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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 58 · primi passi. Il nostro, al di là delle necessarie...

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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 58 Equinozio d’Autunno 2015 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista Stampato in proprio
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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 58 Equinozio d’Autunno 2015

La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista

Stampato in proprio

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ORDINE MARTINISTAORDINE MARTINISTA

2Redazione

Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

SOMMARIOSOMMARIO

ARTURUS - S:::G:::M::: - UN BREVISSIMO PROMEMORIA - pag.3

ASAR - SCALA MUSICALE - pag.6

HASIDD - DA ZERO AD INFINITO - pag.8

JOHANNES - L’INIZIAZIONE MARTINISTA ED IL CERO DEI MAESTRI DEL PASSATO - pag.9

MOSE’ - CONOSCI TE STESSO - pag.12

RE-PRA - ALCUNE RIFLESSIONI SULLA INIZIAZIONE - pag.15

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Un brevissimo

promemoria.

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

Ogni tanto, mi permetto di rammentare che i sug-

gerimenti che si possono ricevere dai maestri terreni,preposti in un percorso Iniziatico Tradizionale e quin-di anche nel nostro, vanno acquisiti interiormente,comprendendoli, progressivamente, in modo semprepiù consapevolmente cosciente.Quindi, è oggettivamente esclusa, da parte di chiun-que, la possibilità di un assorbimento pedissequo let-terale, o deduttivo, similmente a come si procedementalmente nel tentativo di realizzare quantodescritto in una ricetta.Non a caso, sin dal grado di Associato, si cerca di farcomprendere che è necessario prepararsi bene, primadi scegliere di poter procedere con qualsiasi tentativodi “accedere” a ciò che non è solo materia; ammessoche sia possibile farlo e poi, che ci si riesca (occorresemplicemente verificarlo, sperimentandolo; non cisono possibilità diverse).Infatti, il poter tentare di “percepire” con successo (disolito, progressivamente e magari solo in misura infi-nitesimale), i diversi livelli esistenziali, che si ipotiz-zano nell’architettura della docetica, è uno degliobiettivi prioritari di ogni cammino orientato allarigenerazione spirituale.Senza questa prima “conquista” di rigenerazione cheimplica, prima, durante, e dopo, un grande rinnova-mento della personalità iniziale, ogni ipotesi di scelta(implicitamente successiva) di reintegrazione, rimaneun semplice vagheggiamento intellettuale, con buonapace di coloro che amano parlarne e scriverne, nel-l’aulica, narcisistica, esibizione di una seducentepseudo cultura di nicchia; sovente “campata per aria”,ma ricca di quelle rassicurazioni psicologiche e/o diquei timori che non di rado, caratterizzano il

mondo “ideologico” dell’occulto, e che spes-so (quando va bene) fanno solo perderetempo ai ricercatori veramente animati dal

desiderio di conoscenza, ma che sono un pochinosprovveduti, come lo sono tutti coloro che muovono iprimi passi.Il nostro, al di là delle necessarie esplorazioni cultu-rali (in tutti i campi, quindi, oltre a quelli scientifici,anche in quelli religiosi, mitologici, cosmogonici,mitici, leggendari, fiabeschi, esoterici, magici, ecc.) èindubitabilmente, in prevalenza, un cammino “opera-tivo” con qualche inevitabile risvolto mistico, ma conla propensione metodologica alla personale, lucida,verifica interiore ed esteriore, delle conseguenze diogni pensiero, di ogni parola, di ogni atto che il sin-golo abbia messo in campo. Per cui, per descrivere inostri insegnamenti, è da escludere un inquadramen-to tramite qualsiasi etichetta stereotipata che, se ci sipensa un poco, è necessaria a soddisfare solo le esi-genze classificatorie, profane (anche se, spesso,mascherate da altro).La nostra docetica si mantiene più o meno immutata,sin dalle origini della costituzione dell’Ordine, messoa punto da parte di Papus (Gerard Encausse) e di altristraordinari fratelli. Quindi, a scanso di equivoci, èbene comprendere ed essere consapevoli che siamo erappresentiamo un inalterato e robusto filo iniziaticocollegato con quella costituzione dell’originale edunico Ordine Martinista, diramatosi poi su autorizza-zione diretta, da parte di Papus, e da lui indirizzata inItalia, solamente a D.Cancellieri (conserviamo labolla originale di cui vi ho inviato copia, a suo tempo,per la collocazione in archivio). Come ho già avuto modo di accennare più volte, inostri insegnamenti non sono certamente gli unici,validi ed efficaci, dal momento che la Tradizione, sipromana immutata, in ogni tempo ed in ogni luogo,(auspicabilmente) su ispirazione dello Spirito, assu-mendo forme esteriori, idonee per coloro che deside-rano conoscerla e soprattutto “viverla”. Quello che lascia un pochino perplessi, per ciò che ciriguarda, può però individuarsi nella pervicacia concui alcuni (magari, anche con origini iniziatiche affat-

