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4 di Brescia Università degli Studi 2 - Unibs.it · L’industria vitivinicola di Franciacorta: un...

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Università degli Studi Dipartimento di di Brescia Economia Aziendale Marzo 2005 P aper numer o 42 Anna Maria TARANTOLA RONCHI L'INDUSTRIA VITIVINICOLA DI FRANCIACORTA Domenico CERVADORO UN CASO DI SUCCESSO
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Università degli Studi Dipartimento didi Brescia Economia Aziendale

Marzo 2005

P aper numer o 42

Anna Maria TARANTOLA RONCHI

L'INDUSTRIA VITIVINICOLA DI FRANCIACORTA

Università degli Studi di BresciaDipartimento di Economia AziendaleContrada Santa Chiara, 50 - 25122 Bresciatel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814e-mail: [email protected]

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Domenico CERVADORO

UN CASO DI SUCCESSO

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L’INDUSTRIA VITIVINICOLA DI FRANCIACORTA:

UN CASO DI SUCCESSO

di Anna Maria TARANTOLA RONCHI

Direttore della Filiale di Brescia della Banca d’Italia

e

Domenico CERVADORO Filiale di Brescia della Banca d’Italia

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Indice

Introduzione ................................................................................................... 1

1. Il settore vitivinicolo italiano e lombardo .................................................. 2

2. La Franciacorta: la storia, il territorio ........................................................ 7

3. Alcuni dati quantitativi............................................................................... 9

4. I risultati dell’indagine campionaria ........................................................ 11

4.1 - Caratteristiche strutturali del campione......................................... 11

4.2 - L’attività produttiva e la distribuzione ........................................... 12

4.3 - L’attività innovativa, gli investimenti e le fonti di finanziamento................................................................................. 13

4.4 - Le politiche commerciali................................................................. 15

4.5 - Le prospettive di medio periodo...................................................... 16

5. Le performance economico-finanziarie delle aziende franciacortine ...... 17

6. I fattori di successo .................................................................................. 19

7. Le prospettive future ................................................................................ 21

Appendice – Elenco delle aziende vitivinicole che hanno collaborato all’indagine campionaria............................................................................. 24

Bibliografia .................................................................................................. 25

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

Introduzione

L’economia bresciana è certamente caratterizzata da una forte vocazione manifatturiera, ciò nondimeno presenta posizioni di rilievo anche nel settore agricolo - che contribuisce per il 23 per cento circa alla ricchezza prodotta dall’agricoltura a livello regionale - segnatamente nelle produzioni legate alla zootecnia e alla viticoltura. La viticoltura, pur avendo in termini di contributo al valore aggiunto provinciale un’importanza secondaria, ha assunto nel corso degli anni un rilievo crescente grazie, soprattutto, alla elevata qualità che la contraddistingue e alla sua focalizzazione sulla produzione di vini spumanti metodo classico (metodo che si caratterizza per la fermentazione in bottiglia). Brescia è la seconda provincia lombarda, dopo Pavia, per l’estensione della superficie coltivata a uva da vino e per la quantità di uva e di vino prodotta.

E’ soprattutto la produzione vitivinicola concentrata nel territorio della Franciacorta quella che ha raggiunto, in un arco temporale relativamente breve, importanti traguardi, pervenendo, con circa 10 milioni di bottiglie prodotte – pari a due terzi del dato nazionale complessivo - a rappresentare la principale zona italiana di produzione di vino elaborato con il metodo classico della lunga fermentazione in bottiglia.

In circa quarant’anni l’estensione del territorio vitato in Franciacorta è aumentata significativamente passando da circa 50 a oltre 2000 ettari, con il conseguente rilevante incremento della produzione; l’industria vinicola dà lavoro a circa 1.200 dipendenti stabili e 1.200 stagionali, con un giro d’affari annuo di circa 80 milioni di euro, di cui 55 milioni circa derivanti dalla vendita di Franciacorta DOCG.

Il presente lavoro, prendendo spunto dall’osservazione del dinamismo e dalla forte crescita della Franciacorta, si pone l’obiettivo di enuclearne le principali determinanti e di individuarne la possibile “esportabilità” in altre zone della regione e del Paese.

L’interesse per il settore vitivinicolo, che si può considerare parte del “made in Italy”, è motivato dalla rilevanza che lo stesso ha per il Paese, dai problemi di competitività che sta incontrando e dalla capacità di traino di un consistente indotto (ristoranti, enoteche, alberghi, ecc.).

L’analisi è stata condotta attraverso l’esame dei bilanci delle aziende presenti nell’archivio Cerved in tutto il periodo 1998-2003 e delle risposte fornite da un campione di aziende (cfr. elenco riportato in appendice) cui è stato sottoposto un questionario predisposto ad hoc. Ci si è avvalsi anche di

Il presente lavoro riflette esclusivamente le opinioni degli autori e non impegna inalcun modo l’Istituto di appartenenza.

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Anna Maria Tarantola Ronchi e Domenico Cervadoro

informazioni qualitative raccolte direttamente presso taluni operatori attraverso interviste in forma libera1.

La ricerca è organizzata in sette parti: dopo una breve introduzione sull’andamento del settore vitivinicolo italiano e lombardo (par. 1) il lavoro affronta il c.d. “caso Franciacorta” attraverso una sintetica descrizione del suo territorio e della sua storia più recente (par. 2), l’illustrazione dei principali dati quantitativi (par. 3), l’analisi dei risultati dell’indagine campionaria (par. 4) e l’esame di alcuni indicatori patrimoniali e reddituali di un campione di aziende vitivinicole franciacortine le cui performance vengono comparate a quelle del campione Mediobanca2 (par. 5). Negli ultimi due paragrafi vengono rilevati i fattori che hanno determinato il successo della Franciacorta (par. 6) e le prospettive del settore nei prossimi anni (par. 7).

1. Il settore vitivinicolo italiano e lombardo

L’Italia rappresenta il secondo produttore mondiale di vino, dopo la Francia, con una quota di circa il 17 per cento (dati FAO relativi al 2003). Peraltro a fine 2002, rispetto alla media del 1989-91, la produzione italiana si è ridotta del 23,5 per cento a fronte di una diminuzione a livello mondiale del 3 per cento, ne è derivata una perdita della quota di mercato italiana. Nel 2003 la produzione – circa 44,1 milioni di ettolitri3 – ha registrato una flessione dell’1,1 per cento rispetto al 2002.

Una quota consistente della produzione italiana viene esportata, con un saldo attivo, tra importazioni ed esportazioni, passato dai 760 milioni di euro nel 1990 a 2,6 miliardi nel 20022; i dati attualmente disponibili sul 2003 segnano una flessione del 4 per cento circa delle esportazioni a fronte di un incremento del 9 per cento delle importazioni, con un saldo attivo di 2,4 miliardi. Al netto dei vini sfusi, che hanno un export molto fluttuante, le vendite all’estero di vini c.d. tranquilli sono sempre cresciute, passando da 3,3 mln di ettolitri nel 1990 a 7,6 mln nel 2002. Un sensibile aumento hanno registrato i vini DOC e DOCG (passati da 2.1 a 4,2 mln di ettolitri), che peraltro segnano una diminuzione del 4,5 per cento nel 2002.

