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ANNO 116° SERIE IX N. 2 -...

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ANNO 116° SERIE IX N. 2 LE LETTERE / FIRENZE LUGLIO-DICEMBRE 2012
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ANNO 116° SERIE IX N. 2

LE LETTERE / FIRENZE LUGLIO-DICEMBRE 2012

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Periodico semestrale

DIRETTORE: Enrico GhidettiCOMITATO SCIENTIFICO: Novella Bellucci, Alberto Beniscelli, Giulio Ferroni, Quinto Marini,Gennaro Savarese, Luigi Surdich, Roberta Turchi

DIREZIONE E REDAZIONE:Enrico Ghidetti, Via Scipione Ammirato, 50 - 50136 Firenze; e-mail: [email protected]

SEGRETERIA SCIENTIFICA: Elisabetta Benucci

REDAZIONE:Chiara Biagioli, Alessandro Camiciottoli

AMMINISTRAZIONE:Casa Editrice Le Lettere, via Duca di Calabria 1/1 - 50125 Firenzee-mail: [email protected]: Stefano Rolle

DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Gentile

ABBONAMENTI:

LICOSA - Via Duca di Calabria, 1/1 - 50125 Firenze - Tel. 055/64831 - c.c.p. n. 343509e-mail: [email protected]

Abbonamenti 2013Solo cartaceo: Italia � 150,00 - Estero � 180,00Carta + web: Italia � 185,00 - Estero � 225,00

Tutti i materiali (scritti da pubblicare, pubblicazioni da recensire, riviste) dovranno essere indirizzati presso la Casa Editrice LeLettere. Manoscritti, dattiloscritti ed altro materiale, ancbe se non pubblicati, non saranno restituiti.

Iscritto al Tribunale di Firenze n. 1254 - 25/7/1958.

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SOMMARIO

Culto e mito di Dante dal Risorgimento all’Unità

ENRICO GHIDETTI, Mito e culto di Dante fra Settecento illuminista e Ottocentoromantico-risorgimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 379

RUGGIERO STEFANELLI, Dante nell’epistolario foscoliano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 409

LEONARDO SEBASTIO, 1865, tra filologia e retorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 421

ROSSANO DE LAURENTIIS, La ricezione di Dante tra Otto e Novecento: sondaggi tra bibliografiae diplomatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443

PASQUALE SABBATINO, «Noi volevamo una patria, e la patria fu per noi tutto». Dante e l’identitàdella nuova Italia in Francesco De Sanctis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 495

CHIARA TOGNARELLI, Il mito di Dante nell’opera del Carducci giovane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 513

AURÉLIE GENDRAT-CLAUDEL, «Per istrada ripeto a mente il Paradiso»: Dante talismano ebandiera degli esuli italiani in Francia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 527

JOËL F. VAUCHER-DE-LA-CROIX, Filologia e culto di Dante in Svizzera nell’età del Risorgimento 539

ELISABETTA BENUCCI, Il Dante di Giuseppe Giusti: dagli «scherzi» al Commento allaDivina Commedia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 565

EMANUELA BUFACCHI, Il Dante di Piero Gobetti e il Risorgimento dell’altra Italia . . . . . . . . . . 587

FRANÇOIS LIVI, Dal poeta vate al mistico esoterico. Letture e interpretazioni di Dante nellaFrancia dell’Ottocento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 599

Sommari-Abstracts . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 617

Atti del Convegno di Studi, Firenze, Società Dantesca Italiana, 23-24 novembre 2011

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«Sarebbe interessante studiare il tipo di approccio critico alla Com-media in relazione allo “status” accademico-culturale dei critici [...] èforse possibile ravvisare, nella produzione critica intorno ai “luoghi”importanti, un àmbito preferito dai critici affermati e, nella tradizionedi soggetti secondari, il settore privilegiato dai critici esordienti o co-munque non ancora decisamente accreditati come dantisti?»1

Il dantismo romantico

Si può a ragione parlare di “culto” della Commedia, intesa come espressione ditutto un popolo e di tutta un’epoca, il medioevo europeo; con l’opera messa allostesso livello dei poemi omerici per l’età classica e dei drammi shakespeariani peril Rinascimento inglese. Il Risorgimento ebbe un culto per Dante come il primointellettuale che indicò l’esistenza – da perfezionare – di una lingua d’Italia, il vol-gare, e con essa di una unità politica.

Se oggi facciamo un convegno, nella cornice dei 150 anni dell’Unità,2 su Danteè come se mettessimo in relazione due culti: quello di Dante e quello del Risorgi-mento, che pure si è alimentato con la mitografia di Dante, la sua vita e le sue ope-re.3 Ma in epoca romantica il “sommo poeta” funzionava anche a livello europeo,

LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO:SONDAGGI TRA BIBLIOGRAFIA E DIPLOMATICA

1 E. Esposito, Bibliografia e critica, in Dalla bibliografia alla storiografia: la critica dantesca nel mon-do dal 1965 al 1990, a c. di E. Esposito, Ravenna, Longo, 1995, pp. 11-22: 15.

2 I centenari danteschi acquistarono rilievo dopo l’Unità d’Italia; prima il criterio topografico pre-valeva su quello cronologico, «che cioè la celebrazione avvenisse nel luogo dove un grande poeta eranato o morto [o vissuto], indipendentemente dalla ricorrenza della data di nascita o di morte. [...] Isanti patroni erano topograficamente, non cronologicamente, caratterizzati: così i nuovi santi della re-ligione civile e nazionale, i poeti», C. Dionisotti, Varia fortuna di Dante, in Id., Geografia e storia dellaletteratura italiana, Torino, Einaudi, 1967, pp. 255-303 (d’ora in avanti Dionisotti 1967), p. 268. Op-portunamente Esposito, Bibliografia e critica, cit., p. 16, fa notare l’importanza e la frequenza degli stu-di danteschi dal punto di vista storico-geografico, a cui numerosi eruditi “locali” danno un contributoche caratterizza proprio la critica dantesca rispetto ad altri settori della letteratura.

3 Guido Biagi, prefetto della Biblioteca Laurenziana, descrive un’edizione della Commedia nellapremessa al Catalogo della mostra dantesca alla Medicea Laurenziana nell’anno MCMXXI in Firenze,Milano, Bertieri e Vanzetti stampatori editori, 1923 (d’ora in avanti Catalogo 1923), p. 20: «Molto si-gnificativa è l’edizione milanese del 1865, a cura di L. Scarabelli, in cui la lettera iniziale della prefazio-ne presenta Vittorio Emanuele incoronato d’alloro da Dante, e accanto, in un pilastro, il verso “Questinon ciberà terra né peltro”», dove la sibillina profezia di Virgilio si risolve nell’identificazione del “vel-tro” con il re d’Italia e, aggiungo, ci prospetta una simbologia sempre attuale, buona per ogni stagionedi lettura e interpretazione che voglia individuare nel veltro un bisogno di rinascita di «sapienza, amoree virtute».

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ROSSANO DE LAURENTIIS

in paesi di più consolidata tradizione politica e letteraria. Si pensi alla Francia conle letture alla Sorbona della Commedia di Abel-François Villemain (1790-1870) –che avrebbero influenzato Paul Colomb de Batines prima di venire in Italia;4 allaRussia con Aleksandr Veselovskij (1838-1906),5 all’Inghilterra con Lord Vernon eEdward Moore (1835-1916),6 e con i patrioti rifugiati in Albione: Foscolo, Mazzi-ni,7 Gabriele Rossetti; alla Germania con i solidi editori del testo come Karl Witte(1800-1883), autore nel 1862 di una edizione critica moderna della Commedia.8

Prova ulteriore, se ce ne fosse bisogno, è il fenomeno delle prime “Società dan-tesche”, nate a Dresda nel 1865 col patrocinio del re di Sassonia, seguìte a ruotanel 1876 dalla “Oxford Dante Society” ad opera del Moore, e dalla “Dante So-ciety of America” (1880), primo presidente il poeta e traduttore della Commedia,Henry Wardsworth Longfellow (1807-1882); mentre in Italia si dovette attende-re il 1888.9

4 Sulla vita eccentrica e movimentata del visconte Paul Colomb de Batines (Gap 1811-Firenze 1855),uomo di libri e di editoria, appassionato bibliografo, prima del Delfinato – sua regione d’origine –, epoi della letteratura italiana delle origini e ovviamente di Dante, si veda la puntuale ricostruzione diStefano Zamponi, Postfazione, con la collaborazione di M. Guerrini e R. De Laurentiis, alla rist. anast.della Bibliografia Dantesca di Batines, Roma, Salerno editrice, 2008, tomo III, pp. 269-308.

5 Nel periodo in cui risiedé in Italia (dal 1864 al 1867 circa) prese contatti con Carducci, D’Anco-na, Comparetti e con Pitré, con i quali approfondì i rapporti tra folklore e fiaba; sostenitore del com-parativismo in letteratura, viene anche considerato un precursore del formalismo.

6 Editore di una edizione critica della Commedia e delle opere minori (Oxford Dante, 1894), a lun-go riferimento fondamentale anche presso gli italiani.

7 G. Spadolini, Dante nel pensiero di Mazzini, «L’Alighieri: rassegna bibliografica dantesca», n. s.34, 1993, n.1-2, pp. 9-25: «la revisione dell’edizione foscoliana, che sarebbe stata stampata a Bruxellesper ragioni economiche, imponeva all’esule frequenti e lunghi soggiorni presso la sala manoscritti dellaNational Library di Londra, alla ricerca delle varianti sparse nei vari codici delle tre cantiche», e citan-do Mazzini dai Ricordi autobiografici: Foscolo «strozzato dalla miseria e dalla malattia, [...] non avevacompìto l’ufficio suo fuorché per tutta la prima cantica. Il Purgatorio e il Paradiso non consistevano chedelle pagine della volgata, alle quali stavano appiccicate liste di carta preste a ricevere l’indicazione dellevarianti, ma le varianti mancavano e mancava ogni indizio di scelta o di correzione del testo», in G.Mazzini, Scritti, vol. 77, Imola, Galeati, 1938, pp. 265-266. Questi, «immedesimandosi col [...] meto-do» del Foscolo, effettuò da solo la «scelta delle varianti» e la «correzione ortografica del testo». Il suoletto, per sei mesi, fu coperto di edizioni dantesche. Mazzini si fece dunque filologo, appartandosi perqualche tempo dalla vita politica. L’«intento» fu raggiunto fra il marzo e l’aprile del 1842, quando i primidue tomi della Commedia di Dante Allighieri, illustrata da Ugo Foscolo, uscirono presso l’editore Pie-tro Rolandi di Londra; gli altri due tomi sarebbero usciti nel 1843. Da notare in questa eroica dedizio-ne al lavoro filologico, dove all’assenza di un metodo scientifico si cerca di supplire con lo sforzo di unavolenterosa collazione di esemplari, l’impronta romantica di voler risalire alla parola autentica di Dantee quindi farne una “questione di Storia”. Anche in Batines è dato rintracciare delle simili fatiche di Sisifoper conseguire una “bibliografia dantesca”.

8 Karl Witte fu uno dei primi a preferire la lectio difficilior; di lui si ricordano delle aggiunte ecorrezioni al Batines in corso d’opera: Id., Quando e da chi sia stato composto l’Ottimo..., Leipzig, Bar-th, 1847. Cfr. Dionisotti 1967: «In realtà, dal Roscoe, dal Ginguené e dal Sismondi in poi, gli stranieri,francesi, inglesi, tedeschi, furono in grado durante la prima metà dell’Ottocento e anche oltre, di stu-diare l’antica letteratura italiana con una pazienza, una intelligenza storica e una dovizia di mezzi chein Italia mancavano»; opere che, pur nell’invidia dei dantisti di casa nostra, suscitavano ammirazione erendevano palese la dimensione di poeta europeo di Dante. A campione si ricorda il Vocabolario dan-tesco ou Dictionnaire critique et raisonné de la Divine Comédie di L. G. Blanc, Leipzig, Barth, 1852 (scrit-to in francese per una maggiore divulgazione), trad. it. a c. di G. Carbone, Firenze, Barbèra, 1859: «unComento universale il più utile che proporre si possa», da Pietro Fanfani, «Monitore toscano», n. 68,23 marzo 1853.

9 W. Fiske, Introductory al Catalogue of the Dante collection, 1899 (vedi infra), p. XI: «But this lastanomaly may have arisen from the circumstance that all intelligent Italians are born Dante enthusiasts,and need no titular organization to spur them on to the cultivation and investigation of the works anddeeds of their immortal compatriot».

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

Tutto era cominciato con la rivoluzione francese, che «portò la letteratura ita-liana in piazza e ne fece l’insegna di una religione civile e nazionale, e che per altroverso trasformò il quadrumvirato dei poeti maggiori [Dante, Petrarca, Ariosto,Tasso] in un principato dantesco».10 Dante divenne un mito al servizio di più cul-ture: «que’ giuochi di lanterna magica per cui Dante si fa servire a tutti i partiti, atutte le idee; dovrebbero persuaderci che non è giusto impicciolire Dante tra lenostre passioni, né onorifico il contraffar noi le sue e del suo tempo».11

L’editoria risentì di questa moda con stampe della Commedia, belle o brutte,senza importanza oggi ma importanti allora, che cominciarono ad apparire in mag-gior numero e a intervalli sempre più stretti dal 1791 in poi. Fu una ventata chesull’onda del recupero patriottico di Dante finì per spazzare la grande tradizioneantiquaria ed erudita italiana che si fondava su «pergamene, papiri, codici, lapidi,bronzi, vetri, medaglie, sigilli, pitture, sculture e simili monumenti».12 Tra questi ilmonumento di Dante che si preparava in Firenze,13 iniziato nel 1818 e inauguratosolo nel 1830, in ritardo rispetto alla ricorrenza del 1821. Ma si trattava pur sem-pre di «moda e idolatria dantesca», anche municipale, destinata a rimanere indie-tro rispetto alle «direttive e ricerche di studiosi stranieri armati di una storiografiae di una filologia pressoché estinte in Italia fin dai primi dell’Ottocento».14

Come acutamente scrisse Dionisotti: «Il miracolo degli studi danteschi del Fo-scolo non si spiega ove non si tenga conto del fatto che egli allora viveva lontano eormai rescisso dall’Italia contemporanea». Il mito di Dante «valse proprio perchéal di là delle infantili ricerche linguistiche e filologiche e delle retoriche velleitàstoriche e letterarie», permise ad esuli come Foscolo «di riformare il culto nazio-nale di Dante nei termini propri del culto che gli veniva tributato in Europa».15

Dell’opera dantesca l’Epistola XII, Amico florentino, ebbe molta fortuna nella sta-gione risorgimentale, quando Dante sembrò aver parlato per tutti gli esuli d’ognitempo e per sempre; fu infatti lungamente meditata dal Mazzini e dai martiri perla libertà italiana, che in qualche caso addirittura se ne servirono come chiave peri loro cifrari.16

I desiderata di Cesare Balbo

E tuttavia, dopo tanti lavori di cinque secoli, molti ne rimangono a fare su Dante.Manca, che pare strano, un’edizione veramente compiuta delle opere di lui; manca un ca-talogo di codici antichi, uno de’ commenti, uno compiuto delle edizioni; ma mancano prin-

10 Dionisotti 1967, p. 258: «Nel 1793 Dante riapparve d’un colpo a tutta Italia, non più come ilremoto e venerando progenitore, ma come il maestro presente e vivo della nuova poesia e letteratura».

11 G. Carducci, Della varia fortuna di Dante, «Nuova Antologia», 1, 1866, n. 3, p. 260; poi in vol.in Id., Studi letterari, Livorno, F. Vigo, 1874. Un titolo-etichetta fortunato e assai ripreso anche in se-guito da altri storici della critica dantesca.

12 L’elenco è dell’abate veronese Gian Iacopo Dionisi (1724-1808), che con ricerche pazienti ederudite pose il fondamento della critica storica sulla vita e l’opera di Dante; lo scritto del 1794 è ripor-tato da Dionisotti 1967, p. 264: «Quella tradizione antiquaria e filologica e il ritorno a Dante per quellavia non corrispondevano più alla urgenza dei tempi, alla strettezza dei mezzi e alla impazienza degli ani-mi in Italia».

13 Cfr. la canzone di Leopardi omonima dedicata al cenotafio nella basilica di S. Croce.14 Dionisotti 1967, p. 264.15 Ivi, p. 278.16 F. Mazzoni, Le ecloghe e le epistole, in Dante minore: letture introduttive, Firenze, Sansoni - Città

di Vita, 1965, pp. 79-114.

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ROSSANO DE LAURENTIIS

cipalmente due commenti della Divina Commedia che soddisfacciano veramente, l’uno aiprincipianti, l’altro agli studiosi. Né a far questo, io vorrei, come taluno, invitar gli eruditiquasi a un congresso italiano o europeo; e nemmeno proporre un’edizione variorum di unvolume per canto, cento in tutto: che son sogni di cieche e mal intese adorazioni;17 idolatrieda barbari, che non san nemmeno metter l’idolo su un altare, e il seppelliscono sotto imacigni.18 Un buon commento di Dante sarebbe cosa grande, è vero; ma non sovrumana,non tale che non abbiano a bastarvi uno o due uomini studiosi di filologia e di storia, eru-diti senza smania di mostrar sempre erudizione, fuggitori di dispute, compendiatori piùche dissertatori de’ lavori altrui, e desiderosi in tutto di servire meno alle proprie gloriuz-ze, che non alla gloria vera del loro Autore, e per esso alla Patria.19

Cesare Balbo, all’altezza del 1839, in questo passo formula un’agenda per glistudi danteschi, di notevole lucidità, a dimostrazione di come la stagione romanti-co-risorgimentale avesse al suo interno i semi della futura messe di studi danteschidel positivismo e ancora oltre della moderna filologia.

Cominciamo dalla bibliografia per Dante. La distinzione avvertita da Balbo tralista di titoli dipendente dalla produzione saggistica da una parte ed elenco di cita-zioni bibliografiche (lemmi) autonomamente elaborato, attesta il maturare di unariflessione teorica già consapevole delle differenze che distinguono la “serie diedizioni” inclusa e funzionale alle pubblicazioni dei testi delle opere dantesche (cosìcome è consueta la presenza di notizie sulla “vita” del poeta: quello che si direbbein termini tecnici moderni un “paratesto”), dall’elaborazione di un modello biblio-grafico inteso come prodotto in sé compiuto.20

Bibliografia Dantesca

È tradizione che al Batines si attribuisca il primato cronologico di una biblio-grafia dantesca “compiuta” – almeno nelle intenzioni, ma capace di una potenzia-

17 Riferimento al progetto settecentesco di Francesco Cionacci di pubblicare un volume di commentiper ciascun canto della Commedia: «mirava a dare una indicazione di tutti i documenti, tanto a stampaquanto manoscritti, necessari a consultarsi per una buona edizione di Dante», cfr. Batines, BibliografiaDantesca, tomo I, p. 3.

18 Riferimento al monumento funebre per Dante all’interno della basilica di S. Croce dello scultoreStefano Ricci, giudicato poco riuscito da alcuni contemporanei.

19 C. Balbo, Vita di Dante Alighieri, Napoli, Tramater, 1839 (1ª ed.); poi Firenze, Le Monnier, 1853(da cui si cita), pp. 439-440; dichiarata da Balbo come i «rimasugli de’ lavori di Carlo Troya raccoltidall’amico di lui»; la biografia precedeva le Opere di Dante Alighieri, 2 voll. Lo stampatore Tramater siricorda per il famoso Vocabolario (1829-1840) che riproduceva con arricchimenti quello della Crusca.

20 Cfr. E. Bufacchi, Bibliografia delle bibliografie dantesche (1727-1950), in Bibliologia e critica dan-tesca: saggi dedicati a Enzo Esposito, a c. di V. De Gregorio, Ravenna, Longo, 1997, 2 voll., vol. II: Saggidanteschi, pp. 154-159, che porta come esempi della prima tipologia: Giovanni Antonio Volpi, Catalo-go di molte delle principali edizioni (e traduzioni) che sono state fatte della Divina Commedia, dispostoper ordine cronologico e arricchito di qualche osservazioni, «pubblicato in fronte dell’edizione»: DanteAlighieri, La Divina Commedia già ridotta a miglior lezione dagli Accademici della Crusca ..., Padova, G.Comino, 1727; superato solo da Blanc, Vocabolario dantesco ou Dictionnaire critique et raisonné, cit., adetta di Batines, Giunte e correzioni inedite alla Bibliografia Dantesca, tomo 3 (2008), p. 106: «Lavorosoddisfacentissimo e il più completo che sia stato pubblicato in questo genere, molto superiore all’In-dice del Volpi e più perfetto». E Alexis-François Artaud de Montor, Catalogue de quatre-vingts éditionsde Dante, imprimées en Italie, en France, en Allemagne, et en Angleterre, in Dante Alighieri, Le Paradis,poème de Dante traduit de l’italien, précédé d’une introduction, de la vie du Poète, suivi de notes expli-catives et d’un catalogue de 80 éditions et traductions de la Divine Comédie; par un membre de la SociétéColombaire de Florence, Paris, Treuttel et Würtz, 1811.

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

lità funzionale idealmente illimitata.21 Anche se alcuni suoi colleghi bibliografi loavevano di poco preceduto, ma con un campo di ricerca parziale come per es. laBiblioteca dantesca del secolo decimonono di Giuseppe Picci, col fine tutto praticoper gli studiosi di Dante «che dal fatto al da fare li scorga ed aiuti».22 Sulla Biblio-grafia Dantesca di Batines non aggiungiamo altro, considerando anche la ristampadel 2008, se non ricordare che si divide in un:

Tomo I, che comprende:Parte I – Bibliografia propriamente detta della Divina Commedia;Parte II – Bibliografia critica della Divina Commedia;Parte III – Comenti stampati della Divina Commedia;Tomo II,Parte IV – Bibliografia manoscritta della Divina Commedia.A dispetto di quanto dichiarato nel frontespizio mancano le opere minori. L’im-

presa del visconte del Delfinato resta tuttavia memorabile, e imprescindibile inseguito sia per un uso proficuo di consultazione, che per criticarla ed emendarlacon rettifiche e integrazioni. Come non manca di ricordare Aldo Vallone: «Forsequesti bibliografi e schedatori non videro che il rinnovamento della critica dante-sca, storica e filologica, passava dalla loro via, né forse previdero (è santa la fede el’ingenuo entusiasmo dei nobili, come il Colomb de Batines, votati a queste durericerche, a cui sovvengono con le proprie e sole forze di studio e di denaro [...])che con la loro opera si instaurava un criterio di scienza e di rigore assai proficuoa tutti gli studi».23

Resta il fatto che la “bibliografia dantesca” era diventata un banco di prova perbibliografi e studiosi di Dante, consapevoli dell’importanza propedeutica della bi-bliografia per nuove indagini nel campo degli studi danteschi.24 Dopo la bibliografia,e in completamento di essa, viene delineata da un altro dantista con le idee chiare –similmente a Balbo –, la necessità di una “Enciclopedia dantesca” «che in modometodico raccolga quanto è stato scritto sopra tutto il divino poema, e su tutte leparole che il compongono, [...] tutto bisogna raccogliere e ridurre ad un corpo».25

21 Si veda quanto afferma Fiske, Introductory, cit., pp. V-VI, anch’egli cercatore delle opere dante-sche, mezzo secolo dopo l’impresa di Batines: «I journeyed with Mr. Lane’s excellent Harvard list inmy pocket – of which continued handling wore out several copies – while the British Museum list andthe bibliographies of Colomb de Batines, Petzholdt and Ferrazzi, could be consulted by opening mytrunk. [...] But the Italian apparently yields the palm neither to Homer nor Shakespeare when judgedby the bibliographer’s standard, that is by the number of literary accretions – exposition, interpreta-tion, illustration, polemic, biographies, histories, romances – which have sprung out of and environedthe creations of these three most illustrious of poets».

22 Si trova in G. Picci, I luoghi più oscuri e controversi della Divina Commedia di Dante, dichiaratida lui stesso; con tre appendici, Brescia, Tip. della Minerva, 1843, p. 267.

23 A. Vallone, La critica dantesca nell’Ottocento, Firenze, Olschki, 1958, pp. 186-187 (d’ora in avan-ti Vallone 1958).

24 Si veda del bibliotecario Enrico Narducci (1832-1893), Discorso del modo di formare un catalogouniversale delle biblioteche d’Italia, dove per incidenza si dà un saggio di bibliografia dantesca, «Il Buo-narroti: scritti sopra le arti e le lettere», 2, 1867, pp. 140-144.

25 C. F. Carpellini, Della letteratura dantesca degli ultimi venti anni: dal 1845 a tutto il 1865: [noti-zie bibliografiche] in continuazione della Bibliografia Dantesca del Batines, Siena, Gati, 1866, p. LXXVIII.Vallone 1958, p. 178, cita come imprese – a volte velleitarie – che segnano comunque un passaggio distagione, il Manuale dantesco di Ferrazzi, in 5 voll., Bassano, 1865-1877; il commento alla Divina Com-media di Scartazzini, 1874-1882, dello stesso l’Enciclopedia dantesca (Milano, Hoepli, 1896-1905, in 3voll.), e Dantologia: vita ed opere di Dante Alighieri (Milano, Hoepli, 18942); il Dizionario dantesco (Sie-na, 1885-1892, in 7 voll.) di Poletto; le Concordanze (1888) a c. di F. A. Fay, nel filone della scuola inglesedi studi danteschi.

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Nel 1888 a integrazione della Bibliografia Dantesca (d’ora in avanti BD) esconole Giunte e correzioni inedite al Batines, a cura di Guido Biagi (in veste di biblio-grafo), con la pubblicazione uscita nella collana sansoniana da lui diretta, “Biblio-teca di bibliografia e paleografia”.26 Nel frattempo nel 1883 era uscito l’Indice ge-nerale della BD a cura di Alberto Bacchi della Lega, che era il segretario del Carducciall’interno della “Commissione per i testi di lingua” a Bologna.27

Bibliografia e catalogo

Nella storia della bibliografia si danno casi esemplari di cataloghi di collezioniprivate di e su un autore, poi pubbliche per legato del proprietario, che per com-pletezza e vastità possono assurgere a delle “bibliografie” speciali. Casi del genereper la materia dantesca si registrano in Germania con Julius Petzholdt (1812-1891),bibliotecario che curò il repertorio della Bibliographia Dantea ab anno MDCCCLXVinchoata (Dresda, G. Schoenfeld, 1872),28 in Inghilterra si ricorda il Catalogue ofthe Dante collection in the library of University College London,29 fondo nato dalladantofilia di Henry Clark Barlow (1806-1876). Nella premessa di questo catalogosi dice: «Every compiler of a Dante catalogue, however small, must be under a heavydebt to Koch’s catalogue of the ‘Fiske’ Dante collection at the Cornell University,and to Lane’s catalogues of the Dante collections in the Harvard College Library».

A cavallo di Otto e Novecento le succitate collezioni dantesche allestite oltre-Atlantico erano famose anche in Europa, dove erano state raccolte.30 Per il Catalo-gue of the Dante collection; presented by Willard Fiske; compiled by TheodoreWesley Koch, con le Additions 1898-1920 a c. di Mary Fowler (Ithaca, New York,1898-1900, 1921, 3 voll.), un caso di eterogenesi dei fini volle che un petrarchistacome Willard Fiske,31 bibliotecario alla Cornell University, stabilendosi a Firenze e

26 Nella stessa collana si ricorda anche a c. di Biagi l’Indice del Mare Magnum di Francesco Marucel-li (1888), lavoro di indicizzazione che svolse durante gli anni di direzione alla Biblioteca Marucellianain Firenze. Lavoro simile gli toccherà nel curare gli Indici trentennali (1866-1895), aggiuntivi i sommariper gli anni 1896-1900 (Roma, Tip. della Camera dei Deputati, 1901) della «Nuova Antologia: rivista dilettere, scienze ed arti», testata che ben rispecchiava i suoi interessi generalisti e di poligrafo.

27 Entrambi i lavori sono stati ristampati da Salerno editrice, insieme alla Bibliografia Dantesca.28 J. Petzholdt, Catalogus Bibliothecae Dresdae, Leipzig, Teubner, 1882, diviso in Generalia e Spe-

cialia. Ancora prima Id., Bibliotheca bibliographica, Leipzig, Engelmann, 1866, si veda alla voce Dantedella sezione Personal Literatur, pp. 184-187 (rist. fotomeccanica Nieuwkoop, B. de Graaf, 1961). Comebibliotecario Petzholdt viene ricordato per il Katechismus der Bibliothekslehre (1856), cfr. rist. anast. dellatraduzione a c. di G. Biagi e G. Fumagalli (Hoepli 1894), con Presentazione di M. Rossi, Manziana, Vec-chiarelli, 1996; fu bibliotecario del re Giovanni di Sassonia, e suo collaboratore negli studi danteschi.

29 Catalogue of the Dante collection in the library of University College London; with a note on thecorrespondence of H. C. Barlow; by R. W. Chambers, Oxford, UCL, 1910. Dopo la morte di Barlow, cifurono altre donazioni di studiosi che alimentarono la collezione fino alla redazione del catalogo nel 1910.

30 In Italia si segnala il repertorio bibliografico curato da G. L. Passerini e C. Mazzi, Un decenniodi bibliografia dantesca: 1891-1900 (Milano, Hoepli, 1905): lavoro che si proponeva anche come saggiodi “bibliografia dantesca”, con la serie alfabetica unica e la tripartizione dell’indice per autori, soggettie richiami che sembra prendere a modello il catalogo della Cornell Dante Collection. L’opera viene defi-nita «meritoria, anche se poco discriminatrice» da Cesare Federico Goffis, in ED, ad vocem: Passerini.

31 Daniel Willard Fiske (1831-1904), bibliografo e bibliofilo, professore di lingue nordeuropee epoi bibliotecario alla Cornell University, si trasferì stabilmente a Firenze nel 1883, coltivando i suoiinteressi su Petrarca e Dante. Qui continuò ad alimentare con acquisti la sua biblioteca specializzata suPetrarca, Dante e l’Islanda, che donò, alla morte, alla Cornell University Library. Biagi firmò il necro-logio sulla sua «Rivista delle biblioteche e degli archivi», 16, 1905, n. 1-2, pp. 21-24. D’ora in avantiRdBA: «periodico di biblioteconomia e di bibliografia, di paleografia e di archivistica», fu fondato nel

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partendo da una «mere finding list», diventasse collezionista di pubblicazioni («boo-ks, pamphlets, magazine articles, and newspaper clippings) dantesche che progres-sivamente avrebbero costituito il fondo della Cornell University: «Mr. Fiske hadbrought together more volumes than were contained in the Harvard collection»:dai 7000 fino agli 8375 items presenti nel supplementary catalogue. Il catalogo diHarvard pubblicato dieci anni prima invece annoverava 1200 volumi «formed prin-cipally by the generosity of the Dante Society and its members» (Lane).

La stessa biblioteca specialistica della Società Dantesca Italiana (d’ora in avantiSDI) di Firenze nasce da un nucleo originario costituito dal Fondo di GiovanniEroli (1813-1904), dantofilo di Narni, che dona la propria collezione ricca di oltre700 volumi e 400 opuscoli, e che «aprì la via a concrete possibilità di lavoro».32 Aquesto primo nucleo si aggiunge presto un secondo fondo derivante dalla collezio-ne di Alessandro Franchetti, padre di Augusto, primo segretario della Società.33

Una grande mostra, con relativo catalogo, venne allestita per il VI centenariodella morte del poeta, nella Bilioteca Medicea Laurenziana – la più ricca di mano-scritti danteschi (180 all’epoca)34 –, dietro le cure di Guido Biagi ed Enrico Rosta-gno.35 L’esposizione comprendeva codici e opere a stampa della Commedia e delle

1888 e diretto dallo stesso Biagi e fu un «validissimo strumento di ricerche, anche dantesche», N. Via-nello, ED, scheda su Guido Biagi. Tra gli argomenti trattati fino alla cessazione del 1926 – sopravvisseappena un anno al suo fondatore – si trovano: archivistica, bibliografia, bibliologia, biblioteconomia,codicologia, diplomatica, edizioni di testi e documenti (carteggi), esposizioni bibliografiche, manoscrit-ti danteschi, manoscritti miniati, paleografia, storia della legatura, tutela e conservazione. Passerini nellanuova serie di RdBA, intestata a Nello Tarchiani, già “redattore-responsabile”, fece inserire nel sotto-titolo «... Bibliografia dantesca a cura di G. L. Passerini», ma senza sviluppi vista la chiusura poco dopodella testata.

