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Migranti · 2018. 6. 30. · che pericolose ed egoiste che rischiano di esporre uo-mini, donne e...

Date post: 11-Mar-2021
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Parrocchia di Monigo FOGLIETTO PARROCCHIALE a. XIX n° 26 - 1 luglio In internet: www.parrocchiamonigo.com - Parroco: 3472631330 Migranti: «Bruxelles ci sta dicendo di non sal- vare più vite» LUCA LIVERANI A rendere bene l’umore delle Ong è Human Rights Watch: «Questo è un brutto giorno per l’Europa, in cui si dice in pratica che non bisogna salvare le persone». All’indo- mani delle conclusioni del Con- siglio Europeo, le organizza- zioni umanitarie esprimono de- lusione, rabbia, amarezza. È un coro compatto. Per Gianfranco Cattai, presi- dente della Focsiv, «si è persa un’occasione per creare una globalizzazione dei rapporti di giustizia tra i vari Nord e i vari Sud del mondo». E aggiunge: «La diffamazione siste- matica delle Ong non tiene conto di almeno 60 anni di storia e il loro ruolo positivo e costruttivo». «Mare Nostrum cancellata, l’accordo per il trasferimen- to dei rifugiati incompiuto, i confini europei chiusi, le navi delle Ong bloccate. Conte, è questa l’Europa che vogliamo? », chiede al premier italiano Medici senza frontiere. «La responsabilità dei soccor- si – sottolinea Msf – è consegnata alla guardia costiera libica». E le Ong «sono il capro espiatorio» per «distogliere l’attenzione dalle questioni reali». Ieri l’Ue «condannava i mercati di schiavi in Libia», oggi «accelera le politiche che potrebbero accrescere la sofferenza delle persone in Libia o a rischio in mare». Una delle poche ancora in mare con la Aquarius, Sos Mediterranée, non molla: «Fino a quando esseri uma- ni rischieranno la loro vita in mare noi proseguiremo la nostra missione in acque internazionali alle porte dell’Europa». Perché «la tutela delle vite in pericolo in mare è un imperativo morale e legale, iscritto nel diritto marittimo e umanitario e deve primeggiare su qualun- que considerazione politica». «Ha vinto il blocco di Visegrad (Polonia, Ungheria, Ce- chia e Slovacchia, ndr) », commentaOxfam. «È inac- cettabile che le riforme degli accordi europei possano avere un impatto ancora più negativo sulla vita di chi fugge. Creare solo su base volontaria aree di sbarco – afferma Oxfam – potrebbe causare nuovi naufragi». «I leader dell’Ue hanno sottoscritto una serie di politi- che pericolose ed egoiste che rischiano di esporre uo- mini, donne e bambini a gravi violazioni dei loro dirit- ti», dice Amnesty International. Invece di «rimediare ai guasti del sistema d’asilo dell’Ue» i leader europei «hanno scelto di assecon- dare i governi xenofobi». Regina Catambrone è cofondatrice e direttrice di Moas , «prima Ong scesa in mare nel 2014, finita Mare Nostrum». Dal 2017 ha lasciato il Mediterra- neo per aiutare i profughi Rohingya. «L’Ue chiude non solo i porti di sbarco, ma anche il porto operati- vo di Malta, usato da noi, Msf, Open Arms. Non vuo- le capire il dramma di queste persone nei paesi di origine, di transito, in Libia. Ho visto tagli, ustioni da plastica fusa, ferite da arma da fuoco: chi parla di 'retorica della tortura' non sa cosa dice. A Bruxelles si discute, in mare intanto si muore ». E aggiunge: «Noi abbiamo risposto all’appello di papa Forte denuncia del fondatore della Ong spagnola Proactiva Open Arms, Oscar Camps: domenica scorsa la Libia avrebbe concertato la partenza e il conseguente 'salvataggio' di 7 imbarcazioni , con a bordo oltre mille clandestini, per «dimostrare» proprio a Salvini (che il giorno seguente era in visita a Tripoli) la capacità della Marina libica di controllare i traffici di clan- destini. Una «rappresentazione teatrale» che sarebbe costata la vita «ad almeno dieci persone». L’alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi; «Non basta avere accordi politici tra gli Stati quando le persone continuano ad annegare nel Mediterraneo. Sal- vataggi in mare, sbarchi e percorsi sicuri devono essere tutti urgentemente potenziati». Alla luce dei 100 morti di ieri, poi, acquista sapore tragico anche la battuta del nostro ministro degli Interni, quando in mattinata aveva fatto sapere che “le navi delle Ong non vedranno più l’Italia, la vedono solo in cartolina. Le Ong fanno politica, mi danno del razzista e del fascista ma, come dicono i militari italiani e libici, aiutano gli scafi- sti, consapevolmente o meno: la loro presenza è un peri- colo per chi parte e un invito a nozze per gli scafisti.” Viviamo un tempo di ipocrisia e ben consapevole, cinica! Chi non pensa che la collusione con gli scafisti è molto più probabile per i militari libici che per le Ong?
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Page 1: Migranti · 2018. 6. 30. · che pericolose ed egoiste che rischiano di esporre uo-mini, donne e bambini a gravi violazioni dei loro dirit-ti», dice Amnesty International. Invece