to chiare) che non adottano gli insegnamen-

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ti derivati dal nostro metodo e dai nostri ritua-li, ma ben altro, si “etichettano” con nomi talida apparire simili a noi, se non proprio avolersi sostituire. Si presentano utilizzando (“pla-giandoci”) un’immagine che suggerisca inconscia-mente una garanzia di “qualità”, ma lo ripeto, la lorodocetica prevede ben altro rispetto alla nostra, origi-nale; questa è una “bizzarria” che avremo forse occa-sione di affrontare in un diverso momento (perché inmezzo a tanta confusione, prima o poi, andrà comun-que affrontata).Torniamo però a qualche argomento “operativo”,sicuramente parimenti importante. Iniziamo con un paio di elementi, come: pensiero eparola.Vorrei subito sfatare qualche ingenua illusione.Ovvero, tralasciando quanto già accennato più volte,riguardo all’eredità del sangue (straodinariamenteimportante), è bene comprendere che senza un’op-portuna preparazione (ad esempio senza l’allenamen-to con le semplici, ma troppo spesso sottovalutate,tecniche di concentrazione e di potenziamento della“volontà a freddo”), diviene difficile non solo tentaredi rigenerarsi spiritualmente, tramite le previste medi-tazioni strutturate, ma rimanendo pensiero e parolascoordinati e disarmonici tra loro, renderanno prati-camente inefficace qualsiasi tentativo di “azione ope-rativa”.Quindi, sempre ad esempio, in tali condizioni, le indi-cazioni su come procedere ad una purificazione, aduna protezione, interiore ed esteriore, prima di ogniapplicazione rituale, non riusciranno a trovare (per isoggetti “scoordinati”) concreta ed efficace applica-zione pratica (con tutto ciò che ne potrebbe consegui-re). Gli stessi segni, gesti, disegni, simboli, tracciatianche correttamente, risulteranno a loro volta molto“deboli”, se non addirittura inutili.In effetti, sarà anche bene ricordare che ciò che si pro-duce in basso, si riverbera in alto, e che per poter atti-rare l’attenzione e la discesa di ciò che sta in alto, ènecessario riuscire ad elevarsi dal basso edessere oggettivamente “idonei a ricevere inmodo luminoso, oltre che a penetrare”.Non va per altro dimenticato che, allorchè si

riuscisse ad operare correttamente, si potreb-be constatare che l’Oriente è sempre illumi-nato ed illuminante; quindi, in qualsiasi

momento una scintilla di verità potrebbe disvelarsiper chiunque.L’emanazione spirituale divina, ci dicono i nostri testi(ma non dimentichiamoci che sarà però nostro dove-re adoperarci per riuscire a verificarlo), è perenne-mente costante e non si “rifiuta, nasconde” ad alcuno,neanche a coloro che, per tutta una serie di motivi edi circostanze, possano risultare “malvagi”. Infatti,loro stessi esistono proprio per grazia di quella ema-nazione creatrice, iniziale, di cui, a prescindere dal-l’odierna personalità, conservano comunque l’essen-za.Solo l’intima “cecità” impedisce di vedere e di perce-pire la Luce e quindi la Verità che illumina; ma è unacondizione che può mutare, se si lo desidera e se sisceglie di farlo.Credo sia necessario ricordarlo sempre, perché a nes-suno di noi è concesso di interferire o di sbarrare lastrada a chiunque stia cercando una via di rigenera-zione e di reintegrazione.Ad ogni modo, rimanendo sempre nel campo dellepossibili applicazioni pratiche, proviamo a pensareche se dovessimo trovare difficile riuscire a coordina-re la focalizzazione del pensiero con la parola ed igesti, molto probabilmente, sarà ancora più difficileprovare a concentrare tutta una disposizione operati-va, completa, nel solo pensiero (senza pronunciaree/o disegnare alcunchè).Credo di aver accennato a qualche cosa che ad alcunipuò risultare ormai ben nota da tempo.Per gli altri che, anche con l’ausilio dei maestri egre-gorici, stanno cominciando ad allenarsi ed a lavorarenell’interiorità per cercare di rigenerarsi in una nuovapersonalità, decisamente più luminosa dell’odierna,attraverso l’apertura della “via del cuore”, sospendia-mo, per ora, ulteriori approfondimenti.Infatti, senza la pratica delle meditazioni, della ricer-

ca interiore e senza la progressiva cono-scenza di se stessi, finalizzate al tentativo diun concreto e genuino ritorno spirituale alPadre, ogni approfondimento su techiche

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od altro potrebbe rivelarsi inutile, se nonaddirittura pericolosamente “deviante”.Ad ogni modo, ho intenzionalmente ristrettogli accenni di questo sintetico promemoria, alla sferadi alcune possibili applicazioni tecniche.Ciò, al fine di far intuire, ancora una volta, cauta-mente, che non sono certamente i gradi, le decorazio-ni, le patenti esibite, i vestimenti esotici, che possonocertificare il conseguimento concreto e reale di quan-to suggerito tramite gli insegnamenti di un percorso.Queste insegne esteriori possono, al massimo, rac-contare una storia di ciò che si è “subito” a livello ini-ziatico, ma non certo che cosa si possa essere divenu-ti “veramente” e quali, e quante scintille di conoscen-za (con relativi concreti riscontri) di ciò che non èsolo materia, si possano avere acquisite.Ovviamente, però, continuo a suggerire, ancora unavolta, di non confondere le deduzioni culturali e/o lefantasie della mente, con le “visioni/percezioni” chepotrebbero manifestarsi attraverso l’apertura della viadel cuore, conseguente ai mutamenti luminosi dell’a-nima che opera coscientemente delle nuove scelte.Credo valga la pena meditare un pochino su questabeve sintesi.Nel frattempo, come ci viene suggerito dai Maestri,conduciamoci Fratelli miei, con prudenza e discrezio-ne. I nostri lavori non s’interrompomo mai.

