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adunanza generale; parere 7 febbraio 1991, n. 10; Pres. cons. ministri

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adunanza generale; parere 7 febbraio 1991, n. 10; Pres. cons. ministri Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 11 (NOVEMBRE 1993), pp. 587/588-595/596 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188278 . Accessed: 25/06/2014 02:18 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.38 on Wed, 25 Jun 2014 02:18:54 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: adunanza generale; parere 7 febbraio 1991, n. 10; Pres. cons. ministri

adunanza generale; parere 7 febbraio 1991, n. 10; Pres. cons. ministriSource: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 11 (NOVEMBRE 1993), pp. 587/588-595/596Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188278 .

Accessed: 25/06/2014 02:18

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PARTE TERZA

Diritto. — 1. - L'appello è infondato.

La variante impugnata, in parziale accoglimento di un'osser

vazione proposta dal proprietario di un vasto appezzamento di

terreno destinato a parco pubblico, enuclea una porzione del

detto immobile sulla quale consente l'edificazione.

Gli appellanti, proprietari di alloggi di edilizia residenziale pubblica collocati a ridosso della porzione resa edificabilc, con

testano la legittimità della variante: a) perché adottata in acco

glimento di un'osservazione destinata a soddisfare un mero in

teresse di privati e in danno dell'interesse pubblico di natura

urbanistica a che l'area destinata a edilizia popolare fosse servi

ta da un parco pubblico; b) perché non vi è motivazione in

ordine al parere contrario reso al riguardo dal consiglio circo

scrizionale; c) perché non vi è motivazione in ordine alla scelta

di privare gli alloggi popolari dell'unico spazio verde disponibi

le, scelta che si appalesa peraltro come manifestamente illogica. Le censure vanno trattate congiuntamente perché tutte sostan

zialmente volte a contestare la logicità della scelta adottata dal

l'amministrazione e la sussistenza di una idonea motivazione

al riguardo.

Anche la denuncia di omessa considerazione del parere reso

dal consiglio circoscrizionale non può che sostanziarsi in un'as

serita fattispecie sintomatica di eccesso di potere, attesa la natu

ra facoltativa del parere medesimo.

Con il primo motivo si censura invero anche la stessa possibi lità che l'amministrazione comunale si determini a una scelta

di piano per soddisfare unicamente un interesse di privati pro

spettato in sede di osservazioni. Tale possibilità sarebbe infatti

preclusa — secondo l'assunto degli appellanti — dalla natura

stessa delle osservazioni dei privati nel procedimento di pianifi cazione urbanistica, le quali non potrebbero essere considerate

che «mero apporto collaborativo».

La tesi non può essere condivisa.

Le osservazioni presentate dai privati direttamente interessa

ti, perché proprietari di aree, in sede di pianificazione urbanisti

ca, costituiscono invero lo strumento attraverso il quale questi

possono prospettare all'amministrazione, secondo un principio del contraddittorio pur latamente inteso, il proprio punto di

vista a che la scelta urbanistica, discrezionalmente assunta dal

l'amministrazione, possa svolgersi, ove possibile, con il minor

sacrificio dell'interesse privato.

Ora, se è vero — secondo la costante giurisprudenza della

sezione — che la reiezione delle dette osservazioni non abbiso

gna di specifica motivazione, purché la scelta urbanistica nel

suo insieme sia adeguatamente motivata in relazione al parame tro di un corretto esercizio della discrezionalità, non può d'al

tro canto addirittura ritenersi che la scelta urbanistica sia vizia

ta ove, come nella specie, essa tenga parzialmente conto delle

prospettazioni dei privati interessati.

La tesi suggerita dagli appellanti vanifica la logica stessa del

l'intervento procedimentale del privato direttamente interessa

to, evidentemente informato alla salvaguardia di un interesse

«privato», e nega il fondamentale carattere di ponderazione de

gli interessi insito in ogni scelta discrezionale dell'amministra

zione, non solo in materia urbanistica.

2. - La valutazione della legittimità dell'anzidetta scelta va

dunque effettuata alla luce dei consueti parametri della logicità e della motivazione che la sorregge.

È illogica — come è noto — una scelta amministrativa che, con riguardo alla concreta situazione di fatto, non è ragionevo le attendersi in alcun caso; e non già una scelta che sia opinabi le nel merito, ma alla quale si possa nondimeno pervenire con

un grado di ragionevolezza non dissimile da quella che sorregge la scelta di contenuto opposto.

Facendo corretta applicazione di tali canoni alla fattispecie

considerata, deve ritenersi che la contestata variante sia immu ne dai dedotti vizi.

L'amministrazione comunale, nel rigettare la richiesta conte

nuta nell'osservazione n. 28 di consentire l'edificazione di una

vasta area di proprietà dell'opera pia Fortebraccio, ha limitato

Il Foro Italiano — 1993.

l'edificazione a una fascia, di dimensioni proporzialmente ri

dotte, della detta area, fascia collocata a ridosso di altre aree

edificate.

