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adunanza generale; parere 7 febbraio 1991, n. 10; Pres. cons. ministriSource: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 11 (NOVEMBRE 1993), pp. 587/588-595/596Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188278 .
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PARTE TERZA
Diritto. — 1. - L'appello è infondato.
La variante impugnata, in parziale accoglimento di un'osser
vazione proposta dal proprietario di un vasto appezzamento di
terreno destinato a parco pubblico, enuclea una porzione del
detto immobile sulla quale consente l'edificazione.
Gli appellanti, proprietari di alloggi di edilizia residenziale pubblica collocati a ridosso della porzione resa edificabilc, con
testano la legittimità della variante: a) perché adottata in acco
glimento di un'osservazione destinata a soddisfare un mero in
teresse di privati e in danno dell'interesse pubblico di natura
urbanistica a che l'area destinata a edilizia popolare fosse servi
ta da un parco pubblico; b) perché non vi è motivazione in
ordine al parere contrario reso al riguardo dal consiglio circo
scrizionale; c) perché non vi è motivazione in ordine alla scelta
di privare gli alloggi popolari dell'unico spazio verde disponibi
le, scelta che si appalesa peraltro come manifestamente illogica. Le censure vanno trattate congiuntamente perché tutte sostan
zialmente volte a contestare la logicità della scelta adottata dal
l'amministrazione e la sussistenza di una idonea motivazione
al riguardo.
Anche la denuncia di omessa considerazione del parere reso
dal consiglio circoscrizionale non può che sostanziarsi in un'as
serita fattispecie sintomatica di eccesso di potere, attesa la natu
ra facoltativa del parere medesimo.
Con il primo motivo si censura invero anche la stessa possibi lità che l'amministrazione comunale si determini a una scelta
di piano per soddisfare unicamente un interesse di privati pro
spettato in sede di osservazioni. Tale possibilità sarebbe infatti
preclusa — secondo l'assunto degli appellanti — dalla natura
stessa delle osservazioni dei privati nel procedimento di pianifi cazione urbanistica, le quali non potrebbero essere considerate
che «mero apporto collaborativo».
La tesi non può essere condivisa.
Le osservazioni presentate dai privati direttamente interessa
ti, perché proprietari di aree, in sede di pianificazione urbanisti
ca, costituiscono invero lo strumento attraverso il quale questi
possono prospettare all'amministrazione, secondo un principio del contraddittorio pur latamente inteso, il proprio punto di
vista a che la scelta urbanistica, discrezionalmente assunta dal
l'amministrazione, possa svolgersi, ove possibile, con il minor
sacrificio dell'interesse privato.
Ora, se è vero — secondo la costante giurisprudenza della
sezione — che la reiezione delle dette osservazioni non abbiso
gna di specifica motivazione, purché la scelta urbanistica nel
suo insieme sia adeguatamente motivata in relazione al parame tro di un corretto esercizio della discrezionalità, non può d'al
tro canto addirittura ritenersi che la scelta urbanistica sia vizia
ta ove, come nella specie, essa tenga parzialmente conto delle
prospettazioni dei privati interessati.
La tesi suggerita dagli appellanti vanifica la logica stessa del
l'intervento procedimentale del privato direttamente interessa
to, evidentemente informato alla salvaguardia di un interesse
«privato», e nega il fondamentale carattere di ponderazione de
gli interessi insito in ogni scelta discrezionale dell'amministra
zione, non solo in materia urbanistica.
2. - La valutazione della legittimità dell'anzidetta scelta va
dunque effettuata alla luce dei consueti parametri della logicità e della motivazione che la sorregge.
È illogica — come è noto — una scelta amministrativa che, con riguardo alla concreta situazione di fatto, non è ragionevo le attendersi in alcun caso; e non già una scelta che sia opinabi le nel merito, ma alla quale si possa nondimeno pervenire con
un grado di ragionevolezza non dissimile da quella che sorregge la scelta di contenuto opposto.
Facendo corretta applicazione di tali canoni alla fattispecie
considerata, deve ritenersi che la contestata variante sia immu ne dai dedotti vizi.
L'amministrazione comunale, nel rigettare la richiesta conte
nuta nell'osservazione n. 28 di consentire l'edificazione di una
vasta area di proprietà dell'opera pia Fortebraccio, ha limitato
Il Foro Italiano — 1993.
l'edificazione a una fascia, di dimensioni proporzialmente ri
dotte, della detta area, fascia collocata a ridosso di altre aree
edificate.
Tale scelta, che risulta motivata anche con riferimento alla
volontà di colmare sia pure in piccola parte il sacrificio imposto a quel proprietario nell'interesse della collettività, non sembra
affatto illogica; e ciò pur tenendo conto dell'interesse oppositi vo degli appellanti, i quali peraltro, se perdono la prospettiva della destinazione a parco pubblico di una zona collocata a ri
dosso della loro ubicazione, nondimeno potranno avvalersi del
l'area, notevolmente più vasta, che conserva, a carico dello stesso
proprietario, l'originaria destinazione a verde e a parco pubbli
co, sita nelle immediate vicinanze della zona di edilizia popolare. La scelta dell'amministrazione, maturata nel descritto conte
sto e che non oblitera gli interessi pubblici «di ordine panora mico ed urbanistico», ai quali fa pur succinto riferimento, è
dunque da considerare immune dai denunciati vizi di illegittimità. La sentenza del tribunale amministrativo merita pertanto in
tegrale conferma, in reiezione del presente appello.