Molto variabile e di difficile interpretazione l’andamento dell’export di vini spumanti, che, dopo una crescita sostenuta sino al 1994 (anno di

1 Sono state condotte interviste presso: Consorzio per la tutela del Franciacorta, Azienda Agricola Bellavista, Azienda Agricola Contadi Castaldi, La Montina, Ricci Cubastro, Fratelli Berlucchi, Majolini, Lantieri de Paratico, Barone Pizzini.

2 Focus sulle principali società vinicole italiane; Ufficio Studi Mediobanca. Milano, aprile 2004.

3 Il dato comprende la produzione di mosti e di succhi di uva.

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

massima vendita con 2,2 mln di ettolitri pari al 12,5 per cento del totale), registra una drastica flessione nel 1996 e successivamente un andamento altalenante, attestandosi sugli 844 mila ettolitri nel 2003, pari al 6,4 per cento del totale4 (fig. 1).

Nel periodo 1995-2003 l’export di vini spumanti è sceso del 50 per cento in quantità e del 15 per cento in valore.

Figura 1 – Import export italiano di vino spumante (migliaia di ettolitri)

Fonte: elaborazioni Ismea su dati Istat.

Particolarmente elevata è stata la flessione delle vendite in Germania - la

cui quota sull’export totale di vini spumanti è passata dal 33,4 al 30,3 per cento in quantità e dal 36,3 al 22,9 per cento in valore - e verso la Russia (dal 28,4 all’1,8 per cento in quantità e dal 16,4 al 2,7 per cento in valore), mentre si è registrato un deciso incremento della quota degli Stati Uniti (dal 7,5 al 19,5 per cento in quantità e dal 14,3 al 22,3 per cento in valore; tav. 1)5.

Le importazioni sono cresciute nel periodo sia in quantità (+19,2 per cento) che in valore (+23,5 per cento). Il saldo tra esportazioni e importazioni, sempre attivo, è passato da 163.074 mila € a 98.099 mila €, con una flessione di ben il 40 per cento.

4 Cfr. Ismea, 2003, Assetti e nuove tendenze dell’industria del vino in Italia e nel mondo, Quaderni di filiera, n. 8, Roma. Aggiornamento dati su sito Ismea.

5 La diminuzione dell’export - secondo quanto riferito da alcuni esponenti del settore - avrebbe interessato in particolare spumanti di bassa qualità e basso prezzo, prodotti appositamente per i paesi dell’Est Europa.

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Anna Maria Tarantola Ronchi e Domenico Cervadoro

Tra le cause della flessione della produzione e delle quote di mercato rilevano la crescente competitività, soprattutto di prezzo, di altri Paesi produttori, in particolare la Spagna, la Cina, gli Stati Uniti, il Cile e l’Australia. Tavola 1 – Esportazioni di vini spumanti dall’Italia: principali Paesi clienti (migliaia di ettolitri, migliaia di euro e valori percentuali)

Migliaia di ettolitri Migliaia di euro

1995 2000 2003 1995 2000 2003 Paesi

Valore Quota % Valore Quota % Valore Quota % Valore Quota % Valore Quota % Valore Quota %

Germania 563 33,4 271 37,9 256 30,3 97.340 36,3 53.423 29,6 52.259 22,9Stati Uniti 127 7,5 121 16,9 165 19,5 38.225 14,3 39.495 21,9 50.859 22,3Regno Unito 51 3,0 39 5,4 91 10,8 10.754 4,0 9.142 5,1 25.234 11,1Portogallo 50 3,0 47 6,6 43 5,1 9.054 3,4 8.685 4,8 7.868 3,5Svizzera 10 0,6 22 3,1 40 4,8 2.797 1,0 7.794 4,3 14.798 6,5Giappone 14 0,8 31 4,3 38 4,5 5.790 2,2 13.275 7,4 13.944 6,1Francia 23 1,3 47 6,6 28 3,3 5.417 2,0 10.853 6,0 11.645 5,1Russia 479 28,4 5 0,7 15 1,8 43.985 16,4 2.372 1,3 6.155 2,7Altri paesi 370 21,9 134 18,7 168 19,9 54.679 20,4 35.465 19,6 45.007 19,8Totale 1.687 100,0 716 100,0 844 100,0 268.041 100,0 180.504 100,0 227.769 100,0Fonte: elaborazioni Ismea su dati Istat.

Le aziende vitivinicole italiane hanno reagito ricorrendo principalmente a

strategie finalizzate ad accrescere la specializzazione nelle produzioni di maggiore qualità attraverso interventi, spesso di tipo innovativo, condotti sia sulle superfici vitate che sulle tecniche di vinificazione. Nel 2002 queste tendenze hanno trovato conferma in un importante aumento degli investimenti tecnici - sostenuti anche delle agevolazioni fiscali della cosiddetta Tremonti Bis - che hanno superato i 200 milioni di euro con un incremento del 28 per cento rispetto all’anno precedente. La quota di produzione di vini Doc e Docg è sensibilmente salita negli anni più recenti fino a raggiungere, secondo le stime Istat per il 2003, oltre un terzo del totale, contro un livello pari a poco più del 10 per cento a metà degli anni ottanta (tav. 2).

Meno diffuso è stato il ricorso ad operazioni di acquisizione, aventi ad oggetto sia vigneti che marchi o rami di attività, finalizzate all’ampliamento delle dimensioni aziendali e alla riorganizzazione strategica del portafoglio prodotti. Frequenti sono state le joint venture e gli accordi di produzione e/o di distribuzione finalizzati a razionalizzare e ottimizzare l’offerta,

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

attraverso l’introduzione di formule produttive e commerciali che garantiscano una maggiore penetrazione sui mercati esteri.

Tavola 2 – Produzione di vino nel 2003 (ettolitri e valori percentuali)

DOC E DOCG IGT VINO DA TAVOLA TOTALE

Ettolitri % ettolitri % ettolitri % Ettolitri %

Varese - - - - 1.832 100,0 1.832 100,0 Como - - - - 630 100,0 630 100,0 Sondrio 28.878 55,0 2.625 5,0 21.002 40,0 52.505 100,0 Milano 3.432 28,3 2.683 22,1 6.000 49,5 12.115 100,0 Bergamo 8.330 25,0 5.800 17,4 19.185 57,6 33.315 100,0 Brescia 58.365 41,3 4.035 2,9 79.086 55,9 141.486 100,0 Pavia 330.000 69,9 80.000 16,9 62.000 13,1 472.000 100,0 Cremona - - - 8.500 100,0 8.500 100,0 Mantova 26.250 20,8 31.500 25,0 68.250 54,2 126.000 100,0 Lecco - - - - 3.100 100,0 3.100 100,0 Lodi 300 17,6 - - 1.400 82,4 1.700 100,0 LOMBARDIA 455.555 53,4 126.643 14,8 270.985 31,8 853.183 100,0 ITALIA 14.441.012 34,7 11.076.416 26,6 16.158.702 38,8 41.676.130 100,0 Fonte: Istat.

L’industria enologica nazionale rimane contraddistinta, come emerge

dall’indagine Mediobanca6, da una struttura produttiva molto frammentata, caratterizzata da una miriade di aziende a conduzione familiare che ne ostacola il processo di internazionalizzazione.

Secondo i dati dell’ultimo censimento sull’agricoltura condotto dall’Istat

nel 2000, vi sono in Lombardia 21.956 ettari coltivati ad uva da vino. Di questi, 15.426, pari al 70,3 per cento, sono iscritti agli albi delle denominazioni d’origine (tav. 3).