Parrocchia di Monigo FOGLIETTO PARROCCHIALE a. XIX n° 26 - 1 luglio

In internet: www.parrocchiamonigo.com - Parroco: 3472631330

Migranti:

«Bruxelles ci sta dicendo di non sal-vare più vite»

LUCA LIVERANI

A rendere bene l’umore delle Ong è Human Rights Watch: «Questo è un brutto giorno per l’Europa, in cui si dice in pratica che non bisogna salvare le persone». All’indo-mani delle conclusioni del Con-siglio Europeo, le organizza-zioni umanitarie esprimono de-lusione, rabbia, amarezza. È un coro compatto.

Per Gianfranco Cattai, presi-dente della Focsiv, «si è persa un’occasione per creare una globalizzazione dei rapporti di giustizia tra i vari Nord e i vari Sud del mondo». E aggiunge: «La diffamazione siste-matica delle Ong non tiene conto di almeno 60 anni di storia e il loro ruolo positivo e costruttivo».

«Mare Nostrum cancellata, l’accordo per il trasferimen-to dei rifugiati incompiuto, i confini europei chiusi, le navi delle Ong bloccate. Conte, è questa l’Europa che vogliamo? », chiede al premier italiano

Medici senza frontiere. «La responsabilità dei soccor-si – sottolinea Msf – è consegnata alla guardia costiera libica». E le Ong «sono il capro espiatorio» per «distogliere l’attenzione dalle questioni reali». Ieri l’Ue «condannava i mercati di schiavi in Libia», oggi «accelera le politiche che potrebbero accrescere la sofferenza delle persone in Libia o a rischio in mare».

Una delle poche ancora in mare con la Aquarius, Sos Mediterranée, non molla: «Fino a quando esseri uma-ni rischieranno la loro vita in mare noi proseguiremo la nostra missione in acque internazionali alle porte dell’Europa». Perché «la tutela delle vite in pericolo in mare è un imperativo morale e legale, iscritto nel diritto marittimo e umanitario e deve primeggiare su qualun-que considerazione politica».

«Ha vinto il blocco di Visegrad (Polonia, Ungheria, Ce-chia e Slovacchia, ndr) », commentaOxfam. «È inac-cettabile che le riforme degli accordi europei possano avere un impatto ancora più negativo sulla vita di chi

fugge. Creare solo su base volontaria aree di sbarco – afferma Oxfam – potrebbe causare nuovi naufragi».

«I leader dell’Ue hanno sottoscritto una serie di politi-che pericolose ed egoiste che rischiano di esporre uo-

mini, donne e bambini a gravi violazioni dei loro dirit-ti», dice Amnesty International.

Invece di «rimediare ai guasti del sistema d’asilo dell’Ue» i leader europei «hanno scelto di assecon-dare i governi xenofobi».