CONSIGLIO DI STATO; adunanza generale; parere 7 febbraio
1991, n. 10; Pres. cons, ministri.
Croce rossa — Natura giuridica — Statuto (L. 20 marzo 1975
n. 70, disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente, art. 2; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art.
1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 27; 1. 23 dicembre 1978 n.
833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 70; 1. 29
febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modificazioni,
del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, concernente provvedimenti
per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, per la
previdenza, per il contenimento del costo del lavoro e per la proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministra
zioni in base alla 1. 1° giugno 1977 n. 285, sull'occupazione
giovanile, art. 2; d.p.r. 31 luglio 1980 n. 613, riordinamento
della Croce rossa italiana, art. 1, 3).
L'Associazione italiana della Croce rossa sarà trasformata in
ente privato di interesse pubblico in seguito all'approvazione del suo nuovo statuto. (1)
L'adunanza generale del Consiglio di Stato ha espresso il pro
prio parere sullo schema di decreto del presidente della re
pubblica, di approvazione del nuovo statuto della Associazio ne italiana della Croce rossa. (2)
(1-2) La questione più importante che il parere ha dovuto affrontare, è la natura pubblica o privata della Croce rossa italiana. 1 dati normati vi del problema sono chiaramente espressi in motivazione: in particola re, limitatamente alle più recenti fasi della vicenda, dalla tabella annes sa alla 1. 20 marzo 1975 n. 70, che ne aveva confermato la natura pub blica, all'art. 1 d.p.r. 31 luglio 1980 n. 613 (decreto legislativo emanato in forza della delega attribuita dall'art. 70 1. 833/78, il cui termine era stato prorogato dall'art. 2 1. 33/80), che, viceversa, ha proclamato il suo riconoscimento come ente privato di interesse pubblico, ma «... a
seguito dell'approvazione del nuovo statuto . . .». È sullo schema di
questo che si è espressa l'adunanza generale del Consiglio di Stato, che, su tale questione decisiva, ha preso la posizione riassunta nella prima
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Diritto. 1. - Occorre premettere che l'Associazione italiana
della Croce rossa, costituitasi in seguito alle deliberazioni della
conferenza internazionale di Ginevra del 1863, fu riconosciuta
quale corpo morale con r.d. 7 febbraio 1884 n. 1240 — emana
to sulla base della apposita 1. 21 maggio 1882 n. 768 — con
il quale venne disposto che la stessa fosse dispensata dalla «tu
tela ordinaria» delle opere pie, sottoponendola ai controlli esclu
sivi dei ministri della guerra e della marina.
Con il successivo r.d. 10 agosto 1928 n. 2034 furono delinea
te le finalità dell'associazione, sia in tempo di pace che in tem
po di guerra e furono previste, tra l'altro, le forme della «tutela
e della vigilanza governativa» e, con il r.d. 21 gennaio 1929
n. Ili, fu approvato il nuovo «statuto organico» della stessa,
delineandone, tra l'altro, l'ordinamento interno, la disciplina in materia di contabilità e i controlli sugli organi.
L'assetto normativo della Croce rossa italiana rimase immu
tato, nelle sue linee fondamentali, fino ad epoca relativamente
recente, in quanto i successivi interventi legislativi apportarono solo limitate modificazioni alla originaria connotazione e rego lamentazione della stessa (es. d.l.c.p.s. 13 novembre 1947 n.
1256, sui compiti in tempo di pace; 1. 13 ottobre 1962 n. 1496, contenente modifiche all'ordinamento dell'associazione; 1. 25
marzo 1964 n. 206, relativa all'istituzione di un collegio dei re
visori dei conti presso la stessa).
Peraltro, l'art. 27, 1° comma, lett. e), d.p.r. 24 luglio 1977
n. 616, emanato, come è noto, in attuazione della delega di
cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, aveva previsto il trasferi
mento alle regioni delle attività sanitarie ed assistenziali svolte
dall'ente, nel quadro della ristrutturazione dello stesso, con esclu
sione, però, di quelle attuate in adempimento di convenzioni
massima: ritenendo, cioè, che a livello regolamentare non si possa supe rare tale esplicita qualificazione legislativa in senso privatistico, neppu re in presenza di indubbi indici sostanziali della natura dell'ente nel
l'opposto senso pubblicistico. Finora, peraltro, il nuovo statuto non
risulta essere stato emanato: segno indubbio che non sono di poco rilie
vo le difficoltà di adattamento della realtà dell'ente alla veste privatisti ca impostagli dal legislatore delegato.
Nel senso che la Croce rossa italiana conserva la sua natura di ente
pubblico fino alla approvazione del suo nuovo statuto, con la conse
guenza che fino a tale evento rimane pubblico il rapporto di lavoro
con i suoi dipendenti, ed in ordine ad esso permane la giurisdizione amministrativa, Cass. 17 marzo 1989, n. 1345, Foro it., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 155; e con la conseguenza della perma nenza della medesima giurisdizione sugli atti preparatori (esclusione dalla
gara e aggiudicazione) che abbia adottato in vista di un contratto, Tar
Lazio, sez. Ili, 9 marzo 1984, n. 192, id., 1984, III, 443, con nota di richiami. Cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 28 novembre 1987, n.