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

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SCALA MUSICALE

ASARS:::I:::

I greci usavano la scala pitagorica basata sopra il

principio o intervallo di "quinta"DO RE MI FA SOL LA SI DOI pitagorici, infatti, stabilirono attraverso rapportiproporzionali basati sulle potenze dell'intervallo diquinta, i valori di ogni grado di una scala musicale,detta, appunto, pitagorica.Elevando, infatti, a potenze successive il valore diquesto intervallo e riportando il valore ottenuto nel-l'ambito dell'ottava (in pratica, individuando il qua-drato, poi il cubo, poi le potenze successive di questorapporto e dividendo ogni valore per 1/2) si ottengo-no sette suoni diversi, tutti inclusi nell'ottava e tuttimatematicamente definiti.Comunque, nel mondo dei pitagorici l'ordine numeri-co era lungi dal riguardare solo i triangoli e la geo-metria.La tradizione attribuisce a Pitagora la scoperta dellaprogressione armonica delle note della scala musica-le, attraverso la constatazione che gli intervalli musi-cali e l'altezza delle note corrispondono alla lunghez-za relativa delle corde in vibrazione.Pitagora osservò che dividere una corda tesa in basea numeri interi consecutivi permetteva di generare(entro certi limiti) suoni armoniosi e piacevoli, o«consonanti».Se due note (due vibrazioni regolari) scelte acaso sono prodotte contemporaneamente, ilsuono che ne risulta è per lo più sgradevole(o «dissonante»). Solo poche combinazioni sono gradevoli.

Pitagora scoprì che queste rare consonanze siottengono quando le note prodotte da cordedello stesso tipo poste in vibrazione hanno

lunghezze i cui rapporti corrispondono a quelli deiprimi numeri interi.L'unisono si ha quando le corde hanno la stessa lun-ghezza (rapporto 1/1); l'ottava quando una corda èlunga la metà dell'altra (rapporto 1/2); la quinta,quando le lunghezze delle corde stanno tra loro come2 sta a 3 (rapporto 2/3); la quarta, quando le lunghez-ze stanno tra loro come 3 sta a 4 (rapporto 3/4).Cosi, pizzicando una corda tesa si ottiene una nota;pizzicandone una ugualmente tesa e lunga la metàdella prima, si ottiene una nota consonante, situataun'ottava sopra la nota precedente; pizzicandone unache sia lunga i 6/5 di una corda che produca la nota«do» si ottiene «la»; pizzicandone una che ne sialunga i 4/3 si ottiene «sol; una lunghezza pari a 3/2 dà«fa», e cosi via.Queste prime, fondamentali scoperte furono la basedella più sofisticata teoria degli intervalli musicalisviluppata nel XVI secolo (e alla quale, detto per inci-so, contribuì tra gli altri Vincenzo Galilei, padre diGalileo).Una bella illustrazione di Franchinus Gafurius, appar-sa nel Theorica Musice del 1492, mostra Pitagora cheeffettua esperimenti con vari oggetti atti a produrresuoni: martelli, corde, campane, flauti.Ma, si chiesero i pitagorici, se l'armonia musicale sipuò esprimere coi numeri, perché lo stesso nondovrebbe accadere per l'intero cosmo?E conclusero che tutti gli elementi dell'universodovessero le loro proprietà alla natura dei numeri.Per esempio, le osservazioni astronomiche suggeriva-no che anche i moti dei corpi celesti fossero estrema-mente regolari e sottoposti a un ordine ben preciso.Questo portò al concetto della bella «armonia dellesfere», l'idea che nei loro regolari movimenti, anche

corpi celesti producessero una musicaarmoniosa.Il filosofo Porfirio (c. 233- 305 d.C.), auto-re di oltre settanta opere di storia, metafisi-ca e letteratura, compose anche (come parte

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di una Storia della filosofia in quattro volumi)una breve biografia intitolata Vita diPitagora.Dell'antico matematico scrisse: «Egli riusciva proprioa udire l'armonia dell'universo, e comprendeva lamusica delle sfere e delle stelle che si muovono inconcerto con queste, che noi non possiamo ascoltareper i limiti della nostra debole natura».Dopo aver elencato altre meravigliose qualità diPitagora, Porfirio proseguiva cosi: «Secondo Pitagorale nove Muse erano fatte dei suoni prodotti dai settepianeti, dalla sfera delle stelle fisse e da quella oppo-sta alla nostra Terra, chiamata "Antiterra"» (un corpoceleste che secondo la teoria pitagorica dell'universoruotava in senso contrario rispetto alla Terra intorno aun fuoco centrale).La musica delle sfere, anche della armonia delle sfere(latino: musica universalis), è un antico concetto filo-sofico che interpreta le proporzioni dei movimenti deicorpi celesti — sole, luna e pianeti — come una sortadi musica, non udibile, ma sotto forma di concettoarmonico e/o matematico.Pitagora, elaborò una filosofia per metà mistica e permetà matematica e un sistema numerologico associa-to, fondamenti della Scuola pitagorica.Il concetto dell'«armonia delle sfere» fu rielaborato,più di venti secoli dopo, dal famoso astrono-mo Johannes Kepler (Keplero; 1571-1630).Secondo Keplero le connessioni tra geome-tria, cosmologia, astrologia, armonia e musicaavvengono tramite la musica universalis.