32 F. Mazzoni, La Società dantesca italiana dalle origini ad oggi, in La Società dantesca italiana, 1888-1988: convegno internazionale, Firenze 24-26 novembre 1988, Palazzo Vecchio – Palazzo Medici Riccardi– Palagio dell’Arte della lana: atti, a c. di R. Abardo, Milano-Napoli, Ricciardi, 1995 (d’ora in avantiAtti 1995), pp. 13-35: «già disposto in scaffali e catalogato (presso la Crusca) prima della seduta delComitato centrale [della Dantesca, d’ora in avanti SDI] del 4 maggio 1890». Il marchese Eroli di Narnifu un cultore di studi danteschi, già promotore di una Accademia sul grande poeta, rimasta allo statodi progetto.

33 Cfr. il giudizio di Carducci, Letteratura dantesca del centenario, «Ateneo italiano», Firenze, 4 feb-braio 1866, poi Id., Ceneri e faville, s. I (Ed. nazionale, vol. 26), Bologna, Zanichelli, 1942, pp. 251-269:268: «Un buon catalogo è quello delle opere dantesche della biblioteca Franchetti, ove sono raccolte ben227 edizioni così della Divina Commedia come degli altri scritti, anche nelle traduzioni inglesi e francesi,e con illustrazioni di disegno e di musica. È lode al buon gusto del possessore l’eleganza della scelta, eall’erudizione sua di bibliografo la diligente ed eletta descrizione». Oggi dal catalogo in linea della biblio-teca della SDI risultano sei fondi privati donati (oltre ai due citati: Baranelli, Chiari, Giuliani, Vandelli).

34 Guido Biagi, come prefetto del monumento Laurenziano, aveva riorganizzato gli spazi e creatodelle sale dedicate all’esposizione permanente della suppellettile bibliografica (Tribuna d’Elci), dandocosì vita dal 1893 a un “Museo del libro e della miniatura”: «Sugli 85 plutei michelangioleschi è espo-sta appena una metà dei 180 manoscritti danteschi che la biblioteca possiede; nelle vetrine adiacentison saggi di pregevoli legature; ma nelle otto sale al di là dell’aula di Michelangiolo, è la più ricca mostradi codici alluminati che vantino le biblioteche italiane», G. Biagi, Il Pantheon del libro, «Il Marzocco»,23 aprile 1922, p. 1. E si veda anche il ricordo professionale della visita in Laurenziana della «Princi-pessa d’Orléans che si firmò sul registro Hélène de France [... che] s’interessò molto alle mie spiegazio-ni, tanto che nel mostrarle il Commento di Pietro di Dante dov’egli parla di Beatrice come di personareale, volle che le sedessi accanto nel pluteo e le traducessi il latino del commento» (Id., Ricordi lauren-ziani. I. Visitatori illustri, «Il Marzocco», 30 novembre 1924, p. 1). Biagi per raggiungere un più vastopubblico era solito affidare gli scritti in materia di biblioteche e di erudizione alle riviste più generaliste«Nuova Antologia», «Il Marzocco» e «La lettura».

35 Enrico Rostagno (1860-1942), successe a Biagi nella direzione della Laurenziana, specialista dicodici e docente di paleografia greca e latina. Ovviamente esperto di cose dantesche per il ruolo rive-stito, si ricorda Id., Sul testo della Lettera di Dante ai Cardinali italiani, Firenze, Tip. Giuntina, 1912,opuscolo per le nozze Rosenthal-Olschki; e la curatela della Monarchia per il “Dante del ’21”.

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opere minori di Dante; durò dal 18 settembre al 31 dicembre del 1921. Vi eranoradunati i cimeli delle tre biblioteche fiorentine governative (Riccardiana, Nazio-nale centrale36 e Laurenziana) più i documenti forniti dall’Archivio di Stato.

Lo scritto di presentazione è firmato insieme da Biagi e Rostagno, al quale vie-ne riconosciuta l’«ingente fatica della collocazione dei codici e della compilazionedei cartellini, [...] la formazione di questo catalogo e la stesura delle note illustra-tive». Nella premessa del catalogo – che peraltro si limita alla sola suppellettilemanoscritta – viene ricordata la mostra dantesca analoga allestita nel 1865 nel Museonazionale del Bargello, quando a confluire nell’esposizione erano state testimonianzeda varie biblioteche della penisola, come a sottolineare l’unità conseguita anchedel patrimonio bibliografico.

L’allora ministro dell’Istruzione Benedetto Croce fece stanziare 25.000 lire.37 Le“Regie Gallerie” misero a disposizione alcuni arazzi, portiere e vetrine per l’arre-do della mostra. Il materiale esposto era ripartito tra il Salone di Michelangelo cheaccoglieva due grandi vetrine per le edizioni dei secoli XV-XVIII, la Tribuna d’El-ci che ospitava le edizioni a stampa del sec. XIX, oltre a traduzioni in lingue stra-niere e in dialetti italiani, i restanti spazi erano destinati alle opere minori di Dan-te, e a studi e polemiche sul poema.

Per definizione una collezione di un appassionato di Dante sarà – per quantoricca e numerosa – una Bibliotheca selecta, cioè il risultato di una raccolta librariaparziale di/su un autore, esemplata sui gusti e gli interessi di un bibliofilo (anzidantofilo) verso il suo autore e la sua critica, in questo caso data l’“universalità” diDante e dell’opus, la selezione soggettiva e parziale è inevitabile, per l’ovvia ragio-ne di non poter conoscere e procurare tutto quello che si pubblica sull’opera più“di culto” dopo la Bibbia.38

Accenno ora al concetto di “bibliografia soggettiva” proposto da Niccolò Gal-lo (1912-1971), altrimenti noto per essere stato lo storico editor di Mondadori, maanche grande conoscitore di Dante, in un articolo del 1939: perché la bibliografia«risponda ai fini scientificamente pratici per cui sarà stata composta, è necessarioche abbia una funzione critica discriminante [...] raccogliendo, cioè, le sole pub-blicazioni ritenute utili e abolendo ciò che di saccente e di superfluo è stato stam-

36 Nel già citato Catalogo 1923 Biagi non manca di ringraziare per la scelta e l’ordinamento delmateriale bibliografico proveniente dalla BNCF il direttore Salomone Morpurgo (1860-1942) e la bi-bliotecaria addetta ai manoscritti e rari Teresa Lodi (1889-1971), che in seguito, dal 1933, sarebbe di-ventata direttrice della Laurenziana, prendendo il posto di Rostagno.

37 Dopo che, in vista dei preparativi per l’anniversario, il ministro Croce si era attirato varie prote-ste per aver ridotto i finanziamenti per gli aspetti più effimeri del programma delle celebrazioni del sestocentenario della morte di Dante. Come prima reazione c’erano infatti state le dimissioni in blocco delComitato costituitosi a Firenze e composto da Biagi, Pistelli, Carlo Gamba, Ojetti, Angiolo Orvieto eGiovanni Poggi (cfr. M. Tinti, Il negato concorso del Governo per le onoranze dantesche e le dimissionidel Comitato fiorentino, «Il nuovo giornale», 2 agosto 1920). Giacomo Devoto ricorda come il ministroCroce a chi domandava fondi al governo per il centenario del 1921, rispondesse: «Fate come me, rileg-getevi Dante», tuttavia lo stanziamento fece in modo di venire incontro ai desideri dell’opinione pub-blica che esigeva monumenti, congressi e clamori; cfr. G. Devoto, De vulgari eloquentia, in Dante mino-re, cit., pp. 35-44. La ‘rilettura’ crociana di Dante avrebbe avuto come esito il famoso saggio La poesiadi Dante, Bari, Laterza, 1921.

38 Fiske, Introductory al Catalogo Cornell: «At the outset I bought very much at hazard, withoutthe use of any bibliographical aids – acquiring in a piecemeal way, as I went along, a little knowledgeof the literature of my subject, of which I was in the beginning lamentably ignorant, except at pointswhere it touched the literature of Petrarch. In fact, outside of the rarer editions of the Divina Comme-dia, the few great comments, and some of the English versions of Dante’s various works, I had giventoo little heed – considering that I had been so long a librarian – to the bibliography of Dante».

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pato sull’argomento».39 La “bibliografia discriminante” ci porta verso la bibliogra-fia critica, ragionata, analitica, già teorizzata a fine Ottocento: «to include noteson the textual value of the various editions of Dante’s works, fuller treatment oftheir translations, brief quotations from authors’ prefaces giving in a few wordsthe end aimed at, with occasional opinions from authoritative Dante scholars».40

In occasione del VII centenario della nascita di Dante a cura del Centro nazio-nale per il Catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni biblio-grafiche [in sigla ICCU], dietro il coordinamento del Comitato direttivo presiedu-to da Aldo Ferrabino, viene pubblicato Dante Alighieri: MCCLXV – MCMLXV.41

Un omaggio a Dante a metà tra catalogo (le pubblicazioni dantesche possedute dallebiblioteche italiane aderenti all’ICCU) e bibliografia (la versione aggiornata su basecooperativa e automatizzata di un’impresa come la BD del Batines42). A merito delcatalogo viene sottolineata nell’Avvertimento: «una maggiore compiutezza, per leindicazioni circa la peculiarità di determinati esemplari, e per l’analisi del conte-nuto [...] l’estratto esce arricchito d’illustrazioni tratte da editiones principes, op-pure da edizioni particolarmente notevoli sotto l’aspetto tipografico».43

Il metodo storico

Nel 1865 cadeva la prima commemorazione centenaria dantesca dopo l’Unità,che produsse come monumento a stampa una miscellanea di studi sul tema e coltitolo Dante e il suo secolo, pubblicata a Firenze capitale, in due volumi in folio perun migliaio di pagine. Fra i tanti contributi si segnala lo studio di Carducci Delle rimedi Dante.44 Un decennio, quello degli anni sessanta del XIX sec., spartiacque per

39 N. Gallo, Bibliografia dantesca, «Il libro italiano: rassegna bibliografica generale», 3, 1939, n. 3(marzo), pp. 137-144. Cfr. il compito della rassegna bibliografica nel «Bullettino della Società DantescaItaliana» (d’ora in avanti BSDI): «osservazioni critiche che si crede conveniente di fare», con l’augurioche «così potessero quest’ultime avviare a miglior fine molte forze che ora si consumano invano, e libe-rare la letteratura dantesca dalle centinaia di libri e articoli inutili, anzi dannosi, che ogni anno ci afflig-gono», così Michele Barbi nel primo fascicolo della n. s. 1, 1893, n. 1, p. 2; e a distanza di anni conti-nuò ad ammonire sull’utilità di compilare una bibliografia ragionata degli studi critici di soggetto dan-tesco, per evitare di rifare il già fatto e di cadere negli errori già corretti.

40 T. W. Koch, Preface (1898) al Catalogo Cornell, pp. I-II: sull’importanza degli spogli bibliogra-fici, «pertinent articles [...] much valuable material in the more learned magazines was worthy of beingtreated as fully as those articles which had been separately printed or reprinted and so won their wayinto the library catalogues. [...] On the other hand, the combined entry of book and periodical litera-ture in one list entails no great difficulties and enables one to give the genealogy of many books, byrecording articles of which they are the outgrowth and referring in turn to the reviews and articlesoccasioned by them. The method here outlined, impracticable for anything but special lists, makes thepresent work more of a bibliography than a catalogue of a special collection».

41 Il volume è costituito nella massima parte dalla voce Alighieri Dante, quale compare nel vol. IIIdel Primo catalogo collettivo delle biblioteche italiane. Alda-Almed, Roma, Staderini, 1965, schede dal n.4347 al n. 6329. Nel catalogo le pubblicazioni dantesche con Guido Biagi curatore sono: n. 4837 (D.C., ed. Sansoni del 1883), 5018 (D. C., ed. Sansoni del 1923) e 5029 (Dantone).

42 F. Mazzoni, La Società dantesca italiana, cit., in Atti 1995, p. 33: «150 anni or sono Colomb deBatines conosceva in tutto 650 codici delle varie opere di Dante [ma solo della Commedia]; oggi, per lasola Commedia, la collega Marcella Roddewig ha potuto censirne più di ottocento».

43 Dante Alighieri: MCCLXV – MCMLXV, cit., p. 9.44 Dante e il suo secolo: 14 maggio 1865, curato da M. Cellini e G. Ghivizzani, 2 voll., Firenze, coi

tipi di M. Cellini e C., nella Galileiana, 1865-1866. Ed. di 1500 esemplari. Il saggio di Carducci è allepp. 715-759. Del Carducci dantofilo convinto, già all’età di 15 anni, abbiamo testimonianza in unapostilla manoscritta di Enrico Rostagno [si firma ER] nel Catalogo 1923 (esemplare della BNCF, coll.Cons. Lett. It. 155/f), p. 20 (dal testo stampato): nella «copia dell’edizione veneta, 1525, dell’“Acerba”

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più aspetti; anche di storia della critica dantesca: fu come se finisse la “poesia” delromanticismo e della retorica risorgimentale per lasciare il posto alla sobria “pro-sa” del lavoro erudito e del metodo storico.45 D’altronde lo stesso De Sanctis am-moniva nel 1869 che si doveva ormai avviare «il lavoro paziente dell’analisi», pre-parando il terreno alla rivoluzione critica, fu lui per primo a esortare gli italiani a«trar fuori dalle cave» i libri e a studiarli.46

Tra i principali esponenti della scuola storica viene annoverato Adolfo Bartoli(1833-1894),47 titolare della cattedra di letteratura italiana a Firenze dal 1874, eautore di una Storia della letteratura italiana (in sette volumi monografici, 1878-1889), pubblicata da Sansoni, verso la quale i critici a venire si dimostreranno se-veri, giudicandola dal «contenuto, rimasto grezzo, povero di mezzi, giustappostoin esse»,48 ma che si può tranquillamente considerare una delle poche da salvaredel secondo Ottocento. In essa aveva tentato coraggiosamente di mettere insiemeuna biografia intellettuale di Dante (1884), valendosi dei risultati ottenuti dalla“critica storica”, e un’altra uscita monografica sul concepimento fondamentale dellaDivina Commedia come costruzione morale (1887, 1889, 2 voll.).49

di Cecco d’Ascoli, con postille di Giosuè Carducci, il quale, con Enrico Nencioni [1837-1896], anno-tava molto argutamente alla fine del libro V (c. 113v) il 20 giugno 1850: “Questo poeta, dopo che tantoe tanto ciarlato ha, Niuno l’ha inteso e niun lo intenderà”». Ibid. (postilla autografa di Rostagno): «Inaltra parte della stessa pagina scrisse: “Non dire mal del gran poeta Dante – ciuco, bestia, c... et igno-rante. Messer Guccio di Lapo 1631”. Cfr. il “Bollettino delle pubblicazioni italiane ecc. della Nazionaledi Firenze”, febbraio 1907, n. 74, p. VI dove S. Morpurgo [1860-1942] ricorda questo aneddoto nellanecrologia che dettò del Carducci. Questi, in seguito a tal fatto, fu sospeso dalla lettura; ed allora, perottenere libri a studio, nella 2a metà del 1850 usò firmare le richieste con lo pseudonimo “Gac de laValle”». Si noti il gioco di richiamo tra la postilla su cinquecentina (infrazione grave di Carducci) chespinge a una postilla informativa su materiale moderno (infrazione meno grave) e di ammonimento da partedi Rostagno bibliotecario. Ancora sul Carducci postillatore di libri, si ricorda che il testo della DivinaCommedia usato privatamente era la IV ed. curata da Brunone Bianchi (Le Monnier 1854), conservatonella casa-museo di Bologna. Cfr. Antonino Sambataro, Ai margini, ma non marginali: il valore biblio-grafico delle “note” manoscritte, «Biblioteche oggi», 1995, n. 1, pp. 68-70.

45 Dionisotti 1967, p. 287: «anche il campo degli studi danteschi fu dissodato e ripulito [...] mentrea loro tempo non soltanto il Witte ma persino lo Scartazzini avevano potuto indisturbati tener cattedra,ora cominciavano ad esserci dantisti italiani in grado di competere ad armi pari con gli inglesi Mooree Toynbee. Onde, nel 1896, l’edizione Rajna del De vulgari eloquentia, in cui, a giudizio del Parodi, “ilmetodo lachmanniano ebbe una delle sue applicazioni più perfette e più originali”».

46 B. Croce, La critica erudita della letteratura e i suoi avversari, in Id., La letteratura della nuovaItalia, Bari, Laterza, 19434, vol. III, p. 378. Vallone 1958, p. 179, a proposito dei rinnovati studi dimedievistica, avverte che l’«accostamento dei critici romantici, anche in uomini solidi di sapere e cul-tura, fu da letterati; quello dei critici positivistici fu da scienziati».

47 Per un primo inquadramento del critico di Fivizzano rimando agli allievi G. Biagi, Adolfo Bartoli[necrologio], «Nuova Antologia», vol. 52, s. 3., 1 luglio 1894 (anche in rete); e Rodolfo Renier, AdolfoBartoli, nel volume miscellaneo Dante e la Lunigiana: nel sesto centenario della venuta del poeta in Val-dimagra, 1306-1906, Milano, Hoepli, 1909, pp. 451-476: 455, che lo ricorda come mediatore tra «gliinflussi intermedi del Foscolo, del Mazzini, del Cattaneo» e la nuova stagione del positivismo storico;ED, voce di S. Vazzana; e ad A. Benedetti, Adolfo Bartoli e Dante, «L’Alighieri», n. s. 34, 2009, pp. 153-164. In una lettera di Bartoli a Biagi si legge a proposito del IV vol. della sua Storia: La nuova liricatoscana (Sansoni 1881), da dare alle stampe: «è quasi finito. Mi è costato molta fatica, e farà strillarecerti cosiddetti Dantisti» (BNCF carteggi, lettera del 12 ottobre, senza anno, ma 1880 o 1881).

48 R. Spongano, Arti e studi in Italia del’900: alcune storie letterarie italiane posteriori al De Sanctis,«Nuova Italia», 2, 20 febbraio 1931, p. 47.

49 F. D’Ovidio, Studi sulla Divina Commedia, Napoli, Guida, 19312, p. XII: «I suoi volumi danteschinon costituiscono una trattazione piena, misurata, oggettiva; e riboccano di argomentazioni eccessive,provvisorie e di problemi posti in modo troppo angoloso o scettico. Ma smuovevano le acque, allarga-vano le cognizioni, facevano pensare». Vallone 1958, forse rimpiangendo De Sanctis, giudica Della vitadi Dante Alighieri di Bartoli: «ampia disorganica e senza un’idea centrale come [invece] le biografie delprimo Ottocento», p. 191, nota 54.

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Bartoli ebbe tra gli altri allievi, Guido Biagi (1855-1925) – che è già stato ri-chiamato più volte –; ecco come il prefetto della Laurenziana ricorda i suoi mae-stri: «A Firenze, dove il materiale scientifico abbondava meglio che a Bologna ed aPisa, [...] trionfava la critica storica, nutrita di testi e di varianti [...] un po’ troppopuritana e per troppo puritanismo un po’ arida. A Bologna, la grande genialità delpoeta contemperava la severità del critico illustre [...] A Pisa si lavorava con menoardore, ma con più ordine, con minore entusiasmo, ma con maggior posatezza».50

Il collega Carducci a un anno dalla scomparsa scrive di «Adolfo Bartoli, naturapassionata quanto più volea parer fredda, si accalora nel dubbio e spasima per ladistruzione, non pure negando ciò che il Villani e il Boccaccio e il Bruni afferma-rono, ma dubitando di ciò che Dante dice di aver veduto con gli occhi proprii [...]critico entusiasticamente scettico [...] tanto il Bartoli era buono ed erudito, e tantopur fece di bene con quell’opera sua che pur non è organica [...] impulsi ed esem-pi accolsero dallo scetticismo germanico e dal positivismo francese, non importa-rono un metodo nuovo [...]: fu tutta una reazione necessaria contro il romantici-smo infiltratosi anche nella critica dantesca».51

Biagi dantista

Il motivo dei frequenti richiami finora a Guido Biagi si spiega perché è il filorosso di questi sondaggi, avendolo studiato per una dissertazione di dottorato cheha riguardato la sua biografia professionale e intellettuale. Biagi è stato un lettera-to poliedrico e un promotore culturale nella Firenze umbertina.52 Seguendo il cur-ricolo di questo tecnico-funzionario ci sarà modo di ripercorrere anche le tappeimportanti del dantismo italiano e della stagione del “metodo storico” durante laquale esso si sviluppa.

Il Biagi filologo nasce con la laurea (1878) sull’edizione critica del Novellino,discussa con Bartoli, e condotta su Le novelle antiche dei Codici Panciatichiano-Palatino 138 e Laurenziano-Gaddiano 193: con una introduzione sulla storia esternadel testo del Novellino,53 pubblicazione per i tipi di Sansoni, prima uscita della

50 G. Biagi, necrologio per Adolfo Bartoli, cit., 1894, pp. 130-131.51 G. Carducci, A proposito di un Codice diplomatico dantesco, Roma, Forzani e C. tipografi del

Senato, 1895, estratto da: «Nuova Antologia», vol. 58, s. 3, fasc. 15 agosto 1895 (d’ora in avanti Car-ducci 1895). Il giudizio di Carducci segue quella polarità già sette-ottocentesca, che dapprima avevaportato alla condanna delle fatiche degli eruditi e degli antiquari del Settecento, delle quali non aveva-no bisogno «gli uomini di gusto che cercano e trovano in Dante il bello, il sublime, il patetico, il pit-toresco, l’armonico» della temperie romantica (Giuseppe Luigi Fossati, 1759-1811), citato da Dioni-sotti 1967, p. 264, che ritiene la seconda linea vincente nell’assoluta maggioranza degli italiani; per-ciò alla stagione romantica vichianamente si sarebbe reagito con quello “scetticismo critico” accennatoda Carducci a proposito di Bartoli.

52 Per un primo inquadramento si vedano le schede ad vocem in Enciclopedia Italiana (ed. 1949), ac. di G. Mazzoni; in ED, a c. di N. Vianello e in Dizionaro Biografico degli Italiani, a c. di P. Fasano. Piùdi recente cfr. R. De Laurentiis, Guido Biagi, un moderno bibliotecario fin-de-siècle, «Culture del testoe del documento», 10, 2009, n. 28, pp. 67-92.

53 In Firenze, G. C. Sansoni editore, 1880, pp. CCVI-258. Gianfranco Contini, Un saluto alla Sansoniper il suo primo secolo, in Testimonianze per un centenario: contributi a una storia della cultura italiana1873-1973, in Firenze, G. C. Sansoni editore, 1974, pp. 3-17: 8, lo definisce «un importante contribu-to, di prevalente carattere diplomatico, alla preparazione di un testo critico del Novellino». E GiovanniNencioni, L’italianistica, ivi, pp. 19-37: 20: «edizione non propriamente critica ma motivata da unarecensio codicum retrospettivamente illuminante». Inoltre è da ricordare come sullo stesso argomentodella “storia esterna” del Novellino avesse scritto poco prima (1873) Alessandro D’Ancona (1835-1914),

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collana “Raccolta di opere inedite o rare di ogni secolo della letteratura italiana”,che già dal nome faceva intuire la nuova stagione all’insegna di un «aureo polveriodi frammenti»54 alla maniera di Bartoli 55 e D’Ancona. Quest’ultimo nel catalogoSansoni non sarà rappresentato dalla sua produzione più tecnica, ma da una certafilologia «per le dame».56

Il Rajna, che attinge dall’archivio del Regio Istituto, ricorda Biagi come «ungiovane mirabilmente dotato [...] e al quale dalla stampa vennero forse occasioniche lo portarono a legarsi di stretta parentela coll’editore».57 Nel côté sansonianodi Firenze, dove si respirava tanta filologia erudita, venne a esprimersi la fervidaazione suscitatrice di Guido Biagi, che sia come bibliotecario che come filologo-editore (nel senso di uomo di editoria), e anche come giornalista e pubblicista, ri-troviamo sempre nelle maggiori vicende della cultura letteraria dell’epoca.

Nel 1883 viene lanciata da Sansoni la “Piccola biblioteca italiana”, diretta daBiagi, che esordiva con un Dante, presentato così:

Poiché ci piacque inaugurare la Piccola Biblioteca Italiana nel nome glorioso di Dante,restava che scegliessimo della Divina Commedia la lezione più corrispondente all’indoledella nostra raccolta [...]. E però, meglio che andare in caccia di lezioni strane, affidandocialla scarsa autorità di qualche codice, ci parve da preferire la “volgata” quale è fino a noipervenuta per mezzo dell’aldina del 1502, lievemente corretta nell’Edizione dell’Accade-mia della Crusca (Firenze, Manzani, 1595) e in quella dei Quattro Accademici (Firenze,Le Monnier, 1837).58

le cui ricerche «resultavano chiarite e corrette dal nuovo minuziosissimo studio». Al lavoro del giovaneautore rese piena giustizia sul «Fanfulla della Domenica» del 21 marzo 1880 (n. 12 della II annata) unanonimo, che non era altri che il D’Ancona medesimo. John R. Woodhouse, Vincenzio Borghini, Miche-le Barbi e la nuova filologia, in Atti 1995, pp. 191-206, cita un passaggio della premessa di Biagi (p. XXV),dove si cerca di difendere il Borghini (1515-1580) dalle accuse di bigotteria mossegli da altri critici otto-centeschi, così che i giudizi positivi del Biagi ribadiscono il valore del letterato mediceo come critico te-stuale e filologo, concludendo che gli studi del Borghini avevano creato le regole di una nuova critica.

54 Vallone 1958, p. 210: «senza Carducci (a parte il De Sanctis, si capisce) Dante nel secondo Ot-tocento sarebbe tutto un aureo polverio di frammenti».

55 Bartoli sarebbe stato il «patrocinatore morale» e «consigliere» della collana al Sansoni, poi segui-ta da vicino dall’allievo Biagi. Pio Rajna, La Raccolta di opere inedite o rare, in «Amor di libro: rassegnadi varietà letteraria, storica, artistica e libraria», 1, 1948, n. 5-8 (è un numero monografico per i Tre quartidi secolo della Sansoni, ma che raccoglie alcuni scritti già redatti per il cinquantenario, «dettati fra il1923 e il 1925; altri in epoche diverse, non recentissime», p. 21), pp. 15-19: 15, sostiene la stessa tesi«suffragata dal fatto che dei primi cinque volumi della “Raccolta” usciti tutti dal 1880 al 1883, uno èdel Bartoli stesso, e quattro sono opera di suoi scolari: taluno foggiatosi propriamente sotto la sua di-sciplina, altri venutisi a ravviare o perfezionare sotto di lui e a cavar partito, dietro una scorta così si-cura, dalle ricchezze delle biblioteche fiorentine. E dei quattro, tre sono dedicati affettuosamente a luisolo; uno, a lui, e insieme al Carducci e al Graf».

56 Come ricorda efficacemente Contini, Un saluto alla Sansoni, cit., p. 11. D’Ancona era titolare dicattedra a Pisa, autore di uno studio su Le fonti del Novellino, «Romania», 2, 1873, n. 8, pp. 385-422.Per tutto l’Ottocento di lui con Sansoni risultano due titoli: I precursori di Dante: lettura fatta al Circolofilologico di Firenze il 18 maggio 1874 (rist. anast. Forni, 1989) e Il canto VII del Purgatorio: letto daAlessandro d’Ancona nella Sala di Dante in Orsanmichele. Anche la Beatrice di Bartoli inizialmente fuun discorso letto a Firenze la sera del 19 aprile 1865.

57 Rajna, La Raccolta di opere, cit., p. 15. È probabile che l’editore Sansoni conoscesse inizialmenteBiagi come giovane studioso di belle promesse, dalla frequentazione nacque il matrimonio di questi conla sorella della moglie di Giulio Cesare Sansoni, signora Piroli: figlie di un funzionario della Corte deiconti sabauda, trasferitosi con la famiglia in Toscana, durante gli anni di Firenze capitale.

58 Riportato da M. Parenti, G. C. Sansoni editore in Firenze, S. Giovanni Valdarno, Landi, 1956(stampa 1955), pp. 71-72. La serie appare ispirata dalla moda e dal successo delle edizioni “Diamante”,collezioncina in 48° pubblicata da Barbèra, e che aveva avuto il Carducci coordinatore responsabile ecuratore di diversi testi. Il volumetto Sansoni è in formato 64° (11 cm), p. VI-531; nella recensione sul

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

Emerge chiaramente dalle parole di presentazione della collana l’esigenza di untesto che non faccia problemi dal lato filologico, poiché il target era il grande pub-blico che voleva spendere poco per una lettura tascabile e senza pretese di criticatestuale.59

Su questa edizione studiò Luigi Pirandello, che lasciò molte note marginali al testoprivo di commento stampato.60 Mentre per il commento usava l’edizione Scartazzi-ni-Vandelli;61 infatti «ciò che gli preme, leggendo la Commedia, sono le vicende deipersonaggi e la scelta di Scartazzini si motiva forse attraverso l’apparato critico checomprende i commentatori antichi in ricche note storico-documentarie. Dinanzialla narrazione di Dante si direbbe che Pirandello cerchi di “vedere la scena”».62

La successiva curatela di Biagi per il poema dantesco ci sarebbe stata quarantaanni dopo per lo stesso editore, nel 1923, la Commedia «riveduta sul testo dellaSocietà Dantesca Italiana», editio minor di Vandelli.63 Molte cose erano accadutenel mondo degli studi danteschi durante questo intervallo, anche grazie all’azionedi Biagi.

Per rimanere nel catalogo Sansoni, bisogna ricordare la benemerita “Bibliotecascolastica di classici italiani, secondo i programmi officiali”,64 con cui, secondo l’au-torevole e acuto giudizio di Contini, l’editoria scolastica «introduce [...] frugalmente[...] il connubio d’una moderna e storica esattezza con un’antica voluttà umanisti-ca. Questo connubio caratterizzerà la miglior cultura media fra i due secoli, cheavrà il suo istituto meno nelle per lo più smorte facoltà che in quella gemma didat-tica europea che fu il liceo italiano».65

“Bollettino bibliografico” del «Giornale storico della letteratura italiana» (GSLI), 1, 1883, p. 144, sinota che è stampato Allighieri, e si giustifica la scelta della lezione: «Un lavoro originale infatti sul te-sto, lavoro improbo, al quale sarebbe oramai questione di decoro nazionale che il governo prestasseefficace sussidio, non si poteva né si doveva fare in questa occasione».

59 Si potrebbe parlare, usando un termine in prestito dalla socio-linguistica, di fenomeno di diastra-tismo editoriale: nel nostro caso un testo e un’edizione (in senso di pubblicazione) modulabile a secon-da del destinatario e delle forze editoriali a disposizione. Lo stesso Batines distingueva tra le pubblica-zioni della Commedia, quelle «ou ce sont des éditions de luxe, sans aucune valeur littéraire»; «ou cesont des éditions communes reproduisant des textes incorrectes»; «ou ce sont des éditions à l’usage desérudits».