La produzione di vino nella regione è stata pari a fine 2003, a 853,2 mila ettolitri (2 per cento del totale nazionale), di cui il 53,4 per cento DOCG e DOC (tav. 2).

La provincia di Brescia si posiziona al secondo posto tra le province lombarde nelle produzioni vitivinicole, preceduta da quella di Pavia, che da sola rappresenta il 70 per cento circa del totale (sia in termini di superfici coltivate a uva da vino che in termini di uva raccolta e di vino prodotto).

6 Ufficio Studi Mediobanca, 2004.

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Anna Maria Tarantola Ronchi e Domenico Cervadoro

Tavola 3 – Superficie coltivata ad uva da vino e produzione di uva da vino

Superficie coltivata ad uva da vino (1) Produzione di uva da vino nel 2003 (2) Per vini DOC e

DOCG Per altri vini Totale Raccolta totale Vinificazione

ettari % ettari % ettari % Quintali % quintali %

Varese 4 20,0 16 80,0 20 100,0 3.665 0,3 2.885 0,2 Como 0 0,0 20 100,0 20 100,0 864 0,1 864 0,1 Sondrio 800 74,9 268 25,1 1.068 100,0 75.007 5,4 75.007 5,4 Milano 64 26,1 180 73,5 245 100,0 17.073 1,2 17.073 1,2 Bergamo 269 29,9 631 70,1 900 100,0 49.722 3,6 49.722 3,6 Brescia 2.493 63,1 1.455 36,9 3.948 100,0 228.705 16,3 228.705 16,5 Pavia 10.757 78,1 3.008 21,9 13.765 100,0 781.644 55,8 781.644 56,4 Cremona 1 2,2 44 97,8 45 100,0 13.955 1,0 13.955 1,0 Mantova 1.028 54,8 847 45,2 1.875 100,0 222.170 15,9 210.000 15,1 Lecco 1 2,2 44 97,8 45 100,0 4.760 0,3 4.760 0,3 Lodi 8 32,0 16 64,0 25 100,0 2.500 0,2 2.500 0,2 LOMBARDIA 15.426 70,3 6.530 29,7 21.956 100,0 1.400.065 100,0 1.387.115 100,0 ITALIA 233.522 34,6 442.057 65,4 675.580 100,0 61.563.622 57.901.496 Fonte: (1) elaborazioni Ismea su dati Censimento Istat 2000. (2) Istat

In provincia di Brescia la superficie coltivata a uva da vino è pari a 3.948

ettari, (18,0 per cento del totale regionale), di cui il 63,1 per cento (2.493 ettari) è iscritto agli albi delle denominazioni di origine (cfr. tav. 3).

Nel 2003, la produzione provinciale di uva da vino è stata pari a 228.705 quintali (16,3 per cento del totale regionale), interamente utilizzati per la vinificazione (cfr. tav. 3). Nello stesso periodo la produzione di vino è risultata pari a 141,5 mila ettolitri (16,6 per cento del totale regionale), di cui il 41,3 per cento a DOC e DOCG, il 2,9 per cento da vini IGT e il rimanente 55,9 per cento da vino da tavola (cfr. tav. 2).

In questo contesto, le produzioni vinicole della Franciacorta rappresentano un fenomeno di notevole interesse per la tipologia del vino prodotto, per l’elevata qualità e per la rilevante crescita delle superfici vitate e della produzione, conseguita attraverso sia acquisizioni di aziende già esistenti che l’avvio di nuove iniziative da parte di imprenditori industriali che hanno dato nuovi stimoli a produzioni di antica tradizione.

L’area si caratterizza per una produzione di nicchia che punta fortemente alla qualità; il bollicine Franciacorta è infatti il primo vino spumante ad avere raggiunto la qualifica e la garanzia della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG).

Nel 2002 i due terzi della produzione nazionale di vino spumante metodo classico - circa 16 milioni di bottiglie - sono stati prodotti da aziende operanti nel territorio franciacortino; circa 5 milioni di bottiglie sono riconducibili a vini Franciacorta DOCG. La rimanente parte della

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

produzione italiana di vini spumanti della specie viene realizzata in Trentino (circa 5 milioni di bottiglie) e, seppure con una quota minoritaria, nell’Oltre Po Pavese (circa 1 milione di bottiglie).

2. La Franciacorta: la storia, il territorio

Con il termine Franciacorta7 viene individuata l’area collinare ad ovest della città di Brescia che comprende i territori parziali o totali di 19 comuni della provincia8; l’estensione è pari a circa 18.000 ettari, di cui il 40 per cento è dedicato all’agricoltura.

Si tratta di un’area che presenta delle caratteristiche fisiche particolarmente idonee alla coltivazione della vite (struttura morenica del terreno e micro clima favorevole).

Il territorio si caratterizza, inoltre, per la presenza di numerosi centri di interesse artistico (ville, castelli, abbazie e cittadine medioevali)9 e località turistiche che rappresentano anche un importante fattore di promozione per il turismo e per i prodotti agricoli della zona.

Le produzioni vitivinicole del territorio franciacortino, pur avendo tradizioni antichissime10, fino alla fine degli anni cinquanta erano limitate sia in quantità che in qualità ed erano poco conosciute al di fuori dei confini bresciani.

Attualmente si caratterizzano per la produzione prevalente di Franciacorta DOCG e di Terre di Franciacorta DOC.

La produzione dei primi si può far risalire all’inizio degli anni sessanta quando Guido Berlucchi, uno dei più importanti produttori della zona, avviò, con la collaborazione del giovane enologo Franco Ziliani, la coltivazione delle uve Pinot e Chardonnay per la produzione del “Pinot di

7 Non è certa l’origine del nome, l’ipotesi più accreditata è che il termine - documentato

per la prima volta nel XIII secolo come Franzacurta – si riferisse all’esenzione delle imposte sul commercio (franche curtes) di cui godevano i luoghi sotto la protezione del clero; cfr. B. Anderson, Franciacorta. Un territorio, un vino. Editoriale Giorgio Mondadori, Milano 2002.

8 Il territorio della Franciacorta si estende sull’area delimitata ad oriente dalle colline rocciose e moreniche, a occidente dalla sponda sinistra del fiume Oglio, a nord dalle sponde del lago d’Iseo e dalle ultime propaggini delle Alpi Retiche e a sud dalla fascia pianeggiante delineata dalla strada statale che unisce Brescia a Bergamo.

9 Basti ricordare: Torbiere del Sebino, Abbazia olivetana di Rodengo Saiano, Pieve di San Pietro in Lamosa, la Santissima di Gussago.

10 Già nel V secolo a.c. i Celti Cenomani coltivavano le viti su alberi potati in modo particolare, seguendo il cosiddetto metodo dell’alberata; successivamente i Romani, che nella zona avevano installato la colonia Brixia, ripresero tale tradizione. Risalgono al duecento notizie circa la produzione e la vendita in Brescia e dintorni di un vino frizzante e rifermentato conosciuto come vino “mordace”, di cui peraltro si era perduta la conoscenza.

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Anna Maria Tarantola Ronchi e Domenico Cervadoro

Franciacorta”, vino spumante fermentato in bottiglia che in poco tempo riscosse un notevole successo, portando l’azienda ad una fama di portata nazionale. Attirati da tale successo, nella seconda metà degli anni sessanta, numerosi altri imprenditori decisero di diversificare i propri investimenti acquistando terreni in Franciacorta per la produzione del vino spumante.

