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adunanza plenaria; decisione 4 marzo 1986, n. 2; Pres. Crisci, Est. Vacirca; Abello e altri (Avv.Brusca) c. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Onufrio)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 6 (GIUGNO 1986), pp. 245/246-247/248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180454 .
Accessed: 25/06/2014 05:22
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 4 marzo 1986, n. 2; Pres. Crisci, Est. Vacirca; Abello e altri (Avv. Brusca) e. Min. grazia e giustizia (Avv. dello Stato Onufrio).
CONSIGLIO DI STATO;
Impiegato dello Stato e pubblico — Cancelliere — Inquadramen to — Riconoscimento di anzianità — Legittimità — Fattispecie (L. 18 marzo 1968 n. 249, delega al governo per il riordina
mento dell'amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle restribu zioni dei dipendenti statali, art. 11; d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1077, riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato, art. 134; d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079, nuovi stipendi, paghe e retribuzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo, art. 2).
Impiegato dello Stato e pubblico — Stipendi e assegni —
Indebita corresponsione — Ripetizione — Legittimità — Fatti
specie.
È legittimo il decreto col quale il ministro di grazia e giustizia ha inquadrato i funzionari aventi la qualifica di cancelliere o
segretario di prima classe nella nuova qualifica di cancelliere o
segretario, attribuendo loro il parametro retributivo più elevato previsto per essa, e riconoscendo a ciascuno di essi, ai fini della corresponsione degli aumenti biennali, l'anzianità raggiun ta in eccesso, rispetto a quella richiesta nel nuovo ordinamen to retributivo per il raggiungimento di tale parametro. (1)
È legittimo il recupero disposto in occasione dell'adozione da parte del ministro di grazia e giustizia dei provvedimenti di
inquadramento di cancellieri o segretari della differenza di stipendio loro corrisposta in eccesso in base ad una liquidazio ne provvisoria che il ministro del tesoro aveva già disposto prima del perfezionamento di quei provvedimenti, con circolare che, però, aveva fatto salvi gli eventuali conguagli anche negativi. (2)
(1) In discussione era l'anzianità maturata dai cancellieri o segretari, inquadrati nel massimo parametro della nuova qualifica di cancelliere o segretario, utilizzabile per l'attribuzione degli scatti biennali di stipendio, nella progressione in tale parametro: se solo quella ecceden te quella richiesta nel nuovo ordinamento retributivo per il raggiungi mento di quel parametro stesso; o anche quella del sessennio necessa rio per questo raggiungimento. È evidente che questa seconda soluzio ne tende, invece della prima, a salvaguardare le posizioni dei dipen denti che avevano maturato una maggiore anzianità nell'ordinamento precedente, evitando il loro appiattimento. Essa era stata accolta Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1973, n. 624, Foro it., Rep. 1973, voce Impiegato dello Stato, n. 21.1. Però la stessa sezione ebbe assai presto un ripensamento: investita nuovamente della medesima questione, la deferì all'adunanza plenaria, con ordinanza 27 novembre 1973, n. 1130, ibid., voce Cancelliere, n. 5. La quale, a sua volta, evidentemen te condividendo tali dubbi, si pose il problema della costituzionalità della normativa delegata da applicare, se interpretata nel primo senso, che rinviò alla corte con l'ordinanza 30 novembre 1976, id., 1977, III, 307, con nota di richiami, indicando come parametri il principio di uguaglianza e il rispetto dei criteri stabiliti nella legge di delegazione (art. 3 e 76 Cost.). Questa emette la sua sentenza solo nel 1985 (22 novembre, n. 301, in questo fascicolo, I, 1513) che è di rigetto. Conseguentemente l'adunanza plenaria, stavolta in tempi brevi, decide finalmente la controversia con la decisione che si riporta, applicando la diversa interpretazione giudicata non incostituzionale.