60 La Biblioteca Apostolica Vaticana conserva la copia del Dante sansoniano 1883 appartenuto aPirandello, con fitte note marginali, probabilmente in vista del concorso per l’ordinariato nel 1908.Pirandello, lo ammette, non amava l’erudizione dei “parrucconi” che lo dovettero esaminare.

61 La Divina Commedia; riveduta nel testo e commentata da G. A. Scartazzini; curata da G. Vandel-li, col rimario perfezionato di L. Polacco e indice dei nomi propri e di cose notabili, Milano, Hoepli,1907 (Firenze, S. Landi). La 5ª ed. fu usata da D’Annunzio («il mio Dante scolastico»), appassionatochiosatore dell’esemplare conservato al Vittoriale.

62 Cito dalla mostra online I libri in maschera: Luigi Pirandello e le biblioteche, su Internet Culturale.63 Con lo stesso formato in-24° (11 cm), pp. 515.64 Sotto la direzione «più morale che materiale» di Carducci, e il coordinamento di Biagi per conto

di Albertina Piroli Sansoni. Dopo la scomparsa prematura del suo fondatore Giulio Cesare Sansoni(1885), il catalogo dell’editore era di fatto passato sotto la direzione editoriale di Guido Biagi, venendoa delineare un modello di “asse toscano”, considerando anche gli editori Le Monnier e Barbèra, moltoattivo nelle edizioni dei classici italiani, in entrambi i versanti, scolastico e filologico (i principianti e glistudiosi ricordati da Balbo). Giovanni Ragone, Un secolo di libri, Torino, Einaudi, 1999, pp. 102-103,riporta uno schema della geografia editoriale italiana al 1921, “I poli funzionali e le linee editoriali”,dove è citato un “asse toscano” la cui offerta è appunto basata su scuola e alta divulgazione, secondo ilmodello ottocentesco di un “culto tutto toscano” (Cesare Guasti); affine a questa strategia era Zani-chelli a Bologna, per il magistero del toscano Carducci e per la presenza della “Commissione per i testidi lingua”. Un dettaglio: la nuova serie della collana sansoniana pubblicata a partire dagli anni Sessantadel secolo scorso, verrà chiamata “Biblioteca carducciana”.

65 Contini, Un saluto alla Sansoni, cit., p. 11.

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Il primo abbozzo della collana nasce da un’idea iniziale di un allievo di Car-ducci, Tommaso Casini (1859-1917)66 – e l’esordio avviene con il commento inno-vativo di questi alla Commedia (2 voll., 1889, 1891).67 L’accoglienza68 del commen-to Casini non fu tuttavia pacifica dato che ci fu l’accusa del pastore protestantesvizzero Scartazzini di presunti plagi del suo commento.69 A ridosso degli anni ’40il commento Casini compare ancora in catalogo, 6ª ed. rinnovata e accresciuta, percura di Silvio Adrasto Barbi.

La Società Dantesca

Negli stessi anni che vedevano l’allestimento di queste importanti imprese edi-toriali e divulgative arriva a compimento – dopo diversi tentativi falliti a Firenze e

66 Un «disegno di pubblicazione di libri scolastici» che avesse la specificità di non essere stretta-mente filologico e dal costo accessibile alle scolaresche. Cfr. lettera del Casini, datata Arpino, 28 no-vembre 1883, citata da Parenti, G. C. Sansoni, cit., pp. 80-81, dove si fa riferimento a un’edizione cri-tica della Vita Nuova [Sansoni 1885], prescritta come libro di testo nei licei. La lettera – a quanto rife-risce Parenti – presenta in testa l’annotazione di pugno del Sansoni: «Roma, 30 novembre 1883. Rispo-sto accettando»; si veda anche G. Vandelli, Tommaso Casini, «Amor di libro», cit., pp. 13-14. L’edizio-ne con «introduzione commento e glossario» del Casini uscì poco dopo la morte del Sansoni, con unaprefazione che ricordava come l’editore avesse pensato «negli ultimi anni della sua breve esistenza didare opera ad una collezione scolastica degli scrittori italiani, la quale potesse, nelle mani di savi mae-stri e di studiosi discepoli, riuscire efficace strumento a migliorare le condizioni, che molti affermanomiserevoli tra noi, dello scrivere nella lingua nazionale». Nel 1891 la Vita Nuova entra nella “Bibliotecascolastica” in 2ª ed. riveduta e corretta. Su Casini si veda la scheda in DBI, a c. di F. Del Beccaro.

67 Uscito come Manuale di letteratura italiana ad uso dei licei per Sansoni. Si riporta il giudizio diG. A. Venturi, La Biblioteca scolastica di classici italiani, «Amor di libro», cit.: un «commento, il quale,senza soverchia mole, né materiale né di erudizione, raccogliesse il meglio delle antiche e moderneesposizioni, e giudiziosamente sfruttasse i più recenti studi esegetici, storici e linguistici, ancora manca-va, ed era assai desiderato». Come apparati di corredo si trovano un Indice filologico per la lingua delpoema, un Indice storico per gli episodi e fatti dell’epoca, un Indice bibliografico per la fortuna di Dantee delle opere sue. Il testo è debitore delle edizioni Moore e Vandelli; l’interpretazione invece di D’Ovi-dio e Torraca. L’edizione fu poi ristampata all’interno del “Manuale di letteratura italiana ad uso deilicei” (3ª ed. riv. e corr. 1892).

68 Si riportano due giudizi sul modo di lavorare di Tommaso Casini. M. Barbi, La nuova filologia el’edizione dei nostri scrittori: da Dante al Manzoni [1938], Firenze, Le Lettere, 1994, p. XXV: «Granvantaggio fu che alla conoscenza del mondo vissuto dagli autori, e all’approfondimento della loro cul-tura e del loro sentimento, si aggiungesse anche una più larga e sicura conoscenza della lingua, che è sìanch’essa compresa in quel mondo e in quella cultura». Dionisotti 1967, p. 288: «l’idea semplice, maforse non ancora a tutt’oggi pacifica, della interdipendenza fra l’interpretazione del testo dantesco equella di altri testi per sé, non perché accidentalmente usufruibili come fonti o riscontri, l’idea insom-ma che altrettanto e allo stesso modo è indispensabile Dante allo studioso della lingua e letteratura ita-liana, di quella del Due e Trecento in ispecie, quanto è allo studioso di Dante la conoscenza per sé,indipendente dall’uso parziale e sussidiario, che se ne faccia, di quella lingua e letteratura».

69 Cfr. G. A. Scartazzini, Scritti di polemica dantesca. I. Contro un plagiaro, Seengen, Mollinger, 1892,per avere il Casini ripreso il 97% delle citazioni delle fonti della Commedia; in risposta T. Casini, Agliamici della verità, Pesaro, Federici, 1892. Il “plagio” è un altro casus belli negli studi danteschi, ma ilgiudizio va relativizzato: «i “plagi” sono il segno che la chiosa “originale” sorretta a citazioni è ormai,dopo tanto lavorio e fatiche comuni, impossibile. [...] Sembra così fatale che la scelta delle parole dariferire non possa essere fatta che in quel modo», Vallone 1958, p. 201, nota 106, intendendo: «perchiudere entro i limiti della nota, “scolastica” quasi sempre, il pensiero dei chiosatori non si può se nonriferendo mutile le chiose stesse, in quel poco di essenziale che esse hanno tra tante digressioni». Un’ac-cusa del genere si ebbe anche con il commento di Francesco Torraca “plagiato” dal successivo di CarloGrabher (1897-1968). Si dava anche il caso del commento a quattro mani, come quello di Vittorio Rossi(1865-1938) per Perrella (Napoli 1923, Inferno), interrotto a Purgario XXII per la scomparsa di Rossi,poi proseguito dall’allievo Salvatore Frascìno (1899-1969); rist. Salerno 2008.

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fuori, e con il decisivo interessamento dell’Accademia della Crusca – la fondazio-ne della Società dantesca italiana, con lo statuto approvato il 31 luglio 1888, per lacui storia si rimanda agli Atti del convegno del centenario. Gli studi su Dante, coni più bei nomi della critica dantesca toscani e non, potevano trovare un luogo dicoordinamento e collegialità, con il patrocinio di cariche istituzionali: il nobileUbaldino Peruzzi (come presidente) e il sindaco marchese Pietro Torrigiani.

Due erano gli scopi principali: l’allestimento del testo critico della Commedia edelle opere minori, condotto con criteri scientifici moderni, alla cui realizzazioneera propedeutico un «catalogo dei manoscritti delle collezioni fiorentine» (già ideadi Bartoli70), sollecitato da più parti ripetutamente, fino all’appello di Carducci, chesi fece sollecitatore di una ricognizione (regesto) dei codici della tradizione dante-sca a fini ecdotici. E puntualmente la SDI poteva rispondere con il programma diallestire dei “materiali di studio” per l’edizione dell’opus dantesco, tra cui l’«Elencodei codici danteschi esistenti in biblioteche pubbliche o private». La commissionedei tre (Bartoli, D’Ancona, Del Lungo) firmataria del canone di loci selecti,71 rac-comandava «di far precedere a ciascuno spoglio» dei passi della Commedia «l’illu-strazione compiuta del codice nei suoi caratteri estrinseci ed intrinseci, avendoprincipal cura d’informare dell’età precisa, della scrittura e degli ornamenti, dellaregione in cui fu trascritto, della sua fortuna».72

L’altro compito consisteva nella fondazione di un organo periodico della Socie-tà. L’incarico fu affidato a Enrico Nencioni, Augusto Franchetti e Guido Biagi, cheprogettarono il «Bullettino»,73 e in cui apparvero «scritti concernenti la ricerca e la

70 Biagi, necrologio per Adolfo Bartoli, cit., 1894, p. 130: «Ricordo quel Catalogo dei Codici Maglia-bechiani, a cui tutti a gara volevan lavorare, trovando quasi diletto nella stessa noiosa fatica. [...] Ma iltentativo fruttò poi quella più ordinata esplorazione dei codici delle biblioteche fiorentine e italiane chefu per alcun tempo patrocinata dal Ministero della Pubblica istruzione, e risvegliò gli studi bibliograficida vari anni disprezzati e negletti».

71 Il canone dei passi scelti della Commedia, da utilizzare per la constitutio textus, come tutte legrandi scoperte ha diversi padri. Si ricordano le proposte già messe in campo da Ernesto Monaci (1844-1918), filologo attivo a Roma, con il saggio Sulla classificazione dei manoscritti della Divina Commedia(«Atti R. Acc. dei Lincei: rendiconti», 285, 1888, s. 4, pp. 228-237), dove alcune lezioni testuali vengo-no elevate a “punti critici”, da qui il saggio di 30 varianti della prima cantica. E poco prima dal giuristaCarlo Negroni (1819-1896), Discorso critico sui lessi dolenti dell’‘Inferno’ e sul testo della ‘Divina Com-media’, Novara, Miglio, 1884; ripreso poi in Id., Sul testo della ‘Divina Commedia’: discorso accademico,Torino, Clausen, 1890 (estr. da «Memorie dell’Accad. delle Scienze di Torino», s. 2, 40, 1890), secondoil quale bisognava dare importanza alla tradizione manoscritta anteriore alla metà del XIV secolo: unatesi che, sul momento discussa da Renier e respinta da Barbi, sarà presa in buona considerazione daGiorgio Petrocchi, Proposte per un testo-base della ‘Divina Commedia’, «Filologia romanza», 2, 1955,pp. 337-365, e poi nell’edizione «secondo l’antica vulgata», con criteri peraltro profondamente diversidal momento che la proposta di Negroni, un filologo amatoriale, deve considerarsi poco più di unafortunata previsione di risultati di critica testuale ancora impossibili sul finire dell’Ottocento. Per en-trambi cfr. le voci in ED a c. rispettivamente di Enzo Esposito e Marziano Guglielminetti.

72 BSDI, 1891, n. 5-6, p. 25 sgg. La firma non accreditata è di Michele Barbi, come viene segnalatoda Carducci all’amico Ferdinando Martini: «La Società non ha fatto nulla; o, a meglio dire, tutto quelloche ha fatto l’ha fatto il Barbi», lettera del 6 ottobre 1892, in Carducci, Lettere, vol. 18: 1891-1894 (Ed.nazionale), Bologna, Zanichelli, 1955, p. 116. Da notare che Carducci trovava in Martini una spondaimportante nell’ambiente del parlamento e del ministero, soprattutto nel settore delle biblioteche go-vernative, dove Biagi era un consigliere ascoltato di entrambi.

73 Nell’adunanza del 23 dicembre 1889 le due commissioni istituite all’interno della SDI riferivanoal Comitato centrale; cfr. BSDI, n. 1, marzo 1890, pp. 16-33: Relazione dei tre soci nominati a studiaree proporre intorno alla pubblicazione di un Bullettino della SDI, pp. 29-30. Il periodico era «ricco direcensioni ben fatte», secondo Carducci 1895, ma da solo non bastava, e perciò era citato come «anchebuono» l’altro periodico specialistico sorto un anno prima, «L’Alighieri: rivista di cose dantesche» (1889-1893), diretto da Francesco Pasqualigo, stampato tra Verona, Venezia e Roma, seguendo i movimenti

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notizia di fatti» relativi alla vita e alle opere anche minori del poeta, ai cui studiveniva riconosciuta finalmente validità e autonomia anche in confronto al divinopoema.74 Biagi stesso ce lo fa indirettamente notare in un suo ricordo:

A un’udienza a Pitti della Società Dantesca, la regina Margherita, cui fu presentata laVita Nuova, domandò se la Vita Nuova era ai suoi tempi un’opera popolare. Augusto Fran-chetti, allora segretario della Dantesca, si schermì rispondendo che dal numero dei mano-scritti registrati si sarebbe potuto arguire che popolare non fosse. E Isidoro Del Lungo dirincalzo osservò che bisognava anzi tutto stabilire ciò che s’intendesse per popolare e dis-sertò amabilmente con l’augusta signora.75

Anche la “Lectura Dantis” fu riorganizzata all’Orsanmichele – sede degli ufficidella SDI dal 1904, e successivamente insieme al Palagio dell’Arte della Lana, cheera stato acquistato dal Comune e restaurato secondo un gusto gotico-medievale,76

con finanziamenti procurati dal tesoriere della SDI Biagi.77 La lettura inauguralefu tenuta da Guido Mazzoni il 27 aprile 1899: nel quarantennale della cacciata deiLorena dalla città, quando il capo del governo provvisorio toscano Bettino Ricaso-li ripristinava la cattedra di Dante nel dicembre 1859. L’8 gennaio 1900 Biagi e laSDI fecero venire per la lettura dell’VIII dell’Inferno Gabriele D’Annunzio,78 cheper l’occasione interpretò la parte di sacerdote del culto dantesco dalla cattedra-tribuna lignea di stile fin troppo medievale, concludendo il commento con l’auspi-cio che «qualche vergine forza ignota si riveli, risuoni qualche improvvisa paroladi risveglio, lampeggi ad un tratto qualche audace speranza!». Insomma era unmodo simbolico di consegnare Dante e il dantismo alle correnti moderniste nove-centesche, e vedere l’effetto che ne sortiva.

dell’editore bibliofilo L. S. Olschki; dal 1894 diventa «Giornale dantesco: annuario», con sede anche aFirenze al posto di Roma, diretto per molti anni da G. L. Passerini, e poi da L. Pietrobono, esce finoal 1943. Cfr. M. Picone, «L’Alighieri», in Dante nelle scuole: atti del convegno di Siena (8-10 marzo 2007),a c. di N. Tonelli e A. Milani, Firenze, Cesati, 2009, pp. 129-132.

74 Dopo il 1907 circa risulta dai cataloghi uno “studio critico” di Guido Biagi su La Quaestio deaqua et terra.

75 G. Biagi, Ricordi laurenziani. I. Visitatori illustri, cit.76 Carlo Cresti, Nel nome di Dante tra conformismo e modernismo, 1979 (vedi infra), pp. 7-22: 9,

opportunamente mette in confronto il gusto di revival gotico dell’arch. Lusini e del decoratore Lolli:«paragonando la prassi adottata dall’architetto allo specifico campo operativo dei dantisti si potrebbenotare che la regola dell’intervento apocrifo sul testo-monumento risultava in aperto contrasto con ilcriterio del riferimento al documento originale che guidava la ricerca degli studiosi intenti a ripulire iltesto dantesco dalle superfetazioni successive».

77 Secondo alcuni testimoni fu un’abile operazione finanziaria e per condurla «Giovò al nostroGuido in questo frangente quella sua attitudine anche agli affari, che lo fece stimato consigliere di scontodi due Istituti di credito: il Monte de’ Paschi e il Banco di Napoli. E al credito appunto egli pensò diricorrere, [...] un credito sui generis, semigratuito, mecenatesco, d’un mecenatismo attenuato e discre-to, di pretta marca fiorentina», Angiolo Orvieto, Guido Biagi, RdBA, n. s. 3, 1925, n. 1-6, pp. 1-20: 13(Commemorazione letta alla Società “Leonardo da Vinci” il 15 febbraio 1925). Si veda Il Palagio del-l’Arte della Lana: dalle origini ad oggi = The Wool Guild Palace: since its origins, a c. della SDI, Firenze2009, e la lapide di fronte all’ingresso della biblioteca, posata per l’inaugurazione della sede il 9 maggio1905, oratore il vicepresidente Del Lungo.

78 Biagi aveva esperienza nell’organizzazione di cicli di letture dopo aver diretto un decennio primaquelle su Gli albori della vita italiana, inoltre poteva sfruttare la vasta rete di conoscenze nel mondo dellacultura nazionale. Per es. carteggiava con D’Annunzio fin dai tempi del Cicognini, e il poeta di Pescaranutriva profonda stima per il bibliotecario fiorentino sentito come un «fratello maggiore». D’Annunzio –cfr. S. Comes, ad vocem, ED – fu autore della tragedia Francesca da Rimini (Milano, Treves, 1902), conlocandina disegnata da Adolfo De Carolis; poi in libretto su musica di Zandonai.

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Il ciclo delle letture venne pubblicato da Sansoni con una apposita collana difascicoli.79 La serie ufficiale della lettura dantesca sarebbe poi stata affiancata dauna versione “popolare” che si tenne dal 1914, chiamata anche “Lettura domeni-cale di Dante”, a ingresso libero ed esposizione per un pubblico più generico.80 Unamoda che diede spazio ai “conferenzieri” che leggono, chiosano, illuminano Dan-te e l’opera sua maggiore, nella “lectura” che a volte sarà perfezionata con l’«ac-concio accompagnamento di proiezioni luminose, rappresentanti su pareti bian-che le scene terrifiche dell’Inferno, o quelle dolci e confortevoli del Purgatorio, oquelle fulgide del Paradiso, mentre il pubblico ammirerà al buio».81

La polarità Firenze-Roma

Come abbiamo visto, il dantismo ottocentesco post-unitario, almeno in Italia,passa prevalentemente per il programma di educazione nazionale attuato attraver-so i cataloghi degli editori scolastici e le associazioni culturali come la Società dan-tesca, rivolte alle élites colte come al pubblico medio. L’accademia invece è più lentanel trasformarsi. Prova ne è che la cattedra dantesca dell’Istituto di studi superioridi Firenze fu tenuta da Giambattista Giuliani (1818-1884) – neoguelfo, esponentedi certa filologia dantesca dalla “congettura facile” (“pappolate” le chiamava ilCarducci), secondo un metodo in cui si tendeva spesso alla «critica personale sog-gettiva», molto lontana da quella filologia scientifica che si sarebbe affermata acavallo dei due secoli – fin dalla sua nuova istituzione nel 1859 per iniziativa diGino Capponi, sotto il governo provvisorio toscano.82

Mentre a Roma venne istituita una cattedra alla Sapienza nel 1887 – prima chein altre città, su interessamento di Giovanni Bovio (filosofo, deputato laicista emassone) fin dal 1883,83 il quale pure si era speso per l’allestimento di due monumen-

79 Nicola Zingarelli, Lectura Dantis, «Amor di libro», cit., p. 21: «ebbi la sorte di esporre il cantodi Brunetto Latini, il 30 gennaio del 1900 [...] Biagi venne a dirmi che la signora Sansoni era rimastamolto contenta, [...] e che l’avrebbe volentieri pubblicata; perché la sua idea sarebbe stata di raccoglie-re in un volume le meglio riuscite sin allora. [...] Consegnai subito il manoscritto. Ma invece del volu-me vennero fascicoli con la figura dell’affresco di Domenico di Michelino [...]. Nel 1901 era compiutal’esposizione dei 34 canti dell’Inferno, nel 1904 tutto il poema; e i fascicoli crescevano. [...] La fortunadi questa libera e collettiva cattedra dantesca in tutta Italia fu una cosa incredibile; [...] in quasi tuttele principali città [...] sorse la lettura di Dante». Vallone 1958, p. 179, parla di “Lectura Sansoniana”,con aggettivazione che sottolinea il profondo legame tra la casa editrice fiorentina e la lectura Dantis.

80 M. Barbi, Prefazione all’Indice decennale del BSDI: voll. 1.-10., (1893-1903); compilato da F.Pintor, Firenze, Società Dantesca Italiana, 1912 (Tip. Galileiana) [ma lo scritto di Barbi da cui si cita èredatto già nel 1903]: «abbiamo fatto buona accoglienza alla lettura del poema, [...] anche dove sorseliberamente, promossa da altri sodalizi, o per iniziativa privata; parendoci che da tale istituzione fosseda aspettarsi un buon avviamento a quel commento più estetico che erudito», non senza una punta didistacco accademico: «l’affollarsi di tanta gente alle conferenze in cui si commenta la sua parola, e lateatralizzazione della sua figura e del suo poema, cose tutte che potranno esser piuttosto segni dei tem-pi, che indizio d’amore sincero per l’arte e per la cultura», p. XV.

81 Secondo la testimonianza di R. Renier, Dantofilia, Dantologia, Dantomania, «Fanfulla della Do-menica», 25, 12 aprile 1903, n. 15.

82 Cfr. M. Barbi, Per la storia della cattedra dantesca in Firenze, «Studi Danteschi» (d’ora in avantiSD), 1, 1920, pp. 159-163; poi Id., Problemi di critica dantesca: seconda serie (1920-1937), Firenze, San-soni, 1975, pp. 471-474. Barbi annovera Giuliani tra i «cosiddetti dantisti» insieme ad Alessandro Torrie Pietro Fraticelli.

83 Per la cattedra romana fu fatto il nome di Carducci, ma questi rifiutò per non lasciare Bologna;cfr. G. Petraglione, La cattedra dantesca a Roma e le lettere inedite di G. Bovio a G. Carducci, «Japi-gia: rivista pugliese di archeologia, storia e arte», 1942, pp. 43-55, anche in rete (http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Japigia/1942). Bovio premeva per Carducci il cui rifiuto rischiava di lasciare vuota

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ti statuari a ricordo di Giordano Bruno (a Campo de’ Fiori, opera di Ettore Ferrari,1889) e appunto di Dante, ma per il sommo poeta la statua non si riuscì a erigere,forse per il clima “antidantesco” cui accenna Carducci,84 che aveva inizialmenteosteggiato l’istituzione della cattedra dantesca nazionale a Roma, insieme a D’Anco-na, per i motivi suddetti, e per non assecondare le finalità anticlericali di un tale in-segnamento a Roma. In questa città ci fu poi la nascita della “Società Dante Alighie-ri” (1889), con lo scopo di diffondere e rappresentare la cultura e la lingua italiananel mondo, con ricadute importanti nelle rivendicazioni delle terre irredente.85

A suggello di questa polarità tra le due capitali ci furono i giudizi tranchant diCarducci del 1895, nella recensione-saggio al Codice diplomatico dantesco: Firenze«su tutte le città italiane, ha l’ambiente dantesco: ha i documenti, i monumenti,gl’instrumenti per la storia, per la filologia, per la filosofia, per la psicologia dante-sca: ha l’uomo [Barbi?] che quella storia dantesca e altro poteva oggigiorno faremeglio di tutti fra noi: non si volle per rispetti o dispetti personali, come sempre inItalia». Mentre a suo giudizio – analogamente al rifiuto della cattedra dantesca –«Roma, capitale politica e religiosa, non è dantesca; anzi è, nel costume nella tradi-zione e nell’arte, ciò ch’io conosca di più profondamente antidantesco».

Un altro termine di confronto sono le “case” di Dante a Roma e Firenze, luo-ghi di ricerca filologica e museale. L’accostamento vale per i nomi dei due enti, eforse per lo stile medievaleggiante delle sedi, perché si tratta di due istituti moltodiversi. Lo scetticismo di Carducci su Roma città “dantesca” sarebbe stato smen-tito, dopo la sua scomparsa, nel 1914 dalla nascita della “Casa di Dante” nella ca-pitale su interessamento di Sidney Sonnino, e con sede nel palazzo trasteverino degliAnguillara, con la missione «di promuovere conferenze e letture, di creare unabiblioteca speciale riguardante tutto ciò che possa illustrare la vita, i tempi e le operedel poeta, e di assicurare in Roma una sede stabile al culto di Dante».86 Nasceva

la nuova cattedra o di farla «sprofondare sotto un pedante». Cfr. A. D’Ancona, Scritti danteschi, Firen-ze, Sansoni, 1912, che in premessa, p. VI, cita il giudizio di Bovio al ministro Coppino su D’Anconamedesimo definito «pedante, sordo a Dante».

84 Si veda la ricostruzione del clima romano, in cui il culto di Dante era sospeso tra un’interpreta-zione guelfa filopapalina e ghibellina risorgimentale, nel saggio di E. Querci, Il culto di Dante nell’Ot-tocento e le arti, in Dante vittorioso: il mito di Dante nell’Ottocento, a c. di E. Querci, Torino [etc.],Allemandi, 2011, pp. 35-52: 49. Si ricorda il giudizio di Carducci, Opere, vol. 10 (Studi, saggi e discor-si), Bologna, Zanichelli, 1898, p. 368, secondo il quale i «dantisti del Vaticano sono troppo monsignori,troppo arcadi, troppo eleganti».

85 Cfr. G. Mazzoni, Il nome di Dante e le due Società italiane intitolate a lui (1921), in Id., Almae lucesmalae cruces: studii danteschi, Bologna, Zanichelli, 1941, pp. 88-108. Oggi “case di Dante” esistono in Italiacon funzioni per lo più di insegnamento della lingua italiana agli stranieri, mentre associazioni della “DanteAlighieri” si trovano nelle città straniere con lo stesso scopo di presidio della lingua e cultura italiana al-l’estero, e spesso con funzioni complementari – se non sostitutive – degli Istituti italiani di cultura.

86 L’atto di nascita risale al 27 aprile 1914, con la prima riunione dei soci presieduta dal Sonnino;cfr. E. Esposito, La «Casa di Dante» romana e la critica dantesca, «L’Alighieri», n. s. 34, 1993, n. 1-2,pp. 113-126, e anche Id., La Lectura Dantis nella «Casa di Dante» in Roma, in Filologia e critica dante-sca: studi offerti a Aldo Vallone, Firenze, Olschki, 1989, pp. 569-600. Le letture dantesche c’erano statea Roma già dal 1901, dietro interessamento di Alberto Bergamini e del padre scolopio Luigi Pietrobo-no, il quale viene contattato una prima volta da Biagi (come segretario del Comitato esecutivo della SDI),per conto di Sansoni, con lettera del 21 febbraio 1917, per chiedergli dopo il canto IV dell’Inferno iltesto della «sua ultima lettura romana» (Inf. XXV), da pubblicarsi nella serie romana della “LecturaDantis”. Dopo la scomparsa di Biagi il contatto a Firenze per Pietrobono divenne Ermenegildo Pistelli,che gli scrive una lettera il 24 febbraio 1925: «La casa Sansoni mi dice di averti mandato le bozze delvecchio canto. E mi dice che pubblicherebbe anche le migliori “letture di Roma”, quelle si intende chenon siano già nella ‘Collezione romana’ di cui ti mando il catalogo, le migliori a tuo giudizio»; per questenotizie cfr. S. Zennaro, Luigi Pietrobono e la Società Dantesca Italiana, in Atti 1995, pp. 75-88.

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così un pendant alla SDI, non necessariamente in competizione con Firenze, infat-ti le due serie di letture vennero pubblicate in parallelo da Sansoni: tanto più chegli studiosi che svolgevano le letture erano a volte comuni a entrambi gli enti.87

A Firenze invece abbiamo una “casa-museo” di Dante, in via S. Margherita, 1.Il nuovo museo riaperto al pubblico nel 2005, dopo lavori di adeguamento e mes-sa a norma degli impianti, sorge in un luogo sicuramente dantesco, e per il quale èstato compiuto un “restauro interpretativo” ad opera dell’architetto Giuseppe Ca-stellucci che portò a termine un progetto di recupero e valorizzazione agli inizi delNovecento,88 ma che era già stato programmato dai tempi di Firenze capitale. Ilrisultato fu la ricreazione di una “casa di Dante” con annesso museo, pronti per ilnuovo centenario del 1965. Da allora si può dire che, a dispetto delle traversie diquesto luogo della memoria, l’odierno museo risponde ad «una moderna e funzio-nale museologia, che tende a conciliare le esigenze della scientificità con quelle dellacomprensione, per un turismo eterogeneo», e ha fatto dire a un illustre dantistacome Vittorio Sermonti, che l’edificio della Casa di Dante è il più autentico deifalsi storici.89

La nuova filologia

Il giovane Michele Barbi (1867-1941),90 nominato segretario di redazione del«Bullettino», probabilmente fu l’estensore anonimo del programma,91 che venivaintestato agli esponenti della vecchia scuola positivista per convenienza accademi-ca e societaria. Ma il segretario del «Bullettino» si sarebbe presto affrancato dallatutela dei padri, liquidando il magistero di Bartoli che viene giudicato tiepidamen-te per i limiti del suo metodo ipercritico e dispersivo.92 Una freddezza culminatanel necrologio di appena dieci righe senza firma per la morte di Bartoli (1894),93

87 Guido Biagi fece una lectura Dantis nella “Casa di Dante” romana su Il canto VIII dell’Inferno,in data 29 marzo 1914.

88 A G. L. Passerini si deve la campagna di stampa, dalle pagine del «Marzocco», per il riscatto dellacasa di Dante, per cui al Consiglio comunale fiorentino, il 25 luglio 1902, si discuteva l’acquisto del sitoe si nominava una commissione di studio per i lavori di “restauro” da intraprendere per il ripristinodella presunta dimora degli Alighieri, «La Nazione», 26 settembre 1902.

89 Cfr. Casa di Dante = Dante’s House: guida al museo, a cura dell’Unione Fiorentina, testi di S. Fei,Firenze, Linari Tipolito, 2010. In una testimonianza di una viaggiatrice francese dell’Ottocento si parladi un’«umile casetta, in via Ricciarda (n. 632), viene indicata da secoli come la casa in cui nacque DanteAlighieri; si accede al pianterreno attraverso una bella porta incisa, e l’immaginazione vi fa scorgere lasilhouette austera di Dante», L. Colet, L’Italie des italiens, Paris, E. Dentu éditeur, 1863.

90 Michele Barbi, allievo di D’Ancona, si era laureato alla Normale di Pisa con una tesi intitolataDella fortuna di Dante nel secolo XVI nel 1889, poi pubblicata da Nistri, 1890. Il «valente giovane» fucooptato dalla SDI con l’incarico di curare il BSDI.

91 Per l’edizione critica della Divina Commedia, BSDI, 5-6, settembre 1891, pp. 25-27, è il titolo dellarelazione che precede la presentazione del Canone di luoghi scelti per lo spoglio dei manoscritti della«Divina Commedia», ivi, pp. 28-38. Secondo Lida Maria Gonelli, Dal carteggio di Alessandro D’Ancona(e di altri), in Atti 1995, pp. 99-118: 105, nota 17, la penna di Barbi è certa, mentre la firma dei vecchimaestri appare come un atto di ossequio comprensibile verso i maggiorenti della SDI. A riscontro sicita di M. Barbi, Per il testo della ‘Divina Commedia’, Roma, Trevisini, 1891; si veda poi Id., Prefazioneall’Indice decennale del BSDI, cit.: dovere primario è «raccogliere i documenti della vita di Dante; pren-dere in diligente esame i manoscritti delle sue opere, per fissare il testo genuino di esse».

