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2.3. Una risposta: la didattica per competenze cooperative ... · teorema di Pitagora non servono...

Date post: 18-Feb-2019
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2.3. Una risposta: la didattica per competenze A parole tutti auspicano questo modello di scuola, ma affinché questi obiettivi non siano solo slogan, non abbiano una valenza puramente formale, è necessario trasformare in profondità le metodologie didattiche, il modo di "fare scuola": la didattica per competenze non è solo l'assunzione di un orizzonte di riferimento, ma soprattutto una pratica concreta che ridisegna gli stili di insegnamento, abbandonando pratiche prevalentemente trasmissive 11 . Si tratta di promuovere processi di elaborazione delle conoscenze riconoscendo il loro ambito di validità, individuando somiglianze, differenze e analogie che mettano gli studenti in grado di manipolare le proprie conoscenze e usarle adeguatamente... Tutto questo non può essere lasciato al ‘lavoro a casa’ da parte degli studenti, ma deve costituire attività centrale del curricolo 12 . Una didattica per lo sviluppo delle competenze è, dunque, una didattica attiva, partecipativa dove il sapere appreso viene immediatamente messo in gioco e diventa risorsa operativa: in quanto specifico modo di sapere, evidentemente, l'uso del termine competenza intende ridisegnare un nuovo modo di imparare del soggetto che sia non meramente nozionistico o puramente tecnico, bensì un imparare capace di coniugare la teoria con l'azione, il generale con il particolare 13 . Una didattica per competenze supera la divisione tra didattiche centrate sull’alunno e didattiche centrate sui saperi (sulle discipline), in quanto una didattica attiva, laboratoriale, mette continuamente in gioco entrambi. Il “fare”, come dimensione operativa dell'apprendimento, può essere a volte lo strumento di acquisizione del sapere (imparare facendo: il fare è lo strumento attraverso cui imparo) a volte lo strumento di applicazione del sapere (imparo e applico per consolidare il sapere e "padroneggiarlo"), ma non può mai mancare. La didattica attiva finalizzata ad un sapere operativo, in cui anche il concetto più astratto è reso significativo all'allievo e diventa per lui risorsa per la vita, non nasce certo oggi, come risposta all’esigenza della formazione di competenze, ma è un caposaldo della pedagogia democratica di Dewey, Kilpatrick, Freinet. Vari indirizzi e pratiche didattiche, derivate anche da approcci psicopedagogici differenti, si ispirano direttamente o indirettamente allo sviluppo di competenze di diverso tipo (cognitive, sociali, emotive...) e facilitano il loro raggiungimento da parte dell’allievo: la didattica per progetti, il mastery learning (apprendimento per la padronanza), la didattica per problemi (problem setting e problem solving), la didattica per scoperta (basata sulla metodologia di ricerca), le didattiche metacognitive, l'apprendimento 11 Il momento trasmissivo del sapere non è aprioristicamente negato, ma non può essere l’unico momento didattico, esso è uno strumento, un mezzo, attraverso cui costruire il processo di apprendimento e deve essere inserito in un progetto formativo consapevole centrato sull'acquisizione di competenze per l'alunno e non sul "fare il programma". 12 A. M. Ajello, La competenza situata. Valutazione e certificazione, in A. M. Ajello (a cura di), La competenza, cit., p. 226 13 L. Guasti, cit., p. 31 cooperativo (cooperative learning) e in generale le didattiche costruttiviste 14 . Tutte metodologie note (anche se non sempre diffuse) che rappresentano altrettante risorse per svolgere didattiche finalizzante all’acquisizione di competenze mediante la sperimentazione di attività, il padroneggiamento di abilità e conoscenze. Le competenze, infatti, non sono un obiettivo puramente cognitivo, che possa essere raggiunto con didattiche trasmissive, ma implicano didattiche partecipative, che mettano in gioco, che esercitino, che rendano il sapere concreto e spendibile quotidianamente. Una scuola delle competenze implica quindi una didattica adeguata, senza la quale le petizioni di principio sui nuovi bisogni formativi non hanno molto senso. Certo, la didattica operativa chiede del tempo per il consolidamento e il padroneggiamento delle conoscenze, chiede la centralità dell'apprendimento e non del programma, il presupposto di una scuola per competenze è la qualità degli apprendimenti, non la quantità. Ma a chi padroneggia la formulazione generale del teorema di Pitagora non servono più le lunghe sequenze di triadi numeriche con cui i babilonesi collegavano la lunghezza dell’ipotenusa di un triangolo rettangolo alla misura dei cateti. Nonostante questo la riduzione dei contenuti disciplinari trasmessi è un'ansia ricorrente e da non sottovalutare su cui bisogna fare chiarezza. 14 La bibliografia su questi indirizzi didattici è sconfinata. Alcuni riferimenti possono essere: B. M. Varisco, Il socio- costruttivismo culturale, Carocci, Roma 2002, Todini L. (a cura di), Ipermedia e didattica costruttivista, FrancoAngeli, Milano 2003, P. Crispani, Didattica cognitivista, Armando, Roma 2004. Per la didattica metacognitiva http://www.pavonerisorse.to.it/meta/meta.htm; per l’apprendimento per scoperta e la didattica per problemi http://www.funzioniobiettivo.it/glossadid/index.htm
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2.3. Una risposta: la didattica per competenze

A parole tutti auspicano questo modello di scuola, ma affinché questi obiettivi non siano solo slogan, non abbiano una valenza puramente formale, è necessario trasformare in profondità le metodologie didattiche, il modo di "fare scuola": la didattica per competenze non è solo l'assunzione di un orizzonte di riferimento, ma soprattutto una pratica concreta che ridisegna gli stili di insegnamento, abbandonando pratiche prevalentemente trasmissive11. Si tratta di promuovere processi di elaborazione delle conoscenze riconoscendo il loro ambito di validità, individuando somiglianze, differenze e analogie che mettano gli studenti in grado di manipolare le proprie conoscenze e usarle adeguatamente... Tutto questo non può essere lasciato al ‘lavoro a casa’ da parte degli studenti, ma deve costituire attività centrale del curricolo12. Una didattica per lo sviluppo delle competenze è, dunque, una didattica attiva, partecipativa dove il sapere appreso viene immediatamente messo in gioco e diventa risorsa operativa: in quanto specifico modo di sapere, evidentemente, l'uso del termine competenza intende ridisegnare un nuovo modo di imparare del soggetto che sia non meramente nozionistico o puramente tecnico, bensì un imparare capace di coniugare la teoria con l'azione, il generale con il particolare13. Una didattica per competenze supera la divisione tra didattiche centrate sull’alunno e didattiche centrate sui saperi (sulle discipline), in quanto una didattica attiva, laboratoriale, mette continuamente in gioco entrambi. Il “fare”, come dimensione operativa dell'apprendimento, può essere a volte lo strumento di acquisizione del sapere (imparare facendo: il fare è lo strumento attraverso cui imparo) a volte lo strumento di applicazione del sapere (imparo e applico per consolidare il sapere e "padroneggiarlo"), ma non può mai mancare. La didattica attiva finalizzata ad un sapere operativo, in cui anche il concetto più astratto è reso significativo all'allievo e diventa per lui risorsa per la vita, non nasce certo oggi, come risposta all’esigenza della formazione di competenze, ma è un caposaldo della pedagogia democratica di Dewey, Kilpatrick, Freinet. Vari indirizzi e pratiche didattiche, derivate anche da approcci psicopedagogici differenti, si ispirano direttamente o indirettamente allo sviluppo di competenze di diverso tipo (cognitive, sociali, emotive...) e facilitano il loro raggiungimento da parte dell’allievo: la didattica per progetti, il mastery learning (apprendimento per la padronanza), la didattica per problemi (problem setting e problem solving), la didattica per scoperta (basata sulla metodologia di ricerca), le didattiche metacognitive, l'apprendimento

11 Il momento trasmissivo del sapere non è aprioristicamente negato, ma non può essere l’unico momento didattico, esso è uno strumento, un mezzo, attraverso cui costruire il processo di apprendimento e deve essere inserito in un progetto formativo consapevole centrato sull'acquisizione di competenze per l'alunno e non sul "fare il programma". 12 A. M. Ajello, La competenza situata. Valutazione e certificazione, in A. M. Ajello (a cura di), La competenza, cit., p. 226 13 L. Guasti, cit., p. 31

cooperativo (cooperative learning) e in generale le didattiche costruttiviste14. Tutte metodologie note (anche se non sempre diffuse) che rappresentano altrettante risorse per svolgere didattiche finalizzante all’acquisizione di competenze mediante la sperimentazione di attività, il padroneggiamento di abilità e conoscenze. Le competenze, infatti, non sono un obiettivo puramente cognitivo, che possa essere raggiunto con didattiche trasmissive, ma implicano didattiche partecipative, che mettano in gioco, che esercitino, che rendano il sapere concreto e spendibile quotidianamente. Una scuola delle competenze implica quindi una didattica adeguata, senza la quale le petizioni di principio sui nuovi bisogni formativi non hanno molto senso. Certo, la didattica operativa chiede del tempo per il consolidamento e il padroneggiamento delle conoscenze, chiede la centralità dell'apprendimento e non del programma, il presupposto di una scuola per competenze è la qualità degli apprendimenti, non la quantità. Ma a chi padroneggia la formulazione generale del teorema di Pitagora non servono più le lunghe sequenze di triadi numeriche con cui i babilonesi collegavano la lunghezza dell’ipotenusa di un triangolo rettangolo alla misura dei cateti. Nonostante questo la riduzione dei contenuti disciplinari trasmessi è un'ansia ricorrente e da non sottovalutare su cui bisogna fare chiarezza.

14 La bibliografia su questi indirizzi didattici è sconfinata. Alcuni riferimenti possono essere: B. M. Varisco, Il socio-costruttivismo culturale, Carocci, Roma 2002, Todini L. (a cura di), Ipermedia e didattica costruttivista, FrancoAngeli, Milano 2003, P. Crispani, Didattica cognitivista, Armando, Roma 2004. Per la didattica metacognitiva http://www.pavonerisorse.to.it/meta/meta.htm; per l’apprendimento per scoperta e la didattica per problemi http://www.funzioniobiettivo.it/glossadid/index.htm

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Un modello di competenza

di Roberto Trinchero1

La competenza è “quel qualcosa” che fa sì che un soggetto esprima una prestazione che altri soggetti riconoscono come “competente”, in che cosa consiste allora questo “quel qualcosa”?

Secondo Le Boterf (1994, 16-18) la competenza non è uno stato ma un processo, e risiede nella mobilitazione delle risorse dell’individuo (sapere teorico e procedurale, saper fare procedurale, esperienziale e sociale), e non nelle risorse stesse, e si configura quindi come un saper agire (o reagire) in risposta ad una determinata situazione-problema, in un determinato contesto, allo scopo di conseguire una performance, sulla quale altri soggetti (superiori o colleghi) dovranno esprimere un giudizio. Questa definizione mette l’accento sulla competenza come processo che porta il soggetto ad assegnare senso, interpretare le situazioni da affrontare, prendere decisioni pertinenti, progettare e portare a termine efficacemente azioni rispondenti alla situazione (Varisco, 2004, 107). In questo processo assumono grosso peso elementi di conoscenza tacita e di intuizione personale. Saper agire significa saper cosa fare, quando farlo e perché farlo, anche in situazioni nuove o impreviste. A tal proposito Le Boterf (1994; Scallon, 2004, 107-110), scompone il saper agire in tre componenti; a) saper mobilitare, ossia recuperare e “mettere in campo” le risorse necessarie, anche trasformandole per adattarle alla nuova situazione; b) saper integrare, ossia non sovrapporre conoscenze nuove a conoscenze vecchie, ma saper costruire strutture di conoscenza coese e interrelate; c) saper trasferire, ossia saper utilizzare le risorse acquisite in situazioni nuove e mai affrontate prima. Il saper agire non si applica a singoli problemi ma a famiglie di situazioni- problema (Roegiers, 2000, 66), ossia insiemi di situazioni che pongono l’allievo di fronte a sfide complesse, non risolvibili mediante la semplice applicazione di un’abilità, ma che richiedono necessariamente la mobilitazione coordinata di più risorse dell’individuo.

Nell’esercitare una competenza il soggetto mobilita risorse cognitive, in termini di conoscenze e capacità.

Le conoscenze possono essere dichiarative, procedurali e contestuali (Coggi, 2002, 120; Scallon, 2004, 43). Le prime riguardano asserzioni fattuali costituite da unità di informazione e da schemi (ad esempio “quali sono gli ingredienti di una torta di mele”). Le seconde riguardano sequenze di operazioni e decisioni in forma di processi (ad esempio “come si fa una torta di mele”), costituiti da algoritmi, se comprendono un dato numero di passi finiti per risolvere un problema standardizzato, o da euristiche, se si basano sulla formulazione di ipotesi personali, sul conseguente controllo empirico e sull’incorporazione di quanto appreso nel processo stesso. Nelle conoscenze procedurali assume importanza la sequenzialità e la consequenzialità delle operazioni e decisioni: sequenzialità per definire quali operazioni e decisioni devono seguirne altre (e non possono precederle), consequenzialità per definire quali operazioni e decisioni danno origine, in modo deterministico o probabilistico, ad altre operazioni e decisioni che delle prime sono conseguenza. Le conoscenze contestuali designano le condizioni di lavoro in cui applicare le conoscenze dichiarative e procedurali (sapere quando utilizzare una data risorsa).

Più complessa è la definizione di cosa debba intendersi per capacità. Non vi è accordo tra gli studiosi sulla definizione da assegnare al termine “capacità” e persistono confusioni tra

1 Estratto dall’intervento nell’ambito del convegno Costruire competenti comunità di apprendimento nella scuola sostenute dal Cooperative Learning (Torino, 16-20 gennaio 2006), reperibile al link: http://www.apprendimentocooperativo.it/img/competenze_trasversali.pdf

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questo termine e il termine “abilità”. Il problema dipende anche da istanze di natura linguistica: si traducono con l’italiano “abilità” termini inglesi con significato tra di loro molto diverso quali “ability”, “skill”, “adeptness”, “craft”, e con “capacità” termini eterogenei quali “capacity”, “capability”, “capa- bleness”, “faculty”, “potentiality”.

Iniziamo con il definire cosa si intende per abilità. Galimberti (1992) definisce abilità la capacità di interpretare la realtà e intervenire su di essa per modificarla o per rivedere il proprio sistema di riferimento di competenze quando questo non é rispondente alle mutate esigenze della realtà. Secondo Jonnaert (2002) l’abilità è centrata su un compito chiaramente identificabile e comprende un’azione e il contenuto disciplinare che la guida. La competenza mobilita delle capacità che a loro volta attivano una o più abilità relative ad un sapere codificato. Baillé e Raby (2004) ritengono che un’abilità possa essere descritta da variabili comportamentali e procedurali isolate (ad esempio singole prestazioni compiute dal soggetto), direttamente connesse all’esecuzione di una famiglia di compiti.