918, id., Rep. 1988, voce Sanitario, n. 18; 10 giugno 1987, n. 372,
id., Rep. 1987, voce Croce rossa, n. 1, che hanno qualificato come
di pubblico impiego il rapporto con la Croce rossa del sanitario chia
mato a prestare la propria opera presso i posti di pronto soccorso.
Analogo presupposto della perdurante natura pubblica della Croce rossa italiana hanno le numerose pronunce di giudici amministrativi, a conclusione di giudizi, quasi sempre in materia di contenzioso sul
pubblico impiego, nei quali la Croce rossa era amministrazione resi
stente: Cons. Stato, sez. VI, 6 agosto 1992, n. 592, id., Rep. 1992, voce Impiegato dello Stato, nn. 821, 865; Tar Lazio, sez. Ili, 24 otto
bre 1991, n. 1581, ibid., n. 1257, nonché voce Giustizia amministrativa, n. 305; Cons. Stato, sez. VI, 15 ottobre 1990, n. 907 e 31 ottobre 1991, n. 788, id., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, nn. 806, 811.
Per altri riferimenti, sulla gestione contabile della Croce rossa, Corte
conti, sez. contr. enti, 22 ottobre 1985, n. 1834, id., Rep. 1986, voce
Croce rossa, n. 2.
In dottrina, sulla Croce rossa (internazionale), v. le voci di Benvenu
ti, in Enciclopedia giuridica Treccani, X, e di Gargiulo, in Digesto
pubbl., IV, 488; Balocchi, Osservazioni sulla disciplina giuridica della
Croce rossa italiana, in Dir. e società, 1986, 31. E, più generalmente, sui caratteri degli enti pubblici, tra i più recenti scritti, v. Berti, Enti
pubblici in Italia, in Foro it., 1992, V, 1; Bardusco, Ente pubblico, voce del Digesto pubbl., VI, 64; G. P. Rossi, Gli enti pubblici, Bolo
gna, 1991. In questo volume, v. anche, a pag. 211, il variegato panora ma dottrinale sulla discussa nozione di ente privato di interesse pubbli
co, cui fa riferimento il d.p.r. 613/80.
Il Foro Italiano — 1993.
internazionali o di risoluzioni degli organi della Croce rossa in
ternazionale e la disposizione di cui all'art. 70 1. 23 dicembre
1978 n. 833 aveva disposto il trasferimento ai comuni, al fine
di destinarli alle unità sanitarie locali, dei servizi di assistenza
sanitaria della associazione non connessi direttamente alle sue
originarie finalità nonché dei beni mobili od immobili destinati a tali servizi e del personale ad esso adibito; al 3° comma era
altresì previsto che il governo emanasse uno o più decreti, aven
ti valore di legge ordinaria, concernenti il riordinamento della
stessa. Al riguardo i criteri direttivi erano individuati: 1) nel
principio volontaristico, in conformità del quale doveva essere
ristrutturata l'organizzazione dell'associazione; 2) nelle finalità
statutarie e negli adempimenti commessi dalle vigenti conven
zioni e risoluzioni internazionali e dagli organi della Croce ros
sa internazionale alle società di Croce rossa nazionali, al fine
della rideterminazione dei compiti dell'associazione; 3) nell'arti
colazione su base regionale, pur conservando l'unitarietà del so
dalizio, delle strutture della stessa; 4) nella gratuità delle cariche
e l'elettività da parte di soci qualificati per attive prestazioni volontarie nell'ambito dell'associazione.
In relazione a tale legge delega (e alla disposizione di proroga di cui all'art. 2 1. 29 febbraio 1980 n. 33) è stato emanato il
d.p.r. 31 luglio 1980 n. 613, con il quale l'associazione è rico
nosciuta «ente privato di interesse pubblico a seguito dell'ap
provazione del nuovo statuto» (art. 1); sono stati delineati i
criteri ai quali si deve ispirare l'ordinamento statutario (princi
pio volontaristico, compiti, strutture, gratuità delle cariche) (art.
2); sono state previste l'emanazione del nuovo statuto (art. 3) e le norme in materia di contabilità (art. 4) nonché la possibilità dell'associazione di stipulare convenzioni con enti pubblici (art.
5) e quella di agire a difesa degli interessi rappresentati e di
avvalersi dell'avvocatura dello Stato (art. 6); le norme relative
alla disciplina dei rapporti riguardanti il funzionamento del centro
nazionale per la trasfusione del sangue (art. 7); le modalità del
trasferimento ai comuni, la nomina di un commissario straordi
nario e i soggetti competenti all'elaborazione dello statuto (art.
8); le norme relative al personale (art. 9); la collocazione istitu
zionale del corpo militare e del corpo delle infermiere volonta
rie e le potestà del ministro della difesa (art. 10); la dipendenza delle autorità di vertice dei corpi della Croce rossa italiana ausi
liari delle forze armate dalla presidenza nazionale, nonché le
norme per la formazione delle infermiere e del personale volon
tario e per la validità del diploma di infermiera volontaria (art.
11). Lo schema di decreto del presidente della repubblica con il
nuovo statuto è stato predisposto, pertanto, in relazione all'art.
3 della legge delegata ove si prevede tra l'altro, la necessaria
acquisizione del parere del Consiglio di Stato.