92 Ivi, pp. VI-VII, dove si stigmatizza, nel campo degli studi danteschi, «quel razionalismo pretenzio-so e quel vano scetticismo con cui si credeva da taluni continuare l’opera benemerita, anche se per certirispetti esagerata, di Adolfo Bartoli».

93 BSDI, n. s. 1, 1893-1894, p. 160.

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che non mancò di provocare la perplessità di qualche personaggio.94

Perciò il “dantismo” della SDI e fuori di essa, finiva per spaccarsi in due cor-renti generazionali: da un lato i giovani della nuova filologia, capeggiati da Barbi,tra cui Parodi, Rostagno, D’Ovidio e Rajna (anche se meno giovane dei colleghi);dall’altro i maestri della vecchia scuola come Del Lungo, Tortoli, Torrigiani, Fran-chetti, più attenti alla divulgazione e alla mondanità, quasi a protrarre l’onda lun-ga dell’Unità risorgimentale, del successivo centenario del 1865 e di Firenze capi-tale; oltre che essere fautori di un culto di Dante dai tratti molto ‘fiorentini’, quasia rivendicare lo “scrittore nostro”, a cui corrispondeva una prevalenza di fiorenti-ni o toscani negli organi direttivi della SDI.95

In particolare l’influsso rinnovatore di Barbi coincide con la non casuale “nuo-va serie” dell’organo della SDI e la sua nomina a direttore del «Bullettino» dal 1893(quando vi compare il sottotitolo «rassegna critica degli studi danteschi»). Unamarcia di conquista sul BSDI, e sugli studi danteschi, che viene rivendicata da Barbidieci anni dopo, in occasione dell’Indice decennale (1893-1903), da dove sono espun-ti i primi 14 fascicoli apparsi tra il 1890 e il ’93.96 Del Lungo, dopo aver letto iltesto della prefazione in bozze, scrisse al Barbi una lettera piuttosto risentita: «Quicredo doveroso dirti, come non mi paia giusto, e così anche al Biagi e a qualchealtro socio, che con la sola frase “un modesto Bullettino” o poco più, si spacci laserie vecchia del Bullettino, la quale, osserva il Biagi “è pure stata continuata an-che nell’ultimo decennio e contiene pregevoli lavori”».97 Lo spoglio dei fascicolidel BSDI venne compilato in maniera esemplare da Fortunato Pintor (1877-1960),la «fusione del repertorio per soggetti con l’indice bibliografico propriamente det-to» viene lodata e ripresa nell’aggiornamento per il periodo 1904-1921 da GemmaSgrilli, che è come una seconda parte.98

94 «Quelle poche righe appaiono tanto più sconcertanti se confrontate con la lunga commemora-zione che il BSDI, quando ancora era diretto collegialmente dal Comitato centrale, aveva dedicato aun personaggio benemerito per virtù civili, ma per altro estraneo agli studi danteschi, come Ubaldi-no Peruzzi. È evidente che con l’avvento della rigorosa direzione del Barbi, il BSDI non aveva più spazioper tener vivo quel culto dei maestri e delle memorie cittadine e risorgimentali, tanto caro al Del Lungoe ad altri soci fondatori della Società», Cfr. Gonelli, Dal carteggio di Alessandro D’Ancona, cit., p. 107,nota 23; il necrologio per Peruzzi era uscito su BSDI, n. 9, aprile 1892, pp. 9-36.

95 Si veda anche il giudizio di Vallone 1958, p. 188, su Del Lungo «che intende la storia come nudorepertorio o al massimo intiepidita da una casalinga aria toscana».

96 E più esplicitamente Barbi nella Prefazione all’Indice decennale (anche in estratto, Firenze 1904)loda i collaboratori coetanei, ma sorvola sull’attività della SDI e dei suoi membri “storici” (Del Lungo,Biagi, D’Ancona, Guasti). Forse c’è qualcosa di edipico in questa liquidazione da parte della nuovagenerazione di studi critico-filologici verso la vecchia scuola positivista fatta di erudizione, metodo sto-rico e a volte psicologismo.

97 Gonelli, Dal carteggio di Alessandro D’Ancona, cit., p. 106, nota 21. Come esempio dei rapportiallora vigenti tra maestro e allievo, oltre che della distanza generazionale tra un maestro come Del Lungoe un allievo come Biagi o un Barbi, riporto questo brano: «quando gli altri miei compagni raccoglieva-no libri e quaderni per serrarli con le tavolette e la cigna, mi feci coraggio e mi avvicinai alla cattedrapresentando al professore un volume con la copertina color di rosa, su cui figurava anche il mio nome.Il Del Lungo, meno burbero del solito, prese il libro, lo guardò, mi ringraziò e mi disse qualche buonaparola», da G. Biagi, Il mio primo volume, in Il primo passo. Note autobiografiche di A. D’Ancona, A.Bartoli, V. Bersezio, G. Biagi, L. Capuana, G. Carducci, A. Chiappelli, G. Chiarini, G. Costetti, F. Filippi,R. Fucini, O. Guerrini, P. Lioy, I. Del Lungo, P. Mantegazza, G. Marradi, F. Martini, G. Massari, G.Mazzoni, P. Molmenti, E. Nencioni, F. D’Ovidio, E. Panzacchi, M. Rapisardi, F. De Renzis, G. Rigutini,R. De Zerbi, raccolte per c. di F. Martini e G. Biagi. Firenze, G. C. Sansoni Editore, [1922], pp. 37-44.

98 BSDI: rassegna critica degli studi danteschi: indice degli anni 1904-1921 (n. s.: voll. XI-XXVIII,1904-1921), compilato da G. Sgrilli; con prefazione di M. Casella. La dedica alla memoria dei maestriG. Mazzoni, E. G. Parodi e P. Rajna.

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Ma ormai la ribalta degli studi danteschi spettava al sodo lavoro filologico dellapubblicazione delle opere dantesche in edizione critica promossa dalla SDI, e di-ventata “edizione nazionale” dopo la proposta di legge dell’on. Valenzani, svoltain Parlamento il 19 maggio 1914. Con i primi risultati che sarebbero arrivati allascadenza del centenario 1921 con l’editio minor: Le opere di Dante. È lo stesso Barbiche ce lo rammenta quando ribadisce che per l’erudizione dantesca fine a se stes-sa, non si doveva «rinunziare a un vantaggio sostanziale qual è d’aver ciò che èsufficiente ai bisogni veri».99

Tuttavia anche quella che doveva essere una scadenza-traguardo, fu oggetto didiscussione all’interno della SDI. Dal momento che per il centenario del ’21 lo sta-to dell’arte permetteva solo un’edizione delle opere di Dante in un volume solo,senza apparato; si poneva il problema se pubblicare comunque un’edizione «ma-neggevole nel formato», con o senza gli “auspici”, il patronage della Società. Purcon le proposte allettanti provenienti dal mondo dell’editoria (Perrella, Formìggi-ni o un consorzio di tre editori per ciascuna parte della penisola, e infine Bempo-rad), nel Consiglio centrale della SDI si svolgevano riunioni febbrili in cui alcuni (ifilologi Pistelli, Rajna, Barbi) erano per pubblicare qualcosa proprio per non delu-dere l’attesa della ricorrenza dantesca, l’altro partito capeggiato da Biagi, con OrazioBacci e Guido Mazzoni, invece manifestava preoccupazione per le «conseguenzeeconomiche addirittura disastrose» su un’edizione “provvisoria” sponsorizzata dallaSDI, temendo un cattivo ritorno di immagine. Alla fine prevale la linea del buonsenso, con l’argomento di Barbi a favore di un’editio minor «in servigio dell’edi-zione nazionale» a venire.100

Non stupirebbe se dopo la vicenda editoriale del “Dante del ’21”, Barbi dopoaver “rinnegato” gli esordi del BSDI, avesse deciso deliberatamente di tirarsi in-dietro anche per gli ultimi anni della serie, provocando con la sua uscita un inde-bolimento dell’organo della Società, incapace di rispettare le scadenze di pubbli-cazione, proprio nella fase delicata e controversa della importante ricorrenza, e quasiper metterlo in mora, insieme alla SDI. La morte del direttore del BSDI, ErnestoGiacomo Parodi nel 1923, in carica dal 1906, e amico fraterno del Barbi, e l’inca-pacità di trovare un successore, portarono alla chiusura della serie nel 1921, con

99 M. Barbi, Problemi fondamentali per un nuovo commento della Divina commedia, Firenze, Sanso-ni, 1955, p. 148. Un augurio formulato anche da Michele Scherillo, Alcuni capitoli della biografia diDante..., Torino, Loescher, 1896, pp. XVII-XIX: «verificare e controllare (tutto), ché, purtroppo, i nostrieruditi ricercavan talvolta i documenti non per domandare ad essi il vero, ma per trarli a dimostrar veraper forza una tesi vagheggiata prima, pubblicandoli mutili o altrimenti alterati».

100 Si veda la ricostruzione della vicenda in E. Ghidetti, La Società Dantesca e il «Dante del ’21»:cronaca di un’edizione, in Le opere di Dante: testo critico 1921 della SDI, Firenze, Le Lettere, 2011 (rist.anast. della 2ª ed. Ricciardi 1960), da cui sono tratte le citazioni. In questa sede rileva che Biagi – comegli accadrà per l’organo periodico della SDI (vedi infra) – oltre a consigliere della Dantesca è ancheuomo della Sansoni, che fino ad allora per storia e catalogo era stata quasi la casa editrice de facto dellaSDI. Il ritrarsi dell’azienda dall’appuntamento del ’21 sembra essere effetto della prudenza commercia-le manifestata da Biagi nel Consiglio centrale della SDI, quasi ad aspettare tempi migliori. L’assunzionedell’Edizione nazionale delle opere di Dante da parte di Le Lettere rappresenta quasi un ritorno a casa,dato che il patron è l’erede omonimo di Giovanni Gentile che acquistò la Sansoni nel 1932; cfr. G.Chiavacci, Giovanni Gentile e la Sansoni, «Amor di libro», cit. e G. Pedullà, Il mercato delle idee: Gio-vanni Gentile e la Casa editrice Sansoni, Bologna, il Mulino, 1986. I rapporti con le case editrici, comesi vede, spesso riservano risvolti utili per la storia della tradizione critica, e potrebbero essere approfon-diti con ricerche nell’archivio storico della SDI, per verificare come si siano svolti verso gli editori “difamiglia” e altri non fiorentini, ma non meno lodevoli (si pensi a Ricciardi, Mondadori, Antenore, e daultimo la Salerno editrice).

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l’ultimo numero stampato nel 1923. Nel frattempo era sorta per iniziativa di Barbila sua rivista: «Studi danteschi», già dal 1920, che sarebbe andata a colmare il vuo-to lasciato dal «Bullettino», come stabilito dalla presidenza della SDI, che per ilquinquennio 1922-1926 risultava composta da: Del Lungo (presid.), Rajna (vice),Biagi (tesoriere), Rostagno e Flaminio Pellegrini (segretari).101 In questo modo laSDI – messa davanti alla debolezza del suo «Bullettino», indotta dalla fuoruscitapolemica di Barbi, che così aveva reagito a «un certo venticello di fronda» prove-niente dal Consiglio centrale della Società – si trovava costretta a capitolare senzacondizioni e a porsi ancora una volta sotto la tutela scientifica dell’eminente filolo-go dantesco.

Biagi divulgatore di Dante

Michele Barbi parlando di un cinquantennio di studi danteschi (1886-1936), incui a mo’ di bilancio descrive le conquiste di una stagione importante per il danti-smo italiano, racchiude la primavera della dantologia moderna negli estremi cro-nologici che corrispondono al floruit di Guido Biagi, così che se pure vogliamoaccettare per quest’ultimo la definizione di dantista “di complemento”,102 vale an-che quella di “aracne infaticabile”103 dei rapporti culturali, delle iniziative di divul-gazione a più livelli, verso il pubblico dei dotti e specialisti, come pure della citta-dinanza e degli amatori, un’attività prolifica e continuata di cui anche il dantismoseppe beneficiare.

Provenendo dalla Marucelliana, Biagi fu assegnato alla fine degli anni ’80 dalministero come prefetto (direttore) alla Biblioteca Medicea Laurenziana, all’epocaamministrata in comune con la Riccardiana (entrambe famose per essere scrigni dicodici danteschi), nello stesso giro di mesi in cui si assiste alla fondazione dellaSocietà Dantesca a Firenze. La Biblioteca Riccardiana sarà la prima sede della SDI,104

con Biagi a fare gli onori di casa. Era ovvio trovarlo tra i promotori e membri dellaSocietà Dantesca, come anche nei comitati fondatori di diversi altri cenacoli e as-sociazioni culturali, in un periodo propizio per la cultura fiorentina, quando dav-vero in riva all’Arno sembrava esserci l’“Atene” d’Italia. Si ricordano la Società

101 Si veda la puntuale ricostruzione di G. Tanturli, «Studi danteschi», in Dante nelle scuole, cit., pp.109-127, con estratti dai verbali dell’adunanza della SDI del 18 febbraio 1922, dove si nota la presenzain duplice veste di Biagi, come uomo della Sansoni che vota come membro della SDI perché i numeridi «Studi danteschi», stampati per i tipi di Sansoni, diventino emanazione dell’attività della Società,acquistandoli per i soci al prezzo scontato del 50%: «doveva negoziare in parte con se stesso».

102 E. Malato, Studi su Dante: “lecturae Dantis”, chiose e altre note dantesche, Cittadella (Padova),Bertoncello, 2005, p. 696.

103 La definizione si deve ad A. Sorani, L’animatore degli scambi culturali, «Il Marzocco», 30, 18gennaio 1925, n. 3, pp. 2-3 [necrologio]. Ne allego un altro paio: «divulgatore magari mondano» (Con-tini, Un saluto alla Sansoni, cit., p. 8); «per quarant’anni Biagi era stato il più elegante regolatore dellavita artistica fiorentina» (P. Pancrazi, Scrittori d’oggi, serie VI, Bari, Laterza, 1953, pp. 81-82).

104 R. D. 14 dicembre 1896, su proposta del ministro Paolo Boselli. Proprio in questa biblioteca siregistra un primo lavoro sul campo di catalografia codicologica dantesca: S. Morpurgo, I codici riccar-diani della Divina Commedia, BSDI, 13-14, 1893, pp. 16-144, che contiene anche (pp. 16-18) le Normeper la descrizione e lo spoglio dei mss. della D. C. dettate dalla SDI. Una tradizione che partita da An-gelo Maria Bandini in Laurenziana arriva fino agli anni dell’informatizzazione con i protocolli codico-logici elaborati da appositi gruppi di lavoro; cfr. G. Savino, Elementi per la descrizione informatica deicodici, in Atti 1995, pp. 489-496. Si veda anche il catalogo della mostra I Danti Riccardiani: parole efigure, a c. di G. Lazzi e G. Savino, Firenze, Polistampa, 1996.

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bibliografica italiana (1896-1915), l’associazione “Leonardo da Vinci” (dal 1902),l’Institut français (dal 1907), il British Institute (dal 1917), la “Brigata degli Amicidei monumenti” ed altre.105 Nel 1913 viene eletto come accademico residente del-l’Accademia della Crusca, insieme a Orazio Bacci e Alessandro Chiappelli;106 inseguito coerente col suo eclettismo di poligrafo darà prova di sé come lessicografocurando l’edizione «ad uso delle famiglie» del Dizionario del Tommaseo.107

Biagi in quanto bibliotecario-giornalista, con una casa editrice alle spalle, fu unpersonaggio utile per l’evoluzione degli studi danteschi, poiché riuniva nel suocurricolo la competenza e autorità del tecnico: nelle biblioteche come prefetto enei ranghi ministeriali come consulente,108 insieme alla curiosità e precisione del-l’erudito, alla capacità di influenzare del giornalista; le biblioteche storiche, di con-servazione, da lui dirette divennero il “laboratorio” per le intraprese editorialidantesche e di contorno, di Biagi e dei suoi stretti collaboratori, dai quali vennero

105 Cfr. L. Cerasi, Gli ateniesi d’Italia: associazioni di cultura a Firenze nel primo Novecento, Milano,Angeli, 2000. Un «rifiorire della cultura» che a posteriori sarebbe stato criticato non solo in modoprevedibile dagli avanguardisti iconoclasti, ma da un più posato Giovanni Gentile, Introduzione a Leo-pardi [prolusione], in Id., Manzoni e Leopardi, Firenze, Sansoni, 1960, pp. 82-83, parlando nel 1927 inun’aula accademica, che cita quella stagione dopo il Risorgimento in cui «risorse con gioia l’antico gustoidillico e arcadico della letteratura, della letteratura intellettualistica ed elegante; e da Firenze, centrodi questa rifioritura letteraria, fecero epoca le conferenze sulla vita italiana e poi sulla D. C.», mettendoperò in guardia dall’eccesso, dal divenire moda: «L’esempio fu imitato in tutte le principali città, e iconferenzieri più brillanti e celebrati viaggiavano da una tribuna all’altra recando in giro le loro argu-zie, i loro motti ed aneddoti, le loro pagine patetiche e scintillanti, a gran diletto, si diceva, del loropubblico di dilettanti di cultura a buon mercato. Perché a certe conferenze, con certi nomi, di dire chel’ora è lunga a passare pochi hanno il coraggio». A difesa della apparente liquidazione dell’istituto dellaconferenza colta ed erudita interveniva Salomone Morpurgo, Guido Biagi [necrologio], «Il Marzocco»,18 gennaio 1925, p. 1, secondo cui Gentile sbagliava «parlando della coltura toscana nell’800, e bollan-do queste istituzioni fiorentine come assai frivole fin dall’origine, e quindi inutili. Non a difesa del Biagi,ma per una verità che è abbastanza aperta a tutti, questi ritrovi sono stati, e possono essere ancora seabbiano chi li curi con amore, organi tutt’altro che superflui di cultura nelle nostre città; sopra tuttoqui in Firenze, dove Francesi e Inglesi e Tedeschi han pur sentito il bisogno di fare altrettanto con proprîloro circoli e istituti. Questo, se vogliamo che le intese intellettuali fra i popoli d’Europa, di cui tantosi parla, siano rappresentate con nostra dignità».

106 L’esclusione di Ernesto Giacomo Parodi nelle nomine del ’13 aveva provocato le critiche diErmenegildo Pistelli, I nuovi accademici residenti della Crusca («Il Vandalo», n. 1, giugno 1913), solida-le col filologo ligure, già accademico corrispondente. In una lettera a Croce (25 luglio 1913) a propo-sito delle ultime nomine, Pistelli si mostra irritato: «Ma che il Governo dia danari a un’Accademia chenon fa una cosa per farne anche un’altra, mi pare un “colmo”! – E queste ultime elezioni di letteratipuri e generici, non sono assurde? E si può mai sperare buoni resultati da un lavoro “collegiale”, di cuinessuno ha e sente la responsabilità?», riportata in «Con la Sua calligrafia che mi ricorda i papiri gre-ci...». La filologia, la guerra, la Crusca nel carteggio di Croce con Pistelli e Teresa Lodi, a c. di S. Miccolise A. Savorelli, in Gli archivi della memoria: bibliotecari, filologi e papirologi nei carteggi della BibliotecaMedicea Laurenziana, a c. di R. Pintaudi, Firenze, Mibac, 1996, pp. 96-97, nota 3. Dopo qualche tempoParodi viene nominato fra gli accademici residenti. Nel 1918 i soci dell’Accademia della Crusca risul-tano essere insieme a Del Lungo (presidente), Biagi, Alfani, Volpi, Rajna, Chiappelli, Pellegrini, Parodie Mazzoni (segretario).

107 N. Tommaseo, Dizionario della lingua italiana; compendiato e ammodernato ad uso delle fami-glie da G. Biagi, Torino, UTET, 1918, 2 voll.

108 Giovanni Ragone, Un secolo di libri: storia dell’editoria in Italia dall’Unità al post-moderno, To-rino, Einaudi, 1999, p. 56, parla di modello toscano di intellettuale: professionisti eredi diretti del cetorisorgimentale, in gran parte universitari, seguiti da membri dell’alta burocrazia, giornalisti, letterati.Guido Biagi è uno specimen di tale figura: rimasto dapprima nell’ambiente del Regio Istituto di studisuperiori, prima della carriera nelle biblioteche governative, amico di Ferdinando Martini – allora de-putato della sinistra e poi uomo del ministero dell’istruzione, fino a ministro –, e suo assistente nelleimprese giornalistiche a Roma, talent-scout nello spingere alle prove letterarie, per stare ai più famosi,Collodi per il Pinocchio a puntate e i primi passi in poesia di D’Annunzio.

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preziosi strumenti come indici bibliografici, mostre di cimeli, riproduzioni foto-grafiche, edizioni diplomatiche, apparati critici, campagne di stampa, gruppi diopinione.109

In special modo il “monumento laurenziano”, divenne sempre più la casa deicodici danteschi, dopo che ci fu l’acquisto da parte dello Stato – negli anni delministro Coppino, quando anche Biagi era nei ranghi del ministero – della partepiù preziosa della biblioteca di Lord Bertram Ashburnham, conservata in Inghil-terra e formata da codici e stampati importanti, in modo da completare la preziosae unica collezione dantesca della Laurenziana.110

Come si vede, una varietà di incarichi e interessi che, impegnando Biagi in modocontinuato o a intervalli, gli impedirono di diventare uno «specialista prigionierodella propria disciplina» (come poté essere inizialmente in positivo per Barbi tuttovotato a Dante). Una variatio negli interessi di letteratura e filologia verso autori dialtri secoli (per Biagi si ricordano gli studi su Foscolo e Giusti111) praticata ancheda Barbi dopo il grande sforzo dell’edizione nazionale dell’opus dantesco.

Come ricordò efficacemente Aldo Sorani nel necrologio per Biagi: «con una sa-piente misurazione delle sue forze e delle sue possibilità, invece di impuntarsi a co-stituir testi critici ed a collazionare manoscritti e ad interpretare paleografie e a pro-clamarsi benedettino, si nominò cardinale, principe e mecenate. Assai più spesso checurvo sulle pergamene lo vedemmo infatti nel suo studiolo, che rassomigliava la ca-

109 Cfr. C. Pestelli, Epistolarî ottocenteschi: letterati, professori, bibliotecarî, riviste di epoca carduc-ciana, fra classicismo, italianistica ed anglogermanistica (Chiarini, De Gubernatis, Martini, Biagi, PieroBarbèra, Bianchini), in Id., Occasioni leopardiane e altri studî sull’Otto e sul Novecento, Roma, Bulzoni,1998, pp. 199-256; ancora prima pubblicato in rivista: Id., Lettere di Giuseppe Chiarini a Martini, Biagie De Gubernatis, «Rassegna della letteratura italiana», 96, s. VIII (1992), n. 1-2, p. 88-112. EbbeneMarino Biondi nell’Introduzione a Pestelli, pp. 13-27: 26, a proposito di questa generazione operativaa cavallo dei due secoli, e dei loro fitti carteggi, nei quali scorre la frenesia delle attività accademiche,delle iniziative culturali, del rampantismo negli apparati burocratici e per i guadagni dall’editoria, haparlato di «una specie di ufficio d’anagrafe della comune dei dotti italiani, letterati professori, letteratisegretari di ministri o applicati a qualche ministero, letterati bibliotecari».

110 G. Biagi, Nel mondo dei libri, RdBA, 21, 1910, n. 4-5, p. 51: «l’acquisto, ormai ritenuto da tuttiglorioso, della Collezione Ashburnham, di 1903 codici che furon acquistati a un prezzo medio di fran-chi 307,40 l’uno – mentre nella raccolta venuta in Italia e destinata alla Laurenziana erano cinque o seicimeli che valevano da soli assai più di quelle 585.000 lire, che sembrarono allora un’enormità». Ferdi-nando Martini, Lettere [1860-1928], Milano, Mondadori, 1934, pp. 153-154, avvisa per lettera Carduc-ci il 14 maggio 1884: «Come non saresti tu il primo a saperlo, ove non fossero il Biagi e il Mazzoni quipresenti e plaudenti?». E Carducci in risposta (20 maggio): «Alla fine l’Italia, in affar di codici e libri,non vende più, compra. Bene. Del resto, il Governo, col prezzo contrattato, ha fatto anche un affare.Soltanto i codici danteschi, fra i pucciani e quei del Libri, sono una raccolta che non si trova l’egualein nessuna biblioteca del mondo. [...] Manoscritti autografi del Sacchetti, del Castiglione, del Sannaza-ro, il più antico codice del Malaspini, il più antico di Dino Compagni: quattro volumi di carte di Na-poleone! E Lord Ashburnham non faceva vedere a nessuno o fece vedere pochissimo. Sarà una rivela-zione per la critica, e questo studio di rivelazione si potrà fare in Italia per merito dell’on. Coppino etuo» (ibid., nota 2). Cfr. il profilo storico di Antonietta Morandini, in Biblioteca Medicea Laurenziana,Firenze, Nardini, 1986, pp. 15-33: 32: «fu alla fine dell’Ottocento che entrò in Laurenziana una impor-tantissima collezione di manoscritti, quasi duemila di numero e di vario argomento ed epoca, ma gene-ralmente anteriori al XVIII secolo. [...] Molti di questi codici si può dire rientrassero in Italia dall’In-ghilterra dopo poco più di mezzo secolo: erano stati infatti allontanati, con mezzi generalmente pocoleciti, dal noto matematico, libraio ed anche ladro Guglielmo Libri [1809-1869], personaggio alquantodiscutibile che tante sottrazioni ebbe a compiere in molte biblioteche italiane e straniere. Il Libri avevapoi venduto moltissimi pezzi al vecchio Lord Ashburnham».

111 Cfr. Le poesie di Ugo Foscolo, ed. completa a c. di G. Biagi, Firenze, Sansoni, 1883, 19042 (Pic-cola biblioteca italiana); l’antologia di Consigli, giudizi, massime, pensieri, tratti dalle opere di GiuseppeGiusti, a c. di E. Tanfani e G. Biagi, Firenze, Le Monnier, 1886 (Biblioteca nazionale economica).

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bina d’un transatlantico, far l’ospite accogliente od occuparsi di testi più moderni».112

Nella Biblioteca Medicea Laurenziana dopo la metà del Settecento «si princi-piò a tener un registro di queste visite illustri, e si conserva in biblioteca un album,il primo d’una serie che ancora continua, dove son firme di gran personaggi: c’èquella di Volfango Goethe, di Vittorio Alfieri, d’Alessandro Volta, di principi, diletterati o artisti illustri d’ogni nazione. E ricordo Bonaparte, e in epoca più recen-te Schopenhauer; poi dopo il 1850 Giosue Carducci, Pasquale Villari, Emilio Teza,Adolfo Bartoli, Michele Amari, Cesare Guasti, insomma i più bei nomi di quei beitempi».113 Il sito web della Laurenziana, quasi a rinfrescare la memoria di Biagi peri visitatori illustri della biblioteca, offre la versione digitalizzata del registro dellefirme: se ne potrà ricavare una anagrafe dei dantisti e una mappa degli studi di fi-lologia dantesca nel tempo.

Bibliofilia e Dantofilia

La bibliofilia di Biagi significò più che collezionismo privato, piacere nel crearee pubblicare libri, se pensiamo alle edizioni di pregio pubblicate anche in coedi-zione con editori stranieri, e ovviamente al contributo dato al catalogo Sansoni. Lasua «Rivista delle biblioteche e degli archivi» presentò diversi contributi, spessocon un taglio, un approccio tra collezionismo librario, restauro di libri, descrizio-ne di cimeli, storia della legatura (per es. la Grolier). Dalla bibliofilia alla passioneper i codici danteschi, originali o riprodotti, il passo è breve.114 Come sottolineò unsuo biografo: «il custode di palinsesti non si peritava ad affidarli alle macchinefotografiche per le riproduzioni in serie».

Per citare solo uno dei cimeli bibliografici posseduti dalla Laurenziana, ancoraoggi riprodotti dagli originali in strenne di lusso,115 si ricorda l’ed. facsimilare delle

112 A. Sorani, Un bibliotecario: Guido Biagi, in Id., Il libro italiano, Milano, Bertieri e Vanzetti, 1925,pp. 283-301: 285.

113 G. Biagi, Ricordi laurenziani. I. Visitatori illustri, cit. A questo elenco sicuramente bisogna ag-giungere Willard Fiske, Introductory, cit., p. XVIII, il quale memore della cortesia dei bibliotecari che gliavevano agevolato il lavoro di ricerca bibliografica, scriveva da Villa Landor (San Domenico, Fiesole):«my heartfelt obligations to innumerabile officials of public libraries, who allowed me the freest accessto the garnered wealth they guard, and helped me with many a pertinent suggestion and many a wisecounsel».

114 G. Fumagalli, Guido Biagi bibliofilo, RdBA, n. s. 3, n. 1-6, 1925, pp. 21-27, ricorda che Biaginon fu bibliofilo, accontentandosi di gestire le ineguagliabili ricchezze in cimeli bibliografici possedutidalla Laurenziana. Ma un caso diverso di bibliotecario che fu anche “bibliomane” ci viene da Fiske chericorda in una lettera al collega Harris che aveva preso il suo posto alla Cornell University Library: «thecharm of the chase got possession of me, and it was impossibile to escape from its grasp. For the book-collector, like the gambler and the miser, is the slave of his passion [...] my inability to evade tempta-tion and free myself from the enthralling spell of bibliomania», Id., Introductory, cit., p. IV. Riporto uncaso di cui sono stato testimone diretto: dopo la pubblicazione della ristampa del Batines, il sottoscrit-to, Zamponi e Guerrini hanno ricevuto una cortese quanto eccentrica lettera dattiloscritta da un signo-re della Campania che chiedeva una copia della pubblicazione in cambio di un suo libro. Dopo qualcheperplessità – pensando al potere di attrazione di Dante, ecc. – ho scoperto più banalmente che moltealtre persone, con pubblicazioni, non necessariamente dantesche, uscite in Italia e all’estero, hannoricevuto la stessa proposta, fino a creare un gruppo di social network a lui intitolato; sembra perciò cheil signore (bibliomane?) passi il suo tempo a spedire simili richieste verso tutti o quasi.

115 G. Biagi, Prefazione a Lo Zibaldone Boccaccesco Mediceo Laurenziano: Plut. XXIX-8, in Firenze,presso Leo S. Olschki, 1915, p. 1, spiega il senso delle riproduzioni facsimilari: «La nostra centenariabiblioteca, dove fortunatamente pervennero come ad un salvo rifugio alcune reliquie bibliografiche [...

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illustrazioni alla Commedia di Giovanni Stradano (Jan van der Straet o Hans vonder Straat, in latino Johannes Stradanus, Bruges 1523-Firenze 1605),116 con prefa-zione di Biagi, segretario della SDI. Nello scritto di presentazione, Le illustrazionialla D. C., Biagi fa un abrégé di storia dell’iconografia dantesca: Federico Zuccariche negli affreschi della cupola del Duomo, incominciati dal Vasari, e da lui termi-nati, «ci prova co’ suoi disegni come l’esempio di Michelangiolo avesse avviato gliartisti allo studio del poema [...] ch’ei disegnava in un esemplare ben marginosodella Commedia». Il codice presenta delle note manoscritte, forse di Stradano, cheillustrano anche con disegni la “topografia dantesca” (de situ, forma et misura In-ferni); «qualcosa dell’indole nativa apparisce in questi suoi disegni [...] non mancaspesso quello spirito, quell’originalità un po’ grottesca, che è un de’ caratteri prin-cipali dell’arte fiamminga [Bosch]». E conclude la prefazione: «Pubblicando que-sti disegni pensammo offrire un non inutile contributo alla storia della fortunadantesca, che va del paro con quella dell’arte e della letteratura d’Italia».

