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A.N.I.U. OGGI 2/11

Date post: 29-Feb-2016
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Edizione 2/11 della rivista ufficiale dell'Associazione Nazionale Imprenditori Uniti
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Periodico d’informazione dell’Associazione Nazionale Imprenditori Uniti Tra crisi e risanamento dei conti IN RICORDO DI… Steve Jobs COME FARE Conto energia S.O.S. CRISI Investire nell’oro
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Page 1: A.N.I.U. OGGI 2/11

Periodico d’informazione

dell’Associazione

Nazionale Imprenditori

Uniti

Tra crisi e risanamento dei conti

IN RICORDO DI… Steve Jobs

COME FARE Conto

energia

S.O.S. CRISI Investire nell’oro

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Direttore Responsabile: Matteo Pogliani Vicedirettore: Claudia Tomasi Hanno collaborato a questo numero: Matteo Pogliani, Claudia Tomasi, Giulia Giuliani, Pietro Pappalardo, Ivan Villa, Gianluca Flego, Renzo Scandella, Raffaella Vaccaro Grafica: Ufficio comunicazione A.N.I.U. Copyright Associazione Nazionale Imprenditori Uniti Le rubriche e le notizie sono a cura della redazione. È vietata la riproduzione anche parziale, di testi, fotografie e disegni senza autorizzazioni scritte. Per richieste di spazi pubblicitari su A.N.I.U. OGGI telefonare allo

030.7243519 o inviare una mail a [email protected]

Associazione Nazionale Imprenditori Uniti Via Rovato 29, 25030 Erbusco (BS)

Tel. Numero Verde 800-200054 [email protected] - www.aniu.it

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Eccoci dunque al secondo numero di A.N.I.U. oggi. Ci eravamo prefissati e abbiamo rispettato l’impegno di una pubblicazione mensile della rivista, proprio perché volevamo dare continuità all’attività dell’associazione mettendo a disposizione degli associati A.N.I.U., e di tutti, uno strumento utile, nuovo ed indipendente per essere sempre correttamente informati su quello che accade intorno a noi.

volontà di restare sempre al vostro fianco offrendovi un sostegno concreto, perché essere informati è oggi una condizione fondamentale e di grande valore. L’informazione, o meglio, la buona informazione, è un bene da tutelare. L’informazione disponibile per tutti e slegata da qualsiasi interesse economico o partito politico è un bene raro, e proprio per questo va difeso e diffuso. Anche il buon funzionamento del sistema economico dipende da una buona informazione; il sapere è, infatti, il fattore chiave della vita economica. Non a caso, negli ultimi anni anche la nostra legislazione si è mossa e continua un percorso nella direzione di una sempre maggiore trasparenza da parte di tutti coloro che lavorano sui mercati finanziari, perché tutti possano essere sempre e correttamente informati, in modo da prevenire i cattivi funzionamenti dei mercati che danneggiano l’economia globale dei Paesi ed ognuno di noi. Notizie attuali, informazioni utili, ma anche curiose e bizzarre. Un nuovo punto di vista sulla realtà contemporanea, non solo sotto l’aspetto economico e finanziario, ma anche sociale e culturale; tutto questo è A.N.I.U. oggi. Buona lettura!

Ouverture

Editoriale

Non solo. Quello che abbiamo voluto creare è anche e soprattutto un mezzo per restare sempre in contatto con tutti voi, perché A.N.I.U possa diventare davvero un punto di riferimento per i propri associati anche grazie ad un continuo scambio di informazioni. Continuità di impegno, dunque, per quanto riguarda l’attività vera e propria dell’ associazione, ma anche

C.T.

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Hotel ristorante

Villabella

Via Villabella 11 37047 San Bonifacio Tel. +39 045 6104218 Fax +39 045 6101982

[email protected]

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S o m m a r i o

In ricordo di… Godbye Mr. Jobs. L’uomo che ha cambiato il mondo

Pag. 7

Come fare Traguardo Grid Parity Conto energia

S.o.s. crisi Torna la “febbre”. L’investimento in oro

Pag. 15

Pag. 27

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S o m m a r i o

Attualità Credito per le imprese BoT I lavoratori professionisti

Fisco no problem L’ufficio ha fretta? Accertamento nullo

Primo piano La nuova manovra finanziaria: sarà la svolta?

A.N.I.U. consiglia Libri, Musica, Film, Homevideo

Pag. 11

Pag. 17

Pag. 25

Pag. 29

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Goodbye

L’uomo che ha

In ricordo

Steve Jobs fondatore di Apple, NeXT e Pixar

Innovatore, comunicatore, per tanti semplicemente un visionario. Questo era Steve Jobs, il geniale fondatore di Apple, padre di alcuni dei più diffusi prodotti tecnologici al mondo. Le sue idee hanno profondamente segnato noi e la nostra società. A.N.I.U. Oggi lo ricorda così.

“Be hungry, be foolish” (siate affamati, siate folli). Queste le ultime (e certamente più toccanti) parole del famoso discorso che Steve Jobs, l’inventore di Apple, tenne alla cerimonia di laurea della classe 2005 dell'università di Stanford. “Tutto qui, niente di eccezionale: solo tre storie”, quelle raccontate da Jobs ai giovani neolaureati, tre storie però che riassumevano con il loro messaggio visionario lo spirito più profondo del sogno americano, la cosciente volontà di perorare e dar credito alle proprie speranze dato che “Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro”. Un discorso forte, atipico per struttura e messaggio, atipico nel senso più buono del termine, atipico come ogni singola idea sviluppata da questo straordinario genio. Non a caso Apple negli anni ha saputo divenire sinonimo di genialità, simbolo estremo della

potenzialità della creatività imprenditoriale. Sempre e per sempre originale, sin dalla scelta del suo marchio, quella mela “assaggiata”, così strana per un’azienda di prodotti tecnologici, spersa tra i classici prefissi Tecno-Compu-New della concorrenza. Ma la volontà di innovazione non finiva qui, radicata com’era nell’essenza di questo progetto, nel più profondo angolo della mente del suo creatore. Mac, iPod, iPhone, iPad, semplici sigle che negli anni sono riuscite a cambiare il mondo, modificando radicalmente la nostra percezione del mezzo tecnologico e di conseguenza il suo utilizzo. Jobs è riuscito in ciò che oggi a distanza di anni può definirsi una vera e propria “rivoluzione copernicana”: rendere popolare, nel senso più vero del termine, prodotti che erano sempre stati fino ad allora esclusivo appannaggio di una ristretta e preparata elite. Quello che era solito definirsi hitech veniva

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Mr. Jobs

cambiato il mondo

di…

tramutato lentamente ma inesorabilmente in “pop”tech, tecnologia del popolo, in un processo di “democratizzazione” quanto mai nuovo, capace di “alfabetizzare” tecnologicamente milioni di persone e di tracciare la strada per tutte le aziende di information technology. Dopo Apple niente fu più uguale a prima, dopo Apple nulla lo poteva essere. Una maniacale e celeberrima cura per i dettagli che ha saputo ispirare un modello di approccio nello sviluppo dei prodotti unico, un approccio capace di dar vita a prodotti raffinati, di alto profili e soprattutto di suscitare estremo attaccamento nel cliente. Gli utenti apple, mac prima iPhone e iPad poi, riuscivano nell’utilizzo del proprio prodotto non solo a sentirsi all’avanguardia ma soprattutto si sentivano (e tutt’ora si sentono) parte integrante di una ben distinta comunità. Diatribe storiche, presenti da sempre: Beatles o Rolling Stones, Spandau Ballet o Duran Duran, Apple o Windows, quando l’incompatibilità di sistema diveniva marchio distintivo e valore di cui fregiarsi: “io uso Mac”.

