della direttiva, e, per gli effetti del medesimo articolo, questa è da ritenersi

    impugnabile con un ricorso.

    La configurazione di un sistema giurisdizionale di tipo oggettivo o soggettivo

    non è rilevante per il diritto dell'Unione, per il quale rileva esclusivamente l'effetto

    utile delle direttive (appalti e ricorsi); e le direttive rilevano per i fini, non per i

    mezzi.

    Nemmeno la configurazione domestica dell'interesse legittimo, pure

    richiamata dall'avvocato generale, possiede una qualche rilevanza per il diritto

    dell'Unione, che ne trascura persino la concettualizzazione53, passaggio infatti

    ignorato anche dalla Corte.

    Ed anzi, in una recentissima pronuncia, il giudice del rinvio è stato chiamato

    a valutare "se l’applicazione concreta della normativa italiana relativa alla

    capacità di agire in giudizio, come interpretata dal Consiglio di Stato e dalla Corte

    costituzionale, sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale

    effettiva delle ricorrenti nel procedimento principale"54.

    Suggerimento o monito che sia, esso rappresenta sicuramente un segnale

    debole di distanza tra posizione Italiana ed Europea in tema di lesione degli

    interessi, dove la seconda naviga in latitudini maggiori, considerando "interesse

    attuale al ricorso anche il (mero) rischio presente, o perfino passato di lesione"55.

    Sulla base di quali elementi il diritto dell'Unione dovrebbe formulare giudizi

    di valore sulla bontà di un sistema a discapito dell'altro? Il sistema di tutela

    amministrativa tedesco, culla della giurisdizione soggettiva56, è da ritenersi

    53 Sul punto cfr. MUSELLI L., La giustizia amministrativa dell'ordinamento comunitario, Torino,

    2000, p. 138; BILANCIA P., Situazioni soggettive di derivazione comunitaria e loro tutela, in Diritto e Società, 1991, p. 632. 54 CGUE, sez. III, 28 novembre 2018, C-328/2017, Amt Azienda Trasporti e Mobilità,

    ECLI:EU:C:2018:958. 55 PICOZZA E., Il cumulo (condizionale) di domande e il processo amministrativo: rilievi critici,

    in Diritto e processo amministrativo, 1, 2016. 56 "Il sistema processuale tedesco è probabilmente quello più fortemente centrato sulla protezione

    della situazione giuridica soggettiva del ricorrente", cfr. GIAVAZZI M., La legittimazione

    processuale nel contenzioso sugli appalti pubblici e l’effettività del diritto europeo: un (falso) problema di convivenza, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2012, 6, p. 1081-

  • 24

    migliore (o più tutelante) di quello francese, culla invece della giurisdizione

    oggettiva57?

    I termini della questione configurano un'equazione indeterminata, che

    ammette cioè infinite soluzioni, sicché il tentativo di risposta, pur con tutta la

    buona volontà e con l'acume di maggior spessore, costituisce un'impresa titanica

    financo impossibile nell'oggetto.

    Nell'ambito dell'inevitabile contaminazione degli ordinamenti si è

    icasticamente affermato che “la dilatazione della disciplina amministrativa dettata

    dall’Unione e l’interscambio di esperienze e soluzioni tra Stati, nonché tra Stati e

    Unione, costituiscono, rispettivamente l’ordito e la trama del concreto facere del

    diritto amministrativo europeo (ma anche nazionale)”58.

    Ed in tale contesto il lavoro di tessitura della Corte di giustizia non è andato

    "alla ricerca di un minimo comune denominatore, né della soluzione

    quantitativamente prevalente", bensì "della regola di legittimazione che, ancorché

    non condivisa da tutti gli Stati membri, nondimeno meglio assicuri la realizzazione

    dell’effetto utile dell’effetto diretto delle norme comunitarie"59.