Come si è visto con l’acquisto della biblioteca di Lord Ashburnham, Biagi svol-geva un ruolo di collegamento tra la Firenze delle biblioteche governative e gli ufficidel ministero, avendo avuto alla Minerva esperienze di lavoro sia come consulenteper le biblioteche che come ispettore scolastico. Dopo la nascita della SDI la poli-tica degli acquisti per il fondo dantesco della Laurenziana poté quindi essere per-seguita anche in raccordo con gli specialisti intenti alle cure ecdotiche per il “Dan-te del 1921”, come quando nel 1897 vennero acquistati dal ministero quattro codici,che si aggiunsero ai 137 già presenti nella biblioteca. Ne viene data una descrizio-ne codicologica sintetica «per la cortesia» del Biagi stesso.117

Un’altra occasione per il Biagi descrittore di cimeli danteschi fu la Nota biblio-grafica in brochure per nozze (100 copie) come omaggio a Olschki per le nozze della

vuole] continuare quella serie di pubblicazioni a facsimile onde tanto aiuto viene agli studj, ora che iperfezionati processi foto-meccanici consentono d’avere degli archetipi più celebrati una copia sicura,che ad una data certa ne arresta il deperimento fatale. Fra qualche secolo queste riproduzioni avrannoun pregio inestimabile, perché staranno a rappresentare di ogni codice più prezioso uno stato necessa-riamente migliore di quello in cui dovrà venire a trovarsi l’originale; saranno l’effigie di un vecchio checon il proceder degli anni sarà divenuto decrepito». La prefazione si trova anche su «La Bibliofilia»,17, 1915-1916, disp. 2-3, pp. 45-53. Si veda anche Id., Della conservazione dei mss. antichi, RdBA, 9,1898, n. 10, pp. 154-160.

116 Divina Commedia: illustrazioni dell’artista fiammingo Giovanni Stradano, 1587, riprodotte infototipia dall’originale conservato nella r. Biblioteca Medicea-Laurenziana di Firenze, con una prefazionedi G. Biagi, Firenze, Fratelli Alinari Edit., 1893, in-folio, p. [110], con 9 facsimili e 41 tavv., dedica aUmberto I, patrono della SDI. I disegni sono 28, 24 dell’Inferno, 4 del Purgatorio. Il codice in questio-ne proveniva dalla Biblioteca Medicea Palatina, «non si sa come né quando è passato di poi in Lauren-ziana», dove venne catalogato dal canonico Angelo Maria Bandini (1726-1803), prefetto della bibliote-ca nel Settecento. L’anno prima risulta l’edizione inglese «with an introduction by G. Biagi and a pre-face by J. A. Symonds», London, T. Fisher Unwin, 1892. Cfr. Piero Scapecchi, Gli Alinari editori: ilcontributo iconografico degli Alinari all’editoria mondiale, Firenze, Fratelli Alinari, 2002, p. 20: «i docu-menti, conservati nell’archivio della Biblioteca Medicea Laurenziana, permettono di stabilire che all’ope-ra Vittorio [Alinari] pensasse immediatamente dopo aver assunto la direzione dell’Azienda, essendol’autorizzazione ministeriale datata gennaio-febbraio 1891, la scelta del curatore rispecchia la volontàdi Vittorio di sviluppare l’attività secondo un preciso disegno che sfrutta anche i recenti ritrovati nellaproduzione tipografica». Cfr. A. Benedetti, La fortuna delle immagini Alinari nella grande editoria ita-liana del Novecento, «Culture del testo e del documento», 12, 2011, n. 36, pp. 124-154.

117 Cfr. la notizia nella rubrica “Marginalia”, I codici danteschi, «Il Marzocco», 1897, n. 17, p. 4;l’acquisto avvenne nella pubblica asta libraria di Roma, tenuta dal negoziante di libri, autografi, stampee monete Antonio Gheno. Un altro episodio che ci conferma l’entratura di Biagi al ministero è la VIIriunione della Società bibliografica italiana, nel cui verbale il presidente Novati rivolge i saluti al nuovoministro Fusinato (1906), con Biagi che si associa «come rappresentante del ministro» tra i soci.

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figlia: Di un esemplare dell’edizione di Jesi della “Divina Commedia” appartenuto aUgo Foscolo;118 terza edizione a stampa della Commedia, la prima lavorata esclusi-vamente da un tipografo italiano: si tratta di un in-folio, con il testo del poema incarattere tondo di tipo veneziano, disposto su una colonna, dovuto al tipografoveronese Federico de’ Conti e stampato nel 1472 non a Jesi, come si è a lungo rite-nuto, ma piuttosto a Venezia, cui tra l’altro inequivocabilmente riconduce la fili-grana della carta usata. L’incunabolo era posseduto da Louis Fagan (1845-1903),dopo la morte di questi venne acquistato da un amico bibliofilo di Biagi, SidneySonnino.119

A proposito delle stampe per nozze (nuptialia e più genericamente effemeridistampate in economia), Willard Fiske nella premessa al Catalogo Cornell sottoli-nea che fossero molto diffuse nel panorama editoriale tra i due secoli: «If to these[official] we add the Dante publications per nozze, other privately-printed pieces,and the really valuable essays in reviews and transactions, [...] we shall find thatthe sale of the Divine Comedy is so extensive, among this notably smaller popula-tion, that complete and readable editions, in attractive bindings, are now produ-ced and sold [...] with brief commentaries».120

Il mercato antiquario in Italia registra un incremento proprio nell’ultimo tren-tennio dell’Ottocento, in una stagione caratterizzata dall’intreccio profondo dierudizione, bibliofilia e ricchezza di mercato.121 La dispersione sempre più frequentee diffusa di biblioteche nobiliari e la circolazione dei libri ecclesiastici, favorita dallesoppressioni, avevano sostenuto la progressiva e concomitante crescita del colle-zionismo privato, alimentato anche dagli studi bibliografici ed eruditi. Willard Fiske

118 Firenze, Stabilimento Aldino L. Franceschini, 1907; edizione di 100 esemplari. La descrizionecodicologica uscì anche su RdBA, 18, 1907, n. 10-11, pp. 145-149. Di Foscolo si registra «una lunganota bibliografica autografa». A fine Ottocento era presente in Italia un solo esemplare alla Trivulziana,«perché l’altro appartenuto ad Andrea Tessier andò venduto a Monaco, all’asta che della collezione ditesti di lingua del noto e compianto bibliografo veneziano fece il libraio Rosenthal nel 1900, [...] perconto d’una biblioteca pubblica».

119 Fagan fu collaboratore di Antonio Panizzi, nel dipartimento delle stampe della British Library.L’edizione di Jesi [ma Venezia?] a cura dello stampatore Federico De Comitibus mancava a tutte lebiblioteche governative italiane, quella in questione aveva la dedica manoscritta di Foscolo a Panizzi emancava di alcune carte. La vedova di Fagan, morto a Firenze, fissò un prezzo ragionevole, ma non allaportata del ministero che non aveva fondi da dedicare al mercato antiquario. Biagi: «Pubblicai la de-scrizione del cimelio nella Rivista delle biblioteche, raccontandone le vicende [... esso] è ora a Romanella Casa di Dante, fra i libri lasciati a quella istituzione da Sidney Sonnino», cfr. Id., Ricordi lauren-ziani. II. Le «Biblioteche» in soffitta, «Il Marzocco», 14 dicembre 1924. Mentre preparavo il contributosono venuto a conoscenza da Internet di un furto avvenuto nel 2001 ai danni della biblioteca della Casadi Dante romana. Quest’ultima ha promosso, insieme al Centro Pio Rajna, la mostra della collezionedantesca di Livio Ambrogio, anche qui un caso di bibliofilia dantofila, che si è offerta come occasioneper la pubblica divulgazione con l’esposizione di rari e unici pezzi (Roma, Palazzo Incontro, 21 giugno-31 luglio 2011), da cui è stato tratto un utile catalogo: Dante poeta e italiano “legato con amore in unvolume”: mostra di manoscritti e stampe antiche della raccolta di Livio Ambrogio, a c. di L. Ambrogio, C.Concina, E. Malato, A. Mazzucchi, Roma, Salerno ed., 2011.

120 W. Fiske, Introductory, cit., 1899, pp. IX, XIV: «Of works issued for private circulation, a verylarge share, in all languages, turned out to be procurable – even the greater part of those printed, oftenin very few copies, on the occasion of nuptials, this tribute of regard to the bride and bridegroom beinga pleasant festal custom peculiar to Italy».

121 «Da pochi anni a questa parte, da quando i ricchi Americani ebbero vaghezza di emulare i bi-bliofili del Rinascimento, l’esodo dei libri, dei codici, e delle stampe cresce a dismisura, e sul mercatolibrario aumentano anche i prezzi, come aumenta la occhiuta cupidigia degli incettatori», G. Biagi, Ilibri dei soppressi conventi, RdBA, 19, 1908, n. 2, pp. 28-31. Memoria letta al Convegno degli “Amicidei monumenti” in Firenze, il 4 aprile 1908.

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si stupiva di come fosse riuscito a creare una vasta raccolta specialistica su Dantein così poco tempo, attribuendo però una spiegazione all’«absence of rival col-lectors», oltre che alla dovizia di strumenti bibliografici, di cataloghi di librai e dicollezionisti, abbozzando una breve storia della bibliofilia dantesca.122

Nel 1905, Biagi e Del Lungo sono nominati come esperti di una commissionetecnica che deve esaminare e stimare la collezione dantesca di L. S. Olschki, riccadi 4000 volumi, acquistata poi dalla Biblioteca Classense di Ravenna. Stimata oltre70.000 lire e ambita anche da una famosa biblioteca americana; conteneva 70 edi-zioni della Commedia stampate tra il 1477 e il 1903 – tra cui Vindelino da Spira,1477.123 Un altro caso dove fu necessaria la perizia di Biagi bibliotecario e “codico-logo” per decidere al meglio fu la difficile scelta a cui venne messo di fronte dauna biblioteca ungherese che offriva un’edizione dantesca in cambio di un codiceminiato da Attavante per il re d’Ungheria Mattia Corvino, acquistato da Biagi econservato in Laurenziana. Lo scambio viene rifiutato per decisione di Biagi, chesi mosse nella piena legalità.124

Fu quella una stagione di affari per i collezionisti forestieri che riuscirono a faruscire molti tesori librari, prima che le leggi di tutela del patrimonio bibliograficonon ponessero un freno alle spedizioni all’estero. Di controlli e notifiche c’era bi-sogno dal momento che a partire dalla metà dell’Ottocento «affluiscono verso Fi-renze, coi mercanti in ritiro [...], studiosi e incettatori di libri, di codici e docu-menti».125 La sensibilità per l’azione di tutela fu innescata dalla Società bibliograficaitaliana, e dopo qualche anno avrebbe portato all’istituzione – almeno sulla carta –delle prime Soprintendenze bibliografiche regionali, alle quali Biagi diede il suo

122 Fiske, Introductory, cit., 1899, p. XVII: «The interest awakened by the celebration in 1865 of thesixth centenary of Dante’s birth led to the formation of various private Dante collections, and to liberalpurchases of Dante books by public libraries. Since those festivities a quarter of a century had now goneby, and ardent hunters after Dante book-treasures were few. As a consequence the shelves devoted toDante in the antiquarian book-shops were again full».

123 E anche la princeps con il commento del Landino (Firenze 1491); l’edizione bresciana del 1478;le edizioni aldine del 1502 e 1506; l’edizione bodoniana del 1795, 10 traduzioni in lingue diverse e varieedizioni e commenti delle opere minori. Cfr. il “Catalogo monografico” del 1902 dedicato dall’editorealla propria raccolta dantesca: «In-4°, pp. 56, brossura editoriale rosa pallido con effigie xilografica diDante entro bordura presa da un’edizione rinascimentale. 8 illustrazioni n. t. riproducenti xilografie dirare edizioni antiche della Commedia. Restauri al dorso, per il resto ottimo stato. Prezioso catalogo mo-nografico di Leo S. Olschki, comprensivo di 754 schede che spaziano, con puntualissime descrizioni ecollazioni, da rarissime edizioni antiche del poema dantesco (quella di data più alta qui posta in com-mercio è del 1477) sino a quelle di fine Ottocento e alla varia letteratura e critica dantesca» (dalla sche-da di una libreria antiquaria). Si veda anche C. Tagliaferri, Olschki: un secolo di editoria: 1886-1986,vol. I. La libreria antiquaria editrice Leo S. Olschki (1886-1945), Firenze, Olschki, 1986. Olschki perassecondare i suoi interessi di antiquariato e collezionismo librario, fondò una rivista «La Bibliofilìa»(dal 1899).

124 G. Biagi, Ricordi laurenziani. II. Le «Biblioteche» in soffitta, «Il Marzocco», 14 dicembre 1924.In Ungheria si voleva ricostituire la biblioteca corviniana; l’acquisto sul mercato antiquario del mano-scritto miniato era stato possibile dopo che Biagi aveva chiesto al ministero di vendere alcune copie dellariproduzione dell’Eschilo Laurenziano. Ai tempi della Triplice alleanza il governo italiano mostrava unacerta soggezione nei confronti degli alleati austro-ungarici, ma «la legge vietava alienare cose entrate afar parte del demanio pubblico»; agli ungheresi fu risposto «che si tenessero pure quel Dante, ma ilCodice Corviniano doveva restare in Laurenziana».

125 E. Cecchi, Firenze, Milano, Mondadori, 1969, p. 6. Francesco Novati aveva denunciato, nel 1891,la migrazione in America della preziosa raccolta Trotti, che seguiva dappresso la dispersione di bibliote-che famose come quelle dei principi Paolo Borghese e Baldassarre Boncompagni e del conte GiacomoManzoni. In una riunione della Società bibliografica italiana a Milano nel 1906, dai verbali risulta un ordinedel giorno Sulla fiscalità della dogana d’Italia nella importazione ed esportazione di libri antichi, cfr. RdBA,17, 1906, n. 11-12, p. 173 (la rivista di Biagi fu per un certo periodo organo della Bibliografica).

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

contributo come prefetto di una biblioteca governativa e rivestendo per breve tempoil ruolo per le regioni di Marche e Umbria.

Editoria per Dante

Per usare il “gergo numerico” delle edizioni e ristampe, applicato alla fortunadi Dante, possiamo rifarci a Carlo Cattaneo che, da una prospettiva di politicaculturale, riporta un censimento di edizioni dantesche, estrapolato dalla Vita diDante di Cesare Balbo:

Perché mai mentre il Cinquecento ebbe quaranta edizioni di Dante, il Seicento tuttoaddottrinato e fastoso di collegi e d’academie ne diede tre sole e assai meschine?

Perché mai, col succèdere del Settecento, Dante tornò in tanto favore agl’Italiani chealla fine di quel secolo se ne contavano già trentaquattro edizioni; ed ora, nei soli tren-tott’anni che corsero di questo secolo XIX, se n’ebbero già più di settanta, ossia altrettantead un dipresso quante se ne fecero nei trecento anni percorsi?

Nello snervato e torpido Seicento un’edizione bastava al consumo di trentatré anni, ossiad’un’intera generazione; nel secolo seguente il bisogno era più di dieci volte maggiore; l’etàvivente omai ne divora una ristampa in sei mesi.126

Un diagramma che quantifica le edizioni dantesche nel corso degli ultimi seco-li, e ci riassume la tendenza anche solo nell’ordine di grandezza dei numeri. Inaggiunta voglio provare a offrire un prelievo relativo alla tipologia editoriale, daun catalogo di un editore medio, otto-novecentesco, di localizzazione provincia-le, ma poi assurto a fama nazionale, utile per seguire lo sviluppo dell’approccioa Dante da parte dell’editoria scolastica e non: mi riferisco a Carabba di Lancia-no (Abruzzo).127 Facendo una ricerca mirata per Dante Alighieri in Indice SBN(catalogo comune online delle biblioteche italiane) risultano 16 occorrenze, traqueste evidenzio le edizioni che si distinguono per un taglio specifico, e di comequesto muti nel tempo: si va dagli ultimi anni del XIX sec. ai primi anni degli anniTrenta del nuovo secolo. Invito a comparare la parte della citazione bibliograficasottolineata.

- Gildo Valeggia, Illustrazioni alla Divina Commedia, raccolte ed ordinate in for-ma di quesiti ad uso dei licei, 1893-96.Ed. collocabile nella fascia dell’insegnamento scolastico, con la “forma di quesi-to”, che farebbe pensare al Katechismus in voga in Germania dai tempi di Lutero.

- La Divina Commedia riveduta nel testo e parafrasata ad uso delle scuole secon-darie da Clemente Cremisi, valendosi dei più recenti commenti, 1905.Prove di nuovi metodi didattici; l’italiano di Dante cominciava a essere osticogià agli scolari dell’inizio del Novecento? si segnalano illustrazioni funzionaliper una lettura “facile” del poema.

126 Devo la segnalazione ad Anna Nozzoli, «Commercio» culturale e comunicazione letteraria in CarloCattaneo, in Ead., Letteratura e democrazia nel Risorgimento: Mazzini, Cattaneo, Ferrari, Firenze, Val-lecchi, 1984, pp. 69-131. Il passo citato è tratto da C. Cattaneo, Vita di Dante di Cesare Balbo, in Id.,Scritti letterari, a c. di P. Treves, Firenze, Le Monnier, 1981, vol. I, pp. 101-102.

127 In verità due marchi separati in famiglia: Rocco e il figlio Giuseppe da una parte, Gino l’altrofiglio dall’altra. La scelta non è casuale, ma suggerita dalla conoscenza di chi scrive della casa editrice,oggetto a suo tempo della tesi di laurea.

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ROSSANO DE LAURENTIIS

- Episodi scelti della Divina Commedia; con introduzione, biografia e commentoestetico, storico e dichiarativo per uso delle scuole medie, a cura di CelestinoPulcini, 1924.Appena dopo la riforma Gentile, una scelta antologica corredata da materialisussidiari.

- Fortunato Laurenzi, La Divina Commedia: con note e saggi d’analisi estetica, 1929-1931. L’aggettivo non può non far pensare alle “delibazioni estetiche” della criti-ca crociana, soprattutto dopo il saggio di Croce del 1921, La poesia di Dante.

Si può concludere che i Carabba, nella provincia abruzzese, pur non essendo deglieditori specializzati in dantismo, per lo scolastico hanno seguito le grandi stagionidell’editoria scolastica nazionale, con le prove di parafrasi, antologizzazione, mate-riale di complemento, il primato dell’estetica, l’attenzione per le opere minori.

Il Dante scolastico già da allora era un impegnativo banco di prova per l’inse-gnamento. Nei programmi scolastici e nelle modalità di somministrazione didatti-ca non c’era una sola scuola di pensiero, come sembra di poter intuire dalla cita-zione in antitesi di due scritti sul tema fatta da Renier nel 1903. A Paolo Bellezzache denuncia su un periodico destinato al mondo dell’insegnamento, Troppo Dan-te, gli eccessivi carichi sui programmi danteschi nelle classi, risponde FortunatoPintor, auspicando un Torniamo a Dante, quasi che non fosse sufficiente o correttala ricetta in corso della dantologia a scuola.128

Ma il dantismo come filone editoriale, in epoca di industria culturale crescen-te, si poteva declinare anche in sottogeneri, come quello dei viaggi, etichettabilecon la formula “sulle orme di Dante”, per il quale si possono ricordare LicurgoCappelletti, Lapidi dantesche che si trovano collocate in alcune vie e piazze di Firen-ze, Firenze, Seeber, 1916, che è il viaggio nella propria città, una topografia urbanaripercorsa con i versi danteschi a fare da segnaletica. Il viaggio dantesco in terrainvece ebbe un successo di pubblico presso gli stranieri che visitando il “bel pae-se”, lo godevano anche sulla scorta delle descrizioni del sommo poeta; si possonoricordare: Orme di Dante in Italia di Alfred Bassermann; trad. di E. Gorra, Zani-chelli 1902 (ed. orig. Dantes Spuren in Italien, 1897, 67 tavv. f. t.); Voyage dante-sque di Jean-Jacques Ampère, 1839 (tradotto come Viaggio dantesco, a c. di E. DellaLatta, Le Monnier 1855); Through Dante’s Land dell’americana Colquhoun Grant,1912; The Casentino and its story delle sorelle inglesi Ella e Dora Noyes, 1905.129

Per un’utile rassegna dell’editoria dantesca nel Novecento rimando al contri-buto di Enzo Esposito, Dante nella storia editoriale-tipografica del Novecento, chein modo cursorio tocca le principali tappe della vicenda editoriale “dantesca”.Ciascuna meritevole di approfondimento, come per esempio i caratteri di stampausati nelle edizioni pregiate, dove risalta la tradizione bodoniana, insieme alle se-rie esemplari di Bertieri, Mondadori, Alberto Tallone, Giovanni Mardersteig.130 Sui

128 Renier, Dantofilia, Dantologia, Dantomania, cit. I due contributi citati come antitetici sono: P.Bellezza, Troppo Dante, «La scuola secondaria italiana», 13 maggio 1899; F. Pintor, Torniamo a Dante,BSDI, n. s. 8-9, 1900-1902. Per l’argomento qui solo accennato, si veda M. Moretti, Dante al ministero:note sui programmi scolastici dell’Italia unita, in Dante nelle scuole, cit., pp. 45-69.

129 Per un primo approccio a questo sottogenere si veda R. Cavalieri, Il viaggio dantesco: viaggiatoridell’Ottocento sulle orme di Dante, Roma, Robin, 2006.

130 E. Esposito, Dante nella storia editoriale-tipografica del Novecento, in L’opera di Dante nel mon-do: edizioni e traduzioni nel Novecento: atti del convegno internazionale di studi: Roma, 27-29 aprile 1989,a cura di E. Esposito, Ravenna, Longo, 1992, pp. 13-21.

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

caratteri di stampa Biagi si dimostra sensibile quando promuove la fusione di unaserie di caratteri da stampa “umanistici”, mettendo a disposizione dell’incisoreamericano William Dana Orcutt il campionario della scrittura di un codice con-servato in Laurenziana (un Virgilio manoscritto da Antonio Sinibaldi, Cod. Med.Laur., Pl. 39.6), riprodotto da un abile calligrafo fiorentino, Cesare Salari, prete disan Lorenzo.131

L’illustrazione della Divina Commedia

Nella premessa al Catalogo della mostra centenaria del 1921 possiamo seguirecon Biagi un piccolo percorso all’interno della “figurazione artistica” delle operedi Dante. Con il conforto di un’interpretazione di Francesco Maggini (1886-1964),secondo il quale: «Via via che procedono gli anni, queste edizioni si arricchisconodi figure illustrative, che riescono interessanti anche come indizio della compren-sione del testo, e seguono quasi il prevalere dello spirito del tempo».132

Nello stesso periodo, e sempre per effetto del centenario del 1921, Biagi stacurando La Divina Commedia nella figurazione artistica e nel secolare commento(cosiddetto “Dantone” per le dimensioni dei tre volumi), nella giustificazione del-l’apparato illustrativo del commento all’Inferno, si legge:

Quanto alle illustrazioni [...] le abbiamo ristrette a quelle che si trovavano in documenticontemporanei [...] o che valgono a rappresentarci la figurazione di essa quale poteva es-ser immaginata o veduta dal Poeta o dagli artisti d’allora, senza nessun influsso né esteticoné letterario. E pertanto ci siamo limitati a qualche tavola e affresco, ai manoscritti, e alleincisioni delle prime stampe, escludendo qualunque figurazione d’arte che fosse non spon-tanea e riflessa.133

Viene delineata una strategia iconografica sincronica, in sintonia con i commenticoevi (la metà del XIV sec.) trascelti, opposta al tracciato diacronico che invece

131 Per questo episodio cfr. G. Biagi, La genesi del carattere umanistico, in Il carattere umanistico,Milano, Bertieri e Vanzetti, 1922. Viene fornito un saggio del carattere “umanistico” riproducendo ilfrontespizio tratto dal Libro che contiene tutte le opere del poeta Dante Alighieri, edito a cura di alcuniamatori del libro e impresso a Milano da Bertieri & Vanzetti, nell’anno 1921, insieme a brani dell’operadantesca. La serie fu usata per la versione inglese dei Trionfi del Petrarca, Londra, John Murray, 1906(200 esemplari). Anche l’Oxford Dante di Moore fu stampato – almeno dalla 2ª ed. del 1898 «con l’in-dice dei nomi propri compilato da Paget Toynbee» – con i tipi ispirati dai caratteri sublacensi dei pro-totipografi Sweynheim e Pannartz.

132 Citato da Biagi nella premessa del Catalogo 1923, p. 20; e continua: «Se nelle stampe cinquecen-tesche abbiamo dei disegni dalla linea elegante e precisa, secondo l’ideale classico, in quelle del Sette-cento (il Seicento non si cura di Dante) produce una curiosa impressione l’aria tra patetica e leggiera dicerte figure, cominciando dal ritratto del Poeta stesso. Si avverte subito la stonatura fra il testo e le il-lustrazioni nella “Vita nuova” stampata a Venezia nel 1758 (Prose e rime di Dante, Opere, vol. IV): giànella prima pagina l’incontro di Dante con Beatrice si trasforma in quello di un garbato abate con unadamina settecentesca; non manca nemmeno un amorino nudo e faretrato che vola sopra la testa delPoeta. È una pena! Ma ecco che nell’Ottocento (a cui è dedicata nella mostra una sala intiera) le illu-strazioni cercano di rendere l’intima serietà di quella poesia, e le edizioni si moltiplicano in tutte leforme». Il Maggini si laureò in lettere all’Istituto di studi superiori di Firenze, dietro il magistero diGuido Mazzoni, Parodi e Rajna. Fu dantista di notevole spessore, impegnato in un progetto di Vocabo-lario delle opere volgari di Dante, interrotto però nel 1922 alla voce “limitatore”.

133 Dantone, Inferno, premessa firmata G. Biagi, p. XIII; il discorso ovviamente vale anche per lecantiche a venire, che Biagi non potrà vedere, ma il suo nome rimarrà tra i curatori.

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viene dato alla mostra laurenziana del 1921.134 Un mimetismo che arriva a interes-sare anche la decorazione tipografica del Dantone, «cui avremmo voluto coi leno-cinii dell’arte impressoria dare forma e aspetto rispondenti all’altezza del contenu-to, [mentre] abbiamo cercato riprodurre fregi e ornati che ricordassero motiviantichi non disdicevoli alla inevitabile modernità dei caratteri da stampa».135

Se ci spostiamo sull’arte minore e ancor giovane della fotografia, Carducci nel1895 accenna a Corrado Ricci (1858-1934), già autore del Dante in Ravenna, «in-gegno felice e infaticabile nelle ricerche, che rivendicò molte verità del Boccacciobiografo», che prepara una prima edizione a dispense della D. C. illustrata confotografie «raccolte su’ luoghi e d’ogni parte», seguita da una riedizione completadelle tre cantiche nel 1898, illustrata con svariate fotografie “dal vero” e una terzaedizione per il 1921, arricchita di tavole con riproduzioni di affreschi e opere d’ar-te e un numero largamente inferiore di fotografie di paesaggi.136

Nel 1901 Biagi fu segretario-relatore per la giuria nel «concorso Alinari perun’illustrazione della Divina Commedia»,137 che poi avrebbe portato alla pubblica-zione l’anno successivo dell’edizione «novamente illustrata da artisti italiani» – sutesto di Giuseppe Vandelli (1865-1937), che firma la prefazione –, frutto dell’in-

134 Lucia Battaglia Ricci, Immagini visive della Commedia, afferma: «La pratica del tradurre in “im-magini visive” la Commedia o parti di essa, è di lunga, lunghissima durata. Inizia con la prima diffusio-ne del testo e attraversa i secoli, modellandosi nelle forme più diverse e utilizzando materiali e linguag-gi disparati. Ripercorrere sia pure a grandissime linee questa ricchissima tradizione, di cui non esiste néun censimento sistematico né una minima ricostruzione storiografica, significa ripercorrere la storia delsecolare commento [c.vo mio] alla Commedia e della sua fortuna» (tratto da una scheda didattica Trec-cani). Si noti la leggera torsione semantica per cui la tradizione dei commenti alla Commedia diventaanche sinonimo di “figurazione artistica”: «le illustrazioni, lungi da fungere da puro e semplice corredodecorativo, si propongono come vero e proprio commento visivo, atto a orientare il lettore nella frui-zione dell’opera». Si veda anche Ead., Il commento illustrato alla ‘Commedia’: schede di iconografia tre-centesca, in “Per correr miglior acque...”: bilanci e prospettive degli studi danteschi alle soglie del nuovomillennio: atti del Convegno di Verona-Ravenna, 25-29 ottobre 1999, Roma, Salerno ed., 2001, 2 voll.,vol. I: pp. 601-640.

135 Dantone, Inferno, premessa, p. XIV; in effetti l’apparato illustrativo si presenta sobriamente, conimpressione a due colori (rosso e nero), capilettera aniconici, miniature in b/n, salvo le 2 tavole f. t. acolori. Una specialista della illustrazione editoriale come Paola Pallottino, Viaggio in una mostra di il-lustrazioni del 1900, in ...E nell’idolo suo si trasmutava: la Divina Commedia novamente illustrata daartisti italiani: concorso Alinari 1900-1902, a cura di C. Cresti e F. Solmi, Bologna, settembre-ottobre1979 (d’ora in avanti Catalogo 1979), pp. 31-33, rimproverava a Biagi di non aver osato di più nel mo-dernizzare l’apparato iconografico del Dantone, dopo la felice sperimentazione del concorso Alinari diinizio secolo, ma bisogna dire che il “secolare commento” voleva fissare in modo sinottico la tradizionedei primi esegeti della Divina Commedia, quasi simulando la fruizione originaria del commentatore chechiosava il suo manoscritto, e non era la sede per sperimentazioni di altro tipo.

136 Carducci 1895, p. 14, si riferisce all’edizione di Corrado Ricci, L’ultimo rifugio di Dante Alighie-ri, Milano, Hoepli, 1891, 22 ill., 17 tav. f. t. Nel periodo del nostro convegno c’è stata la mostra pressoil Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi che ha ospitato le fotografie in b/n commissionate da Corra-do Ricci al fotografo Giuseppe Cremoncini per la pubblicazione suddetta; cfr. il bel catalogo Dante il-lustrato: paesaggi per la Divina Commedia, a c. di Marilena Tamassia, Livorno, Sillabe, 2011. Su Ricci siveda ED, ad vocem di A. Campana.

137 Concorso Alinari per un’illustrazione della Divina Commedia. Relazione della Giurìa [relatoreGuido Biagi, Firenze, 22 giugno 1901], Firenze, Tip. di Salvadore Landi, 1901, 10 pp.; 21 cm. In realtàil bando di concorso chiedeva ai concorrenti di «presentare l’illustrazione di due canti dell’Inferno aloro scelta, cioè due composizioni di una o più figure da riprodursi fuori testo, due testate e due finalidi capitolo». Alinari iniziò pubblicando la completa raffigurazione dell’Inferno che includeva le operepresentate al concorso e altre appositamente commissionate agli stessi artisti per completare l’illustra-zione di tutti i canti. La prima cantica venne pubblicata nel 1902, la seconda e la terza nel corso del1903 in fascicoli separati, mentre tutte e tre le cantiche rilegate in un unico volume nel 1904.

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

contro delle competenze filologiche dantesche138 con la sperimentazione in campofotografico-editoriale del cav. Vittorio Alinari;139 e Biagi e Del Lungo (presidentedella giuria) a rappresentare l’appoggio istituzionale della SDI.

