Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
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APPUNTI DEL CORSO B
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
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APPUNTI DEL CORSO DI ARCHITETTURA
Premessa
Gli appunti seguenti fanno parte della ricerca progettuale per una didattica della
architettura nel Liceo Artistico Statale di Teramo.
La necessità di individuare una metodologia didattica che permetta di mettere a
punto un processo educativo efficace e soprattutto controllabile, é stata
accentuata dalla riforma degli esami di maturità (adesso “di Stato”). Con essa,
infatti, attraverso l'introduzione della terza prova e del colloquio su tutte le
materie, viene ampliato il campo di intervento didattico. In pratica non é più
sufficiente perseguire l'obiettivo esclusivamente pratico/progettuale ma diventa
altrettanto importante una adeguata assimilazione degli aspetti teorici (storia,
tecnologia, tecniche di rappresentazione, ecc.).
Ciò, a mio avviso, è valido se si rifiuta l’idea che la riforma della scuola debba
necessariamente portare ad un impoverimento dei contenuti educativi
disciplinari e si voglia mantenere le finalità sperimentate in precedenza1.
Con questi presupposti diventa scontata l'osservazione che un percorso difficile
rischia adesso di diventare arduo.
Confidando nell’interesse degli allievi ed essendo convinto che bisogna fare
almeno un tentativo per salvare il livello degli obiettivi specifici della materia
ritengo più opportuno evitare lamenti inutili e cominciare ad operare
direttamente cercando, attraverso opportune selezioni di argomenti, di
raggiungere gli obiettivi prefissati.
L’obiettivo didattico principale è di mettere in condizione lo studente di
utilizzare un metodo adeguato per affrontare il progetto, con la consapevolezza
che la difficoltà iniziale, quando ci si trova di fronte ad un foglio bianco (di
carta o elettronico) armati di sola matita/mouse, è spesso quella più difficile da
superare. Soprattutto se, come spesso accade, una volta formulata una risposta
alle richieste del progetto, si rimane aggrappati fermamente ad essa, perdendo la
necessaria capacità dialettica e quindi di giudizio.
La realtà della progettazione è formata da un lungo processo di analisi,
confronti, esclusioni e scelte che conducono al risultato finale. In ambito
didattico il processo progettuale acquista maggiore valenza soprattutto per il
suo contenuto metodologico: la acquisizione di una procedura, un metodo per
affrontare e risolvere in maniera per quanto possibile controllata il problema del
progetto non solo è spendibile a qualsiasi livello di scala, ma per il suo carattere
logico deduttivo costituisce la necessaria spinta verso lo sviluppo di una
maggiore creatività.
1 In verità, a giudicare dai testi delle ultime prove d’esame e da quanto proposto nei vari progetti sperimentali
guidati, sembra effettivamente reale la volontà di spostare in ambito post-secondario o universitario un percorso
educativo specifico, relegando alla secondaria superiore il semplice compito di un approccio superficiale con
connotazioni diversificate e poco approfondite.
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Approccio disciplinare
La didattica dell’architettura, finalizzata alla progettazione, non può prescindere da una
definizione iniziale dell’oggetto della disciplina. Già in passato è stata definita architettura
qualunque operazione umana che tende a modificare il territorio.. Si tratta di una definizione
accettabile che però nella sua generalità non permette di focalizzare gli aspetti che, seppur
personalizzati, influiscono notevolmente nella definizione complessiva delle caratteristiche
professionali di chi opera nel campo architettonico-progettuale.
Dal punto di vista del politico l'architettura è il risultato, buono o cattivo, a seconda della
posizione del politico stesso, dell'uso che il potere ha fatto, in un certo periodo, del
territorio e degli interventi su di esso.
Guardata con l'occhio dello storico, l'architettura è anche la documentazione delle
capacità di una cultura a rappresentare se stessa.
Esaminata con l'ottica selettiva dello storico dell'arte, l'architettura è soprattutto una delle
manifestazioni del genio artistico di chi ha operato meglio degli altri in un determinato
periodo. Al critico interessano le realizzazioni nelle loro valutazioni relative,
indipendentemente o quasi dai procedimenti seguiti e dalla storia del loro processo
progettuale, ed interessa, con le figure dei grandi architetti responsabili di quei
«monumenti», l'evolversi, il susseguirsi delle varie scuole e dei vari movimenti.
Vissuta in prima persona da chi è architetto o lo sta diventando, l'architettura dovrebbe
interessare, oltre che per quanto detto fin qui, come il risultato di un'attività naturale
dell'uomo, che cerca di provvedere ad umanizzare lo spazio naturale con i mezzi che la
cultura cui appartiene gli mette a disposizione. Operazione che le culture più evolute e
articolate hanno condotto servendosi di particolari figure professionali, a seconda dei casi
artigiani, maestri d'opera legati insieme in un gruppo specializzato ed organizzato,
funzionari di corte o di una pubblica amministrazione, artisti, professionisti, impiegati.
Per tutti, in ogni modo, c'è sempre stata una parte comune: il mestiere. Ed è delle «regole
dell'arte», in altre parole del mestiere di progettista che, come corso di Progettazione, dovremo
occuparci.
Si può progettare una ricerca, un piano urbanistico, una strategia politica, un intervento
economico, un libro, uno spettacolo, una vacanza. In genere la procedura, o meglio la
metodologia progettuale, si sviluppa su di un filo conduttore di carattere generale : Raccolta dati
-» Obiettivi -» Ipotesi di risposta-» Progetto di massima -» Progetto esecutivo -» Realizzazione.
Tale sequenza d’operazioni è riferita in modo specifico all'architettura o comunque a quelle
attività progettuali che utilizzano risorse materiali per produrre beni d'uso a soddisfacimento dei
bisogni più diversi (la penna per scrivere, la scuola per studiare, l'automobile per spostarsi,
l'ambiente per poter continuare a vivere).
Se l'attività progettuale professionale necessita di un vasto accumulo di conoscenze ed
esperienze, l'attività progettuale didattica trova un suo profondo significato formativo come
momento unificatore di metodo, creatività, tecnica e linguaggio.
Saper progettare vuoi dire saper intervenire criticamente nel reale e saper dare risposte
tecnicamente valide a problemi concreti.
La proposta della progettazione architettonica non è allora semplicemente un dovere
disciplinare, ma una scelta consapevole che consente di sperimentare uno strumento
d’intervento sulla realtà. L'architettura resta infatti l'indispensabile strumento che da forma
concreta all'ambiente umanizzato, in relazione alle scelte socioeconomiche e ai contenuti
culturali. Ognuno di noi nel formare la propria intelaiatura culturale procede,empiricamente,
cercando di «organizzare» tra loro le informazioni che via via, dal giorno della nascita, veniamo
accumulando alla rinfusa nel magazzino della memoria. Ad aiutare quest’organizzazione
dovrebbe tendere l'educazione, quella delle scuole primarie e secondarie e quella universitaria
poi. Anche per la formazione dell'architetto è necessaria una «disciplina» didattica, che sappia
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costruire nello studente quella griglia di cui necessita per orientarsi nell’acquisizione delle
informazioni e delle esperienze.
Nell'architettura, anzi, oltre alla necessità di mettere in relazione la cultura disciplinare della
materia con la cultura più vasta che uno possiede - e nella quale l'architettura deve essere
collocata al posto giusto - esiste la necessità di evitare di ridurre l'architettura ad una parte sola di
essa.
Compito specifico di questo corso biennale è quello di contribuire alla costruzione
dell’intelaiatura cercando, nel frattempo, di sviluppare una metodologia progettuale che, ferme
restando eventuali soggettività, possa essere utilizzata dalla maggior parte degli allievi.
A tal fine, considerando la brevità dei tempi a disposizione, si rende necessaria una trattazione
parziale, degli argomenti che costituiscono le componenti della progettazione.
La riduzione del numero delle «componenti» che debbono intervenire nella corretta
progettazione era già stata chiarita, anche se con mezzi critici lontani dai nostri, nell'unico o
quasi dei molti trattati di architettura prodotti dalla cultura greco-romana, e cioè nei dieci libri
sull'architettura di Marco Vitruvio Pollione, architetto romano del periodo, augusteo.
«In ogni costruzione si deve tener conto della solidità (fìrmitas), dell'utilità (utilitas), della
venustà (venustas) ». Cosi Vitruvio; ma noi potremo dire meglio che l'opera architettonica
risulta innanzi tutto dallo studio dei contenuti sociali, delle ragioni «istituzionali» per le quali
una determinata società o potere richiede un'opera architettonica (utilitas), e che queste ragioni
«umane» debbono fornire la base d'ogni buona progettazione; diremo poi che la struttura
spaziale che l'architetto avrà immaginato come la più idonea per rispondere alla domanda
sociale dovrà essere pensata in termini costruttivi-tecnologici (fìrmitas), cioè realizzata
attraverso l'impiego di materiali opportuni, perché possa resistere staticamente e possa
proteggere dal caldo, dal freddo, dal rumore, dal sole, da occhi e da mani indiscrete; e diremo
infine che queste due operazioni dovranno essere fatte d'accordo servendosi delle capacità di
controllo fornite dalla «cultura» architettonica, tesa appunto a che utilità e resistenza annullino
le loro incompatibilità reciproche, e azzerino addirittura la loro originaria identità per
trasformarsi semplicemente, intimamente fuse, in quello che si chiama architettura, cioè la
risultante estetica (venustas).
Nella nostra trattazione semplificata manterremo le tre componenti con la denominazione di
funzione, tecnica e linguaggio. In particolare studieremo
l'aspetto funzionale. Riferito al rapporto tra uomo e ambiente
l'aspetto tecnologico. Riferito ai materiali e alle tecniche specifiche dell'architettura
l'aspetto del linguaggio. Inteso sia come comprensione/acquisizione delle strutture formali di
lettura e rappresentazione delle forme, che come rapporto tra l'architettura e la comunicazione
(denotazioni e connotazioni in rapporto alle principali tendenze architettoniche). In
quest'ultimo punto é anche contenuto l'aspetto "estetico" , nella sua doppia valenza di risposta
ad esigenze culturali (di gusto) ed esigenze psicologiche.
Resta da precisare che i primi due aspetti appartengono alla sfera razionale della conoscenza e,
in quanto tali, sono più facilmente controllabili e didatticamente trasmissibili. L’aspetto del
linguaggio, cioè la conoscenza culturale della venustas, appartiene per una parte alla sfera
razionale e per una parte a quella irrazionale. Alla genesi compositiva appartengono
contemporanee manipolazioni, a volte razionali e coscienti, a volte irrazionali, di tutto il
materiale che il progettista trae via via dal magazzino della memoria, e intervengono, in queste
manipolazioni, modi e regole nuove, immagini trovate al momento, come integrazione ed
elaborazione di immagini già possedute. Quest’ultima precisazione serve a far capire che c’è un
unico modo per avvicinare, per conoscere e imparare, la realtà della progettazione: progettando
appunto, entrando direttamente, col fare l’architettura, nel vivo dell’architettura stessa,
dell’architettura allo stato nascente.