Diverso è il significato che assume in letteratura il concetto di capacità. Secondo Allal (2000; Coggi, 2002, 124-125) la capacità sarebbe definibile come una disposizione generale del funzionamento cognitivo, affettivo, sociale e sensomoto- rio, formata attraverso un lavoro di rispecificazione nei diversi ambiti della competenza. La capacità abbraccerebbe insiemi di competenze affini e sarebbe caratterizzata da una naturale trasversalità rispetto alle competenze del gruppo. Secondo Gil- let (1991) la capacità sarebbe frutto dell’acquisizione di competenze in più settori e sarebbe un elemento trasversale, sottostante a queste. Secondo Perrenoud (2001) la capacità sarebbe una potenzialità del soggetto relativamente indipendente dal contesto, una delle risorse mobilitabili dalla competenza, la quale però sarebbe legata ad un contesto specifico. Le competenze mobiliterebbero queste capacità e le porterebbero a compimento: partecipare ad una data discussione e fare bella figura sarebbe, secondo l’autore, una competenza, la quale mobiliterebbe capacità quali saper ascoltare, saper intervenire, saper porre domande, saper concludere il discorso, ecc. Secondo Wittorski (1998, citato in Lévy, 2002), la capacità sarebbe una sorta di “competenza decontestualizzata”, una disposizione ad agire trasversale, una potenzialità di azione del soggetto. Secondo Galimberti (1992), capacità sarebbe un termine generico volto a designare la possibilità e l’idoneità di un soggetto a svolgere un’attività o ad assolvere un compito. Essa designerebbe una disposizione generale del funzionamento cognitivo suscettibile di modificarsi e di crescere nel corso del percorso di apprendimento del soggetto (Roegiers, 1999) e sarebbe distinta dall’ attitudine, la quale designerebbe un tratto innato del soggetto, una capacità potenziale che rende un individuo adatto a una determinata attività consentendogli di ottenere risultati in quella determinata attività più rapidamente ed agevolmente rispetto ad altri soggetti. Quest’ultima posizione è quella condivisa dalla legislazione nazionale: “Le competenze sono l’insieme delle buone capacità potenziali di ciascuno portate effettivamente al miglior compimento nelle particolari situazioni date: ovvero indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire adesso, nell’unità della nostra persona, dinanzi all’unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere in un determinato contesto” (Decreto legislativo 28 marzo 2003, n. 53). In tale definizione per capacità viene quindi intesa una potenzialità e una propensione dell’essere umano a fare, pensare, agire in un certo modo. Dall’analisi delle molteplici definizioni sembrano emergere alcune costanti: a) la capacità fa sempre riferimento ad una disposizione generale e si situa su un piano astratto, non direttamente osservabile, al pari della competenza; b) competenza e capacità sarebbero strettamente intrecciate: da un lato le capacità del soggetto troverebbero realizzazione attraverso le sue competenze, dall’altro le competenze darebbero forma ed espressione a

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queste capacità, e sarebbero un elemento che contribuirebbe in modo determinante a definirle e renderle osservabili: le capacità realizzate assumerebbero forma, contenuto e significato nelle competenze; c) le manifestazioni esterne della presenza di una competenza in un determinato settore sarebbero le abilità che il soggetto dimostra nel risolvere i problemi teorico/pratici in quel dato settore; esse si situerebbero su un piano diverso rispetto a capacità e competenze perché rappresenterebbero elementi direttamente osservabili, utilizzabili come indicatori della presenza di una competenza sottostante (a sua volta espressione di una capacità), ma in nessun modo identificabili direttamente con esse.

Stante queste premesse, l’abilità si può considerare come un saper fare espresso, manifestato, osservabile, la capacità come un saper fare in potenza e la competenza l’elemento che rende possibile il raccordo. Le prestazioni che il soggetto compie in risposta a determinate consegne valutative si possono considerare l’espressione delle capacità di un soggetto, le quali prendono forma in concrete abilità da lui dimostrate, osservabili e valutabili.

L’esercizio di una competenza da parte di un soggetto prevede quindi che questo possieda determinate risorse cognitive, e le mobiliti in modo opportuno, “leggendo” nel modo migliore una data situazione, ossia adottando opportune strutture di interpretazione, e formulando decisioni operative sulla base di tali modelli. La competenza deriva quindi da una stretta connessione tra sapere e strategie operative che il soggetto mette in atto per perseguire scopi specifici, e queste ultime costituiscono le sue strutture di azione. È importante poi che il soggetto sappia rispondere in modo efficace alle sollecitazioni ambientali, monitorando in itinere l’efficacia delle proprie strategie, anche grazie alla metacognizione. Tali capacità rappresentano le strutture di autoregolazione che il soggetto applica alle sue azioni.

I quattro aspetti elencati sono quindi quelli che caratterizzano la competenza del soggetto: 1. La quantità e qualità di risorse possedute e mobilitabili, in termini di conoscenze e

capacità legate al particolare dominio conoscitivo in questione e al contesto di applicazione, ed adeguatezza di queste alla situazione-problema da affrontare. In questo repertorio di risorse rientrano anche le reti relazionali di cui l’individuo dispone e che gli permettono di attingere a risorse esterne.

2. I modelli, espliciti o impliciti, che guidano l’interpretazione della situazione- problema da parte del soggetto e la conseguente scelta delle strategie da mettere in atto (strutture di interpretazione). Una corretta “visione della situazione” consente al soggetto di scegliere le strategie di azione adeguate alla situazione stessa e quindi maggiormente efficaci (aver le idee chiare su come agire nel migliore dei modi). Attraverso le strutture di interpretazione il soggetto diagnostica correttamente le caratteristiche della situazione-problema, dell’ambiente, del compito, del ruolo ad esso assegnato e delle proprie caratteristiche e valuta le conoscenze e capacità da mettere in campo. Modelli e visioni del mondo non sono il frutto dell’elaborazione cognitiva di un soggetto isolato ma risentono dell’insieme delle interazioni del soggetto in contesti sociali, in cui si verifica l’apprendimento formale e quello informale. È dai modelli che guidano l’interpretazione della situazione che derivano gli atteggiamenti che il soggetto adotta nel perseguire un dato compito: dalla visione della situazione che ha il soggetto dipende l’assegnazione di valore da esso operata e quindi la sua disponibilità ad un coinvolgimento maggiore o minore nella situazione-problema in cui la competenza si manifesta. La visione della situazione ha effetti sull’area cognitiva ma anche su quella emotivo-motivazionale: se un

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soggetto è convinto di non poter riuscire, non investirà nel modo giusto le proprie risorse in un compito e quindi non riuscirà.

3. Le concrete strategie operative che egli mette in atto per raggiungere gli scopi che si prefigge, in presenza di una data situazione-problema (strutture di azione). Tali strategie rappresentano l’orchestrazione di un insieme di conoscenze e capacità personali del soggetto, adeguato ad affontare efficacemente la situazione- problema.

4. La capacità del soggetto di capire, in itinere, se le strategie adottate sono effettivamente le migliori possibili e di cambiarle opportunamente in caso contrario, apprendendo dall’esperienza concreta che egli si trova a compiere (strutture di autoregolazione). Attraverso le strutture di autoregolazione il soggetto si adatta, mentalmente (atteggiamenti) e operativamente (strategie) alle richieste del contesto e del compito. Tale adattamento avviene anche attraverso l’autoriflessione metacognitiva sull’azione.

I quattro aspetti citati ci consentono di definire delle dimensioni su cui collocare indicatori riferiti alla performance dell’allievo. La vicinanza della sua prestazione alla performance del “novizio” o dell’“esperto” della disciplina definirà una maggiore o minore profondità della sua competenza, come illustrato nell’esempio della figura 1, riferita alla competenza nella consultazione della Rete come sorgente di informazioni.

Fig. 1 - Esempi di criteri di valutazione della performance “Consultare la Rete come sorgente di documentazione”, con la consegna “Trovare informazioni sui diagrammi cartesiani”

Performance Dimensioni

Performance del “novizio” Performance dell’“esperto”

Risorse mobilitate

Conosce solo un motore di ricerca generalista. Conosce più motori di ricerca, generalisti e specialistici.

Strutture di interpretazione

Interpreta la consegna in modo riduttivo come “Cercare le pagine Web in cui compaiano le parole ‘diagramma cartesiano’”.

Riformula la consegna come “Cercare pagine Web che trattino l’analisi matematica sotto differenti aspetti”.

Strutture di azione

Apre l’unico motore di ricerca conosciuto e cerca i termini “diagramma cartesiano”.

Identifica dapprima un set di parole chiave attinenti l’analisi matematica (che cresce man mano che egli consulta nuovi siti) e svolge numerose ricerche sui vari motori che conosce. Opera una classificazione dei siti secondo l’attinenza al problema.

Strutture di autoregolazione

La ricerca lo porta a risultati deludenti ma non è in grado di formulare una strategia alternativa, oppure formula altre strategie (es. cerca con un motore diverso) ma queste lo portano allo stesso esito.

Scarta rapidamente le parole chiave e i motori che non lo portano a risultati pertinenti e si focalizza su quelli più proficui.

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I l tormentone della certificazione delle competenze

di Giancarlo Cerini1

Necessità di scelte coerenti

Forse con troppa leggerezza si è affrontato in questi anni un tema affascinante, ma delicato e controverso, come è la “certificazione delle competenze”. Dalle suggestioni provenienti dagli ormai storici documenti europei degli anni ‘90 (Delors, Cresson, ecc.) fino alle più recenti pronunce dell’Unione Europea sulle competenze chiave (2006) e sul quadro comune delle qualifiche (2008) il dibattito su certificazione e competenze è sembrato seguire due vie parallele: da un lato, la progressiva messa a punto del concetto di competenza (in termini di cittadinanza, life skills, abilità essenziali e strategiche), dall’altro, lo sforzo di trasparenza nel rilascio dei titoli e delle qualifiche spendibili nel mercato del lavoro comunitario.

In Italia il tema è sorto nel decennio scorso in relazione alla riforma degli esami di maturità (in cui si richiede di certificare le competenze dei maturandi in uscita) ed agli sviluppi dell’autonomia, con l’emergere dei temi del successo formativo, del curricolo e della personalizzazione dei percorsi formativi.

Da ultimo va ricordato anche la previsione normativa contenuta nel decreto legge 137/08, poi convertito con modifiche marginali nella legge 169/08, di utilizzare il voto in decimi oltre che per valutare apprendimenti e comportamenti (nel primo ciclo), anche per “certificare” le competenze. Un mezzo passo falso di cui ci si è resi conto nei mesi successivi, tanto che nel Regolamento che coordina le diverse norme in materia di valutazione (Dpr 22 giugno 2009, n. 122) si richiama sì l’obbligo dell’utilizzo dei voti numerici nella certificazione, ma quasi in termini incidentali (la certificazione sarà “accompagnata” dall’espressione di un voto), mentre il focus della indicazione sembra essere piuttosto la “descrizione analitica” delle competenze, cioè un’operazione un po’ più complessa della semplice assegnazione di un voto. Tra l’altro, la scuola primaria è svincolata dall’utilizzazione dei voti in decimi nell’operazione di certificazione, così come la scuola secondaria di II grado, in cui i modelli di certificazione (DM 9/2010) prevedono una declaratoria per livelli e per assi culturali.

Tra autonomia delle scuole e modelli nazionali

Ma vediamo quali sono le principali ragioni di questa incertezza, che non è solo dovuta alle oscillazioni della più recente normativa. Infatti, di competenze si parla ormai da parecchi anni e un primo passaggio normativo fa capolino all’interno del Regolamento (tuttora vigente) dell’autonomia scolastica, il Dpr 275/1999, che richiama la presenza di modelli nazionali per le certificazioni (da adottarsi con decreto ministeriale), che dovrebbero dare conto di “conoscenza, competenze,capacità acquisite e crediti formativi riconoscibili”. Anche la legge 53/2003 si muove nello stesso alveo, riconoscendo comunque la competenza dei docenti e delle scuole nelle operazioni di certificazione. 1 L’articolo è apparso nel n. 4, luglio-agosto 2010, di “Rivista dell’istruzione” (ed. Maggioli) nell’ambito di un più ampio dossier sulla didattica per competenze e la riforma della scuola secondaria superiore.

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Qui si rivela già, in nuce, una delle questioni su cui non c’è chiarezza: cioè quanta autonomia spetti alle singole scuole in materia di certificazione (quindi quanta discrezionalità in termini di criteri, oggetti, codici, scale, forme di descrizione delle competenze) e quanto invece debba fare riferimento a parametri nazionali che diano un senso ed una leggibilità ”erga omnes” di quanto attestato da ogni specifica istituzione scolastica.

Se vogliamo, è lo stesso tipo di dilemma che si presenta di fronte all’utilizzo di prove di valutazione standardizzate (di carattere nazionale o internazionale, ma che si potrebbero riferire anche ad un territorio, ad una scuola, a reti di scuole): somministrare lo stesso tipo di prove ha senso di fronte a percorsi curricolari che possono essere diversi, per condizioni di contesto, tipologia di allievi, scelte curricolari locali, ecc.? Non si rischia, per questa via, di legittimare l’omologazione culturale dei nostri allievi, sospinti dall’uso massiccio di test e prove, a convergere verso un determinato profilo culturale e formativo? Cercheremo di smentire questa preoccupazione.

Perché certificare?

In generale, nel nostro sistema la certificazione ha una immagine “debole” (basti pensare a quello che si dice in materia di handicap: si certifica come scelta di ripiego, quando non è possibile dare valore legale agli esiti scolastici). Invece, valutare gli apprendimenti e certificare le competenze acquisite da un allievo rappresenta un compito essenziale per ogni struttura scolastica e formativa. Non solo perché la valutazione è un atto indispensabile per “regolare” il rapporto tra insegnamento e apprendimento (la c.d. valutazione formativa), ma perché essa assolve ad un preciso impegno giuridico, che è quello di attestare erga omnes gli esiti di un percorso di istruzione (scolastica) o di formazione (professionale). Il valore (legale) del percorso è ben rappresentato dal rilascio di un apposito titolo di studio (o qualifica) al termine di ogni ciclo di studi.

Questo approccio, però, viene considerato ormai insufficiente ed emerge il bisogno di una più esplicita ed analitica attestazione di abilità, conoscenze e competenze effettivamente acquisite dai soggetti nei loro percorsi di formazione. D’altra parte, la certificazione nasce per far dialogare i sistemi, in una ottica di maggiore flessibilità e personalizzazione dei percorsi. Esempi in tal senso si trovano negli accordi tra Ministero dell’Istruzione e Regioni stipulati (es. nel 2004) per condividere, tra diversi sistemi formativi, alcuni standard di contenuto/prestazione utili a favorire passaggi, integrazione dei percorsi, modularità dell’organizzazione didattica, valorizzazione di crediti.

Ma il rischio di una certificazione non ben ponderata è quella di trasformarsi in un atto formale, più o meno simile alla valutazione di fine anno Contro questo impoverimento si esprime la recente CM 49 del 20 maggio 2010, che rappresenta un buon documento utile a promuovere una corretta cultura della valutazione. La nota ministeriale precisa che la certificazione dovrebbe consentire ad ogni allievo, già al termine del primo ciclo, di “conoscere la propria posizione rispetto a livelli di apprendimento e quadri di competenze che rispondano a riferimenti di carattere generale”.

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Il valore formativo della certificazione

Quindi, oltre agli aspetti legali o di comunicazione, la certificazione assume anche un valore formativo, quando svolge la funzione di descrizione di un percorso, di consapevolezza dei progressi (in forma di autovalutazione), di posizionamento in una progressione di apprendimenti.

Nel nostro attuale sistema scolastico è senz’altro opportuno procedere con priorità alla certificazione in uscita dall’obbligo di istruzione (DM 9-2-2010), perché questa tappa rappresenta uno snodo importante nella biografia degli allievi (ove non si rilascia, tra l’altro, alcun titolo di studio). A 16 anni può terminare il percorso scolastico formale per la scelta di inserimento nel mondo del lavoro, nell’apprendistato, nella formazione professionale. È quindi importante che un ragazzo si presenti in questi nuovi scenari con una propria “dotazione” di competenze, che possa essere riconosciuta ed utilizzata per favorire l’inserimento. In caso di prosecuzione della scolarità all’interno del triennio superiore o della scelta di un diverso indirizzo, la certificazione potrebbe assumere un carattere formativo-informativo, per confermare e ri-orientare i percorsi.

Nel modello nazionale di certificazione delle competenze a 16 anni, si formalizzano tre livelli che possono richiamare l’idea di una progressione delle competenze.

Livello di base: Lo studente svolge compiti semplici in situazioni note, mostrando di possedere conoscenze ed abilità essenziali e di saper applicare regole e procedure fondamentali. Livello intermedio: Lo studente svolge compiti e risolve problemi complessi in situazioni note, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità acquisite. Livello avanzato: Lo studente svolge compiti e problemi complessi in situazioni anche non note, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità. Es. proporre e sostenere le proprie opinioni e assumere autonomamente decisioni consapevoli.

Tra standard e personalizzazione

Ma i nuovi modelli certificativi, da soli, non fanno “primavera”. Il problema valutativo della scuola italiana non è tanto dovuto ad una scarsa dimestichezza con la docimologia, ma piuttosto alla mancata condivisione del significato positivo che un più trasparente e attendibile sistema di valutazione potrebbe assumere nella vita della scuola e nei comportamenti di docenti e allievi (per non parlare delle famiglie e della società). Le idee in materia di valutazione sono ancora diverse, come si può notare a proposito delle ricorrenti polemiche sul ruolo dell’Invalsi e delle sue rilevazioni. C’è chi propende per strumenti rigorosi e impeccabili di misurazione, affinché la valutazione stessa sia la più oggettiva possibile; altri, invece, vorrebbero salvaguardare il preminente valore formativo e processuale della valutazione. Nel primo caso sembrano passare in secondo ordine gli aspetti educativi; nel secondo caso il rischio è quello di assumere un atteggiamento “buonista”, che finisce col nascondere la realtà degli apprendimenti effettivamente conseguiti, danneggiando gli allievi, illudendoli circa il possesso di competenze che poi saranno smentite nei duri confronti con il mondo esterno.