Il materiale iconografico del concorso (quadri e disegni), da cui seguirono espo-sizioni all’epoca, è stato rivalorizzato nel 1979 con una mostra organizzata dallaGalleria d’arte moderna di Bologna.140 Il concorso rappresentò un’occasione im-portante per la figurazione dantesca di rinnovarsi, al contatto con le correnti arti-stiche europee come Liberty e Simbolismo, di cui i partecipanti alla selezione era-no chi più chi meno portatori.

Infatti mentre la filologia dantesca si avviava sulle solide basi di moderno me-todo scientifico inaugurato da Barbi e dal gruppo di filologi che avrebbero curatol’edizione nazionale, l’iconografia dantesca si attardava ancora sulle incisioni diGustave Doré (stampate da Hachette tra 1861 e 1868);141 perciò risultava merito-ria l’idea di Alinari di mettere a concorso una moderna e nuova illustrazione al poe-ma, chiamando a raccolta le nuove leve dell’illustrazione libraria e dell’arte italia-na, pur col rischio di giudicare il loro operato secondo schemi vecchi, come pureavvenne: i premi vennero assegnati «più per un incoraggiamento agli artisti cheavevano dato prova d’essersi messi con serietà di propositi al difficile lavoro [...]l’opera degli artisti troppo è rimasta inferiore all’assunto».142

138 All’epoca Vandelli era già stato incaricato di curare l’ed. critica per la SDI, e la preparazione diun testo semi-definitivo per l’ed. Alinari fu un’utile occasione per migliorare progressivamente il can-tiere in un continuo avanzare di conoscenze oggettive della tradizione manoscritta e di corrispondentirisultati a livello di filologia formale. Le minute collazioni di codici (oltre 600), lo spoglio dei 396 versiselecti del “canone” Barbi per arrivare a uno stemma codicum affidabile, sono ripercorribili fra le cartedel Fondo Vandelli (presso la SDI) nelle filze di bozze di stampa riempite ai margini dalle fitte annota-zioni di mano del filologo modenese. Su questo aspetto si veda F. Mazzoni, Critica testuale e figurativi-tà, sta in Catalogo 1979, pp. 28-30: «per ottenere in cambio la concessione di una tiratura del Poemacon margini adatti alle collazioni, la Presidenza [SDI] offerse al solertissimo Alinari la cooperazione delVandelli per la cura del testo cui doveva accompagnarsi la ricca figurazione [...] Di qui è venuta [...]una recensione, che può essere considerata come un primo saggio dell’edizione futura. A questo modoil pittore segna con quattro tratti sulla carta ciò che un giorno avrà a diventare un gran quadro». SuVandelli si veda ED, ad vocem di Nicolò Mineo: «Si mosse secondo i criteri dello stesso Rajna, che [...]voleva si procedesse all’edizione attraverso spogli integrali, cominciando dai codici “più antichi e piùfamosi” e più sicuramente databili. [...] Un criterio questo chiaramente empirico e, per di più, di dif-ficile se non impossibile controllo per la mancanza, nelle edizioni vandelliane, di apparato critico e dinote giustificative. Il che, tra l’altro, ha privato gli studiosi di Dante di una troppo larga parte delladottrina dantesca accumulata dal Vandelli in decenni di operosità [... come] aver restituito alla lin-gua del poema, sulla scia del Parodi e del Barbi, eliminando la patina umanistica risalente al codicedel Villani ma senza cadute in indebiti popolareggiamenti formali, la forma arcaica e fiorentina». Cfr.G. Vandelli, Per il testo della «Divina Commedia», a c. di R. Abardo, con un saggio introduttivo di F.Mazzoni, Firenze, Le Lettere, 1988.

139 Cfr. Franco Solmi, ...E nell’idolo suo si trasmutava, in Catalogo 1979, pp. 23-27: di solito «chivoleva stampare un libro si rivolgeva per le illustrazioni ad artisti versati nelle tecniche dell’incisione edella litografia, ben rispondenti alle caratteristiche della stampa di allora che poteva riprodurle pratica-mente in originale. L’idea di invitare gli artisti a disegnare e dipingere opere che sarebbero poi passateal filtro della riproduzione fotografica per essere stampate e pubblicate non era comunissima e potevacreare, come creò, problemi anche di linguaggio a chi s’apprestava ad accingersi al lavoro», p. 26.

140 Cfr. il già citato Catalogo 1979. Più di recente cfr. La Commedia dipinta: i concorsi Alinari e ilSimbolismo in Toscana, Firenze, Alinari, 2002. Un ulteriore segmento museale di dieci opere allora inconcorso, donate dalla famiglia Alinari, si segnala presso il Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.

141 Si veda l’importante opera di Ludwig Volkmann (1870-1947), Iconografia dantesca (1892), trad.dal tedesco a c. di G. Locella, Firenze-Venezia, 1898 (ora in rist. da Salerno ed.), che all’epoca fece ilpunto della storia iconografica del poema, dalle miniature nei codici, alle incisioni xilografiche, fino alleillustrazioni del periodo romantico.

142 Dalla recensione del concorso in BSDI, 9, 1901-1902, p. 236.

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Tuttavia nella motivazione della giuria redatta da Biagi si accennava a una mi-nima soddisfazione: «Il risultato non può dirsi brillantissimo [...] Ma, d’altra par-te, non si può neppur dire che il concorso in questione abbia avuto un completoinsuccesso».143 A nessuno però passava per la mente che il risultato deludente delconcorso potesse dipendere dai riconoscimenti sanciti dalla giuria, formulati se-condo un antiquato schema di aderenza al dettato del poema, mentre i concorren-ti, per la gran parte, avevano superato gli ostacoli obbiettivi di interpretazione e dirispondenza al testo, ignorandoli quasi sistematicamente non per irriverenza maper riservarsi quel grado di libertà che permetteva di migliorare l’elaborazione fi-gurativa.144 Iniziava così anche per il divino poema quel percorso di affrancamentodell’illustrazione non più subordinata al testo, ma fruibile come testo parallelo eautonomo.

Codice diplomatico dantesco

Sul côté antiquario ed erudito di Biagi poligrafo molto si potrebbe dire. Fu at-tivo sia nella produzione diretta di lavori sulla storia di Firenze, anche per il pub-blico anglofono,145 che promotore di cicli di conferenze e letture, intitolate a “Lavita italiana nel Trecento”, “La vita italiana nel Rinascimento” o le conferenze di“Palazzo Ginori”, dal nome della sede dove si svolgevano. Giovanni Gentile ricor-da Biagi come l’«anima delle conferenze della Vita italiana».146

Con lo stesso spirito di divulgazione alta per una materia difficile e per specia-listi volle pubblicare – sotto gli auspici della SDI, come l’intestazione dell’impresabastava a confermare – il Codice diplomatico dantesco (d’ora in avanti CDD) ovve-ro «i documenti della vita e della famiglia di Dante Alighieri, riprodotti in fac-si-mile, trascritti e illustrati con note critiche, monumenti d’arte e figure»,147 curato

143 Il concorso fece molto parlare di sé nella comunità degli illustratori di libri e artistica in gene-rale, guadagnandosi l’articolo di Vittorio Pica, Cronachetta artistica: tre concorsi, «Emporium: rivistamensile illustrata d’arte, letteratura, scienze e varietà» (in rete: http://www.artivisive.sns.it/galleria),13, n. 80, pp. 143-150, rivista pubblicata a Bergamo dall’Istituto italiano d’Arti grafiche, dalle cuipagine passava lo stile liberty dell’epoca. Lo stesso Biagi avrebbe pubblicato un resoconto su La“Lectura Dantis” in Orsanmichele su una rivista importante per le arti minori: «Novissima: albo annualed’arti e lettere», 1, 1901, oggi molto rara, a testimoniare l’incontro tra il dantismo ufficiale e l’illustra-zione editoriale più aggiornata.

144 Cfr. C. Cresti, Nel nome di Dante tra conformismo e modernismo, in Catalogo 1979, pp. 7-22: «laDivina Commedia nell’edizione realizzata da Vittorio Alinari raccoglieva le attestazioni della prima ine-quivocabile consistente espressione figurativa italiana di segno modernista», p. 18.

145 Si ricordano gli scritti di G. Biagi: La vita privata dei fiorentini: conferenza, Milano, F.lli Treves,[1890]; The private life of the Renaissance florentines, Florence, R. Bemporad, 1896; Usi e costumi diFirenze antica, estratto da «La lettura», agosto 1908; Men and manners of the old Florence, London -Leipsic, T. Fisher, 1909; Fiorenza fior che sempre rinnovella: quadri e figure di vita fiorentina, con pre-fazione di I. Del Lungo, Firenze, L. Battistelli, 1926; Biblioteca umanistica: collezione di scritture inediteo rare del XV secolo e anteriori, Milano, Bertieri e Vanzetti, 1925.

146 Cfr. G. Gentile, Gino Capponi e la cultura toscana nel secolo XIX, Firenze, Sansoni, 1973 (1ª ed.1922), p. 473, inoltre la conferenza avrebbe rappresentato una forma caratteristica della cultura tosca-na nella seconda metà del secolo XIX, che secondo Gentile risalirebbe alla tradizione paesana dell’au-reo Cinquecento; ivi, pp. 459-480.

147 Tra i codici riprodotti sono: Cod. Cl. XXV, 551 BNCF; Cod. Chigiano L.VIII.296 (per le minia-ture); Cod. Laurenziano Strozziano 174. E poi foto di monumenti, affreschi, sarcofagi e statue. Luoghicome la “Casa di Dante” a Mulazzo, Sarzana. Da notare che la «Rivista delle biblioteche», fondata ediretta da Biagi, dal 1893 aveva aggiunto al titolo «e degli archivi».

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

insieme a Giuseppe Lando Passerini (1858-1932).148 Una pubblicazione a dispenseche uscirà dal 1895 (630° anno della nascita del poeta) – con un’interruzione diquattro anni nel 1905 –, fino al 1911 (XIV disp.), tra Roma e Firenze.149 Le dispen-se sono di formato grande, in-folio.150 Ogni documento riprodotto dall’originale,trascritto, viene introdotto con notizie storiche ed eventuale bibliografia (prece-denti edizioni). Veniamo al programma dell’impresa:

È tempo oramai che gli studi sulla vita di Dante, con la scorta e l’esempio dei più vene-rati maestri, siano messi per una via da cui non si torni indietro; non più quella delle vagheaffermazioni o dei sistematici dubbi, sibbene l’altra, diretta e sicura, della riprova dei fatti.E a questa via da tre punti conviene muovere: dallo studio delle notizie soggettive sparsequa e là nelle opere del Poeta; da quello delle notizie tradizionali forniteci dai biografiantichi più degni di fede; dall’esame dei documenti acquisiti alla storia.151

Riporto una definizione di “codice diplomatico” di Pasquale Papa: «la raccoltain un sol corpo di quante notizie certe ci resultano da documenti non invidiaticidal tempo, relativi alla vita privata e pubblica, agli antenati, ai discendenti, ai pa-

148 Passerini era a quel tempo vice-bibliotecario della Casanatense, e fu fatto tornare a Firenze die-tro interessamento di Biagi. Carducci, Lettere, vol. 19: 1894-1896, Bologna, Zanichelli, 1956, pp. 227,236, infatti scrive a Biagi: «Qui a Roma dicono che tu insisti a spogliare la Casanatense. Sarebbe beneper altro che tu ti pigliassi il Passerini per finire almeno il secondo fascicolo del Cod. diplomatico dan-tesco», e in una successiva: «Hai finito di spogliare de’ lor migliori officiali le biblioteche romane?Spoglia, spoglia; ma il Codice diplomatico non vien fuora», lettere datate 9 giugno e 3 luglio 1896. Siricorda la curatela per la “Collezione di opuscoli danteschi inediti o rari” (Città di Castello 1893-1931),che voleva essere la versione in collana delle dispense del CDD; Id., Di alcuni notevoli contributi allastoria della vita e della fortuna di Dante (Venezia, Olschki 1892), poi per Sansoni un breve commentoalla Divina Commedia del 1897-1898, temi ripresi successivamente. A partire dal 1900 gli viene affida-ta, probabilmente da Biagi, la curatela delle “Opere minori novamente annotate” di Dante, che ve-drà l’uscita di 7 voll. (che «presentarono un testo per molti rispetti già superato», da ED, C. F. Gof-fis, ad vocem), fino a pochi anni prima dell’editio minor della SDI presso Bemporad per il centenario.Nel 1911 cura la «nova interpretazione» (debitrice del meglio al Casini) della Commedia, in un’edi-zione ricca ed elegante, in-folio, con prefazione di D’Annunzio, Firenze, Olschki, 1912, per il cinquan-tenario del Regno del 1911, tiratura in 306 copie. Sul conte Passerini, originario di Cortona, si vedanogli Atti della Giornata di studio su G. L. Passerini: Arezzo, 5 giugno 2007, Arezzo, Accademia Petrarcadi Lettere, Arti e Scienze, 2007. La sua “biblioteca dantesca” è stata donata all’Accademia Petrarca diArezzo.

149 Motto: virtus et honor | his non cedo malis. Sul front. sono riprodotti i due lati di una meda-glia: Danthes Florentinus (profilo) e Dante che regge un libro. Colophon: Impresso a Roma dallaUnione cooperativa editrice, su carta a mano della ditta U.G.B. Fornari di Fabriano, con inchiostridella Casa Berger e Mirth di Firenze e autotipia dello Stabilimento Calzone e c.° di Roma; tavole infototipia eseguite dallo Stabilimento Danesi di Roma. L’altra tipografia a Firenze: Tipografia G. Car-nesecchi e figli. Gli spostamenti della tipografia dipendono dai movimenti di Passerini che nel 1895è ancora impiegato presso la Biblioteca Casanatense, per poi trasferirsi dal 1896 stabilmente allaMedicea Laurenziana, accanto a Biagi, e curando da vicino la sezione dantesca, con uno schedario euna bibliografia.

150 In BNCF sono rilegate in volumi di 56 cm, segnatura: Lett. It. 189P . Considerando il formatoingombrante, la delicatezza e rarità del manufatto, si potrebbe pensare a una digitalizzazione dellapubblicazione, per quanto si tratti di documenti che probabilmente lo stesso Archivio di Stato di Fi-renze potrebbe aver già digitalizzato e forse reso disponibile in formato elettronico.

151 Di questo manifesto Renato Piattoli si ricorderà quando nel 1940 presenta la sua edizione delCodice diplomatico dantesco, Firenze, Libreria Gonnelli, 1940, come un «prendere il punto» delle cono-scenze documentarie sugli Alighieri. Sui propositi irreprensibili possiamo ribadire il ruolo di cernie-ra svolto da Biagi tra le due stagioni ottocentesche della critica e degli studi su Dante. I “veneratimaestri” delle “vaghe affermazioni” (p. es. Giuliani) o “sistematici dubbi” (p. es. Bartoli) lasciano ilcampo alla metodica “riprova dei fatti” dei nuovi filologi.

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renti, agli amici, a tutti coloro insomma che con [un personaggio, in questo caso]l’Alighieri ebbero in qualche modo rapporto».152

Gli argomenti dei fascicoli del CDD furono: l’Ambasceria di Dante a San Gi-mignano (dalle filze strozziane); Dante nei consigli del Comune di Firenze (consu-lenza di Alessandro Gherardi per la lettura del nome di Dante nell’atto consiliare:un «logoro brandello di carta»); Beatrice di Dante Alighieri; La pace di Castelnuo-vo; L’esilio di Dante (Libro del Chiodo);153 Il patrimonio degli Alighieri: con ricer-che condotte dall’archivista Umberto Dorini, che si era occupato a lungo dellamateria.154

All’uscita della prima dispensa, Carducci ne fa una recensione articolata – giàrichiamata sopra – partendo dall’argomento trattato in essa: l’ambasceria a SanGimignano. Al di là degli aspetti effimeri delle polemiche del tempo tra consorte-rie accademiche, e pur nella contingenza della segnalazione editoriale,155 ne vienefuori uno scritto riepilogativo del dantismo ottocentesco, con chiari e scuri deli-neati con la consueta verve dal poeta di Maremma. Carducci si fa arbiter degli stu-di danteschi, dà direttive: «temperare il sentimento col documento e infrenare lafantasia col metodo», ma stando attenti agli eccessi opposti di inaridimento dellaricerca erudita e formalismo metodologico. Sembra essere questa la ricetta carduc-ciana per un buon dantismo, dettato da poeta per il Poeta, che si avvale dei proprisegreti per entrare in quelli degli altri.156 Che verso Carducci spirasse un’aria di

152 Pasquale Papa (1860-1937) fece una recensione Del “Codice diplomatico dantesco”: notizia (Fi-renze, pei tipi di L. Franceschini e c.i, 1899, pp. 6), da cui si cita. Papa era aduso alle ricerche archivi-stiche; notizie biografiche si trovano in rete (http://www.albertoperconte.it/?p=98), a c. di A. PerconteLicatese: di nascita campano, andò a studiare a Firenze – sua città d’elezione –, dove si laurea nel 1883.«Già dall’inizio degli studi universitari nell’Istituto di Studi superiori del capoluogo toscano, Papa fuvalente discepolo e diligente collaboratore del celebre linguista toscano Adolfo Bartoli; curò insieme aSalomone Morpurgo il catalogo dei Codici Panciatichiani della R. Biblioteca nazionale centrale di Firen-ze, 1887-1891 (“Indici e cataloghi” delle biblioteche governative, collana del Ministero dell’istruzioneinaugurata nel 1885); e anche studioso di questioni dantesche, quando diresse col critico fiorentino G.L. Passerini la “Biblioteca storico-critica della letteratura dantesca”» (1899-1907) per Zanichelli. Per ilVI centenario del Priorato di Dante, il 15 giugno 1900, fu prescelto dall’editore Sansoni [leggi Biagi],come oratore ufficiale in Orsanmichele per la “Lectura Dantis”; in quell’occasione commentò l’ultimocanto dell’Inferno. Nell’anno accademico 1903-1904, per i meriti riconosciuti, ricoprì la cattedra diLetteratura italiana a Bologna, dopo il ritiro dall’insegnamento di Carducci, e prima della nomina diPascoli. Insegnò lingua e letteratura italiana al liceo “G. Galilei” di Firenze per circa dieci anni (1918-1928) ed ancora lettere italiane nel Collegio militare di Firenze (1933-1936).

153 Libro delle condanne delle famiglie ribelli del Comune di Firenze, dal 1302 al 1379, detto delChiodo. Dalla premessa: «crediamo utile riprodurre, diligentemente riveduto per noi dalla cortesia delprof. E. Rostagno». Nella sala delle conferenze dove si è svolto il convegno campeggiava la copia pos-seduta dalla biblioteca della SDI: Il libro del chiodo: Archivio di Stato di Firenze: riproduzione in fac-simile con edizione critica, a c. di F. Klein, con la collaborazione di S. Sartini; introduzione di R. Fubini,Firenze, Polistampa, 2004.

154 R. Piattoli, CDD, Firenze, Libreria Gonnelli, 1950, 2ª ed. (275 esemplari tirati): «le dispense checomparirono nel triennio 1909-1911 [...] appaiono le più importanti per l’apporto di nuovo materiale»,evidentemente per la cura di Umberto Dorini (1872-1960), più adatto a maneggiare materiale d’archi-vio che non i bibliotecari-filologi Biagi e Passerini.

155 Mezzo secolo dopo Renato Piattoli avrebbe ridimensionato l’entusiasmo per la prima dispensadel Codice diplomatico dantesco, che dovette «contribuire non poco a far perdere il senso dei limiti alCarducci, il quale da quel grande ingegno che era aveva compreso tutto il buono dell’iniziativa, ma nonaltrettanto bene aveva intravisto quali ne sarebbero stati i risultati finali».

156 Carducci 1895, pp. 12 e 15: «sien fatti stare a posto i maestri affannoni che sopraffanno il divinopoeta, tutto ciò mostrerà non vero il compianto de’ pessimisti, che anche negli studi danteschi l’Italiarimanga in dietro alla Germania, all’Inghilterra, all’America». E come chiose cfr. Domenico Petrini, DeSanctis e Carducci, «Irpinia», 4, 1932, n. 5, p. 405: è «necessario che oggi, nella critica, ritorni il senso

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sussiego e attenzione da parte della comunità accademica su tutto quello che scri-veva in materia di critica dantesca, non si può negare.157

Ampiamente favorevole è la notizia che dà del CDD Pasquale Papa, da Bolo-gna nel dicembre 1898, per commentare le prime tre dispense, quando scrive: «glistudiosi del grande Poeta possono già misurare quale e quanta sia l’utilità e lamagnificenza di quest’opera, alla quale concorrono la scienza istorica e la paleogra-fica, la gravità dell’erudizione e la genialità dell’arte». Papa in effetti era egli stessoun tipico rappresentante di quell’erudizione, a volte paludata, che finiva per parlarsiaddosso, di cui il CDD finisce per essere l’emblema e anche l’ultimo capitolo.158

Invece da Michele Barbi arrivò una fredda recensione dalle colonne del BSDI:cosa eccessiva nella sontuosità tipografica, nella quantità dei materiali raccolti enel prezzo.159 La stroncatura verso l’impresa di Biagi e Passerini ritenuta insuffi-ciente, pur sotto gli auspici della SDI, rimarcava il dissidio di scelte all’internodi questa tra la generazione dei maestri del metodo storico, rappresentata anco-ra da figure di passaggio come Biagi, e la necessità di voltare pagina con il nuovosecolo.

Il CDD nacque in un certo senso come impresa basata su presupposti vecchi esuperati, insufficienti nei contorni magniloquenti ed encomiastici, che potevanorisentire ancora del centenario del 1865 e della vecchia scuola storica del positivi-smo.160 Si veda quanto è detto a proposito della dispensa n. 9 (1904) sull’esilio diDante che presenta documenti già utilizzati da Del Lungo: «le due prime senten-ze, e il bando del ’15, e altri documenti di grande importanza che queste condan-

della letteratura, cioè una ricerca concreta di determinazione del lavoro di stile che rende bella l’operache ci sorride in carte, in tele, in marmi, in note»; e Ferruccio Ulivi, alla voce Carducci, ED: «su Dantes’impernierà sempre, con la sdegnosa moralità, la stessa idealizzazione della poesia in Carducci», inol-tre Ulivi segnala la recensione al CDD come uno degli ultimi scritti importanti su Dante: «a conclu-sione nel Carducci di una dedizione dove sembrano più che altrove congiungersi momento ricreativopoetico ed esplorazione erudita e critica». D’altro canto Francesco Novati, Un cinquantennio di lavorofilologico in Italia: critica ed erudizione, in Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, V riu-nione, ottobre 1911, Roma, Bertero, 1912, p. 584: «l’efficacia del quale [Carducci] sugli studi criticinostrani fu stranamente esagerata per intenti che nulla hanno a che fare colla storia, egli non è davveroa capo del movimento, ma almeno per molt’anni lo segue più che non lo diriga», giudizio che in partevale anche per il campo degli studi danteschi in Italia.

157 Vallone 1958, p. 11, accenna senza nostalgia a un Carducci “officiato” per uno studio di criticadantesca.

158 A. Perconte Licatese: «Sul “Marzocco” (dic. 1902), [Papa] pubblicò una sensazionale scoperta:aveva riconosciuto Dante tra i personaggi dipinti da Andrea di Cione, detto Orcagna, nella cappellaStrozzi della fiorentina basilica di S. Maria Novella. Ne nacque una dotta disputa col collega Alessan-dro Chiappelli sul “Giornale Dantesco”; subito dopo la polemica, il Papa tenne una conferenza sul temaa Milano, definita dai giornali del tempo “un avvenimento letterario”». Si veda anche L’ambasceria del1301 inviata a Bonifacio VIII, «Giornale Dantesco» (1900), dove il Papa, sulla scorta di nuovi docu-menti, le “Riformazioni” bolognesi, sostenne la tesi che Dante non avesse partecipato affatto alla famo-sa ambasceria fiorentina dell’ottobre 1301 presso il papa Caetani.

159 Cfr. BSDI, n. s. 2, 1894-1895, p. 191: scheda bibliografica del CDD siglata M. B. Anche R. Piat-toli, Codice diplomatico dantesco, 2ª ed. (1950), nel riportare il giudizio di Barbi, sottolineava «comenon ricerche archivistiche e bibliografiche preliminari avessero condotto gli editori, come non un pia-no e un sistema ben definiti, bensì il cieco caso, essi seguissero».

160 A un limite di metodo R. Piattoli, CDD, 1ª ed., Introduzione, pp. IX-XX, attribuisce la fine pre-matura dell’impresa: secondo lui i due curatori non avevano una «preparazione tanto metodologicaquanto pratica, insomma conoscenze di diplomatica e di paleografia, per un lavoro del genere», oltre alfatto di aver travisato i limiti specialistici dell’opera spacciandola per impresa divulgativa. Tanto è veroche le dispense più notevoli videro la cura di Umberto Dorini, un archivista, con Biagi e Passerini chesi limitano a fare i “direttori” della raccolta.

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nagioni in qualche modo riguardano e illustrano, pubblicò insieme raccolti in ap-pendice al suo mirabile Discorso sull’esilio di Dante».161

Pertanto a una debolezza di impostazione, oltre che a problemi pratici, si devo-no le pause nelle uscite delle dispense, e l’interruzione anzitempo con l’ultimonumero del gennaio 1911, ad una data che è fuori tempo massimo per la pubblica-zione in quella maniera di fonti dantesche, appannaggio di tanta critica storica dellagenerazione passata: «quello stuolo, più affollato a quei tempi che ai nostri, [...] dimediocri i quali volevano crearsi una nomea assalendo questioni di dettaglio, [...]e soprattutto attaccandosi al campo che solo agli sciocchi può apparire il più facilee il più fruttuoso: i documenti o le fonti in genere».162

Biagi tornerà ad occuparsi da vicino di documenti danteschi per la mostra cen-tenaria del 1921, insieme a Rostagno, con l’assunto sempre valido che «i documentidell’Archivio di Stato [...] meglio d’ogni monografia storico-biografica avrebberoai visitatori illustrato, soltanto riguardandoli, la “Vita politica fiorentina” (1260-1318), la “Vita di Dante”, il “Culto di Dante in Firenze”, le vicende della famigliadi lui ne’ suoi antenati e discendenti, e vari dei “Personaggi ricordati nella Com-media”».163

La nuova diplomatica

Nel frattempo un nuovo “Codice diplomatico dantesco” sarebbe stato appron-tato a più riprese dal già citato paleografo Renato Piattoli (1906-1974),164 con cri-teri moderni e scientifici, che trova una prima ospitalità sul nuovo organo della SDI,«Studi danteschi», come ricorda egli stesso: «potei raccogliere e pubblicare il te-sto dei numerosi e splendidi documenti pratesi sull’avo, sul padre e sugli zii pater-ni di Dante».165 Seguono una uscita in volume nel 1940, con nuova ed. riveduta nel1950 (entrambe presso Libreria Luigi Gonnelli & figli), sotto gli auspici della SDI:volumi sobri, in cui sono criticamente raccolti i documenti relativi a Dante e i fa-miliari – senza riproduzioni e illustrazioni, all’opposto del precedente CDD, ma inessenziale edizione diplomatica –, e alcune raccolte di documenti altomedievali (Lecarte della canonica della cattedrale di Firenze, 1938; Le carte del monastero di S.Maria di Montepiano, 1942).

161 I. Del Lungo, Dell’esilio di Dante: discorso commemorativo del 27 gennaio 1302 letto al Circolofilologico di Firenze il 27 gennaio 1881: con documenti, Firenze, Succ. Le Monnier, 1881.

162 R. Piattoli, premessa al CDD, 2ª ed.: «allora le conoscenze documentarie sulla famiglia di Danteerano sempre troppo limitate perché si potesse parlare di necessità». E. Casanova, Storia degli archivie dell’archivistica: «Le lotte civili, le fazioni, che in quegli anni sconvolgevano il Comune di Firenze,erano causa di quelle sottrazioni di atti, certamente compromettenti, intorno alle quali gli storici diDante si affaticano da secoli», in rete: http://archivi.beniculturali.it. Cfr. un titolo eloquente di Pas-serini, Minutaglie dantesche, Città di Castello, Lapi, 1911.

163 Gli archivisti citati in sede di ringraziamento per la collaborazione all’allestimento sono Ber-nardino Barbadoro (1889-1961) e Armando Sapori (1892-1976).

164 Allievo di Luigi Schiaparelli, fu docente di Paleografia e Diplomatica a Firenze. Luciana Mosi-ici, che è stata allieva di Piattoli, ne ricorda l’occhio capace di riconoscere e datare un documento conuna sicurezza straordinaria.

165 Citato da R. Piattoli, Aggiunte al CDD, «Archivio Storico Italiano», 45, 1969, n. 1-2, pp. 1-108:3-4; qui Piattoli si riferisce a «Studi Danteschi», 17, 1933, pp. 55-96. Seguiranno sempre a c. di R.Piattoli: SD, 30, 1951, n. 1, pp. 203-206; ivi, 42, 1965, n. 2, pp. 393-417; ivi, 44, 1968, n. 3, pp. 223-268. L’attenzione agli «accertamenti documentari» sarà una linea editoriale della rivista, svolta da Piat-toli, e prima dallo stesso Barbi.

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

Come Barbi si era rivelato scettico verso l’impresa mal impostata del CDD diBiagi e Passerini, così volle essere favorevole al nuovo tentativo approntato daRenato Piattoli.166 Il quale così precisa i confini del lavoro di edizione: «Principian-do dal titolo, diciamo subito che non corrisponde del tutto al contenuto, in quantoaccanto ai documenti in senso diplomatico – compresi quelli usciti da cancelleriecomunali – il lettore troverà brani tolti da registri di iscritti a compagnie religiose,da libri contabili di società commerciali, e così via, i quali sono documenti storici,non diplomatici».167

I limiti cronologici erano fissati tra il 9 dicembre 1189 (data del più antico do-cumento che parla di membri della famiglia Alighieri) e il 21 aprile 1364 (morte diPietro di Dante), per un totale di 230 documenti. Piattoli nell’illustrare il metodoseguito non trascura di ribadire alcune basilari nozioni per l’edizione di documen-ti e fonti: «preparando una fonte storica per la stampa, bisogna riprodurre il testointegrale corredato di un perfetto apparato critico e filologico, in modo da soddi-sfare a tutte le esigenze: dal supplire a un eventuale smarrimento o deterioramentodell’originale al rispondere a quanto ricerca lo studioso, sia questo lo storico, ilgiurista, il filologo»; ma chiarendo che «soltanto una limitatissima cerchia di per-sone porrà la raccolta tra gli strumenti indispensabili di lavoro: gli studiosi di Dan-te e dei problemi connessi con la vita e l’opera di Dante, i quali non cercano altroche di trovare il documento letto senza incertezze e preparato con cura per la stam-pa, e quindi di poterlo a loro volta interpretare nel suo giusto valore, oppure diconoscere senza lungaggine il fatto di natura storico-giuridica contenuto nel docu-mento stesso».168

Il CDD di Piattoli si guadagnò la segnalazione dello storico del diritto Pier Sil-verio Leicht, poiché «l’opera di Dante è una delle fonti più importanti per la cono-scenza di quel periodo, e ci parla, nel suo linguaggio concitato, dei sentimenti de-gli uomini medievali assai meglio che qualsiasi altra fonte, [...] i documenti cipermettono di seguire, passo, passo, l’attività d’una di quelle consorterie cittadineche costituivano l’ossatura fondamentale della vita dei nostri comuni medievali».169

166 Piattoli, CDD, 1ª ed., p. XI: «piacque il nostro progetto a Michele Barbi», con rimando ai suoiProblemi di critica dantesca: prima serie (1893-1918), Firenze, 1934, p. 19. Ed essendo un «rifacimentoe un completamento dell’opera intrapresa dal Biagi e dal Passerini, era opportuno riprenderne il titolo[... che] richiama alla mente dello studioso qualcosa di ben definito».