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Cap. I La funzione
Gli oggetti che l’uomo usa e l’ambiente costruito per le sue necessità dipendono
principalmente dalle misure medie del corpo umano: una porta è poco più alta di
due metri (2,15 ) perché l’uomo in media è alto m.1,75 e raramente raggiunge i due
metri. Per lo stesso motivo le misure di un sedia si avvicinano a quelle
fondamentali: il sedile è alto circa 45 cm., lo schienale 80 cm., i braccioli 70 cm., e
l’ingombro orizzontale si aggira intorno a cm. 50 x 50. Ciò però non ha
condizionato la progettazione e produzione di sedie: ne esistono infiniti modelli
con variazioni più o meno rilevanti delle misure indicate.
Fig.1: Una serie di sedie disegnate da Bruno Munari
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Basta osservare la figura qui sopra per rendersi conto dei motivi di una
offerta così vasta per un singolo manufatto: alla funzione principale che è
quella di permettere all’uomo di sedersi si risponde in maniera diversificata
poiché oltre ai diversi modi di sedersi (per pranzare, studiare, rilassarsi, ecc.)
si tiene conto di altri fattori come i materiali con cui si fabbrica la sedia, il
luogo dove la si usa, le connotazioni estetiche, e così via.
Il discorso fatto sulla sedia in qualche modo si presta ad essere esteso
all’architettura: gli edifici costruiti dall’uomo rispondono alla funzione
principale per cui sono realizzati, ma non sono tutti uguali perché tante altre
funzioni debbono essere soddisfatte. Ognuna di esse costituisce una
variabile di cui tener conto in fase progettuale ed alla quale dare una
risposta in maniera più o meno soddisfacente.
Il Movimento Moderno ha effettuato una importante rivoluzione nella
cultura architettonica dei primi decenni del secolo: le funzioni di un edificio
diventano l'elemento principale su cui si articola il progetto. Ed inoltre
tali funzioni diventano elemento di riconoscibilità della stessa architettura.
(Un edificio neoclassico può essere un teatro, un tribunale, una chiesa, ecc.;
un'architettura moderna dimostra invece immediatamente la sua funzione).
E' per questo motivo che mentre gli architetti neoclassici iniziavano il
progetto dallo studio dei prospetti, il movimento moderno studia per primo
l'elenco delle funzioni da cui poi ricava lo schema distributivo che trova la
sua formalizzazione nella pianta dell'edificio.
Possiamo chiarire meglio questo procedimento se lo applichiamo alla
progettazione di un alloggio: la funzione principale cui questo deve
rispondere si indica con una sola parola, abitare, con cui però si sottindende
un complesso di azioni che si svolgono di giorno e di notte in ambienti
diversificati, per dimensioni e destinazioni d’uso, collegati tra loro e separati
dallo spazio esterno.
Studiare l’elenco delle funzioni di un alloggio significa individuare l’insieme
di azioni che in esso si svolgono e che permettono di realizzare quella
complessa sfera di rapporti (privati, famigliari) che lo configurano come
tale2.
Ovviamente non esiste un unico elenco valido in tutte le situazioni, ma, di
volta in volta va studiato in funzione del nucleo abitativo e commisurato,
poi, alle altre variabili di progetto. Alcune funzioni hanno carattere generale:
mangiare, riposare, soggiornare, curare l’igiene del corpo, cucinare, studiare,
ecc., altre possono derivare da esigenze particolari: contenere e proteggere
particolari collezioni, privilegiare degli hobbyes, raggruppare più funzioni in
uno stesso spazio, ecc.
2 La ricerca dell’architettura moderna considera l’alloggio come unità minima da studiare e progettare per suo
conto: la porzione di ambiente più piccola e relativamente più semplice, che però ha un significato funzionale
abbastanza preciso ed organico.
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Una volta stilato l’elenco si verificano le compatibilità tra le funzioni e si
passa alla individuazione degli ambienti relativi.
Qui esaminiamo alcune funzioni per rendere più chiaro il procedimento di
analisi.
La cucina
Fig.2: Studio organizzativo/funzionale di una cucina
Lo studio in figura è dell’arch. Maurice Barret, pubblicato nella seconda metà degli anni Trenta. Esso nasce da una
accurata analisi delle funzioni e da una razionale organizzazione dei percorsi, mettendo in evidenza la necessità di
organizzare scientificamente un servizio così essenziale.
L’analisi di una singola funzione non porta a soluzioni univoche ma, in relazione
con il contesto, può assumere diverse configurazioni. Nelle figure seguenti
vedremo alcuni esemplificazioni.
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Fig.3: Armadio-cucina
Soluzione di minimo ingombro adatta per
spazi molto piccoli o soluzioni
provvisorie o particolari. In questo caso le
esigenze economiche sono considerate
unica variabile determinate e per questo
motivo vengono accettati gli evidenti
inconvenienti che si generano dalla
promiscuità ambientale
Fig.4: Cucina in nicchia
Soluzione simile alla precedente si
configura come un vero angolo cottura.
Risolve problemi di spazio minimo e, se
isolata da elementi scorrevoli, consente
di evitare promiscuità tra funzioni
diverse.
Fig.5: Cucina
Soluzione adottabile quando lo spazio
disponibile consente il posizionamento
di tutti gli arredi utili al suo scopo. E’
evidente che il corretto funzionamento
della cucina dipende anche dalla
collocazione all’interno dell’alloggio:
un posizionamento errato potrebbe
conferirle valori estremamente negativi.
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Fig.6: Cucina tinello
Questa soluzione sovrappone in un unico
ambiente due diverse funzioni. Viene in genere
privilegiata per motivi di relativa comodità e
praticità nella vita dell’unità famigliare anche se
si dispone di un altro spazio da dedicare alla sala
da pranzo. In molti casi, però, nasce
dall’esigenza di dedicare maggiore spazio ad
altre funzioni che altrimenti non troverebbero
adeguata soluzione.
Il soggiorno
L’ ambiente di soggiorno è, nella organizzazione dell’alloggio, lo spazio più interessante
suscettibile di variazioni sia dimensionali che planimetriche. Esso può articolarsi in locali
diversi o in un unico ambiente, deve garantire l'affaccio verso particolari vedute esterne e,
nello stesso tempo deve essere collegato con altre funzioni cui possono corrispondere
specifici ambienti, come la cucina e il pranzo. Una volta stabilita la posizione ottimale di
questo "centro propulsore" dell'alloggio resta da vederne l'articolazione interna perché in essa
si riflettano abitudini e modi di vita della famiglia, che possono esprimersi sia in un ambiente
di piccole dimensioni che in grandi spazi con funzioni molto differenziate tra loro. La
dimensione minima prevista dalla legge per questo ambiente è di 16 mq (compresa la zona
pranzo): sarà comunque opportuno, considerando che questa è una misura-limite, riservare al
soggiorno almeno 20-24 mq il che possono essere ulteriormente differenziati in spazi
destinati a mangiare, sedersi per riposare, vedere la televisione, leggere, lavorare, studiare,
ascoltare la musica, ecc...
Queste funzioni possono essere risolte nel progetto aggregandole o separandole in spazi
diversi; e bene quindi che queste zone siano tra loro comunicanti ma articolate in modo da
avere da esse delle prospettive diverse verso la zona giardino e all'interno della casa stessa.
spesso l'articolazione del soggiorno può essere concentrata attorno ad un elemento d'arredo
significativo, che potrà essere il caminetto, il tavolo da pranzo, la zona dei divani o anche un
serramento aperto verso una vista significativa dell'esterno.
Nella zona conversazione le dimensioni dei mobili e gli spazi necessari per spostarsi da un
punto all’ altro del locale definiscono di massima lo spazio da destinare a questa funzione; si
dovrà tener conto anche della distanza ottimale di conversazione tra due gruppi di sedute
contrapposte (circa 2 m) e l'opportunità di prevedere nella medesima zona anche l'ascolto e
la vista della televisione. La distanza a cui è opportuno mettere l'apparecchio è data
mediamente dalla diagonale dello schermo (in centimetri) moltiplicata cinque volte; la
visione ottimale è naturalmente quella diretta; è opportuno anche che l'illuminazione non sia
diretta sull'apparecchio.
La presenza di un caminetto può contribuire a definire una zona particolare che sarà
diversamente articolata a seconda che il camino sia a parete, d'angolo o come elemento
isolato al centro del locale. In questi casi sarà opportuna una distanza delle sedute poste di
fronte al camino pari a circa 2-2,50 m; un camino in nicchia potrà essere organizzato con più
facilità anche con zone di sedute laterali; infine un camino isolato assumerà generalmente la
funzione di elemento di separazione di due zone e potrà quindi essere organizzato secondo
una grande varietà di soluzioni.
Di seguito esaminiamo alcuni esempi tratti da
alcuni manuali:
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Fig.7: Soggiorno passante
L’ambiente soggiorno è comprensivo dell’area di ingresso e svolge la funzione di disimpegno generale.
Costituisce una soluzione di massima concentrazione del nucleo abitativo, resa possibile dalla riduzione al puro
essenziale delle superfici occorrenti per i disimpegni diurni e notturni.
Fig.8: Soggiorno indipendente
Con questa soluzione, il maggiore sviluppo delle
superfici destinate ai disimpegni, consente una minore
concentrazione del nucleo abitativo ed una separazione
dei percorsi giorno/notte
Fig.9: Soggiorno con disimpegno misto
Con questa soluzione non si ha separazione dei percorsi
ma si ottiene un maggiore spazio nell’ambiente
soggiorno concentrando sull’ingresso lo spazio dei
disimpegni diurno e notturno
Ovviamente gli esempi precedenti non esauriscono le infinite possibilità organizzative e spaziali di un
soggiorno. Esse dipendono dalle tantissime variabili che influiscono nella progettazione e possono portare
a configurazioni come quelle della fig.10 in cui le
funzioni che si svolgono all’interno dell’ambiente
trovano una loro precisa collocazione spaziale di tipo
funzionalista, a soluzioni in cui lo spazio del
soggiorno è l’unico, oltre ai servizi igienici,
dell’alloggio (monolocali), o a soluzioni su diversi
livelli, a doppie altezze, con spazi esterni incorporati,
ecc.
Gli esempi riportati hanno lo scopo principale di
evidenziare i diversi significati che assumono le
scelte progettuali, e le implicazioni che poi
comportano sia a livello organizzativo generale del
manufatto architettonico e sia, fattore certamente più
importante, nella vita privata dei fruitori
dell’architettura.
Fig.10: Soggiorno passante
Dall’analisi funzionale allo schema distributivo Abbiamo visto come le caratteristiche di una stanza dipendano dalle funzioni in essa
esercitate. Possiamo anche dire che dipendono dagli spazi occorrenti per la collocazione
degli oggetti (mobili o immobili) che consentano lo svolgimento di tali funzioni. Allo
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stesso modo le caratteristiche di un alloggio nascono dall’accostamento delle varie
stanze.
Dagli esempi visti in precedenza possiamo dedurre che uno dei criteri importanti3 da
adottare nell’accostamento degli ambienti è quello distributivo: il corretto
funzionamento dell’abitazione4 dipende da un’analisi approfondita dei percorsi e quindi
della collocazione degli spazi funzionali.
