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c ultura della valutazione - iuav.it · La ‘deformazione’ può essere assimilata, ignorata o...

Date post: 16-Feb-2019
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Università Iuav di Venezia DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E PIANIFICAZIONE IN AMBIENTI COMPLESSI CORSO DI LAUREA IN URBANISTICA E PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO cultura della valutazione 2015-2017 lezione 15 rassegna di metodi valutativi: prima parte ranking (ordinamento) valutazione estimativa validazione valutazioni esplorative stima/identificazione dei fabbisogni (need assessment) valutazione orientata agli obiettivi (objective-based) valutazione indipendente dagli obiettivi (goal-free) valutazione di risultato in termini di valore aggiunto valutazione degli impatti valutazione sperimentale o quasi-sperimentale (esempio: come guardare a sperimentazioni locali sul reddito di base da una prospettiva PV o EV) valutazione orientata ai costi analisi costi-benefici aggregata o disaggregata valutazione strategica valutazione avversariale riconoscimento del caso di successo valutazione artistica valutazione indiziaria valutazione guidata dalla teoria (theory-based) CIPP (context, input, process, product) prof. Domenico Patassini
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Università Iuav di Venezia DIPARTIMENTO DI

PROGETTAZIONE E

PIANIFICAZIONE

IN AMBIENTI COMPLESSI

CORSO DI LAUREA

IN URBANISTICA

E PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO

cultura della valutazione

2015-2017

lezione 15 rassegna di metodi valutativi: prima parte

ranking (ordinamento)

valutazione estimativa

validazione

valutazioni esplorative

stima/identificazione dei fabbisogni (need assessment)

valutazione orientata agli obiettivi (objective-based)

valutazione indipendente dagli obiettivi (goal-free)

valutazione di risultato in termini di valore aggiunto

valutazione degli impatti

valutazione sperimentale o quasi-sperimentale (esempio:

come guardare a sperimentazioni locali sul reddito di

base da una prospettiva PV o EV)

valutazione orientata ai costi

analisi costi-benefici aggregata o disaggregata

valutazione strategica

valutazione avversariale

riconoscimento del caso di successo

valutazione artistica

valutazione indiziaria

valutazione guidata dalla teoria (theory-based)

CIPP (context, input, process, product)

prof. Domenico Patassini

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Premessa

Questa rassegna evidenzia la straordinaria varietà di ‘figure’ presenti nel paesaggio della valutazione,

senza alcuna pretesa tassonomica. Per contributi in tal senso si rinvia a testi ben più strutturati dove

teorie, approcci, metodi e tecniche vengono classificati sulla base di criteri ad hoc (usi, valori, modalità

di ricerca, pratiche di interazione sociale e così via). Si riducono all’essenziale anche i riferimenti agli

approcci EV e PV, trattati nelle prime lezioni. In questa sede, basti ricordare che EV opera secondo

logiche causa-effetto, si configura come test sull’applicazione della conoscenza (validazione) e informa

l’azione comunicativa fra stakeholder rilevanti. Al contrario, PV è consapevole della difficoltà di

distinguere cause da effetti e per questo cerca di tenere insieme esplorazione e validazione. Ricorre

all’ascolto ‘attivo’ e al dialogo orientati alla spiegazione di fenomeni sociali rispetto a ‘frame locali’ di

conoscenza. Critica (in quanto selettiva e disorientante) l’azione comunicativa dello stakeholder

rilevante, mentre riconosce nell’interazione sociale opportunità per costruire agende ed avviare processi

di advocacy. In sintesi, è un atteggiamento che favorisce la scoperta e l’espansione della conoscenza.

Inoltre, PV va oltre l’approccio ‘naturalistico’, superando l’ambiguità nell’uso del termine. Gli

approcci responsive, democratici, illuminativi sono anche detti transattivi. L’approccio ermeneutico,

forse il più contiguo alla valutazione come pratica di interazione sociale, non opera con modelli

pre-definiti: riconosce, infatti, possibilità di miglioramento (improve) e di giudizio (prove) in ogni tipo

di azione.

In questa sede ci si limita a ricordare che, pur nella loro varietà, le diverse ‘figure’ rinviano ad una

definizione comune di valutazione sintetizzabile come riconoscimento dei significati presenti in azioni,

eventi, oggetti o persone e come attribuzione di valori (merit e worth) ai significati riconosciuti e alle

loro ‘intensità’. Come evidenziato in precedenti lezioni, si tratta di due spunti che maturano

nell’interazione sociale e che si presentano secondo ragioni manageriali, democratiche, del ‘pluralismo

morale’ o del ‘liberalismo politico’. Queste ragioni rendono più o meno pertinente il ricorso a metodi e

tecniche.

Si ricorda che per il riconoscimento di significati e l’attribuzione di valori occorre formulare

proposizioni valutative come base esplorativa e/o di giudizio. Se l’azione è la tutela di un’area verde in

ambito urbano, il significato eco-sistemico può essere rilevante e i valori (worth) riconoscibili sulla

base dei servizi eco-sistemici erogabili. Il valore intrinseco (merit) può essere attribuito al suolo in

quanto risorsa non rinnovabile o rinnovabile in tempi lunghissimi. Allentando i vincoli della logica

proposizionale (ripresi comunque in molte analisi multi-criteriali), una proposizione valutativa si

configura come ipotesi/giudizio che conferma in modo comparativo (contro ipotesi/giudizi concorrenti)

la plausibilità della coppia significati-valori.

In questa accezione la valutazione può essere intesa come pratica sociale di riconoscimento di

significati e attribuzione di valori. Questo sforzo di descrizione e giudizio contribuisce in diversa

misura allo sviluppo di un ‘dialogo pertinente’ (e continuo) ‘deformando’ l’interazione e le sue

possibilità. La ‘deformazione’ può essere assimilata, ignorata o respinta. Se viene assimilata

l’interazione prosegue con nuova consapevolezza; se viene ignorata può proseguire con indifferenza; se

respinta, l’interazione (e l’eventuale dialogo) possono essere interrotti e riproporsi altrimenti.

L’approccio PV propone una narrativa consapevole delle opportunità e dei rischi della deformazione,

connettendo generazione a validazione, mentre EV, preoccupato della validazione, li sottovaluta o li

ritiene ‘fattori di disturbo’. Se con EV si guarda all’interazione (ai suoi ‘documenti’), con PV si è

nell’interazione e si osserva l’oggetto da prospettive diverse. Con EV (sperimentale, meta-analisi, ecc.)

l’attenzione è al cambiamento che un programma può generare e alle decisioni che lo motivano. Come

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precisa J March1, questa attenzione considera razionale ogni procedura che persegue la logica della

conseguenza, che pone cioè una scelta in relazione alla risposta a quattro questioni fondamentali. Il

problema delle alternative possibili; il problema delle aspettative circa le conseguenze probabili e

derivabili; il problema delle preferenze circa i valori attribuiti ad ogni alternativa e il problema della

regola decisionale sul set di alternative tenuto conto del valore delle conseguenze. L’evidenza di questa

procedura è la sua presunta logica.

