adunanza plenaria; decisione 5 settembre 1995, n. 28; Pres. Crisci, Est. Piscitello; Bertelli ealtra (Avv. Marchetti, G. Natoli) c. Istituto autonomo per le case popolari di Ferrara (Avv. DelMercato). Conferma Cons. Stato, sez. IV, ord. 30 agosto 1994, n. 666Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 2 (FEBBRAIO 1996), pp. 87/88-91/92Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190213 .
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PARTE TERZA
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 5 set
tembre 1995, n. 28; Pres. Crisci, Est. Piscitello; Bertelli e
altra (Avv. Marchetti, G. Natoli) c. Istituto autonomo per le case popolari di Ferrara (Avv. Del Mercato). Conferma Cons. Stato, sez. IV, ord. 30 agosto 1994, n. 666.
Edilizia popolare, economica e sovvenzionata — Assegnazione di alloggio — Revoca — Controversie — Giurisdizione am
ministrativa (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tri bunali amministrativi regionali, art. 5; d.p.r. 30 dicembre 1972
n. 1035, norme per l'assegnazione e la revoca nonché per la
determinazione e la revisione dei canoni di locazione degli alloggi dell'edilizia residenziale pubblica, art. 11, 17).
Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 5 l. 1034/71, la controversia relativa alla revoca del
l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica (nel la specie, disposta dal presidente dell'Iacp a motivo della in
tervenuta sublocazione dell'alloggio senza la prescritta auto
rizzazione). (1)
Diritto. — Il problema, che la IV sezione del Consiglio di Stato sottopone all'esame della adunanza plenaria, concerne la
sussistenza o meno della giurisdizione amministrativa in caso di provvedimenti di revoca o annullamento dell'assegnazione di
alloggi di edilizia residenziale pubblica. La materia è regolata dal d.p.r. 30 dicembre 1972 n. 1035,
che reca «norme per l'assegnazione e la revoca, nonché la de
terminazione e la revisione dei canoni di locazione, degli alloggi dell'edilizia residenziale pubblica». Per quanto concerne i moti vi di cessazione del rapporto derivante dall'assegnazione ad un
privato di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, il citato d.p.r. prevede quattro casi in cui il presidente dell'Iacp (e suc
cessivamente il sindaco, per effetto del trasferimento della rela
tiva competenza ai comuni, ai sensi dell'art. 95 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 e dell'art. 55 1. 5 agosto 1978 n. 457), può, con
proprio decreto, intimare al privato detentore il rilascio dell'ap
partamento:
(1) L'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, investita dalla IV se zione (dee. 30 agosto 1994, n. 666, Foro it., Rep. 1994, voce Edilizia popolare, n. 74; per esteso, tra l'altro, in Giust. civ., 1995, I, 1, 624, e Giur. it., 1995, III, 1, 170) della questione relativa al riparto di giuris dizione in ordine alle controversie in tema di revoca dell'assegnazione di alloggio popolare, conferma — argomentando da) disposto dell'art. 5 1. 1034/71 (che ha attribuito alla giurisdizione del giudice amministra
tivo, con le eccezioni espressamente previste dalla stessa norma, tutte le controversie derivanti da rapporti di concessione di beni e servizi pubblici, ancorché involgenti diritti soggettivi), e negando che il rap porto tra Iacp e assegnatari assuma «mai pienamente i connotati di un rapporto privatistico di locazione» — l'orientamento pressoché co stantemente espresso dalie sezioni dello stesso consiglio, in contrasto col quale, v. peraltro, recentemente, Cons. Stato, sez. Ili, 30 marzo
1994, n. 191, Foro it., 1995, I, 12, con nota di richiami: quest'ultima, accettando il differente ordine di idee affermatosi negli ultimi anni nel l'ambito delle sezioni unite dalla Cassazione (ribadito, da ultimo, da Cass. 14 giugno 1994, n. 5778, id., Rep. 1994, voce cit., nn. 64, 65; 17 novembre 1994 n. 9749, ibid., n. 72; 29 luglio 1995, n. 8297, id., Mass., 937), si è espressa, infatti, per la sussistenza nell'ipotesi conside rata della giurisdizione del giudice ordinario, in base al rilievo che l'atto di revoca viene ad incidere direttamente sul rapporto di locazione —
di natura privatistica — che si instaura in attuazione del procedimento amministrativo di assegnazione dell'alloggio, e quindi su posizioni di diritto soggettivo. Favorevole a quest'ultima soluzione (ma per via del
l'applicazione estensiva dell'art. 11, 13° comma, d.p.r. 1035/72 — che
prevede espressamente la competenza del pretore con riferimento alla sola ipotesi della decadenza —, ormai giudicata improponibile dalla corte
regolatrice) , v. inoltre, tra i giudici amministrativi, Tar Sicilia, sez.