Potere del brand, potere delle incredibili visioni di Jobs, capace di plasmare come mai prima di lui un universo dove bellezza e funzionalità sono riuscite a trovare un significato nuovo, migliore. Forse sta proprio in questo il più grande capolavoro di Jobs, essere riuscito a far convivere ciò che nella maggior parte dei casi non vi riesce, far coincidere bellezza e funzionalità. I prodotti della “mela” sin dagli esordi uniscono la ricercatezza del design con un impeccabile fruibilità. Per Jobs era infatti impensabile scindere questi elementi, strettamente legati a doppio filo e dipendenti l’uno dall’altro in un rapporto al limite della simbiosi. L’estetica è diretta conseguenza di un utilizzo pratico e performante, la funzionalità derivante dalle ricercate ma semplice linee del prodotto. Non c’è predominio, l’una o l’altra interagiscono nella perfezione di un innato equilibrio. Ma Steve è stato un vincente a tutto campo, un novello re Mida che tramutava in oro ogni progetto intrapreso e la sua vita ne è ampia e concreta dimostrazione. “L’uomo che visse tre volte” come erano solito definirlo i media

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americani era l’incarnazione più vera dello spirito americano, con quella incrollabile volontà di affermazione, quella capacità di saper sempre prontamente reagire ai duri colpi della vita. Il licenziamento da Apple nel 1984, il primo cancro, macigni da cui Jobs ha sempre saputo risollevarsi, tornando anzi più saldo di prima. Capacità che hanno saputo trasformarlo, trasfigurando profondamente la sua persona al limite del mito. Per la “tribù Apple” Steve non era infatti solo un brillante uomo d’affari, era molto di più, un guru che dettava stili di vita e tendenze, un entità quasi eterea capace sorprendentemente di capire prima della stessa gente quelli che sarebbero divenute loro necessità. Solo la malattia è riuscita a restituirci il Jobs uomo, rammentandoci che seppur geniale Steve era pur sempre uno come noi, soggetto alle spietate leggi della vita. Un fatto che però non ne ha intaccato minimamente la magia ma che forse con quei lampi di fragilità ha voluto ricordarci che in fondo tutti noi siamo un po’ Steve Jobs, basta crederci.

Steve Jobs Nato a San Francisco il 24 febbraio 1955, Steve Jobs viene dato in adozione dai genitori naturali, l'americana Joanne Carole Schieble e il professore siriano Abdulfattah Jandali, e cresce con i genitori adottivi Paul e Clara Jobs in condizioni modeste. Già da bambino si mette in luce per le sue capacità scientifiche e nel 1972 si diploma alla Homestead High School di Cupertino, dove solo quattro anni più tardi sarà fondata Apple. Si iscrive al Reed College di Portland per specializzarsi in informatica, ma abbandona dopo un solo semestre, continuando però a seguire alcuni corsi . Nel 1974 coinvolge l’ex compagno di liceo e amico Steve Wozniak in un suo progetto, ed insieme, due anni più tardi,m fondano Apple Computer, lanciando il primo modello Apple I. Abbandonato dall’amico e socio Wozniak in seguito a un incidente aereo, nel 1983 Jobs arruola John Sculley, l’allora presidente della Pepsi, ma questa si rivela una mossa pessima e nel 1985 Jobs lascia Apple per fondare NeXT Computer, con l’obiettivo di dare vita a una nuova rivoluzione tecnologica. Nel 1986 acquista Pixar dalla Lucas Film, che realizzerà nel 1995 Toy Story, il primo lungometraggio di computer animation mai realizzato. Nel frattempo si sposa con Lauren Powell nel 1991. Il 1995 è un anno difficile per Apple, che contatta Jobs, che rientra nell’azienda in cambio di un’acquisizione di NeXT da parte di Apple. I cinque anni successivi sono molto fortunati per Apple, e il 2001 è l’anno del lancio ufficiale di Mac OS X e, contemporaneamente, di iPod e iTunes. Nel 2004 Jobs parla per la prima volta del cancro che lo ha colpito, dicendo di aver superato il primo intervento e di non aver bisogno di chemioterapie. In quei mesi a sostituirlo viene chiamato il suo braccio destro, Tim Cook. Nel 2009 subisce un trapianto di fegato, dal quale secondo qualcuno non si è mai del tutto ripreso. Ma nel frattempo, nel 2007, presenta un prodotto nuovo e molto atteso, l’iPhone. Lo scorso anno, dopo una lunga attesa, presenta il tablet targato Apple: Ll’iPad. Con la guida i Jobs, Apple continua a produrre e commercializzare innovativi prodotti che portano l’azienda a divenire un punto di riferimento nel settore dell’elettronica di consumo. Il 24 agosto scorso lascia la guida di Apple, passando il timone a Tim Cook, che il 4 ottobre presenta iPhone 4S. Il giorno dopo, Steve Jobs muore.

MP.

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Primo

La manovra della svolta Tante novità e molto

clamore per la nuova

manovra finanziaria

È opinione comune che situazioni limite pretendano sempre soluzioni altrettanto limite. Non bisogna nascondersi: la congiunzione economica mondiale è ancora pericolo concreto e tutti, Italia in primis, devono duramente scontrarsi con essa, in particolar modo per la progressiva riduzione dei debiti sovrani, vera e propria spada di Damocle per molti. Va letta in quest’ottica la nuova manovra finanziaria approvata (non con poche difficoltà e malumori) . Con 314 sì il Governo, nella serata di mercoledì 14 Settembre e dopo aver già ottenuto la fiducia con 316 voti favorevoli e 302 contrari, ha incassato l'approvazione definitiva della Camera sul testo del decreto legge n. 138, così come modificato dal Senato. Nata per accelerare al 2013 il pareggio di bilancio, tale manovra con i suoi 27 articoli che la compongono comprende misure per 54,3 miliardi nel 2013, di cui il 65% delle stesse arriverà da nuove entrate (35,4 miliardi). Tra queste ultime 4,236 da una delle novità più contestate, l’aumento di un punto dell'Iva. Dalle scarpe al vino, dai giocattoli ai detersivi, dalle tv alle automobili, numerosi prodotti vedranno rincari per la variazione dell'aliquota Iva dal 20 al 21%. Pronti incrementi anche per i pieni di carburante che oltre alle accise scontano l'imposta sul valore aggiunto e le sigarette il cui aumento dell'Iva porta a un rialzo di 20-25 centesimi. Beni di largo diffuso, che volenti o nolenti, andranno a toccare concretamente le tasche degli italiani.

Già da metà agosto, l'entrata in vigore del decreto 138, aveva sottoposto gli automobilisti alle prese con nuove immatricolazioni ad un aumento (anche di tre volte) dell'imposta di trascrizione. Con la manovra viene di fatto annunciato che la tassazione degli atti soggetti a Iva avverrà, anziché secondo una tariffa in somma fissa (150,81 euro), in misura modulata sulla base delle caratteristiche di potenza e portata dei veicoli soggetti ad immatricolazione. Le voci raccontavano di una manovra che doveva essere quella della super-Irpef con l'arrivo (anche se solo come clausola di salvaguardia) dell'aliquota al 48% in caso di un contributo di solidarietà troppo elevato tra 90mila e i 150mila euro e sopra i 150mila euro.