(2) Per il quadro della giurisprudenza sui limiti di ripetibilità da parte dell'amministrazione degli emolumenti che abbia corrisposto indebitamente a suoi dipendenti, v. le note di richiami a Cons. Stato, sez. IV, 9 e 16 novembre 1985, nn. 505 e 538, sez. VI 18 novembre 1985, n. 599, T.A.R. Lazio, sez. II, 18 luglio 1985, n. 1899, e sez. III 11 aprile 1985, n. 377, T.A.R. Lombardia, sez. III, 15 luglio 1985, n. 211, id., 1986, III, 145. In particolare, sul punto della rilevanza della riserva di conguaglio all'atto della corresponsione di retribuzioni provvisoriamente determinate, poi risultate superiori a quelle effettiva mente dovute, T.A.R. Lazio, sez. III, n. 377/85, ha ritenuto che tale clausola non rende comunque legittima la ripetizione della differenza
retributiva, diventata cospicua per il ritardo di due anni col quale l'amministrazione ha disposto la liquidazione definitiva, se attuata con una ritenuta in percentuale eccessiva del già modesto stipendio perce pito dal dipendente.
Per la complessità e per la mole degli adempimenti amministrativo contabili necessari per tenere aggiornato l'ammontare degli stipendi in relazione alla sopravvenienza di numerose leggi di adeguamento delle retribuzioni, nuovi calcoli dell'anzianità, ricostruzioni di car
riera, ecc., di fronte all'esigenza di una loro sollecita corresponsione, va prendendo sempre più piede la prassi di una loro liquidazione provvisoria, con la clausola della ripetibilità da parte dell'ammini strazione di quanto eventualmente pagato indebitamente. Questa ten denza affiora ormai anche a livello legislativo: il 5° comma dell'art. 4 1. 29 gennaio 1986 n. 23 (Le leggi, 1986, 369) prevede, in materia
Il Foro Italiano — 1986 — Parte III-18.
Fatto. — Con decreto del 4 settembre 1971 il ministro di
grazia e giustizia inquadrò i funzionari, aventi la qualifica di
« cancelliere o segretario di prima classe » (ex coeff. 271), nella
qualifica di « cancelliere o segretario », riconoscendo a ciascuno
di essi il parametro retributivo 218 (il più elevato previsto per la
nuova qualifica) nonché, ai fini degli aumenti biennali, l'anzianità
eccedente rispetto a quella (di sei anni) complessivamente richie
sta nel nuovo ordinamento retributivo per conseguire il predetto parametro 218.
Con lo stesso decreto il ministro dispose il conguaglio tra le somme corrisposte al 1° luglio 1970 e le somme spettanti alla stessa data in applicazione dell'inquadramento.
Avverso tale provvedimento i ricorrenti proposero ricorso giu risdizionale, deducendo le seguenti doglianze: (omissis)
La controversia fu rimessa dalla sezione IV a questa adunanza
plenaria con ordinanza 27 novembre 1973, n. 1130 (Foro it., Rep. 1973, voce Cancelliere, n. 5). Successivamente, con ordinanza del 30 novembre 1976 (id., 1977, III, 306), gli atti furono trasmessi alla Corte costituzionale, che, con decisione 22 novembre 1985, n. 301 (id., 1986, I, 1513) ha dichiarato infondata la questione di legit timità costituzionale.
Diritto. — 1. - Il primo motivo, col quale si deduce violazione dell'art. 2, 1° comma, d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1079, è infondato.
Tale norma cosi dispone: « Nella prima applicazione del presen te decreto al personale cui competa una qualifica derivata dalla
soppressione di due o più qualifiche in vigore al 30 giugno 1970, è attribuita, nella nuova posizione, la prima, la seconda o una delle successive classi di stipendio, secondo che l'interessato
provenga, rispettivamente, dalla prima, dalla seconda o da una delle successive qualifiche soppresse, considerate nell'ordine di
progressione in carriera, conservando l'anzianità e gli aumenti biennali di stipendio maturati nella qualifica di provenienza, o, se
più favorevole, è attribuita la classe corrispondente all'anzianità
complessivamente maturata nelle qualifiche soppresse. In questo secondo caso l'anzianità eccedente, rispetto a quella complessiva mente richiesta per la classe conferita è riconosciuta nella classe medesima ai fini degli aumenti biennali suddetti ».
Nella specie è pacifico fra le parti che doveva essere attribuita la classe corrispondente all'anzianità complessivamente maturata nelle qualifiche soppresse. Ciò posto, dove ritenersi legittimo il
riconoscimento, ai fini degli aumenti biennali, della sola anzianità eccedente rispetto a quella richiesta nel nuovo ordinamento per il
raggiungimento della classe conferita, secondo quanto dispone l'ultimo periodo del comma in esame.