Tale scelta, che risulta motivata anche con riferimento alla

volontà di colmare sia pure in piccola parte il sacrificio imposto a quel proprietario nell'interesse della collettività, non sembra

affatto illogica; e ciò pur tenendo conto dell'interesse oppositi vo degli appellanti, i quali peraltro, se perdono la prospettiva della destinazione a parco pubblico di una zona collocata a ri

dosso della loro ubicazione, nondimeno potranno avvalersi del

l'area, notevolmente più vasta, che conserva, a carico dello stesso

proprietario, l'originaria destinazione a verde e a parco pubbli

co, sita nelle immediate vicinanze della zona di edilizia popolare. La scelta dell'amministrazione, maturata nel descritto conte

sto e che non oblitera gli interessi pubblici «di ordine panora mico ed urbanistico», ai quali fa pur succinto riferimento, è

dunque da considerare immune dai denunciati vizi di illegittimità. La sentenza del tribunale amministrativo merita pertanto in

tegrale conferma, in reiezione del presente appello.

CONSIGLIO DI STATO; adunanza generale; parere 7 febbraio

1991, n. 10; Pres. cons, ministri.

Croce rossa — Natura giuridica — Statuto (L. 20 marzo 1975

n. 70, disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente, art. 2; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art.

1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 27; 1. 23 dicembre 1978 n.

833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 70; 1. 29

febbraio 1980 n. 33, conversione in legge, con modificazioni,

del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663, concernente provvedimenti

per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, per la

previdenza, per il contenimento del costo del lavoro e per la proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministra

zioni in base alla 1. 1° giugno 1977 n. 285, sull'occupazione

giovanile, art. 2; d.p.r. 31 luglio 1980 n. 613, riordinamento

della Croce rossa italiana, art. 1, 3).

L'Associazione italiana della Croce rossa sarà trasformata in

ente privato di interesse pubblico in seguito all'approvazione del suo nuovo statuto. (1)

L'adunanza generale del Consiglio di Stato ha espresso il pro

prio parere sullo schema di decreto del presidente della re

pubblica, di approvazione del nuovo statuto della Associazio ne italiana della Croce rossa. (2)

(1-2) La questione più importante che il parere ha dovuto affrontare, è la natura pubblica o privata della Croce rossa italiana. 1 dati normati vi del problema sono chiaramente espressi in motivazione: in particola re, limitatamente alle più recenti fasi della vicenda, dalla tabella annes sa alla 1. 20 marzo 1975 n. 70, che ne aveva confermato la natura pub blica, all'art. 1 d.p.r. 31 luglio 1980 n. 613 (decreto legislativo emanato in forza della delega attribuita dall'art. 70 1. 833/78, il cui termine era stato prorogato dall'art. 2 1. 33/80), che, viceversa, ha proclamato il suo riconoscimento come ente privato di interesse pubblico, ma «... a

seguito dell'approvazione del nuovo statuto . . .». È sullo schema di

questo che si è espressa l'adunanza generale del Consiglio di Stato, che, su tale questione decisiva, ha preso la posizione riassunta nella prima

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Diritto. 1. - Occorre premettere che l'Associazione italiana

della Croce rossa, costituitasi in seguito alle deliberazioni della

conferenza internazionale di Ginevra del 1863, fu riconosciuta

quale corpo morale con r.d. 7 febbraio 1884 n. 1240 — emana

to sulla base della apposita 1. 21 maggio 1882 n. 768 — con

il quale venne disposto che la stessa fosse dispensata dalla «tu

tela ordinaria» delle opere pie, sottoponendola ai controlli esclu

sivi dei ministri della guerra e della marina.

Con il successivo r.d. 10 agosto 1928 n. 2034 furono delinea

te le finalità dell'associazione, sia in tempo di pace che in tem

po di guerra e furono previste, tra l'altro, le forme della «tutela

e della vigilanza governativa» e, con il r.d. 21 gennaio 1929

n. Ili, fu approvato il nuovo «statuto organico» della stessa,

delineandone, tra l'altro, l'ordinamento interno, la disciplina in materia di contabilità e i controlli sugli organi.

L'assetto normativo della Croce rossa italiana rimase immu

tato, nelle sue linee fondamentali, fino ad epoca relativamente

recente, in quanto i successivi interventi legislativi apportarono solo limitate modificazioni alla originaria connotazione e rego lamentazione della stessa (es. d.l.c.p.s. 13 novembre 1947 n.

1256, sui compiti in tempo di pace; 1. 13 ottobre 1962 n. 1496, contenente modifiche all'ordinamento dell'associazione; 1. 25

marzo 1964 n. 206, relativa all'istituzione di un collegio dei re

visori dei conti presso la stessa).

Peraltro, l'art. 27, 1° comma, lett. e), d.p.r. 24 luglio 1977

n. 616, emanato, come è noto, in attuazione della delega di

cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, aveva previsto il trasferi

mento alle regioni delle attività sanitarie ed assistenziali svolte

dall'ente, nel quadro della ristrutturazione dello stesso, con esclu

sione, però, di quelle attuate in adempimento di convenzioni

massima: ritenendo, cioè, che a livello regolamentare non si possa supe rare tale esplicita qualificazione legislativa in senso privatistico, neppu re in presenza di indubbi indici sostanziali della natura dell'ente nel

l'opposto senso pubblicistico. Finora, peraltro, il nuovo statuto non

risulta essere stato emanato: segno indubbio che non sono di poco rilie

vo le difficoltà di adattamento della realtà dell'ente alla veste privatisti ca impostagli dal legislatore delegato.