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piano

Alla fine la “solidarietà” sarà solo a scapito dei contribuenti che hanno redditi complessivi superiori ai 300mila euro, in particolare nella misura del 3%. Per quanto riguarda gli aumenti delle imposte non finisce qui. I contribuenti a partire dal 2012 si troveranno ad affrontare anche le maggiorazioni delle addizionali all'Irpef che Comuni e Regioni avranno facoltà di aumentare, rispettivamente, fino al tetto massimo dello 0,8% e dell'1,4% fino al 2014. Sempre dal 1° gennaio 2012 bisognerà misurarsi anche con l'armonizzazione delle rendite finanziarie che caleranno dal 27 al 20% per i depositi bancari e aumenteranno dal 12,5 % al 20% per i capital gains. Tutto invariato al 12,5% per i titoli pubblici. Per le imprese del

settore energetico è già scattato per l'anno d'imposta in corso, e dunque dal 1° gennaio 2011, l'aumento della Robin tax che sale dal 6,5% al 10, 5%. Una misura importante, da cui il Governo si attende cifre considerevoli (1,8 miliardi), cifre destinate a ridurre i tagli imposti ai Comuni, facendoli scendere da 6 a 4,2 miliardi. Non è esentato neanche il mondo delle Cooperative che se la dovrà vedere con il taglio delle agevolazioni e il peso degli utili sull'imponibile. Con la manovra diventa operativo anche il nuovo pacchetto antievasione, elemento che come al solito ha scatenato innumerevoli proposte in fase di realizzazione della stessa. Diverse quindi le misure, la più efficace delle quali è senz'altro la possibilità per gli uffici finanziari di farsi “girare” dai mediatori i dati delle movimentazioni bancarie per tutta una serie di contribuenti. Le liste che potranno essere così realizzate saranno utili soprattutto con il nuovo redditometro e con lo spesometro (per ulteriori dettagli vedere lo scorso numero di A.N.I.U. Oggi). Pur se smorzato con il maximendamento torna, a grande richiesta popolare, il penale per gli evasori. Non sarà prevista alcuna sospensione della pena se l'evasione supera i 3 milioni di euro, reati meno

(speriamo) finanziaria

Nella foto il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed il Ministro dell’economia Giulio Tremonti

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gravi, mentre per i reati più gravi i 3 milioni di evasione dovranno rappresentare almeno il 30% del volume di affari. Stretta determinante anche per le società di comodo con un'addizionale del 10,5% all'Ires e l'indeducibilità dei costi sostenuti per i beni fittiziamente intestati. Si “lotterà” anche in Comune sul fronte evasione: per tre anni i sindaci potranno utilizzare il 100% delle cifre pagate dagli evasori. Non solo fisco però. La nuova manovra propone il taglio per 6 miliardi delle spese dei ministeri,primo passo verso una progressiva (si spera) riduzione dei costi della politica. Si va dalle auto blu al contributo di solidarietà raddoppiato ai parlamentari, dalla riduzione delle indennità all'accorpamento dei piccoli Comuni e degli uffici giudiziari. Rinviato, invece, al Ddl costituzionale il tanto pubblicizzato taglio delle province che comunque, come ha affermato il ministro per la semplificazione, avrà corsia preferenziale in Parlamento. Nel capitolo lavoro risalta la norma inserita sulle deroghe alla contrattazione collettiva e dunque anche ai licenziamenti. Poteva e doveva essere per molti esperti la manovra sulle pensioni e invece su questo campo, dopo un susseguirsi di annunci e dietrofront, si anticipa semplicemente al 2014 l'avvio dell'adeguamento graduale al requisito dei 65 anni di età per il pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici private. Connesso poi alla scelta dell'uscita dal mondo del lavoro il destino del Tfr degli statali. La liquidazione, infatti giungerà con 6 mesi di ritardo per chi uscirà con la pensione di vecchiaia e con 24 per chi sceglie la via dell'anzianità. Tante e spesso poco digeribili le novità, purtroppo figlie di una situazione non voluta ma semplicemente subita. Crisi appunto, quella stessa che in cinese viene scritta con l’utilizzo di due caratteri: uno rappresentante il pericolo e l'altro l'opportunità. Sta solo a noi adesso scegliere a quale dei due dar ragione.

Ed intanto S&P “boccia” il nostro rating L'agenzia internazionale di rating Standard & Poor's ha annunciato, a sorpresa, la decisione di tagliare di un gradino, tecnicamente un «notch», il voto sul debito pubblico italiano: il «rating» si riferisce, in sintesi, alla capacità di risarcire il debito pubblico da parte di un dato Paese. Standard and Poor's ha declassato il debito sovrano sia a breve che a lungo termine dell'Italia, classificandolo da «A+» a «A» e da «A-1+» a «A-1». Le prospettive future per l'Italia, secondo quanto riporta l'agenzia americana, sono da considerarsi “negative”. il taglio del rating sul debito in particolare va dovuto alle «deboli prospettive» di crescita economica, con il Paese governato da una «fragile coalizione»: in poche parole secondo l’agenzia, l’instabile situazione politica e la fragilità della coalizione di governo in Italia, si legge, «limita la capacità di risposta dello Stato». La scarsa fiducia di S&P's nella capacità dell'Italia di correggere il debito/Pil nei tempi previsti dal piano di rientro concordato anche in sede europea, tuttavia, non coincide con la valutazione del mercato che finora ha mantenuto i titoli di Stato italiani ben lontani dalla "mischia" degli Stati disastrati quali Grecia, Portogallo e Irlanda.

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Come

Fotovoltaico: tragua Grid Parity entro Previsioni sempre più

positive per le rinnovabili

L’Italia potrebbe essere il primo paese europeo a raggiungere la grid parity entro il 2013. E’ quello che emerge dal rapporto “Solar Photovoltaics Competing in the Energy Sector. On The Road to Competitiveness” dell’EPIA (European Photovoltaic Industrial Association), ufficialmente presentato in occasione dell’ottava edizione dell’European PV Industry Summit che ha avuto luogo il 5 settembre 2011. Questa nuova analisi dell’EPIA ha considerato 5 mercati energetici europei (Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) mostrando come il nostro Paese potrebbe raggiungere il traguardo della grid parity già entro il 2013, seguiti poi dal resto del continente entro il 2020. Si tratta, sostanzialmente, del momento in cui l’energia elettrica prodotta da una fonte rinnovabile avrà lo stesso costo di quella prodotta da fonti tradizionali e le energie pulite potranno finalmente competere nel mercato. Secondo quanto riportato dal rapporto, l’Italia potrebbe raggiungere l’obiettivo già nel 2013 per quanto riguarda il settore commerciale e, solo un anno più tardi, nel 2014, per quanto riguarda il fotovoltaico a terra, generando un effetto a catena in tutto il resto dell’Europa, che dovrebbe allinearsi ai risultato italiani entro il 2020. La ricerca ha esaminato diversi parametri che possono permettere al fotovoltaico di accrescere la sua competitività, cercando di capire quale strada sia la migliore da percorrere per ottenere la grid parity. Oltre all’

evoluzione tecnologica e ai piani economici incentivanti, l’aspetto che gioca un ruolo fondamentale per raggiungere l’obiettivo è il livello di irraggiamento, ed è anche per questo motivo che il nostro Paese si trova in una posizione avvantaggiata e decisamente favorevole. L’Italia offre infatti condizioni meteorologiche molto buone per l’utilizzo di energie rinnovabili. Il valore di irraggiamento è molto differente tra nord e sud, ma la media è comunque superiore al fabbisogno annuo procapite di calore per la preparazione di acqua sanitaria. Non a caso, il nostro Paese può oggi brindare al raggiungimento di una meta molto importante, da molti preannunciata ma per nulla scontata: il raggiungimento di 10mila megawatt installati con oltre 270 mila impianti collegati alla rete elettrica nazionale. . La regione leader per la produzione di energia elettrica attraverso impianti solari è la Puglia, come evidenziato da un rapporto di Confartigianato secondo cui

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fare

addirittura mondiale: la piccola Puglia ha infatti battuto persino il gigante Cina, con 161 megawatt totali contro i 160 della potenza cinese. Buone notizie anche sul fronte occupazionale: il settore dell’energia solare offre infatti nuovi posti di lavoro e non può essere trascurato dalla politica in un momento di crisi come quello attuale. Come sottolinea Greenpeace in un rapporto del 2010 “sono 230.000 le persone occupate nel mondo nel settore fotovoltaico e saranno 1.5 milioni nel 2015. in Italia, secondo un rapporto Ires/Cgil, a metà del 2009 gli occupati nel settore erano circa 6.000 e, ad oggi, se ne calcolano circa 10.000”. E il responsabile della campagna Energia e Clima, Domenico Belli aggiunge: “Gli investimenti mondiali sul solare fotovoltaico hanno raggiunto il record di 35 miliardi di euro nel 2009 e si prevede di arrivare a 70 miliardi nel 2015. L’Italia è tra i Paesi più attivi, con quasi 1 miliardo di investimenti”.

rdo il 2013

Quarto conto energia Attualmente è in vigore il Quarto Conto Energia, il nuovo Piano Incentivante contenuto nel Decreto Ministeriale del 5 maggio 2011 che stabilisce i criteri per incentivare la produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici e lo sviluppo di tecnologie innovative per la conversione fotovoltaica. Il nuovo conto è entrato a regime il 1 giugno 2011 e resterà valido sino al 31 dicembre 2016, salvo modifiche. La novità principale introdotta dal provvedimento riguarda la progressiva diminuzione delle tariffe incentivanti, considerato il raggiungimento entro pochi anni della grid parity. A partire dal 2013 saranno introdotte tariffe incentivanti omnicomprensive per l’energia prodotta e immessa in rete e tariffe premio per l’energia prodotta e auto-consumata. E’ stata inoltre data una nuova definizione di “piccoli impianti”: oggi sono considerati tali gli impianti realizzati su edifici per potenze fino a 1000 kWp e altri impianti fino a 200 kWp in regime di scambio sul posto.