Fig.11: Schema distributivo
Lo schema della figura qui sopra illustra i criteri distributivi tra le diverse zone con
l’indicazione dell’orientamento. Fig.12: Due alloggi con l’indicazione dei percorsi diurni e notturni. Le soluzioni distributive diverse mettono in
evidenza la più razionale distribuzione della seconda pianta
3 Sicuramente tra i criteri possono essere inseriti altri fattori come l’orientamento, gli aspetti economici, particolari
aspetti costruttivi, la stessa tipologia costruttiva, ecc. 4 Le Corbusier definisce la casa “una macchina per abitare”
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TIPOLOGIE EDILIZIE ABITATIVE
La necessità che, fin dai tempi preistorici, l’uomo ha avuto di modificare l’ambiente naturale per
procurarsi uno spazio entro cui svolgere una parte delle sue funzioni vitali, ha portato a soluzioni
molto diverse. Limitando il discorso alla edilizia abitativa possiamo osservare come, già solo in
Italia, vi siano delle notevoli differenze tra le case del nord e quelle del sud. Ciò dipende sia da
particolari esigenze funzionali, dovute al clima e alle abitudini culturali, e sia dalle caratteristiche
locali legate ai metodi costruttivi, al reperimento dei materiali, ecc.
Una prima generale classificazione può essere riferita al grado di individualità: case unifamiliari
e case plurifamiliari. Entrambe le categorie possono poi essere suddivise secondo criteri
morfologici. Nella tabella seguente riportiamo uno schema, necessariamente semplificato, di tale
classificazione.
Tab. n. 1: Classificazione delle case d’abitazione
Case unifamiliari
singole Ad uno o più piani
Sono destinate ad ospitare
un solo nucleo famigliare,
Caratterizzate dal fatto di
essere libere da ogni lato..
associate
Con alloggi abbinati
Questi hanno in comune tra
loro soltanto un muro
perimetrale, mentre gli altri
tre muri sono
completamente liberi.
Spesso, in questa tipologia,
le piante dei due alloggi
sono identiche ma orientate
in maniera speculare
rispetto al muro in comune
Con alloggi raggruppati
Sono case costituite in
genere da quattro alloggi
accostati assieme in modo
da aver ognuno due lati
liberi e due muri in comune.
Anche in questo caso si
trova spesso un’unica pianta
riflessa su due assi di
simmetria.
Con alloggi a schiera
I singoli alloggi sono
caratterizzati dal fatto di
avere due muri in comune
con quelli adiacenti (tranne
ovviamente all’inizio e alla
fine della schiera). La
schiera può avere una
diversa morfologia: schiera
longitudinale, trasversale,
obliqua, sfalsata, a dente di
sega, ecc.
Con alloggi sovrapposti
In genere si tratta di una
casa a due piani con un
alloggio per piano di cui
quello superiore servito da
una scala.
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Case plurifamiliari
isolate
Sono dei fabbricati liberi da
ogni lato in cui i singoli
alloggi sono disimpegnati
da un’unica scala
contigue
In linea
Si tratta di edifici in cui i
diversi elementi sono
collegati tra loro da muri in
comune e si sviluppano in
linea con due o più scale al
servizio degli alloggi.
A blocco
Edifici che in pianta
assumono una forma
poligonale, chiusa o aperta,
racchiudente al suo interno
uno spazio libero: il cortile .
Ad integrazione di quanto esposto in tabella citiamo le Case Collettive: ci si riferisce con questa
denominazione a quelle case plurifamiliari composte da numerose cellule abitative, in genere di
piccole dimensioni, e fornite di un’ampia dotazione di servizi comuni.
Esempi illustrativi di alcune tipologie di abitazioni:
Fig.13: Casa unifamiliare isolata ad un piano. Arch.
A.C.Williams – Oakland 1939
Nella figura accanto si può osservare una soluzione
con ingresso sul soggiorno da cui vengono
disimpegnati sia il complesso giorno che la zona
notte, attraverso un ulteriore disimpegno di piccole
dimensioni.
Fig. 14: Le
Corbusier, ”Opera
Completa”
Nella figura14 una scheda di Le Corbusier che illustra una soluzione con due alloggi abbinati
mediante ribaltamento, con accesso sul soggiorno e con servizi igienici in posizione centrale.
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Fig.15:Casa a schiera, pianta di un alloggio.
Arch. E. Sundhal, Stoccolma 1932
Fig.16: foto della schiera
Fig.17: Case multipiani
Arch: F.Albini e altri
Nella figura qui sopra vediamo le piante di quattro alloggi del quartiere “D’Annunzio” costruito
a Milano nel 1942. Le case hanno quattro piani e per ognuno di questi gli alloggi sono
raggruppati a quattro a quattro su ogni colonna di scale (casa multipiani in linea).
Fig.18: Case multipiani a ballatoio.
Arch. A:Brenner–Francoforte 1930
In figura un particolare con le
piante degli alloggi tipo, associate
mediante ribaltamento e serviti da
un ballatoio per piano.
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Concludiamo questa carrellata sulle tipologie5 abitative con una soluzione ormai storica
appartenente a Le Corbusier: L’Unità d’abitazione.
Fig.19:Le Corbusier, Unità
d’abitazione, Marsiglia.
Sezione e piante di due
appartamenti
Fig.20: Unità d’abitazione, veduta della facciata.
5 Il termine tipologia significa studio dei tipi. Nel nostro caso lo studio dei tipi architettonici nasce dall’esigenza di
classificare le varie risposte morfologiche e funzionali che storicamente gli architetti hanno dato in risposta a certe
esigenze.
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L’Unità d’abitazione di Le Corbusier oltre ad essere il più famoso esempio di casa collettiva
resta ancora il più interessante. L’edificio è lungo 130 metri e alto 56. comprende circa 330
alloggi disimpegnati da strade interne (in fig. 19
indicata con il n.1). Può contenere un massimo di 1791
abitanti ed ogni appartamento si sviluppa su due piani (la
famosa tipologia a pipa), contenendo un soggiorno a
doppia altezza. A metà altezza dell’edificio si trova il
centro dei servizi, con negozi, bar-ristorante, ecc. mentre
altri servizi, ambulatori, asilo nido, palestra, sono situati
all’ultimo piano e sul grande tetto terrazzo.
L’edificio di Le Corbusier, pur accostandosi alla tipologia
della casa a torre costituisce l’esempio più importante del
pensiero dell’architetto svizzero. Tra le sue proposte più
interessanti, infatti, c’è quella della città costituita da
grandi unità d’abitazione, in cui concentrare un alto
numero di abitanti. In tal modo si riesce ad ottenere ampi
spazi liberi, malgrado coefficienti di densità abitativa6
abbastanza elevati.
Vedremo meglio in seguito, discutendo del linguaggio
dell’architettura quali e quanti apporti importanti abbia
dato Le Corbusier allo sviluppo dell’Architettura
Moderna.
In questa prima parte si è cercato di mettere in evidenza
il rapporto tra l’analisi delle funzioni, con il conseguente
corretto dimensionamento degli spazi relativi, e
l’organizzazione distributiva, con l’adeguato studio dei
percorsi. Dai due aspetti precedenti si è giunti alla
classificazione delle tipologie di abitazioni vedendone
alcuni esempi. Lo scopo principale è stato quello di
mostrare una serie di passaggi che potessero essere
adottati in fase di elaborazione di risposte propositive
come una vera e propria metodologia progettuale.
Ovviamente non si ha la presunzione di considerare
universalmente valida la procedura indicata ma essa và
Fig.21: Sezione dell’Unità d’Abitazione considerata solo una proposta per meglio focalizzare i
di Marsiglia problemi (nel nostro caso decisamente ridotti) relativi al
progetto.
La qualità di un progetto viene valutata alla fine di tutto il processo che ne ha generato i risultati,
resta quindi al singolo individuo verificare e trovare il percorso più adatto alle sue capacità.
6 La densità abitativa è data dal rapporto tra il numero di abitanti di un dato territorio per l’area di quest’ultimo e si
misura in abitanti/metroquadro.
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Cap. II LA TECNOLOGIA
IL PROBLEMA DELL’EQUILIBRIO E LE CARATTERISTICHE DEI MATERIALI
fig.22: Tutti sappiamo che la torre di Pisa si inclina perché cede il terreno su cui è poggiata. Pochi, però, sanno cosa
accade dal punto di vista della fisica meccanica.
In questo capitolo tratteremo, attraverso brevi cenni, due argomenti, tra loro complementari,
che stanno alla base della teoria delle costruzioni:
o il problema dell’equilibrio, ovvero cercheremo di rispondere alla domanda: “perché le
case stanno in piedi?”,
o le caratteristiche dei materiali legate anche alla tipologia formale con cui sono
impiegati.
In pratica ci occuperemo di analisi strutturale ma cercheremo di farlo in maniera intuitiva o,
meglio, cercheremo di capire quali sono i meccanismi che stanno alla base di tante esperienze
della nostra vita quotidiana , come ad esempio il corretto posizionamento di una scala a pioli
affinché non scivoli via o la giusta scelta di una corda per sollevare un peso.
Cominciamo subito col dire che una struttura può essere definita come un qualsiasi montaggio
di materiali destinato a sostenere i carichi; se vi guardate bene intorno vi accorgerete che siamo
circondati da strutture, sia organiche che inorganiche.
Ma torniamo al problema dell’equilibrio. Potremmo chiederci perché riusciamo a stare in piedi,
senza sprofondare nel pavimento o, che è lo stesso, perché Marina, ogni volta che cade con il
motorino, non sfonda il manto stradale? La domanda suggerisce una prima risposta molto
facile: perché la strada ha resistito al peso che l’ ha sollecitata! Cioè se ha ricevuto una spinta ad
esempio di 50 chili è riuscita a rispondere con una forza uguale e contraria; cioè ancora 50 chili
ma stavolta verso l’alto. Il problema è; come ha fatto? E se la risposta fosse stata di 110 chili,
cosa sarebbe successo?
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
18
Il pavimento, come le strade, risponde al peso che scarichiamo attraverso i piedi con una forza
uguale e contraria. Allo stesso modo una edificio esercita una pressione sulle fondamenta e,
affinchè tutto sia in equilibrio, le fondamenta devono esercitare la stessa spinta contro l’edificio.
Fin qui tutto semplice, anche perché avete incontrato qualcosa di simile nella terza legge del
moto di Newton in cui si afferma che azione e reazione sono uguali e opposte. Il che vuol dire,
traducendo in tibetano, che una forza non può andare persa: sempre ed in ogni situazione a ogni
forza deve corrispondere una forza uguale ed opposta in ogni punto della struttura.
Fig. 23 : Il peso del mattone, che agisce verso il basso, deve essere sostenuto da una forza verso l’alto uguale e
opposta, cioè dalla tensione dello spago
Immaginiamo di appendere un peso al ramo di un albero (fig.23), mediante una corda; il peso
del mattone, come la mela di Newton, è dovuto alla forza di gravità, cioè all’attrazione continua
che la gravità terrestre esercita sulla sua massa. Affinché il mattone non cada esso dovrà essere
sostenuto a mezz’aria da una forza verso l’alto continua, uguale e opposta. Questa forza verrà
esercitata dalla corda sottoposta a trazione: se la corda è abbastanza robusta potrà sopportare
anche due mattoni e forse anche una persona (cercasi volontari!), altrimenti si spezzerà.