2. - Passando all'esame delle norme regolamentari e statuta
rie, l'art. 2 dello schema di decreto presidenziale in esame pre vede che l'Associazione italiana della Croce rossa «opera come
ente di diritto pubblico», con qualificazione normativa che vie
ne poi ribadita testualmente all'art. 4, 1° comma, dello statuto.
Nella relazione dell'amministrazione si legge che appare paci fico che la Croce rossa operi come ente di diritto pubblico sia
in relazione alla natura pubblicistica dei compiti assegnati svolti
con carattere di obbligatorietà, sia per il consistente contributo
finanziario statale che le è assegnato a tal fine, sia infine per
l'applicabilità delle norme di cui alla 1. 20 marzo 1975 n. 70,
secondo quanto disposto dall'art. 9, 2° comma, legge delegata n. 613 del 1980.
L'adunanza generale ritiene, peraltro, che tali argomentazio ni e la conseguente formulazione normativa, sopra detta, non
possano essere condivise.
È pur vero, al riguardo, che l'associazione in esame, fino
alle recenti modifiche legislative, era da ricomprendere, senza
alcun dubbio, tra gli enti di diritto pubblico, come risultava
chiaramente dalla 1. 20 marzo 1975 n. 70 di riordinamento degli enti pubblici, secondo la quale la Croce rossa italiana era espres samente qualificata come ente pubblico di «assistenza generi
ca», escludendola dalle procedure di eventuale soppressione di
cui all'art. 2 della stessa legge.
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PARTE TERZA
Ciononostante non può non rilevarsi che ia disposizione di
cui all'art. 1 d.p.r. n. 613 del 1980, avente valore di legge, ha
determinato una immutazione nella natura giuridica di tale en
te, ancorché subordinatamente all'entrata in vigore dello statu
to, attraverso la qualificazione dello stesso, espressamente sta
tuita, di «ente privato di interesse pubblico». Come è noto, tale categoria di persone giuridiche private è
di difficile connotazione dogmatica proprio perché il tratto ca
ratterizzato della stessa — l'elemento pubblicistico sotteso a ta
luni aspetti funzionali o strutturali dell'ente — appare un dato
estremamente generico e teoricamente proprio di una moltepli cità di enti di diritto privato, assai difformi tra loro.
Né, sotto tale profilo, per quanto concerne l'associazione del
la Croce rossa italiana, sembra risolutivo — ai fini della com
piuta delineazione della categoria — il richiamo a talune inizia
tive legislative concernenti tali enti (in relazione alle quali si
veda il parere dell'adunanza generale n. 1/81 del 19 febbraio
1981, Foro it., Rep. 1981, voce Amministrazione dello Stato, n. 66) che appaiono circoscrivere tale nozione a quelle associa
zioni riconosciute, costituite per la tutela dei c.d. interessi diffusi.
È difatti evidente, al di là di ogni altra considerazione, che
se tale fosse il proprium della categoria degli enti privati di inte
resse pubblico, l'associazione in esame non potrebbe esservi ri
compresa, per la decisiva ragione secondo la quale tale ente
risulta portatore di propri, specifici interessi, con carattere di
esclusività, come si desume anche dalla circostanza che l'asso
ciazione stessa, per essere ammessa alla lega delle società nazio
nali della Croce rossa, deve essere l'unica società nazionale (si
veda, al riguardo, l'art. 1, lett. /, dello schema di statuto in
esame). In realtà, a giudizio dell'adunanza, non può dubitarsi che
la formulazione normativa contenuta nella legge delegata sotto
linei gli aspetti pubblicistici delle finalità dell'associazione e la circostanza che le finalità stesse derivano dalla esecuzione di
convenzioni e risoluzioni internazionali sottoscritte dal governo
italiano; non può del pari dubitarsi che esistano elementi, come
il rilevante contributo statale, che potrebbero considerarsi, in
caso di dubbi interpretativi, quali sintomi del carattere e delle
funzioni pubblicistiche dell'ente. Ma nel caso in esame dubbi
non sussistono, data l'espressa qualificazione privatistica del
l'ente (analoga del resto alla natura giuridica della maggior par te delle associazioni nazionali della Croce rossa degli altri pae
si). Tale qualificazione, presumibilmente, si ricollega all'esigen za di aderire più puntualmente al carattere tipicamente associativo
e volontaristico dell'ente, secondo il criterio direttivo della legge
delega, con la conseguente opportunità di esaltarne l'impronta di imparzialità e di indipendenza politica, secondo i requisiti previsti per essere ammessi nella lega delle società nazionali del
la Croce rossa.
Quello che comunque sembra incontestabile, è che l'art. 1
d.p.r. n. 613 del 1980, innovando sul punto, abbia modificato
la natura giuridica dell'associazione, attraverso una qualifica zione normativa la quale esclude che l'essenza dell'ente sia pub
blica, anche se la sua attività in relazione ai suoi fini risulta
rilevante sotto il profilo del pubblico interesse. Da questi dati
l'interprete non può prescindere, né questa realtà, ovviamente, è suscettibile di modificazione attraverso norme aventi carattere
regolamentare. La norma contenuta nell'art. 1 della legge delegata («L'asso
ciazione italiana della Croce rossa è riconosciuta ente privato di interesse pubblico ... a seguito dell'approvazione del nuovo
statuto ai sensi del successivo art. 3») appare ricollegare la con
creta operatività della modifica della natura giuridica dell'asso
ciazione proprio all'entrata in vigore dello statuto (Cass. 17 marzo
1989, n. 1345, id., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n.