    3.2.4 Elementi indiziari sull'esito delle questioni pregiudiziali: la

    "futura preclusione" ed il termine decadenziale

    Se allora, come si è cercato di dimostrare, la possibilità di impugnare una

    decisione preparatoria, quale è l'atto di ammissione di un offerente agli step

    successivi di una procedura, sulla base della giurisprudenza analizzata è da

    ritenersi prima facie perfettamente compatibile con il diritto dell'Unione, resta di

    indagare l'impatto della preclusione processuale a far valere le censure avverso

    detta decisione preparatoria nel giudizio instaurato avverso l'aggiudicazione.

    57 Si è affermato che “Quello francese è, in definitiva, un sistema di giustizia amministrativa a

    connotazione puramente oggettiva”, Ibidem, p. 1072 58 STICCHI DAMIANI S. VETRÒ F., Lezioni di diritto amministrativo europeo, Torino, 2010,

    p XV. 59 GIAVAZZI M., Op. cit., p. 1062.

  • 25

    Si tratta allora di capire se un siffatto strumento processuale, che trasforma

    una "possibilità" in una "necessità"60, sia potenzialmente idoneo a mettere in

    pericolo l'effetto utile della direttiva ricorsi, e se concretamente attenti ai diritti

    conferiti ai singoli dall'ordinamento europeo, ed in generale all'effettività della

    tutela giurisdizionale.

    Su tale sensibile aspetto la Corte ha già avuto modo di esprimersi, ancorché

    chiaramente non con specifico riferimento ad un istituto processuale peculiare

    come quello in analisi, che rappresenta un unicum nel panorama europeo, sicché

    si cercherà di verificare latamente l'aderenza dei principi generali all'eccentrico

    istituto.

    Dapprima giova però rammentare come, al pari della Corte Costituzionale

    che riserva al legislatore ampia discrezionalità nella modellazione degli istituti di

    matrice processuale, anche il diritto dell'Unione riconosce ampia autonomia agli

    Stati membri nella scelta delle garanzie procedurali menzionate nella direttiva

    ricorsi, nel rispetto del "diktat" relativo ai principi di equivalenza ed effettività.

    Sul ruolo che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di

    decadenza ricopre nell'ambito delle procedure di appalto, la Corte ha idee chiare e

    granitiche: è idonea a "garantire che le decisioni illegittime delle amministrazioni

    aggiudicatrici, dal momento in cui sono note agli interessati, vengano denunciate

    e rettificate il più presto possibile"61 e, in linea di principio, risponde "all’esigenza

    di effettività derivante dalla direttiva 89/665, in quanto costituisce l’applicazione

    del fondamentale principio della certezza del diritto" che sarebbe compromessa

    "se ai candidati ed offerenti fosse consentito far valere in qualsiasi momento del

    procedimento di aggiudicazione infrazioni alle regole di aggiudicazione,

    60 Il riferimento è al dubbio espresso dal Tar Puglia nell'ordinanza di remissione, il quale,

    richiamando l'art. 24 Cost. (“Tutti possono (…), di (…) agire in giudizio per la tutela dei propri

    diritti e interessi legittimi”), sostiene che questo "attiene alla libertà di stabilire autonomamente

    senza coartazione alcuna (anche da parte del legislatore) se l’azione giurisdizionale risponde ad

    un proprio effettivo interesse (…), ovvero di decidere di astenersi dall’agire in giudizio, se detto

    interesse non dovesse essere ritenuto sussistente". 61 CGUE, sez. V, 12 dicembre 2002, C-470/99, Universale-Bau, ECLI:EU:C:2002:746

  • 26

    obbligando quindi l’amministrazione aggiudicatrice a ricominciare l’intero

    procedimento al fine di correggere tali infrazioni"62.

    D'altro canto, la Corte non ha dubbi sul fatto che una sanzione come la

    decadenza risponda, in linea di principio, "all’esigenza di effettività derivante

    dalla direttiva 89/665, in quanto costituisce l’applicazione del fondamentale

    principio della certezza del diritto" che si riverbera "a tutela sia del singolo sia

    dell’amministrazione interessati", nell'ambito del quale tuttavia le preclusioni

    processuali "non devono essere tali da rendere praticamente impossibile o

    eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico

    dell’Unione"63.