Il vostro intuito vi starà suggerendo che anche il ramo sarà sottoposto allo sforzo ma per ora vi
invito a tralasciare il ramo e a concentrarvi sulla fune: come fa a sviluppare la forza accorrente?
Un esempio diverso può essere utile per rendere più chiaro il problema:
nel caso rappresentato in
fig.24, a sinistra, la coda del
gatto è sottoposta a trazione
da una parte dalla bambina,
e dall’altra parte dall’attività
biologica dei muscoli del
gatto che esercitano
un’attività uguale e contraria
a quella dei muscoli della
bambina. Se per caso la
coda del gatto fosse
attaccata non al gatto ma a
qualcosa di inerte, come il muro in figura, allora sarebbe stato il muro a dover esercitare la
trazione necessaria. Per la bambina (e per la coda) non fa nessuna differenza che a tirare
dall’altra parte sia il gatto o il muro.
24
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
19
Nella figura accanto la
sollecitazione di trazione
interessa uno sfortunato verme.
E’ facilmente intuibile che la
reazione al tiro dell’uccello
viene dalle fibre muscolari
dell’invertebrato, cioè da un
essere organico. Ma la materia
inorganica?
Ed ecco quindi il problema:
come fa una cosa inerte e
passiva come un muro o una
corda, o una trave o una cattedrale a sviluppare le forze di reazione che sono necessarie
all’equilibrio?
La risposta ci è stata fornita da Hooke già nel 1679 (ma in seguito poco seguita anche a causa del
suo più famoso nemico Newton). Essa può essere condensata in due frasi:
ogni tipo di solido si deforma, accorciandosi o allungandosi, quando viene sollecitato da
una forza meccanica;
è questa deformazione che permette al solido di sviluppare un’azione contraria alla
spinta.
Tutti i materiali e tutte le strutture si deformano quando viene loro applicato un carico (con
linguaggio più appropriato diremo: quando sono sollecitate). Nel caso illustrato nella fig.26
vediamo che il ramo sollecitato dal peso della scimmia si incurva, provocando un allungamento
delle fibre superiori ed un accorciamento di quelle inferiori (ricordate l’esempio della gomma?).
In pratica quando sollecitiamo un materiale provochiamo un allontanamento o un avvicinamento
delle sue molecole e dei suoi atomi. Il legame fisico/chimico che lega gli atomi gli uni agli altri
è molto resistente quindi le sollecitazioni agiscono sui milioni di legami che formano il materiale
e che reagiscono alle deformazioni.
Questo spiega da dove viene la forza reagente all’interno delle strutture.
Ovviamente ogni materiale ha caratteristiche di resistenza diverse che con facilità possono
essere misurate per mezzo di prove meccaniche, sottoponendo dei provini alle diverse
sollecitazioni…ma di questo abbiamo già parlato fin troppo per cui mi limito a ricordarvi il
grafico
Fig.25
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
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Sforzo
Deformazione Fig. 27: un tipico diagramma sforzo/deformazione
Lo studio delle sollecitazioni e delle reazioni causate ai materiali sta alla base della scienza delle
costruzioni.
Le strutture in genere vengono sottoposte contemporaneamente a diverse sollecitazioni ma
queste possono essere indagate singolarmente.
La trazione
Abbiamo già visto esempi di trazione. Qui ci limitiamo a darne una definizione:
la trazione è lo stato di sollecitazione nel quale le particelle di materiale tendono a
distanziarsi l’una dall’altra
Fig28 sollecitazione di
trazione
Le particelle della fune (fig.6) tendono ad allontanarsi l’una dall’altra a causa dell’azione della
forza esercitata dai due uomini. A causa della forza di trazione la fune subirà un allungamento:
l’allungamento è il fenomeno tipico dello stato di trazione.
L’allungamento di una unità di lunghezza si chiama dilatazione o deformazione unitaria di
trazione.
LA COMPRESSIONE
E’ una sollecitazione per così dire reciproca della trazione, infatti si definisce compressione lo
stato di sollecitazione in cui le particelle di materiale tendono ad avvicinarsi l’una all’altra.
Un pilastro che sostiene un carico è compresso e la sua altezza, anche se in maniera non
osservabile ad occhio nudo,diminuisce sotto il carico. L’accorciamento di una unità di lunghezza
si chiama deformazione unitaria di compressione.
Gli elementi strutturali che lavorano a compressione sono assai comuni, poiché in ultima analisi
tutti i carichi debbono venire trasmessi al terreno di fondazione. Alcuni materiali con scarsa
resistenza a trazione presentano spesso una elevata resistenza a compressione: ad es. la pietra, la
muratura, il calcestruzzo. L’invenzione del cemento armato, cioè l’inserimenti di un’armatura di
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
21
ferro all’interno del conglomerato di calcestruzzo, ha consentito
di sfruttare contemporaneamente le diverse caratteristiche dei due
materiali.
Un fenomeno importante, dovuto alla compressione è quello
dell’inflessione al carico di punta: con l’aumento del carico si
raggiunge un valore per il quale l’elemento sottile invece di
accorciarsi si inflette ed in genere si spezza. Questo valore è detto
carico critico di punta.
Fig.29 :inflessione per carico di punta
IL TAGLIO
Il taglio è lo stato di sollecitazione nel quale le particelle del materiale tendono a scorrere l’una
rispetto all’altra.
fig.30: sollecitazione di taglio
La tronchese della fig. 9 lavora a taglio perché tende a far scorrere il fil di ferro lungo due sue
sezioni adiacenti.
Un parallelepipedo retto, sollecitato a taglio si deforma in un parallelepipedo sghembo e la sua
deformazione viene misurata rispetto alla variazione dell’angolo retto. Nel caso del taglio,
quindi, la deformazione non consiste in un allungamento o accorciamento bensì in uno
scorrimento. Le forze che provocano questa deformazione, agiscono sui piani lungo i quali si
verifica lo scorrimento ed il loro valore unitario si chiama tensione di taglio.
LA FLESSIONE
La flessione è uno stato di sollecitazione in cui si hanno contemporaneamente stati di
compressione e di trazione in diverse fibre dello stesso elemento strutturale.
La flessione costituisce la sollecitazione più importante dal punto di vista strutturale. Infatti la
sua azione deriva dal prodotto di una forza per la distanza alla quale questa agisce (ricordate chi
ha detto “datemi una leva e solleverò il mondo”?).
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
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E’ proprio a causa della flessione che i templi greci venivano costruiti con così tante colonne a
poca distanza l’una dall’altra: una distanza maggiore avrebbe causato la rottura dell’architrave in
pietra a causa del suo stesso peso.
Vediamo in particolare
cosa accade con la
flessione. Consideriamo
una tavola poggiante su
due pietre, con due
sbalzi uguali alle
estremità (fig.31). Se
Ugo e Ivan (considerati
dello stesso peso)
montano sulle estremità
della tavola, queste si
abbassano mentre la
Fig. 31 : giochini intelligenti….
parte di tavola compresa tra le due pietre si inflette verso l’alto: la curva formata dalla tavola fra
le due pietre è un arco di cerchio.
La tavola, inoltre, ha un certo spessore e tutte le sue fibre debbono incurvarsi: le fibre superiori
si allungano, quelle inferiori si accorciano e quelle centrali restano della stessa lunghezza (asse
neutro). Pertanto la flessione della tavola provoca una trazione nelle fibre superiori e una
compressione in quelle inferiori e inoltre la trazione e la compressione aumentano con
l’aumentare della distanza delle rispettive fibre da quelle centrali (neutre). Certamente
ricorderete l’esempio fatto in classe con il foglio di carta: una volta piegato a fisarmonica
riusciva a sopportare il peso della matita senza piegarsi.
LA TORSIONE
La torsione è lo stato di sollecitazione in cui le particelle di materiale tendono a ruotare l’una
rispetto all’altra.
Gli effetti della torsione sono simili a quelli
del taglio: ogni sezione del materiale
sottoposto a questa sollecitazione tende a
ruotare rispetto a quella adiacente.
Nell’ esempio della fig. 32 vediamo in
maniera semplificata quello che avviene, ad
esempio, nei balconi: il carico sulla trave a
sbalzo, sollecitato a taglio e flessione, si
trasmette al travetto perimetrale provocando
in quest’ultimo una sollecitazione di torsione.
Le deformazioni prodotte dalla torsione sono
deformazioni di taglio e le forze che le
producono sono le stesse tensioni lungo i
piani di deformazione.
La prova dell’esistenza di queste forze
tangenziali risulta evidente quando si strizza
un panno bagnato per espellere l’acqua. Fig. 32 : esempio di torsione.
Per adesso ci possiamo fermare qui. Nelle prossime puntate riprenderemo il discorso
dell’equilibrio… che non basta mai.
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23
SOLUZIONI STATICHE DI EQUILIBRIO
Un edificio può assumere diverse forme e dimensioni , secondo le scelte progettuali effettuate.
Alcune variabili incidono in maniera determinante sulla morfologia definitiva, altre sono poco
caratterizzanti da un punto di vista della forma ma hanno una loro priorità di diverso ordine.In
tutti gli edifici, comunque, possiamo riconoscere delle parti che lo compongono e, attraverso
esse, esaminare la funzione tecnica che svolgono. In pratica quello che vogliamo fare in questo
capitolo è rispondere ad alcune semplici domande:
come è fatta tecnicamente una casa?
Quali sono gli elementi che la compongono?
Qual è la loro funzione? Cerchiamo di rispondere alla prima domanda dicendo che una casa o meglio una costruzione è il
risultato dell’aggregazione di una serie di componenti secondo alcune regole. Certamente non è
una bella risposta ma ci consente di operare una semplificazione, individuando due ordini diversi
di problematiche: le regole, che possiamo meglio definire il sistema costruttivo ed i
componenti, legati ai materiali ed al loro uso. Analizzando meglio queste due tematiche
troveremo le risposte anche alle altre domande7.
I sistemi costruttivi Volendo dare una definizione, possiamo dire che un sistema costruttivo è l’insieme delle regole
che applicate su un dato materiale portano alla realizzazione di una qualsiasi costruzione.
In questa definizione è evidente l’indipendenza del sistema dal materiale, infatti uno stesso
materiale può essere impiegato in diverse maniere. Dire una casa in pietra non identifica il
sistema costruttivo che invece potrà essere il sistema architravato o quello archivoltato.
Possiamo invece definire un sistema costruttivo ottimo quando utilizza pienamente le
caratteristiche specifiche del materiale impiegato ( è evidente che un arco in cemento armato non
sarà ottimo come
sistema costruttivo ma
troverà la
giustificazione della
sue esistenza nella
forza espressiva
dell’immagine che
propone).
Per molti secoli i
materiali di base delle
costruzioni sono rimasti
immutati: legno, pietra,
laterizi e, a partire dalla
fine dell’800, il ferro e
poi il cemento armato.
Ciò ha fatto si che
anche i sistemi
costruttivi, dalle prime
civiltà ad oggi, non
siano cambiati molto. Fig.33: Il sistema trilitico della Porta dei Leoni a Micene
7 Risposte certo non esaurienti, visto che siamo in un liceo Artistico e non in un istituto per Geometri ma speriamo
almeno di fornire qualche utile elemento di conoscenza da approfondire poi all’università.