155; Tar Lazio, sez. Ili, 9 marzo 1984, n. 192, id., 1984, III,
443) e pertanto sembra ricondurre tale evenienza a mera condi
zione per l'esplicazione di un effetto già direttamente previsto dalla norma primaria, confermando in tal modo, anche sotto
tale aspetto, la inidoneità della normativa statutaria a modifica
re la caratterizzazione giuridica dell'associazione delineata dalla
legge delegata.
Il Foro Italiano — 1993.
Del resto, già in passato erano state assunte iniziative legisla tive (d.d.l. n. 3040 presentato alla camera dei deputati il 15
luglio 1985) con le quali, appunto, l'amministrazione aveva ri
tenuto di «ridisegnare il modello giuridico e la sfera di attività
della Croce rossa italiana secondo le reali ed effettive indicazio
ni contenute nell'art. 70 1. 23 dicembre 1978 n. 833». Ma tali
iniziative non hanno avuto seguito.
Conseguentemente, allo stato della normativa, l'art. 2 del de
creto presidenziale nonché l'art. 4, 1° comma, dello statuto —
con i quali si prevede che l'associazione operi come ente di di
ritto pubblico — dovrebbero essere soppressi, in quanto potreb bero dar luogo ad equivoci circa la reale natura della Croce
rossa italiana, o, quantomeno, essi dovrebbero essere modifica
ti in conformità dell'art. 1 della legge delegata.
Correlativamente, la disposizione di cui all'art. 5 dello statu
to — che prevede l'applicazione al personale civile dell'ente del
la normativa di cui alla 1. 20 marzo 1975 n. 70 — non appare
conforme allo status giuridico dell'ente stesso, quale esso risul
terà proprio per effetto dell'entrata in vigore dello statuto; pe
raltro, siffatta normativa legislativa non potrà non continuare
ad applicarsi in via transitoria fino a quando non sarà adottata
una nuova idonea e completa disciplina della materia.
3. - L'art. 3 del decreto prevede che «è abrogata ogni disposi zione concernente l'associazione italiana della Croce rossa che
risulti incompatibile con le norme contenute nel presente decreto».
Poiché, naturalmente, il decreto presidenziale in esame, con
tenente norme di carattere regolamentare, non è idoneo a modi
ficare norme promananti da fonti sovraordinate, è necessario
modificare la disposizione nel modo seguente: «è abrogata ogni
precedente disposizione regolamentare e statutaria concernente
l'associazione . . .».
4. - L'art. 4 della bozza di statuto, al 2° comma, prevede che lo scioglimento dell'associazione possa essere determinato
solo per legge o per decisione della assemblea nazionale dell'as
sociazione, adottata all'unanimità dagli aventi diritto al voto
e a seguito di duplice votazione, da effettuarsi con almeno un
anno di intervallo tra la prima e la seconda votazione.
In merito a tale disposizione statutaria l'adunanza osserva che
la previsione dello scioglimento dell'associazione per decisione
dell'assemblea nazionale, appare in contrasto con il carattere
di «necessaria esistenza» che è proprio dell'ente, che consegue
direttamente, come detto, dalla circostanza che le finalità dello
stesso acquistano una rilevante valenza pubblicistica e derivano
da impegni internazionali assunti dallo Stato; di talché in via
generale non sembra consentito attribuire al potere di autode
terminazione dell'assemblea di rinunciare al raggiungimento de
gli scopi per i quali l'ente è stato istituito, violando precisi ob
blighi di carattere internazionale, se ciò non è espressamente
previsto dalla legge.
Appare pertanto maggiormente corrispondente ai caratteri del
l'ente, cosi come sopra descritti, una formula normativa che
contemperi l'autonomia decisionale dello stesso con la necessa
ria previsione legislativa della potestà di scioglimento. Si suggerisce, pertanto, di modificare la disposizione nel mo
do seguente: «Il suo scioglimento può essere determinato per
legge ovvero, in base ad apposita previsione legislativa, con de
liberazione dell'assemblea nazionale dell'associazione
adottata . . .».
5. - L'art. 10 dello statuto, al 2° comma, prevede che siano
rimborsabili le spese sostenute per l'espletamento delle rispetti ve cariche.
Poiché, peraltro, l'art. 2, n. 4, d.p.r. n. 613 del 1980 dispone il rimborso delle «spese documentate» sostenute, occorre modi
ficare la disposizione con l'espressione: «spese documentate so
stenute», in conformità della disposizione primaria e della nor
mativa generale in materia, cosi come del resto era previsto dal
la bozza di statuto già redatta dal comitato nazionale.
6. - Gli articoli da 16 a 38 disciplinano l'ordinamento dell'as sociazione e, in particolare, l'art. 16 prevede quali sono gli or
gani della stessa: comitato centrale, comitati regionali, comitati
provinciali, comitato locale, delegazioni.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
L'art. 17 stabilisce poi i compiti del comitato centrale e il
successivo art. 18 gli organi dello stesso: l'assemblea generale, il consiglio direttivo nazionale, il presidente nazionale, il segre tario generale e il collegio dei revisori dei conti.
Poiché l'art. 2, n. 3, della legge delegata, determinando le
strutture dell'associazione, non prevede il comitato centrale, po trebbe dubitarsi della legittimità della istituzione di tale organo.
