Premessa
Una fra le tesi che sono state proposte per spiegare le origi-ni della fin’amor cantata dai trovatori occitani è quella che laricollega in qualche misura alle epistole “amorose” o “ga-lanti” composte in versi latini, a cavallo tra XI e XII secolo, daalcuni poeti operanti nella regione di Angers; in particolareda tre di questi, tutti alti prelati o religiosi: Balderico di Bour-gueil, Marbodo di Rennes e Ildeberto di Lavardin. Secondoquesta tesi – ampiamente illustrata nei primi anni Sessantadal filologo svizzero Reto Bezzola e poi ripresa e discussa daBrinkmann, von Moos, Marrou e altri – uno dei principalimodelli, se non proprio il solo, della fin’amor sarebbe rap-presentato da quel sentimento di dilectio, di affettuosa ami-cizia venata di galanteria e talvolta infiammata di un casto ar-dore, che i poeti della “scuola della Loira” – come è talorachiamata – manifestano nelle lettere poetiche inviate a gran-di signore o a giovani monache divise tra fervore religioso epassione per la letteratura.
Quando per esempio Ildeberto di Lavardin, dopo averelogiato le alte qualità femminili di Cecilia, figlia di Gugliel-mo il Conquistatore, la chiama mea domina, «mia signora»,o quando Balderico di Bourgueil loda la «grazia straordina-ria», la «impareggiabile bellezza» e l’«amabile conversazio-ne» di un’altra figlia di Guglielmo, Adele contessa di Blois,si direbbe di trovarsi già in quel clima cortese di adorazionee di vagheggiamento della signora che è tipico della poesiatrobadorica. Così, nei versi in cui lo stesso Balderico dichia-ra alla giovane monaca Costanza che il suo desiderio eroticonon tende al piacere carnale ma alimenta un amore perfetta-mente puro («La carne e le viscere non si eccitano davanti a
te, / ma senza inganno ti amo appassionatamente. / Con pas-sione ti amo, tutto intero amerò te tutta intera, / te sola strin-go nel profondo della mia anima. / [...] / È un amore ecce-zionale, non accompagnato da lascivia / e non offuscato dapassione illecita. / Continuo a prediligere la tua verginità, /amo la purezza del tuo corpo»), non si può fare a meno dicogliere almeno una prefigurazione di quello che sarà il «pa-radosso amoroso» cantato da Jaufré Rudel e da altri trova-tori. Non mancano, del resto, gli esempi di un contatto di-retto fra gli ambienti in cui maturarono queste due espe-rienze poetiche: Balderico indirizzò una lettera poetica an-che a Ermengarda, la prima moglie ripudiata da GuglielmoIX d’Aquitania e ormai ritiratasi, dopo un secondo matrimo-nio fallito, nel convento di Fontevrault fondato da Robertd’Arbrissel.
Certo non si possono nascondere nemmeno le sostanzialidifferenze che le separano: diverse sono le lingue usate (latinoe volgare), diversi i riferimenti letterari e culturali (la mitolo-gia classica continuamente evocata nella poesia mediolatina èpraticamente assente nei trovatori), diversi, anche se non in-comunicabili, gli ambienti sociali (quello dell’alto clero e quel-lo delle corti signorili), addirittura inverso il rapporto fraamante-poeta e domina (nel primo caso con supremazia delmonaco o del prelato, nel secondo con quella della domna).Malgrado queste differenze, si può comunque ritenere che ipoeti della «scuola di Angers» abbiano almeno «aperto la via»ai trovatori; come ha osservato Marrou, essi hanno mostrato«che in poesia era possibile fare qualcosa di diverso dalla cru-da esibizione di brutali exploits, che si potevano esprimerecon delicatezza sentimenti più raffinati; hanno certamentecreato e affinato quell’elemento, forse secondario ma costitu-tivo, della cortesia che si chiama la galanteria» .
Ma l’interesse di questo volume – nel quale è per la pri-ma volta riunito e tradotto in italiano l’intero corpus delle let-
. H.-I. Marrou, Les troubadours, Seuil, Paris , p. .
tere amorose e galanti di Balderico di Bourgueil, Marbododi Rennes e Ildeberto di Lavardin – va oltre i possibili rap-porti fra lirica mediolatina e lirica trobadorica. I testi che visono raccolti, sempre raffinati e talora non privi d’incanto,aprono uno spiraglio su una esperienza remota e quasi se-greta: le affettuose consuetudini, le schermaglie maliziose, lesoffocate passioni coltivate – tra preghiere e batticuori – nelsilenzio delle celle e dei chiostri.
FRANCESCO ZAMBON
. La metafora è di G. Duby, L’Anno Mille. Storia religiosa e psicologiacollettiva, Einaudi, Torino , p. .
Introduzione
Nonostante la mia lentezza e le inevitabilidistrazioni, la raccolta era ormai termina-ta quando è giunta felicemente la tua let-tera a prolungarla, e vedendola così brevemi meraviglio di come il tuo cuore ha sa-puto dirmi tante cose in così breve spazio.No, sostengo che non c’è lettura così deli-ziosa, persino per chi non ti conosce, pur-ché abbia un’anima simile alle nostre.
Jean-Jacques Rousseau, Giulia o la nuova Eloisa
Il piacere procurato dallo scambio epistolare, l’intimità cheunisce anime simili, la condivisione di ciò che si ama, si pen-sa, si scrive: tutto questo trova espressione nelle lettere inversi di Balderico di Bourgueil, Marbodo di Rennes e Ilde-berto di Lavardin. Con questi testi ci troviamo di fronte aifrutti maturi della rinascita letteraria avvenuta in Francia traXI e XII secolo, quando, contemporaneamente al sorgere del-la poesia occitanica, una nuova primavera fiorisce sul vec-chio stelo latino piantato trecento anni prima dagli uominidi cultura di Carlo Magno . Nelle scuole cattedrali della val-le della Loira e di città circostanti (Angers, Tours, Orléans,Poitiers, Rennes, Chartres) chierici, sacerdoti, vescovi stu-diano le arti liberali e la filosofia e compongono versi di ar-gomento profano, delineando temi e pubblico della nascen-te poesia cortese.