È possibile riuscire a conciliare le due esigenze, cioè l’apprezzamento dei progressi personali degli allievi, confrontandoli però con standard ritenuti significativi? La certificazione potrebbe, in parte, rispondere a questa duplice finalità. Il criterio da utilizzare potrebbe essere appunto quello di mettere al centro della certificazione il

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percorso di “avvicinamento” di ogni singolo allievo al possesso graduale di competenze, comunque definite in termini di standard (cioè di risultati attesi). Il “gradiente” di avvicinamento dovrebbe costituire sempre un apprezzamento di padronanza, seppure embrionale, in fase di sviluppo, di ulteriore consolidamento, di arricchimento. La certificazione dovrebbe sempre esprimere un indicatore positivo (non esiste una certificazione negativa) e lo sforzo è quello di costruire livelli di apprezzamento capaci di cogliere questo dinamismo. I livelli, dunque non sono voti (statici), ma soprattutto aperture di credito che devono stimolare l’allievo a progredire.

Nella scuola di base, al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado, la certificazione dovrebbe sempre assumere questo carattere formativo, di accompagnamento di un possibile processo di miglioramento, rafforzando il senso di fiducia degli allievi nei propri mezzi.

Non è solo questione di media aritmetica

Ogni buon manuale di docimologia mette in evidenza una netta distinzione tra le azioni del misurare (rilevare dati, registrare informazioni, trattarle statisticamente, ecc.) e quelle del valutare (dare un valore, interpretare, esprimere un giudizio, elaborare un profilo di sintesi). Nel primo caso si possono usare strumenti di vara natura (test, prove tradizionali, prove semistrutturate, portfolio, dossier, ecc.) e si possono trattare alcuni dati anche in termini statistici (frequenza, medie, distribuzione, confronto), purché si abbia chiara la natura delle scale di misurazione. Se utilizziamo i voti in decimi (dall’1 al 10) facciamo riferimento a dati non trattabili con medie aritmetiche (es: 4 + 8 = 12; 12 : 2 = 6), perché non si tratta di una scala ad intervalli (per cui 4 vale metà di 8, ecc.), ma di una scala ordinale che ci indica solo una posizione (per cui 7 precede 6, e così via). Possiamo legittimamente trattare questo tipo di dati solo calcolando la mediana, cioè il valore più ricorrente, che ci segnala una tendenza, e non la media.

È comunque necessario compiere una ricognizione essenziale dei principali indicatori statistici, come la media, la mediana, il valore medio di scarto dalla media, la distribuzione “normale”, i percentili. Questi ultimi consentono di raggruppare i dati in base a certe fasce percentuali: un decimo del campione o dell’universo (decile); un quinto (quintile), ecc. e di operare dunque opportuni confronti e comparazioni. Qual è il punteggio del 10% della parte più debole della popolazione della mia scuola? E delle scuole del territorio? E del mio paese, in una comparazione internazionale? Un’ulteriore elaborazione statistica (che sta alla base della presentazione dei dati Ocse) consente di fissare delle soglie di livello (5 o 6 sono quelle del programma PISA), consolidando fasce che descrivono un diverso gradiente di competenze (da un livello inadeguato ad un livello di eccellenza), a cui corrispondono percentuali di distribuzioni della popolazione (su scala internazionale, nazionale o locale): questo permette di effettuare comparazioni assai significative, nello spazio (tra diverse popolazioni scolastiche) e nel tempo (di tipo diacronico).

In effetti sarebbe opportuno che in ogni scuola si sviluppasse la capacità di trattare i dati valutativi ormai disponibili, per utilizzarli ai fini di una più adeguata progettazione didattica, oltre che per rendere conto all’esterno dei risultati ottenuti, sulla base di alcuni parametri comuni. Interessante è anche risalire ai quadri concettuali sottesi alle diverse tipologie di prove (una buona prova è anche tale se si lascia “leggere”, se svela quali sono processi, abilità, contenuti che vuole andare a “sondare”).

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I livelli di competenza

Il termine “livello” in genere viene associato alla preventiva definizione di uno standard (di una soglia), rispetto a cui commisurare un determinato apprendimento. In tal senso opera il quadro europeo delle competenze linguistiche, che è forse l’esempio più accreditato e condiviso di definizione di standard. Come è noto il Quadro prevede sei livelli in progressione (da A1 a C2). In questa ottica l’articolazione in diversi livelli di una competenza può essere considerata come la sua descrizione evolutiva.

Anche in ricerche sviluppate in alcuni territori (ci riferiamo ad un ampio progetto realizzato a Reggio Emilia su “Standard di contenuto”, coordinato da Lucio Guasti) si ritrovano queste due esigenze: di descrivere i traguardi di competenza (in forma di enunciato verbale) e di declinare i livelli di competenza. Nell’ipotesi citata si descrive un livello preliminare (in cui lo studente ha bisogno dell’aiuto dell’adulto), poi di un secondo livello (sicurezza, padronanza), infine di un terzo livello (consapevolezza, creatività). Si delinea quindi un processo di sviluppo di competenze: una sorta di quadro di riferimento che può servire per costruire un curricolo verticale, ma anche per certificare le competenze. Essenziale diventa la capacità di effettuare buone descrizioni delle competenze a partire da un lavoro sociale dal basso, tra insegnanti, con i genitori.

Nella ricerca reggiana ogni enunciato descrittivo di uno standard (di contenuto) comprende tre elementi tra di loro complementari:

1. un’azione cognitiva che fa riferimento al soggetto; 2. un elemento di conoscenza (quasi una “porzione” di contenuto) richiamato

dall’azione; 3. un contesto in cui si esplica l’azione (uno scopo dichiarato, alcuni vincoli,

elementi facilitanti, ecc.). La progressione delle competenze si riferisce dunque ad una sempre più

approfondita conoscenza, alla capacità di fare collegamenti, di richiamare conoscenze precedenti, di utilizzare diversi linguaggi e procedure più appropriate e raffinate.

Anche l’utilizzo di tre livelli nello schema di certificazione per i 16enni contenuti nel citato DM 9/2010 (livello base, intermedio, avanzato) contiene un vettore interpretativo che si muove nel segno della progressiva autonomia di un allievo rispetto ad un compito. Il livello iniziale si riferisce ad una prestazione che si svolge in un ambiente noto, protetto, con l’aiuto del contesto, per poi evolvere verso una sempre più sicura ed autonoma padronanza di abilità, per approdare poi ad un utilizzo consapevole, riflessivo e creativo delle conoscenze, anche in situazioni inedite

Dalla valutazione delle competenze alla progettazione del curricolo

È dunque possibile riuscire a conciliare l’esigenza dell’apprezzamento dei progressi personali, confrontandoli però con standard ritenuti significativi. La certificazione potrebbe, in parte, rispondere a questa duplice funzione. Sono però necessarie diverse operazioni preliminari. Proviamo ad elencarle:

1) definire l’idea di competenza cui fare riferimento, collegandola alle dimensioni culturali/disciplinari del curricolo (piuttosto che a quelle genericamente trasversali);

2) avviare un processo di descrizione analitica di tali quadri (o profili) di competenze, magari strutturandoli in progressione tra i diversi gradi scolastici

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(curricolo verticale) e, per ogni step, individuando eventuali livelli interni (esempio tre);

3) scegliere come criterio prevalente di valutazione i progressi personali degli allievi, verso standard o soglie ben precisate (in questa ottica lo standard assume la funzione di garanzia sul valore sociale dell’istruzione pubblica);

4) apprezzare il dinamismo degli apprendimenti attraverso brevi enunciati verbali o codici asettici – come le lettere a,b,c magari fornite di una legenda - piuttosto che con il voto, che rimanda ad un giudizio statico e definitivo sull’asse insufficienza-sufficienza;

5) tenere fermo il principio che la certificazione deve avere un valore pro-attivo, dunque andranno certificati sono gli esiti positivi, cioè anche i piccoli progressi, ma sempre ancorati ad un quadro di standard;

6) apprezzare i percorsi personali per gratificare, motivare, sostenere l’autostima, ma bilanciare l’approccio mettendo gli allievi (le famiglie, gli insegnanti) di fronte alla esplicitazione pubblica degli esiti che ci si attende;

7) delineare, attraverso la valutazione sommativa, un profilo complessivo dell’itinerario compiuto dall’allievo (ed ancora una volta il voto numerico si presenta inadeguato, come dimostrano le approssimazioni del cosiddetto voto di consiglio);

8) descrivere con realismo il grado di padronanza di specifiche competenze, commisurate a standard pubblici, mantenendo sempre l’ottica dell’apprezzamento della progressione (serve dunque un tracciato preventivo di tali standard in progressione);

9) progettare, anche grazie ad un’informazione puntuale sugli apprendimenti, interventi didattici compensativi, per far corrispondere i livelli di promozione legale con quelli di promozione reale (oggi si boccia il 2,5% alle medie, ma c’è un livello di criticità che supera il 20% in certe discipline, come matematica e lingua straniera).

Il sistema che abbiamo sommariamente delineato potrebbe aiutare tutti i soggetti ad avere una più chiara informazione sui reali livelli di apprendimento (evitando le ricorrenti finzioni dell’insufficienza che diventa sufficienza), salvaguardando però il carattere formativo che la valutazione dovrebbe assumere nella scuola obbligatoria. Sono approcci simili a quelli che abbiamo descritto che in altri paesi europei consentono di eliminare la bocciatura, di personalizzare i percorsi (con didattiche più flessibili), mantenendo comunque elevato il profilo degli apprendimenti.

(Costa & Kallick, 2007, p. 177)

Per sviluppare una competenza, occorre un

1A Ricordare e 1B comprendere conoscenze PIANO-TERRA

PRIMO PIANO

ATTICO

2A Applicazione e 2B analisi

3A Sintesi e 3B valutazione

• applica un principio • valuta • prevede • ipotizza • immagina • specula • giudica • se/allora • idealizza

• analizza • categorizza • confronta/

contrappone • spiega (perché) • classifica • inferisce • fa analogie • pone in sequenza • sintetizza • ragiona

• descrive • identifica • elenca • osserva • nomina • scandisce • recita

• conta • definisce • paragona • osserva • seleziona

Otto competenze chiave

Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006

Competenza 1 Comunicazione nella madrelingua

conoscenze abilità attitudini essenziali comunicare in madrelingua:

vocabolario

grammatica funzionale

funzioni del linguaggio

principali tipi di interazione verbale

testi letterari e non

stili e registri del linguaggio

variabilità del linguaggio

comunicazione in contesti diversi: serie di situazioni comunicative

comunicare sia oralmente sia per iscritto

distinguere e utilizzare diversi tipi di testi

cercare, raccogliere ed elaborare informazioni

usare sussidi

formulare ed esprimere le argomentazioni in modo convincente e appropriato al contesto

interpretare il mondo

relazionarsi con gli altri

disponibilità a dialogo critico e costruttivo

consapevolezza delle qualità estetiche e la volontà di perseguirle

interesse a interagire con gli altri

capire e usare la lingua in modo positivo e socialmente responsabile

Competenza 2 Comunicazione nelle lingue straniere conoscenze abilità attitudini essenziali

vocabolario

grammatica funzionale

funzioni del linguaggio

principali tipi di interazione verbale

conoscenza delle convenzioni sociali

aspetti culturali

variabilità del linguaggio

comprendere, esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta, in una gamma di contesti sociali e culturali

comprendere messaggi

iniziare, sostenere e concludere conversazioni

leggere, comprendere e produrre testi appropriati alle esigenze individuali

usare i sussidi e imparare le lingue anche in modo informale

mediazione e comprensione interculturale

apprezzamento della diversità culturale

interesse e curiosità per le lingue e la comunicazione inter-culturale

Competenza 3 Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia

conoscenze abilità attitudini essenziali solida padronanza delle

competenze aritmetico-matematiche

conoscenze e metodologie per spiegare il mondo

cambiamenti determinati dall’attività umana

Matematica solida conoscenza del calcolo,

delle misure e delle strutture operazioni e presentazioni

matematiche di base comprensione dei termini e dei

concetti matematici consapevolezza dei quesiti cui

la matematica può fornire una risposta

Scienza e tecnologia principi di base del mondo

naturale concetti, principi e metodi

scientifici fondamentali prodotti e processi tecnologici comprensione dell’impatto

della scienza e della tecnologia sull’ambiente naturale

comprensione di progressi, limiti e rischi delle teorie, delle applicazioni scientifiche e della tecnologia

usare modelli matematici di pensiero logico e spaziale

usare modelli matematici di [rap]presentazione

usare l’insieme delle conoscenze e delle metodologie possedute

comprensione dei cambiamenti determinati dall’attività umana

Matematica applicare i principi e processi

matematici di base nel contesto quotidiano (casa e lavoro)

seguire e vagliare concatenazioni di argomenti

svolgere un ragionamento matematico

cogliere le prove matematiche comunicare in linguaggio

matematico saper usare i sussidi appropriati

Scienza e tecnologia utilizzare, maneggiare

strumen-ti e macchinari tecnologici

utilizzare e maneggiare dati scientifici per: ◦ raggiungere un obiettivo ◦ formulare un decisione o

una conclusione riconoscere gli aspetti essenziali

dell’indagine scientifica comunicarne conclusioni e

ragionamenti afferenti

disponibilità a usare modelli matematici di pensiero logico e spaziale

disponibilità a usare modelli matematici di [rap]presen-tazione

disponibilità a usare l’insieme delle conoscenze e delle metodologie possedute

consapevolezza della responsa-bilità di ciascun cittadino

Matematica rispetto della verità disponibilità a cercare

motivazioni e a determinarne la validità

Scienza e tecnologia valutazione critica curiosità interesse per questioni etiche rispetto per la sicurezza e la

sostenibilità del progresso scientifico e tecnologico

questioni di dimensione globale

«Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva,

l’inclusione sociale e l’occupazione.»

© Chiarle, novembre 2007

Competenza 4 Competenza digitale

conoscenze abilità attitudini essenziali natura, ruolo e opportunità

delle TSI principali applicazioni

informatiche (trattamento di testi, fogli elettronici, banche dati, memorizzazione e gestione delle informazioni)

opportunità e potenziali rischi di Internet e della comuni-cazione elettronica

condivisione di informazioni con reti collaborative

coadiuvare creatività e innovazione con le TSI

problematiche legate alla validità e all’affidabilità delle informazioni disponibili

principi giuridici ed etici nell’uso delle TSI

utilizzare con dimestichezza le TSI

reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni

comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet

cercare, raccogliere e trattare le informazioni

usarle in modo critico e sistematico

accertarne la pertinenza distinguere il reale dal virtuale produrre, presentare e

comprendere informazioni complesse

accedere ai servizi basati su Internet

usare le TSI a sostegno del pensiero critico, della creatività e dell’innovazione

spirito critico nell’uso delle TSI attitudine critica e riflessiva

nei confronti delle informazioni disponibili

uso responsabile dei mezzi di comunicazione interattivi

interesse a impegnarsi in comunità e reti a fini culturali, sociali e/o professionali

Competenza 5 Imparare a imparare

Conoscenze abilità attitudini essenziali il proprio processo di

apprendimento le proprie strategie di

apprendimento preferite i punti di forza e i punti deboli

delle proprie abilità e qualifiche

i propri bisogni opportunità disponibili opportunità di orientamento

organizzare il proprio apprendimento

gestione efficace del tempo e delle informazioni

sormontare gli ostacoli per apprendere in modo efficace

acquisizione, l’elaborazione e l’assimilazione di nuove conoscenze e abilità

identificazione delle opportunità disponibili

cercare le opportunità di istruzione e formazione e gli strumenti di orientamento e/o sostegno disponibili

prendere le mosse da quanto appreso in precedenza e dalle esperienze di vita

usare e applicare conoscenze e abilità in tutta una serie di contesti

lettura, scrittura e calcolo l’uso delle TIC gestione efficace del proprio

apprendimento, della propria carriera e dei propri schemi lavorativi

concentrarsi per periodi prolungati

riflettere in modo critico sugli obiettivi e le finalità

lavorare in modo collaborativo con un gruppo eterogeneo

organizzare il proprio apprendimento

valutare il proprio lavoro cercare consigli, informazioni e

sostegno

perseverare nell’apprendimento motivazione e fiducia nella

riuscita affrontare i problemi per

risolverli desiderio di applicare quanto

appreso in precedenza curiosità di cercare nuove

opportunità di apprendere curiosità di applicare l’appren-

dimento in una gamma di contesti della vita

© Chiarle, novembre 2007

Competenza 6 Competenze sociali e civiche

Conoscenze abilità attitudini essenziali Competenze sociali

concetti e strutture sociopolitici

come conseguire una salute fisica e mentale ottimali

risorse per se stessi, per la propria famiglia e per l’ambiente sociale immediato di appartenenza

stile di vita sano codici di comportamento in

diversi ambienti e società concetti di base riguardanti gli

individui, i gruppi, le organizzazioni del lavoro, la parità e la non discriminazione tra i sessi, la società e la cultura.