    L’applicazione di una norma decadenziale quale quella relativa al rito super-

    speciale, difficilmente potrà essere considerata irragionevole, poiché non si

    ravvisa motivo alcuno per il quale questa possa rendere praticamente impossibile

    o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti riconosciuti all’interessato

    dall’ordinamento comunitario, ed in tal senso, giurisprudenza e dottrina, non sono

    stati particolarmente incisivi nell'apportare motivi di contrasto con il suddetto

    principio fondamentale:

    − non per i termini, ampiamenti superiori rispetto a quelli minimi previsti dal

    diritto unionale;

    − non per la paventata necessità di un "ricorso al buio", stante l'interpretazione

    conforme adoperata dai giudici nazionali prima, e dall'intervento correttivo sul dies

    a quo poi.

    E allora, se l'unica difficoltà rilevata è connessa all'eccessiva onerosità

    dell'accesso alla giustizia64, ovvero all'impatto economico che gli operatori

    economici sono costretti a subire in forza della disciplina nazionale, con

    riferimento al famigerato "contributo unificato", per quale ragione è l'art. 120 c.p.a.

    62 CGUE, sez. VI, 12 marzo 2015, C-538/13, eVigilo, ECLI:EU:C:2015:166. 63 CGUE, sez. V, 18 ottobre 2012, C‑603/10, Pelati, EU:C:2012:639. 64 L'ordinanza del T.A.R. pugliese n. 903/2018 si riferisce per ben quattro volte e con diversi

    aggettivi all'onerosità dei ricorsi (gravoso, costoso, ingente).

  • 27

    ad essere tacciato di incostituzionalità ed incompatibilità con il diritto dell'Unione,

    quando questo nulla prevede in ordine ai costi della giustizia, e non già la disciplina

    primaria che regolamenta il contributo medesimo?

    Su questo aspetto ci si soffermerà subito. Si ripartirà subito dopo dalla

    pronuncia Marina del Mediterráneo con un'analisi in prospettiva comparativistica,

    in quanto pare di primario interesse approfondire le ricadute della decisione sul

    diritto positivo e sulla giurisprudenza spagnoli, Stato la cui normativa ha

    necessitato dell'intervento (non) risolutore della Corte.

    3.2.5 Contributo unificato o plurificato?

    È opinione diffusa in dottrina, tra gli operatori giuridici e tra gli stessi

    magistrati, che l'imposizione di una tassazione così pesante65 in materia di appalti

    rappresenti la volontà del Legislatore italiano di ostacolare l'accessibilità ai mezzi

    di ricorso in tale peculiare settore in un'ottica "esasperatamente" deflattiva.

    Sulla natura irrazionale ed iniqua del contributo unificato per l'accesso alla

    giustizia in materia di appalti si è già molto detto, la quale è stata ritenuta

    "rivelatrice di un intento quasi intimidatorio a non insistere nell’azione

    giurisdizionale intrapresa ed a non disturbare oltre il giudice"66.

    Rimandando alla puntuale dottrina che già ha scandagliato in profondità la

    norma67, ed analizzato i vani tentativi di farne statuire l'irragionevolezza da parte

    65 Ai sensi dell'art. 13, c. 6-bis, lett. d) del DPR 115/2002 il contributo dovuto è di euro 2.000

    quando il valore della controversia è pari o inferiore ad euro 200.000; per quelle di importo

    compreso tra euro 200.000 e 1.000.000 il contributo dovuto è di euro 4.000 mentre per quelle di

    valore superiore a 1.000.000 di euro è pari ad euro 6.000. Tali importi aumentano ulteriormente -

    ex comma 1-bis del medesimo articolo - del 50% per il giudizio di appello, (rispettivamente dunque 3.000, 6.000 e 9.000 €). Sempre l'art. 13, al comma 1-quater, poi una sanzione nel caso

    di impugnazioni in appello dichiarate infondate, inammissibili o improcedibili, intesa sempre a

    titolo di contributo unificato, di importo pari a quello dovuto per la stessa impugnazione,