Balderico di Bourgueil, Marbodo di Rennes e Ildeberto diLavardin sono uomini di Chiesa negli anni della riforma vo-luta da papa Gregorio VII, le cui linee generali sono il raffor-zamento dell’autorità pontificia rispetto al potere dei feuda-tari, la netta separazione tra lo stato dei chierici e quello deilaici, la disciplina di entrambe le condizioni di vita. Oltre chenelle problematiche legate alla riforma gregoriana, lo statusecclesiastico dei nostri poeti li vede coinvolti in dispute poli-tico-religiose (anche con danno personale: si pensi all’esilio la-mentato da Ildeberto, novello Ovidio) e impegnati, in quan-to vescovi, nella cura delle rispettive diocesi. Ma i loro inte-ressi vanno al di là dell’ambito pastorale. Essi amano l’anti-chità romana e i piaceri della vita, lo studio e la poesia. La lo-ro padronanza del latino è talmente raffinata che alcune poe-sie di Ildeberto potrebbero essere state scritte nell’età augu-stea o antoniniana ; Balderico scrive scambi di lettere in ver-si tra Elena e Paride e tra Ovidio e Floro imitando le Heroi-des; Marbodo passa da uno stile tipicamente medievale a unoclassicheggiante con la massima consapevolezza. I testi quitradotti sono epistole scritte da questi letterati a nobildonne,badesse, monache. A volte i corrispondenti non si conosconodi persona, ma basta a unirli il comune amore per la poesia.Balderico si rivolge al proprio poemetto indirizzato alla con-tessa Adele di Blois con queste parole: «Io la conosco ma leinon conosce me; / a lei mi ha nascosto la mia rustica sempli-cità. / Non oserei inviarle una poesia, / ma ella ha voluto, in-viandomi una poesia, averne una di mia». Spesso sono lette-re d’occasione e di circostanza, leggendo le quali si possonoimmaginare reciproche attestazioni di stima e apprezzamen-to, richieste e successive risposte, scambi di versi. Le testimo-nianze di questa comunicazione sono però incomplete: dovesono le poesie di Adele, di Muriel, di Emma? Manca la voce
. Ildeberto di Lavardin, . Muriel, divina poetessa.. È il giudizio espresso da J. de Ghellinck, L’essor de la littérature latine
au XII siècle, L’Edition Universelle, Bruxelles-Paris .. Balderico di Bourgueil, . Lode alla contessa Adele, -.
. S. Richardson, Clarissa, vol. I, trad. it. M. d’Amico, Frassinelli, Mila-no , p. .
. E. Pulcini, Introduzione, in J. J. Rousseau, Giulia o la nuova Eloisa,trad. it. P. Bianconi, Rizzoli, Milano , p. XIII.
femminile; sono gli uomini a parlarci delle donne. Anche l’u-nica apparente eccezione, la poesia di Costanza in risposta aBalderico, è quasi sicuramente dello stesso Balderico, che se-gue il modello delle Heroides ovidiane. Dobbiamo dunqueconcludere che ci troviamo di fronte a un puro esercizio let-terario? La letterarietà è un elemento molto forte in questi te-sti, non bisogna dimenticarlo. Il genere epistolare è conside-rato oggi l’espressione immediata della soggettività dello scri-vente. La concezione moderna che vede nella spontaneità unvalore è già presente nei romanzi epistolari settecenteschi; co-sì, per esempio, si legge nella prefazione a Clarissa di Ri-chardson: «le lettere da entrambe le parti sono scritte mentresi deve ritenere che il cuore di chi scrive è totalmente impe-gnato nel suo argomento» . Nelle epistole medievali, invece,la spontaneità del sentimento è filtrata attraverso le rationesdictandi insegnate nelle scuole e i modelli letterari, Ovidio intesta. Come nella Francia del Settecento la fortuna del ro-manzo epistolare, dalla Nouvelle Héloïse di Rousseau alleLiaisons dangereuses di Choderlos de Laclos, «risponde a quelbisogno di autenticità e di espressione di sé con cui il sogget-to, alle soglie dell’età moderna, cerca una ridefinizione di séin un mondo attraversato dalla crisi dei valori aristocratici»,così intorno al la comunicazione dei sentimenti che lega-no i poeti alle dame è possibile innanzitutto all’interno dei co-dici espressivi condivisi nel mondo aristocratico feudale.
Diverse lettere di Balderico di Bourgueil, Marbodo di Ren-nes e Ildeberto di Lavardin sono indirizzate a personaggidella nobiltà normanna: la regina Matilde è la sposa di Enri-co I d’Inghilterra, figlio e successore di Guglielmo il Con-quistatore; anche Adele contessa di Blois e Cecilia badessadi Caen sono figlie del re Guglielmo.
A partire da testi ecclesiastici di età carolingia, la struttu-ra gerarchica della società feudale è spiegata con la teoria deitre ordini, che nella patria dei nostri poeti hanno continuatoa vivere fino alla rivoluzione francese con i nomi di clero, no-biltà e terzo stato. La formulazione classica è espressa all’ini-zio dell’XI secolo da Adalberone di Laon in questi termini:oratores, bellatores, laboratores (coloro che pregano, coloroche combattono, coloro che lavorano). Georges Duby ha poiraccolto e studiato altre terminologie e altre classificazioniusate in Francia tra l’età carolingia e il XII secolo . Il concettodi bellatores è peraltro assai indicato per la nobiltà normanna,rappresentata da Guglielmo il Conquistatore e dai suoi figli:come osserva Jacques Le Goff, «dal secolo IX al XII, la com-parsa dei bellatores nello schema tripartito corrisponde allaformazione di una nuova nobiltà e – in questa età di profon-da trasformazione della tecnica militare – alla preponderanzadella funzione guerriera presso questa nuova aristocrazia». Ilfatto che i nobili siano dei guerrieri riguarda ovviamente sologli uomini, per i quali le figlie, le sorelle e le mogli sono sem-plici strumenti da usare nella gestione del potere. Così Adelesposa Stefano conte di Blois nell’ambito della politica nor-manna di alleanza con questa potente famiglia, di volta in vol-ta rivale o amica degli altri protagonisti dei conflitti dell’epo-ca: il re di Francia e il conte di Angiò. Le nozze di Matilde, fi-glia del re Malcolm Canmore, con Enrico I permettono a que-st’ultimo di allearsi con la Scozia. Ma i poeti trovano le paro-le per caratterizzare in modo assai positivo il contributo datodalle nobildonne alla vita del loro tempo, integrando così il si-lenzio dei tre ordini sulla realtà femminile. Nel poemetto de-dicato ad Adele di Blois, Balderico afferma che Guglielmo il
. Carmen ad Robertum regem, in J. P. Migne (éd.), Patrologiae cursuscompletus. Series Latina, voll., Garnier, Paris - (d’ora in poi PL),CXLI, -.
