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Beecher's: un ristorante-caseificio nel cuore di Manhattan

Date post: 09-Aug-2015
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Pm settembre 2014 66 Beecher’s Handmade Cheese, che si è ritagliato una cornice in un edificio d’inizio ‘900 sotto una sequenza di archi e colonne a capitello ionico, è un singolare connubio fra specialty food store ed entertainment OSSERVATORIO POPAI di Marco e Daniele Tirelli Un ristorante-caseificio nel cuore di Manhattan
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Beecher’s Handmade Cheese, che si è ritagliato una cornice in un edificio d’inizio ‘900 sotto una sequenza di archi e colonne a capitello ionico, è un singolare connubio fra specialty food store ed entertainment

OSSERVATORIO POPAI

di Marco e Daniele Tirelli

Un ristorante-caseificio

nel cuore di Manhattan

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Che l’incessante ribollire della melting pot newyor-kese produca continui esperimenti e insolite in-

novazioni lungo la caotica frontiera dello shopping behavior è cosa nota. Meno scontato, invece, è tro-vare un caseificio al 900 della Bro-adway. Si può infatti concepire un’idea più crazy del produrre for-maggio nel cuore di Manhattan e, più precisamente, a due passi dalla 5th Avenue e dal Flatiron? Eppure,

in tempi di romanticismo alimen-tare e di sogni bucolici, parrebbe proprio di sì. L’avventura impren-ditoriale di Beecher’s Handmade Cheese dimostra anzi che nulla è impossibile (quantomeno all’inter-no della Grande Mela). Cerchiamo allora di decodificare il concept di questo flagship store dalle sem-bianze di ristorante-caseificio: un singolare connubio fra specialty food store ed entertainment capace d’infondere senso compiuto all’effi-

mero concetto di customer expe-rience. Il flagship store newyorkese di Bee-cher’s si è ritagliato anzitutto una cornice in un building d’inizio ‘900, sotto una sequenza di archi e colonne a capitello ionico. I caratte-ri dell’insegna campeggiano (con discrezione) su sobrie ed eleganti tende nere. Una scelta insolita, con-trocorrente in una metropoli che pullula di segnali e richiami scin-tillanti in perenne competizione

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per l’attenzione dei passanti. Tutta-via le grandi vetrate laterali, mo-strano come si produce il formag-gio alla stregua di un palcoscenico di Broadway. Con ciò viene ripresa la filosofia adottata per il primo ori-ginario punto di produzione e di vendita, a Seattle.Altra nota curiosa è il logo di que-sta insegna. Divenuto ormai incon-fondibile per gourmet e appassio-nati di formaggi, esso propone una scena marittima a tratti matitati, persa in un’epoca lontana nel tem-po. La spiegazione sta nel luogo d’o-rigine dell’azienda, quella magica Seattle da cui presero l’avvio tanti sogni imprenditoriali nel campo del retail quali Amazon, Starbucks, Cinnabon, Costco, per citarne solo alcuni. Ma, al di là di quest’imma-gine romantica (e ingannevole), va precisato che le origini di Beecher’s sono recenti. Il suo visionario fon-datore, Kurt “Beecher” Dammeier, avviò l’impresa soltanto nei primi anni Duemila, con l’entusiasmo di chi vede nei formaggi artigianali non un semplice alimento, ma una passione e una ragione di vita. Pare, addirittura, che questo grande en-tusiasmo risalga alla sua infanzia, frutto delle storie e degli insegna-

menti del bisnonno omaggiato dal nome dell’insegna.L’esordio avvenne a Seattle, come si è detto, il 20 novembre 2003. Il luo-go prescelto fu lo storico Pike Place Market, l’ennesimo mercato centra-le americano trasformato in luogo di attrazione e sempre affollatissi-mo di curiosi, turisti, clienti alla ricerca di alimenti freschi e di una ristorazione semplice, ma di quali-tà. Fu un evento notevole per la cit-tà stessa, perché si trattava del suo primo (e al momento unico) caseifi-cio artigianale. La mission di Kurt si articolava già allora in tre prin-cipi cardine: pro-durre formaggi genuini e di alta qualità, divulgar-ne le specificità e i tratti distintivi, intrattenere i clienti-spettatori con lo spettacolo delle fasi di lavo-razione. Beecher’s riuscì in tal modo a dissolvere le bar-riere visive tra luogo di produzio-ne, vendita e con-

sumo mediante la creazione di un ambiente che non esitiamo a defini-re davvero olistico ed esperienzia-le. Il disegno dello store layout, in-fatti, mira espressamente a sorprendere i passanti, a incurio-sirli e intrattenerli. Chi si aspette-rebbe, nel cuore di questa metropo-li, di imbattersi in dairymen intenti a impastare signature chee-se attorno a un’enorme vasca di lat-te? La loro laboriosità suscita pro-prio quell’effetto sinestesico così ricercato (e spesso mancato) dai sempre più numerosi flagship store. Seguire i gesti antichi di una dairy farm nel contesto hard & tough di Nyc, per poi gustare l’ampio assor-timento di formaggi in un ambiente caldo, seducente e rustico è, insom-ma, un insolito modo di godere dell’immensa offerta di retail-sto-ration di una città inconoscibile

Da Beecher’s il cliente ha la possibilità di godere di un’immensa offerta di retail-storation in un am-biente caldo, seducente e rustico.