In PV l’interesse è al vissuto della interazione, alla sua possibilità e contingenza e a quella intelligenza

pratica che si forma nell’ attenzione al livello personale e interpersonale2.

Approcci, metodi e tecniche

Ranking (ordinamento)

E’ una operazione che consente di ordinare ‘oggetti’ (detti anche evaluandi) sulla base delle loro

performance relative, utilizzando un indicatore di sintesi. L’indicatore è una combinazione di

descrittori standardizzati e ponderati, e il suo potere comparativo deriva dalla scala. L’indicatore non

dice nulla circa la performance assoluta dell’oggetto, solitamente misurata su scala intervallare o

rapporto. Ad esempio, tutte le performance degli oggetti possono collocarsi al di sotto di una soglia

minima di accettazione, ma essere comunque classificati primi, secondi o terzi. La performance

assoluta non può essere ricavata da un ordinamento, mentre l’ordinamento può essere sempre costruito

partendo da una misura assoluta, su scala intervallare o rapporto. Diversamente dall’ordinamento

‘parziale’, l’ordinamento ‘vero’ non consente ex-aequo.

Questa operazione viene effettuata per ordinare città sulla base della qualità o del costo della vita, per

valutare offerte in bandi di gara o di concorso, per formare graduatorie delle migliori università (vedi

University Ranking Watch). Gli ordinamenti sono molto sensibili alla semantica e alla metrica dei

descrittori che compongono l’indicatore. L’ordinamento è anche una delle problematiche della

valutazione mono o multicriteriale. Ad esempio, il criterio unico di sintesi ‘rapporto benefici/costi’

nell’analisi costi-benefici consente di ordinare i progetti dal più al meno preferibile in prospettiva

economica. Nell’analisi/valutazione multicriteri l’obiettivo può essere l’ordinamento di opzioni (e non

la scelta o l’attribuzione a classi predefinite). Nella famiglia di tecniche Electre l’ordinamento è un

algoritmo di analisi di concordanza/discordanza3.

Il ranking si accompagna (differenziandosene) alle nozioni di appraising, assessing, auditing, rating e

grading.

Valutazione estimativa

Questo tipo di valutazione considera le basi di valore economico-finanziario di diverse categorie di

beni immobiliari ad uso residenziale e non, come indicato dai Codici di riferimento. In Italia vige il

Codice delle valutazioni immobiliari che riguarda fabbricati e aree fabbricabili, terreni e fabbricati

1 J March, 1998, Prendere decisioni, Il Mulino, Bologna, p.12. 2 Su questo tema vedi il nervoso dibattito ospitato da American Journal of Evaluation, n. 21, 2000 fra M W Lipsey e T

Schwandt, in particolare M W Lipsey, ‘Meta-analysis and the learning curve in evaluation practice’, pp. 207-12; M W

Lipsey, ‘Method and rationality are not social diseases ’, pp. 221-223; T A Schwandt, ‘Further diagnostic thoughts on what

ails evaluation practice’, pp. 225-229; T A Schwandt, ‘Meta-analysis and every-day life: the good, the bad, and the ugly’,

pp. 213-219. 3 L Y Maystre, J Pictet, J Simos, 1994, Méthodes multicritères ELECTRE. Description, conseils pratiques et cas

d’application à la gestion environnementale, Presses Polytechniques et Universitaires Romandes, Lausanne.

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rurali, scorte, miglioramenti fondiari, boschi, legname, aziende commerciali, artigianali, industriali e di

servizio. Le basi di valore vengono riconosciute a partire da principi (prezzo, previsione, scopo,

ordinarietà e comparazione) e utilizzando procedure di stima (confronto di mercato, finanziario o del

costo). Le basi di valore variano a seconda della posizione del bene immobiliare nei processi di

valorizzazione. Il più semplice, anche se non sempre affidabile, è il valore di mercato (o valore di

scambio), a cui si possono accompagnare il valore di costo, di trasformazione e di realizzo. Questi

valori costituiscono, di frequente, la base per la stima di indennizzi di esproprio, di oneri di

urbanizzazione, di valori perequativi o compensativi. Per ragioni assicurative e/o fiscali può essere utile

il ricorso al valore assicurabile o di credito ipotecario (spesso alterato dal creditore per ragioni di

bilancio), mentre in caso di fallimenti e dismissioni si ricorre ai valori di liquidazione o di vendita

forzata. L’estimo catastale è orientato alla stima dei valori catastali di un bene sulla base di criteri

fisico-funzionali. I valori catastali possono essere molto diversi da quelli di mercato. Poiché questi

ultimi non restituiscono quasi mai il reale valore del bene4, soprattutto se ha caratteristiche ambientali,

storico-culturali e paesaggistiche di unicità, può essere utile il ricorso a valori d’uso, di esistenza e di

eredità. L’assenza di stime dirette consiglia in alcuni casi il ricorso a valori complementari, mentre in

presenza di trade-off può essere utile il valore di sostituzione. In determinate strategie di investimento

si utilizza l’omonimo valore, mentre in casi di esproprio, successione, servitù o valutazione del danno

si utilizzano stime di valore equo. E’ evidente che l’uso dei valori dipende dai principi di riferimento

dell’esercizio estimativo.

Tre sono le principali procedure di stima. Con la procedura analitica si stima il reddito che il bene

immobiliare è in grado di produrre (fitto, locazione, reddito agrario, ecc.) lungo tutto l’arco di vita e, al

netto di spese, oneri fiscali, quote di reintegrazione e costi di manutenzione, può essere attualizzato con

opportuno saggio di capitalizzazione. Nei casi in cui la procedura analitica non fornisca risultati ritenuti

affidabili si ricorre al metodo comparativo sulla base di transazioni recenti. In altri casi si ricorre alla

stima del costo di costruzione. Se si tratta di un fabbricato si calcola l’area edificabile e il costo per

costruire l’immobile al netto del deprezzamento. Nel caso di un terreno coltivato si calcola il costo del

terreno nudo, il costo degli alberi, dell'impianto, del capitale fisso rurale e la coltivazione fino alla data

della stima, sottraendo la vendita del prodotto annuo (vedi, ad esempio, i valori parametrici per zone

agrarie).

Le versioni più avanzate dell’estimo introducono più complesse stime econometriche e statistiche che

consentono di arrivare alla stima di un bene sulla base dei valori (utilità) attribuite alle sue componenti

costitutive da parte di consumatori e investitori. Uno di questi approcci comprende i modelli edonici.

Le stime possono essere effettuate anche sulla base di modelli urbani5.

Validazione

La validazione è una verifica/prova con cui si dimostra l’accettabilità o la congruità di una operazione

rispetto ad un set di criteri o vincoli. Nel campo delle opere pubbliche verifica e validazione assumono

carattere di certificazione che attesta la conformità e la appaltabilità di un progetto. In Italia, la

validazione è rilasciata dalla stazione appaltante nella persona del responsabile unico del procedimento

(Rup), previa verifica tecnica effettuata da apposito ente di ispezione in possesso delle necessarie

qualificazioni. La validazione si riferisce generalmente al progetto inteso come processo progettuale

4 Per questa ragione, in ACB si introducono i fattori di correzione. 5 La modellistica al riguardo è considerevole e rinvia, in termini molto generali, a due paradigmi delle scienze urbane e

regionali: il primo considera le relazioni dipendenti dalle localizzazioni, il secondo le localizzazioni dipendenti dalle

relazioni. Sugli effetti modellistici del secondo paradigma si sofferma M Batty, 2013, The new science of cities, The MIT

Press, Cambridge, Ma. Sul ruolo dell’informazione nei modelli estimativi vedi K I McDonald, 2000, ‘Use and valuation:

information in the city’, Urban Studies 37(10), pp. 1881–1892.