Nel senso che la Croce rossa italiana conserva la sua natura di ente

pubblico fino alla approvazione del suo nuovo statuto, con la conse

guenza che fino a tale evento rimane pubblico il rapporto di lavoro

con i suoi dipendenti, ed in ordine ad esso permane la giurisdizione amministrativa, Cass. 17 marzo 1989, n. 1345, Foro it., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n. 155; e con la conseguenza della perma nenza della medesima giurisdizione sugli atti preparatori (esclusione dalla

gara e aggiudicazione) che abbia adottato in vista di un contratto, Tar

Lazio, sez. Ili, 9 marzo 1984, n. 192, id., 1984, III, 443, con nota di richiami. Cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 28 novembre 1987, n.

918, id., Rep. 1988, voce Sanitario, n. 18; 10 giugno 1987, n. 372,

id., Rep. 1987, voce Croce rossa, n. 1, che hanno qualificato come

di pubblico impiego il rapporto con la Croce rossa del sanitario chia

mato a prestare la propria opera presso i posti di pronto soccorso.

Analogo presupposto della perdurante natura pubblica della Croce rossa italiana hanno le numerose pronunce di giudici amministrativi, a conclusione di giudizi, quasi sempre in materia di contenzioso sul

pubblico impiego, nei quali la Croce rossa era amministrazione resi

stente: Cons. Stato, sez. VI, 6 agosto 1992, n. 592, id., Rep. 1992, voce Impiegato dello Stato, nn. 821, 865; Tar Lazio, sez. Ili, 24 otto

bre 1991, n. 1581, ibid., n. 1257, nonché voce Giustizia amministrativa, n. 305; Cons. Stato, sez. VI, 15 ottobre 1990, n. 907 e 31 ottobre 1991, n. 788, id., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, nn. 806, 811.

Per altri riferimenti, sulla gestione contabile della Croce rossa, Corte

conti, sez. contr. enti, 22 ottobre 1985, n. 1834, id., Rep. 1986, voce

Croce rossa, n. 2.

In dottrina, sulla Croce rossa (internazionale), v. le voci di Benvenu

ti, in Enciclopedia giuridica Treccani, X, e di Gargiulo, in Digesto

pubbl., IV, 488; Balocchi, Osservazioni sulla disciplina giuridica della

Croce rossa italiana, in Dir. e società, 1986, 31. E, più generalmente, sui caratteri degli enti pubblici, tra i più recenti scritti, v. Berti, Enti

pubblici in Italia, in Foro it., 1992, V, 1; Bardusco, Ente pubblico, voce del Digesto pubbl., VI, 64; G. P. Rossi, Gli enti pubblici, Bolo

gna, 1991. In questo volume, v. anche, a pag. 211, il variegato panora ma dottrinale sulla discussa nozione di ente privato di interesse pubbli

co, cui fa riferimento il d.p.r. 613/80.

Il Foro Italiano — 1993.

internazionali o di risoluzioni degli organi della Croce rossa in

ternazionale e la disposizione di cui all'art. 70 1. 23 dicembre

1978 n. 833 aveva disposto il trasferimento ai comuni, al fine

di destinarli alle unità sanitarie locali, dei servizi di assistenza

sanitaria della associazione non connessi direttamente alle sue

originarie finalità nonché dei beni mobili od immobili destinati a tali servizi e del personale ad esso adibito; al 3° comma era

altresì previsto che il governo emanasse uno o più decreti, aven

ti valore di legge ordinaria, concernenti il riordinamento della

stessa. Al riguardo i criteri direttivi erano individuati: 1) nel

principio volontaristico, in conformità del quale doveva essere

ristrutturata l'organizzazione dell'associazione; 2) nelle finalità

statutarie e negli adempimenti commessi dalle vigenti conven

zioni e risoluzioni internazionali e dagli organi della Croce ros

sa internazionale alle società di Croce rossa nazionali, al fine

della rideterminazione dei compiti dell'associazione; 3) nell'arti

colazione su base regionale, pur conservando l'unitarietà del so

dalizio, delle strutture della stessa; 4) nella gratuità delle cariche

e l'elettività da parte di soci qualificati per attive prestazioni volontarie nell'ambito dell'associazione.

In relazione a tale legge delega (e alla disposizione di proroga di cui all'art. 2 1. 29 febbraio 1980 n. 33) è stato emanato il

d.p.r. 31 luglio 1980 n. 613, con il quale l'associazione è rico

nosciuta «ente privato di interesse pubblico a seguito dell'ap

provazione del nuovo statuto» (art. 1); sono stati delineati i

criteri ai quali si deve ispirare l'ordinamento statutario (princi

pio volontaristico, compiti, strutture, gratuità delle cariche) (art.

2); sono state previste l'emanazione del nuovo statuto (art. 3) e le norme in materia di contabilità (art. 4) nonché la possibilità dell'associazione di stipulare convenzioni con enti pubblici (art.

5) e quella di agire a difesa degli interessi rappresentati e di

avvalersi dell'avvocatura dello Stato (art. 6); le norme relative

alla disciplina dei rapporti riguardanti il funzionamento del centro

nazionale per la trasfusione del sangue (art. 7); le modalità del

trasferimento ai comuni, la nomina di un commissario straordi

nario e i soggetti competenti all'elaborazione dello statuto (art.

8); le norme relative al personale (art. 9); la collocazione istitu

zionale del corpo militare e del corpo delle infermiere volonta

rie e le potestà del ministro della difesa (art. 10); la dipendenza delle autorità di vertice dei corpi della Croce rossa italiana ausi

liari delle forze armate dalla presidenza nazionale, nonché le

norme per la formazione delle infermiere e del personale volon

tario e per la validità del diploma di infermiera volontaria (art.