Al riguardo osserva peraltro l'adunanza che tale organo, pre visto fin dallo statuto approvato con r.d. 21 gennaio 1929 n.
Ili (art. 3), appare in definitiva una mera aggregazione degli
organi propri dell'amministrazione centrale, come si evince chia
ramente dall'art. 18, la cui istituzione pertanto sembra preva lentemente dettata dalla esigenza di rinvenire un centro di rife
rimento unitario a livello centrale, cosi come avviene in quello
regionale, provinciale e locale secondo quanto risulta, chiara
mente, dall'art. 16.
La previsione di tale organo, pertanto, si appalesa ammissibile.
Con riferimento all'aspetto organizzativo dell'associazione, la
legge delegata stabilisce però che il consiglio direttivo nazionale
nomini nel suo ambito la «giunta esecutiva nazionale». Ma, né
l'art. 18 dello schema di statuto, né i successivi articoli contem
plano, tra gli organi dell'associazione, tale ufficio, che pure è
previsto legislativamente.
Questa mancata previsione, non può non sollevare perplessità
poiché risulta modificato il disegno organizzativo delineato dal
la legge delegata (ancorché, presumibilmente, con riferimento
alle funzioni meramente esecutive delle deliberazioni del consi
glio direttivo nazionale).
Occorrerà, pertanto, prevedere la istituzione del predetto or
gano e, conseguentemente, rideterminare le competenze attri
buite agli altri uffici. 7. - L'art. 19 riguarda l'assemblea generale e prevede che la
stessa sia composta, tra l'altro, da quattro rappresentanti desi
gnati dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale del personale civile dipendente dell'associa
zione (lett. J) nonché da un rappresentante designato da ciascu
na regione a statuto ordinario e a statuto speciale e da ciascuna
provincia autonoma (lett. h). L'art. 2, n. 3, n. 1, lett. ti), d.p.r. n. 613 del 1980 però,
nel disciplinare la composizione di tale organo dispone che esso
sia costituito dai presidenti regionali, dai presidenti provinciali e da un numero di delegati nominati in sede regionale.
Pertanto, la previsione statutaria suddetta, nelle parti richia
mate, non risulta conforme alla norma primaria, che stabilisce
una diversa composizione di tale ufficio.
8. - L'art. 20, nell'individuare i compiti dell'assemblea gene
rale, alla lett. ti) prevede che tale organo designi, tra i soci del
l'associazione, la terna per la nomina a presidente nazionale.
Tale disposizione è correlata a quella di cui all'art. 24, secon
do la quale il presidente nazionale dell'associazione, scelto tra
la terna sopra detta, è nominato con decreto del presidente del
la repubblica, emanato su proposta del presidente del consiglio dei ministri, previa deliberazione del consiglio dei ministri, adot
tata su proposta del ministro della sanità, di concerto con il
ministro della difesa.
Le previsioni statutarie suddette, che presumibilmente si ri
collegano alla operatività pubblicistica dell'associazione verso
la quale lo schema di statuto sembra inclinare, sollevano note
voli perplessità poiché la legge delegata ha previsto, che il presi dente nazionale sia eletto dall'assemblea generale nel suo seno
(art. 2, n. 3, n. 1, lett. a), in tal modo sottolineando la potestà di autodeterminazione della stessa — propria degli enti associa
tivi — e, nel contempo, l'autonomia e indipendenza dell'asso
ciazione.
9. - L'art. 21 disciplina la durata dell'assemblea generale e
la cadenza delle riunioni.
Al 4° comma, in particolare, si dispone che tale organo adot
ti tutte le decisioni a maggioranza dei membri presenti (salvo
diverse disposizioni statutarie). Al riguardo, occorre sottolineare che la norma non prevede,
ai fini della validità della deliberazione, la necessità del quorum
strutturale; con la conseguenza che anche le più importanti deli
berazioni dell'organo potrebbero essere adottate pur in presen
II Foro Italiano — 1993.
za di un esiguo numero di componenti dell'assemblea. Occorre
ovviare a tali inconvenienti.
10. - L'art. 22 riguarda il consiglio direttivo nazionale e pre vede che esso sia composto dai sedici membri eletti dall'assem
blea generale nel suo ambito, in misura di almeno uno per cia
scuna delle sette componenti dell'associazione risultanti dal 3° e 4° comma dell'art. 11 e da un rappresentante designato dal
presidente del consiglio dei ministri e da altri ministri (funzione pubblica, protezione civile, affari sociali, affari esteri, tesoro,
interni, difesa, pubblica istruzione e sanità). Anche tale norma statutaria appare in contrasto con la legge
delega che, all'art. 2, n. 3, n. I, lett. c), statuisce, invece, che
il consiglio direttivo nazionale sia composto — oltre che dai
membri elettivi — solo dai rappresentanti dei ministeri dell'in
terno, degli affari esteri, della sanità e della difesa.
Anche il 2° comma della citata disposizione, ove si prevede che il consiglio direttivo nazionale, nella prima seduta, «coop ti» cinque soci della Croce rossa italiana scelti per particolari meriti e capacità professionali, non appare in armonia con la
legge sopra detta, la quale non attribuisce al consiglio direttivo
la potestà prevista nella norma statutaria.
11. - Riguardo all'art. 23 dello statuto occorre ribadire quan to esposto sub 6 relativamente alla necessaria previsione della
giunta esecutiva nazionale, da nominarsi da parte del consiglio direttivo nazionale nel suo ambito.