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nelle componenti di qualità, conformità, soddisfacimento di requisiti. La verifica dei progetti di opere

pubbliche è prevista dalla disciplina dei lavori pubblici, in particolare dalla Legge 109/94 (legge

‘Merloni’) integrata dal D.L. 163/2006 e modificata dal D.L. 18 aprile 2016, n. 50 (nuovo codice degli

appalti). L’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), authority che vigila sui conti pubblici, ha il compito

di valutare la correttezza delle stime economiche del Governo (Def, Note di aggiornamento e così via),

confrontandole con un panel di previsioni indipendenti. Nel caso di manovre di politica economica la

procedura di validazione assume un range previsionale di crescita (ad esempio fra lo 0.8 e l’1.1%)

verificando il ‘rischio di revisione’ di punti salienti della manovra. Ad esempio, la manovra potrebbe

assumere che un aumento del deficit di 0.4 punti percentuali possa spingere la crescita di 0.5 punti,

affidandosi ad un robusto moltiplicatore degli investimenti pubblici. Il moltiplicatore potrebbe essere

considerato da Upb troppo ottimistico in condizione deflattiva e, quindi, una incongruenza, fornendo

elementi utili alla sua comprensione. Il ruolo di Upb (che interviene ex-ante) si distingue da quelli della

Ragioneria Generale dello Stato (Rgs) e della Corte dei Conti (Cc). Rgs è un organo di supporto tecnico

del Governo (lo aiuta a trasformare obiettivi in previsioni plausibili), mentre Cc interviene ex-post con

approccio giuridico-contabile. In campo urbanistico la validazione avviene a livello di adozione (da

parte della amministrazione locale o dell’ente competente) e di approvazione da parte della Regione,

della Provincia o della Città metropolitana. Si tratta di un doppio processo istruttorio, generalmente

sostantivo a livello di adozione e procedurale a livello di approvazione.

La validazione di una azione valutativa è di ordine superiore e rinvia al dinamico rapporto fra validità

interna ed esterna.

Valutazioni esplorative

Insistendo sull’utilizzo della valutazione per migliorare le performance e i risultati di un programma, J

S Wholey consiglia due operazioni esplorative e a basso costo, molto utili alla costruzione del disegno

valutativo: evaluability assessment (EA) e rapid-feedback evaluation (RFE). Si tratta di operazioni

preliminari, utili alla conoscenza di ciò che si intende valutare, delle ragioni per cui si valuta e del loro

contesto sociale, della disponibilità dei soggetti interagenti a valutare e dell’utilità attesa dell’esercizio

valutativo. Queste operazioni sono tanto più efficaci quanto più si svolgono nella interazione sociale

prima della formulazione di possibili ‘proposizioni valutative’. Esse possono orientare il mandato e

influire in modo decisivo sul disegno valutativo.

EA (detta anche exploratory evaluation) consiste in studi esplorativi finalizzati a due obiettivi

principali: a) verificare se un programma è pronto per una valutazione utile; b) giungere ad un accordo

fra valutatore e stakeholder circa la configurazione della funzione valutativa, in particolare il

riconoscimento di obiettivi realistici, dei criteri valutativi, del fabbisogno informativo e degli usi che si

intende fare dell’informazione generata dalla pratica valutativa. EA è un processo a sei fasi che

comprende il coinvolgimento degli intended user e di altri stakeholder (1), l’abbozzo del disegno del

programma (2), l’esplorazione della ‘realtà’ del programma (3), la plausibilità del programma, ovvero

la probabilità che le attività previste dal programma generino gli effetti previsti (4), l’accordo su

eventuali variazioni nel design e nella attuazione del programma (5) e, infine, l’accordo con gli

intended user su oggetto e utilizzo di ogni altra azione valutativa.

RFE (detta anche short-term evaluation) consiste in studi-pilota finalizzati a riconoscere e stimare gli

effetti del programma, indicare eventuali errori di stima, incertezze e rischi, testare disegni per sforzi

valutativi ulteriori. RFE si articola in cinque fasi. Nella prima si organizzano i dati esistenti sulle

performance del programma in termini di obiettivi programmatici condivisi; nella seconda si integrano

i dati sulle performance del programma in termini di obiettivi condivisi (possono essere diversi dai

precedenti); nella terza si stima l’efficacia del programma evidenziando l’incertezza delle stime per

evidenze contraddittorie o per ridotta dimensione campionaria; nella quarta fase si precisano le opzioni

da sottoporre ad una valutazione definitiva in termini di fattibilità, costi, utilità probabile e così via;

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nell’ultima fase si conclude un accordo con gli intended user sul design e l’uso di ogni altra

valutazione.

Soprattutto EA è utile in programmi consistenti, distribuiti nello spazio e nel tempo, in cui le

responsabilità manageriali sono disperse, i criteri poco chiari soprattutto sul piano semantico e i

risultati attesi non del tutto evidenti. RFE contribuisce a riconoscere il valore probabile di uno sforzo

valutativo programmato 6 . Possono essere ricondotti a RFE anche gli approcci di tipo euristico

cosiddetti quick and dirty7.

Secondo Wholey, completano il quadro della valutazione esplorativa e di breve periodo i sistemi di

misurazione di performance (di gestione, di budget, ecc.), di processi e impatti (in ottica trans-scalare o

gerarchica) e i monitoraggi sugli usi dei risultati della valutazione. Insieme, questi strumenti possono

arricchire l’apprendimento organizzativo.

Stima/identificazione dei fabbisogni (need assessment)

In un contesto statico o dinamico la stima/identificazione dei fabbisogni è una pratica analitica spesso

richiesta dalla valutazione per cogliere i significati di priorità e, a partire da queste, proporre

l’allocazione di risorse disponibili. I fabbisogni possono emergere come istanze dalle interazioni

sociali. Identificazione e stima consentono di costruire eventuali ‘funzioni valutative’ Fv (f, v, o, c, a)

con f frame, v valori, o obiettivi, c criteri, a opzioni/alternative.

Il fabbisogno può essere definito come differenza (gap) fra uno stato attuale e uno stato atteso

relativamente a descrittori o criteri rilevanti. Del o dei gap viene riconosciuta l’importanza, ricorrendo

ad eventuali ordinamenti (ranking); vengono identificate specifiche cause e proposte soluzioni in un

piano d’azione. Il fabbisogno diventa priorità se riconosciuto problematico in un contesto sociale. Lo

stesso need assessment potrebbe essere valutato da diversi punti di vista.