11). Lo schema di decreto del presidente della repubblica con il

nuovo statuto è stato predisposto, pertanto, in relazione all'art.

3 della legge delegata ove si prevede tra l'altro, la necessaria

acquisizione del parere del Consiglio di Stato.

2. - Passando all'esame delle norme regolamentari e statuta

rie, l'art. 2 dello schema di decreto presidenziale in esame pre vede che l'Associazione italiana della Croce rossa «opera come

ente di diritto pubblico», con qualificazione normativa che vie

ne poi ribadita testualmente all'art. 4, 1° comma, dello statuto.

Nella relazione dell'amministrazione si legge che appare paci fico che la Croce rossa operi come ente di diritto pubblico sia

in relazione alla natura pubblicistica dei compiti assegnati svolti

con carattere di obbligatorietà, sia per il consistente contributo

finanziario statale che le è assegnato a tal fine, sia infine per

l'applicabilità delle norme di cui alla 1. 20 marzo 1975 n. 70,

secondo quanto disposto dall'art. 9, 2° comma, legge delegata n. 613 del 1980.

L'adunanza generale ritiene, peraltro, che tali argomentazio ni e la conseguente formulazione normativa, sopra detta, non

possano essere condivise.

È pur vero, al riguardo, che l'associazione in esame, fino

alle recenti modifiche legislative, era da ricomprendere, senza

alcun dubbio, tra gli enti di diritto pubblico, come risultava

chiaramente dalla 1. 20 marzo 1975 n. 70 di riordinamento degli enti pubblici, secondo la quale la Croce rossa italiana era espres samente qualificata come ente pubblico di «assistenza generi

ca», escludendola dalle procedure di eventuale soppressione di

cui all'art. 2 della stessa legge.

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PARTE TERZA

Ciononostante non può non rilevarsi che ia disposizione di

cui all'art. 1 d.p.r. n. 613 del 1980, avente valore di legge, ha

determinato una immutazione nella natura giuridica di tale en

te, ancorché subordinatamente all'entrata in vigore dello statu

to, attraverso la qualificazione dello stesso, espressamente sta

tuita, di «ente privato di interesse pubblico». Come è noto, tale categoria di persone giuridiche private è

di difficile connotazione dogmatica proprio perché il tratto ca

ratterizzato della stessa — l'elemento pubblicistico sotteso a ta

luni aspetti funzionali o strutturali dell'ente — appare un dato

estremamente generico e teoricamente proprio di una moltepli cità di enti di diritto privato, assai difformi tra loro.

Né, sotto tale profilo, per quanto concerne l'associazione del

la Croce rossa italiana, sembra risolutivo — ai fini della com

piuta delineazione della categoria — il richiamo a talune inizia

tive legislative concernenti tali enti (in relazione alle quali si

veda il parere dell'adunanza generale n. 1/81 del 19 febbraio

1981, Foro it., Rep. 1981, voce Amministrazione dello Stato, n. 66) che appaiono circoscrivere tale nozione a quelle associa

zioni riconosciute, costituite per la tutela dei c.d. interessi diffusi.

È difatti evidente, al di là di ogni altra considerazione, che

se tale fosse il proprium della categoria degli enti privati di inte

resse pubblico, l'associazione in esame non potrebbe esservi ri

compresa, per la decisiva ragione secondo la quale tale ente

risulta portatore di propri, specifici interessi, con carattere di

esclusività, come si desume anche dalla circostanza che l'asso

ciazione stessa, per essere ammessa alla lega delle società nazio

nali della Croce rossa, deve essere l'unica società nazionale (si

veda, al riguardo, l'art. 1, lett. /, dello schema di statuto in

esame). In realtà, a giudizio dell'adunanza, non può dubitarsi che

la formulazione normativa contenuta nella legge delegata sotto

linei gli aspetti pubblicistici delle finalità dell'associazione e la circostanza che le finalità stesse derivano dalla esecuzione di

convenzioni e risoluzioni internazionali sottoscritte dal governo

italiano; non può del pari dubitarsi che esistano elementi, come

il rilevante contributo statale, che potrebbero considerarsi, in

caso di dubbi interpretativi, quali sintomi del carattere e delle

funzioni pubblicistiche dell'ente. Ma nel caso in esame dubbi

non sussistono, data l'espressa qualificazione privatistica del

l'ente (analoga del resto alla natura giuridica della maggior par te delle associazioni nazionali della Croce rossa degli altri pae

si). Tale qualificazione, presumibilmente, si ricollega all'esigen za di aderire più puntualmente al carattere tipicamente associativo

e volontaristico dell'ente, secondo il criterio direttivo della legge

delega, con la conseguente opportunità di esaltarne l'impronta di imparzialità e di indipendenza politica, secondo i requisiti previsti per essere ammessi nella lega delle società nazionali del

la Croce rossa.

Quello che comunque sembra incontestabile, è che l'art. 1

d.p.r. n. 613 del 1980, innovando sul punto, abbia modificato

la natura giuridica dell'associazione, attraverso una qualifica zione normativa la quale esclude che l'essenza dell'ente sia pub

blica, anche se la sua attività in relazione ai suoi fini risulta

rilevante sotto il profilo del pubblico interesse. Da questi dati

l'interprete non può prescindere, né questa realtà, ovviamente, è suscettibile di modificazione attraverso norme aventi carattere

regolamentare. La norma contenuta nell'art. 1 della legge delegata («L'asso

ciazione italiana della Croce rossa è riconosciuta ente privato di interesse pubblico ... a seguito dell'approvazione del nuovo

statuto ai sensi del successivo art. 3») appare ricollegare la con

creta operatività della modifica della natura giuridica dell'asso

ciazione proprio all'entrata in vigore dello statuto (Cass. 17 marzo

1989, n. 1345, id., Rep. 1989, voce Impiegato dello Stato, n.