Catania, 29 dicembre 1993, n. 1079, id.. Rep. 1994, voce cit., n. 79. Circa la spettanza al giudice amministrativo della cognizione sulle con troversie concernenti l'annullamento dell'assegnazione dell'alloggio po polare (affermata concordemente anche dalla Cassazione), v. invece, da ultimo, Pret. Firenze 30 settembre 1993, id., 1995, I, 722, con nota di richiami di B. Gambineri.
Si noti che Cass. 2 novembre 1987, n. 8052, id., Rep. 1987, voce cit., n. 120, ha ritenuto di spettanza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a norma dell'art. 5 1. 1034/71 (di cui il Consi
glio di Stato fa ora applicazione con riferimento ai rapporti disciplinati dal d.p.r. 1035/72), le controversie attinenti alla legittimità della revoca
dell'assegnazione di alloggi ai propri dipendenti da parte dell'ammi
II Foro Italiano — 1996.
a) la decadenza dall'assegnazione, per mancata, tempestiva e stabile occupazione (art. 11);
b) l'annullamento dell'assegnazione (art. 16);
c) la revoca dell'assegnazione (art. 17), per le circostanze (so
pravvenute) indicate dalla norma;
d) il rilascio per il caso di occupazione senza titolo (art. 18). Mentre per la decadenza prevista dall'art. 11, il 13° comma
dello stesso articolo prevede esplicitamente la competenza del
pretore per l'opposizione al decreto di rilascio, il silenzio del legislatore relativamente alle altre ipotesi ha determinato un con
trasto giurisprudenziale, per l'individuazione della competenza
giurisdizionale, fra il Consiglio di Stato e la Cassazione civile (e, talora, anche all'interno dei due ordini giurisdizionali).
Il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo è stato affermato, prevalentemente, dalla Cassazione la quale (nella sen
tenza sez. un. del 7 maggio 1979, n. 2581, Foro it., 1979, I,
1765, ed in varie altre pronunce successive, come, ad es., le
sentenze 11 settembre 1979, n. 4750, id., Rep. 1979, voce Edili
zia popolare, n. 139; 22 ottobre 1980, n. 5685, id., Rep. 1980, voce cit., n. 143; 12 novembre 1982, n. 5983, id., Rep. 1982, voce cit., n. 99, e 24 ottobre 1985, n. 5238, id., Rep. 1985, voce cit., n. 104) ha sottolineato che il disposto dell'art. 11, 13° comma, d.p.r. n. 1035 del 1972 è espressione di un princi
pio generale applicabile estensivamente — per esigenze di uni
formità e semplificazione — anche ai casi di annullamento o
revoca dell'assegnazione e di rilascio dell'alloggio occupato sen
za titolo, con l'effetto che anche in dette ipotesi dovrebbe affer
marsi la competenza giurisdizionale del giudice ordinario.