Nel dimensionamento dei piani urbanistici, in programmi di rigenerazione o in politiche settoriali viene

stimato il ‘fabbisogno abitativo’ come somma di fabbisogno pregresso, adeguamento delle condizioni

abitative esistenti a standard accettabili, risposta a quantità e profili di domanda abitativa futura.

6 Vedi J S Wholey, ‘Using evaluation to improve program performance and results’, in Alkin M (ed.) 2013 Evaluation

Roots: A Wider Perspective of Theorists’ Views and Influences, Sage, Thousand Oaks, CA, p.262. 7 Gli approcci euristici di tipo quick and dirty vengono seguiti a fini esplorativi o in contesti di difficile accesso ad

informazioni sistematiche per ragioni logistiche, politico-culturali, di sicurezza e così via. In alcuni casi sono affiancati a

valutazioni di tipo etnografico. Un esempio datato (ma interessante perché riferito agli inizi della Rete), riguarda il design di

‘interfacce utente’ nei siti web, vedi J Nielsen, R Molich, 1990, ‘Heuristic evaluation of user interfaces’, Proceedings ACM

CHI'90 Conference (Seattle, WA, 1-5 April), pp. 249-256. L’euristica riguarda i seguenti temi: visibilità dello stato del sito

(gli utenti devono essere informati su quanto sta accadendo con feed-back in tempi ragionevoli); relazione fra architettura,

funzionamento del sito e mondo reale (il sito deve parlare il linguaggio dell’utente, in modo familiare, generando

informazioni in modo naturale e secondo un ordine logico); controllo e libertà dell’utente (in caso di uso errato di una

funzione, l’utente dovrebbe essere in grado di uscire e rientrare con operazioni undo e redo); consistenza e standard

nell’utilizzo di parole, frasi, ecc.; prevenzione degli errori con procedure precedenti l’azione; minimizzare l’archiviazione di

informazioni e renderle disponibili su semplice richiamo; flessibilità ed efficienza per utenti esperti ed inesperti; facilità

dialogica in ambiente esteticamente valido e minimalista (non ridondante); help per diagnosi e recovery.

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Valutazione orientata agli obiettivi (objective-based)

Questo tipo di valutazione si concentra sulla specificazione e selezione di obiettivi singoli, multipli, o

raggruppati per classi o temi. Agli obiettivi sono correlabili azioni per il superamento di eventuali

ostacoli. I risultati rilevati sono così riferiti ad obiettivi espliciti e, oltre a contribuire alla valutazione di

efficacia, generano informazioni utili sul progetto/programma, sulla sua replicabilità e, più in dettaglio,

su questioni decisionali e di rendicontazione 8 . Non mette in discussione gli obiettivi definiti (o

dichiarati), considerandoli uniche fonti di significato e valore. Discrimina ciò che si ritiene appartenga

ad altri domini, come gli imprevisti o gli effetti collaterali. Si può dire che questa ‘discriminazione’,

isolando l’imprevisto, in qualche modo lo legittima.

Una versione semplificata (generalmente ex-post) è la valutazione di differenza, divario o discrepanza

(discrepancy evaluation) che, esplicitando obiettivi e risultati attesi, ne misura la distanza specifica e/o

rispetto a standard, benchmark o con il confronto a profili ideali. La distanza può essere interpretata

con suggerimenti per una sua eliminazione o riduzione. Le distanze possono essere misurate e

interpretate anche rispetto agli input e al processo. Può essere uno strumento prossimo al CIPP o utile

in prospettiva costruttiva o formative.

Questo tipo di valutazione viene criticato per varie ragioni: ad esempio, per la difficoltà di definire con

precisione obiettivi e misure o perché il loro raggiungimento può essere apprezzato solo a conclusione

del programma, ma anche perché di questo non si considera il merit o perché non ci si interessa dei

risultati inattesi.

Valutazione indipendente dagli obiettivi (goal-free)

Questo approccio è motivato dalla cosiddetta ‘critica agli obiettivi’ (goal critique). Non è, infatti,

scontato che gli obiettivi di un progetto rappresentino un uso accettabile, se non ottimale, delle risorse

disponibili per rispondere a determinati bisogni o domande. La relazione fra obiettivi e risorse è

biunivoca: la disponibilità di risorse può motivare alcuni obiettivi, ma possono essere anche gli

obiettivi a ‘creare’ risorse, aiutare a scoprirle e utilizzarle. Una risposta può essere fornita da indagini di

supporto di tipo need assessment, attente a questa relazione biunivoca. Non è neppure scontato che gli

obiettivi abbiano un fondamento culturalmente valido, che rispondano a principi etico-morali o che

intendano volutamente limitarne la portata. Inoltre, è noto che ogni azione genera effetti collaterali o

esternalità di vario genere attribuibili a soggetti diversi dai beneficiari (o dalle vittime) dichiarati/e.

Non è sempre chiaro il modo in cui effetti attesi e inattesi rispondano a bisogni, vincoli o frame

etico-culturali dei soggetti interessabili. Ma un quesito più generale riguarda il processo di generazione

degli obiettivi stessi: dati in EV, incognite in PV. Questo processo (inclusa la sua valutazione) è

consistente con bisogni, culture e principi etico-morali?9 E’ efficace in termini di costo (in senso lato e

non soltanto monetario), può fornire un utile riferimento per esperienze analoghe senza rinviare agli

scomodi concetti di esportabilità, replicabilità e sostenibilità.

La valutazione goal-free può essere considerata complemento della valutazione orientata agli obiettivi.

Viene incaricato un analista/valutatore (goal-free investigator - Gfi) per riconoscere che tipo di effetti

8 Vedi il seminale R Tyler, General Statement on Evaluation del 1942, importante contributo alla valutazione del sistema

educativo Usa. 9 M Scriven, ‘Conceptual revolution in evaluation. Past, present and future’, in Alkin M (ed.) 2013 Evaluation Roots: A

Wider Perspective of Theorists’ Views and Influences. Sage, Thousand Oaks, CA, p. 177.

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può generare o aver generato un progetto indipendentemente dagli obiettivi. Gfi viene informato sui

beneficiari del progetto e in merito al contesto in cui opera, ma ignora gli obiettivi. Analizza che cosa il

progetto ha prodotto o sta generando, verifica le istanze dei beneficiari (bisogni, domande, ecc.) ed

evidenzia come il progetto si relaziona al contesto, con quali meccanismi interagisce e così via.

Riconoscendo ciò che il progetto genera, Gfi non formula giudizi di valore su ‘verità’ o ‘falsità’ degli

effetti, sulla loro pertinenza o rilevanza, né distingue gli obiettivi dichiarati da quelli ‘praticati’. La

conoscenza di queste cose è ‘irrilevante’ rispetto a ciò che accade realmente. Si concentra su processi

ed effetti (realizzazioni, risultati e impatti) rispetto a domande e bisogni sociali cui il progetto intende

rispondere. In certe circostanze è l’unico modo per evidenziare ‘deviazioni’, effetti collaterali,

esternalità e riconoscere i valori di un’azione progettuale indipendentemente dagli obiettivi. Il risultato

viene confrontato con la valutazione orientata agli obiettivi. I due tipi di valutazioni possono essere

condotte in simultanea per consentire una plausibile comparazione dei risultati.