155; Tar Lazio, sez. Ili, 9 marzo 1984, n. 192, id., 1984, III,

443) e pertanto sembra ricondurre tale evenienza a mera condi

zione per l'esplicazione di un effetto già direttamente previsto dalla norma primaria, confermando in tal modo, anche sotto

tale aspetto, la inidoneità della normativa statutaria a modifica

re la caratterizzazione giuridica dell'associazione delineata dalla

legge delegata.

Il Foro Italiano — 1993.

Del resto, già in passato erano state assunte iniziative legisla tive (d.d.l. n. 3040 presentato alla camera dei deputati il 15

luglio 1985) con le quali, appunto, l'amministrazione aveva ri

tenuto di «ridisegnare il modello giuridico e la sfera di attività

della Croce rossa italiana secondo le reali ed effettive indicazio

ni contenute nell'art. 70 1. 23 dicembre 1978 n. 833». Ma tali

iniziative non hanno avuto seguito.

Conseguentemente, allo stato della normativa, l'art. 2 del de

creto presidenziale nonché l'art. 4, 1° comma, dello statuto —

con i quali si prevede che l'associazione operi come ente di di

ritto pubblico — dovrebbero essere soppressi, in quanto potreb bero dar luogo ad equivoci circa la reale natura della Croce

rossa italiana, o, quantomeno, essi dovrebbero essere modifica

ti in conformità dell'art. 1 della legge delegata.

Correlativamente, la disposizione di cui all'art. 5 dello statu

to — che prevede l'applicazione al personale civile dell'ente del

la normativa di cui alla 1. 20 marzo 1975 n. 70 — non appare

conforme allo status giuridico dell'ente stesso, quale esso risul

terà proprio per effetto dell'entrata in vigore dello statuto; pe

raltro, siffatta normativa legislativa non potrà non continuare

ad applicarsi in via transitoria fino a quando non sarà adottata

una nuova idonea e completa disciplina della materia.

3. - L'art. 3 del decreto prevede che «è abrogata ogni disposi zione concernente l'associazione italiana della Croce rossa che

risulti incompatibile con le norme contenute nel presente decreto».

Poiché, naturalmente, il decreto presidenziale in esame, con

tenente norme di carattere regolamentare, non è idoneo a modi

ficare norme promananti da fonti sovraordinate, è necessario

modificare la disposizione nel modo seguente: «è abrogata ogni

precedente disposizione regolamentare e statutaria concernente

l'associazione . . .».

4. - L'art. 4 della bozza di statuto, al 2° comma, prevede che lo scioglimento dell'associazione possa essere determinato

solo per legge o per decisione della assemblea nazionale dell'as

sociazione, adottata all'unanimità dagli aventi diritto al voto

e a seguito di duplice votazione, da effettuarsi con almeno un

anno di intervallo tra la prima e la seconda votazione.

In merito a tale disposizione statutaria l'adunanza osserva che

la previsione dello scioglimento dell'associazione per decisione

dell'assemblea nazionale, appare in contrasto con il carattere

di «necessaria esistenza» che è proprio dell'ente, che consegue

direttamente, come detto, dalla circostanza che le finalità dello

stesso acquistano una rilevante valenza pubblicistica e derivano

da impegni internazionali assunti dallo Stato; di talché in via

generale non sembra consentito attribuire al potere di autode

terminazione dell'assemblea di rinunciare al raggiungimento de

gli scopi per i quali l'ente è stato istituito, violando precisi ob

blighi di carattere internazionale, se ciò non è espressamente

previsto dalla legge.

Appare pertanto maggiormente corrispondente ai caratteri del

l'ente, cosi come sopra descritti, una formula normativa che

contemperi l'autonomia decisionale dello stesso con la necessa

ria previsione legislativa della potestà di scioglimento. Si suggerisce, pertanto, di modificare la disposizione nel mo

do seguente: «Il suo scioglimento può essere determinato per

legge ovvero, in base ad apposita previsione legislativa, con de

liberazione dell'assemblea nazionale dell'associazione

adottata . . .».

5. - L'art. 10 dello statuto, al 2° comma, prevede che siano

rimborsabili le spese sostenute per l'espletamento delle rispetti ve cariche.

Poiché, peraltro, l'art. 2, n. 4, d.p.r. n. 613 del 1980 dispone il rimborso delle «spese documentate» sostenute, occorre modi

ficare la disposizione con l'espressione: «spese documentate so

stenute», in conformità della disposizione primaria e della nor

mativa generale in materia, cosi come del resto era previsto dal

la bozza di statuto già redatta dal comitato nazionale.

6. - Gli articoli da 16 a 38 disciplinano l'ordinamento dell'as sociazione e, in particolare, l'art. 16 prevede quali sono gli or

gani della stessa: comitato centrale, comitati regionali, comitati

provinciali, comitato locale, delegazioni.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

L'art. 17 stabilisce poi i compiti del comitato centrale e il

successivo art. 18 gli organi dello stesso: l'assemblea generale, il consiglio direttivo nazionale, il presidente nazionale, il segre tario generale e il collegio dei revisori dei conti.