Una consistente attenuazione di tale orientamento si è, tutta
via, registrata — ad opera delle stesse, sezioni unite della Cas sazione (sentenze 25 ottobre 1978 n. 4827, id., 1979, I, 709; 14 ottobre 1982, n. 5315, id., Rep. 1982, voce cit., n. 84; 9
dicembre 1985, n. 6183, id., Rep. 1985, voce cit., n. 122; 9 febbraio 1987, n. 1350, id., 1987, I, 1760; 3 novembre 1993, n. 10829, id., Rep. 1993, voce cit., n. 102) — che hanno rico
nosciuto il carattere eccezionale della norma in questione e la
conseguente impossibilità di applicarla analogicamente alle di
verse fattispecie previste dagli articoli successivi (quali quelle
nistrazione delle poste e telecomunicazioni (disciplinata, tuttavia, non dal d.p.r. 1035/72, bensì' dal r.d. 1165/38).
Sotto altro aspetto, si rammenta che numerose leggi regionali preve dono (o prevedevano) la possibilità di impugnare avanti al pretore i
provvedimenti di revoca o decadenza dall'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica; ma la Corte costituzionale ha dichiarato, ormai ripetutamente, la incostituzionalità di tali disposizioni, per viola zione dell'art. 108 Cost.: v., da ultimo, Corte cost. 26 ottobre 1995, n. 459, id., 1995, I, 3385.
Circa la competenza ad emettere il provvedimento di revoca, deca denza o annullamento dell'assegnazione dell'alloggio di edilizia residen ziale pubblica ai sensi degli art. 11 ss. d.p.r. 1035/72, essa, come si ricorda nella motivazione dell'odierna decisione, è ora (da tempo) de voluta ai comuni, in base all'art. 95 d.p.r. 616/77 e all'art. 55 1. 457/78. Al riguardo, v., tra le altre (peraltro, tutte nel senso che — con riferi mento al regime anteriore alla 1. 8 giugno 1990 n. 142 — l'esercizio del potere in questione spetta non al sindaco, ma al consiglio comunale, laddove nella pronunzia in epigrafe tale potere viene attribuito al sinda
co); Cass. 25 ottobre 1991, n. 11400, id., Rep. 1992, voce cit., n. 92; 16 luglio 1992, n. 8660, ibid., n. 94; 9 luglio 1993, n. 7564, id., Rep. 1993, voce cit., n. 107; 14 giugno 1994, n. 5778, cit.; Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 1992, n. 753, ibid., n. 109. Nel senso che dopo l'entrata in vigore della 1. 141/90 l'adozione degli atti in questione spet ta, invece, alla giunta municipale, a meno che lo statuto del comune la attribuisca espressamente al sindaco, v. Tar Campania, sez. I, 21
aprile 1994, n. 121, id., Rep. 1994, voce cit., n. 78.
Agli Iacp è rimasta, invece, la competenza ad emettere il provvedi mento di rilascio per il caso di occupazione senza titolo (v. Cass. 20
aprile 1991, n. 4286, id., Rep. 1991, voce cit., n. 136). Si ritiene inoltre che gli Iacp, avendo conservato — anche dopo la devoluzione ai comu ni del potere di assegnazione con la 1. 616/77 — la gestione degli alloggi in discorso, hanno facoltà di agire giudizialmente nei confronti dell'as
segnatario per la risoluzione del contratto di locazione, anche quando l'inadempimento dedotto avrebbe potuto giustificare la pronunzia di un provvedimento di revoca o di decadenza dall'assegnazione da parte del comune: v., da ultimo, Cass. 15 novembre 1994, n. 9576, id., Rep. 1994, voce cit., n. 91, e 23 giugno 1995, n. 7085, id., Mass., 828.