    principale o incidentale. 66 T.R.G.A. Trento, ordinanza 29 gennaio 2014, n. 23, con la quale è stata rimessa la questione

    pregiudiziale alla CGUE. 67 PRESUTTI L., L’incompatibilità del contributo unificato negli appalti pubblici con la direttiva

    ricorsi, in Urb. App., 6, 2014; VUOLO A., La decisione della Corte di giustizia in materia di

    contributo unificato: ovvero dell'impossibilità di pervenire ad assestamenti definitivi nella tutela

    multilivello dei diritti (nota a Corte di giustizia dell'Unione europea, 6 ottobre 2015), in Federalismi.it, 2015; IORIO F., Il contributo Il contributo unificato nei giudizi sugli appalti

  • 28

    della Consulta68, giova qui concentrarsi sui principi di diritto espressi dalla Corte

    di Giustizia Europea69, in quanto particolarmente pregnanti, cercando di

    verificarne la rilevanza e la trasferibilità allo specifico contesto del rito super-

    speciale, e delle peculiarità fiorite nell'effettività della prassi.

    Il quesito al quale si deve dare risposta è del seguente tenore: la tassazione

    degli atti giudiziari di cui trattasi costituisce un impedimento al diritto di accesso

    alla giustizia?

    L'avvocato generale Illo Jääskinen70, rispose in forma condizionatamente

    negativa:

    - l’importo del tributo giudiziario non deve costituire un ostacolo all’accesso

    alla giustizia né deve rendere l’esercizio del diritto al sindacato giurisdizionale

    eccessivamente difficile, caratteristiche non possedute dalla normativa italiana che

    rispetta il principio di proporzionalità.

    - Il contributo deve essere "unificato", nel senso che è da ritenersi invece

    illegittima la riscossione di più tributi giudiziari cumulativi in procedimenti

    giurisdizionali in cui un’impresa impugni la legittimità di un’unica procedura di

    aggiudicazione di un appalto71.

    La Corte convenne però solo con la prima delle due statuizioni, affermando

    invece la piena legittimità di un contributo plurificato: la direttiva ricorsi non osta

    "né alla riscossione di tributi giudiziari multipli" relativamente a "diversi ricorsi

    giurisdizionali relativi alla medesima aggiudicazione", né all'obbligo di "versare

    pubblici e il principio di effettività della tutela dopo la sentenza della Corte di Giustizia U.E.:

    un'occasione mancata, in De Iustitia, 3, 201; MARZANO L., Luci e ombre sul contributo unificato, in Il libro dell'anno del diritto 2017, Roma, 2017. 68 RODIO R. G., Costi processuali, accesso alla giustizia e diritto di difesa: la Corte costituzionale nuovamente chiamata a pronunciarsi sul contributo unificato, in

    Dirittifondamentali.it, 2/2017. 69 CGUE, sez V, 6 ottobre 2015, C-61/14 - Orizzonte Salute, ECLI:EU:C:2015:655. 70 Conclusioni presentate in data 7 maggio 2015, ECLI:EU:C:2015:307 71 Seppur con l'attenuazione connessa al fatto che in ogni caso spetta al giudice del rinvio condurre

    un "test" di proporzionalità, al fine di stabilire se la restrizione al diritto al «sindacato

    giurisdizionale», sia giustificata alla luce del criterio di proporzionalità stabilito dall’articolo 52,

    paragrafo 1, della Carta.

  • 29

    tributi giudiziari aggiuntivi per poter dedurre motivi aggiunti relativi alla

    medesima aggiudicazione" nel contesto di un procedimento giurisdizionale giù in

    corso. In tale contesto spetta tuttavia al giudice nazionale esaminare gli oggetti dei

    ricorsi presentati da un amministrato o dei motivi dedotti dal medesimo nel

    contesto di uno stesso procedimento per accertare che tali oggetti siano

    effettivamente distinti o costituiscano un ampliamento considerevole dell’oggetto

    della controversia già pendente. In caso di negativo accertamento il giudice è

    tenuto a dispensare l’amministrato dall’obbligo di pagamento di tributi giudiziari

    cumulativi.