Poiché l'art. 2, n. 3, della legge delegata, determinando le

strutture dell'associazione, non prevede il comitato centrale, po trebbe dubitarsi della legittimità della istituzione di tale organo.

Al riguardo osserva peraltro l'adunanza che tale organo, pre visto fin dallo statuto approvato con r.d. 21 gennaio 1929 n.

Ili (art. 3), appare in definitiva una mera aggregazione degli

organi propri dell'amministrazione centrale, come si evince chia

ramente dall'art. 18, la cui istituzione pertanto sembra preva lentemente dettata dalla esigenza di rinvenire un centro di rife

rimento unitario a livello centrale, cosi come avviene in quello

regionale, provinciale e locale secondo quanto risulta, chiara

mente, dall'art. 16.

La previsione di tale organo, pertanto, si appalesa ammissibile.

Con riferimento all'aspetto organizzativo dell'associazione, la

legge delegata stabilisce però che il consiglio direttivo nazionale

nomini nel suo ambito la «giunta esecutiva nazionale». Ma, né

l'art. 18 dello schema di statuto, né i successivi articoli contem

plano, tra gli organi dell'associazione, tale ufficio, che pure è

previsto legislativamente.

Questa mancata previsione, non può non sollevare perplessità

poiché risulta modificato il disegno organizzativo delineato dal

la legge delegata (ancorché, presumibilmente, con riferimento

alle funzioni meramente esecutive delle deliberazioni del consi

glio direttivo nazionale).

Occorrerà, pertanto, prevedere la istituzione del predetto or

gano e, conseguentemente, rideterminare le competenze attri

buite agli altri uffici. 7. - L'art. 19 riguarda l'assemblea generale e prevede che la

stessa sia composta, tra l'altro, da quattro rappresentanti desi

gnati dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale del personale civile dipendente dell'associa

zione (lett. J) nonché da un rappresentante designato da ciascu

na regione a statuto ordinario e a statuto speciale e da ciascuna

provincia autonoma (lett. h). L'art. 2, n. 3, n. 1, lett. ti), d.p.r. n. 613 del 1980 però,

nel disciplinare la composizione di tale organo dispone che esso

sia costituito dai presidenti regionali, dai presidenti provinciali e da un numero di delegati nominati in sede regionale.

Pertanto, la previsione statutaria suddetta, nelle parti richia

mate, non risulta conforme alla norma primaria, che stabilisce

una diversa composizione di tale ufficio.

8. - L'art. 20, nell'individuare i compiti dell'assemblea gene

rale, alla lett. ti) prevede che tale organo designi, tra i soci del

l'associazione, la terna per la nomina a presidente nazionale.

Tale disposizione è correlata a quella di cui all'art. 24, secon

do la quale il presidente nazionale dell'associazione, scelto tra

la terna sopra detta, è nominato con decreto del presidente del

la repubblica, emanato su proposta del presidente del consiglio dei ministri, previa deliberazione del consiglio dei ministri, adot

tata su proposta del ministro della sanità, di concerto con il

ministro della difesa.

Le previsioni statutarie suddette, che presumibilmente si ri

collegano alla operatività pubblicistica dell'associazione verso

la quale lo schema di statuto sembra inclinare, sollevano note

voli perplessità poiché la legge delegata ha previsto, che il presi dente nazionale sia eletto dall'assemblea generale nel suo seno

(art. 2, n. 3, n. 1, lett. a), in tal modo sottolineando la potestà di autodeterminazione della stessa — propria degli enti associa

tivi — e, nel contempo, l'autonomia e indipendenza dell'asso

ciazione.

9. - L'art. 21 disciplina la durata dell'assemblea generale e

la cadenza delle riunioni.

Al 4° comma, in particolare, si dispone che tale organo adot

ti tutte le decisioni a maggioranza dei membri presenti (salvo

diverse disposizioni statutarie). Al riguardo, occorre sottolineare che la norma non prevede,

ai fini della validità della deliberazione, la necessità del quorum

strutturale; con la conseguenza che anche le più importanti deli

berazioni dell'organo potrebbero essere adottate pur in presen

II Foro Italiano — 1993.

za di un esiguo numero di componenti dell'assemblea. Occorre

ovviare a tali inconvenienti.

10. - L'art. 22 riguarda il consiglio direttivo nazionale e pre vede che esso sia composto dai sedici membri eletti dall'assem

blea generale nel suo ambito, in misura di almeno uno per cia

scuna delle sette componenti dell'associazione risultanti dal 3° e 4° comma dell'art. 11 e da un rappresentante designato dal

presidente del consiglio dei ministri e da altri ministri (funzione pubblica, protezione civile, affari sociali, affari esteri, tesoro,

interni, difesa, pubblica istruzione e sanità). Anche tale norma statutaria appare in contrasto con la legge

delega che, all'art. 2, n. 3, n. I, lett. c), statuisce, invece, che

il consiglio direttivo nazionale sia composto — oltre che dai

membri elettivi — solo dai rappresentanti dei ministeri dell'in

terno, degli affari esteri, della sanità e della difesa.

Anche il 2° comma della citata disposizione, ove si prevede che il consiglio direttivo nazionale, nella prima seduta, «coop ti» cinque soci della Croce rossa italiana scelti per particolari meriti e capacità professionali, non appare in armonia con la

legge sopra detta, la quale non attribuisce al consiglio direttivo

la potestà prevista nella norma statutaria.