Come richiedere gli incentivi La richiesta degli incentivi va fatta per via telematica direttamente sul sito della GSE (Gestore dei Servizi Energetici, https://applicazioni.gse.it) e la procedura varia a seconda che si tratta di grandi o piccoli impianti. Visto che il procedimento risulta articolato, il consiglio è di scaricare prima la Guida, prestare attenzione ad ogni passaggio avendo ben chiaro le opzioni da selezionare ed avere a disposizione tutto il materiale richiesto, poiché, una volta inseriti i dati preliminari, non è più possibile modificarli.

assistito al maggior incremento di energia green già a partire dal 2009, davanti a Lombardia e Piemonte. Un risultato molto importante, quello della Puglia, che ha assunto una rilevanza anche internazionale. nel rinnovamento energetico. La sua posizione di testa sulla produzione di energia elettrica da fonti solari, infatti, non è solo nazionale, ma va vista in un contesto

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Credito sempre più “salato” per le imprese italiane

“Piove sempre sul bagnato” o almeno così è solito dirsi… è questo ciò che devono aver pensato numerosi direttori finanziari di aziende italiane alla notizia del rincaro dei costi di finanziamento delle banche. La crisi che si sta violentemente abbattendo sull’economia globale non ha mancato infatti di fare sentire le sue innumerevoli e pressanti influenze anche per ciò che riguarda il credito alle imprese, gioia (ultimamente più dolore) per molti imprenditori italiani. Consolatorio, in parte, è il fatto di essere in buona compagnia. L’aumento è difatti generalizzato: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps e Ubi, tutte confermano i rincari. Complesso fare una media, le stime più probabili raccontano settanta punti base, una previsione certamente dura da digerire, ma più realisticamente, è possibile identificare nel differenziale di spread Btp-Bund tra maggio e fine agosto (120 punti base) l'aumento dei tassi per le future operazioni. I rilevanti e continui rialzi del costo della raccolta, incentivati dalle gravi agitazioni dei mercati finanziari internazionali, hanno oltretutto provocato una rarefazione della liquidità, obbligando i diversi istituti a processi di costante adeguamento del livello di pricing dei propri impieghi, ed in particolar modo sul medio lungo termine. Queste tensioni si erano già manifestate a luglio e i tassi ufficiali rilevati da Bankitalia sottolineano un aumento degli oneri per le società non finanziarie: per i prestiti fino a un milione si passa dal 3,71% di giugno al 3,99%, per quelli oltre il milione si sale dal 2,91 al 2,98%.

L’ingente vento di crisi di Agosto ha però sostenuto il trend e le recenti indicazioni che sopraggiungono dalle imprese sono per livelli decisamente più ragguardevoli del previsto. Ad influenzare pesantemente questo andamento non è tanto il parametro base, l'Euribor, addirittura in calo tra luglio e settembre, quanto l'aumento degli spread, in certi casi addirittura superiore ad un punto, effetto quasi scontato vedendo l’andamento dei titoli di Stato italiani. Ovviamente resta ancora alle aziende facoltà di trattativa con le banche, facoltà che spesso riesce a ridimensionare sensibilmente l’aumento non arrivando però a salvaguardare le stesse da spese comunque importanti. Tutto così negativo quindi? No, in realtà non mancano anche situazioni virtuose, dove il sostegno del credito è presente e sicuro, ma restano comunque casi isolati, eccezioni ad una regola sempre più dura per imprese ed aziende.

Attua

Il business parla mandarino

Secondo una classifica stilata dall’agenzia americana Bloomerang, il mandarino (la lingua ufficiale della Cina, parlata da 845 milioni di persone) è, dopo l’inglese, la lingua più parlata per fare business. Secondo Leigh Hafrey, studioso del Massachusetts Institute of Technology, l’inglese non perderà comunque il suo primato fino a

quando il dollaro resterà la valuta principale per gli scambi commerciali, ma nei Paesi in cui questo non rappresenta la lingua madre, il mandarino permette di diminuire il tempo delle negoziazioni e migliorare gli affari. Dopo il cinese troviamo il francese, usato da 68 milioni di persone ma lingua ufficiale in 27 paesi, seguito dall’arabo, che è

usata da 221 milioni di persone ma è ufficiale solo in 23 nazioni. Segue in classifica lo spagnolo, lingua ufficiale in 20 Paesi e utilizzata da 329 milioni, che continua a essere il più studiato nei college americani. Il cinese è solo al settimo posto, prima dell'arabo, ma dopo il francese, il tedesco, l'italiano e il giapponese.

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Nel lontano 1088 nasceva a Bologna la prima università, un’innovazione destinata a segnare profondamente la società occidentale, un’innovazione, per spirito e cultura, tutta italiana. C’era una volta purtroppo. Stando infatti agli impietosi dati della World University Ranking, prestigiosa classifica stilata annualmente per giudicare il valore e la qualità delle università mondiali, i tempi sono preoccupantemente cambiati, vista la “non” presenza di atenei italiani nelle prime posizioni. Bisogna precipitare fino al 183° posto per scovare la prima italiana, ancora una volta l'Università di Bologna, in calo però di ben 7 posizioni dal 2010 quando era 176/a. Una bocciatura secca quella del ranking, figlia di rigidi criteri di valutazione bibliometrici per misurare la rilevanza delle ricerche pubblicate, la reputazione accademica, il valore dei suoi docenti, che evidenzia per l’ennesima volta (se mai ce ne fosse stato il caso) la decadenza del sistema universitario italiano. Ma realmente un’università come Bologna vale un po' meno, per restare in Europa, di quella irlandese di Cork? Giudicare la correttezza di certe classifiche è sport spesso vano, ma non

lità

c'è dubbio che questa sia utile ad evidenziare alcuni dei cronici problemi del nostro sistema universitario. I sempre minori fondi assegnati a formazione e ricerca e la perdurante assenza di una visione progettuale condizionano pesantemente la vita dei nostri atenei, spingendoli spesso lontani dagli standard europei, con conseguenti gravi ripercussioni sui giovani laureati italiani. Un gap non ancora così preoccupante certo, ma comunque sempre più in crescita. A salvarci restano le grandi qualità che da sempre contraddistinguono la creatività italiana, le stesse qualità capaci di dar vita al celeberrimo Made in Italy, ma siamo così certi che possano bastare a salvarci?