La valutazione goal-free può essere effettuata in modo manageriale, democratico o pluralista, o con

impianto pragmatista sensibile al pluralismo dei valori.

Valutazione di risultato in termini di valore aggiunto (outcome evaluation as value added assessment)

Evidenzia miglioramenti lungo trend di risultato. Ad esempio, l’applicazione di dispositivi di

compensazione ecologica potrebbe ridurre tendenzialmente il consumo di suolo a fini edificatori in un

determinato contesto territoriale e/o migliorare l’offerta di servizi eco-sistemici.

Valutazione degli impatti

Gli effetti di un’azione possono essere apprezzati come realizzazioni (output), risultati (outcome) e

impatti. E’, quindi, consigliabile non assimilare l’impatto ad un generico effetto, ma ad una sua

declinazione specifica. Non è appropriato misurare l’impatto neppure come misura di una variazione in

termini di realizzazione o di risultato, a meno di non riferire entrambe a una determinata ‘popolazione’

o ad un ‘contesto di riferimento’.

La definizione utilizzata nelle pratiche valutative non è comunque univoca in quanto l'impatto può

venire inteso come ‘mappa’ di una realizzazione o di un risultato su una popolazione o su un contesto,

ma anche come effetto o contributo di un’azione. Questo tipo di valutazione aiuta a rispondere a due

tipi di quesiti. Con il primo si verifica se un’azione ha generato un impatto positivo o negativo e se vi è

un nesso causale. A questo quesito cerca di dare risposta la valutazione di impatto controfattuale. Il

secondo quesito è più complesso in quanto si intende verificare se un’azione ha generato gli impatti

desiderati o se è successo qualcos’altro, se l’azione ha funzionato, perché ha funzionato e in quali

circostanze. A questo quesito cerca di rispondere in modo discorsivo o formale la valutazione

d’impatto basata sulla teoria.

Per la valutazione di impatto si ricorre spesso a metodi sperimentali, econometrici, fisico-matematici o

alla statistica spaziale, e su di essi si fonda in modo esplicito quello che potremmo definire il

‘movimento’ EV, deciso sostenitore della ‘valutazione scientifica’10.

Spesso ancorata al ciclo di vita di una azione (vedi life cycle assessment, Lca) la valutazione di impatto

si concentra sulla logica di generazione degli impatti, sulla loro dimensione spazio-temporale e sul

modo in cui ‘diffusione’ e interazione’ ne possono modificare la natura. In campo ambientale/

10 Vedi, ad esempio, G Julnes, D J Rog (eds), 2007, ‘Informing federal policies on evaluation methodology: building the

evidence base for method choice in Government sponsored evaluation’, New Directions for Evaluation 113, Jossey-Bass,

San Francisco, 4-12; M W Lipsey, E Noonan (eds), 2009, ‘Better evidence for a better world’, International initiative for

impact evaluation (3ie), Working paper n.2, New Delhi; E Stern et al. 2012, ‘Broadening the range of design and methods

for impact evaluations’, Working paper n. 38, Dept. for International Development, London.

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territoriale/sanitario si ricorre a Via, Vinca, Vit, Vis e ad altre tecniche specifiche. Per la tutela dei beni

storico-culturali è prevista la valutazione di impatto patrimoniale.

La valutazione di impatto viene a volte criticata perché orientata a limitare i danni, i rischi di varia

natura e a stimarne i costi. Nonostante contribuisca ad orientare strategie di risarcimento 11 , la

valutazione di impatto non può sostituire la promozione di azioni in grado di mettere in discussione

condizioni e cause di impatto.

Valutazione sperimentale o quasi-sperimentale12

Con questo tipo di valutazione si cerca di riconoscere e misurare l’effetto netto/lordo (aggregato o

disaggregato) di un’azione progettuale su un target di beneficiari definito ‘gruppo sperimentale’ (Gs).

Gs rappresenta i beneficiari del progetto e il ‘campione’ su cui si testa l’ipotesi di progetto. Gli effetti

devono essere prevedibili e riferiti ad obiettivi progettuali circoscritti. Il grado di raggiungimento degli

obiettivi viene misurato sulla base di descrittori misurabili. Gli obiettivi costituiscono il termine di

paragone della riuscita del progetto, rendendo questo tipo di valutazione goal oriented (orientata agli

obiettivi). Il grado di realizzazione degli obiettivi del progetto (ovvero la sua efficacia) viene assunto

come criterio generale e non si considerano effetti inattesi o collaterali. In presenza di più obiettivi

l’efficacia può assumere forma additiva o moltiplicativa, tenendo conto del carattere cooperativo o

conflittuale degli obiettivi medesimi. La disaggregazione degli effetti può consentire l’apprezzamento

di effetti distributivi del progetto. Poiché si intende verificare se i cambiamenti nel target (Gs) sono da

attribuirsi al progetto (effetto netto) o anche ad altri fattori (effetto lordo) occorre effettuare un vero e

proprio esperimento assumendo che quanto il progetto genera sia spiegabile ricorrendo ad un modello

causale. La teoria della spiegazione causale è basata sul principio della successione nel tempo fra causa

ed effetto e assume vi sia linearità, ovvero che l’entità dell’effetto derivi dall’entità della causa

(proporzionalità causa-effetto).

L’esperimento viene costruito secondo la seguente procedura. In primo luogo si identificano le variabili

da studiare (descrittori di effetti del progetto vs. descrittori della popolazione beneficiaria). Vengono

quindi costruiti in modo casuale i due gruppi (sperimentale e di controllo, Gs e Gc), il più possibile

simili. Si applica, quindi, il progetto su Gs, misurando i descrittori degli effetti e della popolazione

11 La letteratura sulla valutazione economica del danno è imponente e molto influenzata dai modelli assicurativi, fiscali e

dalle pratiche giudiziarie. Per quanto concerne i danni all’ambiente, le proposizioni valutative sono sensibili alle concezioni

di sostenibilità che, com’è noto, variano a seconda si adotti l’approccio tipico della deep ecology, elaborata dal filosofo

norvegese Aarne Naess e sostenuta dal biologo statunitense Paul Erlich, oppure l’ottimismo del riformismo liberale o più

impegnative pratiche di ecologia sociale (vedi, ad esempio, M M Bookchin, 1989, Per una società ecologica, Elèuthera,

Milano 1989; J Biehl, 2015, Ecology or catastrophe: the life of Murray Bookchin, Oxford University Press; V Gerber, F

Romero, 2014, Murray Bookchin, Pour une écologie sociale et radicale, Le Passager clandestin, Neuvy-en-Champagne).