Questo gruppo di produttori, insieme con alcune delle aziende agricole di più antico insediamento, ha avuto la lungimiranza di puntare da subito su produzioni di elevata qualità, richiedendo fin dall’inizio la denominazione di origine controllata Franciacorta, riconoscimento che venne concesso il 21 luglio 1967.

Nel marzo del 1990, 29 produttori di vino e viticoltori fondarono il “Consorzio Volontario di tutela dei Vini Franciacorta DOC” che dettò nuove e più stringenti norme cui i produttori dovevano attenersi. In particolare, nel 1993, il Consorzio ottenne la modifica del disciplinare della DOC, inserendo ufficialmente la clausola che la denominazione Franciacorta venisse riservata in modo esclusivo al vino interamente prodotto all’interno della zona DOC secondo il metodo della fermentazione in bottiglia.

Il 1° settembre 1995 venne riconosciuta la denominazione “Franciacorta DOCG” con l’approvazione di un disciplinare che stabilisce un processo di lavorazione che si caratterizza ancora oggi per essere uno dei più lunghi e rigidi al mondo fra i vini a denominazione di origine controllata ottenuti con il metodo della fermentazione in bottiglia.11

Nel 2001 è stato avviato con il coordinamento del Consorzio di tutela del Franciacorta il progetto “Viticoltura di precisione assistita dal satellite” che, attraverso la produzione di mappe tematiche, in formato digitale, rappresentanti il territorio del vigneto e/o uno o più parametri (brix, acidità totale, polifenoli) ed altri dati multispettrali rilevati dal satellite è in grado di assistere i viticoltori nella formulazione delle pratiche agricole (irrigazione, potatura, fertilizzazione, trattamenti antiparassitari, scelta del tipo di impianto in funzione delle caratteristiche dei suoli) allo scopo di migliorare le produzioni.

11 Il c.d. metodo Franciacorta richiede un invecchiamento minimo di 25 mesi dalla

vendemmia del vino più giovane tra quelli che compongono la cuvée, fino ad un massimo di 37 mesi per le parti che saranno millesimate. Oltre che per la durata dell’invecchiamento, il metodo Franciacorta si differenzia da quello classico dello Champagne per la maggiore precisione con cui vengono definite alcune fasi del processo e per un più articolato e incisivo sistema di controlli micotici messi in opera dal Consorzio di tutela e dalla Camera di Commercio di Brescia (ad es. solo il mosto delle prime due spremiture può essere usato per produrre i vini di base).

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

In tempi recenti si stanno diffondendo le coltivazioni biologiche, ritenute dai produttori un importante fattore di promozione in relazione alla crescente preferenza dimostrata dai consumatori.

3. Alcuni dati quantitativi

A fine 2003 la superficie vitata era pari a 2.025 ettari, di cui 1.318 ettari per Franciacorta DOCG e 707 per Terre di Franciacorta DOC. Nel periodo 1995 – 2003 la superficie vitata DOC e DOCG è aumentata dell’80 per cento circa.

Nel 2003 sono state commercializzate 4,7 milioni di bottiglie di Franciacorta DOCG, il 13 per cento in più rispetto al 2002, 1,9 milioni di Terre di Franciacorta Bianco e 2,5 milioni di Terre di Franciacorta Rosso, per un totale di 9,1 milioni di bottiglie. Rispetto al 1995 l’incremento del numero di bottiglie commercializzate è stato pari all’80,2 per cento (fig. 2).

Particolarmente favorevole anche l’andamento del 2004 nel corso del quale è stata registrata un’ulteriore espansione delle vendite: secondo i dati provvisori rilasciati dal Consorzio per la tutela del Franciacorta sono state commercializzate 5,3 milioni di bottiglie di Franciacorta, con un incremento del 12,8 per cento rispetto al 2003.

Elemento caratterizzante la Franciacorta è che la sua struttura produttiva si basa su aziende di medio-piccole dimensioni che usano quasi esclusivamente le proprie uve. Nessun imprenditore di Franciacorta DOCG, infatti, supera la produzione di 1,3 milioni di bottiglie all’anno.

La maggior parte della produzione di Franciacorta DOCG è destinata al mercato nazionale (88,8 per cento), con una elevata concentrazione di vendite nelle zone di produzione, in virtù di una domanda che in non pochi casi supera l’offerta.

La quota esportata ha registrato un costante incremento nel corso degli ultimi anni passando, in quantità, dal 4,0 per cento del 1995 all’11,2 per cento del 2003, pur rimanendo ancora significativamente inferiore rispetto alla analoga quota calcolata a livello nazionale, pari al 31,5 per cento.

Le esportazioni di vini Franciacorta DOCG, inoltre, hanno seguito un trend opposto rispetto all’export di vini spumanti italiani, conseguendo nel periodo 1995-2003 un aumento del 390 per cento (tav. 4); a livello nazionale si è registrata nello stesso periodo una diminuzione del 50 per cento (tav. 1)12.

12 Le variazioni percentuali indicate si riferiscono, per la Franciacorta al numero di

bottiglie e per l’Italia agli ettolitri.

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Figura 2 – Vendite di vini Franciacorta (migliaia di bottiglie)

Fonte: Consorzio per la tutela del Franciacorta.

I principali mercati esteri di sbocco sono rappresentati dai Paesi dell’UE,

e segnatamente la Germania, seguiti dai Paesi dell’Estremo Oriente, tra i quali il ruolo principale è rivestito dal Giappone, e da quelli del Nord America.

Tavola 4 – Vendite di Franciacorta DOCG ( Migliaia di bottiglie)

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Var.

03/02 Var. 03/95 Quota

2003

Italia 2.692 2.791 2.943 2.989 3.601 3.484 3.188 3.822 4.201 9,9 56,15 88,8Estero 108 127 152 182 299 314 336 383 530 38,3 390,7 11,2di cui: - Paesi Ue 58 62 68 78 123 146 160 121 158 30,2 172,4 3,3Resto Europa 12 11 11 11 11 20 23 52 68 31,0 466,7 1,4America del Nord 19 22 28 41 81 73 77 66 83 26,7 336,8 1,8America del Sud 0 0 0 0 0 13 14 0 0 0,0 0,0 0,0Estremo Oriente 13 26 39 42 51 62 62 77 114 48,0 776,9 2,4Altri Paesi 6 6 6 10 33 0 0 67 107 58,8 1.683,3 2,3Totale 2.800 2.918 3.095 3.171 3.900 3.798 3.524 4.205 4.731 12,5 68,9 100,0Fonte: Consorzio per la tutela del Franciacorta.

Particolarmente significativo è stato l’incremento dell’export di vini

Franciacorta DOCG registrato nel 2003 (38,3 per cento rispetto al 2002

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

contro il -3,2 per cento dell’export italiano di vini spumanti; tav. 4). Tale risultato è stato ottenuto anche grazie all’opera di marketing, finalizzata ad aumentare la penetrazione commerciale all’estero, sviluppata con il contributo dell’assessorato all’agricoltura della Provincia di Brescia. Importanti iniziative sono state inoltre condotte sia individualmente dalle singole cantine sia in collaborazione con il Consorzio per la tutela del Franciacorta, che ha partecipato a numerose manifestazioni fieristiche all’estero sponsorizzando i vini della Franciacorta in abbinamento alle ricchezze culturali e paesaggistiche del territorio.