. G. Duby, Lo specchio del feudalesimo: sacerdoti, guerrieri e lavorato-ri, Laterza, Roma-Bari .
. J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante. E altri saggi sullavoro e la cultura nel Medioevo, Einaudi, Torino , pp. -.
. Cfr. K. Lo Prete, Adela of Blois, Countess and Lord, Four CourtsPress, Dublin .
. In R. R. Bezzola, Les origines et la formation de la littérature courtoi-se en Occident (-), vol. II, t. , Champion, Paris , p. .
. Bezzola, Les origines et la formation, cit., p. : «L’immagine cheBalderico dà della contessa di Blois come protettrice dei poeti, come arbi-tro competente per giudicare le loro poesie e come autrice ella stessa, è qual-cosa di assolutamente nuovo».
Conquistatore si è distinto per le eccezionali imprese belliche;il valore militare non si addice ad Adele, in quanto donna, malei spicca per l’impegno in favore della poesia.
Questa affermazione è importante da un punto di vistaduplice, sia storico sia letterario. Dopo il matrimonio, la con-tessa è impegnata nel ruolo di moglie, di reggente, di madredell’erede Teobaldo IV. Donna energica e decisa, è lei a con-vincere Stefano a non abbandonare la veste di crociato, e adappoggiare un’intesa tra il figlio e il re di Francia Luigi VI .Adele è ben nota agli storici della letteratura anche per la suaopera di promozione culturale: grazie a lei, la corte di Bloissviluppa una rete di contatti con i principali uomini di lette-re della regione, che ricambiano la generosità della contessalodandola nei loro scritti. Un esempio è la dedica della Hi-storia ecclesiastica di Ugo di Fleury-sur-Loire, che definisceAdele «superiore a molte persone importanti del nostro tem-po, famosissima per generosità, insigne per rettitudine, eru-dita nelle lettere, ciò che è nobiltà e grande civiltà» .
Oltre a corrispondere a un dato storico, la lode di Balde-rico per l’impegno culturale della contessa di Blois è interes-sante sul piano letterario. Mentre le altre doti elogiate nelpoemetto (la bellezza, la grazia, la fedeltà coniugale) sonoquanto ci si aspetta da una nobildonna e la loro celebrazioneha alle spalle una lunghissima tradizione letteraria, la sensibi-lità per la poesia e la generosità verso i poeti appartengono al-la personalità di Adele, al di là degli stereotipi. Secondo Re-to Bezzola, che ha studiato le origini e la formazione della let-teratura cortese, questo elemento costituisce una novità asso-luta . Nella lode della signora i poeti di Angers «non esalta-
no più solamente la condizione elevata, le virtù e la bellezza,come facevano i poeti di corte carolingi, soprattutto SedulioScoto, ma la cortesia. Questa cortesia presso Balderico con-siste soprattutto nella cultura spirituale della dama da lui ce-lebrata» . Anche il modo in cui Balderico evidenzia la fedeltàconiugale della contessa è oggetto della massima attenzioneda parte di Bezzola. Ai versi - sono citati «molti uominidotati di prestigio, di valore e di bellezza» che avrebbero po-tuto cercare di sedurla, ma invano; essi «la contemplano sen-za ricompensa» e «reputano un grande favore nutrirsi di va-ne speranze, si consumano gli occhi a forza di rimirarla».Questo passaggio «getta una luce inattesa sulla nuova posi-zione che alcune grandi dame della società feudale hanno ac-quisito agli inizi del XII secolo e sull’importanza di ciò per lanascita della cortesia, dell’amore cortese e della poesia che vidarà espressione» . Esso ci presenta una nobildonna che tro-neggia in mezzo a schiere di ammiratori e di poeti, per i qua-li è punto di riferimento e oggetto di elegantissimi omaggi.
Del tutto analogo è il tono dei versi indirizzati a Cecilia,che è sorella di Agnese e badessa dell’abbazia femminile diCaen, fondata, insieme a quella maschile, da sua madre Ma-tilde di Fiandra in cambio del consenso papale al matrimo-nio con Guglielmo di Normandia. Le poesie che Balderico eIldeberto scrivono per Cecilia hanno una struttura assai si-mile a quelle dedicate ad Agnese e a Matilde d’Inghilterra.Anzitutto l’elogio della nobiltà e dell’eccellenza personale,con un linguaggio classicheggiante: Balderico ricorda il «pa-ter augustus» di Cecilia, così come Agnese è chiamata «Au-gusti suboles» da Ildeberto, il quale paragona entrambe lesorelle a dee (afferma di Adele «eris mihi prima dearum» ,
. Ivi, p. .. Ivi, p. .. Balderico, . La verginità di Cecilia, .. Ildeberto, . Un piccolo dono per te, . Anche Matilde in . Matilde,
vorrei lodarti in tutte le lingue, è «augustis patris augustior orta».. Ildeberto, . Adele, sei la prima tra le dee, .
. Ildeberto, . A Cecilia, più eloquente di Cicerone, .. Ivi, -.. Ivi, .. Balderico, . Lode alla contessa Adele, -.. Balderico, . La verginità di Cecilia, .. Ildeberto, . A Cecilia, più eloquente di Cicerone, .. In Bezzola, Les origines et la formation, cit., p. .. Ildeberto, . Matilde, vorrei lodarti in tutte le lingue, .
di Cecilia «sum ratus esse deam» ). In simile contesto, laverginità di Cecilia diventa motivo per un ulteriore e più pre-zioso elogio: poiché non c’era uomo degno di tale moglie,Dio stesso l’ha sposata . Davanti alla maestà di una similedonna Ildeberto rimane stordito ; analogamente Baldericoafferma che il proprio sguardo non ha potuto sostenere labellezza di Adele e che ricorda di averla vista come in un so-gno . Anche a Cecilia i poeti offrono il loro devoto omag-gio: Balderico si offre di fare quanto è in suo potere o anchedi più , Ildeberto vuole chiamarla sua signora .