All'epoca si riteneva, infatti, che il sole, laluna e i pianeti girassero intorno alla Terraall'interno delle proprie sfere; una descrizio-

ne fantastica di questo sistema è presente nella Divinacommedia di Dante Alighieri. Si credeva che le sfererispettassero rapporti tra intervalli musicali a numeriinteri, creando armonie.Sempre Keplero utilizza il concetto di armonia dellesfere nel suo Harmonices Mundi (1619), ponendo inrelazione l'astrologia (in particolar modo gli "aspetti”astrologici) con le armoniche.Avendo, nel corso della vita, visto coi propri occhi lesofferenze e gli orrori della guerra, Keplero concluseche in realtà la Terra produceva due note: «mi» comemiseria («sventura» in latino) e «fa» per fames(«indigenza»).Nelle parole dell'astronomo: «La Terra canta MI FAMI, cosi che anche dalle sillabe, possiamo indovina-re che a regnare in questa nostra dimora sonoSventura e Indigenza».

ASARS:::I:::

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DA ZERO A INFINITO

HASSID S:::I:::I:::

Rinunciando all’ignoranza è possibile comprendere

la bellezza dell’INFINITO. La sfera del comprendere non ha bisogno di gradisuperflui. Ma è cosa importante capire che non biso-gna sigillare frettolosamente il vaso ancora vuoto. E’necessario adottare la pazienza ed eliminare la frettariempiendola con sapienza e conoscenza.Quando lo spirito prenderà consapevolezza del“Sentiero infinito” potrà accostarsi “al Potere creati-vo”. Si potrà progredire perfezionandosi. Ad ogniIniziato Martinista questo processo è possibile. Postiall’imbocco del sentiero è facile sentirsi uno “Zero”ma appena si riesce a comprendere che lo “Zero” puòessere sia mediale, che operativo, si capisce quanto èimportante lo zero operativo; infatti aggiunto tantevolte ad una cifra, assume un valore tanto grandesecondo la base scelta.Il nostro V::: M::: L. C. di San Martin nell’opera “IlNuovo Uomo”, cap. 49 ci dice: “Non è con la ripeti-zione vuota delle parole della propria preghiera chesi arriva all’unione con lo spirito ma col fuoco inte-riore del suo essere che si è infiammato, e mediantequesto fuoco ha potuto diffondere intorno a lui unaLuce simile a quella dove ha avuto la sua origine”.E’ in questa vita che si fanno conoscere le ricompen-se di promesse all’ “uomo di desiderio” che si è con-sumato nella vigilanza e nello zelo, in coluiche da “zero mediale” è divenuto “zero ope-rativo”. Temendo sempre di non agire abba-stanza, si è stabilita in lui una virtù del tuttosalutare e con questa è scattato il “desiderio

ed il coraggio” di abbandonare l’ignoranzapercorrendo il “sentiero del sapere e delconoscere”, per raggiungere “L’INFINITO”

fino ad identificarsi con esso. La via è quella che ciindica il nostro V::: M::: “la via Cardiaca” la via delcuore che si conquista attraverso quel fuoco interioredel “desiderio” che induce alla meditazione e allapreghiera attraverso cui si possono unire Zero eInfinito. Spogliandosi definitivamente dagli egoismisi può raggiungere quel distacco necessario per vede-re con gli occhi del cuore, udire con le orecchie delcuore, penetrare il futuro ricordando il passato; siavanza così sulla “via” con potenza ignea, tenendoanche presente che ogni conquista è intrisa del Sacrofuoco del cuore, grazie a questo si crea quel filo d’ar-gento che unisce il Maestro al discepolo, e la lorounione conferma l’essenza di tutte le evoluzioni poi-ché si diviene portatori di “Luce, Amore e Forza”. Molte leggende narrano di desideri che si sono avve-rati. Il nostro V::: M::: offre il cuore all’IniziatoMartinista, la corda della salvezza, facendolo cresce-re in potenza. Tutto questo può avvenire solo renden-do attivo, con coraggio ed abnegazione, lo zero ope-rativo fino a che si verifica l’apertura del cuore.Apertura che consentirà la conquista dell’INFINITO,così da essere UNO nel TUTTO e TUTTO nell’UNO,Un UNICUM con DIO e l’Universo.

HASSID S:::I:::I:::

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L’iniziazione Martinista ed il

Cero dei Maestri del Passato

JOHANNESS:::I:::I:::

L’Iniziazione Martinista attua la trasmissione reale

di un Potere Iniziatico direttamente dal SuperioreIncognito Iniziatore al discepolo, potere simbolica-mente rappresentato da un lampo di Luce Spiritualeche pone il Neofita in condizione di essere inserito inuna Catena Magica, Teurgica, collegata al-l’Eggregoro della Tradizione Martinista.Tale Iniziazione si ritiene tradizionalmente validaquando proviene da un Iniziatore che a sua voltaabbia ricevuto da un altro Iniziatore i suoi poteri, chesi ricollegherebbero al Principio, cioè al Fondatoredell’Ordine Martinista, in una catena ininterrotta disuccessive Iniziazioni.Il concetto sarebbe dunque abbastanza chiaro e non sipresenterebbe a particolari interpretazioni se la storia,con i suoi imprevedibili accidenti non intervenisse acomplicare le cose con periodiche scissioni, più omeno giustificabili e necessarie, seguite da discussio-ni e scomuniche senza fine e con la ricerca affannosadi documenti e patenti attestanti la propria regolaritàe legittimità.Riflettendo più attentamente risulta evidente che ledivisioni e le scissioni, al di là dei danni che indub-biamente provocano al prestigio ed alla coesionedell’Ordine, non inficiano in alcun modo la validitàdell’Iniziazione, purché essa provenga attraverso unalegittima Catena come sopra accennato.Sarebbe come, per esempio, l’acqua di una sorgenteche fluisce verso il mare; essa rimane la stessa acquae della medesima sorgente sia che scorra