Regina Catambrone è cofondatrice e direttrice di Moas , «prima Ong scesa in mare nel 2014, finita Mare Nostrum». Dal 2017 ha lasciato il Mediterra-neo per aiutare i profughi Rohingya. «L’Ue chiude non solo i porti di sbarco, ma anche il porto operati-vo di Malta, usato da noi, Msf, Open Arms. Non vuo-le capire il dramma di queste persone nei paesi di origine, di transito, in Libia. Ho visto tagli, ustioni da plastica fusa, ferite da arma da fuoco: chi parla di 'retorica della tortura' non sa cosa dice. A Bruxelles si discute, in mare intanto si muore ». E

aggiunge: «Noi abbiamo risposto all’appello di papa

Forte denuncia del fondatore della Ong spagnola

Proactiva Open Arms, Oscar Camps: domenica scorsa la Libia avrebbe concertato la partenza e il conseguente 'salvataggio' di 7 imbarcazioni, con a bordo oltre mille clandestini, per «dimostrare» proprio a Salvini (che il giorno seguente era in visita a Tripoli) la capacità della Marina libica di controllare i traffici di clan-destini. Una «rappresentazione teatrale» che sarebbe costata la vita «ad almeno dieci persone».

L’alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi; «Non basta avere accordi politici tra gli Stati quando le persone continuano ad annegare nel Mediterraneo. Sal-vataggi in mare, sbarchi e percorsi sicuri devono essere tutti urgentemente potenziati».

Alla luce dei 100 morti di ieri, poi, acquista sapore tragico anche la battuta del nostro ministro degli Interni, quando in mattinata aveva fatto sapere che “le navi delle Ong non vedranno più l’Italia, la vedono solo in cartolina. Le Ong fanno politica, mi danno del razzista e del fascista ma, come dicono i militari italiani e libici, aiutano gli scafi-sti, consapevolmente o meno: la loro presenza è un peri-colo per chi parte e un invito a nozze per gli scafisti.”

Viviamo un tempo di ipocrisia e ben consapevole, cinica! Chi non pensa che la collusione con gli scafisti è molto

più probabile per i militari libici che per le Ong?

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Francesco, questi politici europei come possono dirsi cristiani? L’Ue ha una visione ipocrita: la soluzione non va trova-ta sul mare, ma creando flussi regolari, corridoi umani-tari, ricollocamenti e ricongiungimenti familiari che fa-voriscono l’integrazione ». Per il Moas dunque «le Ong danno fastidio perché non sono governative e sono libere di denunciare quel che vedono. Tra poco nessuno ci mostrerà i video sulle motovedette libiche che picchiano i naufraghi o li ab-bandonano. L’Italia non deve dare solo navi e forma-zione, ma affiancare gli equipaggi libici per verificarne il comportamento».

Belgio: finalmente un "no" agli av-voltoi finanziari

FRANCESCO GESUALDI

Si è tenuto il 31 maggio 2018 un processo e ha perso Nml Capital, un fondo d’investi-mento appartenente a Elliott Management Corporation, il gruppo fondato da Paul Sin-ger per fare soldi sul mercato finanziario tramite tutte le strategie che l’ingegneria fi-nanziaria mette a disposizio-ne. La specialità di Nml, rigorosa-mente domiciliata nelle Isole Cayman, noto paradiso fisca-le, è l’acquisto a prezzi stracciati dei titoli di debito pubblico che tutti svendono perché emessi da stati in odo-re di fallimento. Nml li compra per poi portare gli Stati debi-tori in tribunale e pretendere da loro il pagamento del valore pieno dichiarato sul titolo. Ed è proprio per il loro atteggiamento predatorio che le società come Nml Capital sono definiti «fondi av-voltoi».

Il procedimento era cominciato in Belgio nel marzo 2016 e aveva come oggetto una legge varata dal Parlamento belga il 12 luglio 2015. Nml Capital ne voleva l’annulla-mento, ma la Corte costituzionale belga ha detto no. Una vittoria non solo per il Belgio, ma per il mondo inte-ro.