Un’altra corte prestigiosa è quella della cognata di Agnesee Cecilia, ossia la regina Matilde d’Inghilterra. Dopo aver ri-cevuto un’educazione raffinata, la figlia del re di Scozia sposaEnrico I e si segnala nella corte normanna come donna moltoreligiosa e al tempo stesso liberale con i poeti e i musicisti. Di-ce di lei Guglielmo di Malmesbury nelle Gesta Regum Anglo-rum: «Provava un piacere unico nell’ascoltare il servizio divi-no e per questo era estremamente generosa nei confronti deichierici che cantavano bene; si rivolgeva a tutti con dolcezza,molto donava e più ancora prometteva. E così, diffusasi nelmondo la notizia della sua liberalità, si precipitavano qui frot-te di celebri compositori di musiche e versi; e si riteneva feli-ce chi riusciva a dilettare le orecchie della signora con la no-vità del canto». Tra i poeti famosi che le rendono omaggio cisono Ildeberto di Lavardin e Marbodo di Rennes. La lode sifocalizza su due virtù di Matilde, la bellezza e la purezza, le-gandole tra loro: come termine di paragone Ildeberto ricorrequesta volta non alle dee pagane, ma a santa Sabina; Mar-bodo esorta la regina a non essere così pudica da vergognarsi
della propria bellezza . Osserva Bezzola: «Dall’antichità inpoi, non si erano più sentiti simili omaggi alla bellezza femmi-nile, i quali, come in Fortunato e in Sedulio Scoto, si tingonodi una venerazione tutta cristiana per la purezza virginale del-la donna; essi sono confrontabili con gli omaggi indirizzati daitrovatori alla dama oggetto del loro pensiero». Nella formadell’omaggio poetico questi versi testimoniano dunque la po-sizione privilegiata che la nobildonna sta acquistando nella vi-ta di corte grazie al suo impegno in favore della cultura.
La stima, l’ammirazione e a volte l’amore per donne belle, no-bili e colte sono il filo conduttore anche delle liriche le cui de-stinatarie vivono non a corte bensì in un monastero. Nella ve-ste di insegnanti o di vescovi, Marbodo, Ildeberto e Balderi-co hanno contatti con abbazie femminili e intrattengono cor-rispondenza epistolare con le religiose più raffinate, comeMuriel, Costanza, Emma, Agnese. Ma chi sono queste don-ne? Su di loro non ci soccorrono i riscontri storici che inveceabbondano per le figlie dei re. Dai testi si evince che Costan-za vive nello stesso convento di Emma , la quale è ritratta co-me maestra in una poesia che cita altre due consorelle, Go-dehilde e Orielde. Ora, i nomi di Constantia, Emma gram-matica o magistra, Godehildis e Orieldis sono attestati nel car-
. Se è lei la regina d’Inghilterra cui è indirizzata la poesia di Marbodocosì intitolata.
. Bezzola, Les origines et la formation, cit., p. . Bezzola proseguecitando altre testimonianze sulla devozione della regina: «Matilde dovevadare davvero questa doppia impressione di grande bellezza e piacevolezzada un lato, di purezza e religiosità dall’altro. Guglielmo di Malmesbury, chece la presenta come protettrice dei poeti e dei musicisti, insiste molto sullasua pietà esemplare. Aelredo, abate di Rievaulx, nella sua Genealogia regumAngliae parla anche della sua pietà e la mostra mentre fa l’elemosina ai po-veri, come la sua santa madre, e visita coraggiosamente i lebbrosi. Educatadalle religiose, indossava anche lei prima del matrimonio l’abito monasticoe sant’Anselmo diede il consenso alle nozze solo quando fu sicuro che nonavesse pronunciato i voti».
. Balderico, . Costanza, una carne intatta è cara a Cristo, .. Balderico, . Emma, vorrei venire a scuola da te.
. Cfr. D. Barthélemy, Eléments d’anthroponymie féminine d’après lecartulaire du Ronceray d’Angers (- environ), in M. Bourin, P. Cha-reille (éd.), Genèse médiévale de l’anthroponymie moderne, vol. II, t. , Pu-blications de l’Université de Tours, Tours , pp. -.
. W. Bulst, Liebesbriefgedichte Marbods, in B. Bischoff (hrsg.), LiberFloridus. Mélanges Paul Lehmann, Eos, St. Ottilien , p. .
. È la tesi di P. Dronke, affermata in Medieval Latin and the Rise ofEuropean Love-Lyric, vol. I, Clarendon Press, Oxford , p. e ribaditain Donne e cultura nel medioevo. Scrittrici medievali dal II al XIV secolo, IlSaggiatore, Milano , p. .
. Cfr. A. B. Scott, Hildeberti Cenomannensis Episcopi Carmina mino-ra Editio altera, Teubner, Leipzig , p. XXVIII.
tulario di Notre-Dame-de-la-Charité a Le Ronceray tra la fi-ne dell’XI secolo e i primi vent’anni del XII . La prossimità adAngers fa di questa abbazia un luogo privilegiato di ispira-zione per i “poeti della Loira”: anche Ilario d’Orléans, attivoad Angers intorno al , scrive liriche in latino per le reli-giose di Le Ronceray. Osserva a questo proposito WaltherBulst che «una storia della lettera d’amor profano in versi la-tini, come pure della poesia d’amore latina nel Medioevo, do-vrà dedicare un capitolo importante a Le Ronceray» . Quan-to a Muriel, potrebbe trovarsi anche lei qui oppure essereuna monaca inglese, la Murier inclyta versificatrix sepolta nel-l’abbazia di Wilton accanto al Venerabile Beda secondo la te-stimonianza di alcuni pellegrini del .