dimensioni multiculturali e socioeconomiche delle società europee

interazione identità culturale nazionale con identità europea

Competenze civiche concetti di democrazia,

giustizia, uguaglianza, cittadinanza e diritti civili

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nelle dichiarazioni internazionali

istituzioni a livello locale, regionale, nazionale, europeo e internazionale

principali eventi e tendenze nella storia nazionale, europea e mondiale

obiettivi, valori e politiche dei movimenti sociali e politici

integrazione europea strutture, principali obiettivi e

valori dell’UE diversità e identità culturali in

Europa differenze tra sistemi di valori

di diversi gruppi religiosi o etnici

diritti umani valori condivisi principi democratici

Competenze sociali risolvere i conflitti comunicare in modo

costruttivo in ambienti diversi mostrare tolleranza, esprimere

e comprendere diversi punti di vista

negoziare creare fiducia essere in consonanza con gli

altri venire a capo di stress e

frustrazioni, esprimendoli in modo costruttivo

distinguere tra la sfera personale e quella professionale

Competenze civiche impegnarsi in modo efficace

con gli altri presa di decisioni a tutti i livelli

(il voto)

Competenze sociali impegno a una partecipazione

attiva e democratica collaborazione assertività integrità interesse per lo sviluppo

socioeconomico e la comunicazione interculturale

apprezzare la diversità rispettare gli altri prontezza a superare i

pregiudizi prontezza a cercare compro-

messi Competenze civiche

solidarietà e interesse per risolvere i problemi

riflessione critica e creativa partecipazione costruttiva alle

attività della collettività o del vicinato

comprensione delle differenze tra sistemi di valori di diversi gruppi religiosi o etnici

senso di appartenenza disponibilità a partecipare al

processo decisionale democratico

senso di responsabilità rispetto dei diritti umani rispetto per i valori condivisi rispetto dei principi

democratici sostegno alla diversità sociale,

alla coesione e allo sviluppo sostenibile

rispettare i valori e la sfera privata degli altri

Competenza 7 Spirito di iniziativa e imprenditorialità

conoscenze abilità attitudini essenziali contesto in cui si opera opportunità che si offrono sfide che si pongono funzionamento dell’economia valori etici: posizione etica

delle imprese (commercio equo e solidale o imprese sociali)

principi di buon governo

tradurre le idee in azione pianificare e gestire progetti

per raggiungere obiettivi identificare le opportunità

disponibili per attività personali, professionali e/o economiche

gestione progettuale proattiva: pianificazione, organizzazione, gestione, leadership e delega, analisi, comunicazione, rendi-contazione, valutazione e registrazione

rappresentanza e negoziazione efficaci

lavorare sia individualmente sia in collaborazione

discernimento: identificare i propri punti di forza e i propri punti deboli

soppesare e assumersi rischi

creatività innovazione assunzione di rischi spirito di iniziativa anticipare gli eventi indipendenza innovazione motivazione e determinazione

a raggiungere obiettivi

Competenza 8Consapevolezza ed espressione culturale

conoscenze abilità attitudini essenziali musica arti dello spettacolo letteratura arti visive retaggio culturale locale,

nazionale ed europeo e sua collocazione nel mondo

principali opere culturali cultura popolare contempo-

ranea diversità culturale e linguistica

in Europa e in altre parti del mondo

importanza dei fattori estetici nella vita quotidiana

espressione creativa di idee, esperienze ed emozioni

valutazione e apprezzamento delle opere d’arte

autoespressione mediante un’ampia gamma di mezzi di comunicazione

correlare i propri punti di vista creativi ed espressivi ai pareri degli altri

identificare e realizzare opportunità sociali ed economiche nel contesto dell’attività culturale

comprensione della propria cultura

senso di identità apertura e rispetto della

diversità dell’espressione culturale

creatività disponibilità a coltivare la

capacità estetica tramite l’autoespressione artistica

partecipazione alla vita culturale

© Chiarle, novembre 2007

1

1. PERSISTENZA

Chi non persiste spesso si interrompe quando la risposta a un problema non è immediata, abbandona alla prima difficoltà. Dice: “È troppo difficile!”, “Non ce la farò mai”. Continua ad affrontare la difficoltà nello stesso modo. Non si concentra. Non ha il piacere di conquistarsi qualcosa grazie al proprio impegno e costanza. Ha un repertorio limitato di risorse e strategie per affrontare un problema. Continua a vedere le difficoltà dallo stesso punto di vista.

Per conquistare obiettivi elevati è importante persistere. Cioè: (1) rimanere attaccati a un’attività fino alla fine; (2) non distrarsi; (3) concentrarsi sul pensare; (4) non ricorrere a facili soluzioni; (5) analizzare un problema e sviluppare un sistema e strategie per

risolverlo; (6) disporre di metodi sistematici per analizzare un problema (sapere

come cominciare, quali passi sviluppare, quali informazioni devono essere ricercate e raccolte).

Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

1. Leggi queste affermazioni, pensa a quali possono essere i motivi e le esperienze che hanno indotto alcune persone a formulare così loro convinzioni: “Per avere successo nella vita nel mondo di oggi devi possedere volontà e

tenacia per finire quello che hai da fare” (Chin-Ning Chu, consulente economico cinese emigrato negli Stati Uniti).

“Non ti preoccupare di andare adagio, l’importante è non fermarsi” (Confucio).

Ti rivelo il segreto che mi ha permesso di arrivare dove sono arrivato. La mia forza sta solo nella mia tenacia” (Louis Pasteur).

“È sempre troppo presto per fermarsi!” (Norman Vincent Peale). “L’energia e la persistenza conquistano tutto” (Benjamin Franklin). “Penso e rifletto per mesi e per anni. Novantanove delle volte la

conclusione è sbagliata. La centesima volta è giusta” (Albert Einstein, fisico).

“Sii come un francobollo da lettera - rimani su di essa fino a che non sei arrivato” (Margaret Carty).

Rifletti su queste date della vita di Abraham Lincoln: • Fallito negli affari, 1831 • Sconfitto alla prima legislatura, 1832 • Di nuovo fallito in affari, 1833

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• Eletto per una legislatura, 1834 • Sconfitto come oratore, 1838 • Sconfitto alle elezioni, 1840 • Sconfitto nell’elezione per il Congresso, 1843 • Eletto al Congresso, 1846 • Sconfitto nell’elezione per il Congresso, 1848 • Non eletto al Senato, 1855 • Sconfitto come vice-presidente, 1858 • Non eletto al Senato, 1858 • Eletto Presidente degli Stati Uniti, 1860

“Avere sempre in mente che la convinzione di farcela è più importante di ogni altra cosa” (Abraham Lincoln, presidente degli Stati Uniti).

“Una goccia continua scava una pietra” (Lucrezio, filosofo). “Nel mondo delle idee, tutto dipende dall’entusiasmo; nel mondo reale,

tutto dipende dalla perseveranza” (Goethe, poeta). “Essere capaci di concentrarsi per un tempo considerevole è fondamentale

per conseguire un successo difficile” (Bertrand Russell, matematico e filosofo).

“Ci vuole molto tempo per diventare giovane” (Pablo Picasso). “Se pensi di poterlo fare, di sicuro acquisirai la capacità di farlo anche se

all’inizio puoi non averla” (Mahatma Gandhi). L’uomo che sposta le montagne comincia portando via alcune pietre

(Proverbio cinese). “Nella lotta tra la roccia e l’acqua, alla lunga vince l’acqua” (Proverbio

cinese). “Cadi sette volte, stai in piedi otto” (Proverbio giapponese). “Non è che sia molto intelligente, è solo che io sto molto a lungo sui

problemi” (Albert Einstein, fisico). “Con la perseveranza anche la lumaca ha raggiunto l’Arca di Noè” (Charles

H. Spurgeon). “Cercare il successo senza un duro lavoro è come tentare di raccogliere

dove non hai seminato” (David Bly). “Gli ostacoli non ti devono fermare. Se ti imbatti in un muro non fermarti e

non girare le spalle. Studia come scalarlo, come superarlo o aggirarlo” (Michael Jordan).

“Non scoraggiarti. Spesso è l’ultima chiave del mazzo che apre la porta” (Anonimo).

“Quando il mondo dice: ‘Non continuare’, la speranza bisbiglia all’orecchio: ‘Prova una volta ancora’” (Anonimo).

“Gli studi indicano che la qualità di tutti gli uomini di successo è stata la persistenza. Essi hanno dedicato molte tempo per riuscire ad eseguire un compito e a perseverare di fronte a molte difficoltà. C’è veramente una relazione molto positiva tra l’abilità delle persone a realizzare un compito e il tempo che esse dedicano ad esso” (Joyce Brothers, psicologo e autore).

“Ogni giorno che smetti di giocare o di fare esercizio è un giorno in più che ti si richiede per diventare esperto” (Ben Hogan, giocatore di golf).

3

“La persistenza è la sorella gemella dell’eccellenza. Una è questione di qualità, l’altra di tempo” (Marabel Morgan).

“Persisto fino a che non ho raggiunto lo scopo. Faccio sempre un altro passo. Se questo non è sufficiente ne faccio un altro e poi un altro ancora. In verità un passo alla volta non è troppo difficile… So che piccoli tentativi, ripetuti, portano a termine ciò che si sta facendo” (Og Mandino, scrittore).

“Le grandi opera si raggiungono non grazie alla forza, ma alla perseveranza” (Samuel Johnson).

“Per offrire alle proprie doti e qualità le migliori opportunità, ci si deve preparare ad ogni eventualità. Questo significa fare un lungo esercizio.” (Steve Ballesteros, giocatore di golf professionale).

“Se qualcosa è noioso dopo due minuti tentalo per quattro. Se è ancora noioso, tentalo per otto. Poi per sedici. Poi per trentadue. Solo alla fine scoprirai che non era affatto noioso.” (John Cage).

“La differenza tra perseveranza e ostinazione è che la prima deriva da una forte tenacia a ‘volere’ qualcosa e la seconda da una forte volontà a ‘non-volere’ qualcosa” (Henry Ward Beecher).

“La persistenza è ciò che rende possibile l’impossibile, probabile il possibile e reale il probabile” (Robert Half, direttore amministrativo).

“Le persone di non elevata abilità talvolta raggiungono un successo straordinario perché non sanno quando è il momento di fermarsi” (George Herbert Allen).

2. Dopo aver letto queste affermazioni di personaggi famosi, scrivi la tua affermazione che nasce dalla tua esperienza:

3. Crea uno slogan da collocare sulle pareti della classe sul comportamento perseverante:

L’inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

1. Prova a pensare se hai un’inclinazione alla perseveranza.

4

2. GESTIRE L’IMPULSIVITÀ

Chi non sa gestire l’impulsività spesso si lascia sfuggire la prima risposta che viene in mente, comincia a lavorare senza comprendere ciò che deve fare, prende decisioni senza pensare alle conseguenze, segue i suoi impulsi senza riflettere sui propri comportamenti.

Le persone che controllano la propria impulsività pensano prima di agire: (1) sviluppano una strategia per accostarsi a un problema; (2) si trattengono dall’esprimere giudizi su un’idea prima di comprenderla

fino in fondo; (3) considerano le alternative e le conseguenze di alcune possibili

direzioni prima di intraprendere l’azione.

1

Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

2

L’ inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

3

La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

4

L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

5

La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

5

3. ASCOLTARE CON COMPRENSIONE ED EMPATIA

Trascorriamo il 55% della nostra vita ad ascoltare. Spesso diciamo che stiamo ascoltando, ma in realtà stiamo pensando già a quello che diremo appena il nostro interlocutore avrà finito. Alcuni non sono capaci di costruire su ciò che ascoltano, o di considerarne il valore o non operano sulle idee dell’altra persona.

Le persone con empatia sono in grado di: (1) vedere le differenti prospettive degli altri; (2) dimostrare empatia per un’idea parafrasandola in modo accurato,

costruendo su di essa, chiarificandola o dandone un esempio; (3) ascoltare perché ciò offre l’opportunità di comprendere il punto di

vista degli altri.

1

Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

2

L’inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

3

La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

4

L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

5

La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

4. PENSARE FLESSIBILMENTE

Senza punti di vista alternativi non si è in grado di generare risposte aperte e varie. Il proprio modo di risolvere un problema sembra essere l’unico. Si percepiscono le situazioni da un punto di vista egocentrico: “La mia strada o la strada principale!”.

6

I pensatori flessibili: (1) considerano punti di vista alternativi; (2) a seguito di nuovi dati sono aperti al cambiamento; (3) si impegnano nello stesso tempo in molteplici obiettivi e attività; (4) sono capaci di passare attraverso molteplici posizioni percettive:

egocentriche ed eterocentriche, macrocentriche e microcentriche.

1

Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

2

L’inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

3

La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

4

L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

5

La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

5. PENSARE SUL PENSARE (METACOGNIZIONE)

Spesso le persone non metacognitive non si fermano a domandarsi i motivi delle loro scelte. Di rado si interrogano o valutano l’efficacia delle loro strategie, spesso non sono in grado di spiegare le strategie di presa di decisione.

Essere metacognitivi significa: (1) diventare sempre più consapevoli delle proprie azioni e del loro effetto

sugli altri e sull’ambiente; (2) formulare domande interiori nella ricerca dell’informazione e del

significato; (3) sviluppare mappe mentali o piani d’azione;

7

(4) ripetere mentalmente prima di una prestazione; (5) monitorare i piani quando sono impiegati .

1

Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

2

L’ inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

3

La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

4

L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

5

La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

6. IMPEGNARSI PER L’ACCURATEZZA

Gli studenti non accurati consegnano il lavoro in modo approssimativo, incompleto o non corretto, sono ansiosi di terminare... Desiderano limitarsi al minimo sforzo piuttosto che impegnarsi quanto più possibile. Sono essere più interessati alla convenienza che all’eccellenza.

Le persone che apprezzano l’accuratezza, la precisione e la professionalità (1) dedicano tempo a verificare il loro prodotto; (2) sono capaci di fare le cose con esattezza, con precisione, con

accuratezza, con correttezza; (3) esigono una rifinitura continua.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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L’ inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

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La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

7. FARE DOMANDE E PORRE PROBLEMI

Le persone che mancano di questa disposizione non sono consapevoli delle funzioni delle domande. Non sanno che le domande variano per complessità, per struttura e per scopo. Pongono domande semplici volendo trarre conseguenze o risultati enormi.

Una caratteristica che distingue gli esseri umani è la loro inclinazione a scoprire problemi da risolvere. Le persone efficaci nel risolvere problemi:

(1) scoprono dove si trovano problemi; (2) sanno come fare domande; (3) sanno come colmare il vuoto tra ciò che conoscono e ciò che non

conoscono.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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L’ inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

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La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi

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comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

8. APPLICARE LA CONOSCENZA PREGRESSA A NUOVE SITUAZIONI

Le persone senza questa disposizione cominciano ogni nuovo compito come se fosse la prima volta, non ricordano se hanno affrontato un compito simile.

Gli esseri umani intelligenti quando si imbattono in un problema nuovo e incerto:

(1) ritornano alle loro passate esperienze; (2) fanno analogie; (3) richiamano il loro archivio di conoscenze e di esperienze come fonti di

informazioni per spiegare o per risolvere ogni nuova sfida.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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L’ inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

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La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano

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incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

9. PENSARE E COMUNICARE CON CHIAREZZA E PRECISIONE

Vi sono adulti e studenti che (1) usano un linguaggio impreciso e vago; (2) descrivono oggetti o eventi con parole comuni dai molti significati; (3) nominano oggetti specifici usando parole non descrittive; (4) punteggiano le frasi con interiezioni senza senso; (5) usano verbi, nomi e comparativi, pronomi vaghi, non qualificati o

specifici.