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
24
Fig.34: Evoluzione del sistema trilitico
Il sistema trilitico è un sistema
costruttivo costituito da tre componenti:
un’architrave poggiante su due pilastri,
gli elementi verticali di sostegno, che
sopportano i carichi di compressione
mentre l’architrave resiste alla flessione8
(la scarsa resistenza della pietra a
flessione spiega la notevole vicinanza
delle colonne nei templi del passato).
Con la sostituzione dell’architrave in
pietra con le travi di legno, resistenti
meglio alla flessione ed anche più
leggere, si è poi ottenuto il vantaggio di
poter aumentare la distanza dei pilastri.
Il sistema trilitico è ancora alla base di
tantissime costruzioni, dai viadotti
autostradali alle comuni case
d’abitazione.
Pilastro
Fig.35: sistemi costruttivi tradizionali
9: A) impiegato nel passato; B) impiegato attualmente.
L’introduzione dell’arco ha fornito un ulteriore possibilità nel controllo delle sollecitazioni di
flessione sulle travi semplicemente appoggiate, trasformando la sollecitazione in compressione
più una spinta laterale.
Anche nelle coperture a falde si creava una
spinta laterale e per questo ancora oggi si
usano le capriate. In esse un tirante annulla
tali spinte e permette al tetto di poggiare sui
sostegni senza sollecitazioni laterali.
Fig.36: Una trave sollecitata a flessione
8 La compressione e la flessione, così come il taglio e la torsione sono chiamate caratteristiche di sollecitazione e
servono a descrivere gli sforzi cui sono sottoposti i materiali. Se possibile approfondiremo l’argomento in seguito. 9 Vengono chiamati sistemi tradizionali anche quelli basati sull’arco e le volte (sistemi archivoltati)
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
25
Fig.37: Schema del funzionamento statico dell’arco
Nella fig.37 viene esemplificato il
funzionamento dell’arco: questo
raccoglie i carichi verticali e li tramuta
in laterali. Questi seguono la curva
dell’arco e sono sostenuti dalle spalle
dell’arco. L’evoluzione logica della
struttura ad arco ha comportato
soluzioni a volte anche complesse con
Diversi tipi di arco ed estendendo l’uso a superfici maggiori: coperture a volta.
Qui accanto (fig.38) si possono vedere gli archi
rampanti che contribuiscono a trasformare le spinte
laterali in sollecitazioni di compressione. Un’altra
funzione importante è quella dei pennacchi e delle
statue, collocate sui ritti di imposta degli archi: lo
schema del loro funzionamento è illustrato nella fig.39.
Fig.39: schemi di funzionamento dei pinnacoli Fig.38: La cattedrale di Reims (da Violet-le-Duc)
L’uso delle volte è stato preceduto dalla falsa
volta: una struttura che sostanzialmente funziona
sviluppando il sistema trilitico. In essa si ottiene
una copertura curva o rastremata verso l’alto con
il solo appoggio degli elementi costitutivi,
sempre più aggettanti verso l’interno.
Fig.40: sezione schematica del Pantheon
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
26
Con l’introduzione dei nuovi materiali, l’acciaio ed il cemento armato, si sono sviluppati sistemi
costruttivi nuovi: la classica struttura a trilite viene sostituita da quella a telaio, in grado di
sopportare anche spinte orizzontali. Le differenze di comportamento statico sono illustrate nella
fig.41 dove sono indicate le forze che sollecitano il telaio e, tratteggiata, la linea di deformazione
del suo asse.
Fig.41:Confronto tra gli schemi statici del trilite e del telaio solidale
Fig.42:
Edificio per
uffici in
provincia di
Udine
Il sistema costruttivo in cemento armato (c.a.) è costituito da:
Scheletro (o ossatura o gabbia o intelaiatura), composto da pilastri e travi;
Solai e soffitti e copertura composti in laterizio armato;
Tamponature e divisori in murature leggere in laterizio.
Nella fig.42 si può osservare il rustico in c.a. di un edificio non proprio tradizionale in quanto i
piani intermedi sono sospesi alla copertura per mezzo di tiranti in c.a. e questa, a sua volta, è
sorretta da grossi pilastri.
Per quanto riguarda questi ultimi è ovvio che le loro dimensioni dipendono dallo sforzo che
debbono sopportare. Nelle esercitazioni didattiche abbiamo usato pilastri di sezione 30x30 cm
con l’accortezza, però, di non superare la distanza (luce) di 5 metri tra un pilastro e l’altro.
Abbiamo poi indicato un sistema (del tutto arbitrario, senza fondamenti scientifici ma solo
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
27
indicativo della presa d’atto di un problema) da usare in caso di necessità: ogni qualvolta risulti
necessario sopprimere un pilastro si avrà l’accortezza di raddoppiare una dimensione a tutti i
pilastri adiacenti, su cui si immagina che poggino le travi o la trave sorretta dal pilastro
eliminato.
Fig.43:Sede di un’agenzia grafica di Amburgo costruita da un sistema portante in acciaio
Le costruzioni in acciaio utilizzano anch’esse il sistema costruttivo elastico ( del telaio solidale)
Con l’ovvio vantaggio di una maggiore elasticità e resistenza alla flessione: i principali
grattacieli usano questo sistema.
Un sistema costruttivo particolare, che impiega funi di acciaio in tensione, viene in genere
denominato sistema funicolare ma spesso si identifica con il prodotto del suo impiego :
tensostruttura. E’ un sistema che permette di ottenere strutture portanti leggerissime, ancorate al
suolo ed in grado di coprire luci grandissime. Esso è pertanto adatto per coprire edifici di
notevole estensione. Le funi di acciaio hanno permesso la costruzione di moltissime strutture in
passato impensabili. Il futuro (si spera) ponte sullo stretto di Messina, verrà sospeso a cavi
d’acciaio del diametro di due metri, composti da fili intrecciati di piccole dimensioni ed avrà
un’unica campata, la più lunga del mondo.
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28
Fig.44: Otto Frey,
schizzo per la fiera
di Monaco
Un ultimo cenno lo riserviamo alle strutture pneumatiche. Si tratta in genere di membrane
pretese dalla sola pressione interna, opportunamente regolata, che racchiude completamente uno
o più volumi separati. Questo genere di struttura viene, per esempio, impiegata per le zattere di
gomma: l’anello esterno gonfiato è sufficientemente rigido e agisce come anello compresso di
sostegno per la membrana che forma il pavimento della zattera. Sono largamente utilizzate per
coperture di piscine o impianti sportivi e la stessa tecnica viene utilizzata nella costruzione di
gusci sottili in cemento armato, usando le strutture pneumatiche come casseforme.
Fig.45:Padiglione Fuji ad Osaka,
Nella figura qui sopra è riportato un disegno del padiglione Fuji costruito da Murata
all’esposizione internazionale di Osaka del 1970. L’edificio ha una copertura curva di una luce
di 50 metri realizzata per mezzo di anelli gonfiati, in materia plastica, nei quali si poteva far
variare la pressione interna per aumentare la stabilità della struttura in presenza di vento forte.
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CENNI SU ALCUNI ASPETTI DELLA TECNICA COSTRUTTIVA
Coperture La funzione della copertura è quella di proteggere l’edificio dagli agenti atmosferici e
contemporaneamente di assicurare una discreta protezione sia alle basse che alle alte
temperature. In pratica tra il clima del luogo ed il tipo di copertura c’è una stretta relazione. La
tipologia del tetto, e quindi di una delle principali caratteristiche stilistiche dell’architettura, è in
qualche modo legata ai fattori climatici del posto in cui si costruisce. Infatti siamo tutti in grado
di distinguere immediatamente il prospetto di una casa di montagna da quello di una al mare.
Ovviamente la tecnologia attuale ci permetterebbe di fare una copertura a terrazza anche in alta
montagna ma, a parte la violenza del linguaggio, quale sarebbe il vantaggio se non un maggiore
dispendio economico?
Ma torniamo ai vostri amati tetti. Abbiamo detto in classe che il territorio è diviso in zone
climatiche per ognuna delle quali sono previste le inclinazioni delle falde; a proposito, siamo
sicuri che tutti sappiano cosa sia una falda? Cerchiamo di vedere meglio come si chiamano i vari
elementi che compongono un tetto:
Fig. 46 : nomenclatura degli elementi dei tetti
1 - falda : elemento di tetto che ha un'unica pendenza10
2 - linea di colmo: incontro di due falde
3 - linea di gronda : linea coincidente con l’inizio della falda
4 - compluvio : incontro di due falde a pendenza convergente
5 - displuvio : incontro di due falde a pendenza divergente
6 - pendenza : angolo tra la retta di massima pendenza11
ed il piano orizzontale d’imposta
della falda
7 - gronda : parte della falda che sporge dai muri
8 - cartella : superficie verticale delimitata tra due falde
9 - conversa : lastra impermeabile a protezione dei compluvi
10
Quando si parla di pendenza ci si riferisce sempre a quella massima. Cioè quella misurabile con la retta di
massima pendenza. 11
La retta di massima pendenza di un piano generico , rispetto ad un piano orizzontale è la retta intersezione tra
il piano ed un piano proiettante in e perpendicolare ad (cioè con la prima traccia perpendicolare alla traccia
prima di ).
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30
10 - colmi : pezzi speciali della copertura
11 - bocche di lupo : aeratori
12 - canale o doccia : elemento per la raccolta dell’acqua piovana
13 - cicogne : ferri di sostegno della doccia
14 - tubo pluviale: tubo che convoglia lo scarico delle acque
15 - comignoli o sfiati : elementi terminali dei tubi di scarico di gas o fumi
16 - abbaino : elemento di interruzione della falda con la funzione di permettere la
verifica e la manutenzione del manto di copertura nonché di illuminare il sottotetto
Le coperture a terrazzo possono essere assimilate a dei solai ma se proprio siete curiosi o meglio
se volete rendere più gradevoli le vostre sezioni, potete osservare la prossima immagine in cui vi
propongo due esempi tra i tanti possibili.
Fig.47:particolari in sezione di due coperture piane
Le coperture a falde inclinate possono essere ottenute in diversi modi. Nella figura seguente
vengono esemplificate diverse soluzioni per una stessa pianta: partendo da sinistra in alto si
vede:
fig.48: diverse soluzioni di copertura a falde inclinate su una stessa pianta rettangolare
un tetto a falda unica (a una falda), a doppia falda a pendenza costante (a capanna), a falde
interne, a capanna con teste di padiglione, a padiglione, a falde disuguali.
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31
Per edifici a pianta più complessa le soluzioni diventano ancora più numerose ma per non
complicarci la vita ed evitare pericolosi errori è preferibile adottare sempre la soluzione a
padiglione a pendenza costante e a gronda costante. Nelle esercitazioni, quindi, chi avrà la bontà
di evitare la copertura a terrazzo, si potrà rifare alle semplici regole della geometria per
individuare le soluzioni adatte al proprio caso.
Fig.49: soluzioni geometriche dei tetti a padiglione a pendenza costante e a gronda costante su piante irregolari.