Il numero di governi che nel corso degli anni Nml è riu-scito a portare in giudizio è molto ampio, il più recente è

quello dell’Argentina che, nel 2005 prima e nel 2010 poi, è stata posta di fronte a una grave crisi economica e sociale. Così i governi Kirchner avevano proposto ai creditori pri-vati un abbattimento del capitale del 60% in cambio di un tasso di interesse legato alla crescita del prodotto in-terno lordo. L’offerta venne accettata dalla quasi totalità dei creditori, a accezione di alcuni fondi, fra cui Nml Ca-pital, che per pochi soldi avevano comprato i titoli del de-bito argentino nel 2001 quando il Paese stava precipi-tando nel caos. E benché il credito nelle loro mani rap-presentasse appena l’1,6% del valore totale dei titoli ar-gentini in circolazione, riuscirono a portare il governo su-damericano in giudizio difronte alla magistratura statuni-tense. Nel 2011, il giudice Thomas Grisea, presidente di una corte dello Stato di New York, accolse le ragioni dei fondi e impose all’Argentina di sospendere tutti gli accordi pre-si con gli altri creditori finché non avesse rimborsato i fondi dissenzienti. L’Argentina avrebbe anche potuto ignorare la sentenza del giudice Grisea, se non fosse che la sentenza poteva diventare esecutiva anche in altre nazioni. Infatti la legi-slazione di molti Paesi prevede di poter accogliere le sentenze emesse dai tribunali stranieri e renderle esecu-tive tramite il sequestro dei beni che il governo condan-nato possiede sul loro territorio. Ad esempio nel 2005 la Corte Suprema del Regno Unito autorizzò la società Kensington International Limited a prelevare fino a 39 milioni di dollari sull’incasso che il go-verno del Congo realizzava dalla vendita di petrolio sul suolo inglese.

Il caso giudiziario contro l’Argentina si è chiuso nel 2016 con un esborso da parte di quest’ultima di 9 miliardi di dollari, comprendenti capitale, interessi e spese giudizia-rie. Quanto a Nml Capital il suo guadagno è stato del 1.270%, considerato che aveva speso 177 milioni di dollari per comprare titoli del valore nominale di 617 mi-lioni che alla fine le hanno procurato un incasso di 2 miliardi e 426 milioni di dollari.

Purtroppo il caso argentino non è un’eccezione. Il rap-porto presentato il 20 luglio 2016 da Jean Zigler alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, rive-la che dal 1970 al 2010 nei soli Stati Uniti e Gran Breta-gna sono stati avviati 120 procedimenti giudiziari nei confronti di 26 Paesi molti di loro inclusi nella lista dei Paesi più poveri. Il rapporto precisa che le somme ottenute dai fondi av-voltoi rappresentano il 13% del prodotto lordo dei Paesi africani.

Questo signore si difen-de vantando le sue nu-merose donazioni uma-nitarie. Aiuta quei po-veri che lui stesso ha creato, derubandoli. Questo purtroppo vale anche per molti Stati eu-ropei che ora sordida-mente sperano che il mare fermi la marea di poveri che fuggono dai loro paesi derubati.

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Un vergognoso travaso di ricchezza che permette a soggetti come Paul Singer, patron di Elliott, di collo-carsi ai primi posti della graduatoria dei miliardari elaborata da Forbes. Quel famoso 1% che si arricchisce alle spalle di milioni di esseri umani fra cui molti bambini condannati a vivere senza scuola, senza ospedali, senza corrente elettrica, senza servizi igienici.

Già nel 2009, il Consiglio d’Europa, tramite la raccoman-dazione 1870, aveva condannato le attività di questi spe-culatori. E aveva invitato tutti i governi a dotarsi di regole che «impediscano ai fondi avvoltoi di mettere in atto pra-tiche aggressive e improprie». Invito accolto dal Parlamento belga, che il 12 luglio 2015 ha approvato una legge per impedire alle società finan-ziarie di richiedere rimborsi ai governi debitori in misura superiore alle cifre realmente spese per acquistare i loro titoli. E considerando illegittima qualsiasi altra pretesa, sancisce che «in Belgio non può essere attuato nessun atto esecutivo che procura al creditore un vantaggio ille-gittimo».