compatta, sia che essa si dirami in rivolidiversi, purché permanga, per l’acqua, l’ob-biettivo finale di raggiungere il mare, che per

noi Martinisti significa tendere alla ricongiunzionecon il Principio attuando la Reintegrazione.Il simbolo dell’Energia Eggregorica che tiene uniti gliuomini di desiderio, operanti sulla terra, con tutti iFratelli che hanno già concluso il ciclo terreno è rap-presentato dal cero dei Maestri del Passato.Nelle tradizioni misteriche legate al culto dei defunti,il fuoco è solitamente l’elemento ritualmente adope-rato per stabilire contatti con gli Enti disincarnati econ la dimensione del post-mortem.Occorre fare riferimento soprattutto, alle consuetudi-ni gentilizie dei popoli antichi concentrati sulla cosid-detta religione del focolare.Ivi il fuoco ritualizza quei rapporti col sovrasensibileche l’avo illustre (eroe, legislatore, fondatore,…) perprimo aveva stabilito nell’illud tempus delle origini,quando grandi opere furono compiute, quando forzeambigue vennero assoggettate e quando l’archegetadella famiglia fissò nel suo nome e nella potenza delsuo genio l’asse della trascendenza di ogni discen-dente.Un esempio noto a tutti Voi è la teoria mistica delfuoco della Roma prisca, ove trenta famiglie patriziedovevano alimentare i trenta fuochi intorno a quellocentrale di Vesta (nucleo ierofanico di forza dellacittà) sul quale vegliavano diuturnamente le verginisacerdotesse della Dea.E’ altresì noto, che ciò che in quel contesto univa lefamiglie patrizie in modo ancora più radicale dei vin-coli di sangue erano i riti segreti del focolare dome-stico; secondo il mos maiorum, l’estraneo ammesso aparteciparvi conseguiva l’adozione da parte delpaterfamilias ed acquisiva tutti i privilegi del suonome, mentre colui che ne veniva escluso, fosseanche stato il primogenito, perdeva il suo status edera marcato dall’infamia e dall’ignominia.Questi riti sostanzialmente alimentavano la potenzasempre in atto del Genio Familiare; l’Entità originatadall’essenza animica dell’aristocrate capostipite eracostantemente integrata dall’apporto fluidico dei suoi

discendenti, di generazione in generazione,

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attraverso la sostanza del fuoco; si realizzavacosì una mistica catena d’unione che trasfon-deva nei vivi il crisma di potenza dell’illustre.Questo circuito energetico, agendo al di là dello spa-zio e del tempo, vinceva le leggi del flusso e dell’an-nientamento della realtà diveniente, assicurando adogni membro della famiglia una forza invincibile interra ed in cielo.Un rito domestico mal eseguito o trascurato potevaessere considerato un sacrilegio e principio di sventu-ra; la catena si infrangeva e lo Spirito ne restavamenomato. E…non è un mistero che Roma declinòquando venne meno ai suoi riti aviti.Anche fuori dalla tradizione romana il fuoco, taloraelevato a simbolo dello spirito, a principio cosmolo-gico e cosmogonico e più spesso associato all’ideadella palingenesi e della catarsi, invariabilmentefunge da tramite col mondo delle anime di coloro chenon sono più.La tradizionale configurazione del fuoco comemediatore tra i vivi e defunti, e per estensione comeelemento rituale della morte iniziatica o come segnodella resurrezione delle anime, può aiutarci a coglie-re il senso riposto di uno dei più significativi simbolidel Nostro Venerabile Ordine ovvero: il cero inmemoria dei maestri passati.

Se è vero che ogni simbolo si presta a diverse letturein ragione del livello noetico e spirituale proprio del-l’esegeta, ciò vale precipuamente per il simbolo inesame che, a prima vista, parrebbe risolversi in unapatetica dedica ai nostri Illuminati predecessori.Se non che, l’importanza che nei Nostri Lavori attri-buiamo a questo simbolo è tale da risultare impossi-bile che ad esso non corrisponda una meravigliosarealtà superiore.E’ noto a tutti che l’accensione del Lume dei Filosofidel passato è una fase specifica dei Rito di aperturadei Nostri Lavori, anzi, più esattamente, taleoperazione è un vero e proprio Rito nel Rito,o, come è più appropriato dire, un simboloagito.Ma se riti o simboli agiti sono sequenze digesti, immagini e suoni paradigmatici capaci

di produrre proiezioni dal piano sensibile alpiano sovrasensibile, dalla terra al cielo e alledimensioni diverse da quelle dello spazio e

del tempo profani, anche il cero che si accende percoloro che furono, in quanto simbolo, non può sot-trarsi alla regola.Esso, allora, secondo le sue valenze, rilucerà fin dovesono radicati gli Enti Spirituali dei Filosofi non piùviventi; attiverà il contatto di catene con essi; deter-minerà la loro reviviscenza in senso reale.Quanto sopra detto è avvalorato dalla formula cheSorelle e Fratelli del Nostro Venerabile Ordine, allor-chè l’Officiante accende il lume, recitano sottovoceproferendo le parole: Coloro che non sono più,eppure sono sempre tra noi.