    Si tratta allora di capire se le impugnazioni delle ammissioni costituiscono

    "diversi ricorsi", o se invece il ricorso sia unico avverso "l'(unitario)atto che

    determina le ammissioni e le esclusioni".

    Il T.A.R. Piemonte, nella più volte citata ordinanza di remissione, pare non

    avere dubbi: è necessario "formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per

    evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo (ogni

    ammissione potrebbe risultare affetta da vizi propri e distinti rispetto all’altra, con

    diversità oggettiva e soggettiva per ogni ricorso), con la necessaria proposizione

    di tanti ricorsi quante sono le ditte ammesse e quindi con la conseguenza di dover

    versare il contributo unificato per ogni ricorso (può dirsi acclarata la funzione

    dissuasiva all’azione giurisdizionale indotta dal cumulo di tributi giudiziari dovuti

    in caso di impugnazione separata degli atti di ammissione e di aggiudicazione

    nell’ambito della stessa procedura di gara)".

    Se così stessero le cose non vi sarebbero dubbi sull'incompatibilità della

    norma72, in quanto certamente il cumulo di contributi unificati determinerebbe

    un'incidenza di gran lunga superiore al 2% rispetto al valore dell’appalto, "soglia

    di tolleranza" ritenuta congrua dalla Corte73 ai fini di non rendere praticamente

    72 Dell'art. 9 del DPR 115/2002, si ribadisce; giammai dell'art. 120 c.2-bis c.p.a. 73 "I tributi giudiziari da versare per proporre ricorsi giurisdizionali amministrativi in materia di

    appalti pubblici che non siano superiori al 2% del valore dell’appalto in questione non sono tali

    da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti

    dall’ordinamento giuridico dell’Unione in materia di appalti pubblici".

  • 30

    impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti

    dall’ordinamento giuridico dell’Unione in materia di appalti pubblici.

    Tuttavia l'affermazione del giudice torinese non pare essere pienamente

    convincente.

    Si ritiene infatti che il rito super-speciale di cui all'art. 120, c. 2-bis c.p.a.

    abbia introdotto un’ipotesi legalmente prevista di impugnazione cumulativa,

    seppur in un'accezione impropria, in quanto come si vedrà cumulativa non è, in

    virtù dell'oggettiva esistenza di un rapporto giuridico sostanziale e processuale

    unitario.

    E ciò è reso deducibile dal reso significato reso palese dalle parole74:

    - sia nell'ambito dell'art. 29 del Codice dei contratti, dove è espressamente

    previsto che al fine di consentire l'eventuale proposizione "del ricorso" ai sensi

    dell’articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, è

    pubblicato "il provvedimento" che determina le ammissioni e le esclusioni dalla

    procedura di affidamento;

    - sia nell'ambito dello stesso art. 120, dove parimenti si ravvisa che i

    sostantivi sono espressi, ed i verbi coniugati, al singolare, è previsto che detto

    provvedimento vada impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua

    pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi

    dell'articolo 29 succitato.

    Provvedimento, unico, che determina le ammissioni, plurime: siamo allora di

    fronte ad un atto peculiare e complesso, e plurale, sia in relazione ai potenziali e

    diversificati vizi, sia in relazione ai potenziali soggetti cui gli stessi vizi vanno

    riferiti e sulla cui posizione sono idonei ad incidere.

    74 In termini cfr. LIPARI M., La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in Federalismi.it, 2016: “provvedimento al singolare, ossia all’atto unitario

    che dovrebbe concludere definitivamente la fase di ammissione e verifica dei requisiti di

    partecipazione dei concorrenti", locuzione importante perché "consente di qualificare e

    rafforzare, sotto il profilo sostanziale, l’autonomia della fase procedimentale considerata,

    giustificando, sul piano sistematico, la disposta anticipazione della tutela, ora riferita ad una determinazione a valenza provvedimentale e non più ad un atto endoprocedimentale".

    http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2016_0050.htm#029

  • 31

    Ed è per tali ragioni che il riferimento alla questione "cumulabilità" avanzato

    dal Collegio pare improprio: semplicemente non si è in presenza di diversi

    provvedimenti75, questi si da impugnarsi con autonomi ricorsi in forza

    dell'inapplicabilità della connessione soggettiva invece cara al processo civile76.