La comunicazione chiara elimina molti fraintendimenti. La precisione di linguaggio può anche contribuire a evitare molte discussioni che avvengono in classe, nel cortile e al bar.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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L’ inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

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La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

10. RACCOGLIERE INFORMAZIONI ATTRAVERSO TUTTI I SENSI

Alcuni operano entro un ristretto arco di strategie sensoriali, affrontano

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l’esperienza incuranti dei gusti, dei ritmi, delle strutture, dei suoni e dei colori che stanno attorno a loro. Hanno paura di toccare o di sporcarsi le mani e qualcuno non vuole avere contatti con oggetti viscidi o vischiosi. Le persone intelligenti sanno che le informazioni entrano nel cervello attraverso i canali sensoriali: visivo, tattile, cinestetico, uditivo, olfattivo e gustativo. Molto dell’apprendimento:

(1) si sviluppa dall’osservazione e attraverso i sensi; (2) molti problemi hanno bisogno di informazioni sensoriali prima di

intraprendere un’azione positiva.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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L’inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

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La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

11. CREARE, IMMAGINARE, INNOVARE

Le persone non-creative sono convinte di essere nate così e che le capacità “stiano nei geni e nei cromosomi” ricevuti. Rinunciano in fretta alle sfide, dicono: “Non sono capace!”, “Non sono mai stato molto bravo in queste cose”, “Non sono creativo”.

Le persone creative: (1) concepiscono soluzioni di problemi in modo diverso; (2) esaminano possibilità alternative; (3) usano analogie;

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(4) partono con una visione e lavorano a ritroso; (5) si assumono rischi; (6) estendono i confini dei limiti da loro stessi percepiti.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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L’ inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

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La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

12. RISPONDERE CON MERAVIGLIA E STUPORE

Chi non ha meraviglia e stupore vede ogni nuovo giorno come quello che l’ha preceduto. Dice: “Che noia!”, “Come il solito!. Se è costretto a pensare dice: “Che fatica pensare!”.

Chi vive con meraviglia e stupore: (1) si sente in comunione con il mondo; (2) si lascia affascinare dallo sbocciare di una gemma; (3) avverte la logica dell’ordine matematico; (4) scopre la bellezza in un tramonto, l’intreccio delle forme geometriche

di una ragnatela; (5) riconoscere la regolarità e l’ordine in un cambiamento chimico; (6) è in comunione con una costellazione lontanissima.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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L’inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

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La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

13. ASSUMERE RISCHI RESPONSABILI

Chi non sa assumersi rischi in modo responsabile rimanda più che può le decisioni inevitabili, vive la paura del fallimento, segue una voce mentale che dice: “Se non provi, non sbagli. Se provi, sbagli”. Ha bisogno di certezza e manca di un’inclinazione per il dubbio fondato su ragioni solide.

Coloro che si assumono rischi responsabili: (1) pianificano; (2) pensano con attenzione ad alternative; (3) le esaminano; (4) si confrontano; (5) studiano le conseguenze prima di assumere rischi; (6) alla fine, non sono sicurissimi, ma decidono. Lo fanno dopo avere

attentamente riflettuto.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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L’ inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

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La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

14. PROVARE UN SENSO DI UMORISMO

Alcune persone trovano umoristiche tutte le situazioni “anomale”: differenze tra gli esseri umani, inettitudine, comportamento ingiurioso, volgarità, violenza, e linguaggio blasfemo e volgare. Ridono degli altri ma non sanno ridere di se stessi.

Chi conosce l’umorismo: (1) trova piacere nel mondo che lo circonda; (2) percepisce le situazioni da una prospettiva originale e spesso

interessante; (3) apprezza e comprende l’umorismo degli altri; (4) riesce con facilità a scoprire incongruenze; (5) coglie assurdità, ironie e satira; (6) scopre discontinuità; (7) è capace di ridere di situazioni e di se stesso.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

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3 La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

4 L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

5 La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

15. PENSARE IN MODO INTERDIPENDENTE

Vi sono persone che non sanno lavorare in gruppo e hanno sviluppato scarse abilità sociali. Si sentono isolati e preferiscono la solitudine. Dicono: “Lo faccio meglio da solo”. Sembrano incapaci di contribuire ad attività di gruppo e monopolizzano il lavoro; altri, al contrario, tendono a lasciare agli altri membri del gruppo tutto il lavoro.

Quando si lavora in gruppo: (1) si pianifica e si pensa insieme; (2) si estende il proprio pensare; (3) si sviluppa un forte ambiente di apprendimento; (4) si impara a valorizzare i talenti e le abilità di coloro che ci sono

intorno.

1 Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

2 L’inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

3 La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

4 L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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5 La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

16. RIMANERE APERTI ALL’APPRENDIMENTO CONTINUO

Siamo portati a difendere le nostre convinzioni e conoscenze. La sicurezza e la chiusura ci danno tranquillità, mentre il dubbio e l’apertura ci procurano ansia. Fin da piccoli siamo indotti a credere che l’apprendimento profondo significhi afferrare la verità più che sviluppare le capacità di agire in maniera efficace e riflessiva.

Le persone con questa disposizione della mente: (1) s’impegnano sempre per fare progressi; (2) non cessano mai di crescere, di apprendere, modificare e di migliorare

se stessi; (3) colgono i problemi, le situazioni, le tensioni, i conflitti e le circostanze

come opportunità per apprendere.

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Il valore è scoprire che alcuni comportamenti intellettivi sono più efficaci di altri meno produttivi.

2

L’inclinazione è la tendenza ad applicare uno schema di comportamenti intellettivi.

3

La sensibilità è percepire l’opportunità e l’appropriatezza di impiegare certi comportamenti.

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L’impegno è tentare continuamente di riflettere e di migliorare i comportamenti intellettivi.

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La linea di condotta è fare sì che una serie di comportamenti intellettivi siano incorporati nelle azioni, nelle decisioni e nelle soluzioni di situazioni problematiche.

____ % Persona che apprende in maniera autodiretta

1. Definisce obiettivi personali (assertività) ___ / 20

2. Dimostra persistenza ___ / 20

3. Prende decisioni efficaci ___ / 10

4. Risponde con prontezza alle sollecitazioni (Readiness) ___ / 20

5. Valuta il proprio lavoro ___ / 10

6. Usa il tempo efficacemente (Self-management) ___ / 20

____ % Lavoratore collaborativo

7. Contribuisce alla visione condivisa ___ / 10

8. Dimostra flessibilità ___ / 10

9. Dimostra empatia ___ / 10

10. Dimostra rispetto ___ / 10

11. Ascolta in modo attivo ___ / 20

12. È affidabile ___ / 20

13. Si focalizza sul compito ___ / 10

14. Costruisce sul pensiero di altre persone, e pensa in modo interdipendente ___ / 10

a . s . 2 0 0 9 / 2 0 1 0 C l a s s e V L

Sulla base del percorso didattico svolto nel corso dei primi quattro anni di Liceo, io sottoscritta/o

esprimo le seguenti autovalutazioni circa le seguenti disposizioni della mente.

Autovalutazione

____ % Produttore di qualità

22. Sviluppa e/o usa criteri ___ / 10

23. Aspira a superare le aspettative ___ / 20

24. Usa abilmente strumenti, risorse e tecnologia ___ / 10

25. Dimostra accuratezza e precisione ___ / 20

26. Si impegna per il miglioramento ___ / 30

27. Crea lavori esteticamente piacevoli ___ / 10

____ % Pensatore complesso

28. Immagina, crea e innova ___ / 20

29. Riconosce e apprezza lo humour ___ / 10

30. Raccoglie, filtra e sintetizza informazione ___ / 20

31. Ricorre a strategie multiple di soluzione dei problemi ___ / 10

32. Riflette su e applica l’apprendimento passato alle nuove esperienze/situazioni ___ / 10

33. Genera domande per approfondire la comprensione ___ / 20

34. Esplora e assume rischi responsabili ___ / 10

____ % Persona che dà un contributo alla comunità

19. Considera prospettive globali ___ / 30

20. Dimostra responsabilità personale, sociale e civica ___ / 50

21. Migliora l’ambiente ___ / 20

____ % Comunicatore efficace

15. Comunica con chiarezza e precisione ___ / 40

16. Fornisce informazione efficacemente ___ / 20

17. Fornisce informazione in formati multipli ___ / 10

18. Ascolta, interpreta e valuta ___ / 30

Firma

Data settembre 2009

http://www.habits-of-mind.net/ Tahoma School District no. 409, Outcomes and Indicators

Disposizioni della mente a.s. 2009/2010 Classe

Allievo:

Persona che apprende in maniera autodirettagiorno

mese

1) Definisce obiettivi personali (assertività)2) Dimostra persistenza3) Prende decisioni efficaci4) Risponde con prontezza alle sollecitazioni (Readiness)6) Usa il tempo efficacemente (Self-management)

Lavoratore collaborativo12) È affidabile13) Si focalizza sul compito14) Costruisce sul pensiero di altre persone,

e pensa in modo interdipendente

Produttore di qualità25) Dimostra accuratezza e precisione27) Crea lavori esteticamente piacevoli

Pensatore complesso28) Immagina, crea e innova

Disposizioni della mente a.s. 2009/2010 Classe

Allievo:

Persona che apprende in maniera autodirettagiorno

mese

1) Definisce obiettivi personali (assertività)2) Dimostra persistenza3) Prende decisioni efficaci4) Risponde con prontezza alle sollecitazioni (Readiness)6) Usa il tempo efficacemente (Self-management)

Lavoratore collaborativo12) È affidabile13) Si focalizza sul compito14) Costruisce sul pensiero di altre persone,

e pensa in modo interdipendente

Produttore di qualità25) Dimostra accuratezza e precisione27) Crea lavori esteticamente piacevoli

Pensatore complesso28) Immagina, crea e innova

Latino

Latino

0 = inadeguato 1 = adeguato 2 = bene 3 = molto bene

I quadrimestre

Disposizioni della mente

Sopra lo Eccellente

1 2 3 4 5

men

ti

Disposizioni della mente

Iniziale

Classe _____ Studente: _______________________

Rivoli, ___ febbraio 2009Sotto lo

Standard

Studen-te

Profes-sore

Studen-te

Profes-sore

Studen-te

Profes-sore

Studen-te

Profes-sore

Studen-te

Profes-sore

1. Persistere

2. Pensare e comunicare con chiarezza e precisione

i l’i l i i à

pstandard

Eccellente

Crit

icit

à

Mig

lioraIniziale

standardStandard

3. Gestire l’impulsività

4. Raccogliere informazioni attraverso tutti i sensi

5. Ascoltare con comprensione ed empatia

6. Creare, immaginare, innovare

7. Pensare flessibilmente

8. Rispondere con stupore e timore reverenziale

9. Pensare sul pensare (metacognizione)Assumere rischi responsabili

10. Assumere rischi responsabili (coraggio)

11. Impegnarsi per l’accuratezza e precisione

12. Trovare humour

13. Fare domande e porre problemi (apertura di mente)3 problemi (apertura di mente)

14. Pensare in modo interdipendente

15. Applicare la conoscenza pregressa a nuove situazioni

16. Rimanere aperti all’apprendimento continuo

17. Maturità di giudizio

18. Assertività

19. Self-management

20. Readiness20. Readiness

punti ____ punteggio finale:

Studente Professore

____ / 70

Allievo: Classe: III D

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5) Dante ___ / ___ / 201_

6) ___ / ___ / 2011

7) ___ / ___ / 2011

8) ___ / ___ / 2011

9) / / 2011

Portfolio verifiche scritte e orali

a. s. 2010/2011

ITALIANOProva di verifica Cura sui

Argomenti

9) ___ / ___ / 2011

10) ___ / ___ / 2011

11) ___ / ___ / 2011

12) ___ / ___ / 2011

13) Dante ___ / ___ / 2011

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LATINOProva di verifica Cura sui

Argomenti

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* ratio addendi: 23-25= + 1 20-22= +0,75 15-19= +0,5 12-14= +0,25 N. B. La creatività è un obiettivo per la fine della Terza

1

La valutazione autentica di MARIO COMOGLIO

Tra tutte le forme quella che forse ha avuto maggiore diffusione e che in questi anni ha inglobato varie espressioni di altre, è il movimento che si è proposto come “valutazione autentica” e “valutazione della prestazione”. Molto è stato scritto sull’argomento con molte definizioni. Ne scegliamo qualcuna tra le varie a disposizione:

«Molti insegnanti usano strategie di controllo che non si concentrano interamente sul ricordo di fatti ma chiedono agli studenti di dare dimostrazione di abilità e di concetti appresi. Questa strategia è chiamata valutazione autentica. La valutazione autentica mira a valutare le abilità degli studenti in contesti di ‘mondo reale’. In altre parole, gli studenti apprendono come applicare le loro abilità in compiti e progetti autentici. La valutazione autentica non incoraggia l’apprendimento mnemonico e passivo presente nello svolgimento di un test. Al contrario, si concentra su abilità analitiche degli studenti; abilità ad integrare ciò che apprendono; creatività; abilità a lavorare in collaborazione; e abilità di espressione orale e scritta. Valuta il processo di apprendimento quanto il prodotto finito. La valutazione autentica fa riferimento a compiti di valutazione che rendono simili il leggere e lo scrivere che si verificano nel mondo reale e nella scuola. Il suo scopo è valutare molti tipi diversi di abilità in contesti che assomigliano strettamente a situazioni reali nelle quali queste abilità sono utilizzate. Per esempio, le valutazioni autentiche chiedono agli studenti di leggere testi reali, di scrivere per fini autentici su argomenti significativi e di partecipare a compiti di crescita autentici come discutere libri, gestire i giornali, scrivere lettere e rivedere un pezzo scritto fino a che è adatto ad un lettore. Sia i compiti che i materiali di valutazione sembrano tanto naturali quanto è più possibile. Inoltre la valutazione autentica valuta la riflessione che sta dietro al lavoro, il processo quanto il prodotto finito. Una valutazione che voglia essere maggiormente autentica dovrebbe consentire di esprimere un giudizio non solo su ciò che una persona dimostra di sapere, ma anche su ciò che è riuscita a fare in compiti che, se da una parte richiedono quella conoscenza, da un’altra richiedono anche di utilizzare processi elevati come pensare criticamente, risolvere problemi, essere metacognitivi, efficienti nelle prove, lavorare in gruppo, ragionare e apprendere in modo permanente» (Arter & Bond, 1996, p. 1)1.

In altre parole la prospettiva di una “valutazione alternativa” in sostituzione di quella tradizionale proposta da Wiggins (1993)2 suggerisce una valutazione che intende verificare non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa” sulla base di una prestazione reale e adeguata di apprendimento.

Perché una verifica attraverso una prestazione e non attraverso un test? A volte capita che alcuni studenti riescano bene nei test a scelta multipla ma, quando viene richiesto loro di dimostrare ciò che sanno in una prestazione concreta, sembrano confusi e dimostrano una competenza da principianti e non

1 J. ARTER, & L. BOND (1996). Why is assessment changing. In R. E. BLUM, & J. A. ARTER (Eds.), A handbook for student performance assessment in an era of restructuring (I-3: 1-4). Alexandria, VA: Association for Supervision and Curriculum Development. 2 G. WIGGINS (1993). Assessing student performance: Exploring the purpose and limits of testing. San Francisco, CA: Jossey-Bass.

2

da esperti come hanno dimostrato nei test. Riprendendo un esempio già citato in precedenza, si pensi a come sia possibile conoscere molto bene come funzioni una macchina, ma poi non si sappia come guidarla nel traffico della città. Questo indica come la valutazione di concetti e di fatti isolati non dimostri le reali capacità di ragionamento, di creatività e di soluzione di problemi in situazioni concrete di vita. Perciò, sapere che uno studente è in grado di operare in contesti reali con prestazioni in grado di conseguire certi obiettivi dice molto di più sul suo apprendimento che non il risultato che ha ottenuto in prove di riconoscimento della verità o di affermazioni o il punto in cui si colloca rispetto ai compagni.

Vi sono però anche altri motivi che si rifanno a riflessioni recenti sui processi di insegnamento e di apprendimento che giustificano forme più attendibili di valutazione. Le teorie dell’apprendimento autentico, dell’insegnamento inteso come inculturazione, della cognizione situata, del costruttivismo o del costruttivismo sociale dimostrano che gli studenti comprendono e assimilano in misura maggiore quando hanno a che fare con situazioni reali rispetto a quanto devono apprendere in situazioni decontestualizzate3. Perciò, visto che si apprende di più in questo modo, è giusto anche valutare l’apprendimento non in modi astratti e artificiali, ma con prestazioni creative, contestualizzate. Parliamo quindi di valutazione autentica:

«quando ancoriamo il controllo al tipo di lavoro che persone concrete fanno, piuttosto che solo sollecitare risposte facili da calcolare a domande semplici. La valutazione autentica è un vero accertamento della prestazione perché da essa apprendiamo se gli studenti possono in modo intelligente usare ciò che hanno appreso in situazioni che in modo considerevole li avvicinano a situazioni di adulti e se essi sono in grado di introdurlo in nuove situazioni» (Wiggins, 1998, p. 21)4.