L’autunno nero delle università italiane

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BoT, una sfida che vale (forse)

A volte è solo questione di fiducia. Ecco cosa devono aver pensato quei risparmiatori italiani che hanno deciso di rinnovare il BoT annuale in scadenza, partecipando all'asta e collocando così il titolo di Stato nel portafogli ancora per un anno. Una fiducia ben ricompensata stando ai dati: rendimento mai visto dai tempi precedenti al crack-Lehman: il 4,15% lordo o, se preferite, il 3,3% al netto del prelievo fiscale (12,5%) e delle commissioni di acquisto. Il rendimento proposto ieri dal BoT annuale rappresenta un premio ancora più di valore perché permette di difendere il denaro dai tanti rischi dell'inflazione, evento di per sé non molto assiduo nella recente storia del titolo. L'indice del carovita è infatti cresciuto sino al 2,8% ad agosto e anche se i conti andranno fatti con i futuri 12 mesi è probabile che, data l'ormai certa frenata della crescita in Italia e in Europa, sarà difficoltoso assistere a valori molto più elevati. Ma qualunque rosa ha la sua spina, e non a caso la realtà è per certi versi purtroppo differente. Non serve certo un esperto di finanza per capire come il rendimento così alto sia uno dei tanti sintomi provocati dalla forte sfiducia che i mercati hanno sulle possibilità di risposta del nostro Paese e sulle sue capacità di risolvere le incertezze, debito e crescita su tutte. Due facce della stessa medaglia che racchiude sì grandi risorse, ma anche una elevata percezione del rischio che il Tesoro non possa far fede ai propri impegni con i creditori. Banche, investitori istituzionali, famiglie, nessuno escluso.

Chi punta a dar ancora fiducia ai BoT parla oggi di alterazioni dei mercati determinate dai preoccupanti accadimenti di quest’ultimo periodo. È in parte vero tutto ciò come d’altronde lo sono i numerosi segnali di questi ultimi mesi di una futura ristrutturazione del debito italiano, segnali che sarebbe alquanto pericoloso ignorare o anche solo ridimensionare. Distorsione di mercato o meno resta solo una certezza: l'asta ha inevitabilmente alzato il metro di rendimento per tutte quelle attività utili al risparmiatore per gestire e investire la liquidità. Da qui in avanti banche ed istituti dovranno per forza confrontarsi con quel 3,3% annuo per raccogliere quel denaro di cui oggi hanno doverosa necessità. Se a questo poi aggiungiamo il trattamento fiscale di favore destinato ai titoli del Tesoro dalla riforma delle aliquote (12,5% contro il 20% di c/c, pronti contro termine e obbligazioni societarie) comprendiamo come la sfida non sarà facile. Affatto.

Attua

Facebook in borsa? Solo da fine 2012

Ritarderà di alcuni mesi l’approdo in borsa di Facebook. Era difatti atteso entro il prossimo aprile, ma secondo fonti americane tale previsione andrà spostata al "tardo 2012". Il social network ha raggiunto 750 milioni di utenti attivi nel mondo: ha come principali fonti di ricavo la pubblicità e la vendita di beni digitali. Alcune voci garantivano l’arrivo sul listino già entro la fine del 2011, ma secondo le norme

U.S.A. che regolano il debutto in borsa, l’azienda di Zuckerberg (a sin. nella foto) deve pubblicare i suoi risultati finanziari entro i primi quattro mesi dell'anno successivo al momento in cui dichiara di aver superato la soglia di cinquecento azionisti: è un annuncio che risale allo scorso gennaio e, quindi, l'attenzione degli analisti era puntata sull'aprile del 2012 come prima scadenza per la quotazione.

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Chi onestamente può dire di non essere caduto, almeno una volta nella vita, nel celeberrimo mantra “celò-manca-celò”? Chi di non aver accettato ingenue scommesse o improbabili scambi pur di arrivare alla tanto sospirata “introvabile”? Le figurine Panini, un semplice ricordo giovanile per molti ma anche vero fenomeno sociale capace di intrecciarsi prepotentemente alla storia popolare italiana, quella stessa Italia di sognatori che in quegli anni cresceva e sperava. Una mostra dedicata le celebra a Roma fino al 23 Ottobre. Le figurine, un’idea per molti versi ingenua ma dall’estremo potere comunicativo: le figurine sono state tra le prime forme di mass-media del Novecento, un vero e proprio mezzo di comunicazione trasversale che ha saputo modellare e modellarsi in una società che iniziava ad essere profondamente e genuinamente pop. Un po’ collezione un po’ pubblicità, una perfetta simbiosi capace di una memoria collettiva che oggi conquista i due piani di Palazzo Incontro di Roma, sede della mostra. Non manca nessuno, da Ciccio Cordova (Brescia) a Manservini, passando ovviamente dal leggendario (più su carta che sul campo) Pizzaballa, portiere dell’Atalanta e capostipite della figurina introvabile. Quello stesso Pizzaballa che riusciva a creare situazioni spesso improbabili, dove una sua figurina poteva valere (solo su carta) “tre Rivera e due Mazzola", in un fenomeno di “democratizzazione” che ribaltava i valori del

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campo dando l’occasione di diventare fenomeno anche a chi fenomeno non era. Un segno positivo di speranza non certo sottovalutabile per quegl’ancora difficili anni. E poi Sandokan, Star Treck, e via via fumetti, film, cartoni animati, una globalizzazione di generi e stili a sancire la definitiva affermazione di questo prodotto. Negli anni '80 hanno inizio le vicende che portarono la casa modenese a nuovi ingressi societari e cambi di proprietà. Ora il mito appartiene al Gruppo Merloni ed è il principale mezzo di sostentamento del Sindacato calciatori. Niente più figurine introvabili però: per legge va pubblicato lo stesso numero per ogni esemplare. Doverose ragioni legali che non hanno però minimamente intaccato il fascino delle “figu”, capaci di emozionare ancora oggi nonostante cellulari e playstation.

Cinquant’anni in figurine: l’epopea Panini in mostra

Quando “Davide” sfida “Golia”: l’Ente Altoatesino contro Apple

È di qualche settimana fa la notizia dell’apertura da parte dell’Agcm, l’Authority incaricata di vigilare sulla concorrenza,di un fascicolo a carico di Apple: motivo dell’indagine la durata “breve” della garanzia di iPad, iPhone e altri dispositivi griffati dalla celeberrima “mela”. L’Ente Consumatori Alto Adige dopo attenta analisi ha infatti

sottolineato come gli utenti ottengano assistenza soltanto per i primi dodici mesi posteriori alla’acquisto, un’assistenza inadeguata e che viola i due anni richiesti dagli articoli 132 e 133 del codice del consumo. L’azienda di Cupertino non ha tardato a replicare, sottolineando come la copertura rispetti puntualmente i due anni richiesti

con la sola eccezione del secondo anno, non a carico della Apple stessa ma bensì dei diversi distributori. La decisione adesso è passata ad Agcm, la quale avrà l’ingrato compito di stabilire da quale parte stia la verità e se l’Ente Altoatesino riuscirà a dare un altro “ morso” alla mela targata Steve Jobs.

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Tra (poca) stabilità e tanta incertezza: il mondo dei

lavoratori professionisti

“Professionisti, a quali condizioni?” è il titolo dell’indagine condotta dall’IRES sui professionisti e promossa dalla Consulta delle Professioni assieme alla Filcams CGIL. La ricerca ha analizzato le condizioni di lavoro di quelli che vengono definiti “lavoratori professionisti”, ma che risultano oggi essere poco autonomi, spesso soggetti ad un pressante orario di lavoro, con contratti a “tempo” piuttosto che a “risultato”. Lo studio ha preso in considerazione le tre diverse categorie di lavoratori professionisti: autonomi, dipendenti e praticanti, mettendo in luce l’elevato livello di istruzione che le caratterizza (l’80% di essi è infatti in possesso di almeno una laurea) e, al contempo, le difficili condizioni lavorative in cui queste si trovano, causate sia da redditi molto bassi (quasi il 45% guadagna meno di 15mila euro) che da una forte discontinuità occupazionale cui questa categoria di lavoratori è sottoposta. Questo scenario riguarda soprattutto le donne: esse, infatti, rappresentano, secondo i risultati dell’indagine, la categoria con minori possibilità di guadagno. Ne risulta una classe professionale in costante e precario equilibrio tra sicurezza e instabilità, a causa soprattutto dei cambiamenti che il lavoro professionista ha iniziato a subire già a partire da vent’anni fa e che hanno portato ad oggi ad uno scarso potere contrattuale da parte dei lavoratori professionisti nei confronti dei propri committenti per quanto riguarda le condizioni lavorative. Non solo, quello che la ricerca registra è anche una scarsa soddisfazione nei confronti dei propri ordini di appartenenza e la quasi totale assenza di tutele sia dal punto di vista previdenziale che assistenziale. Le principali preoccupazioni di questa classe lavoratrice risultano quindi essere legate principalmente alla stabilità lavorativa, al reddito, alle tutele sociali e professionali, alle regolamentazione dei tempi di pagamento e alle difficoltà di conciliare vita privata e professionale. Per la maggior parte dei professionisti il lavoro è altamente intermittente; il 61,4% dei rispondenti