Se l’identificazione delle singole destinatarie di questepoesie è incerta, è sicuramente più agevole delineare le coor-dinate della loro vita di donne consacrate. Anzitutto esse ap-partengono all’ordine benedettino, che, nato in Italia nel VIsecolo, dopo poche centinaia d’anni diventa la forma di vitamonastica prevalente nell’Europa occidentale, con centinaiadi abbazie e migliaia di persone consacrate di entrambi i ses-si. Agli inizi del IX secolo, per volere di Ludovico il Pio e inseguito al sinodo di Aquisgrana, la regola di san Benedetto di-venta l’unico testo normativo per tutte le comunità monasti-che dell’Impero. Nell’ambito della missione evangelizzatricecompiuta da sant’Agostino di Canterbury, i benedettini arri-
vano in Inghilterra alla fine del VI secolo e qui si espandonorapidamente. Sono di fondazione sassone il monastero fem-minile di Wilton, nato nell’, e, nel , quello di Romsey,voluto dal re del Wessex Edoardo il Vecchio per sua figlia, laprincipessa Aelflaed, monaca a Wilton e prima badessa diRomsey. Notre-Dame di Le Ronceray, istituita nel daFolco III Nerra conte d’Angiò, nel giro di alcuni decenni di-venta una delle abbazie più influenti della Francia medieva-le, con molti territori e altri priorati sotto la propria giurisdi-zione. Infine, negli anni e nella regione dei nostri poeti la vi-ta religiosa è attraversata da fermenti nuovi per opera di Ro-berto d’Arbrissel. Prima chierico vagante, poi arciprete aRennes, dove si distingue per il suo zelo riformatore, ad An-gers segue le proprie tendenze ascetiche in modo ancor piùradicale e nel si ritira dal mondo. Divenuto eremita, at-tira presto molti discepoli, finché la sua fama giunge a papaUrbano II che l’anno successivo lo nomina predicatore apo-stolico. Da allora l’ascendente di Roberto sui fedeli non fa cheaumentare: sempre più persone seguono questo asceta itine-rante, che accetta chiunque, uomini e donne di ogni condi-zione, con i quali è accusato di vivere in promiscuità. Il pre-dicatore molto amato è anche oggetto di critiche; per esem-pio Marbodo gli scrive una lettera rinfacciandogli irregolaritàed eccessi . Nel decide di dare un tetto stabile ai suoiseguaci e stabilisce la nuova congregazione, costituita da unacomunità maschile e una femminile, a Fontevrault, tra Poitoue Angiò. Roberto, che nella sua predicazione ha sempre mo-strato un’attenzione di riguardo per le donne, anche in que-sta circostanza assegna loro un ruolo speciale: entrambe le co-munità sono sotto la guida di una badessa. Ecco come un bio-grafo dell’epoca, Andrea, riferisce questo precetto dato daRoberto: «Voi sapete, miei carissimi, che tutto ciò che ho co-struito in questo mondo, l’ho fatto per le nostre monache; aloro ho offerto tutte le mie capacità e, ciò che è ancora più
. La lettera si trova in PL CLXXI .
. Vita Beati Roberti de Arbrissello auctore Andrea, in PL CLXII .. Bezzola, Les origines et la formation, cit., pp. -.. Vita Beati Roberti de Arbrissello, in PL CLXII -.. Si può trovarne un elenco in Bezzola, Les origines et la formation,
cit., p. .. Poiché Roberto d’Arbrissel vuole che la badessa non sia troppo gio-
vane e inesperta, in genere sono donne nobili, che provengono dal mondoe hanno conosciuto il matrimonio, a dirigere la comunità.
. Il legame tra la spiritualità benedettina e l’amore per le lettere è ap-profondito da J. Leclercq, Cultura umanistica e desiderio di Dio. Studio sul-la letteratura monastica del Medioevo, Sansoni, Firenze .
grande, ho sottomesso al loro servizio sia me sia i miei disce-poli per la salvezza delle anime nostre» .
Come si vede, non solo la vita di corte, ma anche le nuo-ve esperienze religiose hanno in questi anni una considera-zione particolare per la donna. Giustamente Bezzola, nell’a-nalisi del contesto storico in cui è nato il sistema di valori cor-tese, si sofferma a lungo su Roberto d’Arbrissel , ben notoa poeti quali Balderico, che ne ha scritto una biografia , eGuglielmo IX d’Aquitania, le cui due mogli ripudiate hannopreso il velo a Fontevrault. La prima è la contessa Ermen-garda d’Angiò, destinataria della poesia di Marbodo qui tra-dotta. Come lei, sono molte le persone di famiglia nobile, so-prattutto donne, che entrano nella congregazione di Rober-to d’Arbrissel , a volte diventandone la badessa . Esse dun-que rinunciano al mondo per seguire l’unico Bene eterno:ecco il senso della consacrazione religiosa nelle parole diMarbodo a Ermengarda.
Il fine della vita monastica è l’amore per Dio e per il pros-simo; il mezzo privilegiato è la preghiera, sia personale sia co-munitaria, che si nutre della parola di Dio. La lectio divinaoccupa diverse ore della giornata delle persone consacrate,che dunque devono saper leggere: ecco perché è stato pro-prio il monachesimo a permettere la trasmissione e lo studiodei testi latini anche pagani con le proprie scuole, bibliote-che e scriptoria . Sempre ai tempi di san Benedetto risale latradizione di aprire le scuole monastiche a giovani di fami-
glia nobile che una volta terminati gli studi ritornano nelmondo; per esempio Matilde di Scozia fu educata nelle ab-bazie di Wilton e Romsey.
Secondo Bulst potrebbe essere questa la condizione delleanonime destinatarie di alcune poesie d’amore di Marbodorimaste escluse dalla Patrologia Latina e pubblicate dallo stes-so Bulst. Da un lato l’assenza di riferimenti alla consacrazio-ne religiosa, dall’altro il fatto che le colte fanciulle vivano nel-lo stesso luogo del poeta (c’è pure un’«amica che si accinge atornare a casa», verosimilmente perché ha finito gli studi), in-dicherebbero che le puellae e le amicae di Marbodo, primastudente e poi arcidiacono presso la scuola cattedrale di An-gers fino all’insediamento a Rennes come vescovo nel ,sono educande a Notre-Dame di Le Ronceray . In questiversi è esplicito un contesto erotico ritenuto a lungo disdice-vole per il vescovo di Rennes: come spiegare altrimenti il si-lenzio editoriale che è gravato su di loro per secoli? In effettile nove poesie qui tradotte possono essere considerate unapiccola summa delle situazioni topiche e del lessico d’amore:passione e desiderio, gioia, sofferenza, lacrime e sospiri, in-ganni e pentimenti, fedeltà, gelosia, timore, speranza, pro-messe, doni e lettere d’amore. Il poeta innamorato si defini-sce miser, bruciato (uror, ardeo) dalla flamma della passione,ferito dal vulnus infertogli da Venere e Cupido. È quasi uncompendio dell’elegia latina, in cui tratti soprattutto ovidia-ni incontrano elementi di gusto tipicamente medievale, dalmomento che sia i distici elegiaci sia le poesie in esametri dat-tilici sono in versi leonini, ossia con la rima in corrisponden-za della cesura e della fine di ciascun verso. Il fatto che que-sti testi si conformino a modelli codificati non significa ne-cessariamente che la situazione comunicativa, la relazione trai due amanti e i riferimenti a episodi concreti siano fittizi. Mail valore normativo della tradizione caratterizza fortemente lepoetiche preromantiche; così, anche quando esprime i suoi
. Cfr. Bulst, Liebesbriefgedichte Marbods, cit., p. .. Cfr. Dronke, Medieval Latin, cit., p. .