    Una siffatta affermazione è del resto coerente con la conformazione data

    dalla dottrina a quell'interesse legittimo di nuovo conio di cui s'è già detto, volto

    alla giusta formazione della platea dei concorrenti in gara: un nuovo "sub-bene"

    della vita il quale, si badi bene, non può che riferirsi al alla platea nel suo

    complesso, e non già a ciascun singolo frammento di cui questa è composta, che

    se isolato "dal tutto" condurrebbe all'inesorabile liquefazione dello stesso interesse

    che legittima il ricorso.

    Nell'ambito della sua struttura bifasica77, semplicemente, il rito super-

    speciale prevede che a conclusione dell'istruttoria di ciascuna fase, la stazione

    appaltante si esprima con provvedimento unitario ed espresso: l'atto di

    ammissione/esclusione al termine di valutazione della documentazione

    amministrativa; l'atto di aggiudicazione al termine di valutazione delle offerte;

    ciascuno dei quali autonomamente impugnabile.

    Si pensi per analogia al caso in cui il terzo graduato intenda proporre ricorso

    avverso all'aggiudicazione: il ricorso sarà unico e rivolto al provvedimento che la

    determina, e giammai potrà essere rivolta ai singoli offerenti ed alle singole

    illegittimità delle loro offerte, per scalfire separatamente la loro superiore

    posizione in graduatoria.

    75 In termini cfr. PIETROSANTI A. G., Piena conoscenza, termine per impugnare ed effettività

    della tutela nel rito “super accelerato” ex art. 120 co. 2 bis c.p.a., in Federalismi.it, 2017. 76 Cons. St., sez. IV, 29 novembre 2017, n. 5597. 77 Anche se di fatto la struttura è da ritenersi trifasica, se si considera l'impugnabilità del bando

    per clausole escludenti.

  • 32

    La scelta di riunire i ricorsi, si vuol dire, non è posta a valle, e non è adottata

    unilateralmente dal ricorrente, in una sorta di invasione di campo che costituisce

    anticipazione di una facoltà del giudice ex art. art. 70 c.p.a78.

    Si tratta invece di una presupposizione giuridica operata a monte dal

    legislatore stesso, in quanto ha ritenuto evidente una connessione

    infraprocedimentale dal punto di vista oggettivo, "ossia un collegamento tra atti

    del medesimo procedimento, avvinti da un nesso di presupposizione giuridica" e

    "di carattere logico"79. E ciò in quanto i singoli atti di ammissione "incidono sulla

    medesima vicenda"80, nell'unitario sostrato fattuale e procedimentale, nonché

    finalistico, volto a dichiarare chi ha diritto di accedere al prosieguo della fase di

    gara, espresso nella previsione legale di unicità del provvedimento stesso.

    A sostegno della tesi qui propugnata è altresì d'uopo richiamare la

    giurisprudenza81 che ha dato conto della ratio iuris su cui si fonda il sistema

    processuale in tema di connessione oggettiva, si da appurare che questa mal si

    attaglia alle peculiarità del rito super-speciale:

    a) l’esigenza di evitare la confusione tra controversie diverse con

    conseguente aggravio dei tempi del processo.

    Sotto questo profilo non pare possa ravvisarsi confusione tra diverse

    controversie, in quanto la res controversa è solo una: stabilire se le ammissioni

    siano legittime o meno.

    b) la necessità di impedire l’elusione delle disposizioni fiscali, atteso

    che con il ricorso cumulativo il ricorrente chiede più pronunce giurisdizionali

    provvedendo, però, una sola volta al pagamento dei relativi tributi.