12. - L'art. 24 prevede, al 4° comma, che il presidente nazio
nale, nei casi d'urgenza, adotti le deliberazioni di competenza del consiglio direttivo nazionale con l'obbligo di sottoporle al
consiglio stesso per la ratifica nella sua prima adunanza suc
cessiva.
La disposizione appare peraltro eccessivamente generica, oc
correndo indicare l'ambito delle attribuzioni del consiglio per le quali è prevista tale potestà presidenziale, nonché le modalità
procedimentali dell'esplicazione della stessa.
Analoghe considerazioni riguardano l'art. 28, n. 5, relativo
ai poteri d'urgenza del presidente del comitato regionale nonché
l'art. 35, 5° comma, relativo ai poteri d'urgenza del presidente del comitato provinciale.
13. - L'art. 26 prevede il collegio dei revisori dei conti e, al 1 ° comma, dispone che la nomina, la composizione e la com
petenza del collegio siano disciplinate a norme di legge. Poiché peraltro le competenze dell'organo sono determinate
dal successivo 2° comma dell'articolo in esame, appare necessa
rio modificare il 1° comma nel modo seguente: «La nomina
e la composizione del collegio dei revisori dei conti sono disci
plinate a norma di legge». 14. - L'art. 28 riguarda gli organi del comitato regionale e
prevede, al 7° comma, che il consiglio di coordinamento sia
composto, tra gli altri, da tre membri «cooptati» dal consiglio di coordinamento medesimo, tra coloro che si siano distinti, in ambito regionale, per particolari meriti e competenze in cam
po scientifico, accademico e culturale attinente alle finalità del
l'associazione. Analogamente a quanto già osservato per l'art.
22, 2° comma, occorre rilevare che l'art. 2, n. 3, n. 11, lett.
a), della legge delegata prevede che i comitati regionali siano
formati da componenti eletti tra i soci e i rappresentanti della
regione e dei comitati provinciali, determinando in tal modo — con criteri di esclusività — le modalità di formazione del
consiglio e non prevedendo la potestà di «cooptazione» sopra detta.
Quanto al 3° comma occorre riformularlo nel modo seguen te: «Il presidente convoca il consiglio di coordinamento, di sua
iniziativa o su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti,
ne presiede le sedute . . .».
Infine, all'8° comma, è opportuno modificare l'espressione:
«composti in analogia ai criteri indicati al 7° comma» con quel la: «composti, di massima, secondo i criteri indicati al 7°
comma».
15. - L'art. 29 concerne i compiti del consiglio di coordi
namento.
Appare peraltro opportuno, ratione materiae, inserire la di
sposizione di cui all'art. 29, 2° comma, relativo al quorum pre visto per la validità delle deliberazioni, alla fine dell'art. 28.
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PARTE TERZA
16. - L'art. 31 prevede che i comitati regionali siano, di mas
sima, centri di mobilitazione di tutto il personale della Croce
rossa italiana; al 2° comma si dispone che il presidente naziona
le determini quali comitati provinciali possano funzionare an
che come centri di mobilitazione.
Al riguardo occorre osservare che i centri di mobilitazione
sono organi militari facenti parte della struttura territoriale del
corpo militare della Croce rossa italiana e del corpo delle infer
miere volontarie.
Poiché peraltro l'art. 10 della legge delegata dispone che «nulla
è innovato» rispetto alla collocazione del corpo militare della
Croce rossa italiana e del corpo delle infermiere volontarie ausi
liarie delle forze armate nonché circa i poteri e le facoltà del
ministro della difesa, appare necessario differenziare tra centri
di mobilitazione militare e centri di mobilitazione per le compo
nenti civili. Il 2° comma, pertanto, potrebbe essere riformulato nel modo
seguente: «I centri di mobilitazione previsti dalla legge per il
corpo militare della Croce rossa italiana e per il corpo delle
infermiere volontarie per l'assolvimento dei servizi ausiliari del
le forze armate, hanno sede e competenza territoriale determi
nati dal presidente nazionale, in corrispondenza con l'organiz
zazione territoriale dell'esercito».
17. - L'art. 34, riguardante l'assemblea provinciale, dispone che tale organo si pronunci a maggioranza semplice sul pro
gramma delle attività in ambito provinciale, predisposto dal con
siglio direttivo. Al riguardo si richiamano le osservazioni esposte al n. 9, re
lative alla mancata previsione del quorum strutturale.
18. - L'art. 35, al 1° comma, determina la composizione del
consiglio direttivo del comitato provinciale e, fra l'altro, alle
lett. d), e), f), prevede che esso sia costituito da un rappresen
tante designato dal comune ove ha sede il comitato, da un rap
presentante designato dall'ordine dei medici e da un funziona
rio designato dalla competente prefettura.
Poiché, peraltro, l'art. 2, n. 11, lett. b), della legge delegata stabilisce che i comitati provinciali formati «da componenti eletti
tra i soci o rappresentanti della provincia», la composizione del
collegio, cosi determinata, non appare conforme alla norma pri
maria che non prevede i rappresentanti degli enti e degli organi
sopra detti.
Quanto al 3° comma, si richiamano le osservazioni di cui
ai punti n. 9 e n. 17, relative alla mancata previsione di un
quorum strutturale.