11. - Riguardo all'art. 23 dello statuto occorre ribadire quan to esposto sub 6 relativamente alla necessaria previsione della

giunta esecutiva nazionale, da nominarsi da parte del consiglio direttivo nazionale nel suo ambito.

12. - L'art. 24 prevede, al 4° comma, che il presidente nazio

nale, nei casi d'urgenza, adotti le deliberazioni di competenza del consiglio direttivo nazionale con l'obbligo di sottoporle al

consiglio stesso per la ratifica nella sua prima adunanza suc

cessiva.

La disposizione appare peraltro eccessivamente generica, oc

correndo indicare l'ambito delle attribuzioni del consiglio per le quali è prevista tale potestà presidenziale, nonché le modalità

procedimentali dell'esplicazione della stessa.

Analoghe considerazioni riguardano l'art. 28, n. 5, relativo

ai poteri d'urgenza del presidente del comitato regionale nonché

l'art. 35, 5° comma, relativo ai poteri d'urgenza del presidente del comitato provinciale.

13. - L'art. 26 prevede il collegio dei revisori dei conti e, al 1 ° comma, dispone che la nomina, la composizione e la com

petenza del collegio siano disciplinate a norme di legge. Poiché peraltro le competenze dell'organo sono determinate

dal successivo 2° comma dell'articolo in esame, appare necessa

rio modificare il 1° comma nel modo seguente: «La nomina

e la composizione del collegio dei revisori dei conti sono disci

plinate a norma di legge». 14. - L'art. 28 riguarda gli organi del comitato regionale e

prevede, al 7° comma, che il consiglio di coordinamento sia

composto, tra gli altri, da tre membri «cooptati» dal consiglio di coordinamento medesimo, tra coloro che si siano distinti, in ambito regionale, per particolari meriti e competenze in cam

po scientifico, accademico e culturale attinente alle finalità del

l'associazione. Analogamente a quanto già osservato per l'art.

22, 2° comma, occorre rilevare che l'art. 2, n. 3, n. 11, lett.

a), della legge delegata prevede che i comitati regionali siano

formati da componenti eletti tra i soci e i rappresentanti della

regione e dei comitati provinciali, determinando in tal modo — con criteri di esclusività — le modalità di formazione del

consiglio e non prevedendo la potestà di «cooptazione» sopra detta.

Quanto al 3° comma occorre riformularlo nel modo seguen te: «Il presidente convoca il consiglio di coordinamento, di sua

iniziativa o su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti,

ne presiede le sedute . . .».

Infine, all'8° comma, è opportuno modificare l'espressione:

«composti in analogia ai criteri indicati al 7° comma» con quel la: «composti, di massima, secondo i criteri indicati al 7°

comma».

15. - L'art. 29 concerne i compiti del consiglio di coordi

namento.

Appare peraltro opportuno, ratione materiae, inserire la di

sposizione di cui all'art. 29, 2° comma, relativo al quorum pre visto per la validità delle deliberazioni, alla fine dell'art. 28.

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PARTE TERZA

16. - L'art. 31 prevede che i comitati regionali siano, di mas

sima, centri di mobilitazione di tutto il personale della Croce

rossa italiana; al 2° comma si dispone che il presidente naziona

le determini quali comitati provinciali possano funzionare an

che come centri di mobilitazione.

Al riguardo occorre osservare che i centri di mobilitazione

sono organi militari facenti parte della struttura territoriale del

corpo militare della Croce rossa italiana e del corpo delle infer

miere volontarie.

Poiché peraltro l'art. 10 della legge delegata dispone che «nulla

è innovato» rispetto alla collocazione del corpo militare della

Croce rossa italiana e del corpo delle infermiere volontarie ausi

liarie delle forze armate nonché circa i poteri e le facoltà del

ministro della difesa, appare necessario differenziare tra centri

di mobilitazione militare e centri di mobilitazione per le compo

nenti civili. Il 2° comma, pertanto, potrebbe essere riformulato nel modo

seguente: «I centri di mobilitazione previsti dalla legge per il

corpo militare della Croce rossa italiana e per il corpo delle

infermiere volontarie per l'assolvimento dei servizi ausiliari del

le forze armate, hanno sede e competenza territoriale determi

nati dal presidente nazionale, in corrispondenza con l'organiz

zazione territoriale dell'esercito».

17. - L'art. 34, riguardante l'assemblea provinciale, dispone che tale organo si pronunci a maggioranza semplice sul pro

gramma delle attività in ambito provinciale, predisposto dal con

siglio direttivo. Al riguardo si richiamano le osservazioni esposte al n. 9, re

lative alla mancata previsione del quorum strutturale.

18. - L'art. 35, al 1° comma, determina la composizione del

consiglio direttivo del comitato provinciale e, fra l'altro, alle

lett. d), e), f), prevede che esso sia costituito da un rappresen

tante designato dal comune ove ha sede il comitato, da un rap

presentante designato dall'ordine dei medici e da un funziona

rio designato dalla competente prefettura.

Poiché, peraltro, l'art. 2, n. 11, lett. b), della legge delegata stabilisce che i comitati provinciali formati «da componenti eletti

tra i soci o rappresentanti della provincia», la composizione del

collegio, cosi determinata, non appare conforme alla norma pri

maria che non prevede i rappresentanti degli enti e degli organi

sopra detti.

Quanto al 3° comma, si richiamano le osservazioni di cui

ai punti n. 9 e n. 17, relative alla mancata previsione di un

quorum strutturale.