    Anche in questo caso la pronuncia è unica, relativamente alla legittimità,

    totale o parziale, dell'atto impugnato. Ed è proprio su detta considerazione che si

    78 Cfr. T.A.R. Lazio, Roma, II-quater, 16 gennaio 2017, n. 708. 79 Da ultima, tra le tante, cfr. Cons. St. sez. IV, 13 aprile 2018, n. 2219. 80 Ibidem. 81 Cons. Stato, sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6537; Id, sez. IV, 29 novembre 2017, n. 5597.

  • 33

    rende quanto mai necessaria un'interpretazione conforme del sistema processuale,

    tale da consentire alla norma di permanere entro un alveo di legittimità

    costituzionale ed euro-unitaria, e sbilanciare a favore del primo il binomio

    effettività/onerosità.

    c) l’esigenza di evitare l’inutile aggravio dei tempi del giudizio e di

    salvaguardare il potere latamente discrezionale del giudice di disporre la riunione

    dei processi ex art. 70 c.p.a.

    Sotto il primo profilo il problema non si pone: il Legislatore ha ritenuto che

    il rito super-speciale mirasse proprio alla riduzione dei tempi del giudizio. In

    relazione al secondo profilo il potere di riunione dei processi permane in capo al

    giudice, con riferimento ai ricorsi presentati da altri operatori economici in

    relazione alle medesime ammissioni, più volte impugnate queste da parti diverse.

    In un così ricostruito quadro pare allora pienamente rispettata la norma

    sancita dall’art. 40, comma 1, lett. b), c.p.a., che, nell’individuare il contenuto

    necessario del ricorso, stabilisce che lo stesso deve contenere, fra l’altro,

    “l’indicazione dell’oggetto della domanda, ivi compreso l’atto o il provvedimento

    impugnato…” con ciò lasciando intendere, testualmente, che nel giudizio

    impugnatorio, a ciascun ricorso corrisponde di norma l’impugnativa di un solo

    provvedimento82, e, di conseguenza, il relativo contributo unificato.

    E se detta ricostruzione è accettata, e si ammette che il provvedimento che

    determina le ammissioni e le esclusioni è atto unico volto all'anticipata definizione

    della platea dei concorrenti (posizione sostanziale che legittima il ricorso stesso),

    giocoforza, ed indipendentemente dal numero delle parti in causa, l'obbligazione

    tributaria sarà correlata al versamento di un solo contributo unificato83.

    In tal guisa pare evidente che i principi enucleati dalla CGUE nella pronuncia

    analizzata possano in pieno essere calati sul rito super-speciale, escludendo anche

    su tale "contestazione" la sussistenza di conflitti con il diritto Europeo, in quanto

    82 Cons. St., sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6537. 83 A medesime conclusioni perviene LIPARI M., La fase di verifica dei requisiti, op. cit.

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    non si ravvisano ostacoli tali da rendere eccessivamente difficile, in termini di

    onerosità, la possibilità di ricorrere.

    Infine è doveroso segnalare, come del resto confermato dal giudice del rinvio,

    che il previo pagamento del contributo unificato non costituisce condizione di

    ammissibilità e/o procedibilità del ricorso, sicché il diritto di difesa non potrà

    ritenersi (completamente) scalfito da una misura particolarmente onerosa

    condizionante l'accesso alla giustizia.

    Avverso al provvedimento con il quale si richiederà l'esazione del tributo è

    infatti sempre consentita impugnazione, nell'ambito della quale si potrà sollecitare

    il sollevamento di questioni pregiudiziali, sia di conformità a Costituzione che al

    diritto euro-unitario, rispetto alle previsioni del DPR 115/2002, fuor di dubbio

    eccessivamente onerose nello scenario in cui si voglia dar per assodato che i

    contributi da versare siano tanti quanti gli offerenti per i quali si pretende

    l'esclusione.

    Si è consci che la soluzione proposta non è "sistematicamente" soddisfacente.

    Lasciando necessariamente ad altri l'arduo compito di analizzare i meccanismi di

    complessificazione del processo84, ci si limita qui ad evidenziare un'abnormità del

    sistema, che impone una riflessione in ordine alla necessaria revisione della

    disciplina del contributo unificato, approntandone una specifica adatta alle

    peculiarità del rito "super-speciale".