4. I risultati dell’indagine campionaria

4.1 - Caratteristiche strutturali del campione

Allo scopo di integrare le informazioni disponibili sulle produzioni vitivinicole in Franciacorta, è stata condotta una ricerca sul campo, con l’ausilio di un questionario predisposto ad hoc, sottoposto a 30 cantine aderenti al Consorzio di Tutela del Franciacorta e restituito compilato da 20.

Il campione rappresenta il 26 per cento delle cantine aderenti al Consorzio e il 54,8 per cento circa della loro produzione complessiva in termini di numero di bottiglie.

Nelle risposte fornite trovano conferma alcuni tratti peculiari delle aziende franciacortine quali lo sviluppo recente, la presenza di imprenditori non agricoli, la modesta dimensione. In particolare: − circa un terzo dei soggetti che controllano le cantine opera

prevalentemente in settori economici diversi dell’agricoltura. Si tratta di industriali (della chimica, edilizia, tessile, acciaio, armi, ecc.), di finanzieri e professionisti;

− 19 cantine su 20 sono state costituite dopo il 1960; 5 negli anni novanta; − quasi tutte le cantine sono costituite in forma societaria: 8 Srl, 2 Spa e 6

Società Semplici; è presente una sola cooperativa di produttori costituita nella forma di Cantina Sociale;

− la dimensione media delle imprese è modesta: nel 2003 solo 1 cantina ha evidenziato un fatturato superiore ai 5 milioni di euro, 2 tra i 2,5 e i 5 milioni di euro, 9 tra 1 e 2,5 milioni di euro e 8 un fatturato inferiore ad 1 milione di euro. Nello stesso anno il numero di dipendenti era pari, in media, a 10,1 unità, sebbene in crescita rispetto al 1995 (6,1 unità).

Le risorse finanziarie utilizzate per l’avvio dell’attività sono rappresentate in prevalenza da capitali propri e di famiglia (61,3 per cento) e da apporti di altri soci (6,6 per cento). Significativo, anche il contributo fornito dal canale bancario (32,1 per cento delle risorse). Nullo è risultato

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invece il ricorso ai finanziamenti pubblici. La composizione delle fonti di finanziamento evidenzia la notevole disponibilità di capitali in capo ai soggetti che controllano le cantine.

Figura 3 – Fonti di finanziamento utilizzate per l’avvio dell’impresa (valori percentuali)

61%

32%

7%

Capitali propri e di famiglia

Crediti bancari

Società con altri soci

Fonte: indagine campionaria.

4.2 - L’attività produttiva e la distribuzione

Le produzioni realizzate si connotano per l’elevata qualità. La quasi totalità del vino prodotto viene destinata all’imbottigliamento ed

è composta per il 66,5 per cento da vini a DOCG (bollicine) e per il 30,2 per cento da vino a DOC; marginale la quota di vini IGT e di altre tipologie di vino (3,3 per cento) a conferma del fatto che, sin dalla loro costituzione, le aziende franciacortine, hanno puntato sulla elevata qualità dei prodotti. In Italia l’incidenza sulla produzione complessiva dei vini DOCG e DOC era pari, nel 2003, al 34,7 per cento e in Lombardia al 53,4 per cento (tav. 2).

Nel periodo 1995-2003, il numero di bottiglie prodotte dalla imprese del campione è aumentato del 71,9 per cento, il fatturato del 119,4 per cento, con una crescita media annua pari rispettivamente all’8,0 e al 13,3 per cento; i prezzi sono aumentati più che proporzionalmente alle quantità. Il numero dei dipendenti è cresciuto del 58,8 per cento.

Con riferimento all’organizzazione delle funzioni aziendali, il 64,9 per cento delle aziende contattate ha dichiarato di avere esternalizzato le attività connesse con l’imbottigliamento dei vini e il 42,9 per cento il

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confezionamento e la distribuzione dei prodotti. Solo il 7,1 per cento delle aziende ha dichiarato di avere affidato a terzi la produzione di semilavorati.

Le risposte fornite confermano l’assoluta prevalenza delle vendite nel mercato nazionale (91,3 per cento), con una forte concentrazione nella provincia di Brescia (22,6 per cento delle vendite nel mercato nazionale). Tra i mercati esteri di sbocco prevalente risulta l’importanza di quelli dell’UE e, in particolare, della Germania, sebbene negli ultimi anni sia andata crescendo la quota di export destinata al Giappone.

Tavola 5 – Fattori che agiscono da freno alle vendite all’estero (valori percentuali; possibili risposte multiple)

Costi di trasporto elevati 15,8 Scarsa conoscenza dei mercati esteri 42,1 Costi di produzione non competitivi con riferimento a: Costo del lavoro 21,1 Costo delle materie prime 15,8 Oneri fiscali 21,1 Capacità produttiva adeguata al solo mercato interno 26,3 Altro 42,1 Nessun fattore agisce da freno 14,3 Fonte: indagine campionaria.

Tra i principali fattori che agiscono da freno alle vendite all’estero

prevalgono la scarsa conoscenza dei mercati esteri (42,1 per cento delle risposte) e la capacità produttiva adeguata al solo mercato interno (26,3 per cento delle risposte). Meno vincolanti risultano invece i fattori di costo, tra i quali prevalgono il costo del lavoro e gli oneri fiscali (21,1 per cento; tav. 5).

La contenuta quota delle esportazioni non è stata sino ad ora percepita come un vincolo alla crescita in quanto il mercato interno è riuscito ad assorbire la produzione con prezzi in crescita. Solo il 38,9 per cento delle imprese del campione ritiene che la crescita della domanda estera contribuirà al proprio sviluppo; nettamente prevalenti risultano invece l’incremento della domanda interna (61,1 per cento delle risposte) e l’introduzione di innovazioni (55,6 per cento delle risposte; fig. 6).

4.3 - L’attività innovativa, gli investimenti e le fonti di finanziamento

Nel quadriennio 2000/2003 le aziende del campione hanno effettuato investimenti per un ammontare pari a 38,3 milioni di euro, con una media di oltre 9 milioni di euro all’anno.

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La spesa per investimenti è stata destinata per il 67,0 per cento all’ampliamento e/o ammodernamento delle cantine, per il 21,9 per cento all’ampliamento delle superfici vitate e per il restante 11,1 per cento ad altre finalità, tra cui rilevano l’attività di ricerca e la promozione dei prodotti (fig. 4).

Figura 4 – Investimenti effettuati nel periodo 2000-2003

22%

67%

11%

Ampliamento delle superfici vitate

Ampliamento e/o ammodernamento delle cantine

Altro

Fonte: indagine campionaria.

L’attività innovativa delle aziende coinvolte nell’indagine, è risultata

particolarmente intensa e costituisce uno dei fattori di successo dell’industria vitivinicola della Franciacorta.

L’85,0 per cento delle cantine contattate ha dichiarato di avere recentemente introdotto innovazioni finalizzate al miglioramento della qualità dei prodotti (94,1 per cento) e/o all’aumento dei volumi (70,6 per cento). Meno rilevante risulta invece la ricerca di economie di costo (29,4 per cento).