. E. Wolff (éd.), La lettre d’amour au Moyen Age. Textes présentés, tra-duits du latin et commentés, NiL éditions, Paris , pp. -.
sentimenti più personali, uno scrittore li affida alle forme e al-le regole della comunicazione letteraria.
Fra l’XI e il XII secolo si vanno strutturando le artes dictami-nis che fissano le regole del genere epistolare. Tali regole val-gono sia per le lettere ufficiali, amministrative e commerciali(epistulae negotiales), sia per le lettere private (epistulae fami-liares) e prescrivono di articolare la struttura del testo secon-do quest’ordine: salutatio, exordium o captatio benevolentiae,narratio, petitio, conclusio. Spesso i manuali esemplificano lateoria con testi appositamente costruiti. Per esempio, «eccocome si presenta la lettera di un uomo che cerca di sedurreuna donna: formula di saluto appropriata (salutatio), elogiodella dama e descrizione obbligatoria della sua bellezza (cap-tatio benevolentiae), effetti del suo fascino sull’autore dellalettera ed evocazione delle sofferenze di quest’ultimo (narra-tio), il quale chiede alla dama di accordargli in cambio i suoifavori o almeno il suo amore, cosa che lei può fare perché eglinon è privo di meriti (petitio); egli spera fiducioso che lei avràpietà di lui, ricorda che un dono accordato rapidamente ot-tiene una riconoscenza maggiore, sgombra il campo da even-tuali obiezioni, aspetta in ogni caso una risposta, promette diamarla sempre anche se lei rifiuta, ecc. (conclusio)». È faci-le osservare la presenza di queste cinque parti nelle lettere inversi dei nostri autori. Dopo la salutatio non manca mai l’e-logio della destinataria e le qualità che vengono evidenziatesono spesso le stesse sia per le dame di corte che per le sposedi Cristo: nobiltà, grazia, cultura e virtù. Anche per la descri-zione della donna esiste uno schema topico nei trattati discrittura, che prevede che la descriptio parta dal volto per poipassare al corpo e alle vesti. È l’ordine seguito da Marbodoin . Dimmi quando, dove e in che modo (vv. -) e . Pas-sione d’amore (vv. -) per lodare la bellezza della fanciullaamata (che peraltro non è la stessa, essendo la prima mora e
la seconda bionda) e da Balderico in . Costanza, ti amo ap-passionatamente (vv. -). L’esaltazione del fascino femmi-nile, che è normale nei versi per un’amica o una dama di cor-te, può suonare insolita se rivolta a donne che vivono den-tro le mura di un convento. L’accento sulle loro qualità rive-la dunque il vivo senso di humanitas dei poeti, che apprezza-no nelle loro corrispondenti l’eleganza, la dolcezza e la cultu-ra. Per il fatto di essere consacrate a Dio esse non devono ri-nunciare alla propria femminilità: l’esempio negativo è datoda Beatrice, che usa il velo per nascondersi e si sottrae agli in-viti di Balderico.
Quali sono le richieste del poeta di Bourgueil alle suoredi Le Ronceray? Alcune sono conformi alla tradizione deipadri della Chiesa e della spiritualità benedettina. Nell’epi-stola ad Agnese l’importanza della verginità è rimarcata pa-rafrasando la lettera di san Girolamo a Eustochio e l’invito apregare e a leggere i testi sacri è un’eco della regola di sanBenedetto . Altre petitiones riflettono l’ideale di vita mona-stica del loro autore, per il quale il chiostro è il luogo piùadatto per dedicarsi a Dio ma anche ai libri. «Esiste un ge-nere di vita che possiamo amare onestamente? / Ne esisteuno che amo e che consiglio alle persone care: / mi piaccio-no la povertà nella sicurezza e un letto casto, / il disprezzodel mondo e la disciplina della volontà. / Ma c’è un altro ele-mento che mi ha attirato: / desidero conoscere, insieme aimiei amici, i segreti dei libri» . Così Balderico scrive a unchierico esortandolo a entrare in convento perché solo qui è
. Cfr. E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, La Nuo-va Italia, Firenze , p. : «Per il panegirico in lode dei sovrani, fin dal-l’epoca ellenistica, l’epideixis era stata elaborata in schemi fissi: si elencanodoti in serie, ad es. bellezza, nobile stirpe, valore (forma, genus, virtus).Un’altra formulazione più estesa associa quattro privilegi “naturali” (no-biltà, forza, bellezza, ricchezza) e quattro virtù. La bellezza fisica non man-ca mai e passa anche al Medio Evo».
. Tra i precetti da osservare troviamo nella Regola di san Benedetto, ,-: «Ascoltare volentieri le sante letture, applicarsi frequentemente allapreghiera».
. Balderico, Ad Gerardum ut monachus fiat (), -.
. Ivi, -.. Essa è oggetto del saggio di J.-Y. Tilliette, Culture classique et hu-
manisme monastique: les poèmes de Baudri de Bourgueil, in La littérature an-gevine médiévale. Actes du colloque du samedi mars , Hérault, Maulé-vrier , pp. -.
. Musa iocosa è una iunctura ovidiana: «vita verecunda est, Musa io-cosa mea» (Tristia II, , ).
. Balderico, Marbodo poetarum optimo (), -.. . Costanza, una carne intatta è cara a Cristo, .. . Costanza, ti amo appassionatamente, -.
possibile dedicarsi agli studi in tutta tranquillità. Gli descri-ve quindi San Pietro di Bourgueil, dove il poeta è stato mo-naco e abate: «Io conosco un luogo fiorente che offre quie-te, / libri, carte e tutto ciò che serve a chi studia» . Da di-chiarazioni come questa traspare assai chiaramente una sen-sibilità che potremmo già definire umanistica. Il monacoamante dell’otium letterario vuole coinvolgere gli amici inquesta sua passione, mandando loro versi dal tono per lo piùfaceto e invitandoli a partecipare al gioco. È una Musa ioco-sa a ispirarlo, come confessa nella conclusio della poesia aMarbodo: «Rispondimi in versi per scherzare con me in ver-si. / Mi piace la vita giocosa e dunque la Musa giocosa» .