all’indagine ha dichiarato di aver vissuto negli ultimi cinque anni una situazione di alternanza tra periodi di lavoro e più o meno brevi periodi di disoccupazione. Questa condizione è più rilevante per alcune professioni, soprattutto nel campo della cultura e dello spettacolo e tra docenti ed educatori. Nel 2009 il reddito annuale medio è stato inferiore ai 10mila euro per il 23% dei professionisti e tra 10 e i 15mila per il 21,6%. Ancora una volta, i settori più penalizzati sono quelli della cultura e dello e dei docenti ed educatori. Non solo redditi bassi, ma anche l’attesa del pagamento è una difficoltà fortemente sentita dai professionisti autonomi, che nel 60,1% dei casi aspetta più di 60 giorni dall’emissione della fattura per ricevere il pagamento. Da ultimo, ma non meno importante, i professionisti lamentano la difficoltosa conciliazione tra vita lavorativa e vita famigliare, indicata dalla quasi totalità degli intervistati (81,6%) e da iscrivere nelle più ampie difficoltà che essi riscontrano per quanto riguarda l’accesso ai servizi pubblici, a dimostrazione delle carenze del supporto sociale riscontrate da questa classe di lavoratori. Si tratta di problematiche urgenti e drammatiche, con conseguenze importanti e preoccupanti. Il 63,7% dei lavoratori professionisti ha infatti dichiarato di essere disponibile a trasferirsi all’estero, mentre il 40,6% sarebbe addirittura disposto a cambiare professione pur di migliorare le proprie condizioni lavorative. I picchi massimi si riscontrano, sorprendentemente, nelle categorie professionali con qualifiche più elevate: nell’area giuridica, economica e gestionale-amministrativa.

Attua

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Forse la parola “ibrido” non riesce a darle il credito meritato. Meglio forse il tecnico “bicicletta a pedalata assistita” o ancora più adatto il popolare “bici elettrica”. Definizioni a parte, in questi ultimi anni questo mezzo ecosostenibile sta ottenendo sempre più considerazione, considerazione testimoniata concretamente dal continuo aumento delle vendite. Proprio per questo, anche se in giro se ne vedono ancora poche, c’è chi è pronto a scommettere su un imminente boom. Motivi? Diminuiscono lo sforzo rispetto a una bicicletta tradizionale, sono facili da usare e soprattutto non richiedono assicurazioni, patente e casco, e se non bastasse, con quel loro valore eco friendly stanno diventando sempre più vero oggetto di culto. In Italia il fenomeno sta crescendo. Nel nostro Paese i marchi di punta restano limitati, ma in Olanda e in Germania si è affermato un trend che vale alcune centinaia di milioni di euro. Con margini quasi certi di crescita. I seri problemi ambientali della città saranno certamente spinta alle vendite che già raggiungono le 150mila unità nel primo caso e sfiorano le 200mila nel secondo. Doveroso inoltre considerare lo sviluppo tecnico delle stesse che ha reso più fruibile il prodotto, migliorandone in primis l'estetica. I primi esemplari sembravano delle bici da lavoro, sgraziate e pesanti. I modelli di oggi sono identici alle bici

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totalmente muscolari, ma pesano in media 25 kg. La discriminante tecnica resta le batterie: al piombo, quasi in disuso, ma più economiche, o al litio, più leggere ed efficienti, ma assai costose. Si ricaricano tramite una presa comune, tipo telefonino. In molti casi, dopo averle staccate dal supporto del telaio. L'autonomia va da 40 a 90 km, comunque sufficienti per muoversi liberamente in città.

Il fascino segreto della bicicletta (elettrica)

“Un’isola felice” per la ricerca: la Sardegna

Crisi o meno c’è ancora chi crede nel valore della ricerca, in particolare c'è una regione che ci crede investendo 100 milioni di euro quest'anno che vanno ad aggiungersi ai 200 milioni del 2010. La Sardegna: eventi, convegni, ma soprattutto due parchi tecnologici, uno situato a Pula e dedicato in particolare all’informatica, e il secondo ad Alghero (Porto Conte Ricerche) che compie attività di ricerca e formazione nei settori delle

Tecnologie alimentari e biotecnologie applicate. Oltre al centro di calcolo Crs4 (il secondo centro di supercalcolo più importante d’Italia) – una delle realtà più progredite nella ricerca biotecnologica e sul genoma - e il Sardinia Radio Telescope a San Basilio, 35 km a nord di Cagliari. Grazie alle risorse del Crs4 nel maggio dello scorso anno i ricercatori hanno potuto individuare il gene che regola la sclerosi multipla e contribuito alla

realizzazione del mattone che sarà utilizzato per costruire la futura base lunare. Il radiotelescopio di San Basilio, che sarà collaudato definitivamente in ottobre quando avrà inizio l’installazione delle apparecchiature aggiuntive per essere poi operativo totalmente dal 2012, è il più sofisticato impianto d’Europa e tra i più tecnologicamente avanzati al mondo per studiare le onde radio nell'universo.

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L’ufficio ha L’accertamento

È non valido l'avviso di accertamento emesso prima dei 60 giorni dalla conclusione delle indagini. Questa la precisazione effettuata dalla Corte di cassazione con la sentenza 18906 depositata il 16 settembre. Una nullità che trova applicazione anche nei casi in cui non sia stata effettuata dall'amministrazione una precisa verifica presso il contribuente, ma un seppur ridotto reperimento di documenti fiscali, dato che la norma non attua la ben che minima distinzione in questo senso. Tale pronuncia ha origine nell’acquisizione da parte dell'amministrazione finanziaria di alcuni documenti fiscali di un'impresa. L'ufficio ha poi successivamente rettificato un reddito superiore al contribuente: l'articolo 12, comma 7 della legge 212/2000 presume che dopo il rilascio della copia del verbale di chiusura delle operazioni fatto dagli appositi organi di controllo, il contribuente possa comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste, valutate poi dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato anticipatamente alla scadenza del termine, salvo casi motivati da particolare e motivata urgenza. Il contribuente ha per questo impugnato l'accertamento sottolineando il mancato riguardo del termine. L'ufficio ha sollevato a sua difesa l'inapplicabilità della norma al caso in esame, in quanto l'attività compiuta non poteva considerarsi una vera e propria verifica, quanto più una raccolta di informazioni, al pari di altri strumenti affini quali i questionari, l'invito a produrre documenti o l'invito a presentarsi. La disposizione quindi, secondo l'ufficio, farebbe esclusivo riferimento al verbale di chiusura delle operazioni di verifica.