I Maestri passati, è logico, non hanno più un corpofisico; con la morte fisiologica essi hanno soltantomutato livello di esistenza; essi sono e sempre saran-no nel senso più esteso del termine; essi sopravvivo-no e sono immortali in conseguenza della GrandeOpera Alchemica che condussero nell’Atanor dellapropria persona, poiché non ogni anima sopravvive,ma solo quella in cui si è innestato, durante la vita ter-rena, il germe dell’immortalità.E come esseri immortali, quando la mistica candela siaccende, prendono posto fra di noi, sono con noi,sono in noi e noi siamo in loro, come la luna che rice-ve la luce dal sole e la riflette, come la goccia d’ac-qua che torna all’oceano in un continuum senza inizioe senza fine.Al tenue bagliore del cielo si attua, dunque, la comu-nione con i Filosofi del passato, non sull’onda di unpallido ricordo sbiadito, bensì nel segno dell’Unitàdello Spirito, come il Cristo nel miracolo dellaTransustanziazione Eucaristica.Si potrebbe affermare che accendendo la candela, ilFilosofo Incognito diviene quasi un tramite tra l’Alto

e il Basso , tra il passato ed il futuro che inquel momento si cumulano nel presente.E’ una discesa dello Spirito dellaTradizione.Dal Filosofo Incognito la vibrazione si tra-smette a tutti i presenti, i quali la recepisco-

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no secondo la loro sensibilità ed il loro esseree non essere al posto che gli competenell’Ordine.Lo Spirito Iniziatico Puro che scende tra noi ricordaanche lo Spirito Santo, che come lingua di fuoco,discese sugli Apostoli raccolti nella catena d’unioneCristica.Come gli Apostoli si unirono per sempre al loroMaestro Gesù nel segno della Croce, anche noiMartinisti siamo uniti ai nostri Maestri passati nellostesso emblema cruciforme.Quel fuoco va a determinare il punto d’incontro tra iFilosofi che ci hanno preceduto, e ai quali ci colle-ghiamo attraverso la regolare ed ininterrotta trasmis-sione iniziatica, e la Catena d’Unione di tutti i FratelliMartinisti viventi in una data epoca.L’accensione della candela è, dunque, l’atto sacro pereccellenza, in virtù del quale la forza mistica trascen-dentale, irradiata dalla muta presenza dei nostri pre-decessori, si fissa hic et nunc al nostro livello, con-sentendoci l’accesso a piani di conoscenza superioreed alla ineffabile esperienza dell’essere al di là dellostato di privazione della condizione umana.

JOHANNES S:::I:::I:::

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n.58Equinozio d’Autunno

2015

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CONOSCI TE STESSO

MOSE’S:::I:::I:::

L’esortazione Conosci te stesso, in greco antico

Γνῶθι σεαυτόν, in latino Nosce te ipsum, era incisa,in antichità, sul frontone del tempio di Apollo a Delfi.Secondo Porfirio, questa sentenza delfica può avere

varie paternità:- Può essere stata creata da Femonoe, già Pizia esacerdotessa di Delfi- oppure da uno dei Sette Sapienti, in particolareTalete, Chilone o Biante;- oppure può essere stata pronunciata dall'oracolo del-fico in trance come risposta a un quesito e quindicome fonte originaria il dio Apollo stesso. Per quanto riguarda il significato di questa sentenza,gli studiosi sono concordi nel ritenere che il dioApollo volesse intimare agli uomini di «riconoscerela propria limitatezza e finitezza e non sentirsi Dei».Eschilo, nel Prometeo incatenato, emette una analogasentenza, sotto forma di consiglio dato da Oceano aPrometeo: « … Prometeo, voglio darti il consigliomigliore, anche se tu sei già astuto. Devi sempresapere chi sei (γίγνωσκε σαυτὸν) e adattarti alle rego-le nuove: perché nuovo è questo tiranno che dominatra gli dèi. Se scagli parole così tracotanti e taglienti,subito anche se il suo trono sta molto più in alto, Zeusle può sentire: e allora la mole di pene che ora subisciti sembrerà nulla, un gioco da bambini, rispetto a ciòche subirai. »Identico invito viene mosso nell'Iliade da Apollo aDiomede (libro V, vv. 440-2) e ad Achille (libro X, vv.8-10) … invito a conoscere i proprio limiti, a stare alproprio posto, a non “sconfinare" in ruoli che nonsono propri, in quanto gli uomini sono « miseri mor-tali che, come le foglie, ora fioriscono in pieno splen-dore, mangiando i frutti dei campi e ora languisconoe muoiono.» (Iliade XXI, 464 e sgg.).Prima di questa sentenza erano in voga alcune formu-le molto brevi (Nulla di troppo, Ottima è la

misura, Non desiderare l'impossibile etc …esse avevano lo scopo, appunto, di ammoni-re l’uomo a riconoscere i propri limiti, esor-

tandolo a non cadere negli eccessi e a non offenderela divinità pretendendo di essere come lei … «cono-sci chi sei e non presumere di essere di più» … met-tendo in pratica l'ideale del saggio cioè la moderazio-ne.A qualcuno il conoscere se stessi può sembrare in

opposizione al conoscere il mondo, ma le due cono-scenze possono considerarsi due facce di una solamedaglia, infatti la scritta completa sul frontone deltempio di Delfi era la seguente: “Ti avverto, chiunque tu sia…// Oh tu che desiderisondare gli arcani della Natura,// se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cer-chi,//non potrai trovarlo nemmeno fuori.// Se ignori le meraviglie della tua casa,//come preten-di di trovare altre meraviglie?//In te si trova occulto il Tesoro degli Dei.// Oh Uomo,conosci te stesso e conoscerai l’Universo e Dio”. Viene evidenziata, in questa frase, una concatenazio-ne, un nesso, un legame certo, sicuro e automatico trala conoscenza di se stesso e quella del mondo e diDio. Infatti questa frase dell’oracolo di Delfi dà percerto il rapporto di causa-effetto: conoscendo te stes-so, conoscerai l’Universo e conoscerai la divinità!Non si tratta di un itinerario né di una possibilità, maè una certezza simultanea: se conosci te stesso auto-maticamente riesci a conoscere il Mondo e Dio…“Parola dell’Oracolo di Delfi”! e quindi “Paroladel dio Apollo”!