Sulla valutazione economica del danno ambientale nella logica del risarcimento sono esemplificativi i contributi di E De

Francesco, P Rosato, L Rossetto, ‘Valutazione economica del risarcimento per danni all’ambiente’ e di F Nuti, Marco

Stampini, ‘Valutazione economica del danno ambientale in sede giudiziaria’ entrambi in S Moroni e D Patassini (a cura),

2006, Problemi valutativi nel governo del territorio e dell’ambiente, FrancoAngeli, Milano, rispettivamente a pp. 144-162 e

a pp. 163-179. Un invito ad andare oltre la logica della limitazione del danno viene da un protagonista della controcultura e

del movimento bio-regionale Usa negli anni ’60, P Berg. Berg è stato attore di strada con la Mime Troupe e uno dei

fondatori di Diggers, gruppo libertario che nel quartiere hippie di Haight-Ashbury a San Francisco prestava gratuitamente

cure mediche, aiutava a risolvere problemi abitativi, forniva aiuti alimentari, ma soprattutto controinformazione a chi si

trovava in condizioni di bisogno. Una selezione dei suoi scritti a cura di G Moretti è ripubblicata in P Berg, 2016, Alza la

posta! Saggi storici sul bioregionalismo, Edizioni Mimesis. 12 La letteratura sull’argomento è vastissima e si è sviluppata in Usa a partire dagli anni ’60 del secolo scorso. Un

riferimento relativamente recente è DT Campbell, MJ Russo (1999), Social experimentation, Sage, Thousand Oaks, Ca,

anche se va ricordato che a fondamento di questo metodo vi è la statistica fisheriana sviluppatasi nella prima metà del

secolo XX. Per un riferimento in lingua italiana a questo approccio vedi N Stame (a cura), 2007, Classici della valutazione,

FrancoAngeli, Milano.

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prima e dopo il trattamento (progetto). Se le misure del descrittore di effetto sono uguali prima e

diverse dopo, il progetto può esserne la causa. L’esperimento esclude azioni di fattori ‘esterni’ (cosa

difficile nella realtà sociale, più facile in laboratorio) e l’inferenza viene ritenuta possibile soltanto

dopo esperimenti ripetuti con test su possibilità di generalizzazione.

Quando, per ragioni logistiche o etiche, non è possibile costruire i due gruppi a confronto in modo

casuale si passa da una comparazione con-senza progetto ad una comparazione pre-post progetto su un

unico gruppo (Gs=Gc), oppure si segue una procedura quasi-sperimentale, con Gs e Gc non casuali e

selezione dei componenti13. Esistono diverse varianti in proposito.

Questo tipo di valutazione con esperimenti randomizzati o non randomizzati è di grande interesse e può

essere applicato in politiche sociali a precise condizioni. Innanzitutto cause ed effetti devono essere

prevedibili, lineari e sequenziali; le circostanze nelle quali avviene l’esperimento devono rimanere

costanti e con variazioni prevedibili; i siti sperimentali dovrebbero essere ‘isolati’, ovvero non

influenzabili dal contesto. Si tratta di condizioni molto forti e difficili da rispettare in qualsiasi

momento e luogo. Queste difficoltà incoraggiano comunque la riflessione. Le principali evidenze

riguardano i nessi causali non facilmente riconoscibili (black box). Infatti, di cause ignote si possono

conoscere gli effetti, ma potrebbe essere difficile identificare a priori anche gli effetti di cause note.

Questa doppia incertezza sui nessi di causalità fra programma/progetto ed effetti consiglia il ricorso ad

altri approcci come la valutazione fondata sulla teoria o la valutazione realista. In entrambi i casi, al

nesso di causalità si sostituiscono i meccanismi di cambiamento come dominio analitico. Ciò può

avvenire con riferimento ad una ipotetica sequenza azione-risultato (i-o), ma anche nel caso in cui

questa ipotesi non sia plausibile. Nel primo caso si cerca di individuare il meccanismo intermedio che

conduce dalla causa all’effetto atteso; nel secondo, si cercano i meccanismi che possono aiutare la

formulazione di ipotesi sui nessi casuali. Ad esempio: attraverso quali meccanismi il passaggio dalla

tassa alla tariffa riduce i rifiuti, ne modifica la funzione di produzione e i comportamenti di gestori e

utenti? Con opportune indagini sull’utenza e valutazioni di contingenza rispetto a scenari di servizio

potremmo evidenziare come l’introduzione della tariffa riduca gli utili del gestore e generi significativi

effetti distributivi per condizione socio-economica e abitativa degli utenti. Ma attraverso quali

meccanismi tutto questo può avvenire?

Altri limiti riguardano l’affidabilità statistica dei risultati (validità interna) e le difficoltà di

generalizzazione (validità esterna e uso). In alcuni casi potrebbe essere più interessante spiegare perché

in situazioni simili si ottengono esiti diversi.

In sintesi, la valutazione sperimentale viene effettuata su gruppi sperimentali (Gs) e di controllo (Gc)

scelti con procedura casuale (randomized). Si sviluppa mediante comparazione di profili pre-post o

con-senza su criteri ‘discriminanti’. La valutazione non-sperimentale non ricorre a campionamenti

casuali, può limitarsi al confronto dei comportamenti pre-post di Gs, a volte ricorrere a serie temporali

interrotte e ad analisi di discontinuità regressiva (variazioni di intercetta e coefficiente regressivo).

Esempio: come guardare a sperimentazioni locali sul reddito di base da una prospettiva PV o EV

Diversamente dalle politiche macro orientate al sostegno della domanda aggregata e al contenimento

delle diseguaglianze, le sperimentazioni locali sul reddito di base (inteso come minimo vitale e quindi,

13 Per alcuni esempi di valutazione quasi-sperimentale nel campo delle politiche abitative e di rigenerazione urbana in Usa,

vedi T.D. Boston, “The effects of revitalization on public housing residents”, Japa, vol.71, n. 4, Autumn 2005 pp. 393-410;

G Galster, P Tatian J Accordino, “Targeting investments for neighborhood revitalization”, Japa, vol.72, n. 4, Autumn 2006,

pp. 457-474. Interessanti sono anche esperienze di ‘valutazione di impatto sociale’ (vedi dispensa ppt su progetto WB in

Vietnam), le esperienze riportate nelle periodiche rassegne di WB-OED, i materiali didattici di Ipdet (International program

for development evaluation training), la documentazione del Gao in Usa (Gao’s program evaluation and methodology

division) e quella di Oecd/Dac Expert group on aid evaluation. In Italia è molto limitato il ricorso a queste pratiche.

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a certe condizioni, garantito) si misurano con l’efficacia delle politiche urbane e affrontano il

complesso tema ‘città e welfare’. Questo tema ha implicazioni sulla configurazione delle formazioni

sociali urbane e la loro mobilità, sulla costruzione della città fisica, ma anche sulla sua manutenzione e

gestione. In generale, sulle ‘atmosfere’ urbane. Sono rilevanti anche gli innesti su teorie e pratiche del

planning.

In America Latina, in Africa e in India sono stati effettuati diversi esperimenti con esiti interessanti e a

volte contraddittori. Ma al di là degli esiti e degli approcci seguiti, in questi esperimenti risulta

abbastanza evidente come la valutazione non costringa la politica ad abdicare. Neppure la politica si

ritrae irresponsabilmente affidando alla valutazione compiti impropri. Cerca semplicemente di ‘capire’

con un esperimento dal vivo, di cui sono note implicazioni e limiti, che cosa potrebbe generare una

determinata politica sociale.