La Commissione provinciale ha reso nullo l'atto, supportando le ragioni del contribuente, decisione poi confermata dal giudice di appello. È partito allora il ricorso per Cassazione dell'Agenzia che, oltre a confermare l’inapplicabilità della norma in questione, ha sottolineato anche che il rispetto dei 60 giorni andava considerato termine ordinatorio e non perentorio con la risultante che la sua inosservanza non avrebbe potuto comportare la nullità dell'atto. La sentenza, dopo aver ripercorso la posizione iniziale tenuta dalla Cassazione secondo cui non era sanzionabile con la nullità il mancato riguardo del termine,

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no problem

È partito allora il ricorso per Cassazione dell'Agenzia che, oltre a confermare l’inapplicabilità della norma in questione, ha sottolineato anche che il rispetto dei 60 giorni andava considerato termine ordinatorio e non perentorio con la risultante che la sua inosservanza non avrebbe potuto comportare la nullità dell'atto. La sentenza, dopo aver ripercorso la posizione iniziale tenuta dalla Cassazione secondo cui non era sanzionabile con la nullità il mancato riguardo del termine, ha dato come previsto evidenza della pronuncia della Corte costituzionale e del successivo cambio di orientamento della Cassazione.

fretta? è nullo

In particolare, viene fatto risaltare che l'interpretazione favorevole alla nullità può anche sembrare opinabile ma non è né arbitraria né pretestuosa, anche perché, specificano i giudici, non dovrebbe essere troppo complesso per l'amministrazione, sottrarsi a tali risultati adattandosi al regime più rigoroso e al rispetto dei tempi. Da qui la conferma della sanzione della nullità nelle ipotesi di inosservanza delle regole. Per quanto concerne, invece, l'inapplicabilità della norma al caso specifico, dato che l'attività posta in essere era riconducibile non a una verifica, ma al mero reperimento di documentazione fiscale, la sentenza ha rilevato che questa differenziazione non trova corrispondenza alcuna nella norma. Ne deriva che l'osservanza dell'articolo 12, ultimo comma non deve avere luogo solo in ipotesi di verifica fiscale. Questa delucidazione è fondamentale perché viene finalmente spiegato, come già si erano espressi vari giudici di merito, che l’impedimento di emanare atti impositivi prima dei 60 giorni non riguarda solo il caso del Pvc ma anche qualunque altra attività dell'amministrazione, senza che si debba tener conto della sua denominazione tecnica e dal verbale che ne deriva. Se così non fosse la norma sarebbe facilmente aggirabile ritoccando la denominazione dell'attività svolta. Risulta particolarmente insolito che gli uffici continuino a impugnare le decisioni delle commissioni di merito che sanzionano con la nullità l'inosservanza di questo termine, quando in realtà, la stessa Agenzia a livello centrale, ha impartito, da tempo, direttive per evitare casi simili.

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S.O.S.

Nuove congiunture v la nuova

I motivi per cui si investe in oro sono rimasti essenzialmente immutati nel corso della storia. L’oro è stato spesso utilizzato come riserva monetaria perché ha svolto funzione di denaro. Il suo peso ne determina facilmente il valore. Resiste, sia in tempi di crisi che in tempi di prosperità, nonostante la ciclicità del mercato, a differenza di molte valute e materie prima, che perdono valore molto facilmente. Per questo motivo, il metallo giallo è spesso acquistato per coprirsi dai rischi di inflazione e fluttuazione delle valute. Sostanzialmente, il valore dell’oro è rimasto abbastanza stabile nel tempo. Anche oggi, in un’epoca di crisi finanziaria acuta, l’oro sta svolgendo in modo ottimale la sua funzione di “protezione della ricchezza”, nonostante le quotazioni siano comunque molto variabili e non si possano escludere crolli improvvisi e violenti dei prezzi. In questi ultimi anni le quotazioni dell’oro sono cresciute in maniera incredibile e molte banche internazionali prevedono per i prossimi 15 mesi nuovi traguardi; la francese Société Générale si spinge addirittura a ipotizzare un target di 2.500 dollari per oncia entro la fine del 2012. In quest’ultimo periodo di crisi economica ed incertezza finanziaria, il ruolo del metallo giallo come stabilizzatore di portafoglio è nuovamente rafforzato dal fatto che il franco svizzero (altro bene di rifugio per eccellenza) ha perduto parte del suo smalto. L’oro pare essere l’ultimo rimasto in piedi tra i beni rifugio in grado di proteggere il risparmio.

Come sfruttare questa situazione? Per i piccoli investitori, o ancora meglio per i piccoli risparmiatori, gli strumenti più indicati (e più utilizzati) per investire in oro sono Etc (Exchange Trade Commodities) ed Etf (Exchange Traded Funds), che replicano linearmente l’andamento delle quotazioni dell’oro, senza quindi nessun effetto leva e con la possibilità di puntare solo sul rialzo dei prezzi. Gli Etc investono direttamente in oro fisico; non sono altro che una versione contemporanea delle banconote tradizionali basate sul sistema del gold standard in vigore dal 1972 negli USA che, sostanzialmente, si basa sulla giacenza di oro fisico di valore equivalente a quello indicato nel documento cartaceo. In questo caso, l’oro si trova presso una banca depositaria terza rispetto all’emittente. Questo strumento è stato, negli

La crisi fa riscoprire vecchie

ma mai sopite abitudini:

i beni rifugio

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crisi

ecchie abitudini, febbre dell’oro

ultimi tre anni, il migliore nel riprodurre l’andamento del metallo. Grazie alla quotazione in tempo reale, gli Etc hanno reso accessibile a tutti gli investitori in maniera semplice, trasparente e con elevata liquidità il mercato della materie prime in generale, in questo caso dell’oro. Un’alternativa agli Etc che investono nel bene fisico sono prodotti che hanno alla base un contratto a termine: i futures sull’oro. Lo svantaggio di questi strumenti è dato dal fatto che, nel momento in cui il contratto sottostante arriva alla scadenza e viene rinnovato, vi possono essere delle differenze nelle quotazioni; l’accumulo di queste nel tempo può portare a scostamenti di valore considerevoli rispetto alle quotazioni dell’oro fisico. L’acquisto di azioni di società minerarie che si occupano di estrazione dell’oro è un’ulteriore

possibilità (indiretta) di investimento. Questi titoli, se scelti in maniera corretta e accurata, possono addirittura rappresentare un investimento più redditizio rispetto ai precedenti. Il valore di queste azioni viene molto influenzato dal prezzo dell’oro, anche se, naturalmente, questo non è l’unico fattore a determinarne il prezzo finale. Contribuiscono infatti a determinare il prezzo dell’azione anche fattori apparentemente secondari come la diffusione geografica dei progetti minerari, i costi della società, i margini, la redditività, la solidità del bilancio, il debito, la qualità della gestione e tanti altri fattori. È proprio una giusta combinazione di questi elementi che può dare all’investitore la possibilità che il titolo faccia meglio del prezzo dell’oro stesso. L’investimento nel settore dell’oro resta, ad oggi, tra i più sicuri e proficui. Non vi è un modo migliore di un altro per investire in oro. Sia l’investimento in oro fisico che finanziario, così come gli investimenti indiretti, sono caratterizzati da aspetti positivi ed aspetti negativi, che possono essere di volta in volta valutati a seconda delle esigenze di ognuno.

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A.N.I.U.