Per profili sostanziali attinenti alla revoca dell'assegnazione di
alloggio popolare ai sensi dell'art. 17, 1° comma, lett. b), d.p.r. 1035/72, v. anche Corte cost., ord. 6 giugno 1995, n. 229, id., 1995, I, 3376.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
dell'annullamento, della revoca e dell'occupazione senza tito
lo). Di conseguenza, le citate pronunzie giurisdizionali hanno
affermato che per l'annullamento e la revoca dell'assegnazione cosi come per il rilascio dell'alloggio occupato senza titolo, il
riparto tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrati
va deve attuarsi in relazione alla natura dei diversi provvedi
menti, con l'applicazione dei criteri generali comunemente se
guiti in materia. A tal fine, muovendo dalla riconosciuta distinzione (general
mente accolta sia in dottrina che in giurisprudenza), nel com
plesso procedimento dell'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, tra una prima fase di natura pubblicistica
(caratterizzata dall'esercizio di poteri direttamente finalizzati al
l'interesse pubblico da parte dell'ente assegnante e, correlativa
mente, da posizioni di interesse legittimo dei richiedenti l'asse
gnazione), ed una seconda fase di natura privatistica (relativa
all'esecuzione del contratto scaturito dall'assegnazione e carat
terizzata da posizioni di diritto soggettivo perfetto e da correla
tivi obblighi a carico di entrambi i contraenti), si è, dunque, affermato che tutto ciò che attiene a vizi di legittimità della
prima fase del rapporto rientra nella giurisdizione del giudice
amministrativo (a nulla rilevando che come conseguenza dell'e
ventuale annullamento dell'atto di assegnazione si abbia la ca
ducazione del contratto da esso derivante), mentre le controver
sie concernenti le cause sopravvenute di estinzione e di risolu
zione, direttamente inerenti al rapporto locatizio in corso di
svolgimento, sono devolute alla giurisdizione dell'a.g.o.
È stato anche puntualizzato, al riguardo, che le cennate due
fasi del complesso rapporto in esame (quella di assegnazione
e l'altra, conseguente, di esecuzione del contratto) non vanno
considerate alla stregua di una loro conseguenzialità rigida
mente cronologica (nel senso che tutto quanto accade dopo
l'assegnazione dell'alloggio debba essere necessariamente inqua
drato in un rapporto di natura privatistica), ma che, per deter
minare concretamente la posizione del privato, deve stabilirsi
se la controversia insorta riguardi la fase della assegnazione, ovvero incida sul rapporto privatistico conseguente (prescin
dendo, eventualmente, dalla questione nominalistica del termi
ne «revoca» usato dal provvedimento, per indicare in realtà
un motivo di decadenza sopravvenuto all'instaurazione dell'o
riginario rapporto). Il giudice amministrativo (e segnatamente la IV sezione del
Consiglio di Stato) ha costantemente affermato, invece, la pro
pria giurisdizione, anche nelle controversie attinenti alla fase
successiva all'assegnazione, sulla base del rilievo che anche nel
l'ipotesi di verifica del venir meno dei requisiti prescritti per
l'assegnazione si tratta comunque di poteri pubblicistici dell'en
te, esercitati al precipuo fine di assicurare gli alloggi popolari a chi ne abbia più bisogno, con la conseguenza che i provvedi
menti di revoca adottati inciderebbero soltanto indirettamente
sulle posizioni civilistiche inerenti al rapporto di locazione, es sendo rivolti essenzialmente al controllo della permanente ade
renza delle singole situazioni degli assegnatari all'obiettivo, di natura pubblicistica sopraindicato. Il giudice amministrativo ha,
quindi, prevalentemente ritenuto che anche a seguito dell'ema
nazione dell'atto di assegnazione in locazione di un alloggio po
polare ed economico, gli istituti autonomi per le case popolari
non si spogliano del potere di controllare la permanente legitti
mità dell'attribuzione del beneficio, e quindi di procedere, nel
l'esercizio del potere di autotutela, alla revoca ed all'annulla
mento, quali che siano i diritti (soggetti ad affievolimento) che,
all'atto dell'applicazione, siano stati in capo ai privati (Cons.