Le grandi vetrate laterali mostrano come si produce il formaggio alla stregua di un palcoscenico di Broadway. Con ciò viene ripresa la �loso�a adottata per il primo originario punto di produzione e di vendita, a Seattle.

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per definizione.Salendo al mezzanino corredato da tavoli e divani (e affondando obbli-gatoriamente la forchetta in un fi-lante “Mac & Cheese, The World’s Best”), si può dunque contemplare il suggestivo teatro della produzio-ne casearia chiusa nel suo box tra-sparente. Questa full immersion di customer experience prosegue scendendo nella cellar sotterranea, dove esplorare i meandri gustativi del pairing con vini, frutta e i più diversi insaporitori, oltre a indu-giare nella libreria dedicata al mon-do dei formaggi. In breve, la possi-bilità di assaggiare in loco una molteplicità di specialità a vari li-velli di stagionatura, insieme ad altri cheese fanatic, rappresenta la naturale prosecuzione di un’insoli-ta stimolazione sensoriale visiva, olfattiva e gustativa.In tal senso convergono anche i cor-si introduttivi all’arte casearia e culinaria, in linea con l’impressio-nante crescita della cultura gastro-nomica negli Usa, alimentata dalle onnipresenti cooking school ormai d’obbligo per tutti i loro retailer.

Così, per i più appassionati la nar-razione del prodotto assume tratti mitici. D’altronde, fin dai suoi esor-di, Beecher’s ha coerentemente va-lorizzato la spiegazione dettagliata (e tipicamente americana) dei suoi prodotti, in termini di origine e pe-culiarità (coaudiuvandola con free tasting, contest e spettacoli). Inevi-tabile allora che, in tempi sorpren-dentemente brevi, “the Cellar” ab-bia conquistato la sua fetta di popolarità pur in un’arena del cali-bro di Manhattan. Elegante coniu-gio fra ristorante e salotto di casa, in questo luogo conteso fra un ca-rattere industrial con muri a vista, travature, tubi, condotti, blocchi di pietra su cui sono appoggiati cusci-ni per sedersi, e note estetiche che propongono divanetti in pelle muc-cata, un po’ kitsch e un po’ richia-mo alla materia prima.  Il tutto me-scolato e ricomposto con grande audacia e ironia.In questo contesto si può apprezza-re anche il processo d’invecchia-mento delle numerose specialità, quali il tradizionale “Beecher’s si-gnature 4-year aged Flagship” o

magari il ricco e speziato “Marco Polo” o ancora, perché no, un cor-poso “Smoked Flagship Reserve”, stagionato per un minimo di 15 mesi e dal caratteristico aroma di legno di ciliegio.In conclusione e alla luce di tutto ciò non sorprende che, dal 2005 a oggi, Beecher’s abbia ininterrotta-mente riscosso premi e riconosci-menti da autorevoli e prestigiose commissioni come l’American Cheese Society. La sua notorietà, di anno in anno, si è anzi spinta ben oltre i confini delle due città in cui è finora presente. Un simile e, di-ciamolo pure, inaspettato successo è la prova di quanto valga la coe-renza di fondo con cui si guida un’impresa nel corso del tempo; ma è anche la dimostrazione di quanto renda, in quest’epoca, una chiara e incontrovertibile affermazione del-la qualità del prodotto (anche a sca-pito di una politica di prezzo). Bee-cher’s si è insomma guadagnata di diritto una nicchia molto specifica, nella quale, al momento, non sem-bra temere concorrenti e imitatori. In fondo, come in tutti i casi ameri-cani, il principio è semplice: porre una unique selling proposition a fondamento della propria mission (in questo caso, garantire la già evi-dente genuinità della produzione). Che Beecher’s ha così declinato: ha sempre attuato un’attenta selezione in fase di procurement della mate-ria prima, affidandosi solo a pro-duttori locali dai quali esige il ri-spetto di standard qualitativi molto stringenti; ha rinunciato all’uso di qualsiasi tipo di additivo o conser-vante; ha messo il cliente in grado di verificare che quel che gli viene servito non è semplice formaggio. Semmai, chiamatelo “just authen-tic, original, full-flavored food, handcrafted in traditional ways with the freshest ingredients avai-lable”.

Beecher’s ricorda ai suoi clienti che garantisce prodotti genuini, a partire dalla selezione della materia prima, per la quale si affida solo a produttori locali dai quali esige il rispetto di standard qualitativi molto stringenti.


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