19. - L'art. 39, 1° comma, dispone che il patrimonio dell'as

sociazione, ivi compreso quello attinente al corpo militare e al

corpo delle infermiere volontarie, sia unico e indivisibile e sia

destinato all'espletamento dei compiti istituzionali. In merito

a tale disposizione occorre però rilevare che le entrate proprie dei servizi ausiliari delle forze armate, che derivano da finanzia

menti diretti dello Stato (art. 11, ultimo comma, della legge

delegata), appaiono direttamente — e precipuamente — desti

nate a tali servizi; pertanto, è necessario riformulare il comma

nel modo seguente: «Il patrimonio della Croce rossa italiana, ivi compreso quello attinente al corpo militare della Croce rossa

italiana e al corpo delle infermiere volontarie — il quale è indi

sponibile e vincolato all'assolvimento dei servizi ausiliari delle

forze armate — è unico e indivisibile . . .».

20. - L'art. 40, riguardante la gestione finanziaria, al 4° com

ma prevede che tutte le entrate e le spese siano iscritte in bilan

cio nel loro importo integrale. La disposizione è pleonastica e va eliminata.

21. - L'art. 41, riguardante il controllo sugli atti dell'unità

periferica della Croce rossa italiana al 3° comma prevede che

qualora il presidente nazionale ritenga di acquisire chiarimenti

e deduzioni dall'organo interessato, disponga la sospensione tem

poranea del provvedimento per un periodo non superiore ai qua

rantacinque giorni, trascorso il quale la deliberazione si intende

approvata.

Appare al riguardo necessario modificare tale disposizione nel

Il Foro Italiano — 1993.

modo seguente: «Qualora il presidente nazionale ritenga di ac

quisire chiarimenti e deduzioni dell'organo interessato, sospen

de il provvedimento fino a quando l'organo non abbia corri

sposto alla richiesta istruttoria».

Difatti, è interesse dell'organo periferico rispondere sollecita

mente alla richiesta dell'organo di controllo, mentre l'attribu

zione di valore legale tipico (nella specie: di provvedimento fa

vorevole) al c.d. silenzio dell'amministrazione, non appare con

sentita, in via generale, allo strumento normativo secondario;

e tantomeno quando, come nel caso in esame, il silenzio non

è riferibile all'organo controllante (di cui si vuole promuovere

l'approvazione) ma all'inerzia dell'organo controllato (al quale è rivolta la richiesta di chiarimenti).

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE; sezione II; deci sione 21 aprile 1993, n. 1635; Pres. Anelli, Est. Lucido; Bran

caleoni c. Ufficio registro di Ferrara.

COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE;

Successioni e donazioni (imposta sulle) — Detrazioni — Invim — Importo detraibile — Determinazione — Fattispecie (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637, disciplina dell'imposta sulle succes

sioni e donazioni, art. 19; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 643, isti

tuzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli

immobili, art. 25; 1. 22 dicembre 1975 n. 694, modifiche alla disciplina dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli

immobili, art. 3).

In caso di trasferimento di immobili a causa di morte, l'Invim

detraibile dall'imposta di successione ai sensi dell'art. 19 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 637 è pari all'intero ammontare astratta

mente dovuto su tale trasferimento, anche se l'importo effet tivamente corrisposto è inferiore in conseguenza dell'applica

zione di disposizioni agevolative (nella specie, la detraibilità dell'Invim è stata riconosciuta spettare al cento per cento del

suo ammontare anche se, in applicazione della l. 22 dicembre

1975 n. 694, l'imposta effettivamente pagata era ridotta del

cinquanta per cento). (1)

(1) Nessun cenno, nella decisione in epigrafe, ai precedenti contrari di Cass. 7 luglio 1992, n. 8279, Foro it., Rep. 1992, voce Successioni e donazioni (imposta sulle), n. 49 e 16 maggio 1992, n. 5848, ibid., n. 50, ove si affermava a chiare lettere che l'Invim detraibile dall'impo sta di successione dovesse essere pari all'imposta effettivamente pagata.

In senso conforme alla decisione in epigrafe, cfr. Comm. trib. cen trale 27 novembre 1992, n. 6391, Comm. trib. centr., 1992, I, 879; 3 gennaio 1992, n. 16, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 51; 13 giugno 1991, n. 4796, id., Rep. 1991, voce cit., n. 40; Comm. trib. I grado Vasto 19 settembre 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 61; Comm. trib. I grado Milano 20 aprile 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 58; Comm. trib. I grado Pisa 4 marzo 1980, id., Rep. 1982, voce cit., n. 30; in

dottrina, cfr. C. Zoppis, Detrazione dell'Invim dall'imposta sulle suc

cessioni, in Comm. trib. centr., 1983, II, 1077, per il quale «sembra

pacifico che tale detrazione (. . .) deve operarsi per l'intero ammontare dell'Invim risultante dal complesso dei suoi calcoli, senza tenere conto della detrazione al cinquanta per cento».

Contra, oltre alle citate sentenze della Suprema corte, Comm. trib. centrale 17 giugno 1988, n. 5054, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n.

46; min. fin., ris. 12 giugno 1978, n. 270414, Dir. e pratica trib., 1978, I, 1902.

L'art. 19 d.p.r. 637/72 è stato trasfuso nell'art. 26 d. leg. 31 ottobre 1990 n. 346, approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti

l'imposta sulle successioni e donazioni (Le leggi, 1990, I, 2216).

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