Un concetto simile si trova anche nel monito diSant'Agostino: "Noli foras ire, in te ipsum redi, ininteriore homine habitat veritas" (Non andare fuori,rientra in te stesso: è nel profondo dell'uomo cherisiede la verità). Nella Genesi 3,19, si fanno dire a Dio, descritto nel-l’atto di cacciare Adamo dall’Eden per punirlo dellasua disobbedienza, le seguenti parole: "Con il sudoredella fronte mangerai il pane, finché non tornerai allaterra, perché da essa sei stato tratto: polvere sei e pol-vere ritornerai!" … da cui è stato tratto il più accessi-

bile “Memento, homo, quia pulvis es et in

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pulverem reverteris” = “Ricordati, uomo, chesei polvere e in polvere ritornerai”…Questa verità è anch’essa una esortazione ameditare sulla fragilità dell’uomo e sul suo destinomortale, invitandolo al realismo e alla Saggezza. … Ma che cos'e l'uomo? … L’uomo, secondo laTradizione, va considerato nella sua triplice costitu-zione energetica:- Fisica, legata al corpo, alla forza vitale, alla razio-nalità ed alla capacità di sperimentare e padroneggia-re la realtà circostante - Animica, legata ai cinque sensi, ai sentimenti edemozioni, alla psiche, alla fantasia e all’immagina-zione- Mentale, connessa all’intelletto e alla razionalità cheguida la vita di relazione da una parte e alla capacitàmentale di astrazione e di sintesi e all’intuizione cheè legata alla parteE poi c’è lo Spirito che tutto permea e che mette incomunicazione col divinoOgnuno di questi piani è oggettivamente inscindibiledagli altri. Anche nei tre gradi simbolici dellaMassoneria “azzurra” il lavoro muratorio si svolgesui tre livelli suddetti; in particolare si focalizza e sirealizza lo stato di coscienza specifico del “piano fisi-co” nel grado di apprendista, il “piano animico” nelgrado di compagno e il “piano mentale” nel grado diMaestro. Non si può passare da un piano ad un altrose non attraversando il regno dell’oscurità e dellamorte, attraverso, appunto, la specifica iniziazione.… l’uomo, fino alla sua attuale evoluzione, non è

ancora completo, vive in continua tensione per rag-giungere una condizione di vita più definitiva e sod-disfacente, proteso verso una felicità piena, totale estabile. Egli è un essere in costante trasformazione,teso tra il “nulla e il tutto”, un essere non ancora total-mente compiuto, che prelude al perfezionamentodefinitivo, ma che, tuttavia, non riesce a raggiungereancora in questa vita. Un essere che, ad oggi, vive piùdi speranze che di certezze, come se egli fosse unmomento intermedio che prelude a grandezze ancorainesplorate. Nietzsche diceva: «Ciò che v’è di grande nell’uomo èche egli è un ponte e non uno scopo, un pas-

saggio verso altro e non una meta».Queste sue incompiutezze e finitezze trova-

no la loro inconfutabilità nella ineluttabilitàdella morte, che segna la fine di ogni sogno di perfe-zione definitiva. A causa di questa ineluttabilità della morte, molticonsiderano la vita umana una realtà effimera, unapassione inutile, un lampo nella notte del nulla … eallora, per costoro, diventa vano e illusorio sognareun destino divino e una felicità immortale … mentreè più saggio rassegnarsi a restare nei limiti della pro-pria natura mortale …“Fin qui ti stendi: ecco i confini tuoi / la tua circon-ferenza è questa, o mondo” (Dal Paradiso Perduto diMilton), .... è il GADU che delimita i confini delmondo per mezzo dell’Aureo Compasso..Eppure, per la maggior parte delle tradizioni esoteri-che e religiose, l’uomo è costituito di un miscuglio didivino e di terreno e la sua salvezza consiste nelliberare l’elemento divino dall’elemento materiale,facendogli ritrovare in tal modo la sua vera essenza,che, come recita un frammento antico di originemanichea, è descritta così: è l’uomo a parlare …«sono uscito dalla luce e dagli dei, e ora eccomi inesilio e da essi separato... sono dio e nato da dei, bril-lante, scintillante, luminoso, raggiante, profumato ebello ma ormai ridotto a soffrire».È questa la tentazione divina che rinasce sempre dopoogni caduta … perché tutto quello che l’uomo nonpuò raggiungere, lo immagina e non riesce ad esi-mersi dal sognarlo … Questo è l’uomo: un essere che, da sempre, si dibattetra effimere eternità e temporalità obbligate … È proprio questo il grande mistero dell’uomo …una creatura creata con fango e polvere che, tutta-via, tende, con tutte le sue forze, alla supremacomunione con Dio … un essere mortale che portainscritto, nel suo DNA, una certa capacità, unaattitudine, una specifica disposizione segreta aricevere il dono stesso di Dio che l'ha creato comecreatura finita, ma strutturata per potersi elevareverso una realtà infinita … capax infiniti, capaxbeatitudinis, capax Dei … questa capacità si mani-