Una semplice regola per la determinazione delle falde nelle coperture a padiglione è quella delle
bisettrici degli angoli dell’edificio. Sarà infatti su di esse che ci saranno le linee di colmo; il
procedimento è alquanto semplice : si comincia da un lato (imposta della falda o linea di gronda)
e, girando sempre nello stesso senso si trovano di volta in volta le bisettrici con i lati successivi
fino alla chiusura completa della falda in esame; si procede poi con la prossima fino a chiusura
completa del tetto.
Per i più curiosi rileggiamo il procedimento secondo i principi geometrici: il tetto a padiglione
che abbiamo visto in forme diverse nella fig.49, ha due caratteristiche geometriche importanti:
è a gronda costante cioè l’altezza della linea di gronda è uguale per tutte le falde, o
meglio: tutte le falde hanno origine sullo stesso piano orizzontale; ciò significa che ogni
falda ha su tale piano una traccia che coincide con la linea della propria gronda;
è a pendenza costante cioè tutte le falde hanno la stessa angolazione rispetto al piano
orizzontale (di gronda); ciò significa che ogni piano inclinato caratterizzato dall’origine
della falda, la traccia, si incontrerà con gli altri lungo le rette intersezione, lungo, cioè, le
bisettrici di ogni coppia di tracce.
Le due osservazioni precedenti hanno chiarito che il problema è quello geometrico
dell’intersezione tra piani, in particolare tra coppie di piani generici.
Un’ultima osservazione va ancora fatta sugli aspetti rappresentativi, in particolare in sezione.
Nella figura seguente due particolari del tetto,
sezionato, rappresentano
due possibili esempi.
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
32
Fig.50: due particolari di sezioni di gronde
Scale
Funzione principale della scala è quella di collegare verticalmente due diversi livelli della
costruzione. Per assolvere tale funzione essa deve necessariamente occupare uno spazio notevole
che in altezza occupa tutti i livelli coinvolti mentre
in pianta le sue dimensioni dipendono dal numero
di gradini e dalla tipologia utilizzata. Ma vediamo
prima quali sono gli elementi che
costituiscono una scala:
1. il vano scala, costituito dallo spazio
occupato dal complesso delle varie
strutture che compongono la scala;
2. la rampa, definita dall’insieme di gradini
consecutivi;
3. il gradino, elemento della rampa
caratterizzato da pedata, alzata e
lunghezza;
4. il pianerottolo, costituente la zona di sosta
tra due rampe. Può essere intermedio o di
arrivo;
5. il pozzo o tromba della scala, costituito
dallo spazio in mezzeria compreso tra le
rampe;
6. la ringhiera di protezione;
7. il corrimano, costituito da una struttura
d’appoggio per la persona in genere sulla
parte alta della ringhiera, se la scala non è
Fig.51: nomenclatura delle scale adiacente al muro.
La determinazione della misura di una scala è relazionata alla lunghezza del passo umano che
diminuisce con l’aumentare della pendenza.
: Fig.52:lunghezza del passo al variare della pendenza
La misura della scala determina il rapporto tra pedata ed alzata che, secondo quanto mostrato in
fig.52, viene espresso dalle seguenti relazioni:
a + p = 45-48
2° + p = 62-63
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
33
e cioè la somma tra alzata (a) e pedata (p) deve variare tra 45 e 48 cm mentre la somma tra la
pedata ed il doppio dell’alzata deve essere 62 o 63 cm.
Per quanto riguarda la larghezza della rampa (lunghezza del gradino) il problema della
dimensione viene risolto in maniera simile commisurandola alla dimensione umana.
L’ingombro di una persona media è di circa cm60 per cui la larghezza della rampa può assumere
i valori indicati nella fig.53
Fig.53 : lunghezza del gradino in rapporto al numero di persone servite
La soluzione migliore è però quella che consente il passaggio simultaneo di due persone poiché
nelle soluzioni più larghe mancano gli appoggi mentre quella più stretta ha degli inconvenienti
evidenti. All’interno degli alloggi è comunque consentita una larghezza di un metro.
Una volta stabilite le dimensioni dei gradini e la larghezza della rampa resta da decidere la forma
geometrica delle scale. Le soluzioni possibili sono ovviamente tante quante se ne riesce a
disegnare e dipendono dalle necessità spaziali e distributive di ogni singolo caso. Possono essere
adottate scale ad una sola rampa,sia essa diritta o curva, solo se si può superare il dislivello con
un massimo di 14 gradini, in tutti gli altri casi bisogna prevedere un pianerottolo intermedio.
Nella fig.54 osserviamo: a) scala a due rampe
diritte cin pianerottolo intermedio; b) scala a
due rampe affiancate con pianerottolo
intermedio e piccolo pozzo scala; c) scala a due
rampe ad “L” con pianerottolo intermedio
sull’angolo.
Nella figura 10 vediamo altre soluzioni a più
rampe, usate in genere quando il dislivello da
superare è molto grande e non sono sufficienti
le soluzioni precedenti. Resta comunque inteso
che per particolari motivazioni, funzionali o
solo estetiche, possono comunque essere
utilizzate.
Fig.54 : tipi di scale a due rampe
Liceo Artistico Teramo Appunti del corso di Architettura prof. Rocco Garibaldi
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Fig.55:tipi di scale a tre e quattro rampe
Cap III IL LINGUAGGIO APPUNTI DI STORIA DELL’ARCHITETTURA
La rivoluzione Industriale
Con il termine Rivoluzione Industriale si intende quel complesso fenomeno di trasformazione
dei sistemi produttivi che ebbe la sua origine nell'Inghilterra della seconda metà del Settecento e
di lì si diffuse, a distanza di tempo talvolta anche notevole, nei paesi dell'Europa continentale e
negli Stati Uniti.
L’aspetto principale di quella vicenda è riscontrabile nel progressivo abbandono dei tradizionali
metodi di lavorazione artigianale a favore di un sempre crescente inserimento della macchina nei
più diversi cicli di produzione. Ciò segnò, a sua volta, l'inizio di una lunga serie di trasformazioni
nei campi economico, sociale e politico, ossia di una vera e propria reazione a catena della quale
avvertiamo ancora oggi le conseguenze, positive e negative.
Gli insediamenti industriali, dopo l’invenzione della macchina a vapore (James Watt) tendono a
concentrarsi attorno ai vecchi insediamenti urbani e spesso ne creano di nuovi. La loro forza di
attrazione verso le masse contadine (con l’offerta di lavoro) è tale che ben presto il fenomeno
dell’urbanesimo assume proporzioni incontrollabili. Nello stesso tempo si comincia a registrare
un aumento vertiginoso della popolazione. L’insieme dei due fattori provoca notevoli
conseguenze sulla città.
Negli ultimi decenni del secolo molte città inglesi risentono gravemente dei mutamenti avvenuti:
gli insediamenti periferici sono in continua crescita , sempre più affollate e squallide, costituite
dai quartieri operai (gli slums ), formati da schiere di misere case, tutte uguali, affiancate le une
alle altre e prive dei più elementari servizi igienici.
Tali alloggi, peraltro, affollati in maniera inimmaginabile, privi di rete fognante e di un adeguato
sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi, contribuiscono in maniera determinante ad
incrementare il già altissimo livello di insalubrità causato dagli scarichi industriali.
Fig.56: case operaie a Manchester
Planimetria.
Fig.57: Abitazione operaia a Glasgow
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E’ proprio in seguito alla Rivoluzione Industriale che si forma un tipo di città classista, nata in
funzione della classe borghese, che esclude dal suo interno non solo la campagna ma anche le
attrezzature industriali e le abitazioni del proletariato urbano che sono collocate in periferia,
vicino alle nuove fabbriche.
La situazione drammatica di molte città industriali (resa ancora più grave dalle frequenti
epidemie che le colpivano) diventa oggetto di interesse e di impegno sociale e politico per molti
personaggi importanti dell’Ottocento, come il filosofo Friedrich Engels12
(1820-1895) e il
romanziere Charles Dickens13
(1812-1860). D’altra parte, altri personaggi, i cosiddetti utopisti,
proposero nuovi modelli di insediamento come alternativa alla città industriale. Mi riferisco
soprattutto ad Owen e Fourier ma prima di analizzare il loro contributo è meglio evidenziare in
maniera sintetica quali furono i cambiamenti principali dovuti alla Rivoluzione Industriale che
maggiormente ebbero effetto sull’architettura.
CAMBIAMENTI PRINCIPALI
Aumentano le quantità poste in gioco e nascono nuove tipologie edilizie:
l’aumento della popolazione e le migrazioni richiedono nuove case, strade e canali più
grandi. La crescita delle città richiede impianti sempre più estesi mentre i moderni sistemi
di produzione fanno nascere nuove tipologie: fabbriche, magazzini, depositi, porti, ecc.
I progressi scientifici e l’insegnamento Tutta una serie di studi (da Galileo a Coulomb) vengono coordinati e completati nel 1826
da Navier che è considerato il fondatore della moderna Scienza delle Costruzioni. Da
quel momento essa diventa un “bene pubblico” mettendo i grado molte persone di
risolvere alcuni temi prima riservati ad una minoranza. Essa inoltre produce una
separazione tra impegno pratico e teorico.
La Geometria descrittiva formalizzata da Gaspar Monge e l’adozione del sistema metrico
decimale facilitano la comunicazione e l’elaborazione delle opere.
L’istituzione dell’Ecole Polytechnique (1794-95) che, attraverso l’insegnamento tecnico,
consente una generalizzazione delle conoscenze Il perfezionamento dei sistemi costruttivi tradizionali
Verso la fine del ‘700, in Francia, le costruzioni di strade, canali, ..., che prima erano
compito di progettisti irregolari, verranno affidati agli ingegneri. (In Inghilterra
l’insegnamento verrà istituito verso la fi ne dell’800);
i materiali tradizionali vengono lavorati in maniera più razionale e distribuiti più
facilmente;
si diffonde l’uso di macchine edili;
la stampa permette una maggiore diffusione dei vari contributi, elevando il livello
generale delle conoscenze
I nuovi materiali
- la ghisa, che viene utilizzata nella costruzione di molti ponti si diffonde anche
nell’edilizia, sotto forma di travi e colonne che permettono di coprire grandi spazi con
strutture relativamente esili;
si sviluppa l’uso del ferro e del vetro poiché i progressi nella produzione consentono un
abbassamento del prezzo;
12
F.Engels, La questione delle abitazioni, 1872 13
Ch. Dickens, Tempi difficili, 1854
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con la scoperta di Abram Darby (che sostituisce il coke al carbone vegetale) ed i
successivi sviluppi si migliora la produzione e la qualità del ferro. Il primo ponte in ferro
è quello di Wilkinson costruito nel 1777-79 sul fiume Severn a Coalbrookdale;
I progressi tecnici dell’edilizia comune
si diffonde l’uso del vetro per le finestre al posto della carta e del cotto o dell’ardesia al
posto della paglia, per le coperture;
si iniziano ad usare le travi di ferro (all’inizio di sezione rettangolare) nella costruzione
dei solai al posto del legno;
a partire dal 1849 si comincia a sperimentare in Francia l’uso del cemento armato.