167 Piattoli, CDD, 1ª ed., pp. XI, XIV: «Unico e fondamentale requisito che abbiamo richiesto aidocumenti: di non offrire il minimo dubbio sull’appartenenza alla famiglia Alighieri degli individui cheessi menzionano». Cfr. Vallone 1958, p. 181: «l’indagine sul tempo vicino o lontano non solo più minu-ta e cauta, ma basata sui documenti sia direttamente legati a Dante sia indirettamente e ricercati anchein altre fonti di documentazione, poiché si preferiva lasciare inespressi i lati oscuri anziché colmarli conle fallaci lusinghe della interpretazione psicologica».

168 Piattoli, CDD, 1ª ed., pp. XV-XVI. Per es. Barbi, Problemi di critica dantesca: seconda serie (1920-1937), Firenze, Sansoni, 1941, p. 323, utilizza il documento n. 207. Francesco Mazzoni in un contribu-to del 1965 ricorre al CDD per citare il documento n. 94 (1304 maggio 13, Arezzo) da cui risulta cheFrancesco di Alighiero mutuava in Arezzo 12 fiorini d’oro da uno speziale con l’evidente scopo di aiutarel’illustre fratello in esilio. In modo desultorio registro un giudizio extra-vagante di Biagi, formulato adistanza di anni dal suo CDD, su un’edizione diplomatica del commento di Ser Graziolo Bambaglioli:«come a dire inintelligibile, la cui trascrizione, per ragioni malagevoli a ricercare, non soltanto è oscurama quasi, in varii luoghi, incomprensibile», premessa al Dantone, Inferno, cit., p. XI.

169 Pier Silverio Leicht, Note al Codice Diplomatico Dantesco, Bologna, N. Zanichelli, 1941 (estr. da:«Rivista di storia del diritto italiano», a. 14, 1941, fasc. 2, pp. 292-297: 293): «La famiglia Alighieri sideve pertanto annoverare fra le numerose famiglie toscane che, nei secoli XIII e XIV, si recarono nellevarie regioni italiane per intesservi una vasta rete d’affari, come cambiavalute, banchieri, commercianti,o assuntori di dazi e d’imposte».

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Il corpus diplomatico degli Alighieri, nel suo percorso diacronico di quasi due se-coli, pone quesiti importanti allo storico del diritto: «Queste varie testimonianzedel persistere del diritto longobardo nelle carte dantesche possono far ritenere cheil casato Alighieri vivesse originariamente a diritto longobardo?». «Nei loro docu-menti, i rapporti patrimoniali fra coniugi son sempre retti dal sistema dotale. Ciòdimostra che nel casato, divenuto ormai mercantesco, non viveva quello spirito tra-dizionalistico che faceva conservare a tante altre famiglie uscite da antico ceppo, iricordi degli istituti giuridici medievali, quasi come un simbolo dell’avita nobiltà».170

Le Aggiunte del 1969 consistono di 12 nuovi documenti, tutti meno due tre-centeschi, e sono «parte del risultato delle ricerche condotte soprattutto nel Nota-rile dell’Archivio di Stato di Firenze, dalla fine del 1966, da quando, dopo i disa-strosi danni riportati a causa dell’alluvione del 4 novembre 1966, quell’archivioriaprì i battenti agli studiosi [...] di quei dodici ben sette concernono Cione delBello, il personaggio più notevole della famiglia dopo Dante e dopo messer Pietrosuo figlio. [...] Ad altri occhi, il pregio maggiore di queste nuove aggiunte potràconsistere nell’avere la quarta sollevato il mistero su un nipotino di Dante, frateMinore in Santa Croce [Bernardo dei Riccomanni?], e rimasto pressoché scono-sciuto, permettendo di vedere in lui il destinatario e anche il nipote ricordatonell’Epistola dantesca che si considera indirizzata ad un “Amico fiorentino”».171 Daquest’ultima identificazione scaturiva una contestazione ad una precedente con-clusione di Barbi, interessante nel vedere come le competenze dell’archivista po-tessero prevalere nel merito sulle congetture del filologo.172

Siamo davanti a un caso privilegiato in cui la corretta interpretazione del docu-mento può aiutare nella lettura consapevole dell’epistola dantesca XII (già IX), un

170 Ivi, pp. 296-297, Leicht fa riferimento a come il diritto romano progredisse tacitamente sosti-tuendosi al diritto longobardo in Firenze: per es. l’assegno maritale è commisurato non più ai beni delmarito (morgengabe longobardo), ma bensì alla dote muliebre (donatio propter nuptias del diritto roma-no), pur restando in uso il termine tecnico-giuridico morgincap (si veda Davidsohn, Forschungen zurälteren Geschicte Florenz, Berlin 1896, p. 141, da un documento del 1226). A Bologna invece accadevail contrario: si chiama «donatio propter nuptias la quarta de morgincap». Nello specifico ricordiamoche Gemma Donati «sé e i piccioli figliuoli assai sottilmente reggeva» con ciò che aveva potuto riven-dicare «col titolo della sua dote» sulle possessioni del marito (Boccaccio, Vita di Dante, citato da Barbi,Prefazione a Indice decennale, cit., p. X).

171 Piattoli, Aggiunte, cit., p. 3: «queste mie ricerche vi [su “Archivio Storico Italiano”] continuano,dopo una parentesi di 60 anni, una tradizione iniziata da Arnaldo della Torre nel 1908 con Un docu-mento poco noto sul ribandimento [rivocamento da bando, Crusca] di Iacopo di Dante». I documentiriportati con il «medesimo sistema» usato per il CDD del 1940, sono preceduti da una introduzionediscorsiva avente per titolo la sintesi dell’atto: Cione del Bello Alighieri e il fallimento della ragioneDonato di Jacopo Bonizzi e compagni; Acquisti di grano «ad novellum» fatti da Cione del Bello Alighieri.Un altro figlio di costui?; Messer Pietro Alighieri evasore fiscale?; Frate Bernardo dei Riccomanni (1297-1347), nipote di Dante Alighieri; Frate Bernardo dei Riccomanni destinatario dell’Epistola di Dante «al-l’Amico fiorentino».

172 Ivi, p. 83: «certe argomentazioni del Barbi, se esse fossero accettabili e non architettate leggen-do nei documenti cose che essi non contengono e che neppure permettono di supporle contenuteviimplicitamente», con riferimento alla data di morte del nipote di Dante, Bernardo. Viene da pensare auna sentenza latina cara a Biagi: tractant fabrilia fabri. D’altra parte Barbi era stato cauto nel ritenere aproposito dell’Epistola Amico florentino che l’abbreviazione vri dovesse dare vestras (e non vestri, perattrazione con mei-), «ma poiché tale necessità non è apparsa, [...] ad altri mai, ho tenuto per me l’opi-nione mia, in attesa di poter ricercare se alle ragioni del contesto venisse ad aggiungersi la conferma diragioni archivistiche sulle famiglie imparentate con Dante», Barbi, Per un passo dell’Epistola all’Amicofiorentino, in SD, 2, 1920, pp. 126-134; riedito in Id., Problemi di critica dantesca: seconda serie (1920-1937), cit., pp. 313-318. La proposta fu accolta dal Pistelli per l’edizione critica del 1921, e poi è pas-sata nella vulgata.

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testo riportato dal solo testimone di mano del Boccaccio, Zibaldone Laurenziano,che «esaminato attraverso la riproduzione fototipica curata da Guido Biagi nel 1915,non dà adito a dubbi di lettura». Piattoli giustifica la sua conclusione, sulla scortadi conversazioni con colleghi (Arsenio Frugoni) e anche sulla tradizione critica(Foscolo), su come si debba intendere e rivolto a chi l’appellativo pater dell’episto-la. La critica odierna propende per Niccolò Donati, nipote da parte della mogliedel poeta, Gemma; che in effetti Piattoli nomina ma con meno probabilità di esse-re lui il “nepotis” dell’epistola.

La “diplomatica dantesca” è tornata in agenda di recente con il contributo diTeresa De Robertis e Stefano Zamponi, Il “Codice diplomatico dantesco”, presenta-to al convegno Leggere Dante oggi: i testi, l’esegesi, a c. del Centro Pio Rajna, Roma,Casa di Dante, 25-27 ottobre 2010, seminario, i cui atti sono usciti di recente, svol-to all’interno del progetto di una “Nuova edizione commentata delle opere di Dan-te”. Forse una ripresa da parte dell’accademia fiorentina (con le discipline di pale-ografia e diplomatica, codicologia) dell’impresa di Biagi-Passerini prima e Piattolidopo per studiarne la storia e rinnovarne gli esiti.

La diplomatica oggi

I fondi Diplomatici sono complessi documentari che hanno segnato le origini degliArchivi di stato toscani, ma nonostante i numerosi studi e interventi stratificatisi nel corsodel loro percorso plurisecolare, essi tuttora rappresentavano una autentica sfida per le at-tività di descrizione archivistica e di riproduzione documentaria, trattandosi di raccolteparticolarmente articolate e difficili da dominare, sorta di labirinti fatti di insiemi e di sot-toinsiemi in vario modo connessi tra loro e connessi altresì ad aggregazioni documentariediverse, entro e fuori gli Istituti che le conservano. In un certo qual modo i fondi Diploma-tici occupano nell’immaginario collettivo degli archivisti toscani un ruolo tutto speciale,denso di richiami e di suggestioni, e, non di meno, essi sono stati sin dalle loro origini ter-ritorio di elezione per la ricerca storica e scientifica.173

Mettere a disposizione della comunità degli studiosi una “riproduzione” orga-nica e contestualizzata delle fonti diplomatiche dantesche, con il complemento di“fac-simile” trascritti e illustrati, foto di monumenti d’arte e illustrazioni, è né piùné meno quello che si va facendo oggi nelle discipline storiche con le fonti chevengono – grazie alle enormi potenzialità di Internet – messe in relazione e fatte“risuonare in concento”, fino a risultarne una “fonte” più ricca perché meglio in-quadrata e connessa con altre pertinenti.174

Ne abbiamo conferma dalla situazione degli archivi dei due Michelangelo dellanostra storia culturale: nel 2010 – centenario del Caravaggio – l’Archivio di Statodi Roma lanciò l’allarme per le carte d’archivio di Michelangelo Merisi «minate

173 F. Klein, Il Progetto «Diplomatico» dell’Archivio di Stato di Firenze, sta in Centro studi interre-gionale sugli Archivi ecclesiastici, Le pergamene nell’era digitale: atti dei convegni di Spezzano (3 settem-bre 2004) e di Ravenna (24 settembre 2004), a c. di E. Angiolini, Modena, Mucchi, 2005, pp. 7-15; onlinea: http://www.archiviodistato.firenze.it/nuovosito/fileadmin/template/allegati_media/materiali_studio/progetti/progetto_diplomatico.pdf.

174 Appunto una “metafonte” secondo l’etichetta di un medievista francese, Jean-Philippe Genet,Source, Métasource, Texte, Histoire, in Storia & multimedia, a c. di F. Bocchi e P. Denley, Bologna, 1994,pp. 3-17; ripreso da Andrea Zorzi, Documenti, archivi digitali, metafonti, in I Medici in rete: atti delconvegno Ricerca e progettualità scientifica a proposito dell’archivio Mediceo avanti il Principato (anchein rete).

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dall’azione corrosiva degli inchiostri» e bisognose di essere restaurate. Per l’altroMichelangelo il problema è diverso perché i documenti su Buonarroti hanno biso-gno di essere pubblicati, e non tanto in un’edizione tradizionale cartacea, bensìonline, cosa che permetterebbe di coinvolgere nell’impresa altri istituti depositaridi fonti, come Casa Buonarroti a Firenze, il Vaticano.175

In modo analogo oggi una riedizione anastatica del CDD non sarebbe parimentiutile come la ristampa del Batines, perché ormai le edizioni digitali permettono didisporre di una piattaforma flessibile, e pertanto sempre aggiornabile, con la pos-sibilità di approfondire aspetti impensabili in un’edizione a stampa, come le figuredi contorno in una vicenda biografica d’artista, rese accessibili attraverso schede evoci (link) di approfondimento e rimandi bibliografici o ad altre edizioni online dicarte d’archivio.

Bilancio del dantismo ottocentesco

Le scuole del metodo storico erano, come si sa, più di una, e a volte in compe-tizione tra di loro. Facendo riferimento ai rispettivi maestri, c’era la scuola carduc-ciana con centro a Bologna, ma i cui allievi non erano andati oltre l’insegnamentonelle scuole medie, vista la diffidenza che il mondo accademico aveva per l’intem-peranza di Carducci. Invece diversi degli allievi pisani di D’Ancona erano riuscitia diventare docenti universitari, fra questi Novati e Renier, fondatori del «Giorna-le storico della letteratura italiana» nel 1883 a Torino. Proprio a questa geometriavariabile determinata da rapporti personali, a volte deteriorati, si deve una dellevarie polemiche erudite dell’epoca.

Il pretesto per gli attacchi reciproci fu dato da una stroncatura di Biagi a undantista tedesco colpevole di “lesa maestà” verso Carducci, che si vide difeso dalfilocarducciano «Fanfulla della Domenica», rivista romana di Ferdinando Martinie Guido Biagi. I «professori giovani e giovanissimi» – come li chiamava Carducci –dell’organo della scuola storica torinese inviano una lettera di protesta alla redazio-ne romana per la risposta di Biagi che aveva attaccato severamente «un certo Wiese,censore non serio d’una pubblicazione carducciana» proprio sulle pagine del GSLI.176

In questa replica Biagi parla chiaramente a nome di Carducci («Giornale di giovi-

175 Si veda Marco Carminati, Michelangelo va messo online, «Il sole 24 ore, Domenica», 9 ottobre2011, dove viene intervistato il direttore dell’Archivio di Stato di Roma, Eugenio Lo Sardo, che a pro-posito delle carte Buonarroti dice: «molti dei documenti che noi conserviamo, pur noti e citati nellaletteratura artistica, non sono mai stati trascritti, e talvolta gli storici dell’arte, anche i più autorevoli, lihanno menzionati in modo incompleto, e talvolta errato. Credo che sia giunto il momento di impostarel’impresa di una grande edizione critica dei documenti di Michelangelo, leggendoli, trascrivendoli econtestualizzandoli tutti».

176 La querelle è descritta da G. Lucchini, Le origini della scuola storica: storia letteraria e filologiain Italia (1866-1883), Pisa, ETS, 2008, pp. 108, 111-112, note 139 e 147: «ci hanno scritto in tre, informa di sdegnosa protesta, suddivisa in cinque capi d’accusa contro il Fanfulla e il Biagi». L’attacco diBiagi a Berthold Wiese si trova nella nota Contro Bertoldo, «Fanfulla della Domenica» del 10 febbraio1884, a. VI, n. 6 [consultato in ritaglio nella biblioteca della SDI], in risposta a un articolo del giovanestudioso tedesco, in due parti, GSLI, 2, 1883, pp. 115-128; il quale Wiese però incappava lui stesso –e con lui la redazione? – in un abbaglio rimproverando Carducci di non aver pubblicato, nella suaraccolta di Cantilene e ballate, strambotti e madrigali dei secoli XIII e XIV (Pisa, Nistri, 1871), dei versi“inediti” di Dante nel codice Magliabechiano-Strozziano VII, 1040, mentre si trattava niente meno chedi alcune terzine del Paradiso (XXVI, 103-123). Berthold Wiese (1859-1932) avrebbe curato in seguitoper la Bremer Presse di Monaco di Baviera un’edizione, con commento, della Commedia dall’eleganzaincunabolistica (1921, ed. di 300 esemplari numerati, in custodia).

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ni», «chierichini della critica nuova», «apostoli di certa critica novissima»), che ave-va avuto delle ruggini in particolare con Francesco Novati.177 All’interno della “scuolastorica” dunque pur con premesse di metodo simili: la via delle biblioteche e degliarchivi «riboccanti di testi malnoti o ignoti addirittura: ripetevano e provavano coifatti come da queste trascurate ricchezze si potessero ricavare elementi atti a chiariremirabilmente le origini, lo sviluppo della vita intellettuale italiana» (Novati), si ave-vano esiti dialettici, anche ruvidi: «annaspano con i codici, con le varianti, con i se-gni diacritici e con tutti gli altri strumenti della ermeneutica» (Biagi).178

In realtà nella disputa occasionale – destinata a lasciare traccia nella storia del-la critica della letteratura italiana – si affrontavano due scuole facenti capo a D’An-cona e Carducci, rispettivamente maestro di Novati il primo, amico e collaborato-re stretto di Biagi il secondo. Fu così che tra questi due si arrivò a una resa deiconti con la richiesta di un duello, poi non effettuato grazie alla mediazione diAlessandro Luzio (1857-1946). Infatti nel 1895-1896 ritroviamo gli scampati duel-lanti Novati e Biagi d’accordo nella fondazione della Società bibliografica italia-na, ideata in Marucelliana e con sede a Milano.179 Un avvenimento non nuovo aglistudi danteschi, se riandiamo all’episodio tra Gabriele Pepe e Alphonse de La-martine, originato da un giudizio offensivo sull’Italia e la Toscana, definita dalloscrittore francese: terra di morti, e al quale venne chiesta riparazione per le sueaffermazioni dal patriota e dantista Pepe.180

Si intuiscono le battaglie letterarie derivanti da polemiche professorali e dotte,la guerra di posizione fra tradizioni accademiche, redazioni di riviste specialistiche

177 Francesco Novati (1859-1915), filologo allievo di D’Ancona a Pisa, insegnò storia comparatadelle letterature neolatine a Milano; presidente della Società bibliografica italiana; la sua biblioteca e ilcarteggio sono conservati in Braidense; non riuscì a portare a termine l’ed. critica delle Epistole dante-sche; fu tra i promotori del comitato lombardo della Società dantesca (1896). La sua erudizione lo portòa trattare cose dantesche – non in modo esclusivo –, poi raccolte in volumi: Id., Indagini e postille dan-tesche, Bologna, Zanichelli, 1899; Id., Freschi e minii del Dugento: conferenze e letture, Milano, Coglia-ti, 1908, che rivelano anche dai titoli il «gusto sottile dei suoi restauri, i quali pur nell’assoluta probitàerudita conservano un sapore quasi di aristocratico collezionismo», cfr. F. Lanza, ED, ad vocem. Nellospecifico si veda M. Caporali, Renier e Novati direttori del «Giornale storico» nella polemica con la scuo-la carducciana (1882-1885), «Critica letteraria», 40, 1983, pp. 491-515.

178 Le due citazioni sono tratte da F. Novati, Rodolfo Renier, GSLI, 65, 1915, p. 195 e G. Biagi,Contro Bertoldo, cit. Nello scambio di vedute è curioso rilevare che il filologo Novati invita alle ricer-che bibliografiche e diplomatiche, mentre il bibliotecario Biagi giudica gli “strumenti” della filologia.

179 Cfr. C. Giunchedi, E. Grignani, La Società bibliografica italiana (1896-1915): note storiche e in-ventario delle carte conservate presso la Biblioteca Braidense, Firenze, Olschki, 1994.

180 Forse non è abbastanza risaputo che il “duello cavalleresco” è ancora riconosciuto dalla giuri-sprudenza: «i reati cosiddetti di duello presuppongono l’osservanza delle consuetudini cavalleresche e,pertanto, perché uno scontro tra due persone possa considerarsi duello, deve svolgersi a condizioniprestabilite, secondo le regole cavalleresche, mediante l’uso di armi determinate (spada, sciabola o pi-stola), alla presenza di più persone (padrini o secondi), per una riparazione d’onore» (Cassazione Pe-nale, V sezione, 24 aprile 1987). Per l’episodio richiamato cfr. L. Ruberto, Un articolo dantesco di Ga-briele Pepe e il suo duello con Alfonso di Lamartine, Firenze, Sansoni, 1898, 58 pp. (Biblioteca criticadella letteratura italiana, 22), collana diretta da Francesco Torraca. Il casus belli era stato un giudiziosprezzante di Alphonse de Lamartine su Firenze durante una visita notturna, cfr. Id., Correspondance,Paris, Hachette, 1873, che si riporta da un passo epistolare seriore: «I pochi abitanti che circolavanonelle piazze o che si rinfrescavano vicino alle fontane davano alla città una magnifica aria di cimitero,ornato da monumenti e popolato da fantasmi» (si veda R. Cavalieri, Il viaggio dantesco, cit., p. 32). Il‘napolitano’ Gabriele Pepe – figura di patriota risorgimentale e cultore di Dante, nel 1826 mentre era“spatriato” a Firenze, intervenne nel dibattito che si svolse in lettere e opuscoli sulla retta interpreta-zione del verso dantesco poscia più che il dolor poté il digiuno (Inf. XXXIII, 75), e sentendosi in doveredi difendere al contempo la reputazione di Firenze e della Toscana da osservazioni poco rispettose distranieri come Lord Byron o Lamartine: «che dal byroniano giovane Aroldo aveva fatto insultare l’Ita-lia [terra de’ morti]» (Ruberto) – diede alle stampe (Firenze, presso Giuseppe Molini, all’insegna di Dan-

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e non, consorterie editoriali, sul filo delle varianti e delle interpretazioni, dell’ine-dito e del falso e dell’incerta attribuzione. Era una di quelle polemiche destinate anon lasciare né vincitori né vinti, se non le forze e il tempo spesi per svolgerle. Vienetuttavia da pensare a una forma esasperata di rapporto competitivo all’interno dellacomune dei dotti (repubblica delle lettere, in questo caso gli esperti di dantologia181),per cui si attua «una funzione tecnicamente sofisticata dell’informazione biblio-grafica, che nel contesto del lavoro filologico presuppone un livello nello stessotempo alto e sintetico di partecipazione ad una discussione i cui interlocutori si co-noscono tutti (e tutti sanno dove tutti scrivono)».182 Col tempo sarebbero rimaste so-prattutto le opere di ricerca e studio proficue, svolte assieme o nel reciproco interes-se, come ribadisce Vittorio Cian nel necrologio per Biagi, ricordando «l’opera delpubblicista e del prosatore vivace e toscanamente efficace nei campi più vari» e dicome nel campo dantesco si sia avvalso di collaboratori validi come Rostagno, Passe-rini e Dorini.183

Negli anni a cavallo dei due secoli iniziava una fase di bilancio del dantismoottocentesco, anche per l’effetto catalizzatore del sesto centenario del priorato edel viaggio ultramondano di Dante, una celebrazione minore rispetto ai centenaridi nascita e morte ma pur sempre utile per rinnovare il culto e lo studio di Dante.Il discorso commemorativo toccò a Del Lungo nel Salone dei Cinquecento.

Come si è in parte già notato la recensione carducciana al CDD del 1895 diven-ne pretesto per una rassegna rapida quanto secca sui pregi e difetti – non senzaqualche contraddizione – della dantologia. Lo scritto era un concentrato di criticadella critica dantesca (o Della varia fortuna di Dante), genere che avrebbe avutomolti emuli, divenendo una questione ricorrente nel futuro degli studi danteschi.Tra i bersagli era la faciloneria encomiastico-commemorativa – a cui Carducci stessosi era prestato giovane nel 1865 – che lo portava a chiedersi dopo trent’anni: «fuutile, fu opportuna tutta la letteratura dantesca del centenario?».184

Egli ribadisce che il «lavoro storico, per molte ragioni facili a comprendere, èbene che sia personale: ma il filologico può essere, anzi è bene che sia, almeno nellapreparazione, collettivo»;185 apprezza inoltre che «tanta brava gente [...] siasi rac-

te, 1826) il suo contributo alla «vera intelligenza» del verso dantesco, come scriveva al fratello: «L’ar-ticolo è piaciuto, perché ho in esso innestata una staffilata al codardissimo Lamartine». Si ricorda cheil dantismo di Pepe derivava da Carlo Troya (1784-1858), suo primo ministro nella I guerra d’indipen-denza, e iniziatore del filone di studi danteschi del risorgimento meridionale con la ricerca Del veltroallegorico di Dante (Firenze 1826, 1ª ed.), poi col titolo Veltro allegorico de’ Ghibellini (Napoli, Stam-peria del Vaglio, 1855, e ancora da Laterza, 1932), frutto di indagini molto ricche di documentazionestorica; cfr. M. Sansone, Dante e il Risorgimento meridionale, in Filologia e critica dantesca: studi offertia Aldo Vallone, cit., pp. 539-556.

181 Sono pertinenti le parole di Isidoro Del Lungo, Discorso sull’esilio di Dante, Firenze, Le Mon-nier, 1881, p. 51, pronunciate qualche anno prima del fatto di Biagi e Novati, riferendosi ai guelfi eghibellini: «è sembrato talvolta, e più spesso a’ dì nostri, risorgessero come insegna di nuove battaglie:nelle quali non più i cavalieri aspri di ferro... ma gli uomini di lettere, gli storici, gli eruditi, gli statisti,avvolti nelle loro toghe incruente, si schierassero gli uni contro gli altri in quell’atteggiamento di con-tesa che non è invero il più proprio né il più propizio alla ricerca del vero». Nel nuovo secolo, e su altrasponda rispetto al “passatista” Del Lungo, il “futurista” Papini avrebbe scritto sulle Baruffe tra danti-sti, «Leonardo», 4, s. III, agosto 1906, pp. 242-243.

182 P. Innocenti, Metodi e tecniche nella ricerca bibliografica (Trilogia di Mary Poppins), Manziana,Vecchiarelli, 1999, p. 92.

183 V. Cian, necrologio per Guido Biagi, GSLI, 253-254, 1925, pp. 239-240.184 Carducci 1895: «se Dante potesse mai diventar noioso e dannoso, i dantisti o danteschi o dan-

tofili avrebber finito con riuscire a farlo».185 Mentre tre anni prima per lettera sosteneva: «il mio rispetto per il lavoro collettivo in letteratura

e in filologia è zero», lettera a Martini del 6 ottobre 1892, cfr. Carducci, Lettere, vol. 18, cit. Per capire

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colta per fare un po’ di bibliografia» secondo lui anche più necessaria di tanta filo-logia «che non condurrà a differenze grandi dalla lezione volgata, che in fondo èbuona; pur che non prevalga la sentenza, che finora non si è letto il vero Dante,perché non si è fin qui stampata la Commedia con gli spropositi più grossi e oscurie con la grafia degli amanuensi del basso Trecento».186

Per esempio l’etichetta “filoleria”187 viene usata da Carducci per riferirsi in modosprezzante a certa filologia fine a se stessa, percepita come pezzo di bravura, virtuo-sismo vacuo,188 una «micrologia pettegola e vana».189 Un percorso di affrancamento

il discorso di Carducci mi voglio rifare ad Attilio Momigliano, Un’edizione critica (1932), riportato daGuido Di Pino, Attilio Momigliano dantista, in Atti 1995, pp. 317-328, 319: «Io che non farò mai un’edi-zione critica, posso senza sospetto affermare che non è facile trovare un altro lavoro che, come questodell’edizione critica, metta alla prova e consolidi il gusto di uno studioso. Lo stesso commento a unclassico è, per certi aspetti, una disciplina meno efficace: perché si esercita sopra elementi sicuri e trovagià pronte nel testo quella concordanza e quell’unità di tono che l’editore ha dovuto faticosamente stu-diare» [corsivi miei]. Al di là di certa oscillazione lessicale del Carducci, sembra di poter concludereche l’edizione critica rappresenta il momento ontogenetico: il filologo e il suo autore (il “gusto” per levarie lezioni), mentre i commenti sono l’aspetto filogenetico al quale concorrono i commentatori cheseguono la “disciplina” rappresentata dal canone della tradizione, il commento nei secoli.

186 Carducci 1895, pp. 13-14. Come si vede problemi per certi versi indecidibili che già a fine Ot-tocento sembravano inflazionati. Ne riporto un esempio in pieno Novecento, segnalato ancora da DiPino, Attilio Momigliano dantista, cit., p. 320, che ricorda una recensione del Momigliano, La patinadella “Commedia” (1933), all’edizione Laterza, “Scrittori d’Italia”, della Commedia allestita da Dome-nico Guerri che, nel licenziare la sua opera di filologo, mostra di diffidare della utilità di restituire inassoluto il testo alla sua “veste primitiva”, sospettando che “alla moltitudine dei lettori” la vecchia patinalinguistica possa far apparire “più oscuro” e “men bello” il dettato; il Momigliano, notata la superfluitàdi tante “complicazioni”, interviene con una osservazione personale: «Quando il Vandelli pubblicò lasua edizione, etterno con due t turbò parecchi lettori coltissimi; [...] l’agile sdrucciolo aquile è statosostituito dal pesante aguglie [...] E sono contento che Casella abbia restituito ‘aquile’ e mi dispiace cheGuerri abbia mantenuto ‘aguglie’. Rimango convinto che qualche cosa con quel restauro si è perduto,se è restauro». Il nuovo millennio si è aperto con l’edizione critica per cura di Federico Sanguineti,Dantis Alagherii Comedia, Tavarnuzze (Firenze), Edizioni del Galluzzo, 2001, dove si dà importanzaalla tradizione settentrionale dello stemma (“sapore emiliano-romagnolo”), la lingua vissuta da Dantedegli anni dell’esilio e del concepimento del poema.

187 Carducci 1895, p. 9: «senza filoleria come si farebbe a spender quattrini per dar cattedre alla gen-te?». Filoleria è termine ripreso dal Giordani, per indicare: «Erudizione eccessiva e pignola, pedanteria»;GDLI, ad vocem, riporta proprio questo passo di Carducci per attestarne l’uso ironico. Si veda anche l’oc-correnza in Id., Ceneri e faville, vol. 5, p. 317. Con questo termine, oltre che gli errori di certa filologiad’occasione o “allegra”, si può individuare in direzione futura la spia di «un senso di disprezzo per lafilologia proprio mentre il nostro movimento era avviato – è Barbi che parla – a dare frutti eccellenti, anchedi fronte alla filologia classica, e soprattutto di fronte alla romanza, delle altre nazioni», cfr. M. Barbi, Lanuova filologia, cit., p. XXIV. Ma forse il rimprovero è da rivolgere più a Croce che non a Carducci.

188 Si veda il parallelo fatto da Desiderio Chilovi (1835-1905), bibliotecario direttore della BNCF,stretto collega di Biagi, in uno scritto del 1899: Cerco un libro..., «Nuova Antologia», 16 agosto; orarist. in Id., Scritti scelti editi e inediti, a c. di G. Del Bono, Firenze, Le Lettere, 2005 (Pinakes, 2), pp.161-181: 173, tra la “soggettazione” e la “filologia”: «Ognuno vede e contempla lo scibile a modo suo,sotto cento aspetti diversi, e attraverso lenti d’ogni grado e colore. [...] Ogni biblioteca ha il proprio, ecome se ciò non bastasse, molti bibliografi, per smania impaziente di emergere sugli altri, credono didoverci presentare nei loro lavori uno schema vantato come molto più scientifico degli altri. [...] Fra ibibliografi, come tra i nostri giovani scrittori [corsivi miei], avviene qualche cosa di simile: questi nonsi credono uomini di soda dottrina e veri letterati se prima non hanno tormentato, a furia di commenti,alcuni versi di Dante..., commenti che, come asseriva il Montesquieu [e prima Montaigne], parlando diquelli fatti alla Bibbia, lasciano poi tanti dubbi quanti ne sono i versetti; e ciò perché questi interpreticonsiderano, egli dice, la Bibbia semplicemente come un libro che può dare ed accrescere autorità adessi e alle loro idee preconcette: “c’est pour cela qu’ils en ont corrompu tous les sens et ont donné latorture à tous les passages”». E così E. Moore: «No work probably in the world, except the Bible, hasgiven rise to so large a literature».