Possiamo ancora definire la valutazione autentica come:

«la valutazione che ricorre continuamente nel contesto di un ambiente di apprendimento significativo e riflette le esperienze di apprendimento reale…». L’enfasi è sulla riflessione, sulla comprensione e sulla crescita piuttosto che sulle risposte fondate solo sul ricordo di fatti isolati. L’intento della “valutazione autentica” è quello di coinvolgere gli studenti in compiti che richiedono di applicare le conoscenze nelle esperienze del mondo reale. La “valutazione autentica” scoraggia le prove “carta-epenna” sconnesse dalle attività di insegnamento e di apprendimento che al momento avvengono. Nella “valutazione autentica”, c’è un intento personale, una ragione a impegnarsi, e un ascolto vero al di là delle capacità/doti dell’insegnante» (Winograd & Perkins, 1996, I-8: 2)5.

3 L. B. RESNICK (1987). Learning in school and out. Educational Researcher, 16, 13-20; J. S. BROWN, A. COLLINS, & P. DUGUID (1996). Situated cognition and the culture of learning. In H. MCLELLAN (Ed.), Situated learning perspectives (pp. 19-44). Englewood Cliffs, NJ: Educational Technology Publications; A. COLLINS, J. S. BROWN, & S. E. NEWMAN (1989). Cognitive apprenticeship: Teaching the crafts of reading, writing, and mathematics. In L. B. RESNICK (Ed.), Knowing, learning, and instruction: Essays in honour of Robert Glaser (pp. 453-494). Hillsdale, NJ: Erlbaum. 4 G. WIGGINS (1998). Educative assessment. Designing assessments to inform and improve student performance. San Francisco, CA: Jossey Bass. 5 P. WINOGRAD, & F. D. PERKINS (1996). Authentic assessment in the classroom: Principles and practices. In R. E. BLUM, & J. A. ARTER (Eds.), A handbook for student performance assessment in an era of restructuring (I-8: 1-11). Alexandria, VA: Association for Supervision and Curriculum Development.

3

La valutazione autentica o alternativa si fonda quindi anche sulla convinzione che l’apprendimento scolastico non si dimostra con l’accumulo di nozioni, ma con la capacità di generalizzare, di trasferire e di utilizzare la conoscenza acquisita a contesti reali. Per questo nella valutazione autentica le prove sono preparate in modo da richiedere agli studenti di utilizzare processi di pensiero più complesso, più impegnativo e più elevato.

Verificando con maggiore autenticità l’apprendimento si possono promuovere livelli più elevati di prestazione e preparare meglio gli studenti a un inserimento di successo nella vita reale. Non avendo prioritariamente scopi di classificazione o di selezione, la valutazione autentica mira a rafforzare tutti, insegnanti e studenti, dando opportunità a tutti di vedere da che punto sono partiti a che punto sono arrivati, di autovalu- tarsi e, in conformità a ciò, migliorarsi: gli uni, gli insegnanti, avranno la possibilità di sviluppare la propria professionalità e di scoprire il ruolo di “mediatori” dell’apprendimento, gli altri, gli studenti, avranno la possibilità di diventare autoriflessivi e assumersi il controllo del proprio apprendimento e scoprirsi esaminatori di se stessi.

Wiggins (1998, pp. 22.24) indica quelle che seguono come le caratteristiche della valutazione autentica:

1) È realistica Il compito o i compiti replicano i modi nei quali la conoscenza e le abilità della persona sono “controllate” in situazioni di mondo reale.

2) Richiede giudizio e innovazione Lo studente deve usare la conoscenza e le abilità saggiamente e in modo efficace per risolvere problemi non strutturati; ad esempio progettare un piano, la cui soluzione richiede di più che seguire una routine, una procedura stabilita o l’inserimento di una conoscenza.

3) Richiede agli studenti di “costruire” la disciplina Invece di ridire, di riaffermare o di replicare attraverso una dimostrazione ciò che gli è stato insegnato o ciò che già conosce, lo studente deve portare a termine una esplorazione e lavora “dentro” la disciplina di scienze, di storia o dentro ogni altra disciplina

4) Replica o simula i contesti nei quali gli adulti sono “controllati” sul luogo di lavoro, nella vita civile e nella vita personale I contesti richiedono situazioni specifiche che hanno costrizioni, finalità e spettatori particolari. I tipici test scolastici sono senza contesto. Gli studenti hanno bisogno di sperimentare che cosa vuol dire fare un compito in un posto di lavoro e in altri contesti di vita reale che tendono ad essere disordinati e poco chiari: in altre parole i compiti veri richiedono un buon giudizio. I compiti autentici capovolgono quella segretezza, quel silenzio che alla fine sono dannosi e quell’assenza di risorse e di feedback che segnano il testing tradizionale

4

5) Accerta l’abilità dello studente di usare efficientemente e realmente un repertorio di conoscenze e di abilità per negoziare un compito complesso. La maggior parte degli item del test convenzionale sono elementi isolati di una prestazione – simile agli esercizi pre-atletici svolti dagli atleti prima di entrare in gara piuttosto che l’uso integrato di abilità che una gara richiede. Anche qui è richiesto un buon giudizio. Sebbene ci sia uno spazio per gli esercizi pre-gara, la prestazione è sempre più della somma di questi esercizi.

6) Permette appropriate opportunità di ripetere, di praticare, di consultare risorse, di avere feedback e di perfezionare la prestazione e i prodotti. Per essere educativa una valutazione deve tendere a migliorare la prestazione degli studenti. Il classico test convenzionale manca di questa prerogativa in quanto mantiene le domande segrete e i materiali di risorsa lontani dagli studenti fino a che dura la prova. Se dobbiamo focalizzarci sull’apprendimento degli studenti attraverso cicli di prestazione-feedback-revisione-prestazione, sulla creazione di prodotti e di standard riconosciuti di qualità elevata, e se dobbiamo ancora aiutare gli studenti ad apprendere ad usare le informazioni, le risorse e le annotazioni per eseguire una prestazione reale in un contesto, i testi convenzionali non sono utili allo scopo.

Nella prospettiva di una valutazione autentica, si raccoglie documentazione su come gli studenti affrontano, elaborano e completano compiti contestualizzati nella vita reale. La documentazione può includere una gamma di attività: registrazioni anedottiche, annotazioni e osservazioni da parte dell’insegnante, portfolio del lavoro dello studente. Per esempio, a livello di scuola elementare e media, nel campo delle materie letterarie, la valutazione autentica di classe potrebbe essere estesa a includere registrazioni di letture orali, protocolli di riflessione ad alta voce dello studente, racconto di storie, diari di letture volontarie dello studente, rivista dello studente. Nel campo delle scienze, potrebbe includere resoconti di laboratorio, giornali di scienze o diari, progetti e presentazioni orali.

Gli insegnanti che utilizzano la valutazione autentica di classe tendono a mettere in evidenza la documentazione della crescita nel tempo dei singoli studenti invece di confrontare la loro prestazione con quella di altri studenti o di gruppi. Essi, in genere, registrano le loro informazioni in un formato narrativo o descrittivo e li condividono con gli studenti e i genitori. A motivo della gamma di attività che possono essere incluse e a motivo dell’attenzione sul progresso individuale, la valutazione autentica di classe ha la potenzialità di fornire agli insegnanti molteplici lenti tramite le quali osservare la prestazione dello studente. Il portfolio, o la collezione del lavoro dello studente, rappresenta una delle attività più comunemente utilizzate nella valutazione autentica.

COMPITO DI PRESTAZIONE

Unità su _____________________

Obiettivo (Goal) ■ il tuo compito è ________________________________________________ ■ l’obiettivo è ____________________________________________________ ■ il problema/la sfida è ___________________________________________ ■ l’ostacolo da superare è _________________________________________

Ruolo (Role) ■ tu sei _________________________________________________________ ■ ti è stato chiesto di ______________________________________________ ■ il tuo lavoro è __________________________________________________

Destinatari (Audience) ■ il tuo cliente è __________________________________________________ ■ i destinatari sono _______________________________________________ ■ hai bisogno di convincere _______________________________________

Situazione (Situation) ■ il contesto in cui ti trovi è ________________________________________ ■ la sfida implica avere a che fare con _______________________________

Prodotto o prestazione (Product or Performance) ■ creerai un _______________ a __________________________ ■ hai bisogno di sviluppare/progettare un ___________________

cosicché _______________________________________________

Standard di successo ■ la tua prestazione ha bisogno di __________________________________ ■ il tuo lavoro sarà giudicato da ____________________________________ ■ il tuo lavoro deve realizzare i seguenti standard ____________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ ■ un risultato efficace sarà _________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________

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Cruciverba

Editoriale

Saggio Registrazione

di un esperi-

mento Gioco Giornale

Diario Relazione di la

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__________

COMPITO DI PRESTAZIONE

Unità su Ludovico Ariosto

Obiettivo (Goal)

■ il tuo compito è dare una risposta a una delle lettere pervenute alla redazione di Cuori allo specchio

■ il problema/la sfida è rispondere alla lettera usando le idee di Ludovico Ariosto su come va il mondo e come funziona il cuore di donne e uomini

■ l’ostacolo da superare è attribuire ad Ariosto idee che, in realtà, sono tue, cioè essere sicuro che le cose che scrivi le potrebbe davvero aver scritte anche lui.

Ruolo (Role)

■ tu sei Massimo Gramellini ■ ti è stato chiesto di rispondere alle lettere dei lettori che ritieni più significative ■ il tuo lavoro è giornalista

Destinatari (Audience)

■ i destinatari sono i lettori di Cuori allo specchio ■ hai bisogno di convincere sia chi ti ha scritto la lettera sia i lettori di Specchio

Situazione (Situation)

■ il contesto in cui ti trovi è il mondo di oggi ■ la sfida implica avere a che fare con problemi per certi aspetti molto diversi rispetto

alla realtà dell’inizio del XVI sec.

Prodotto o prestazione (Product or Performance)

■ scriverai una risposta al lettore che hai prescelto ■ hai bisogno di sviluppare un testo cosicché il tuo lettore possa trarre qualche spunto

per riflettere e, magari, superare, il problema che l’affligge.

Standard di successo

■ la tua prestazione ha bisogno di incisività e persuasività, idee semplici ma non banali, possibilmente controintuitive

■ il tuo lavoro sarà giudicato dall’insegnante (nelle vesti di un comune lettore) ■ il tuo lavoro deve realizzare i seguenti standard: i) non essere troppo lungo (max 4000

battute); ii) rispettare tutte le convenzioni della lingua scritta; iii) avere una sintassi molto “scattante”; iv) usare un lessico ordinario; v) rifuggire le banalità, ma non per forza i luoghi comuni; vi) utilizzare le idee di Ludovico Ariosto quali si possono enucleare dai brani dell’Orlando furioso in antologia

■ un risultato efficace sarà una risposta capace di arrivare dritto al nocciolo del problema, di individuare l’essenziale, che mira ad aiutare il lettore senza però avere la pretesa dargli una “lezioncina”, facendo ricorso all’ironia e alle idee di Ariosto più che alle proprie.

1

Domande: Perché scrivere? Perché si scrivono racconti?

Comprensione durevole:

Gli studenti comprenderanno come attraverso la struttura e la modalità del racconto si possono dire cose che è molti difficile dire in altri testi come testo informativo o espositivo, .

TITOLO: “RACCONTO FANTASTICO” Classe quarta elementare

OBIETTIVI Contenuti: Racconto: tipologie testuali, il lessico, struttura del racconto, caratterizzazione del

personaggio, tipologie testuali Cognitive (1) Comunicare per iscritto (2) Sviluppare ricchezza di vocabolario. (3) Rivedere il testo scritto. (4) Metacognitive (1) Progettare un testo scritto Abilità di altro tipo (1) Prendere decisioni in gruppo. (2) Superare i conflitti (3) Lavorare entro i limiti di tempo richiesti. Disposizioni della mente (1) Essere creativi, originali, ricchi di immaginazione (2) Essere chiari (3) Essere precisi

Abilità:

(4) Applicare conoscenze possedute a nuove situazioni (5) Pensare in modo interdipendente

PROCESSO DI COSTRUZIONE DELLA PRESTAZIONE AUTENTICA DI VALUTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO

1. LA PRESTAZIONE

Scrivere + un racconto fantastico 2. LA PRESTAZIONE CON ELEMENTI METACOGNITIVI

Prima di scrivere, progettare tutte le operazioni necessarie per scrivere un racconto di tipo fantastico. Scrivendolo spuntare ogni procedura quando è stata eseguita . Al termine controllare che tutto sia stato fatto come previsto oppure, se si è fatto qualcosa di non previsto, aggiungerlo nella progettazione. 3. LA PRESTAZIONE CON ELEMENTI DI GRUPPO

Prima di scrivere progettare tutte le operazioni necessarie per scrivere un racconto di tipo fantastico. Scrivendolo spuntare ogni procedura quando è stata eseguita . Al termine controllare che tutto sia stato fatto come previsto oppure, se si è fatto qualcosa di non previsto, aggiungerlo nella progettazione.

2

Per stabilire i personaggi e lo schema del racconto condividere con due compagni il lavoro da svolgere superando gli eventuali conflitti. 4. LA PRESTAZIONE CON LE DISPOSIZIONI DELLA MENTE

Prima di scrivere progettare tutte le operazioni necessarie per scrivere un racconto di tipo fantastico. Scrivendolo spuntare ogni procedura quando è stata eseguita . Al termine controllare che tutto sia stato fatto come previsto oppure, se si è fatto qualcosa di non previsto, aggiungerlo nella progettazione.

Per stabilire i personaggi e lo schema del racconto condividere con due compagni il lavoro da svolgere superando gli eventuali conflitti.

Essere originali (nel racconto non presentare altri racconti già letti, però servirsi di racconti già letti per costruire il nuovo racconto). Essere chiari e precisi per facilitare la lettura del racconto. 5. LA PRESTAZIONE AUTENTICA Situazione: Il giornalino di classe ha deciso di pubblicare un numero unico dal titolo “Narrazioni

di fantasia”. La redazione del giornalino ha proposto a tutta la classe di parteciparvi con una produzione narrativa di gruppo.

Ruolo: Tu, insieme ad altri due compagni, dovrai partecipare a questa pubblicazione. Destinatario: La redazione del giornalino di classe

Il vostro testo narrativo deve avere queste caratteristiche: (1) la progettazione del racconto dovrà essere consegnata (anche se non verrà

pubblicata) (2) il testo non dovrà superare la lunghezza di 3-4 pagine. (3) il testo dovrà essere realizzato entro 3 ore (se non è finito dovrà essere

consegnato al punto in cui si è arrivati) (4) il testo dev’essere scritto in modo chiaro, con ricchezza lessicale e deve

stuzzicare l’interesse e la fantasia di chi lo leggerà.

Prodotto:

(5) per essere sicuri di averlo fatto bene, ogni gruppo lo passerà ad un altro gruppo per ricevere suggerimenti migliorativi. Questa attività sarà svolta negli ultimi 30 minuti del tempo stabilito.

(6) non dimenticare di ispirarti a testi già letti nell’inventare nuove situazioni.

6. LA PRESTAZIONE AUTENTICA La Redazione del “Giornalino di Classe”, ha deciso di preparare un numero unico del giornalino per

il mese di Gennaio. Lo vuole intitolare: NARRAZIONI DI FANTASIA. Chiede alla classe di intervenire con la produzione scritta di racconti fantastici realizzati in piccolo gruppo di tre compagni. Tu fai parte di uno di questi gruppi e devi partecipare con la presentazione di un racconto.

La Redazione pubblicherà i racconti e richiede che siano presentati con queste caratteristiche: (1) la progettazione del racconto dovrà essere consegnata (anche se non verrà pubblicata) (2) il testo non dovrà superare la lunghezza di 3-4 pagine. (3) il testo dovrà essere realizzato entro 3 ore (se non è finito dovrà essere consegnato al

punto in cui si è arrivati) (4) il testo dev’essere scritto in modo chiaro, con ricchezza lessicale e deve stuzzicare

l’interesse e la fantasia di chi lo leggerà. (5) per essere sicuri di averlo fatto bene, ogni gruppo lo passerà ad un altro gruppo per

ricevere suggerimenti migliorativi. Questa attività sarà svolta negli ultimi 30 minuti del tempo stabilito.