Gli utopisti
Il rifiuto sia della disordinata e ingiusta città industriale e sia della città che l’aveva prodotta
induce alcuni pensatori a proporre nuovi modelli alternativi di insediamento. I più importanti
furono l’inglese Robert Owen (1771-1858) ed il francese Charles Fourier (1772-
1837).Entrambi, anche se in forme diverse, immaginarono sistemi di vita che presupponevano
una completa uguaglianza degli abitanti e di una convivenza di tipo comunitario.
Owen, forse il più importante dei due, è uno dei pionieri della legislazione sul lavoro, del
movimento cooperativo, delle organizzazioni sindacali. Dopo una esperienza conclusasi con la
crisi economica del 1817 egli propone i “Villaggi d’Armonia” per i quali prevede il numero
degli abitanti (tra 800 e 1200), l’estensione della terra da coltivare (un acro a testa) e
l’organizzazione edilizia e funzionale (il parallelogramma).
Fourier propone un’abitazione modello chiamata falansterio, ideata per ospitare 1620 persone.
Furono, in entrambi i casi, fatti dei tentativi ma con scarso successo. Restano importanti
comunque poiché essi furono gli iniziatori di una nuova linea di pensiero e d’azione da cui
comincia effettivamente un’azione consapevole per la riforma del paesaggio urbano e rurale. Idea
base dell’architettura moderna.
Fig.58: Robert Owen, disegno di un villaggio a forma di parallelogramma
Le grandi Esposizioni Internazionali - Il primato dell’ingegneria e il Neo-Classicismo
A partire dalla seconda metà dell’Ottocento i paesi all’avanguardia nel settore industriale
cominciarono ad organizzare, quasi annualmente, quelle grandi fiere nelle quali venivano esposti
i prodotti più significativi di tutte le nazioni. La prima Grande Esposizione Universale venne
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realizzata nel 1851 a Londra. In questa occasione venne realizzato da Joseph Paxton il famoso
Palazzo di Cristallo.
Fig.59: Una veduta del Palazzo di Cristallo
Questo costituì la risposta moderna alla domanda presentata dalla nascita della nuova
tipologia: il padiglione per le esposizioni. Esso infatti è da considerare il prototipo di grandi opere
realizzate con elementi prefabbricati (elementi di ghisa e lastre in vetro) realizzati in fabbrica e
montati sul posto. L’edificio, con il suo grande volume trasparente e con la quasi totale assenza di
ornamentazione, contribuì notevolmente a creare il linguaggio estetico dell’architettura moderna
(prevalenza dei vuoti sui pieni e continuità tra spazio interno e spazio esterno), ma ciò non
avvenne se non dopo lungo tempo. Nell’ Esposizione di Parigi del 1889, infatti, viene realizzata
un’opera ancora più rivoluzionaria di quella di Paxton, la Galleria delle Macchine progettata da
Victor Contamin.
Fig.60: La Galleria delle Macchine del 1889: esterno.
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Figg.60 e 62: La Galleria delle Macchine del 1889: interno
Si trattava di una grandiosa struttura in ferro costituita da una serie di archi a tre cerniere che
coprivano una luce di 115 metri per una lunghezza di 420 ma l’insieme della struttura venne
coperta da un’architettura eclettica, colma di decorazioni. Per la stessa esposizione venne eretta,
contro il parere della cultura dominante e nonostante le incessanti polemiche, la torre in ferro di
300 metri di altezza progettata dall’ing. Gustave Eiffel (1832-1923).
La realizzazione della Galleria delle Macchine è emblematica del rapporto Architettura-
Ingegneria. Mentre gli ingegneri operano attivamente nei campi di loro pertinenza senza in fondo
preoccuparsi molto dei problemi estetici, ma apportando tuttavia un notevole contributo nel
settore della sperimentazione tecnico-costruttiva, gli architetti, come già si é accennato si isolano
sempre più nel loro mondo fatto di forme inutili, prive di ogni contenuto reale. Di fronte alle
mutate esigenze di una società fortemente dinamica alcuni tentano di individuare la via di un
possibile rinnovamento, ma ogni risultato positivo é per essi precluso, perché la cultura del loro
tempo non li ha assolutamente preparati a questo difficile compito. Anche i migliori progettisti,
quindi, sono costretti a rifugiarsi in una ripetizione sterile degli stili del passato, facendo
soprattutto riferimento all'antichità classica , sulla scia dell’enorme sviluppo degli studi
archeologici i quali permettono di conoscere, per la prima volta, in maniera concreta ed esatta, i
monumenti delle antiche civiltà mediterranee. Nasce così l'architettura neo classica una
architettura che si ricollega senz'altro alla lontana tradizione greco-romana, rifiutando, nel
contempo, la tradizione recente del Barocco e del Rococò.
Con il termine Neo-Classicismo ci si riferisce al periodo che va dal 1760 al 1830 ma durante la
sua evoluzione bisogna distinguere diversi atteggiamenti: nella seconda metà del Settecento,
dopo una prima fase di assimilazione, si è soliti individuare sia un atteggiamento ideologico e sia
uno empirico. Il primo è sostenuto dai teorici come il Winkelmann ed il Milizia ed è sostenuto
dall’Accademia, preoccupata di mettere in salvo l’autonomia della cultura artistica; esso si fonda
sul principio generale di Arte e si ricorre al linguaggio classico perché in esso viene identificata la
perfetta rispondenza a supposte eterne leggi della bellezza. Ancora atteggiamento ideologico è
quello della generazione coinvolta nella Rivoluzione, degli architetti Ledoux (1736-1806) ed
Etienne-Louis Boullée (1728-1799) per il quale si invocano ragioni di razionalità e di contenuto,
cioè le forme classiche appaiono agli architetti dell’ Ottocento come le più assimilabili alle nuove
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tecniche di costruzione: il pilastro e la trave in ferro vengono facilmente visti come gli eredi più
diretti della colonna e dell’architrave degli antichi ordini, inoltre si ritiene che l’arte debba
inculcare le virtù civili e che l’uso delle forme antiche faccia ricordare i nobili esempi storici.
L’atteggiamento empirico è quello che si giustifica più facilmente poiché si usa il linguaggio
classico perché, semplicemente, si attribuisce ad esso una esistenza di fatto per via della moda e
delle abitudini.
L’atteggiamento ideologico, sostenendosi su tesi filosofiche e politiche avrà scarso seguito
poiché può facilmente essere affrontato sul medesimo terreno da altre tesi e sostituito con queste
(neo-gotico), molto più tenace risulterà invece il Neo-Classicismo empirico.
L’ART NOUVEAU
I motivi di carattere generale che hanno determinato le esperienze di avanguardia, culminata con
la nascita del nuovo linguaggio Art Nouveau si possono riassumere in quattro gruppi:
1- le nuove teorie sull’arte. (la pura visibilità) Fiedler pubblica nel 1887 il suo saggio
sulle origini dell’arte in cui pone una decisa antinomia tra bellezza e arte. Secondo Fiedler la
prima é confinata nella sfera pratica e può venire da oggetti naturali oppure artistici ; la seconda
invece eleva l’intuizione sensibile alla coscienza . L’arte assume quindi un valore conoscitivo
cioè rappresenta uno dei mezzi dati all’uomo per appropriarsi del mondo (come il linguaggio
parlato o quello delle scienze). Da ciò deriva che l’artista farà da mediatore verso la conoscenza
della natura e l’arte assumerà una funzione ordinatrice e chiarificatrice al posto della vera
imitazione.
2- la generale insoddisfazione per l’eclettismo. Abbiamo visto in precedenza come
diversi fattori anno influito in tal senso . Ricordiamo qui gli apporti di Morris , Ruskin, Violet
Le Duc e non ultimi gli apporti delle opere degli ingegneri. .
3- l’esempio dei pittori. (in particolare: i post-impressionisti e i simbolistii )
Gli aspetti più importanti furono:
a) la reazione al naturalismo: l’Impressionismo, pur separando gli elementi ottici della
rappresentazione da quelli concettuali, rappresenta la conclusione del naturalismo in quanto
riflette tutta la realtà (Cezanne vuole oltrepassare le apparenze naturali ed arrivare alla verità
nascosta).
b) la tendenza a teorizzare : i simbolisti teorizzano l’associazione tra forme e stati
d’animo, in accordo con le stesse teorie estetiche che influiranno sull’Art Nouveau.
4- la convinzione sociale e l’impegno personale. Le migliorate condizioni economiche ,
nei primi anni del 1900, favorendo le inclinazioni riformiste della classe dominante, aumentano
le occasioni di lavoro per gli artisti d’avanguardia e favoriscono inoltre la diffusione delle
esperienze.
A quanto sopra si devono aggiungere gli apporti derivanti dalla influenza del Gotic Revival, del
movimento delle Arts and Crafts, dell’esempio dei pittori, della moda degli oggetti orientali.
L’Art Nouveau nasce quindi da una serie di apporti che vengono sintetizzati nel nuovo
linguaggio solo nei primi anni del nuovo secolo.
Aspetti del nuovo linguaggio : 1 - fu uno stile internazionale;
2 - costituì un affrontamento dalle forme del passato;
3 - realizzò l’unificazione tra arti maggiori e arti minori
superando il dualismo industria-artigianato.
Considerando gli elementi formali che caratterizzano lo stile, bisogna rilevare che in genere si
usa distinguere due famiglie morfologiche: la prima si riferisce alle forme concavo-convesse,
usate da Horta, Van de Velde, Gaudì; la seconda é rappresentata dalle forme geometriche usate
da Wagner, Mackintosh, il primo Wright.
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A questo dualismo morfologico corrispondono perfettamente due teorie estetiche coeve
delle quali l’Art Nouveau costituisce l’espressione pratica.
Alla prima famiglia di forme, i colpi di frusta , le onde, le curve sinuose, corrisponde la
teoria estetica dell’Einfühlung che, sorta dal connubio tra il pensiero idealistico e la ricerca
psicologica, fu principale sostegno teorico del nuovo stile. In parole povere, secondo tale teoria
dentro ogni individuo preesistono delle forme (colori, linee, ecc,) a cui sono associate delle
sensazioni per cui, tra i due fattori si stabilisce una specie di rapporto di azione-reazione:
osservando una forma si evoca una sensazione. Alla seconda famiglia (quella delle forme
prevalentemente geometriche) si collega la teoria dell’Astrazione teorizzata dal Worringer:
secondo questi esisterebbe nell’uomo un’esigenza psicologica che lo spinge verso l’organico, che
determina in lui un rapporto di simpatia con il bello di natura, e, una opposta esigenza, sempre di
tipo psicologico, che lo spinge verso la perfezione matematica, le forme regolari, l’astrazione.
Quindi le due correnti hanno una comune matrice psicologica dalla quale deriva una certa
intercambiabilità o coesistenza: Wright, ad esempio, usa forme geometriche ma con significato
decisamente organico mentre Mackintosh e Gaudì vengono sovente accomunati nello stile Art
Nouveau.