Il rapporto tra indebitamento complessivo e mezzi propri delle imprese del campione era pari, a fine 2003, al 130,4 per cento, in fortissima crescita rispetto al 1995 (35,7 per cento).

L’andamento di tale indicatore evidenzia come lo sforzo finanziario connesso con la fase di avvio delle attività sia stato sostenuto in via prevalente attraverso l’autofinanziamento, mentre gli ingenti investimenti effettuati nell’ultimo triennio siano stati realizzati facendo prevalentemente ricorso all’indebitamento.

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Il 90,0 per cento delle aziende, infatti, ha dichiarato di utilizzare attualmente il credito bancario. Rilevante risulta anche la percentuale di imprese che ricorre a fonti interne (70,0 per cento), mentre solo il 30,0 per cento delle aziende ha dichiarato di avere fatto ricorso ad aumenti di capitale. Poco significativa risulta la percentuale di casi di emissione di titoli obbligazionari (5,0 per cento; tav. 6).

Per il prossimo futuro, a fronte di una sostanziale stabilità del numero di aziende che prevede di autofinanziarsi o di ricorrere ad aumenti di capitale si riscontra una diminuzione del numero di aziende che prevede di ricorrere al canale bancario in relazione ad un significativo aumento delle emissioni obbligazionarie (20,0 per cento; tav. 6). Sembra quindi delinearsi un seppur moderato miglioramento della struttura finanziaria.

Tavola 6 – Fonti di finanziamento utilizzate (valori percentuali; possibili risposte multiple)

Attualmente In futuro

Aumenti di capitale 30,0 30,0 Autofinanziamento 70,0 75,0 Credito bancario 90,0 75,0 Emissione di obbligazione o altri titoli 5,0 20,0 Altro 5,0 5,0 Fonte: indagine campionaria.

4.4 - Le politiche commerciali

Il miglioramento della qualità dei prodotti (85,0 per cento delle risposte), la valorizzazione dell’immagine degli stessi (75,0 per cento) e il miglioramento dei processi produttivi (65,0 per cento) sono considerati i principali canali attraverso i quali accrescere la competitività (fig. 5).

Importanti vengono considerati anche gli interventi finalizzati al miglioramento delle politiche di marketing (55,0 per cento), mentre viene attribuita minore rilevanza alle politiche di prezzo (30,0 per cento).

Le politiche di marketing maggiormente utilizzate consistono in contatti diretti con i rappresentanti dei ristoranti e delle enoteche, attraverso l’organizzazione di cene e degustazioni a tema, nonché con esponenti di riviste specializzate per ottenere recensioni. Diffusa è anche la prassi di organizzare eventi mondani, artistici e/o culturali, ritenuti più adatti per la promozione di vini di pregio anche se si tratta di iniziative molto costose.

Quasi assente è il ricorso a campagne promozionali di massa, quali pubblicità televisive o sulla carta stampata, in quanto si teme che le stesse

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possano produrre risultati negativi facendo apparire il prodotto meno esclusivo.

Al fine di accrescere il grado di penetrazione nei mercati esteri, inoltre, il 52,6 per cento delle aziende intervistate ha dichiarato di avere stipulato accordi all’estero con partner locali nel campo della distribuzione dei prodotti.

Figura 5 – Principali strategie adottate per accrescere la competitività dei prodotti (valori percentuali; possibili risposte multiple)

Fonte: indagine campionaria.

4.5 - Le prospettive di medio periodo

Non sembrano esservi dubbi, tra gli operatori intervistati, circa l’andamento futuro dell’attività. Il 95,0 per cento delle imprese ha dichiarato di attendersi una crescita dimensionale e un miglioramento dei risultati di gestione nel medio periodo.

Tra i fattori che possono contribuire allo sviluppo aziendale, il 61,1 per cento delle imprese ha indicato la crescita della domanda interna come il più rilevante. Significativa è anche la percentuale di imprese che ritiene essenziale per la crescita futura la recente introduzione di innovazioni (55,6 per cento; fig. 6).

In sostanza le aziende franciacortine ritengono che i fattori che sono risultati trainanti continueranno ad esserlo anche per il futuro; la maggioranza delle imprese non considera un vincolo la disponibilità di mezzi finanziari.

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Figura 6 – Fattori che contribuiranno allo sviluppo dell’impresa (valori percentuali; possibili risposte multiple)

Fonte: indagine campionaria.

5. Le performance economico-finanziarie delle aziende franciacortine

Per analizzare le performance economico-patrimoniali e finanziarie delle aziende vitivinicole della Franciacorta ci si è avvalsi delle informazioni dell’archivio Cerved13, nel quale sono presenti con riferimento all’intero periodo 1998-2002 i dati di bilancio di un campione di 13 aziende14.Tali dati sono stati messi a confronto con i risultati del rapporto Medioanca (2004).

Come già emerso dall’indagine campionaria, nel periodo 1998–2002 sia il fatturato sia il valore aggiunto delle aziende della Franciacorta sono aumentati in misura superiore alla media (rispettivamente 35,2 e 48,1 per cento contro 33,3 e 43,9 per cento; tav. 7).

13 Nella costruzione degli indicatori non è stato possibile distinguere il contributo

fornito dai vini fermi Terre di Franciacorta DOC da quello derivante dai vini Franciacorta DOCG; è tuttavia corretto ritenere predominante l’apporto di questi ultimi.

14 Nella composizione del campione sono state privilegiate le aziende che producono e commercializzano quasi esclusivamente vini DOCG e DOC, non è stato quindi compresa l’azienda Guido Berlucchi, la più importante della Franciacorta, in termini quantitativi, che solo nel 2004 ha richiesto, e ottenuto di partecipare al Consorzio e che comunque ha deciso di applicare il disciplinare previsto per i vini DOCG solo a una parte residuale della propria produzione. Delle 13 aziende presenti nell’archivio Cerved, 9 hanno partecipato all’indagine campionaria.

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È interessante osservare, inoltre, come le cantine della Franciacorta evidenzino un rapporto tra valore aggiunto e fatturato (45,9 per cento nel 2002) più che doppio rispetto a quello delle aziende del campione Mediobanca (20,9 per cento nello stesso anno), a conferma del minore ricorso da parte delle prime a prodotti semilavorati acquistati da aziende terze, coerentemente con la politica di elevata qualità che ispira le loro produzioni.

Significativamente inferiore al dato medio di confronto risulta, invece, il rapporto tra fatturato e capitale investito (32,7 per cento nel 2002, a fronte di un dato medio di confronto pari, nello stesso anno, al 121,9 per cento), a motivo degli ingenti investimenti effettuati negli anni più recenti dalle aziende franciacortine.

Il rapporto tra il margine operativo netto (MON) e il fatturato risulta, nel periodo 1998-2002, sempre significativamente più alto rispetto della media. Più contenuta risulta, invece, la dinamica della redditività operativa: il MOL e il MON sono aumentati, nel periodo in esame, del 45,4 e del 41,8 per cento rispettivamente, a fronte di incrementi pari al 53,5 e al 57,1 per cento conseguiti nello stesso periodo dalle aziende del gruppo di confronto.

Le aziende franciacortine grazie al notevole valore aggiunto e agli elevati prezzi di vendita riescono, a parità di fatturato, a conseguire una redditività operativa superiore alla media del settore di appartenenza.