Considerandola lesiva dei propri interessi, Il 1° marzo 2016, Nml Capital, e quindi Elliott, aveva dato mandato ai propri avvocati di fare ricorso alla Corte Costituzionale belga per chiedere l’annullamento della legge. Ma la Corte ha respinto il ricorso e ha salvato definitivamente una legge che tutti gli altri Stati europei dovrebbero adot-tare. In particolare l’Italia, che tanto parla di 'aiutare gli immigrati a casa loro'.

Impedire che i popoli africani continuino a essere de-rubati è il primo dovere. Dalla capacità di adottare provvedimenti come questi, tra l’altro a costo zero, si ca-pisce se davvero vogliamo 'fermare l’immigrazione' per-ché abbiamo a cuore la situazione di questi disperati o se il nostro unico obiettivo è la difesa della nostra roba, come la chiama Mazzarò, lasciando che «i miserabili» muoiano lontano dai nostri occhi.

Sinodo dei giovani 2018: come i giovani vedono gli stranieri?

Una ricerca a livello naziona-le, condotta dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo in collaborazione con Fondazione Migrantes, per mettere in luce gli aspetti ancora nascosti del vissuto e delle propensioni dei giovani nei confronti degli stranieri. Alcuni dei temi trattati nelle interviste ri-guardano gli atteggiamenti nei confronti della cittadinan-za, i sentimenti di appartenenza alla nazione italiana, i

valori, le disposizioni nei confronti del futuro.

Le nuove generazioni italiane, a diverso titolo, si pronun-ciano a favore di una pacifica convivenza con le differen-ze, e sostengono che gli ostacoli vengano soprattutto de-gli adulti, dai più anziani, quelli che fanno fatica a com-prendere un mondo così diverso da quello nel quale so-no nati. Con il passare degli anni, dicono, sarà più semplice la gestione di una società dove le culture, le differenze si intrecciano, si incontrano, come già accade – anche se i conflitti non cessano ma mutano – in Paesi di più lunga esperienza migratoria. Non che i giovani non riconoscano i problemi; il loro rea-lismo, però, frutto di tanti anni di crisi economica che hanno fortemente inciso sulla loro vita dagli anni della loro socializzazione, si accompagna alla cognizione di un cambiamento irreversibile, di cui loro si propongono pro-tagonisti, come il tempo richiederebbe che fosse e come invece non percepiscono di essere.

I giovani vedono con favore l’ingresso nella comunità dei cittadini, con pari diritti e doveri, di chi ha 'guadagnato' questo riconoscimento con il lavoro o anche lo ha 'meritato', per il tempo vissuto in Italia, per aver acquisito la lingua, le regole, i doveri, i valori. La scuola, per tutti, è il luogo privilegiato in cui vivere la socializzazione all’appartenenza nazionale, come dicono soprattutto i giovani che sono diventati italiani e che ri-tengono una conquista personale il traguardo raggiunto del passaporto italiano. Aver frequentato la scuola in Italia potrebbe essere tra i requisiti per ottenere la cittadinanza. Il territorio continua a essere un elemento importante nella definizione dell’appartenenza, soprattutto per i giovani che vivono al Sud e nei piccoli centri urbani, dove la forma delle rela-zioni forse produce un senso più saldo del 'far parte di qualcosa', quando cultura e relazioni rimangono comun-que predominanti nella costruzione dell’appartenenza. Al

Nord e nelle grandi città la quotidiana esperienza della diversità culturale inci-de, con tutta evidenza, in misura mag-giore, producendo appartenenze che si espandono più di frequente a realtà più grandi – l’Europa, il mondo – e dando vita a più complesse forme di cosmopo-litismo.