Stato, sez. IV, 28 novembre 1978, n. 1103, id., Rep. 1979, voce
cit., n. 154). È stato anche sottolineato che il potere autoritativo di sciogli
mento del rapporto in presenza di sopravvenute ragioni di pub
blico interesse rientra nello schema tipico dei meccanismi inter ni ai rapporti concessori in cui l'esercizio di potestà ammini
strative, qualunque sia il vincolo che la legge pone a dette potestà,
incide su situazioni di interesse legittimo. Del contrasto giurisprudenziale sopraindicato si è limitata a
prendere atto la Corte costituzionale allorché — con la decisio
ne n. 100 del 1° agosto 1979 (id., 1979, I, 2289) — giudicando della legittimità costituzionale delle norme contenute negli art.
16, 17 e 18 d.p.r. n. 1035 del 1972 (per violazione del principio di eguaglianza) ha affermato che in ogni caso (sia accogliendo
Il Foro Italiano — 1996.
la citata tesi della Cassazione sulla sussistenza della giurisdizione
dell'a.g.o., sia accogliendo l'opposto orientamento dei giudici
amministrativi) la questione avrebbe dovuto ritenersi infondata.
Degna di nota appare, tuttavia, la circostanza che in quella
occasione il giudice delle leggi, dopo aver rilevato che l'orienta
mento di una parte dei giudici amministrativi procede «dalla
premessa che le assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale
pubblica rientrino nel genus delle concessioni, devolute alla giu
risdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali per ef fetto degli art. 5 e 7 1. 6 dicembre 1971 n. 1034», ha tenuto
a precisare (disattendendo l'orientamento più rigoroso volto ad
attribuire in ogni caso la giurisdizione all'a.g.o.) che «la pretesa che spetti ad un giudice ordinario tutelare posizioni di interesse
legittimo, sebbene argomentata in base al principio costituzio
nale di eguaglianza, è . . . smentita dai chiari disposti dell'art. 113, 1° comma, e — principalmente
— dall'art. 103, 1° com
ma, Cost.: "Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti
della pubblica amministrazione degli interessi legittimi", oltre che degli stessi diritti soggettivi, in particolari materie indicate dalla legge».
È stato, quindi, affermato dalla citata sentenza della Corte
costituzionale che gli art. 16, 17 e 18 d.p.r. 30 dicembre 1972
n. 1035, qualora vengano interpretati nel senso di conferire al
giudice amministrativo le controversie riguardanti l'annullamento
e la revoca dei provvedimenti di assegnazione degli alloggi eco
nomici e popolari, non violerebbero l'art. 24, 1° comma, Cost.
Non può infatti ritenersi che la tutela giurisdizionale davanti
ai giudici amministrativi non sia efficace ed immediata (ove si
tenga conto anche del potere di sospensione degli atti impugnati che ad essi compete). Né, del pari, violerebbero l'art. 25 Cost.,
poiché non può affermarsi che giudice «naturale» di tali con
troversie debba essere solo il pretore, con esclusione dei tribu
nali amministrativi regionali (e del Consiglio di Stato in sede di appello).
Nel quadro giurisprudenziale sopra delineato, come è stato
segnalato dalla decisione della IV sezione del Consiglio di Stato
che ha rimesso la questione all'adunanza plenaria, si sono poi
registrati, nell'ambito dello stesso ordinamento giurisdizionale
amministrativo, significativi scostamenti dall'orientamento giu
risprudenziale in precedenza seguito, tali da determinare con
trastanti soluzioni interpretative tra le varie sezioni; sicché si
è posto il problema della riconferma o meno dell'orientamento
già seguito dalla IV sezione del Consiglio di Stato. Ad avviso di questa adunanza, le ragioni della riconferma
dell'orientamento positivo in ordine alla sussistenza della giuris
dizione amministrativa in materia di controversie relative a prov
vedimenti incidenti sul rapporto concessorio di alloggi di edili zia residenziale pubblica, coincidono con le stesse esigenze di
chiarezza o di coerenza in materia di riparto di giurisdizione cui ha inteso corrispondere l'introduzione della giurisdizione
esclusiva in tema di «atti e provvedimenti relativi a rapporti
di concessione di beni o di servizi pubblici», ad opera dell'art. 5 1. n. 1034 del 1971.