Né può sostenersi che in tal modo dipendenti già pervenuti alla
qualifica più alta (fra quelle fuse nel nuovo ordinamento delle carriere) siano stati privati di una parte dell'anzianità maturata, in violazione dell'art. 11, 6° comma, 1. 18 marzo 1968 n. 249 e dell'art. 134 d.p.r. 28 dicembre 1970 n. 1077, cosi come ha ritenuto in un primo tempo, con decisione 5 giugno 1973, n. 624, la sezione IV (id., Rep. 1973, voce Impiegato dello Stato, n. 211), che ha successivamente espresso diverso avviso nell'ordinan za 27 novembre 1973, n. 1130.
L'art. 134 cit., secondo cui « nei casi di fusione di più qualifiche previste dal vecchio ordinamento in una, gli impiegati conservano nella nuova qualifica di inquadramento l'anzianità di servizio maturata complessivamente nelle qualifiche soppresse », è collocato nel decreto legislativo riguardante il riordinamento delle
carriere, sicché disciplina gli aspetti non economici dell'anzianità. L'art. 11, 6° comma, della legge delega n. 249 del 1968, invece,
garantisce, in sede di inquadramento, « la piena valutazione del servizio prestato e la conservazione delle posizioni giuridiche ed economiche acquisite ». Ma la « piena valutazione » non implica che il servizio prestato debba essere necessariamente preso in considerazione per intero ai fini degli aumenti biennali, essendo
legittima l'utilizzazione di una parte di quel servizio ai fini dell'attribuzione di una classe di stipendio presupponente, nel nuovo ordinamento, una certa anzianità.
L'interpretazione letterale dell'art. 2, 1° comma, d.p.r. n. 1079 del 1970 non risulta, quindi, in contrasto con i principi posti dalla legge delega, giacché essa comporta la ricostruzione della carriera economica dei ricorrenti, con piena valutazione (nel nuovo sistema) del servizio prestato. Tale modo di procedere è
di trattamento economico del personale docente e non docente del l'università, l'adozione di provvedimenti, da parte dei rettori e dei direttori degli istituti di istruzione universitaria «... con efficacia immediata, subordinatamente alla previsione dell'eventuale conguaglio e della esclusione di ogni presunzione di buona fede da parte del percipiente in ordine alla eventuale irripetibilità di differenze tra corrisposto e dovuto».
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PARTE TERZA
anche conforme ai principi generali sull'istituto dell'inquadramen to, il cui scopo è (o deve essere) quello di inserire i singoli
dipendenti in un nuovo ordinamento, introdotto da norme orga nizzatone per la realizzazione dell'interesse pubblico al buon
andamento dell'amministrazione. Resta, pertanto, irrilevante (tran ne che per i profili di legittimità costituzionale, già esaminati
nella sede competente) la circostanza che alcuni dipendenti ab
biano tratto dall'inquadramento occasionale benefici di cui altri
(fra i quali i ricorrenti) non abbiano potuto fruire. Né viene da
questi denunciata una reformatio in peius del loro trattamento
complessivo, che sarebbe stata lesiva delle posizioni economiche
acquisite. 2. - Il secondo motivo, col quale si lamenta l'illegittimità
costituzionale della disciplina applicata dall'amministrazione va dichiarato infondato a seguito della sentenza 22 novembre 1985, n. 301 della Corte costituzionale.
3. - Infine va respinto il motivo relativo al recupero disposto nei confronti di alcuni dei ricorrenti.
La circolare 22 gennaio 1971 n. 5, con cui il ministero del tesoro aveva disposto la liquidazione provvisoria dei nuovi sti
pendi senza attendere il perfezionamento dei relativi provvedi menti formali, faceva salvi « eventuali conguagli anche negativi ».
Pertanto i percettori delle relative somme erano a conoscenza della provvisorietà delle liquidazioni, onde non possono ad essi
applicarsi i principi in materia di ripetizione di emolumenti riscossi e consumati in buona fede.
4. - Il ricorso deve, dunque, essere respinto. (Omissis)
CONSIGLIO DI STATO; sezione IV; decisione 30 novembre
1985, n. 593; Pres. Paleologo, Est. Monterosso; Min. grazia e
giustizia, Consiglio superiore per la magistratura (Avv. dello Stato Linguiti), Visconti (Avv. Biagini, Dodaro) c. Lerario e altri (Avv. M. S. Giannini, Dalfino, Giocoli Nacci). Conferma T.A.R. Puglia, 1" agosto 1984, n. 536.
Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della magistratura — Deliberazione — Difetto di censure contro il decreto
presidenziale — Ricorso — Ammissibilità (Cost., art. 105, 106, 107, 110; 1. 24 marzo 1968 n. 195, norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, art. 17).
Ordinamento giudiziario — Consiglio superiore della magistratura — Conferimento di ufficio direttivo — Difetto di motivazione —
Illegittimità — Fattispecie. Ordinamento giudiziario — Ufficio direttivo superiore — Nomina
di magistrato di appello — Illegittimità (R.d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordinamento giudiziario, art. 193, 194; 1. 24 maggio 1951 n. 392, distinzione dei magistrati secondo le funzioni.
Trattamento economico della magistratura nonché dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della giustizia militare e degli avvocati e dei procuratori dello Stato, art. 6; 1.
20 dicembre 1973 n. 831, modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di cassazione, e per il conferimento
degli uffici direttivi superiori, art. 7, 10, 16, 17, 19).
E ammissibile il ricorso contro la deliberazione del Consiglio su
periore della magistratura di conferimento ad un magistrato di
ufficio direttivo, anche se non siano state rivolte censure
specifiche al decreto presidenziale che la recepisce. (1) È illegittima la deliberazione con la quale il Consiglio superiore
della magistratura conferisce ad un magistrato un ufficio direttivo
sulla base di una scelta tra aspiranti di un gruppo, ritenuti ictu
oculi superiori per anzianità, meriti e attitudini, dal quale era
no stati esclusi gli aspiranti di altro gruppo, considerati, sempre ictu oculi, con meno titoli, se è mancata l'indicazione dei criteri
di distinzione tra gli aspiranti dei due gruppi, e l'esposizione
analitica, con una adeguata valutazione comparativa, delle ra
gioni per le quali ciascuno degli appartenenti al secondo
gruppo è stato escluso dal primo. (2) È illegittima la deliberazione con la quale il Consiglio superiore
della magistratura conferisce « per salto » un ufficio^ superiore ad un magistrato in precedenza nominato magistrato di cassa
zione e alle funzioni direttive superiori ma che abbia seguitato ad esercitare le funzioni di magistrato d'appello. (3)
(1-3) I. - La decisione chiude la vicenda relativa alla nomina del
procuratore generale presso la Corte d'appello di Bari, confermando
Il Foro Italiano — 1986.
Diritto. — 1. - I due ricorsi diretti contro la stessa sentenza
vanno riuniti e decisi con unica pronuncia. (Omissis)
3. - Nei confronti dei ricorsi Lenario, Perorelli e Sammartano
vengono prospettati dal dott. Visconti tre profili di inammissibi
lità: a) (omissis); c) per non essere stato dedotto alcun vizio
proprio del decreto presidenziale di nomina, neppure per illegitti
mità derivate dall'invalidità delle deliberazioni del Consiglio su
periore della magistratura - C.S.M.
la sentenza 1° agosto 1984, n. 536 del T.A.R. Puglia, riportata in Foro it., 1984, III, 346, con nota di richiami.
In particolare, per la affermazione della competenza del T.A.R.
locale sul ricorso contro la nomina, malgrado un controinteressato
impugnasse successivamente in via incidentale i nuovi criteri adottati
dal Consiglio superiore della magistratura per l'assegnazione di uffici
direttivi, Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 1984, n. 218, ibid., 129, con
nota di C. M. Barone. Nel senso della competenza del T.A.R.
locale sul ricorso contro analoga nomina, ma sulla base della afferma
zione del carattere territorialmente limitato dell'efficacia di questa, senza che, nel caso, acquistassero rilevanza censure a criteri generali, v. Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 1984, n. 916, Cons. Stato, 1984,
I, 1485. II. - La prima massima ripropone il problema del rapporto tra
deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, e susseguente decreto presidenziale (o ministeriale), sotto il profilo della loro impu
gnabilità, della deducibilità contro il secondo di vizi derivati dal
primo, ecc.