I toni di un’amicizia cordiale che trova alimento nellacorrispondenza in versi impregnano anche le poesie di Bal-derico indirizzate alle donne, che, con l’unica eccezione del-la contessa Adele di Blois, vivono tutte in convento. Ciò chele accomuna a lui è la consacrazione religiosa, che nell’uma-nesimo monastico di Balderico significa anche passione let-teraria: «da una parte la poesia, dall’altra il Padre comune» .Un’assidua frequentazione dei libri è oggetto di calde racco-mandazioni: «non ci venga mai meno l’arte della lettura; tut-to ciò che esiste sia per noi lettura e libro» . Se poi la mo-naca è poetessa o maestra come Muriel ed Emma, tanto me-glio: Balderico affida i propri scritti al suo giudizio, esten-dendo all’ambito estetico il precetto evangelico della corre-zione fraterna. In ogni caso, con la stessa sollecitudine di undirettore spirituale, egli segue l’educazione letteraria delle
sue corrispondenti e vuole che anche loro gli mandino versi.Le Ronceray sembrerebbe diventare una sorta di laboratoriodi poesia sotto lo sguardo vigile di Balderico.
Se la petitio è incentrata sulle destinatarie, che l’autorevuole pure e letterate, nella narratio egli dà voce ai sentimentiche prova per loro. A quanto pare, l’amicizia non è solo epi-stolare e gli scambi di versi accompagnano e prolungano ilpiacere degli incontri personali. Le allusioni a dolci colloqui,confidenze reciproche, scambi di segreti evocano una com-plicità che a volte usa le parole dell’amore. Pur con l’im-mancabile precisazione della purezza di questo sentimento,«un amore però che si compia in Cristo» , non mancano di-chiarazioni fervide e sensuali. A questo proposito va tenutopresente che a chi si vota alla lectio divina i testi cristiani of-frono numerosi esempi del linguaggio degli innamorati. Inprimo luogo c’è il Cantico dei cantici, il libro dell’Antico Te-stamento che celebra l’unione tra l’uomo e la donna; rilettocristianamente come la storia d’amore tra Cristo e la Chiesasua sposa, per i mistici che cantano l’unione con Dio questotesto diventa una fonte di espressioni ardite. C’è poi la tra-dizione dell’amicitia spiritalis, che già a partire dai padri del-la Chiesa indulge in effusioni appassionate verso i fratelli e lesorelle nella fede . Tuttavia gli echi della tradizione biblicae patristica non cancellano l’ambiguità di alcune poesie, so-prattutto dello scambio di versi con Costanza. Il modellodelle Heroides, che codificano la varietà degli appelli femmi-nili all’amato lontano, arricchisce ulteriormente di tinte unquadro che si configura come un gioco ambiguo e sottile trasensualità e letterarietà – il gioco è ancora più forte se, comele voci femminili delle lettere ovidiane, anche la risposta diCostanza è di pugno di Balderico .
. . Agnese, mantieniti pura, .. Se ne possono trovare esempi in Dronke, Medieval Latin, cit., pp.
-.. Anche chi, tra gli studiosi, propende per l’autenticità della lettera di
Costanza, ammette che la forte influenza ovidiana complica la questione del-
la sincerità dei sentimenti. Così Dronke, Donne e cultura, cit., pp. -: «Lalettera di Costanza è tramata di elementi ovidiani ancor più che di elementibiblico-cristiani. Costanza sta coscientemente scrivendo una moderna lette-ra nello stile delle Heroides. E ciò pone un problema vivo quasi come per laSymphonia di Ildegarda: come distinguere le vere emozioni – che, come Ma-nitius, io credo vi siano – dal mestiere e dall’elaborazione letteraria».
. Marbodo, . Alla regina d’Inghilterra, .. Balderico, . Adele, mi avevi promesso un mantello..., .. Ildeberto, . Muriel, divina poetessa, - e Balderico, . Muriel, scri-
viamoci versi, -.. È un’ipotesi formulata da Tilliette nella sua edizione critica dei car-
mi di Balderico (vol. II, p. ).
Questa ipotesi si caricherebbe di una valenza ulteriore per-ché quello che la donna afferma del suo amico sarebbe allo-ra un autoritratto letterario, l’immagine del poeta ideale. Maanche rinunciando a questa suggestione, negli omaggi e nel-le confidenze in versi di Ildeberto, Marbodo e Balderico sipossono individuare testimonianze sulla loro autoconsape-volezza di scrittori.
La fede nella letteratura si traduce nell’affermazione chei carmi espanderanno la fama delle dedicatarie nel tempo enello spazio: «vivrà la tua fama quanto vivranno i miei ver-si» ; «grazie al mio canto la tua fama si diffonderà per il va-sto mondo» . L’alta stima del talento proprio e altrui siestende alla scelta dei vocaboli riferiti ai poeti e alle poetes-se; infatti Ildeberto paragona Muriel alle sibille, Costanzadefinisce Balderico propheta e vates. Un ingenium e un elo-quium così speciali si manifestano sicuramente anche nellaforma, ma le indicazioni in proposito sono assai scarne. Lelettere che Ildeberto e Balderico indirizzano a Muriel con-tengono ciascuna un distico che loda lo stile della poetes-sa, facendo riferimento il primo alla dispositio, il secondo,forse, alla metrica ; più di questo non ci è dato sapere. Evi-dentemente sono altre le sedi per soffermarsi sugli aspettitecnici, la cui importanza certo non sfugge ai nostri scritto-ri, dal momento che l’elocutio delle loro opere è curatissimae Marbodo è autore di uno dei primi trattati medievali sul-l’ornatus, il De ornamentis verborum. In queste poesie di