(6) Non dimenticare di ispirarti a testi già letti nell’inventare nuove situazioni

3

Rubrica di valutazione

1. PRESENTAZIONE Descrive il modo esterno e formale di presentazione del racconto

Livello elevato Livello buono Ancora da migliorare

2. ORTOGRAFIA

Descrive la correttezza dello scrivere le parole in lingua italiana

Livello elevato Livello buono Ancora da migliorare

3. VICENDA/TRAMA è caratterizzata dagli eventi che si succedono nella narrazione

Livello elevato Livello buono Ancora da migliorare

4. PERSONAGGI Indica la caratterizzazione e originalità dei personaggi che agiscono nel racconto

Livello elevato Livello buono Ancora da migliorare

5. RICCHEZZA LESSICALE Descrive la correttezza dello scrivere le parole in lingua italiana

Livello elevato Livello buono Ancora da migliorare

6. FANTASIA/ORIGINALITÀ Descrive la correttezza dello scrivere le parole in lingua italiana

Livello elevato Livello buono Ancora da migliorare

4

7. PROGETTAZIONE DIDATTICA La progettazione didattica prevede questi apprendimenti: Esperienze per l’apprendimento 1/: Tipologie testuali

Si fa un jigsaw. Nel gruppo di quattro persone ognuno legge due testi della stessa tipologie testuale, ma in quattro le tipologie sono quattro: diario, poesia, testo narrativo, testo informativo. Dopo averle lette e raccontate nel gruppo, gli studenti si confrontano sulle differenze. In che cosa sono diversi tra di loro?

• Abilità/competenze: Confrontare-Scoprire-Collaborare • Disposizioni della mente: Pensare in modo interdipendente • Valutazione continua: Osservazione diretta degli studenti mentre raccontano in gruppo

Esperienze per l’apprendimento 2/: Personaggi

La classe è divisa in gruppi. Ogni gruppo sceglie di leggere otto racconti tra sedici indicati. In gruppi di quattro ognuno ne legge due. Poi li presenterà in modo orale al gruppo.

In coppia, gli studenti prepareranno una “Scheda del Personaggio” che caratterizza ogni protagonista del racconto letto.

• Abilità/competenze: Comunicare oralmente-Sintetizzare-Analizzare • Disposizioni della mente: Comunicare in modo preciso e accurato; • Valutazione continua: Osservazione delle schede-personaggi

Esperienze per l’apprendimento 3/: Lessico/vocabolario

Dei racconti letti dal gruppo costruire un vocabolario delle parole mai incontrate. Le parole saranno definite con la costruzione di una frase che contenga la parola mai incontrata prima. Ognuno scriverà una frase e in coppia si correggeranno.

• Abilità/competenze: Scrivere-Analizzare-Arricchire il lessico • Disposizioni della mente: Pensare metacognitivo • Valutazione continua: Osservazione diretta dell’insegnante

Esperienze per l’apprendimento 4/: Trama

Collaborando in tre evidenziare dei racconti letti: il “Contesto”, “Episodi”, “Conclusione”. Riscrivere i racconti segnando le parti: contesto, episodio e conclusione.

• Abilità/competenze: Analizzare-Scoprire- • Disposizioni della mente: Pensare metacognitivo • Valutazione continua: Condivisione di tutta la classe con l’insegnante

5

Esperienze per l’apprendimento 5/: Tecniche di produzione creativa

Gli studenti apprendono le tecniche del brainstorming e della metafora. La tecnica prima è modellata dall’insegnante, poi sarà eseguita dagli studenti in gruppo.

Gli studenti riceveranno delle frasi o dei testi per i quali proporranno più di una frase per proseguire.

• Abilità/competenze: Inventare-Immaginare • Disposizioni della mente: Immaginazione e creatività • Valutazione continua: Lavoro svolto

Esperienze per l’apprendimento 6/: Progettazione

La classe riceverà: (1) Inizi di racconti: gli studenti in gruppo dovranno ognuno dovranno “immaginare” come

proseguiranno. (2) Racconti che hanno l’inizio e la fine: gli studenti dovranno immaginare gli episodi che

collegano le due parti; (3) Racconti con conclusione: gli studenti dovranno immaginare episodi che conducono alla

conclusione data.

• Abilità/competenze: Brainstorming • Disposizioni della mente: Immaginare, creare • Valutazione continua: I lavori svolti

Esperienze per l’apprendimento 7/: Letture di fantasia

La classe divisa in coppie legge dei racconti di fantasia scegliendo tra questi tipi di fantasia:

Racconti di fantasia di scienze: http://www.scienzagiovane.unibo.it/favole/festa.html Racconti tra fantasia e realtà: http://www.favrin.net/txt/racconti/ Racconti d’oltre oceano: http://www.letturefantastiche.com/leggende_inca_e_peruviane_della_costa.html Racconti della rete: http://www.raccontinellarete.it/?p=1629 Racconti di tutto: http://www.opposto.net/index.php?option=com_content&task=category&sectionid=6&id=18&Itemid=54 Altri racconti: http://www.ilvolodeigabbiani.it/Racconti.html

• Abilità/competenze: Leggere-stimolare la Fantasia • Disposizioni della mente: Immaginare, creare • Valutazione continua: Osservazione diretta dell’insegnante

Esperienza dell’apprendimento 8/: Correzione

Gli studenti riceveranno la prestazione da svolgere (vedi sopra) e prepareranno la rubrica di valutazione (vedi l’esperienza di apprendimento successiva). Dopo averlo svolto da soli, in coppia se lo scambieranno. Ognuno dovrà indicare, senza correggere, dove deve o potrebbe essere compiuta una correzione o miglioramento.

• Abilità/competenze: Dovranno dimostrare le competenze previste • Disposizioni della mente: Accuratezza e precisione; Pensare con meta cognizione. • Valutazione dell’apprendimento:

6

Esperienza dell’apprendimento 8/: Valutazione/Autovalutazione

Dopo aver esaminato le indicazioni del compagno, ognuno se lo riterrà opportuno apporrà le sue correzioni al proprio testo e si autovaluterà. Consegnerà sia il testo scritto che la propria autovalutazione.

• Abilità/competenze: Abilità metacognitiva di revisione di testo scritto. • Disposizioni della mente: Essere originali e creativi, Pensare metacognitivo, Utilizzare

conoscenze già possedute per affrontare nuovi compiti. • Valutazione dell’apprendimento: Prestazione autentica e rubrica di valutazione

Valutazione per l’apprendimento-5/:

• Abilità/competenza: • Disposizione della mente: • Valutazione continua:

Valutazione dell’apprendimento-6/: Prova autentica e autovaluazione

RISOLUZIONE A GRANDI LINEE

Nome Cognome Classe:

data: ___ / ___ / 2006

Tipo di Portfolio

della disciplina dello studente

Showcase Portfolio (Best Works) della crescita (Growth Portfolio ) Process/Product Portfolio

Reflective Portfolio Progress Portfolio Rhetorical Portfolio

della carriera (Career Portfolio ) Life’s Work Portfolio delle abilità (Skills Portfolio )

Periodo di riferimento

a. s. 2006/2007 intero a. s. I quadrimestre II quadrimestre

Scopo

valutazione dimostrazione di lavoro

orientamento ammissione all’Università assunzione

Scenario

lettore e scrittore lavoratore persona adulta

cittadino scienziato ……………………

Stakeholders (destinatari)

studente insegnante/i genitori

datore di lavoro università ……………………

Valutatori

studente insegnante/i genitori

Proprietà

della scuola dello studente

Scelta dei lavori

studente insegnante/i genitori

Scelta degli obiettivi

studente insegnante/i genitori

scuola Regione Stato

Obiettivi

di percorso di fine ciclo di apprendimento per la vita

disciplinari inter- e transdisciplinari

persistenza gestione dell’impulsività empatia

autoregolazione autovalutazione complessità dei processi cognitivi

(pensiero critico, transfert, ragionamento, pensiero creativo)

flessibilità nel riflettere autoriflessione (metacognizione) precisione e chiarezza nel comunicare

accuratezza e precisione capacità di porre domande e individuare

problemi applicazione delle conoscenze acquisite a

situazioni nuove

utilizzo di tutti i sensi per conocere in profondità

creazione di “cose” nuove disponibilità a meravigliarsi

timore reverenziale assunzione responsabile di rischi senso dello humour

stabilire rapporti di interdipendenza apprendere con continuità tolleranza del’ambiguità

inclinazione alla riflessione aperta disponibilità all’avventura curiosità intellettuale

Curriculum nascosto (disposizioni da sviluppare o potenziare)

Scheda progettazione Portfolio

© Angelo Chiarle, 2006

attenzione intellettuale pianificare ed essere strategici rispetto agli

scopi da conseguire attitudine alla ricerca

valutare le ragioni e ricercare la comprensione

accettare le sfide senza paura disposizione alla chiarificazione

Acting autonomously and reflectively Using tools interactively Joining and functioning in socially

heterogeneous groups

Five dimensions of key competencies: Pattern recognition (coping with

complexity) Contextual awareness (perception)

Reflection and judgement (normativity) Interrelation with others (ability to

cooperate) Larger perspective on life and reality

(narrativity)

Self authoring mind: A more complex system of abstractions

and values An active and reflective approach

Mental autonomy Distancing the self from both its own

mental productions and the socializing press of the surroundings

Development throughout life

Dealing with ambiguity and diversity Management of motivation, emotion and

desire (Emotional Intelligence) Agency and responsibility

Commento dei genitori

DeSeCo Program, Key competencies for a successful life and well-functioning society

Commento dello studente

Commento dell’insegnante

© Angelo Chiarle, 2006

Portfolio dello studente Rubrica di valutazione analitica a. s. 2006/2007

livelli 1 2 3 4Iniziale Ancora da sviluppare Sviluppato Esemplare Q

uand

o ci

dev

o pe

nsar

e?

Livelli: punteggi e descrittoriCriteri

1. Completezza Al portfolio mancano molte parti ¹. Il portfolio è incompleto in diverse parti ¹. Il portfolio è completo in quasi tutte le sue parti ¹.

Il portfolio è completo in tutte le sue parti¹.

in it

iner

e e

alla

fine

2. OrganizzazioneL’organizzazione interna del portfolio evidenzia diverse carenze di coerenza

logica.

L’organizzazione interna del portfolio difetta di coerenza logica.

L’organizzazione interna del portfolio segue una logica piuttosto coerente.

L’organizzazione interna del portfolio segue una logica coerente. al

la fi

ne

3. Visual appealIl portfolio è alquanto disordinato,

impreciso, approssimativo nella veste grafica.

Il portfolio è un po’ disordinato, impreciso, approssimativo nella veste

grafica.

Il portfolio è sostanzialmente ordinato, preciso, curato nella veste grafica.

Il portfolio ha una veste grafica accattivante. al

la fi

ne

4.Diversità e qualità delle evidenze selezionate

Le evidenze sono selezionate con scarsa varietà e posseggono una limitata qualità

intrinseca ².

Le evidenze sono selezionate con poca varietà e non posseggono una qualità

intrinseca ² relativa.

Le evidenze sono selezionate con una certa varietà e posseggono una buona

qualità intrinseca ².

Le evidenze sono selezionate con molta varietà e posseggono una qualità

intrinseca ² notevole. in it

iner

e

5. DiacroniaL’arco di tempo coperto è ristretto e c’è molta discontinuità nella selezione delle

evidenze.

L’arco di tempo coperto può anche essere abbastanza ampio, ma c’è discontinuità

nella selezione delle evidenze.

Ci sono poche discontinuità nella selezione delle evidenze; l’arco di tempo

coperto è ampio.

Le evidenze selezionate coprono con continuità un arco di tempo ampio.

in it

iner

e

6.Purposefulness (finalizzazione allo scopo prefisso)

Il portfolio non è finalizzato allo scopo prefisso.

Il portfolio è finalizzato con poca chiarezza allo scopo prefisso.

Il portfolio è finalizzato con chiarezza allo scopo prefisso.

Il portfolio è finalizzato con lucidità e incisività allo scopo prefisso. al

la fi

ne

7.Perspicacia e chiarezza del messaggio

Le riflessioni contenute nel messaggio sono di bassa qualità limitata per

mancanza di chiarezza, incisività e coerenza di ragionamento.

Le riflessioni contenute nel messaggio sono di qualità limitata per mancanza di

chiarezza, incisività e coerenza di ragionamento.

Le riflessioni contenute nel messaggio sono di buona qualità per chiarezza,

incisività e coerenza di ragionamento.

Le riflessioni contenute nel messaggio sono di alta qualità per chiarezza,

incisività e coerenza di ragionamento.

in it

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alla

fine

¹ Un portfolio deve essere composto dalle seguenti parti: copertina con titolo, indice dei contenuti, scheda di progettazione con l’indicazione degli obiettivi del curriculum nascosto, evidenze dei risultati in tutte le materiescolastiche, schede di riflessione per ciascuna evidenza inclusa, data e firma di un genitore e dell’insegnante su ogni scheda, commenti di genitori e insegnanti o su ogni scheda o periodici (ogni mese, ogni due mesi),conclusione (gli obiettivi conseguiti o potenziati, quelli ancora da conseguire o petnziare, etc.), metariflessione (in che cosa mi ha arricchito la costruzione del mio portfolio).

² Per “qualità intrinseca dell’evidenza” non si intende il voto in decimi, ma il fatto che una verifica, selezionata per un determinato scopo, dimostra effetivamente quello che si suppone debba dimostrare dimostrare. In altreparole, anche un brutto voto può essere incluso nel portfolio perché può avere un notevole valore argomentativo.

© Angelo Chiarle, 2006

2.5.3. Personalizzazione a livello “macro” di portfolio della materia e/o del-lo studente

«Lo studente diventa più attivo e responsabile rispetto al suo apprendimento. Discute con l’insegnante i suoi obiettivi di apprendimento. Progetta attività che tendono ad evidenziare i suoi punti di forza, ma anche i suoi punti deboli. Riprogetta il suo lavoro» (Comoglio, 2003, p. 12).

Un paio d’anni di presa di distanza dal tanto controverso Portfolio delle competenze individuali introdotto con il Decreto Legislativo del 19 febbraio 2004, n. 59 e normato, con tanto di modulistica, dalla Circolare Ministeriale n. 84 del 10 novembre 2005, sono serviti per capire da quali fraintendimenti epistemologici sia scaturito il fallimento di questa importante “riforma nella riforma”. Qualche puntualizzazione non appare, quin-di, fuori luogo, per chiarire il senso della mia sperimentazione. I. Il portfolio è il luogo privilegiato per tradurre in operatività concreta la «centralità

dell’educando, e in genere del soggetto, dei suoi processi, e della personale capacità di conoscere i propri processi». In altri termini, «per formare un unico percorso abi-tato dalla tensione di pensare in modo fondante, sistematico, critico, il formarsi e l’essere formato dell’uomo» (Triani, 1998, pp. 16, 19). È quanto si può inferire an-che da ciò che scrive Sonia:

«È stata per me una cosa completamente nuova e di cui inizialmente non ne avevo compreso be-ne neanche la funzione e l’utilità. Mi sono dovuta ricredere, però, quando ho capito che mediante questo documento avrei potuto imparare e dimostrare molte cose di me».

II. Il portfolio non può essere estrapolato dal contesto della valutazione autentica. È la risposta alla domanda: «Come fare perché gli studenti si applichino al lavoro a scuo-la con la stessa passione, dedizione, responsabilità, costanza, interesse allo sviluppo continuo della propria “professionalità” che dimostrano un fotografo, un arredatore, ovvero i migliori professionisti del mondo del lavoro, nell’esercizio del loro mestie-re?».

III. Il portfolio non sostituisce la valutazione tradizionale, ma la integra, arricchisce la sua troppo asettica sinteticità. Funzione che Sonia dimostra di aver ben compreso:

«Si può dire che ho la possibilità di giudicare molti aspetti di me: le mie qualità, per prima cosa, che i voti purtroppo non riescono a esprimere. Vorrei dimostrare, soprattutto, che sono capace di au-tovalutarmi e che sono riuscita a comprendere molte abilità che, fino ad ora, non avevo saputo ap-prezzare, sfruttare o addirittura conoscere. In un certo senso si può dire che la creazione del portfolio l’ho assunta come una specie di sfida con me stessa prima di tutto per quanto riguarda l’autovalutazione. Questo mi ha portata a porre l’attenzione su molti aspetti che magari in precedenza non avevo mai considerato molto. Per esempio, a capire quanto lavoro e quanta attenzione e quali a-bilità ero riuscita a sviluppare durante lo svolgimento di compiti a scuola e a casa. Insomma, come dicevo prima, tutto ciò che sfugge ai voti».