I giovani italiani con background migra-torio entrano in contatto con la multiculturalità già nel proprio ambiente familiare, conoscono due lingue, hanno a volte vissuto in più Paesi diversi, hanno fatto esperien-za del raggiungimento di un importante obiettivo di vita, quello del pieno inserimento in una società diversa da

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Giorno Ore Intenzioni S. Messe defunti

Sabato 30 19.00 Federici Severino e fam. Fabris; Bosco Pace Italia;

Domenica 1

8.00 S. Anna Condotta Emma e Cendron Antonio; Cendron Luca;

9.00 Bergamin Ivo;

11.00

Martedì 3 9.00 S. Messa ore 9

Mercoledì 4 19.00

Giovedì 5 19.00

Venerdì 6 9.00 S. Messa ore 9

Sabato 7 19.00

Durante Guido, Teresa e Donatella e fam.; Rossi Gino e fam; Albino, Clelia e def. Bu-so; Romano Giomaro; Marcellin Paolo; Cendron Andrea e Anastasia; Crosato Adelia, De Marchi Silvo;

Domenica 8

8.00 S. Anna Cendron Andrea, Anastasia, Angelo e Caterina;

9.00 def. via Antoniutti;

11.00

quella di provenienza dei propri genitori. Da un lato que-sto contribuisce alla loro ricchezza culturale, ne fa cittadi-ni positivamente orientati all’agire, aperti alle differenze, propensi all’accoglienza degli immigrati, con una visione del futuro orientata alla speranza più che alla preoccupa-zione; dall’altro, una duplice appartenenza costruisce le basi di un’identità ambivalente, aperta, fluttuante, dupli-ce. Diversamente dalla pluriappartenenza, mescola ine-stricabilmente componenti di culture e tradizioni a volte molto diverse tra loro.

I giovani, senza distinzione di origine, si dichiarano euro-peisti e cosmopoliti, disponibili alla mobilità anche fuori dall’Italia. Andare in Europa, per loro, è viaggiare in casa. Sono abituati a studiare fuori dai confini, viaggiano con poca spesa e senza problemi di lingua. Si trasferirebbero – lo fanno e lo hanno fatto in questi anni di crisi, in gran-de numero – per trovare un lavoro, anche un lavoro mi-gliore se fosse possibile.

Privilegiano i valori della sfera relazionale: la famiglia e l’amicizia, ma prima la famiglia, nella quale trovano sup-porto finanziario e affettivo, e sono in grado di leggere criticamente la situazione economica e sociale del Paese nel quale vivono. Sanno di essere coloro che meglio

sanno far fronte al cambiamento in atto. La loro consapevolezza in questo campo stupisce: le lo-ro opinioni sulle diseguaglianze in Italia trovano nelle sta-tistiche ufficiali un riscontro diretto; loro sanno chi, in Ita-lia, sta peggio degli altri: in primis loro, gli immigrati, le famiglie numerose. Molti si sentono felicemente italiani, contenti di vivere in una nazione che sentono di amare. Un Paese bellissimo, dicono, pieno di storia e di tradizio-ni, di bellezze culturali e naturali. Una nazione della qua-le andare orgogliosi, non fosse che per la corruzione dei politici e la delinquenza organizzata.

I giovani, tutti, aspettano un futuro migliore, come i gio-vani di tutte le epoche; ma ciò che sognano è tipico del presente vissuto. Il futuro per loro è multiculturale, ci sa-rà una società aperta, meritocratica, dove regna l’ugua-glianza e la libertà, dove i diritti sono rispettati. Chi sogna di più sono proprio i giovani italiani con una storia di mi-grazione alle spalle: le famiglie sono fuggite dalla pover-tà o comunque alla ricerca di condizioni migliori, che hanno raggiunto. Ciò permette loro di guardare al futuro con maggior fiducia di chi ha sperimentato per la prima volta dopo il secondo dopoguerra una condizione sociale inferiore rispetto a quella dei propri genitori.

Grest felicemente concluso

Grazie ai bravissimi animatori, alle mamme e papà

che si sono prodigati per la sua riuscita.


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