Un’ esperienza svolta nel periodo più ottimista della experimenting society nordamericana è quella di

Dauphin (Manitoba, Canada). Dal 1974 al 1979 l’amministrazione provinciale e il governo federale

canadese hanno garantito un reddito di base agli abitanti meno abbienti di Dauphin come stimolo al

lavoro14.

Le recenti esperienze in corso in alcune città olandesi e finlandesi15 hanno avviato un interessante

dibattito su obiettivi, strategie ed esiti e quindi sul senso di queste politiche a livello locale. In Olanda

hanno avviato, o stanno comunque discutendo, queste esperienze le città di Utrecht, Tilburg, Maastrict

e Groningen. Esperienze analoghe si stanno valutando in Finlandia.

Verso la fine del 2015 la Giunta municipale di Utrecht16 ha avviato un progetto sperimentale (progetto

pilota) denominato basic income, una sorta di reddito di base incondizionato che dovrebbe permettere

ad un insieme di persone, già beneficiarie di un sussidio sociale, di ricevere ogni mese per due anni tra

900 e 1300 euro mensili (a seconda dello status familiare) senza alcun tipo di obbligo o condizione.

‘Sia chiaro, io non sono né contro né a favore’, dice Victor Everhardt l’assessore al lavoro, ‘ma è un

dato di fatto che il nostro sistema di welfare non funzioni più come una volta. Così abbiamo deciso di

sperimentare cosa può accadere se a persone che già ricevono assistenza, seppur vincolata a una serie

di comportamenti, forniamo lo stesso tipo di aiuto economico slegato da qualsiasi forma di obbligo.

14 L’esperimento (denominato Mincome e interrotto per un cambio di amministrazione) cercava di testare un’ipotesi allora

non comune, ovvero se un reddito annuale incondizionato disincentivasse la propensione al lavoro dei beneficiari e se sì di

quanto. Ogni nucleo familiare riceveva il contributo in cash e chi lavorava se lo vedeva ridotto di 50 cent per ogni dollaro

guadagnato. I risultati hanno evidenziato un certo impatto sul mercato del lavoro locale. Le ore lavorate sono diminuite

complessivamente dell’1% per gli uomini, del 3% per le donne sposate e del 5% per le nubili. Alcuni ritengono queste

variazioni sottostimate, perché i beneficiari sapevano che l’esperimento sarebbe finito prima o poi. In ogni caso, la

riduzione nelle ore lavorate risultava compensata dal tempo aggiuntivo dedicato alla famiglia e all’educazione. Si registrava

cioè un diverso utilizzo del tempo il cui valore poteva essere agevolmente stimato ricorrendo a costi-opportunità. I genitori

dedicavano più tempo ai figli e aumentava la partecipazione a corsi di formazione permanente. Contemporaneamente, gli

studenti miglioravano le prestazioni scolastiche in termini di frequenza, votazioni, promozioni, ma anche impieghi meglio

qualificati e retribuiti. Non è stata effettuata una valutazione conclusiva dell’esperienza, ma Evelyn L Forget (direttrice del

Centro Ricerche dell’Università di Manitoba) ha elaborato (nel 2009-11) le informazioni disponibili mettendo in luce aspetti

ancor più interessanti. Solo le madri giovani e i teenager diminuivano significativamente le ore lavorate. E quelli che

continuavano a lavorare avevano l’opportunità di scegliere il lavoro preferito. Durante il periodo in cui si svolgeva

l’esperimento le visite ospedaliere sono diminuite dell’8.5%, con significativa diminuzione degli incidenti di lavoro,

riduzione delle emergenze per incidenti stradali e abusi domestici. Sono anche diminuite le ospedalizzazioni psichiatriche e

il numero di visite specialistiche in malattie mentali, vedi Evelyn L Forget, 2011, The Town with No Poverty. Using Health

Administration Data to Revisit Outcomes of a Canadian Guaranteed Annual Income Field Experiment, University of

Manitoba. 15 R Fulterer, ‘I Paesi Bassi sperimentano il reddito di base’, Internazionale 28/8 – 3/9 2015, p. 94. 16 Stanno pianificando esperimenti simili altre città olandesi come Tilburg, Groningen, Nijmegen e Wageningen. La

diffusione di questi esperimenti è motivata da un permanente deficit di domanda di lavoro a fronte di un sistema di welfare

che assume la possibilità di azzerarlo, se non trasformarlo in saldo positivo. Se il deficit permane o si aggrava, l’efficacia,

l’efficienza e la stessa equità del sistema di welfare potrebbero ridursi considerevolmente.

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Che cosa faranno? Passeranno il loro tempo seduti sulla poltrona a guardare la tv oppure, senza tutte le

limitazioni imposte, avranno tempo, modi e capacità per reinventarsi una vita? ’ 17 . La Utrecht

University School of Economics 18 , incaricata dello studio, valuta se gli obblighi connessi alla

erogazione di forme di assistenza sociale (come accettare lavori modesti e non graditi, lontani da casa o

senza prospettive di mobilità sociale, pena decurtazione dei sussidi) incentivino significativamente le

persone a trovare lavoro; oppure, se responsabilizzarle garantendo uno stile di vita e un lavoro più

flessibile non possa costituire una alternativa migliore19. I gruppi sperimentali e di controllo sono

composti da 300 persone scelte fra le 9000 che già ricevono assistenza nelle città di Utrecht. Il gruppo

sperimentale (con reddito di base senza limitazioni) verrà confrontato con un primo gruppo di controllo

formato da persone che manterranno il sussidio tradizionale e con un secondo gruppo di controllo

composto da soggetti che riceveranno il sussidio, ma con minori obblighi.

Queste esperienze e le discussioni sugli esiti evidenziano come l’argomento stia entrando nell’agenda

della politica economica anche come risposta alla crisi dei sistemi di welfare nell’economia liberista. In

Italia il dibattito è acceso, ma alle verifiche empiriche e agli studi sul campo si preferiscono più

comode argomentazioni ideologiche. Un referendum effettuato nel 2016 in Svizzera ha registrato una

forte opposizione (78%) alla introduzione del reddito di base incondizionato20.

Nell’esperimento di Utrecht21 i beneficiari (circa 300 e già titolari di sussidio sociale) riceveranno a

determinate condizioni circa 1000 euro al mese in forma di sussidio o come reddito di base

incondizionato. Mentre il sussidio viene percepito durante il periodo di disoccupazione, il reddito di

base può continuare ad essere riscosso anche se il beneficiario inizia a lavorare. Il reddito di base

sarebbe quindi indipendente dalla condizione lavorativa e l’obiettivo dell’esperimento non

riguarderebbe tanto le variazioni delle condizioni di vita dei beneficiari quanto ‘stabilire se il controllo

e le pressioni degli uffici di collocamento sono davvero necessari per motivare i disoccupati a cercare

un impiego o a seguire un corso di specializzazione’22.

L’esperimento (nella logica dell’experimenting society) sta generando un dibattito interessante che non

sembra riguardare in modo prioritario il ruolo degli uffici di collocamento e più in generale

dell’amministrazione pubblica. Vi è chi ritiene che la scelta di non lavorare dipenda dall’entità del

reddito assegnato al beneficiario contro l’opinione di chi ritiene siano altri i fattori determinanti: lo stile

di vita, ad esempio, le strategie di sopravvivenza, la densità delle relazioni familiari o sociali,

l’impegno sociale, e così via. Già queste opinioni pongono interessanti domande alla ricerca valutativa.