Libri – Il valore della speranza In questo troppo spesso cupo periodo speso tra crisi, incertezza e futuro sospeso, Mario Calabresi prova ad accendere un, seppur fioco, lume di speranza. Cosa tiene accese le stelle. Storie di italiani che non hanno mai smesso di credere nel futuro vuole proprio essere questo, un accorato grido a non mollare, un monito a tener sempre viva la fede nel domani. Calabresi ricompone i frammenti di un Italia in cui si faticava a vivere ma dove era anche sempre presente la speranza, e di un presente così intorpidito da non riuscire più a far proprio l'esempio di chi non ha smesso di credere nel futuro. Un viaggio nella parte più recondita del nostro Paese attraverso le storie di chi - scienziati, artisti, imprenditori, giornalisti e persone comuni – non ha mai ceduto, riuscendo ad inseguire i propri sogni e tenendo testa alle sfide del proprio tempo . Perché bisogna sempre ricordare che in mezzo allo sconforto diffuso la strada, seppur nascosta, c’è, perché coltivando le proprie passioni non si

resta delusi e perché la libertà si conquista, anche e soprattutto, con la determinazione. Per scoprire un giacimento di vita, energia e coraggio, un luogo in cui la nostra essenza trova la sua vera dimensione. Mario Calabresi, Cosa tiene accese le stelle. Storie di italiani che non hanno mai smesso di credere nel futuro, Mondadori, Milano, 2011

Film – Il sogno americano di Paolo Sorrentino

Cheyenne è stato una rockstar. Arrivato a 50 anni continua a vestirsi e truccarsi come quando saliva sul palcoscenico e, grazie alle royalties, vive agiatamente con la moglie Jane a Dublino. Informato della morte del padre, con il quale non aveva da tempo alcun rapporto, decide di tornare a New York. Scopre così che l'uomo aveva un'ossessione: vendicarsi per un'umiliazione subita in campo di concentramento. Cheyenne decide di proseguire la ricerca dal punto in cui il genitore è stato costretto ad abbandonarla e inizia un viaggio attraverso gli Stati Uniti. Il testo della canzone dei Talking Heads, che da il titolo al film e riveste un ruolo fondamentale in una delle scene più intense, rappresenta una sorta di sintesi di quest’ultima opera di Paolo Sorrentino, che torna all’intimismo degli esordi con questa rappresentazione di un viaggio che è, prima di tutto, un lungo viaggio alla ricerca di se stesso, un vero e proprio percorso di vita. Cheyenne è un uomo che quotidianamente si trasforma in maschera; una maschera ironica, nevrotica e carnevalesca, con la quale si aggrappa a quel passato di gloria che ora rifugge e che segna ancor più la distanza tra lui e

This Must Be the Place (USA, 2011), di Paolo Sorrentino.

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lo spazio intorno a sé. Accanto a lui da 35 anni una donna solida, che sa come essere sorridente, argine alla sua pacata depressione. Al suo fianco un costante peso, rappresentazione del bagaglio di situazioni irrisolte che da sempre si trascina dietro. Prima fra tutte, il rapporto con la figura paterna. Tra i film più attesi della rassegna francese di quest’anno, This Must Be the Place uscirà nelle sale italiane il 14 ottobre. Prima esperienza all’estero per il nostro regista napoletano, che con questa sua ultima fatica ha generato un evidente scontro tra la propria poetica e il cinema americano ed ha coronato più di un sogno: lavorare con un star indiscussa e girare un film negli States. D’altra parte, a quale regista non piacerebbe?

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consiglia

Musica – Bush: meglio tardi che mai

The Sea of Memories, questo il nome del nuovo album dei Bush la cui uscita in Europa è prevista per il prossimo 28 ottobre 2011. Un ritorno quanto mai atteso se considerati i lunghi 10 anni passati dall’ultimo disco in studio, dal titolo Golden State e targato 2001. In realtà quest’ultimo album della band era atteso già per l’anno scorso, quando i ben informati del settore davano per certo il titolo Everything Always Now. In realtà, evidentemente, le cose non sono andate proprio come Gavin Rossdale e soci speravano ed ecco il ritardo nell’uscita del disco. Solito stile graffiante ma educato capace di esaltare le celeberrime doti vocali di Gavin. Il brano, in rotazione musicale già da qualche giorno su

Virgin Radio e altre emittenti nazionali, dal The Sound Of Winter ne è esempio lampante, con quei suoi rift che gridano rock. Prima di lasciarvi all’album però, c’è un’ultima notizia che riguarda la band. I Bush tornano dopo molti anni di assenza e lo fanno con una band rivoluzionata. Del gruppo originale restano infatti solo il cantante/chitarrista Gavin Rossdale e il batterista Robin Goodridge. A rimpiazzare Nigel Pulsfordalla chitarra e Dave Parsons al basso ora ci sono: Chris Traynor e Corey Britz. Tanti anni di attesa…. Siamo certi ne sarà valsa la pena. Bush, The Sea of Memories.

Homevideo – All in the Golden Afternoon…

Usciva nel 1951 uno dei classici più surreali e visionari di Disney: Alice nel paese delle meraviglie. Proprio in occasione del 60° anniversario dell'uscita del celebre film d'animazione, Disney ha realizzato una nuova edizione speciale in Blu-Ray per rivivere le magiche e straordinarie avventure della piccola Alice nel mondo onirico e incantato uscito dalla penna di Lewis Carrol. L’intramontabile classico disneyano ritorna in un’edizione che è il sogno di ogni appassionato e collezionista, e grazie alla tecnologia Disney Enhanced Home Theater Mix brilla oggi di tutto lo splendore dell’alta definizione Blu-Ray. Suono cristallino e immagini semplicemente splendide, frutto di un accurato restauro che ha restituito appieno lo splendore e la nitidezza del disegno originale, sarebbero motivi già sufficienti per tuffarsi, ancora una volta, nella tana del Biancogniglio ed incontrare personaggi indimenticabili come il Cappellaio Matto, lo Stregatto e la Regina di Cuori. Ma le novità non finiscono qui; l’edizione è accompagnata da contenuti speciali

assolutamente affascinanti, tra cui Attraverso il buco della serratura: guida al Paese delle Meraviglie, l’appassionante gioco interattivo Di rosso le tingerem, appositamente studiati e realizzati per questa speciale edizione, e Un'ora nel Paese delle meraviglie, una visita negli studi Disney dell'inizio Anni Cinquanta in compagnia dello "zio Walt". Siete pronti a seguire ancora una volta Alice nella tana Bianconiglio? Alice nel Paese delle Meraviglie di Clide Geronimi, Wilfred Jackson e Amilton Luske, Walt Disney Production

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Il credito della fiducia (se ne resta) (ascoltando Policy of Truth dei Depeche Mode, tempo di lettura circa 4’)

manca a questa povera (di nome e sempre più di fatto) Italia, spersa tra le mille voci di chi dovrebbe proporre soluzioni ma preferisce invece lo sterile ed improduttivo clamore dello scontro. Tanto rumore che però non riesce a tradursi che in una preoccupante e vistosa carenza di idee, di soluzioni pratiche per dare, o quantomeno provare a dare, quella svolta oggi così obbligatoriamente necessaria. Idee nel senso più profondo del termine, idee che con la loro carica conoscitiva ed emotiva diano soluzioni ma soprattutto speranza ad un paese che forse non ricorda più il valore di poter credere e auspicare in un cambiamento, piccolo, minuscolo che sia. È da questa pochezza non può derivare nient’altro che quel doveroso ma assai poco lungimirante processo economico/finanziario che stiamo lentamente ma inesorabilmente cominciando con la benedizione (vera o presunta che sia) della BCE. “Ridurre il debito sovrano” ecco la parola d’ordine, non importa come, non importa a scapito di chi o che cosa, siano essi i cittadini italiani o ancor più grave il loro futuro, l’unica cosa a contare è il risultato. Solo ed esclusivamente quello. Che sia ben chiaro, questa non vuole rappresentare né una critica né tantomeno un giudizio, quanto più una semplice ma debita considerazione, una considerazione accompagnata da una altrettanto opportuna domanda: è lecito sacrificare il futuro per salvare il presente!??!? É giusto scommettere il domani del nostro paese, dei nostri giovani, dinanzi alle ragioni di un oggi così fortemente compromesso, le ragioni di uno stato sempre più schiacciato dalle responsabilità che dovrebbe garantire??? A ciò non ho ancora risposta… spero di trovarla presto.

Siamo ancora qui, almeno per adesso. Questo il pensiero che viene alla mente pensando alla situazione italiana, scossa tra instabilità economica, declassamenti, scandali, mari tempestosi in cui è sempre più difficile “navigare a vista”, senza incappare nelle doverose conseguenze.

In questi casi non serve essere un “lupo di mare” per capire come l’unica possibile speranza risieda nel timoniere, colui che ha il compito (o almeno dovrebbe) di tracciare la rotta da intraprendere, scortando la propria nave al di là delle tanto preoccupanti nubi nere all’orizzonte. Una rotta sì, quella che ormai da troppo tempo

Controcopertina

MP.

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