Deve, invero, sottolinearsi, al di là dell'applicabilità del tradi
zionale criterio di attribuzione alla cognizione del giudice am
ministrativo delle controversie, che (pur insorgendo nella fase
successiva all'assegnazione dell'alloggio) attengano ai presuppo
sti e ai requisiti dell'atto di assegnazione (anche se incidono
sul rapporto già instaurato), l'ampliamento ratione materiae rea
lizzato dalla giurisdizione esclusiva introdotta dal cit. art. 5 1.
n. 1034 del 1971 comporta la concentrazione nella giurisdizione
amministrativa (con le sole eccezioni espressamente previste dalla
stessa norma, in materia di indennità, canoni ed atti corrispetti
vi), di tutte le controversie (anche involgenti diritti soggettivi) derivanti da rapporti di concessione di beni e servizi pubblici.
La potestà di controllo della permanente legittimità o liceità del rapporto già instaurato (rapporto che, per i suoi obiettivi,
oltre che per la sua genesi, non assume mai pienamente i con
notati di un rapporto privatistico di locazione), deve dunque
ritenersi assoggettata, nel suo concreto esercizio (incidente su
posizioni di diritto soggettivo o di interesse legittimo), all'ap prezzamento del giudice amministrativo, in sede di giudizio esclusivo.
Ritenuta, pertanto, nel caso di specie, la sussistenza della pro
pria giurisdizione, passando all'esame del merito dell'appello,
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PARTE TERZA
il collegio stima necessario acquisire, ai fini del decidere, docu mentati chiarimenti in ordine alle vicende che hanno determina
to, secondo quanto esposto dalle parti, la temporanea perdita della disponibilità e la successiva riacquisizione dell'alloggio, non ché in ordine agli atti emanati dall'amministrazione sull'istanza del Bertelli di riscatto anticipato dall'alloggio.
CONSIGLIO DI STATO; sezione VI; decisione 28 agosto 1995, n. 819; Pres. Laschena, Est. D'Angelo; Min. beni culturali
(Aw. dello Stato Cerini) c. Soc. consulenze costruzioni spe ciali (Avv. Mazzarelli) ed altro. Conferma Tar Lazio, sez.
II, 26 marzo 1993, n. 371.
Antichità e belle arti — Cose d'interesse artistico e storico —
Prelazione — Notifica — Termine (R.d. 30 gennaio 1913 n. 363, regolamento di esecuzione delle leggi 20 giugno 1909 n.
364 e 23 giugno 1912 n. 688 per le antichità e belle arti, art.
63, 65; 1.1° giugno 1939 n. 1089, tutela delle cose di interesse artistico o storico, art. 30, 31, 32, 73).
Notificazione e comunicazione di atti civili — Nullità della no tifica — Effetti (Cod. proc. civ., art. 60, 160, 162).
L'atto con cui l'amministrazione dei beni culturali esercita il
diritto di prelazione in caso di alienazione di cose d'arte, ha natura recettizia, e va notificato ad alienante ed acquirente entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in
cui la compravendita è stata notificata all'amministrazione■ (1) Le conseguenze della nullità della notificazione di un atto rica
dono, a prescindere dalla eventuale responsabilità dell'uffi ciale notificatore, sulla parte nell'interesse della quale la noti
ficazione sia stata effettuata. (2)
(1) Il carattere costitutivo dell'avvenuta conoscenza, da parte dei con traenti in un negozio traslativo di una cosa d'arte, dell'esercizio della prelazione da parte dell'amministrazione, discende dalla costruzione del l'atto di esercizio della prelazione stessa, come negozio a carattere re cettizio: sul punto, vedi richiami di giurisprudenza e di dottrina nella nota a Cass. 6 maggio 1994, n. 4386, Foro it., 1995, I, 895, cui adde, sempre nel senso del carattere recettizio, Cons. Stato, sez. VI, 17 no vembre 1970, n. 757, id., Rep. 1970, voce Monumento, n. 41 e 14 dicembre 1979, n. 889, id., Rep. 1980, voce Antichità, n. 24, e Rass. avv. Stato, 1980, I, 347, con nota di Tamiozzo.