19. - L'art. 39, 1° comma, dispone che il patrimonio dell'as
sociazione, ivi compreso quello attinente al corpo militare e al
corpo delle infermiere volontarie, sia unico e indivisibile e sia
destinato all'espletamento dei compiti istituzionali. In merito
a tale disposizione occorre però rilevare che le entrate proprie dei servizi ausiliari delle forze armate, che derivano da finanzia
menti diretti dello Stato (art. 11, ultimo comma, della legge
delegata), appaiono direttamente — e precipuamente — desti
nate a tali servizi; pertanto, è necessario riformulare il comma
nel modo seguente: «Il patrimonio della Croce rossa italiana, ivi compreso quello attinente al corpo militare della Croce rossa
italiana e al corpo delle infermiere volontarie — il quale è indi
sponibile e vincolato all'assolvimento dei servizi ausiliari delle
forze armate — è unico e indivisibile . . .».
20. - L'art. 40, riguardante la gestione finanziaria, al 4° com
ma prevede che tutte le entrate e le spese siano iscritte in bilan
cio nel loro importo integrale. La disposizione è pleonastica e va eliminata.
21. - L'art. 41, riguardante il controllo sugli atti dell'unità
periferica della Croce rossa italiana al 3° comma prevede che
qualora il presidente nazionale ritenga di acquisire chiarimenti
e deduzioni dall'organo interessato, disponga la sospensione tem
poranea del provvedimento per un periodo non superiore ai qua
rantacinque giorni, trascorso il quale la deliberazione si intende
approvata.
Appare al riguardo necessario modificare tale disposizione nel
Il Foro Italiano — 1993.
modo seguente: «Qualora il presidente nazionale ritenga di ac
quisire chiarimenti e deduzioni dell'organo interessato, sospen
de il provvedimento fino a quando l'organo non abbia corri
sposto alla richiesta istruttoria».
Difatti, è interesse dell'organo periferico rispondere sollecita
mente alla richiesta dell'organo di controllo, mentre l'attribu
zione di valore legale tipico (nella specie: di provvedimento fa
vorevole) al c.d. silenzio dell'amministrazione, non appare con
sentita, in via generale, allo strumento normativo secondario;
e tantomeno quando, come nel caso in esame, il silenzio non
è riferibile all'organo controllante (di cui si vuole promuovere
l'approvazione) ma all'inerzia dell'organo controllato (al quale è rivolta la richiesta di chiarimenti).
COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; sezione II; deci sione 21 aprile 1993, n. 1635; Pres. Anelli, Est. Lucido; Bran
caleoni c. Ufficio registro di Ferrara.
COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE;
Successioni e donazioni (imposta sulle) — Detrazioni — Invim — Importo detraibile — Determinazione — Fattispecie (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, disciplina dell'imposta sulle succes
sioni e donazioni, art. 19; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, isti
tuzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli
immobili, art. 25; 1. 22 dicembre 1975 n. 694, modifiche alla disciplina dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli
immobili, art. 3).
In caso di trasferimento di immobili a causa di morte, l'Invim
detraibile dall'imposta di successione ai sensi dell'art. 19 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 è pari all'intero ammontare astratta
mente dovuto su tale trasferimento, anche se l'importo effet tivamente corrisposto è inferiore in conseguenza dell'applica
zione di disposizioni agevolative (nella specie, la detraibilità dell'Invim è stata riconosciuta spettare al cento per cento del
suo ammontare anche se, in applicazione della l. 22 dicembre
1975 n. 694, l'imposta effettivamente pagata era ridotta del
cinquanta per cento). (1)
(1) Nessun cenno, nella decisione in epigrafe, ai precedenti contrari di Cass. 7 luglio 1992, n. 8279, Foro it., Rep. 1992, voce Successioni e donazioni (imposta sulle), n. 49 e 16 maggio 1992, n. 5848, ibid., n. 50, ove si affermava a chiare lettere che l'Invim detraibile dall'impo sta di successione dovesse essere pari all'imposta effettivamente pagata.
In senso conforme alla decisione in epigrafe, cfr. Comm. trib. cen trale 27 novembre 1992, n. 6391, Comm. trib. centr., 1992, I, 879; 3 gennaio 1992, n. 16, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 51; 13 giugno 1991, n. 4796, id., Rep. 1991, voce cit., n. 40; Comm. trib. I grado Vasto 19 settembre 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 61; Comm. trib. I grado Milano 20 aprile 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 58; Comm. trib. I grado Pisa 4 marzo 1980, id., Rep. 1982, voce cit., n. 30; in
dottrina, cfr. C. Zoppis, Detrazione dell'Invim dall'imposta sulle suc
cessioni, in Comm. trib. centr., 1983, II, 1077, per il quale «sembra
pacifico che tale detrazione (. . .) deve operarsi per l'intero ammontare dell'Invim risultante dal complesso dei suoi calcoli, senza tenere conto della detrazione al cinquanta per cento».
Contra, oltre alle citate sentenze della Suprema corte, Comm. trib. centrale 17 giugno 1988, n. 5054, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n.
46; min. fin., ris. 12 giugno 1978, n. 270414, Dir. e pratica trib., 1978, I, 1902.
L'art. 19 d.p.r. 637/72 è stato trasfuso nell'art. 26 d. leg. 31 ottobre 1990 n. 346, approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti
l'imposta sulle successioni e donazioni (Le leggi, 1990, I, 2216).
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