Dall’Art Nouveau al Movimento Moderno
Con la fin della prima guerra mondiale, in Europa, nel 1918, si accentuarono i contrasti fra le
classi sociali, l’insoluto problema delle abitazioni popolari, il rilancio del movimento socialista
in seguito alla rivoluzione russa, l’arroccamento della borghesia nella conservazione dei suoi
privilegi in forte contrasto con il rapido sviluppo della forza contrattuale del proletariato. Tutti
questi fenomeni rendevano indispensabile una nuova politica edilizia e urbanistica in funzione
della domanda sociale. Data la mancata volontà e incapacità del capitale privato a risolvere
questi problemi, lo stato, i comuni e le associazioni cooperative avrebbero dovuto essere in grado
di affrontare la questione dell’edilizia che assume il valore di un servizio sociale . I nuovi
committenti degli architetti non sono più ricchi industriali ma enti pubblici e molti progettisti
entrano anche nell’organico di questi istituti.
Il movimento di architettura moderna che si sviluppa in risposta alle esigenze del dopoguerra
muove, in tutta Europa, da principi comuni quali:
priorità della pianificazione urbanistica sulla progettazione architettonica;
tendenza allo studio dell’abitazione minima per riuscire ad ottenere più abitazioni
economizzando sull’uso del solo;
massima razionalità nelle forme architettoniche;
maggior uso della prefabbricazione e della standardizzazione nella produzione dei manufatti
per l’edilizia.
Per quanto riguarda la Germania, Walter Gropius (1883-1969) è il propulsore del Razionalismo
tedesco, che attraverso la sua scuola, la Bauhaus, sostiene il suo programma di architettura
razionalista, coordinato con quello politico della socialdemocrazia tedesca.
Gropius riunisce nella sua scuola gli artisti europei più all’avanguardia di quasi ogni corrente, fra
i quali: Kandinsky, Munch, Itten, Klee, Feininger, Moholy-Nagy, Albers; il suo scopo è quello di
integrare l’arte con la produzione industriale.
La Bauhaus era fondata sul principio della ricerca in collaborazione fra i maestri e gli allievi;
voleva dunque essere una scuola democratica che doveva rappresentare una società democratica,
non gerarchica, che si autodetemina, che definisce da sola il proprio progresso ed i propri scopi.
La dottrina della Bauhaus è il Razionalismo che inquadra i grandi e i piccoli problemi; un solo
metodo di progettazione determina la forma razionale, dal piano regolatore di una grande città al
progetto di un cucchiaio.
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Tutta l’opera di Gropius tende alla definizione di una metodologia della progettazione,
dimostrata attraverso progetti costruiti, passando dalla scala urbana delle case popolari di
Karsruhe del 1928, al Siemensstadt di Berlino del 1929, alla scala edilizia del Bauhaus di Dessau
del 1925, delle ville unifamiliari: casa Gropius del 1938, a progetti di design per l’industria.
Fig.63:W. Gropius : Carrozzeria Adler, 1929-3O
Walter Gropius
Walter Gropius uscito dallo studio di Peter Behrens del quale era stato primo assistente
durante la progettazione la costruzione della fabbrica A.E.G. e in cui lavorò dal 1907 al 1910;
esordì giovanissimo con un'opera eccezionale quella con la quale oggi si è soliti indicare l'inizio
del razionalismo europeo la fabbrica di forme di scarpe Fagus, realizzata a cominciate dal
1911 ad Alfeld and der Leine. Con questo complesso Gropius dette una prima prova,
ancor oggi impressionante, della sua intuizione artistica e tecnica. I muri della zona più
interessante, l'ala degli uffici, sono costituiti da grandi pareti vetrate che permettono una
comunicazione visiva diretta tra interno ed esterno. In tal modo l'architetto, oltre ad ottenere
un grande risultato estetico, porta avanti anche e un'importante discorso sociale,
democratizzando, per quanto è nelle sue competenze di progettista, il luogo in cui gli
uomini lavorano. Per far ciò egli dovette sgombrare il campo dal pregiudizio ottocentesco
secondo cui gli ambienti di lavoro devono essere luoghi quasi impenetrabili e privi di ogni
collegamento, anche visivo, con l'ambiente esterno.
L'edificio che più di ogni altro dimostra la maturità della nuova concezione architettonica
portata avanti da Walter Gropius è la sede del Bauhaus costruita nel 1926 a Dessau. Si tratta di
una costruzione molto articolata e felicemente rispondente alla complessità di funzione cui era
destinata. Comprendeva un corpo di fabbrica per l'attività didattica di natura teorica ed uno
per i laboratori; e i due blocchi erano collegati tra loro da un elemento sopraelevato, destinato
alle funzioni amministrative, sotto al quale passava la strada. L'edificio era completato da un
corpo alto 5 piani che funzionava da dormitorio per gli studenti. E' un organismo
completamente libero da ogni concezione prospettica tradizionale: non esiste infatti un fronte
principale, una facciata. E’ un incastro di volumi chiaramente comprensibili soltanto attraverso
un contatto diretto, cioè attraverso una visione dinamica e non statica. I materiali in vista sono
quelli che diverranno tipici del Razionalismo europeo degli anni Trenta: l’intonaco bianco per i
piani ed il vetro per i vuoti.
Nel 1934 Gropius lasciò la Germania nazista e, dopo un proficuo soggiorno di tre anni in
Inghilterra, si stabilì definitivamente negli Stati Uniti.
Abbandonato l’ambiente in cui si era formato, egli trasforma abbastanza rapidamente il proprio
modo di progettare: per prima cosa non usa in maniera esclusiva i materiali tipici del
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Razionalismo, accostando all’intonaco ed al vetro il legno e la pietra. In tal modo egli dimostra
di sapersi adattare alla concezione organica americana secondo la quale deve esistere una totale
integrazione tra edificio e ambiente circostante, così che i materiali devono essere, per quanto è
possibile, naturali e ricavati dal luogo stesso in cui viene situata la costruzione.
Fig.64: W.Gropius
Officine Fagus 1911
Il primo periodo dell'attività di Le Corbusier.
Così come Gropius anche Le Corbusier si propone di sanare il dissidio sorto nella società
industriale tra tecnica e arte, tra aspetto quantitativo e aspetto qualitativo della
progettazione. Ma, mentre Gropius impegna se stesso in una continua opera di collaborazione
con gli altri ed offre i suoi migliori risultati teorici nella direzione di una scuola nella quale sta a
stretto contatto con maestri ed allievi, Le Corbusier opera da isolato, preferisce porsi al di sopra
delle parti e far discendere da questa posizione aristocratica le sue verità.
Le Corbusier è lo pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret, nato in Svizzera a La Chaux-de-
Founds, nel 1887 e morto, per annegamento, a Cap Martin nel 1965. Il documento forse più
famoso è quello in cui, nel 1926, l'architetto espose i suoi "cinque punti di una nuova
architettura". Essi sono:
a) I pilotis
b) I tetti-giardino
c) La pianta libera
d) La finestra in lunghezza
e) La facciata libera
L'edificio in cui Le Corbusier applica per la prima volta in maniera globale i cinque punti
dell'architettura è la villa Savoye costruita tra il 1929 e il 1931 a Poissy, non lontano da
Parigi. Si tratta di un perfetto parallelepipedo a base quadrata, sostenuta da esili pilastri, con
quattro facciate perfettamente uguali. Con questa casa Le Corbusier ha dimostrato tra l'altro
come la possibilità di concentrare il peso su poche colonne porti come conseguenza principale
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una completa libertà della pianta. Addirittura l'edificio è come svuotato al suo interno e i tre
piani sono collegati tra loro da una lunga rampa a lieve pendenza che sale dal pianterreno al
cosiddetto tetto-giardino.
Fig.65: Le Corbusier, Villa Savoye a Poissy
In Le Corbusier non esiste, diversamente da quanto avviene nell'architettura di Wright,
un intimo rapporto tra edificio e natura; c'è anzi un contrasto o, meglio, una volontà di
considerare l'architettura come un qualcosa che si impone alla natura.
Le Corbusier, già fin dai primi anni della sua attività, si impegnò nel campo dell'urbanistica.
Per lui la progettazione a scala di città appare fin dall'inizio fondamentale anche perché ciò
gli permette di superare molte delle limitazioni più evidenti del movimento razionalista, che
spingeva allora molti architetti, specialmente in Germania, a intendere il quartiere come una
entità almeno parzialmente autonoma rispetto al contesto urbano. Nel 1925 propose per la
Fig.66: Le Corbusier, progetto per una città con tre milioni di abitanti ristrutturazione del centro di Parigi il cosiddetto "piano Voisin". In esso, a parte certe indicazioni
abbastanza criticabili quali la sovrapposizione di un rigido sistema viario ortogonale sulla
maglia urbana tradizionale, si ritrovano molti dei punti che diverranno tipici dell'urbanistica
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moderna : la classificazione delle strade secondo i diversi tipi di traffico, la differenziazione
tra le tipologie residenziali, la razionale disposizione del verde.
Mies van der Rohe.
Ludwig Mies van der Rohe ha sempre ricordato le due principali esperienze che
contribuirono alla sua formazione di progettista l'aver lavorato da ragazzo nell'officina del
padre, un abilissimo artigiano della pietra di Aquisgrana, e l'aver frequentato come Gropius e
Le Corbusier lo studio di Peter Behrens. La prima esperienza gli insegnò ad apprezzare
l'uso corretto dei materiali, la seconda lo indirizzò invece verso il concetto di standardizzazione
edilizia. Nella conciliazione di questo apparente contrasto tra la qualità della produzione
artigiana e la quantità di quella industriale sta il significato vero della concezione
progetturale di Mies van der Rohe. Nel 1927, in occasione della esposizione organizzata a
Stoccarda dal Werkbund tedesco, Mies van der Rohe, oltre a redigere il piano urbanistico
del quartiere-modello, nella sua veste di vicepresidente dell'organizzazione, realizza un blocco
di case in linea a quattro piani con struttura in acciaio nel quale per la prima volta riuscì a
portare ad un livello qualitativo notevole elementi progettati per essere realizzati attraverso
un processo di
standardizzazione
industriale.
L'eccellente padronan-
za dell'uso dei materiali
permetteva a Mies di
passare dalla proget-
tazione di un blocco di
case a schiera a
carattere popolare a
quella di residenze
unifamiliari estrema-
mente lussuose come
nel caso della villa
Tugendhat a Brno del
1930.
Nel 1937, dopo aver
cercato di resistere più
di ogni altro architetto
nel drammatico clima
in cui si dibatteva la cultura tedesca oppres-
Fig.67: MiesVan der Rohe, casa all’esposizione del Werkbund, 1927 sa dal regime nazista,
Mies van der Rohe si
recò negli Stati Uniti. A Chicago Mies riprende idealmente l'esperienza portata avanti, tra la fine
dell'Ottocento e i primi del Novecento, dal massimo esponente della cosiddetta Scuola di
Chicago Louis H. Sullivan. Si tratta del concetto di edificio alto, esasperatamente accentuato
negli elementi verticali e composto attraverso la ripetizione di elementi tutti uguali tra loro: le
cellule in cui si abita e si lavora. Anche in questa esperienza Mies riesce a conciliare
perfettamente la scala gigantesca dell’insieme e quella piccolissima dei dettagli i quali
raggiungono spesso, come nel caso del famosissimo Seagram Building, livelli di perfezione
tecnica e di preziosità forse mai raggiunta da alcun altro architetto.
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