Il ROI ed il ROE risultano invece inferiori rispetto ai dati medi di confronto (nel 2002 rispettivamente 5,4 e 7,8 per cento contro il 14,0 e l’11,7 per cento relativo alle aziende del campione Mediobanca). In particolare, si può osservare come nel 2002 è proseguito l’incremento del ROE già osservato nel biennio precedente mentre il ROI risulta quasi dimezzato rispetto al livello raggiunto nel 2000 (dal 10,5 al 5,4 per cento). Ancora una volta, le ragioni di tali andamenti sono connesse agli ingenti investimenti effettuati dalle aziende bresciane negli anni più recenti, prevalentemente attraverso un crescente ricorso all’indebitamento bancario, che non hanno ancora prodotto i loro effetti in termini di produzione a motivo degli elevati tempi di realizzazione del prodotto.

Qualora le cantine della Franciacorta riuscissero a conseguire nel prossimo futuro la prevista espansione dei volumi operativi (cfr. infra Le prospettive future) senza dover rinunciare in misura significativa ai margini che attualmente riescono a realizzare sulle vendite, si potrebbero determinare significativi incrementi di redditività anche rispetto al capitale investito.

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

Tavola 7 – Indicatori di bilancio (variazioni percentuali sul biennio precedente e rapporti percentuali)

13 AZIENDE FRANCIACORTA CAMPIONE MEDIOBANCA

1998 2000 2002 var. 98-02 1998 2000 2002 var. 98-02

Fatturato 4,2 19,3 13,2 35,2 n.r. 15,1 15,7 33,3 Fatt. in % del capitale investito 44,9 50,8 32,7 124,2 127,8 121,9 Valore aggiunto -9,1 36,7 8,4 48,1 n.r. 25,0 15,1 43,9 VA/FATT 41,8 47,9 45,9 19,4 21,0 20,9 MOL -9,1 41,8 2,6 45,4 n.r. 32,0 16,3 53,5 MON -12,0 57,3 -9,8 41,8 n.r. 41,6 10,9 57,1 MON/FATT 15,6 20,6 16,4 6,8 8,4 8,1 Deb. Fin in % del capitale investito 47,7 45,9 55,6 51,5 48,1 49,5 ROE 3,7 6,3 7,8 7,7 10,6 11,7 ROI 7,0 10,5 5,4 9,7 11,8 14,0 Fonte: elaborazioni su dati Cerved e Ufficio Studi Mediobanca.

Gli indicatori di struttura finanziaria confermano la sensibile crescita, nel

periodo 1998-2003, del ricorso all’indebitamento e, segnatamente, a quello bancario. Il leverage è aumentato di circa 8 punti percentuali; sostanzialmente invariata l’incidenza dei debiti commerciali (tav. 8).

Tavola 8 – Indicatori di struttura finanziaria (valori percentuali)

1998 2000 2002

Debiti finanziari/Patrimonio netto 91,2 84,9 125,3 Leverage 47,7 45,9 55,6 Debiti finanziari a MLT / Totale dei debiti finanziari 49,2 19,4 42,0 Debiti finanziari / Totale dei debiti 59,0 43,1 78,7 Debiti commerciali / Totale dei debiti 16,2 12,7 17,3 Debiti bancari / Totale dei debiti finanziari 49,8 54,3 74,7 Debiti bancari a MLT / Totale dei debiti bancari 51,2 25,1 36,9 Fonte: elaborazioni su dati Cerved.

6. I fattori di successo

A partire dagli anni sessanta, le produzioni vitivinicole della Franciacorta hanno sperimentato un forte impulso alla crescita che ha consentito loro di ottenere uno sviluppo superiore a quello mediamente conseguito dal settore

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a livello nazionale. Le performance reddituali (ROI e ROE) risultano invece inferiori a motivo, tra l’altro, dei rilevanti investimenti effettuati.

Tra i fattori che hanno permesso il conseguimento di tali risultati rilevano le caratteristiche del territorio e del micro clima che connotano la Franciacorta, particolarmente adatte alle produzioni vitivinicole di qualità.

Tuttavia, l’aspetto più interessante è rappresentato, a nostro avviso, dalla elevata professionalità e dallo spirito d’impresa dei suoi produttori, che spesso operano anche nell’industria e/o nella finanza, che hanno portato nell’agricoltura un nuovo modo di produrre, maggiormente focalizzato sulla qualità (e molto meno sulla quantità) e sul brand, seguendo le leggi del marketing con una visione di medio-lungo periodo e una forte propensione alla innovazione (significativa al riguardo è la produzione con il metodo Guyot).

I produttori franciacortini, infatti, hanno saputo sperimentare e introdurre significative innovazioni, sfruttando le competenze di esperti in agraria e di enologi, coniugando la ricerca e lo sviluppo con il rispetto della tradizione.

Tra i vari produttori si è instaurato un interessante fenomeno di emulazione che si è riflesso in una competizione per la qualità.

La disponibilità di significative risorse finanziarie ha consentito di effettuare forti investimenti in terreni, nelle tecnologie di coltivazione dei vigneti e di produzione in cantina, in ricerca, in strutture e nel personale (enologi, capi cantinieri, ecc.). Particolare attenzione è stata riservata inoltre alle politiche di promozione dei prodotti.

Rilevante viene considerata l’attività svolta dal Consorzio per la tutela del Franciacorta15, il cui merito principale consiste nell’avere intuito l’importanza di connotare le produzioni con caratteristiche peculiari e originali anticipando l’evoluzione delle preferenze dei consumatori verso una crescente richiesta di vini di qualità16 e con una chiara e forte identificazione.

L’approccio al mercato prescelto è stato quello di offrire un prodotto con forti connotazioni caratteristiche, piuttosto che modificarlo per venire incontro alle esigenze della domanda, creando in questo modo uno “stereotipo” che identifica con il termine Franciacorta un territorio, il metodo di lavorazione e il suo vino.

15 Il Consorzio svolge prevalentemente un’azione di tutela e di controllo su tutti i

produttori, non solo sugli iscritti. Esso risponde del proprio operato direttamente al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, i suoi dipendenti rivestono lo status di pubblici ufficiali.

16 Nel 2003 le vendite di vino nel mondo hanno registrato tassi di crescita decisamente superiori nel settore top (8,0 per cento) rispetto alla fascia a basso prezzo (1,1 per cento). Cfr. “Crisi di crescita o difficoltà strutturali? I vini veronesi e la globalizzazione”. Laboratorio delle imprese, Banco Popolare di Verona e Novara, 2004.

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

I diversi produttori, infatti, pur disponendo di un proprio marchio, propongono i propri prodotti anche enfatizzando il termine Franciacorta.

Attraverso tale strategia si è riusciti a evitare la competizione di prezzo, focalizzandosi su una fascia di consumatori più evoluti e attenti alla qualità. A ulteriore testimonianza del successo che i vini spumanti metodo classico DOCG prodotti in Franciacorta hanno raggiunto, possono essere citati i numerosi riconoscimenti loro assegnati dalle diverse guide specialistiche di settore17.