omaggio, d’amore e d’amicizia interessa di più delineare lastatura culturale e morale delle poetesse e dei poeti coinvol-ti negli scambi di versi; infatti Costanza insiste sul contenu-to di sapienza delle parole di Balderico («Quis sapor in dic-tis! O quae sapientia verbi!») e le stesse qualità dello scrit-tore le ritrova nell’uomo. A chi può paragonare un simileprofeta? Ai grandi dell’antichità che si sono distinti pervirtù, eloquenza e sapienza: Catone, Cicerone, Aristotele,Omero. Questi exempla sono in linea con la concezione me-dievale secondo cui la competenza del poeta non è circo-scritta all’ambito estetico, ma egli è considerato un sapientenel senso più ampio; si pensi solo all’interpretazione di unclassico come Virgilio, che per Dante è sì maestro di stile, maanche «famoso saggio» . L’elenco dei nomi scelti da Co-stanza testimonia un altro aspetto importante della culturamedievale: lo scrittore si sente di casa tra gli autori antichi etrova qui i suoi riferimenti e i suoi termini di confronto; ilche, se è vero in generale, vale ancora di più per i nostri poe-ti “umanisti”. Il senso di continuità con i classici e di appar-tenenza alla stessa cultura, rafforzato dall’uso della stessa lin-gua e degli stessi generi letterari, prevale sulle apparenti in-compatibilità a livello di contenuto. Il problema più serioper il Medioevo cristiano, cioè il fatto che la cultura classicasia pagana, trova presto una soluzione nell’impiego dell’alle-goria. Gli Ebrei poterono fare un buon uso delle ricchezzedegli Egizi perché queste, pur in mani pagane, erano una ma-nifestazione parziale dell’unico Dio: allo stesso modo, scrivesant’Agostino, i cristiani possono trarre dai testi pagani le
. Balderico, . Se potesse essermi concesso un breve incontro, -.. Inferno, I, .. Agostino, De doctrina christiana, II, : «Gli Egiziani non solo ve-
neravano gli dèi e imponevano a Israele oneri gravosi che il popolo dete-stava fino a fuggirne, ma diedero loro vasi e gioielli d’oro e d’argento e an-che delle vesti. Il popolo ebraico all’uscita dall’Egitto di nascosto se li ri-vendicò come propri, per farne – diciamo così – un uso migliore. Non fe-cero ciò di loro arbitrio ma per comando di Dio, e gli Egiziani a loro insa-puta glieli prestarono: ed effettivamente erano cose delle quali essi non fa-
cevano buon uso! Lo stesso si deve dire di tutte le scienze dei pagani. Esseracchiudono invenzioni simulate e superstiziose come pure gravi pesi checostringono a un lavoro superfluo, cose tutte che ciascuno di noi, uscendodal mondo pagano al seguito di Cristo, deve detestare ed evitare. Conten-gono però insieme a questo anche arti liberali, più consone con il serviziodella verità, e alcuni utilissimi precetti morali; presso di loro si trovano an-che alcune verità sul culto dell’unico Dio. Tutto questo è come il loro oro eargento, che essi non inventarono ma estrassero da certe – chiamiamole co-sì – miniere della divina Provvidenza, che si espande dovunque» (traduzio-ne di V. Tarulli).
. Balderico, . Costanza, ti amo appassionatamente, .. Ivi, .. Catullo, Carmina, , .. Cfr. Curtius, Letteratura europea, cit., p. : «L’autore si scusa per-
ché il suo stile (sermo) o il suo ingegno (ingenium), o ambedue, sarebberoaridi, secchi, scarni [...]. Volentieri ci si incolpa anche di rusticitas, cioè diusare un modo di parlare rozzo, da contadini, pieno di errori. L’uso ecces-sivo di tali espressioni stereotipate si diffonde largamente solo nel V e nel VIsecolo; ma proprio i rètori di quest’epoca (e prima di tutti Sidonio e Fortu-
arti liberali e alcuni precetti morali. Questa modalità di rice-zione dei classici diventa comune in tutta l’età di mezzo; sipuò ancora una volta fare riferimento a Dante, con la teoriadei quattro sensi delle scritture (letterale, allegorico, morale,anagogico) illustrata nel Convivio e con l’introduzione di fi-gure esemplari pagane nel Purgatorio. Il ricorso all’interpre-tazione allegorica è uno degli argomenti della lettera di Bal-derico a Costanza e della risposta di lei. Creato dall’unicoDio, per gli uomini del Medioevo «il mondo intero parla co-me un’unica lingua» per chi è capace di comprenderla; ec-co dunque perché il poeta, che conosce i miti greci e li sa in-terpretare, è ritenuto un propheta.
Le lettere di Balderico contengono altre indicazioni di ca-rattere letterario. Anzitutto egli definisce i carmi alle amichecon il termine nugae, che, da Catullo in avanti, significapoesia breve di argomento amoroso o giocoso; la giocosità deipropri scritti è ricondotta da Balderico a un dato biografico,la giovialità di carattere. Altrove egli si definisce rozzo e por-tato a uno stile altrettanto rozzo. L’accento sulla rusticitas, chepure rientra nelle usuali affettazioni di modestia, diventa in
Balderico una dichiarazione di poetica, perché la campagnaè quella di Bourgueil, luogo ideale per una vita tranquilla eper l’otium tra i libri. Essa viene descritta nella poesia . Em-ma, mi correggi i versi? come locus amoenus, ma qui le va-lenze del topos sono molteplici : è uno schema letterario,una rappresentazione della realtà di Bourgueil, un’espressio-ne della concezione di vita claustrale di Balderico e anche delmodo in cui egli intende la cultura e la produzione letteraria,legate ai monasteri. E invece, si lamenta con Emma, i poeti silasciano attirare dalla città e dalle corti.
Eppure è proprio questo il decorso inarrestabile nel pas-saggio dall’XI al XII secolo. Le scholae monastiche, punta didiamante della vecchia tradizione culturale carolingia, cedo-no il passo alle scuole episcopali urbane, dove insegnanopersonalità come Marbodo e Ildeberto. In un contesto di ac-cresciuto benessere economico e di stabilità politica e mili-tare, la cultura si diffonde e si secolarizza. Lo studio delle let-tere non è più finalizzato solo alla lectio divina e il mecenati-smo dei nobili determina sempre di più la scelta degli argo-menti e l’uso della lingua volgare.
Senza essere poeti di corte e senza scrivere in francese,Balderico, Marbodo e Ildeberto partecipano attivamente al-la vita culturale del loro tempo. Le innovazioni che intornoal attraversano la società feudale e la concezione delladonna, influenzando la nascente lirica occitanica, trovanodei testimoni attenti e preziosi in questi elegantissimi maestridi poesia latina.
CLAUDIA CREMONINI
nato) vennero considerati per tutto il Medio Evo dei modelli di stile e dili-gentemente imitati».
. Ivi, p. : «Il luogo ameno [...] è un angolo di natura, bello e om-broso; in esso si trovano almeno un albero (o parecchi alberi), un prato e unafonte o un ruscello; vi si possono aggiungere, talvolta, anche il canto degli uc-celli e i fiori; la descrizione più ricca comprende anche una tenue brezza».
. Cfr. lo schema del locus amoenus nelle poesie di Balderico delinea-to da Tilliette, Culture classique, cit., p. .