festa come una tensione incessante e

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incoercibile verso Dio … che si esprimecome un «movimento impresso dal creato-re nell’intimo della sua creatura, fin dall’i-stante stesso della sua creazione” … un movimen-to profondo e potente … comune a tutti gli esserianimati e inanimati del creato che vengono spintiin maniera inesorabile a ritornare al Creatore ...Ecco l’uomo … una creatura fatta di nulla, un nulla,però, che confina con Dio… un nulla che contempo-raneamente è immagine di Dio … uno spirito finitofatto per cercare l’infinito.Certo i popoli dell’antichità, conoscendo la fragilitàdella propria condizione, non potevano seriamentedivenire coscienti di essere creati per l’eternità … essinon riuscivano a cogliere, in tutta la sua essenza, lascintilla d’inquietudine che pervadeva l’uomo, quellaspinta irrefrenabile a conquistare sempre nuove sco-perte, quel senso di inappagamento … inserito nelleprofondità del suo essere che lo proiettava e lo proiet-ta ancora … ad maiora e in excelsis …

Ma in che modo ognuno può conoscere se stesso? *Platone, nell'Alcibiade Maggiore, sostiene che perconoscere adeguatamente noi stessi, dobbiamo guar-dare il divino che è in noi … *gli Orfici credevano che l'anima fosse dinatura divina e infatti la chiamavano dáimōn,che significa divinità minore …

*per gli stoici la realizzazione avvenivaattraverso la percezione interna, pratica simi-le se non identica alla meditazione di base

induista e buddhista …* per i neoplatonici l'anima proveniva dall'Uno edattraverso l'estasi tornava ad Esso *nello Gnosticismo la conoscenza del Divino partivadalla conoscenza del Sé autentico … tra tantemaschere simili … che spesso si otteneva attraversopratiche meditative.

Car. mi ffrr. durante i Lavori interiori, vedremo concalma, quali vie ci potranno condurre alla conoscen-za di noi stessi … anche se non esiste una Via prede-terminata e uguale per tutti … perché ognuno di noi èunico e irripetibile … e quindi ognuno si costruirà lapropria … Via … passettino dopo passettino …Fratelli, Vogliamoci Bene …

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Alcune riflessioni

sull’Iniziazione

RE-PRA

L’iniziazione si potrebbe definire come un proces-

so destinato a realizzare psicologicamente nell’indi-viduo il passaggio da uno stato dell’essere giudicatoinferiore, ad uno stato superiore, tramite la trasforma-zione da profano ad iniziato Secondo René Guénon: “lo scopo dell’iniziazione èquello di portare l’essere al di là di qualsiasi condi-zionamento”; si tratta quindi di una realizzazionepuramente interiore dell’essere umano, la concretiz-zazione di una possibilità che l’individuo deve averein sé, allo stato potenziale. Per esempio, i rituali nellesocietà primitive compiono il passaggio dall’infanziaall’età adulta; ma nel bambino è già presente l’adultoin potenza.Intesa in questo modo, l’iniziazione si presenterebbead un punto di vista con delle caratteristiche precise:

1) il profano, per poter essere iniziato, dovrebbe pos-sedere alcune predisposizioni. Gli autori insistonoriguardo a specifiche attitudini che fanno della perso-na un ”individuo iniziabile”: attitudini, senza le qualii riti resterebbero, per lui, lettera morta.

2) l’individuo non può iniziare se stesso: ciò può veri-ficarsi solo con l’intervento di un’organizzazione ini-ziatica. Durante il rituale, però, la società non tra-smette una vera e propria dottrina al nuovo affiliato,ma gli comunica un’influenza spirituale. In realtà, ilrituale dell’iniziazione insegna all’adepto dei metodipreparatori utili a rendere reale uno stato interioresuperiore.

Ciò che viene permesso di sperimentare interiormen-te, è il “segreto iniziatico” ed è inesprimibile.Attraverso tale processo l’essere si realizza in

modo autentico, sviluppando le sue potenzia-lità interiori. L’iniziazione non è, quindi, unprocesso passivo, ma attivo, che resta allo

stato potenziale se, in seguito, la persona non coope-ra con tutta sè stessa. Il rituale, e non solo chi lo compie, è importante; inogni caso; non di rado, esso deve essere rispettato finnei minimi dettagli, altrimenti il risultato è nullo .

L’iniziazione comprende:

1) la purificazione dell’individuo che, se progressiva-mente conseguita, muore ai desideri profani, perdiventare un essere sempre più proiettato verso l’am-bito spirituale.

2) una stimolazione interiore, “illuminante”, che, tra-mite il metodo adottato dalla propria struttura, confe-risce utili mezzi per giungere alla “conoscenza” con-seguente alla rigenerazione spirituale.

3) la possibilità di reintegrazione non solo simbolicanella condizione che si possedeva alle origini (statomisterioso e non facilmente intuibile).

Si potrebbe dedurre che esista una sorta di gerarchiainiziatica. Infatti, poco alla volta, il nuovo affiliatotrasforma l’intuizione iniziale in conoscenza vera epropria attraverso lo studio, ma soprattutto attraversole esperienze interiori ed esteriori. La via si rivela lunga e laboriosa per colui che l’af-fronta in modo consapevole. In ogni società iniziaticasono presenti diversi gradi attraverso i quali il neofi-ta deve passare. Questi diversi livelli sono le tappedel sentiero luminoso che l’iniziato deve percorrereconsapevolmente per giungere ad essere chiamatoAdepto.

RE-PRA

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Alla gloria di Grande Architetto dell’Universo

e sotto gli auspici del Filosofo Incognito nostro Venerato Maestro

Proprietà riservata dell’Ordine Martinista

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