    Si pensi ad un caso di scuola in cui in una procedura di gara del valore di

    1.000.001 di euro, venti offerenti intendano tutti impugnare l'ammissione dello

    stesso offerente, palesemente in difetto dei requisiti prescritti.

    Accolti i venti ricorsi la parte soccombente sarà costretta ad accendere un

    mutuo, e ciò poiché in forza della previsione di cui all'art. 13, comma 6-bis.1, del

    DPR 115/2002 sarà chiamata a rifondere a ciascuna parte vittoriosa il contributo

    84 Su tutti si pensi al tema non certamente caro (e chiaro) al processo amministrativo del

    litisconsorzio, cfr. sul punto RAMAJOLI M., Il cumulo soggettivo nel processo amministrativo,

    in Diritto processuale amministrativo, 2014, IV, pp. 1237-1260.

  • 35

    unificato, si rammenta pari a 6.000,00 euro, e ciò indipendentemente dalla

    compensazione delle spese eventualmente disposta dal giudice. In assenza di

    compensazione, poi, il paradosso è moltiplicato venendo all'evidenza un

    clamoroso esborso, nell'ordine delle centinaia di migliaia di euro!

    3.2.6 Il percorso spagnolo dopo il caso Marina del Mediterráneo: il giudice

    boicotta la legge?

    Come si è avuto modo di vedere, la disciplina (positiva) spagnola e

    (giurisprudenziale) italiana sono gemelli eterozigoti, con riferimento particolare

    ma non esclusivo al sistema di impugnazioni nell'ambito delle procedure di

    appalto.

    Basti un richiamo alla giurisprudenza spagnola per avvedersene: "la

    legitimación activa comporta que la anulación del acto impugnado produzca de

    modo inmediato un efecto positivo (beneficio) o la evitación de un efecto negativo

    (perjuicio) actual o futuro, pero cierto y presupone que la resolución

    administrativa pueda repercutir, directa o indirectamente, pero de modo efectivo

    y acreditado, es decir, no meramente hipotético, potencial y futuro, en la esfera

    jurídica de quien alega su legitimación"85.

    L'indagine comparativa con il caso spagnolo è allora particolarmente

    pregnante, soprattutto in una prospettiva evolutiva, anche in considerazione del

    fatto che è l'unico Stato europeo che condivide con l'Italia, pur con sfumature

    85 Cfr. Tribunal Administrativo de Recursos Contractuales de la Junta de Andalucía, 15 ottobre

    2012, n. 94; 19 ottobre 2012, n. 97; 19 marzo 2013, n. 29, 8 maggio 2014, n. 113, 17 novembre

    2015, n. 398.

    In dottrina cfr. SANTIAGO FERNÁNDEZ, Mª J., Procedimiento del recurso especial en materia

    de contratación, en Estudio Sistemático de la Ley de Contratos del Sector Público, Pamplona, 2018, pp. 667 ss.

  • 36

    variegate, la concettualizzazione di interesse legittimo86 in contrapposizione a

    quello soggettivo, estranea invece al diritto dell'Unione e degli altri Stati membri87.

    È allora interessante analizzare le (re)azioni del legislatore spagnolo e della

    giurisprudenza in risposta al principio di diritto fissato dalla Corte di Giustizia

    Europea che, si rammenta, ha dichiarato che la normativa spagnola era in contrasto

    con la direttiva ricorsi, laddove la decisione di ammettere un offerente alla

    procedura di aggiudicazione non figurava tra gli atti preparatori suscettibili di

    impugnazione con ricorso giurisdizionale autonomo.

    All'indomani della pronuncia la prima giurisprudenza si è da subito allineata

    alle statuizioni dei giudici di Lussemburgo:

    - "según esta nueva interpretación, la admisión de un licitador al

    procedimiento de adjudicación es un acto de trámite susceptible de recurso

    especial, por lo que los recurrentes pueden impugnarlo de forma independiente,

    sin tener que esperar a la adjudicación del contrato"88.

    - "En consecuencia, siguiendo el criterio del Tribunal de Justicia, que


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