Per lo stato della giurisprudenza in proposito, e, in particolare, per l'orientamento assolutamente prevalente nel senso della non impugnabi lità diretta della delibera, e della deducibilità contro il decreto dei
suoi vizi, v. la nota di richiami a T.A.R. Lazio, sez. I, 8 giugno 1983,
n. 491 (annotata da Correale, in Foro amm., 1983, I, 1720), Foro it.,
1983, III, 402, -che si è discostata dal principio, quanto meno
temperandolo: ammettendo l'impugnazione immediata contro la delibe
ra con la quale il consiglio superiore aveva sospeso la procedura di
promozione del ricorrente a consigliere di cassazione, in attesa della
conclusione del procedimento disciplinare instaurato a suo carico,
pur non essendo stata trasfusa in un decreto presidenziale, in
presenza di due circostanze: la delibera aveva avuto una certa esterna
zione, perché era stata comunicata all'interessato; e, soprattutto, era
stata attuata dal consiglio superiore; le premesse teoriche sulle
quali la sentenza si è basata sono la configurazione della delibera
come dell'atto dal quale direttamente gli effetti giuridici incidenti sullo
stato dei magistrati, e la riduzione della rilevanza del successivo
decreto a quella di un controllo preventivo della sua legittimità, secondo un ordine di idee che lo stesso T.A.R. Lazio ha ripreso nella
successiva sentenza 31 agosto 1983, n. 836, id., Rep. 1984, voce
Ordinamento giudiziario, n. 93.
Nella giurisprudenza successiva a quella richiamata nella citata nota
di richiami, v., con maggiore aderenza all'orientamento dominante che
nega l'impugnabilità diretta della delibera, T.A.R. Lazio, sez. I, 5
agosto 1985, n. 917, Trib. amm. reg., 1985, I, 2655; nonché Cons.
Stato, sez. IV, 11 luglio 1985, n. 275, Cons. Stato, 1985, I, 674, che
ha delineato la delibera come un atto presupposto rispetto al
susseguente decreto, i cui vizi si comunicano a quest'ultimo. III. - Sulla nomina di magistrati ad uffici direttivi, v., successiva
mente ai precedenti richiamati nella citata nota alla sentenza appellata, sul carattere prioritario della valutazione delle attitudini dei candidati, T.A.R. Piemonte, sez. I, 10 ottobre 1985, n. 385, Trib. amm. reg., 1985,
I, 4129 (che ha anche definito il procedimento come non conten
zioso escludendo la necessità del rispetto del principio del
contraddittorio); T.A.R. Sicilia 17 ottobre 1984, n. 2309, id., 1984, I, 3911.
Sulla esigenza di comparazione tra i candidati, Cons. Stato, sez. IV, 15 marzo 1986, n. 159, Settimana giur., 1986, I, 111; e, quindi, sulla
necessità di motivare la preferenza accordata ad uno di essi, Cons,
giust. amm. sic. 29 marzo 1985, n. 43 (che ha applicato il principio alla nomina di pretore dirigente, funzione considerata direttiva), Cons. Stato, 1985, I, 356.
Per altri riferimenti, soprattutto in relazione all'analisi e ai limiti
temporali di applicabilità dei nuovi criteri selettivi adottati dal Consi
glio superiore per la magistratura per l'assegnazione di uffici direttivi, di cui alla circolare 15 dicembre 1983, T.A.R. Sardegna, 7 giugno
1985, n. 321, Trib. amm. reg., 1985, I, 3127; nonché T.A.R. Lazio, sez. I, 5 agosto 1985, n. 917, ibid., 2655, che ha affermato la parziale
illegittimità di tale circolare.
Per altri riferimenti sul procedimento di assegnazione a magistrati di uffici direttivi, T.A.R. Sardegna 18 dicembre 1984, n. 878, ibid.,
784, che ha affermato la necessità della previa proposta della commis
sione del consiglio superiore per gli incarichi direttivi, in base a
circolari dello stesso consiglio anteriori a quella ora richiamata.
Nonché T.A.R. Lazio, sez. I, 11 luglio 1984, n. 676, id., 1984, I, 2438, che ha dichiarato illegittima la riapertura dei termini per la presenta zione dei termini per l'assegnazione di un ufficio direttivo, disposta dal
consiglio superiore dopo che questo aveva valutato negativamente solo
gli aspiranti collocati ai primi posti della graduatoria, e trascurando
quindi gli altri, anche se in possesso di tutti i requisiti richiesti.
IV. - La terza massima affronta il problema di maggiore importan
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