189 Espressione di Barbi, Prefazione a Indice decennale, cit., p. VI.

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dal filologismo esagerato cui sembra alludere Francesco Torraca (1853-1938)190 – altrointellettuale con ruoli nel ministero, come Biagi, a metà tra la generazione dei mae-stri (De Sanctis) e quella protagonista del decisivo rinnovamento degli studi dan-teschi – quando descrive i dantisti «giovani e vecchi» che si ostinavano ancora aricercare «l’anno, il mese, il giorno preciso che Beatrice fu data a balia». Torracafu poi autore di un commento fortunato alla Commedia – di cui aveva fornito unsaggio nel 1899 per i tipi di Zanichelli –, pubblicato la prima volta nel 1905 dallaSocietà editrice Dante Alighieri di Albrighi, Segati e C.191

L’Ottocento dantesco si chiudeva in positivo, con un’abbondanza di approcciche rendevano Dante interprete del suo verso: trasmutabile son per tutte guise (Par.V, 99). Tuttavia molto restava ancora da fare, non per rendere il Poeta segnacolo invessillo (Par. XXVII, 50) di una religione ortodossa, ma certo per dirottare quellaricchezza di interessi e approcci su basi più filologicamente moderne e attendibili.E questo compito sarebbe toccato alla nuova filologia di Barbi e dei colleghi dellagenerazione figlia del metodo storico, che si era ormai affermata sulla base di pre-messe scientifiche che volevano fare piazza pulita della “filoleria”: e secondo Bar-bi, bisognava continuare la battaglia contro gli «errori di fatto e d’apprezzamen-to», aprire le porte ad ogni orientamento della critica, «si chiami storica o psicologicao estetica», purché «riesca ad accertare un fatto, a provare una verità».192

Aldo Vallone tende a ricomporre le stagioni della critica dantesca del XIX sec.:«la distinzione di critica erudita e storica da quella della nuova scuola storico-filolo-gica, questa volta entro lo stesso gruppo, non significa affatto rottura o distacco diinteressi e metodi, ma vuole determinare o porre in rilievo, in quest’ultimo grup-po, nel variare delle esperienze e del clima culturale il più complesso senso della

190 Ispettore scolastico presso il ministero e storico della letteratura, in particolare dantista, nativodella Lucania, insegnò alla cattedra di Napoli Letteratura comparata. Dal 1888 scrive sulla «NuovaAntologia», da cui si cita, cfr. Gonelli, Dal carteggio di Alessandro D’Ancona, cit., p. 108. Torraca, fu-stigatore del dantismo sub specie di «estetica rudimentale o, piuttosto, rettorica flaccida e ventosa, chesi riduce ad esclamazioni ed apostrofi», viene menzionato anche da Vallone 1958, p. 10, nota 5. Vicinoa Carducci, cfr. M. T. Imbriani, Note di critica ed altro: il carteggio Giosue Carducci-Francesco Torraca,«Critica letteraria», 22, 1994, n. 83, pp. 309-376. Fu amico, collega ministeriale e corrispondente diGuido Biagi, che gli affidò per il catalogo Sansoni, la “Biblioteca critica della letteratura italiana”, cheraccoglieva volumetti non oltre le cento pagine, con cadenza mensile; così la ricordava Contini, Un salutoalla Sansoni, cit.: «essa dilata coi suoi preziosi fascicoli l’informazione italiana a filologia romanza [...]e così simbolicamente ne sottolinea la promozione a vera e propria filologia italiana». Oltre a essereautore di un Manuale della letteratura italiana, compilato ad uso delle scuole secondarie, Sansoni, 1886-87, 3 voll.: «I primitivi tre volumi furono sciolti in parecchi volumetti» (Torraca); «esposizione, per viadi monografie cucite in storia, dei fatti letterarî dei primi secoli» (Contini, Un saluto alla Sansoni, cit.);nel 1910 uscì la 7ª ed. «riveduta e illustrata». Per il 36° anniversario della laurea del critico lucano vie-ne allestita una Festschrift di studi, in cui Biagi partecipa con Il libro di motti di messer Vanni Giudice,Napoli, F. Perrella, 1912.

191 Nell’ordine si ebbero: F. Torraca, Di un commento nuovo alla Divina Commedia, Bologna, Zani-chelli, 1899 (Biblioteca storico-critica della letteratura dantesca, 7-8); già in BSDI, 2, 1895, n. 9, pp.129-157; n. 10, pp. 168-190; n. 11-12, pp. 194-211, come recensione al commento Poletto, e abbozzodel proprio commento: Id., La Divina Commedia di Dante Alighieri: nuovamente commentata, Roma-Milano 1905, 1907; rist. da Salerno ed. nel 2009, a c. di V. Marucci. Cito dalla presentazione della rist.:«Accolto come il testo critico capace di mediare fra la tradizione erudita e filologicamente più agguer-rita di derivazione positivistica e le nuove istanze “estetiche” avanzate da Croce e dai decadenti, nelleintenzioni dell’autore si proponeva di sfoltire l’erudizione, servendosene tuttavia con perizia sulle que-stioni più delicate; portare tutti i lettori ad una buona conoscenza della lingua antica, e quindi nonconsiderare Dante come un unicum del nostro passato, ma piuttosto come il più geniale interprete emanipolatore di una lingua viva e produttiva; individuare e descrivere le fonti culturali delle idee diDante e le sue articolazioni nell’opera, o meglio, nelle opere del grande esule fiorentino».

192 M. Barbi, I nostri propositi, SD, 1, 1920, pp. 5-16.

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storia, [...] per cui dalla minuta ricerca si passa alla organizzazione di questa entrogli studi sull’opera di Dante».193

Il primo Novecento come traguardo del dantismo ottocentesco

All’inizio del Novecento si continuò a tirare le fila del secolo dantesco trascor-so, il più intenso – se non per qualità, per quantità – che si fosse visto: non solo perl’ovvio avanzare della storia, tra retorica risorgimentale, e il positivismo scientifi-co. Un secolo dove si rese la Commedia fruibile a tutti gli strati sociali della lettura.Rodolfo Renier nello scritto Dantofilia, Dantologia, Dantomania194 prova a fare larassegna delle sfumature dantesche che avevano caratterizzato il secolo risorgimen-tale; e propone l’argomento della “fortuna di Dante” da trattare lungo i secoli epiù da vicino nell’ultima metà dell’Ottocento, in termini di fortuna letteraria (adifferenza di Petrarca e Machiavelli, «a lui l’imitazione non nocque, perché fu sem-pre, rispetto al gigante, meschinissima opera di pigmei») e di storia della critica.195

Inoltre Renier mette in guardia dalla “dantite”: «vorrei che il culto di Dante nontrasmodasse e non cadesse nel falso e nel barocco [...] della sincerità del presenteesagerato danteggiare io dubito forte. Le cose son giunte a un punto da costituireun vero fenomeno. Non sono più soltanto i professorini sbalestrati [...] con l’inno-cuo proposito d’una titolografia che i nostri ministeri incoraggiano».

Intanto a Firenze si apriva la stagione delle avanguardie e delle riviste, e unodei protagonisti, Giovanni Papini (1881-1956), nel 1905 pubblica lo scritto PerDante contro il dantismo su «Il Regno»,196 in sostanziale sintonia con il futuristaMarinetti quando enfaticamente prorompe: «Chi negherà che la Divina Comme-dia non sia oggi che un immondo verminaio di glossatori?».197 Prendeva piede unavolontà di fare piazza pulita «nella macchia di bibliografie, di esegesi, d’interpre-tazioni, di raffronti, di chiose, di rivelazioni, di commenti, di rompicapi che i dan-tisti hanno fatto crescere intorno al terribile Poeta».198

193 Vallone 1958, p. 9; perciò tout se tient nel dantismo, secondo un moto progressivo che Vallonenon manca di evocare con la citazione da Charles Calemard de Lafayette, secondo il quale: «Il seraitcurieux, sans doute, il serait intéressant, pour l’histoire intellectuelle de l’Europa, d’étudier pas à pas,et dès l’origine, le progrès continu du dantisme», tratta da The influence of Dante on modern thought,London, Undwin, 1895, p. 7.

194 Il titolo è citato da Dionisotti 1967. Uscito sul «Fanfulla della Domenica», 25, 12 aprile 1903, n.15. Rodolfo Renier (1857-1915) fu filologo, allievo di Carducci a Bologna, di Graf a Torino e di Bartolia Firenze; insieme ad Arturo Graf e Francesco Novati, fondatore nel 1883 del GSLI, organo del “me-todo storico” torinese e pisano. Nel 1876 Graf aveva svolto la prolusione all’ateneo torinese intitolan-dola: «Di una trattazione scientifica della storia letteraria».

195 Passerini nel 1901 aveva lanciato una pubblicazione a fascicoli, intestata al «Giornale dantesco»,Dantisti e dantofili dei secoli XVIII e XIX: contributo alla storia della fortuna di Dante, che voleva essereun dizionario bio-bibliografico, ma riuscì di breve durata.

196 «Il Regno», 2, n. 19, 20 ottobre 1905, pp. 2-4; poi come capitolo autonomo Il dantismo nel libroscritto a quattro mani con G. Prezzolini, La coltura italiana, Firenze, Lumachi, 1906; e ancora in G.Papini, Eresie letterarie: 1925-1928, Firenze, Vallecchi, 1932.

197 F. T. Marinetti, Guerra sola igiene del mondo, Milano, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1915; lo sitrova anche in Id., Teoria e invenzione futurista, pref. di A. Palazzeschi, a c. di L. De Maria, Milano,Mondadori, 1968, pp. 227-228.

198 Papini, Per Dante contro il dantismo, cit.: «Tutti i nostri dantisti celebri, il Del Lungo, lo Scar-tazzini, il Torraca, il Casini, il Parodi, lo Zingarelli, il D’Ovidio, fanno della storia, dell’erudizione, dellabibliografia, dell’ermeneutica, della filologia, della casuistica, dell’enimmistica, tutto quello che volete,ma non certo della penetrazione [dell’anima, ndr] dantesca». Un Dante vivo che Papini rilanciò nel 1933con l’omonima pubblicazione presso la “Libreria editrice fiorentina”, ma secondo la critica riuscì soloun medaglione dell’Alighieri con limiti nell’assenza di filologia e nell’eccesso di autobiografismo.

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Uno spirito di rottura che Papini farà sentire nelle scelte editoriali, al momentodi essere ingaggiato da Carabba per la direzione editoriale delle collane economi-che e di successo di “Cultura dell’anima” e “Scrittori nostri”. In quest’ultima collanaviene proposta una antologia eterodossa rispetto al mainstream editoriale dante-sco – soprattutto mentre se ne attendeva l’edizione critica delle opere –, recuperan-do la leggenda fatta di “motti, facezie e tradizioni” nei secoli, cioè aneddoti comequello raccontato da Franco Sacchetti in una sua novella a proposito dello sbigot-timento e del cruccio di Dante di fronte a un fabbro che recitava le terzine dellaCommedia «come si canta uno cantare e tramestava i versi suoi».199

Tuttavia Papini nel 1911 era in grado di dare una panoramica del dantismo ita-liano assai fondata: «Il rigorismo scettico che infierì negli studi danteschi or sonmolti anni per reazione ai romanzi storici uso Balbo or s’è un po’ calmato e il Boc-caccio, sentenziato novellatore anche nella Vita di Dante, ha trovato i suoi buoniavvocati e non mancano neppur quelli che vogliono rialzare il credito del calun-niato frate Ilario» e della prima redazione in latino della Commedia.200 È di pochianni successivi la ristampa dello Zibaldone boccaccesco mediceo laurenziano: Plut.XXIX-8: riprodotto in facsimile,201 «per soddisfare un antico voto degli studiosi»(dalla prefazione di Biagi); quasi che Papini fiutasse la nuova impresa editorialedel prefetto della Laurenziana.

Il centenario del 1921 portava con sé, oltre alle ferite della guerra, la consape-volezza di una comunità italiana di dantisti all’avanguardia rispetto agli altri paesi,e anche per questo forse era una comunità esposta a contrasti interni.

A dare una mano a liquidare gli approcci del metodo storico a favore di unadelibazione soggettiva del sommo poeta, ci pensava Croce quando affermava: «ilavori critici sul testo delle opere di Dante e quelli rivolti ad illustrarle dal punto divista storico, con la conoscenza della vita, dei costumi e del pensiero del Medioe-vo» sono tutt’altra cosa «dagli studi di critica artistica coi quali si cerca di far com-prendere quella grande poesia nella sua forza solenne».202

I commenti alla Divina Commedia: il Dantone

Nella Prefazione all’Indice decennale del BSDI – pubblicato nel 1912, ma il te-sto di Barbi già circolava dal 1904 in estratto – il filologo di Sambuca Pistoiese al-lude a un’edizione del commento sopra l’Inferno di fra Guido da Pisa, «così im-

199 T. Plebani, Voci tra le carte: libri di canzoni, leggere per cantare, in Libri per tutti: generi editorialidi larga circolazione tra antico regime ed età contemporanea, a c. di L. Braida e M. Infelise, pp. 57-75: 67.

200 G. Papini, La leggenda di Dante: motti, facezie e tradizioni dei secoli XIV-XIX, Lanciano, Carab-ba, 1911, pp. 11-12.

201 A cura della R. Biblioteca Medicea Laurenziana; con prefazione di G. Biagi, In Firenze, pressoL. S. Olschki editore, 1915; già studiato da H. Hauvette, Notes sur des manuscrits autographe de Bocca-ce à la Bibliotèque Laurentienne, Roma, École française de Rome, 1894. Lo Zibaldone Laurenziano, ri-prodotto nella seconda parte del codice (cc. 45v-77r), di mano del Boccaccio, è importante perchécontiene trascritte tre epistole di Dante: ai cardinali italiani, a Cino da Pistoia e all’Amico fiorentino;quattro ecloghe fra Dante e Giovanni del Virgilio. Vi è riportata inoltre l’epistola di frate Ilario a Uguc-cione della Faggiuola, contenente l’incipit latino della Commedia: Ultima regna canam, fluido contermi-na mundo, | spiritibus que lata patent, que premia solvunt | pro meritis cuicumque suis; la lettera è stataritenuta dalla critica inizialmente autentica (Giorgio Padoan) e da ultimo un falso (S. Bellomo, Il sorri-so di Ilaro e la prima redazione in latino della ‘Commedia’, «Studi sul Boccaccio», 32, 2004, pp. 201-235). Il cimelio si trova ora digitalizzato su Internet Archive (www.archive.org).

202 B. Croce, La poesia di Dante, Bari, Laterza, 1921.

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portante per compiere lo studio comparativo degli antichi interpreti del poema, edella quale si sono assunti la cura Biagi e Rostagno».203 I commenti antichi piùimportanti si iniziarono a pubblicare nella prima metà del XIX secolo: l’Ottimo acura di Alessandro Torri (Pisa, Capurro, 1827-29),204 di Pietro Alighieri a cura diV. Nannucci (Florentiae, apud Guglielmum Piatti, 1845, per mecenatismo di LordVernon) et cetera.

L’importanza del progetto editoriale La Divina Commedia nella figurazione ar-tistica e nel secolare commento, con la prima cantica curata da Guido Biagi nel1924,205 risiede nell’aiuto che venne dato ai vari filologi ed esegeti di poter avereuna visione comparata e quasi sinottica del “secolare commento” alla Divina Com-media, la cui tradizione si presentava oggettivamente di non facile padronanza, quasicome il testo per cui era nata.206 Tra lavori ancora inediti e altri pubblicati, ma contesti non affidabili pienamente.

Biagi si poneva nel solco degli studi di Bartoli, che aveva già vagheggiato l’ideadi «bei volumi in-quarto od in-folio in cui avrebbe potuto distendere l’ampia mes-se dei commenti che [...] si sarebbero raccolti, collazionati, riveduti, trascelti», econtinua nella premessa: «toccava a me la fortuna di ripigliare il disegno del miomaestro e di tentare di mandarlo ad effetto, con il valido aiuto di una società edi-trice»,207 e spiega: «mi accinsi, or sono quattro anni, a questo arduo lavoro, di cuiora s’inizia la pubblicazione».208 Egli fa una breve storia del genere “commento”alla Commedia: «continuato fino al Cinquecento, sospeso e interrotto nei secolisuccessivi, poi con nuovo metodo e rinnovato vigore ripreso nell’Ottocento»; dicome «varii si innamorarono; e primamente un erudito fiorentino del Settecento,Francesco Cionacci, che ne lasciò soltanto un informe disegno»: un volume di com-

203 Ma di questo lavoro non c’è traccia nei cataloghi e nella bibliografia dei due studiosi. L’esigenzadi un approccio comparativo ai commenti danteschi era sentita dalla comunità dei dantisti da diversotempo; la rivalutazione dei commenti trecenteschi, insieme ad altri testi filosofici e religiosi, avrebbesegnato una nuova via alla critica dantesca.

204 Ristampato in anastatica nel 1995 da Arnaldo Forni editore.205 Torino, UTET (già ditta Pomba), 3 voll., 1924 (Tipografia sociale torinese, 1923), 1931, 1939, a

c. di G. Biagi, G. L. Passerini, E. Rostagno, U. Cosmo. L’Inferno ha 2 tavv. e 180 figg. n. t. Familiar-mente chiamato “Dantone”. In BNCF, Sala consultazione, i tre grossi volumi di 41 cm occupano unpalchetto per i grandi formati.

206 Piace qui riportare una suggestiva metafora di Osip Mandel’štam, Conversazione su Dante (1933),a c. di R. Faccani, Genova, Il melangolo, 1994, p. 149, sui commenti al poema: «il commento (esplica-tivo) è parte integrante, strutturale, della Commedia. La nave-portento è uscita dal cantiere con piccoleconchiglie già appiccicate alla carena».

207 La UTET si era già distinta nelle imprese della Enciclopedia italiana e del Gran dizionario dellalingua italiana. Le citazioni di Biagi sono tratte dalla premessa al Dantone, Inferno, pp. IX-XIV.

208 Paget Toynbee, collezionista inglese di edizioni dantesche, e dantista di prim’ordine, in una let-tera del 30 novembre 1921 (BNCF, Carteggi, Biagi 7.63) si complimenta con Biagi per il progetto delDantone: «Your projected edition of the Commedia with all the ancient commentaries sounds a mostprodigious undertaking». Ancora prima c’era stato uno scambio epistolare in merito alla nomina del-l’inglese come socio corrispondente della Crusca. Cfr. D. Zancani, Una biblioteca di cent’anni fa: la«Dante collection» di Paget Toynbee (1855-1932), in Anatomie bibliologiche: saggi di storia del libro peril centenario de «La Bibliofilìa», a c. di L. Balsamo e P. Bellettini, Firenze, Olschki, 1999, pp. 495-512:497, nota 9 e p. 498, dove è riportata una lettera di Toynbee a Biagi del 24 gennaio 1918 con cui gliinvia la quota di sottoscrizione alla Società Dantesca (BNCF, Carteggi, Biagi 7.63); e un’altra (15 feb-braio 1918) dove ringrazia Biagi delle congratulazioni per la nomina a cruscante: «I need hardly saythat it is a source of deep gratification to me that my work upon Dante should have been recognized bythe bestowal of this signal honour – the highest which any foreign man of letters can look to receive atthe hands of the fellow countrymen and fellow citizens of the great Florentine – and I feel very proudof being able to salute as colleagues yourself and the other distinguished Accademici della Crusca» (ivi).

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menti per ciascun canto; «già il De Batines nella nota Bibliografia moltissimi [com-menti] ne registrava, sebbene fra essi noverasse anche lavori che non meritanoquesto nome. Da questa larga congerie, ci piacque scegliere i soli commenti ve-ramente originali, quelli che non sono, come molti altri, copie, abbreviazioni otransunti, mettendone sotto gli occhi del lettore la parte più sostanziale e più si-gnificativa [...] quanto ciascuno di essi conferisca a quel commento tralatizio[canonico] che si è venuto formando intorno al tronco sempre verdeggiante efiorente del poema dantesco, e che talvolta con soverchia efflorescenza parevaaduggiarlo».209

La grande opera usciva un po’ sfalsata rispetto al giubileo del 1921, ma semprecon la dedica «Alla maestà di Re Vittorio Emanuele III che diè all’Italia i terminiauspicati da Dante, quest’edizione dell’italica bibbia con la sostanza del secolarecommento ristudiato e raffermato nel testo».210 Le fonti dei commenti sono dichia-rate nella “Tavola delle edizioni e dei manoscritti donde si trassero i commenti”,con alcuni (sono sette) asteriscati per indicare che si riferiscono alla sola primacantica. Sono così elencati i 23 commenti esegetici, con sigla che verrà utilizzatanel richiamo della glossa.211

Il beneficio arrecato allo studio e all’interpretazione di Dante era innegabile,come riconosce lo stesso Biagi: «È noto come i commenti antichi siano stati pub-blicati per modo da dar qua e là, con lezioni strane e senza senso, molto filo datorcere alla critica odierna», pertanto la nuova edizione di essi, riveduta e correttasui manoscritti più autorevoli, fa sì che «in molti luoghi il testo, da oscuro e incom-prensibile qual era, è divenuto intelligibile e chiaro».212 Il testo della Commedia èquello procurato per la Società Dantesca da Giuseppe Vandelli, che «si avvantag-gia sulle altre [edizioni] per le migliorìe recate nei luoghi che la volgata aveva cor-rotti, e per aver restituito al poema alcune caratteristiche arcaiche toltegli dal-l’uso».213 I frammenti («citazioni dei versi») della Commedia presenti nei commenti,e discordanti dal testo “di servizio” sono rimasti uguali nella forma e grafìa, «per-ché siano anch’esse elemento di studio non trascurabile». «A ciascun canto abbia-

209 Come riporta Nereo Vianello nell’ED alla voce su Biagi: «il Dantone: e cioè un’antologia deimaggiori e più originali commenti danteschi, composta scegliendo le parti più caratteristiche».

210 Si è già ricordato che nel 1865, in una pubblicazione commemorativa Vittorio Emanuele II erastato paragonato al Veltro; i «termini auspicati» si riferiscono alle terre irredente annesse all’Italia dopola grande guerra.

211 Si riportano con la sigla: 1) Jacopo di Dante – Iac.* 2) Graziolo de’ Bambaglioli – Gr.* 3) Chio-se anonime – Ch.An.* 4) Jacopo della Lana – Lan. 5) L’Ottimo commento – Ott. 6) Pietro di Dante –Pt. 7) Frate Guido da Pisa – Gd.* 8) Giovanni Boccaccio – Bc.* 9) Chiose anonime edite dal Vernon– Ch.V. 10) Benvenuto Rambaldi da Imola – Bv. 11) Francesco da Buti – Bt. 12) Anonimo fiorentino –An. 13) Giovanni da Serravalle – Sv. 14) Cristoforo Landino – Ld. 15) Alessandro Vellutello – Vell. 16)Bernardo Daniello – Dan. 17) Lodovico Castelvetro – Ctv.* 18) Lorenzo Magalotti – Mgl.* 19) Pom-peo Venturi – Vent. 20) Baldassarre Lombardi – Lom. 21) Antonio Cesari – Csr. 22) Niccolò Tomma-seo – Tom. 23) Raffaello Andreoli – Andr. Per la dislocazione nei secoli si hanno 12 commentatori tre-centisti, 2 quattrocentisti, 2 cinquecentisti – secolo in cui si sviluppa secondo Biagi la «logomachiadantesca» nelle lezioni accademiche –, 2 del Seicento, 2 del Settecento (due secoli che diedero pocopeso a Dante) e 3 dell’Ottocento: tra cui Tommaseo e Andreoli (1863), «che incontrò molto il favoredei maestri, perché è veramente il più scolastico fra i commenti» (ed. Barbèra 1870); la 1ª ed. del com-mento Andreoli era uscita a Napoli nel 1856, risulta ancora ristampato nel 1920 nel catalogo dell’edi-tore fiorentino.

212 Biagi, premessa al Dantone, Inferno, p. XIII: «Daremo qui in nota un saggio di questi concieri[emendazioni] dovuti al riscontro sui codici».

213 Sul testo-Vandelli anche Rodolfo Renier concordava nel 1903: «le cure di chi forse sinora haveduto più addentro di tutti nella ricostruzione del testo».

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LA RICEZIONE DI DANTE TRA OTTO E NOVECENTO

mo premesso gli argomenti, togliendoli dall’esemplare della Commedia trascrittoper il Petrarca da Giovanni Boccaccio».

La comunità degli studi danteschi internazionale – come si è visto dal messag-gio di Toynbee – mostrò di apprezzare l’impresa della pubblicazione del “secolarecommento”, e ne ha serbato memoria, come ribadiva ancora nel 1995 DeborahParker: «from commentary to criticism of the commentaries»,214 e secondo unaprospettiva di lungo termine: è stato l’impianto del “Dantone” che ha permesso diarrivare al “Dartmouth Dante Project” diretto da Robert Hollander, che conta oltre70 commenti riuniti e consultabili online.215 Per l’Italia si segnalano il Dizionariodei commentatori danteschi di Saverio Bellomo, uscito nel 2004 per Olschki, concirca 60 voci, complete di profilo biografico dell’esegeta, illustrazione della tradizio-ne manoscritta – con attenzione ai problemi filologici che questi testi, con tradizioneoltremodo attiva, presentano – e a stampa della sua opera, e bibliografia completa;216

e I commenti danteschi dei secoli XIV, XV e XVI, una banca dati testuale su CD-Rom pubblicata da Lexis Progetti Editoriali, a cura di Paolo Procaccioli.

Conclusioni

Scriveva Batines a Marc’Antonio Parenti (1788-1862), dantofilo modenese,esperto di lingua italiana delle origini e ambizioso editore – in senso ecdotico –della Commedia: «l’idée m’est venue de rechercher dans chacun quelques leçonscontroverses, et votre lettre m’a engagé à mettre dans ce nombre le vers che male avisto».217 Come si vede siamo alla formulazione un po’ grezza del criterio empirico dieleggere un gruppo più o meno consistente di versi per farne un campione-guida nellacollazione degli esemplari; un metodo che avrebbe circolato in seguito negli ambientidi filologia dantesca, con proposte di vari, già ricordate: Monaci, Bartoli, Negroni,fino a quelle, nello stesso solco, della nuova filologia di Barbi e poi Petrocchi.218

214 D. Parker, Dante’s Medieval and Renaissance commentators: Ninenteenth and Twentieth-Centuryconstructions, in Dante and the Middle Ages: literary and historical essays, edited by John C. Barnes andCormac Ó Cuilleanáin; published for the Foundation for Italian studies University college, Dublin, Irishacademic press, 1995, pp. 287-303: «By the end of the nineteenth century these forces had combinedto produce a steady interest in the commentaries. The positivist studies of scholars such as Bartoli andD’Ancona, the bibliographical data and initial evaluations furnished by Colomb de Batines, Carducciand Witte [...] provided new opportunities for scholars: a shift in focus from the poem itself to the natureof its interpretative legacy was now possible», pp. 290-291, nota 14.

215 Cfr. http://dante.dartmouth.edu; è ora disponibile a stampa il commento in 3 volumi dei coniu-gi Hollander, per i tipi di Olschki (2011). Accanto a questa banca dati si ricorda anche il “PrincetonDante Project” http://etcweb.princeton.edu/dante/pdp/, con risorse multimediali e spazio dedicato alleopere minori di Dante.

216 S. Bellomo, Dizionario dei commentatori danteschi: l’esegesi della Commedia da Iacopo Alighie-ri a Nidobeato, Firenze, Olschki, 2004.

217 A. Vallone, Il dantismo di Colomb de Batines in due lettere inedite, in Studi filologici, letterari estorici in memoria di Guido Favati, a c. di G. Varanini e P. Pinagli, Padova, Antenore, 1977, vol. II, pp.607-619, poi in Id., Profili e problemi del dantismo otto-novecentesco, Napoli, Liguori, 1985, pp. 91-106.Il Parenti aveva dato alle stampe un Saggio di una edizione della Comedia di Dante Allighieri secondo imigliori testi e colle spiegazioni più necessarie, Modena, Soliani, 1843, cfr. ED, ad vocem di Aldo Vallo-ne. Il sodalizio col Batines è confermato dalle frequenti citazioni nella BD, che occupano le pp. 92-94dell’Indice generale di Bacchi della Lega del 1883 (tomo II della rist. 2008).

218 La scia del jargon e del bavardage bibliographique di Batines resta viva ancora fino all’edizionecritica di Giorgio Petrocchi (1966) dove si può trovare una “Tavola delle variazioni rispetto alla biblio-grafia di Colomb de Batines”.

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ROSSANO DE LAURENTIIS

219 Vallone, Il dantismo di Colomb de Batines, cit., p. 98.220 M. Barbi, Prefazione a Le opere di Dante: testo critico della Società Dantesca Italiana, Firenze,

nella sede della Società, 19602, p. VIII.221 Cesare Segre, voce filologia nel Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, diretto da

G. L. Beccaria, Torino, Einaudi, 1994, p. 302, e prosegue: «Ma persino un singolo codice, sottopostoai più sofisticati metodi euristici, rivela un’imprevedibile quantità e varietà di dati storici».

Batines, nel suo dilettantismo filologico, si rende conto di essere di fronte a unasvolta di metodo, e ne apprezza la validità fino ad applicarlo in prima persona nel-le sue expertise, anche se un po’ tardi: «Je regrette fort de ne pas avoir pensé à fairele même travail pour les Codex de la Magliabechiana, de la Riccardiana et de laPalatina».219 A completare il quadro di una critica del testo nel suo massimo poten-ziale euristico, ancora una volta Batines ci aiuta con il suo intuito: «prouver tantpar des faits tirés de l’examen des Codex mss. que par des conjectures».

Il medesimo principio ecdotico si può riassumere nelle parole di Michele Barbinella Prefazione al “Dante del centenario”: «rimaner fedeli ai testi, ma senza pe-danteria, e senza precludersi la strada a quelle prudenti correzioni congetturali chefossero qua e là richieste da guasti evidenti nella lezione».220

La pratica bibliografica e quella filologica trovano un apparentamento, oltre chenelle generali dichiarazioni di metodo, anche in un riscontro materiale del lavorodi censimento e collazione. Mi riferisco alle copie di servizio interfoliate con pagi-ne in bianco per ricevere le integrazioni: un esemplare di lavoro ebbe il Batinesper la sua Bibliografia Dantesca, le cui “giunte e correzioni” vennero stampate daBiagi; un esemplare di collazione per il testo della Commedia ebbero il Carducci eil Giusti come è stato ricordato nel convegno (si vedano i contributi di ChiaraTognarelli ed Elisabetta Benucci).

Arrivo così a un bilancio di questo contributo. Il titolo voleva essere program-matico: sondaggi tra bibliografia e diplomatica, con verifiche di tipo verticale eorizzontale – “degustazioni” se mi è permessa la metafora tratta dal lessico enolo-gico –: vuol dire che si è cercato di esperire di una famiglia di fonti la fenomenolo-gia in annate diverse da una parte, e viceversa in una stessa stagione critica comehanno reagito le differenti tipologie di materiali. Pertanto oggetto di ricerche econsultazioni sono stati di volta in volta: i libri per la bibliografia e l’editoria (chefanno capo alla critica dantesca), i documenti per l’archivistica (la biografia delpoeta), e come aggiunta fuori etichetta: i testi per la filologia (l’opera di Dante).Proprio questa disciplina omessa in partenza torna utile per stringere in cerchio irisultati della ricerca compiuta: «l’indagine sui rapporti fra codici, o fra redazioni,o tra fonti primarie e secondarie, diventa storia della Überlieferung [tradizione], ocome ora si dice della “ricezione” [...] Sapendo come è stato letto un testo attra-verso i secoli, lo leggiamo meglio noi stessi».221

Rossano De Laurentiis

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FINITO DI STAMPARENEL MESE DI MARZO 2013

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE


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