Nell'esercizio intempestivo del diritto di prelazione da parte del mini stero dei beni culturali, la decisione in epigrafe ravvisa un'ipotesi di scorretto esercizio del potere, laddove la giurisprudenza della Cassazio ne è da sempre orientata a riconoscere la carenza di potere e la giurisdi zione ordinaria (sent. 6 maggio 1994, n. 4386, cit.; per i precedenti vedi la nota di richiami sopra citata, cui adde, in senso conforme alla Cassazione, Cons. Stato, sez. VI, 1° dicembre 1986, n. 886, id., Rep. 1987, voce cit., n. 55).
(2) Conf., Cass. 22 dicembre 1971, n. 3740, Foro it., Rep. 1971, voce Notificazione civile, n. 55; 14 marzo 1963, n. 643, id., Rep. 1963, voce Impugnazioni civili, n. 48; App. Perugia 5 febbraio 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 54. Nel caso di preclusioni maturate per omis sioni o ritardi dell'ufficiale giudiziario, può farsi valere contro di esso, da parte di chi ha richiesto l'atto, la responsabilità di cui agli art. 60, n. 2, e 162, 2° comma, c.p.c., il cui presupposto non è un rapporto privatistico di preposizione, ma un rapporto pubblicistico tra la parte e l'ufficiale, considerato organo giudiziario dotato di autonomia fun zionale (Marziale, Ufficiale giudiziario, voce del Novissimo digesto, Torino, 1973, XIX, 1022). Da ciò deriva che la parte richiedente va considerata irresponsabile nei confronti del destinatario dell'atto per danni provocati dalla colpa dell'ufficiale giudiziario nel compimento dell'atto richiesto, dei quali risponderà lo stesso notificatore, ex art. 2043 c.c. (Cass. 8 novembre 1955, n. 3645, Foro it., Rep. 1955, voce
Ufficiale giudiziario, n. 3; 31 gennaio 1957, n. 342, id., Rep. 1957, voce cit., n. 1; 13 febbraio 1963, n. 287, id., Rep. 1963, voce cit., n. 1). In tema, v. Vessia, Della responsabilità dell'ufficiale giudiziario per i vizi relativi alla notificazione degli atti a mezzo del servizio posta le, in Temi nap., 1967, I, 153.
li Foro Italiano — 1996.
Diritto. — La difesa della Società consulenze costruzioni spe ciali eccepisce, in via pregiudiziale l'inammissibilità del ricorso in appello del ministero per i beni culturali e ambientali, sul
presupposto che, a norma dell'art. 28 1. 6 dicembre 1971 n.
1034, l'appello deve essere notificato presso il procuratore co
stituito in primo grado.
L'appello medesimo — sostiene la difesa predetta — è stato
«inviato» a lungotevere Flaminio n. 36 e consegnato al portiere dello stabile in via Donatello n. 70, mentre il procuratore della
società è domiciliato «attualmente» in via Donatello n. 71 ed
il portiere dello stabile di via Donatello n. 70 non è in alcun
modo autorizzato a ricevere gli atti notificati.
Dalla decisione di primo grado risulta che tale società è rap
presentata e difesa dall'avv. Valeria Mazzarelli, «presso il cui
studio ha eletto domicilio in Roma, lungotevere Flaminio n. 36».