IV. In quanto strumento di valutazione autentica, ne condivide il fine di accrescere la «massa critica di creatività». In termini più espliciti, non può essere rigidamente standardizzato tramite una modulistica prefissata una volta per tutte. La sua costru-zione deve essere lasciata, invece, all’autonoma responsabilità dell’allievo. Adegua-tamente supportato e periodicamente monitorato dai docenti.

V. Realizzare un portfolio è una sfida complessa: si configura come una «risignifica-zione costitutiva di sé», il possibile inizio di «una nuova sequenza la quale può rive-lare una sempre maggiore profondità, ampiezza e ricchezza». In ultima analisi, è un

da: ANGELO CHIARLE, Progettare apprendimenti significativi e percorsi individualizzati in letteratura con il Cooperative Learning, in: MARCO BAY (a cura di), Cooperative Learning e scuola del XXI secolo. Confronto e sfide educative, Libreria Ateneo Salesiano, Roma 2008, pp. 247-291

28 – Angelo Chiarle

«esercizio di libertà verticale» che aspira a condurre «a un’autenticità sempre più piena» (Triani, 1998, pp. 260-261). «Ho fatto la mia scelta», dichiara Sonia. In effet-ti, il portfolio non può essere reso obbligatorio ope legis: deve restare una libera op-zione da offrire agli studenti. Sempre che lo si voglia rendere uno strumento per col-tivare pratique e gouvernement de soi, indicati dal Michel Foucault dell’Herméneutique du Sujet come «compito urgente, fondamentale, politicamente indispensabile».

In concreto, la Scheda 13 riassume la procedura da me seguita. Si tratta, in realtà, di una procedura piuttosto empirica, condizionata anche dal fatto di essere stato l’unico docente interessato a questa sperimentazione.

Scheda 13

Portfolio dello studente Proposta interdisciplinare facoltativa rivolta a tutta la classe a inizio anno

Passaggi

A inizio anno: cosa è e cosa non è il portfolio, chiacchierata introduttiva, con esemplificazioni tratte dalla vita reale;

vengono individuati gli studenti interessati; viene consegna lettera di spiegazione alle famiglie, da far leggere ai genitori; viene consegnata la scheda di progettazione, e la rubrica analitica per la valutazione finale (con le

indicazioni circa la tempistica per la realizzazione del portfolio); i ragazzi vengono assistiti con particolare attenzione nella compilazione della scheda di progettazio-

ne; a loro viene richiesto di raccogliere, strada facendo, le verifiche da loro giudicate più significative —

possibilmente di tutte le materie —, compilando una scheda di riflessione per ognuna di esse; strada facendo i ragazzi che hanno aderito vengono di tanto in tanto monitorati (spronati, rimotivati,

etc.); da metà maggio i ragazzi incominciano la realizzazione del portfolio, con monitoraggio individuale

più assiduo; alla fine dell’anno il portfolio viene valutato in 15esimi: il 10% circa di questo voto viene utilizzato

per accrescere la media finale sulla pagella delle materie del docente proponente.

La Figura 9a-b riproduce la Scheda di progettazione, la Figura 10 la rubrica di va-lutazione analitica necessaria per orientare il lavoro degli studenti.

In particolare, un passaggio di cruciale importanza è la compilazione della Scheda di progettazione. Fondamentale è individuare uno “scenario”. L’allievo deve indicare come si immagina nel proprio futuro, vicino o lontano, ma anche nel presente: se non ha idee semplicemente come studente, genericamente come lavoratore, persona adulta o cittadino, oppure, se già qualche “sogno nel cassetto”, come scienziato, artista, e via dicendo. Sulla base dello scenario scelto, vengono selezionate nell’elenco proposto le disposizioni del cosiddetto le curriculum nascosto da sviluppare o potenziare (Como-glio, 2003, pp. 24-36) in relazione allo scenario indicato. Con Consuelo, Cristina, Elena e Francesca, allieve di Seconda, per esempio, pensavano a sé come lavoratrici, ritenendo «molto importante farsi un’idea su ciò che le aspetterà dopo la scuola, per essere pronte a tutto». Con loro abbiamo quindi scelto persistenza, autoregolazione flessibilità nel riflettere, accuratezza e precisione, disponibilità all’avventura. Invece, Fabrizio, alunno di Terza, considerato che il «ruolo di studente occuperà almeno i prossimi sette o otto anni della sua vita», si è limitato a uno scenario scolastico, puntando su persistenza,

Progettare apprendimenti significativi – 29

autoregolazione e flessibilità nel riflettere. Delle scelte di Sonia, futuro avvocato, si è già detto.

Come s’è visto sopra (§§ 2.5.1-2.5.2), sulla base delle disposizioni selezionate sarà possibile concordare con i ragazzi quale “curvatura” imprimere ai compiti di prestazio-ne autentica o alle unità di apprendimento. In questo modo il portfolio può divenire principium individuationis del curricolo scolastico, prodotto creativo del noûs poietikós non di un’équipe di docenti armati delle migliori intenzioni, ma dei ragazzi stessi.

3. Conclusione

Che cosa ha guadagnato Sonia da questa triplice sperimentazione? Che cosa ci gua-dagna un insegnante che con fatica si mette in discussione per accettare la sfida del cambiamento? Perché «la soluzione sta nel rifiutare la soluzione» (Triani, 1998, p. 119) del “ritorno all’antico”? A queste domande resta da dare una risposta.

3.1. Che cosa ci guadagnano i ragazzi

«Al termine di tutto questo lavoro e, più in generale, di tutto l’anno scolastico, posso finalmente trar-re le mie conclusioni. Devo ammettere che la stesura del Portfolio, per me, è stata una sfida. All’inizio dell’anno ero titubante, non sapevo ancora se l’avrei accettata o meno. Ma in seguito, per svariati motivi, ho fatto la mia scelta. E non mi sono affatto pentita: questo lavoro mi è servito a capire che cosa avrei dovuto e voluto sviluppare delle mie potenzialità. Il più di queste mi erano anche sconosciute o comunque non ci avevo mai prestato attenzione, ma sono molto contenta di aver avuto la possibilità di farlo perché mi ha aiutato a conoscermi meglio, sicuramente a giudicarmi in modo diverso e ad essere più sicura di me stessa. Su queste basi ho anche iniziato a riflettere sul mio futuro e a capire se i progetti che avevo potevano realmente adattarsi a me.

Ritengo di esser stata capace di giudicarmi discretamente in tutte le abilità dimostrate, essendo la prima volta che lo facevo seriamente. In tutti i punti ho cercato le prove più significative, sia negative sia positive, che potessero caratterizzarmi in modo realistico. L’obiettivo in cui spero di migliorare ancora tanto è sicuramente l’autoregolazione, essendo l’abilità che ritengo più fondamentale di tutte. Spero, inoltre, di poter ottenere buoni risultati nell’autovalutazione, in cui pecco probabilmente ancora. Per quanto riguarda tutto il resto posso dirmi abbastanza soddisfatta per i risultati ottenuti quest’anno; ma conto di poterli ancora sviluppare, magari nel corso dell’anno seguente. Come dicevo prima, la creazione di questo Portfolio per me è stata una sfida, ma che rifarei perché mi ha aiutata a riflettere e a pensare più realisticamente e concretamente al futuro».

Sulla scorta di queste sue conclusioni, si possono realisticamente descrivere i mi-glioramenti di Sonia in termini di autostima, autoconoscenza, autovalutazione, autono-mia, creatività, progettualità, accresciuta motivazione allo studio, coraggio di fronte alle nuove sfide, prestazioni (abilità nello scrivere). Sonia ha acquisito conoscenze “vitali”, non inerti né “incapsulate”, ma trasferibili C’è la speranza concreta che i suoi appren-dimenti saranno più durevoli (è una scommessa aperta). Certo sono stati meno settoriali e le verifiche che ha svolto nel corso dell’anno possiedono un livello più alto di preditti-vità circa i “talenti” sui quali Sonia potrà fare leva per avere successo nella sua vita, lavorativa e non. Ma quali sono queste Key Competencies?

Progettare apprendimenti significativi – 33

Se avesse proseguito lungo i sentieri della didattica tradizionale del tipo One-Size-Fits-All, Sonia certamente avrebbe continuato a sviluppare queste disposizioni: persi-stenza, accuratezza e precisione, timore reverenziale, precisione e chiarezza nel comu-nicare, disposizione alla chiarificazione, forse anche un po’ di flessibilità nel riflettere.

Certamente, alcune disposizioni erano in lei già “connaturate”, indipendentemente dal tipo di didattica in cui è stata coinvolta: apprendere con continuità, curiosità e atten-zione intellettuale, autoregolazione, pianificare ed essere strategici rispetto agli scopi da conseguire.

Penso, tuttavia, sia corretto concludere che, senza questa triplice sperimentazione, molto difficilmente avrebbe sviluppato empatia, assunzione responsabile di rischi, autovalutazione e autoriflessione (metacognizione), complessità dei processi cognitivi (pensiero critico, transfert, ragionamento, pensiero creativo) e inclinazione alla rifles-sione aperta, disponibilità all’avventura e accettare le sfide senza paura. Ma, soprattutto, applicazione delle conoscenze acquisite a situazioni nuove e creazione di “cose” nuove. In queste due Key Competencies Sonia ha dimostrato un estro che neppure lei sospetta-va.

3.2. Che cosa ci guadagnano gli insegnanti

«È proprio un peccato: hanno perso la voglia di lavorare». «C’è un effetto di trascinamento verso il basso che è incredibile». «In Prima mi trovo benissimo: ho proprio l’impressione di fare lezione con delle persone. In Quinta,

invece, ho la sensazione di parlare da sola. Ripasso la letteratura per me, perché mi fa comodo». «Non sanno gestirsi i compiti, le verifiche: deve essere sempre tutto spiegato, organizzato». «Non hanno l’idea che la vita possa essere una sfida». «Io spiego e banalizzo. I ragazzi prendono appunti e banalizzano. Alla fine nei compiti mi ritrovo

delle cose incredibili!».

Piccoli riflessi quotidiani, colti qua e là tra i colleghi “in presa diretta”, d’un «quadro indubbiamente sconfortante» indagato con occhio clinico da Vittorio Lodolo D’Oria (2005). «Parti: esci. Esci dal ventre della madre, dalla culla, dall’ombra che scende dalla casa del padre e dai paesaggi giovanili. Al vento, alla pioggia: fuori mancano i ripari». Non appare fuori luogo affidarsi a una delle suggestioni di mente Michel Serres (1992, p. 28), per indicare forse l’unica possibile via di scampo in mezzo alla “globalità fran-tumata”, come il variegato mantello d’un ormai triste Arlecchino, della Scuola italiana. Accettare la sfida del cambiamento: un labor mentis senza dubbio faticoso, ma oltremo-do arricchente e in nessun modo improbus. Anzi, necessario non solamente per evitare il baratro del burn-out, ma soprattutto per una possibile «seconda nascita», direbbe forse Serres, della professionalità docente.

«Se l’apertura è la partenza e l’interrogazione è il viaggio, l’autotrascendenza è la direzione. L’uomo realizza pienamente sé solamente attraverso un percorso di trascen-dimento in cui il riconoscimento e l’accoglienza dell’altro da sé comportano anche il ritorno in sé». Il pensiero di Bernard Lonergan è oltremodo incisivo nell’indicare il punto dell’intera questione. Come ogni essere umano, il docente è chiamato mantenere vitale il «dinamismo espansivo, progressivo e circolare» di una coscienza “innamorata”, cioè aperta, interrogante, auto-trascendente, capace di intenzionare «l’ampiezza della nostra esistenza». Perché «il bisogno più profondo e la conquista più stimata dell’uomo è l’autenticità» (Triani, 1998, pp. 140-154).

La posta in palio non è dunque questa o quella riforma. Né tantomeno la fin troppo fluttuante voluntas dei timonieri che si succedono al governo della Scuola.

34 – Angelo Chiarle

«Ogni giorno siamo noi ad essere rimodellati nelle classi in cui insegniamo. Se ci concediamo di svi-luppare la passione per il nostro lavoro, rinasceremo continuamente, diventeremo sempre più solidi e più squisitamente umani rispetto a come eravamo.

Ne consegue che per insegnare in modo da rispondere ai bisogni dei nostri ragazzi più efficacemente, dobbiamo accettare due sfide fondamentali.

Innanzitutto dobbiamo coltivare la passione per la professione docente; poi dobbiamo svestirci della nostra armatura protettiva — delle nostre difese — e permettere ai nostri studenti di incidere su di noi, di rimodellarci, a partire dalla riflessione su ciò che vediamo e dall’apprendimento che ne deriva. […]

Coltivando passione per le persone e per ciò che insegniamo diventiamo ciò che possiamo essere, an-che quando accettiamo la sfida idealistica di aiutare ogni studente che incontriamo a diventare ciò che può diventare» (Tomlinson, 2006, pp. 138-139).

3.3. Un’importante “intellezione inversa”

L’esperienza di sperimentazione “stratificata” fin qui analizzata è indubbiamente ca-ratterizzata da un involontario ma inevitabile bias, dovuto alla formazione, alle convin-zioni personali, alle peculiari “disposizioni della mente”, all’esperienza professionale e all’hic et nunc dell’ambiente di lavoro dello scrivente. In positivo, penso che essa possa dimostrare soprattutto che la ricerca pedagogica degli ultimi vent’anni mette a disposi-zione dei docenti ottimi strumenti per affrontare la complessità delle sfide di cui al § 1.2. Grazie ad essi davvero molto si può provare a fare, nella concretezza del quotidiano lavoro in classe con gli studenti

Più importante, forse, appare l’insight controintuitivo composito che tramite questa esperienza credo si possa cogliere. È doveroso almeno abbozzare una tematizzazione di alcuni punti salienti, per concludere. I. Bullismo, vandalismo, assenza di motivazione, etc. più che la causa, vanno interpre-

tati come l’effetto della crisi di una scuola incapace di una riforma che continua a non arrivare.

II. Un riforma autentica che raggiunga davvero i suoi obiettivi non è detto che debba partire per forza dall’alto, ma forse più efficacemente deve nascere dal basso, da una rigenerata professionalità docente.

III. In un mondo in cui le conoscenze si rinnovano a ritmo sempre più frenetico, il proprium della missione della scuola sembra debba passare dalla trasmissione di co-noscenze standardizzate, all’educazione di abiti della mente.

IV. A questo identico obiettivo dovrebbe essere riconvertita anche la formazione e la selezione degli insegnanti.

V. Un passaggio di vitale importanza è la riforma della valutazione scolastica. La valutazione tradizionale non è imparziale, ma arbitraria e incontrollabile; non è pre-dittiva, ma autoreferenziale e inadatta a valutare ciò che deve valutare; non è educa-tiva, ma anzi demotivante e deresponsabilizzante.

VI. Il modo più equo per coltivare l’eccellenza di alunni come Sonia non appare lo stimolo estrinseco di un premio in denaro quando ormai la “partita” della scuola è conclusa. È senza dubbio meno discriminante, e sicuramente più fecondo, fare in modo che essi, al pari di tutti i compagni meno “dotati”, possano fare affidamento di docenti al passo con i tempi soprattutto a livello delle nuove metodologie didattiche. «Senza esitare si rimise al lavoro, sgobbò sui nuovi trattati d’armonia e di strumen-

tazione con un ardore affatto giovanile, studiò accanitamente le partiture dei grandi maestri tedeschi, si rifece in qualche modo la propria educazione». Questo omaggio nel 1890 il critico Étienne Rouillé-Destranges tributava al compositore che aveva saputo

Progettare apprendimenti significativi – 35

risorgere dalle sue ceneri dopo sedici anni di stasi (1871-1887) con i due estremi capo-lavori, Otello e Falstaff.

Anche Giuseppe Verdi alla fine, dunque, comprese che veramente «la soluzione sta nel rifiutare la soluzione» di un impossibile ritorno al passato. Riuscirà la scuola italiana trarre esempio dalla grande lezione del maestro delle Roncole di Busseto?

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