7. Le prospettive future

Per i prossimi due anni viene stimato un ampliamento delle superfici vitate di circa 400 mila mq, di cui circa 200 per produzioni DOCG. La loro realizzazione comporterà investimenti crescenti a causa del forte apprezzamento che il valore dei terreni ha conseguito nel corso degli ultimi anni (le più recenti stime fornite dal Consorzio per la tutela del Franciacorta si aggirano tra i 200 e i 250 mila euro ad ettaro vitato). Nel prossimo futuro, la disponibilità di ulteriori superfici da destinare alle produzioni vitivinicole tenderà ad esaurirsi. Proprio in considerazione di tale vincolo, numerosi produttori della Franciacorta hanno già avviato iniziative produttive in altre aree della Lombardia, e segnatamente nell’Oltre Po Pavese, e in Toscana, ma anche in Puglia e Sicilia e nelle Marche, dove hanno “esportato” le tecniche produttive e, soprattutto, i principi imprenditoriali già sperimentati con successo in Franciacorta.

Gli ingenti investimenti già realizzati - in termini di ampliamento delle superfici vitate e delle cantine e di introduzione di innovazioni nelle tecniche di produzione - dovrebbero portare, secondo le più recenti stime elaborate dal Consorzio per la tutela del Franciacorta, ad un raddoppio della produzione di vini Franciacorta DOCG in un arco temporale di circa otto anni18. Si passerebbe, quindi, dagli attuali 5 milioni di bottiglie a circa 10 milioni entro il 2012. Per quanto riguarda i vini Terre di Franciacorta

17 La guida Gambero Rosso Slow Food Vini d’Italia 2004 ha assegnato a vini

Franciacorta 5 primi premi su 6 e 17 secondi premi su 29; la Guida Duemilavini dell’Associazione Italiana Sommelier ha premiato 5 vini Franciacorta su 6 vini italiani metodo classico e uvaggio tradizionale; la Guida Veronelli 2004 – Guida Oro ha assegnato le Super Tre Stelle a 4 vini metodo classico uvaggio tradizionale, di cui 3 sono prodotti in Franciacorta; la guida Vini d’Italia 2005 de L’Espresso ha assegnato il punteggio di eccellenza (18/20) a tre vini spumanti prodotti in Franciacorta.

18 Sul punto occorre precisare che i tempi necessari per ottenere incrementi di produzione sono alquanto lunghi, posto che occorrono circa 4 anni affinché un nuovo vigneto diventi produttivo e almeno 25 mesi per ottenere dei vini Franciacorta pronti per essere collocati sul mercato.

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DOC si dovrebbe passare dagli attuali 4,4 milioni di bottiglie a circa 8 milioni nello stesso periodo.

La significativa crescita che ci si attende pone alcuni interrogativi circa l’effettiva capacità dei produttori di vendere i maggiori quantitativi prodotti, mantenendo l’attuale struttura dei prezzi. Il raddoppio della produzione richiederà di “aggredire” in modo più determinato i mercati esteri perché quello italiano potrebbe non essere più in grado di assorbire l’intera produzione; questo scenario potrebbe rendere necessario il ricorso alla grande distribuzione italiana ed estera per sostenere le maggiori vendite. Sviluppo dell’export e ricorso alla grande distribuzione richiederanno una maggiore competitività sul fronte dei prezzi.

Oggi molti produttori si chiedono se sia ancora sostenibile una politica commerciale basata sul binomio alta qualità - alti prezzi, o se non si debba piuttosto affrontare il problema della ridotta dimensione aziendale, sino ad ora “sopito”, in vista dell’emergere, in un prossimo futuro, di pressioni sui prezzi.

Sul punto si è sviluppato un vivace dibattito tra i produttori. L’opinione prevalente è che il forte individualismo e la specificità produttiva, considerata come un asset da mantenere, rendono poco probabile la realizzazione di operazioni di aggregazione produttiva. Maggiore consenso trovano invece le ipotesi di aggregazione o di accordi a livello distributivo e/o promozionale19.

La creazione di un network di produttori e di distributori renderebbe più facile l’approccio ai mercati esteri e alla grande distribuzione organizzata, grazie alla possibilità di garantire la pronta disponibilità dei vini in quantità nettamente superiori alle potenzialità dei singoli produttori.

Secondo alcuni esponenti la collaborazione tra i produttori potrebbe spingersi alla realizzazione di un brand comune, da utilizzare per le cantine più piccole che, in genere, non riescono ad operare su vasta scala a causa delle contenute dimensioni.

Il forte incremento produttivo previsto per i prossimi anni, comporterà un deciso aumento dei mezzi finanziari necessari a sopperire alle maggiori esigenze di capitale circolante e ai notevoli immobilizzi dovuti ai lunghi periodi di affinamento dei vini.

Se, infatti, le fasi di avvio e di prima crescita sono state sostenute in larga misura dall’autofinanziamento, le fasi di consolidamento e di seconda crescita hanno richiesto e richiederanno un maggior ricorso a risorse esterne,

19 Alcuni ritengono che si debba costituire un vero e proprio sistema a livello nazionale

che coinvolga, oltre alle cantine produttrici di vini di pregio, anche le enoteche e il mondo della ristorazione, per creare una filiera distributiva in grado di essere competitiva sul terreno della grande distribuzione.

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

non necessariamente sotto forma di credito bancario. Alcune aziende hanno avviato – insieme alla professione bancaria e a ricercatori universitari – studi volti ad individuare forme nuove di finanziamento che siano maggiormente idonee alle esigenze della viticoltura di qualità. Da non trascurare l’ipotesi di un ricorso al mercato dei capitali - allo stato del tutto assente - che peraltro richiederebbe dimensioni aziendali ben maggiori di quelle attuali.

Per concludere, il fenomeno Franciacorta è stato un caso di successo, il cui futuro potrebbe non essere altrettanto roseo per le sfide competitive che si stanno delineando. La strategia principale che è emersa dalle interviste effettuate è quella di puntare ulteriormente sulla qualità, di continuare sulla strada dell’eccellenza e della forte identificazione, ma per continuare ad essere vincenti la qualità dovrà sempre più coniugarsi all’efficienza produttiva e distributiva.

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Appendice – Elenco delle aziende vitivinicole che hanno collaborato all’indagine campionaria

1. Berlucchi Fratelli 2. Antica Cantina Fratta 3. Barone Pizzini 4. Castel Faglia 5. Faccoli Lorenzo 6. Bersi Serlini 7. Fratelli Muratori 8. Guidalberto Ricci Curbastro e F.lli 9. Il Mosnel 10. Monte Rossa 11. Tenuta Castellino Bonomi 12. Uberti 13. Barboglio de Gaioncelli 14. Bellavista 15. Cavalleri 16. Contadi Castaldi 17. Conti Bettoni Cazzago 18. La Montina 19. Majolini 20. Masnot - Vezzoli Luigi

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L’industria vitivinicola di Franciacorta: un caso di successo

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dall’irrealismo neoclassico alla differenziazione dei prodotti, marzo 2001. 13. Elisabetta CORVI, Le valenze comunicative del bilancio annuale. I risultati di

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metodi di misurazione, marzo 2002. 20. Paolo Francesco BERTUZZI, La gestione del rischio di credito nei rapporti

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∗ Serie depositata a norma di legge

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Università degli Studi Dipartimento didi Brescia Economia Aziendale

Marzo 2005

P aper numer o 42

Anna Maria TARANTOLA RONCHI

L'INDUSTRIA VITIVINICOLA DI FRANCIACORTA

Università degli Studi di BresciaDipartimento di Economia AziendaleContrada Santa Chiara, 50 - 25122 Bresciatel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814e-mail: [email protected]

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Domenico CERVADORO

UN CASO DI SUCCESSO


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