Dalla relazione della notificazione dell'atto di appello emerge che la notificazione stessa è stata eseguita presso lo studio del
nominato avvocato in Roma, lungotevere Flaminio n. 36, me
diante consegna di copia a persona qualificatasi per Colasani, convivente e capace che ne cura la consegna in sua assenza.
Siffatta relazione ha natura di atto pubblico facente piena
prova fino a querela di falso del compimento delle attività indi cate dal 2° comma dell'art. 148 c.p.c. (Cass. 7 luglio 1980, n.
4333, Foro it., Rep. 1980, voce Notificazione civile, n. 33), fra cui quella relativa al luogo della consegna di copia dell'atto.
In via pregiudiziale deve essere delibata altresì la questione di giurisdizione sollevata dal ministero appellante.
Il Tar adito ha ritenuto sussistente, con la decisione impu
gnata, la tardività della notificazione del provvedimento di pre lazione nei confronti dell'acquirente, essendo essa stata eseguita oltre la scadenza del termine di cui all'art. 32, 1° comma, 1.
1° giugno 1939 n. 1089, ed ha annullato il provvedimento me
desimo. L'amministrazione appellante deduce che non ravvisa l'ille
gittimità del provvedimento erroneamente annullato dal Tar, nel
presupposto che tale provvedimento non ha natura recettizia, che la notifica di esso alla società venditrice è avvenuta nel ter
mine di sessanta giorni ed estende l'effetto dell'esercizio del di
ritto di prelazione per l'acquisto dell'immobile alla società ac
quirente e che il termine per la prelazione non deve essere consi
derato irrimediabilmente scaduto, osservando che, diversamente, sussisterebbe il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
In base al più recente orientamento giurisprudenziale di que sta sezione (Cons. Stato, sez. VI, 30 gennaio 1991, n. 58, id.,
1991, III, 345; 16 settembre 1993, n. 627, id., Rep. 1983, voce Antichità, n. 96; 13 ottobre 1993, n. 760, ibid., n. 93), cui si intende aderire sotto il profilo interpretativo, ai fini della sussi stenza del presupposto legittimante l'esercizio del potere ablato
rio, che si riscontra nel provvedimento di prelazione, è suffi
ciente l'esistenza di un atto di notificazione, anche se invalido,
ponendosi il difetto di potere e, quindi, di giurisdizione in rap porto con la sola inesistenza e non anche con l'invalidità della
notificazione medesima.
Nel merito l'appellante ministero osserva che l'assunto del
Tar, secondo cui il provvedimento con il quale viene esercitato
il diritto di prelazione abbia natura recettizia, non appare accet
tabile e che, a fronte della decisione di questa sezione n. 461
del 23 aprile 1990 (id., Rep. 1990, voce tit., n. 60) richiamata dalla società ricorrente, si contrappone la decisione n. 78 del
25 marzo 1987 del consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (id., Rep. 1987, voce cit., n. 64), il quale ha affermato che «la notifica della decisione con cui lo Stato eser
cita il diritto di prelazione nel caso di alienazione tra privati di cose storiche o artistiche nel territorio nazionale non è un
atto recettizio; ciò in quanto la proprietà del bene passa allo
Stato alla data del provvedimento col quale è esercitata la pre lazione e non già della notifica di esso».
In effetti, il provvedimento con il quale viene esercitata la
prelazione si configura, ai sensi degli art. 31 e 32 1. n. 1089 del 1939, come atto recettizio, sicché la partecipazione di tale
atto si atteggia quale elemento costitutivo della fattispecie pre vista dalle citate norme, come è stato riconosciuto anche dalla Corte di cassazione (Cass. 8 febbraio 1982, n. 720, id., 1982, I, 1612), e da questa sezione (Cons. Stato, sez. VI, 23 aprile 1990, n. 461, cit.; 16 settembre 1993, n. 627, cit.; 13 ottobre
1993, n. 706, cit.).
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