Ma un argomento non certo irrilevante riguarda l’attribuzione del reddito di base (o minimo). Deve

limitarsi ad alcune categorie di beneficiari e quindi dipendere da alcune condizioni (da cui la

definizione di ‘reddito di base condizionato’) o va esteso a tutti, incondizionatamente? In questo

secondo caso, che implicazioni potrebbe avere sulle politiche locali di welfare e sulle trasformazioni

sociali?

Il reddito di base verrebbe a sostituire altri sussidi previdenziali o servizi pubblici come le scuole

dell’obbligo e l’assistenza sanitaria modificando radicalmente le politiche locali di welfare sia dal 17 Intervista di G Malatesta a V Everhardt pubblicata in La Repubblica - Il Venerdì, 20/11/2015, pp. 57-58. 18 Responsabile del progetto è Loek Groot. 19 Non va dimenticato che l’Olanda nel 2015 registra un tasso di lavoro part-time pari al 45% (il più elevato nella Ue) e un

tasso di disoccupazione del 7%, inferiore alla media Ue. 20 La proposta prevedeva un reddito mensile, dalla nascita alla morte, di 2.500 franchi elvetici (circa 2.250 euro) per gli

adulti e di 625 franchi (560 euro) per i minorenni, a sostegno della dignità umana e del servizio pubblico. Secondo i

promotori in Svizzera si perdono sempre più posti di lavoro a causa dell'automazione e una percentuale significativa di

persone svolge un lavoro non riconosciuto e non pagato, come la cura dei bambini o di parenti malati o anziani. 21 L Doré, 2015, ‘Dutch city of Utrecht to experiment with a universal, unconditional 'basic income'’, The Independent

(2015-06-26). 22 Ibidem.

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punto di vista della domanda che dell’offerta. Ma potrebbe anche avere importanti effetti sociali,

positivi e negativi. Potrebbe consentire alle persone di occuparsi di più della propria formazione (in

senso lato), di bambini, anziani, infermi, di manutenzione e sicurezza della città, di accoglienza e così

via. Ma potrebbe anche favorire attività socialmente inutili e pericolose.

Le domande poste in questo caso alla ricerca valutativa sono diverse, una fra tutte: il reddito di base

incondizionato è una buona idea per semplificare il welfare? Siamo sicuri che, a parità di prestazioni

attese, non lo complichi o non lo indebolisca?

A titolo esemplificativo e limitandoci al reddito di base incondizionato, vediamo come si pongono

alcune domande in prospettiva EV o PV. La differenza di approccio non è procedurale, ma sostantiva, e

ciò contribuisce a modificare il modo in cui si pongono le domande sia dal lato della domanda che

dell’offerta.

I due approcci differiscono per diverse ragioni, ma le più rilevanti sono ritenute le seguenti: ‘oggetto’ o

argomento della valutazione; attitudine valutativa del ‘soggetto’ o dei ‘soggetti’ nei confronti

dell’oggetto o dell’argomento della valutazione (l’attitudine può essere riconosciuta come ‘regola di

ingaggio’); modalità, forme e tipo di apprendimento durante l’azione valutativa; natura della

conoscenza acquisibile mediante azione valutativa; concetto di dialogo; base di autorità e expertise.

Di seguito una lista di possibili quesiti:

D1 E’ plausibile un reddito di base (Rb) erogato incondizionatamente e indipendentemente dalla condizione lavorativa del

beneficiario?

D2 Quali possono essere le implicazioni di Rb in termini di politiche locali di welfare e di gestione della città?

D2.1 Rb verrebbe a sostituire altri sussidi previdenziali o servizi pubblici come le scuole dell’obbligo e l’assistenza

sanitaria, con effetti sulle politiche locali di welfare sia dal punto di vista della domanda che dell’offerta (depotenziamento

del sistema di welfare o di sue parti)?

D3 Come possono cambiare i comportamenti dei beneficiari a seguito di Rb?

D3.1 motiva i beneficiari a cercare un impiego?

D3.2 motiva i beneficiari a dedicare il loro tempo ad altre attività? Se sì, quali e con quali costi-opportunità?

D3.4 vi sono altri fattori, oltre a Rb, che contribuiscono a modificare il comportamento dei beneficiari?

Lo stile di vita, le strategie di sopravvivenza, la densità delle relazioni familiari o sociali, l’impegno sociale, ecc. Rb è

sinergico con questi fattori?

D4 Quali possono essere le implicazioni di Rb sulle trasformazioni sociali?

D5 Rb contribuisce a semplificare il welfare o lo complica a parità di prestazioni? (ad esempio, aumenta o riduce i costi di

transazione sostenuti dagli uffici di collocamento o comunque dalla amministrazione pubblica?)

Valutazione orientata ai costi

L’analisi dei costi (generalmente monetari) fornisce informazioni utili alla stima del valore

complessivo di un’azione. L’interesse esclusivo per i costi o l’impossibilità/difficoltà di stimare i

benefici monetari possono orientare verso l’analisi costi/efficacia C/E (cost effectiveness) o l’analisi

costi/utilità C/U (cost-utility). Si tratta di analisi mono-criteriali o multi-criteriali aggregate. C/E

consente di stimare i costi relativi al raggiungimento di un determinato obiettivo, come variano i costi a

parità di risultato atteso e come i costi possono variare con il grado (gradiente) di raggiungimento, data

una quantità di risorse limitate23. In altre parole, si assume siano disponibili diverse alternative per

23 Vedi E Quade, 1971, A history of cost-effectiveness (P-4557), Rand Corporation, Santa Monica, CA,

http://www.rand.org/pubs/papers/2006/P4557.pdf. Come ci ricorda Quade, in un piacevole testo che inizia nella valle

dell’Eden, la versione moderna dell’analisi costi-efficacia deriva da una inedita combinazione di teoria economica,

ingegneria e ricerca operativa avvenuta poco prima della II Guerra Mondiale (1940-45). Secondo S A Marglin citato da

Quade (Public investment criteria, MIT Press, MA, 1967, p.16), un contributo economico seminale è del francese Jules

Dupuit (1844) che evidenzia come gli investimenti pubblici generino un monte-benefici superiore all’ammontare dei ricavi

da tassazione in una data comunità. Questo concetto è stato sviluppato da Pigou. Negli Usa, un significativo impulso alla

valutazione C/E (in affiancamento ad ACB) viene dalla approvazione di leggi a supporto di lavori pubblici come il River

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raggiungere un obiettivo, ognuna dotata di potenziale efficacia a determinati costi. Si assume anche che

le efficace potenziali siano confrontabili, condizione non sempre garantita e influente su eventuali

meta-analisi. Trattandosi di un quoziente C/E, un’azione (anche nella forma più astratta di opzione) può

intervenire sia su C che su E. Se più sopra abbiamo considerato come varia E dato C, possiamo anche

verificare come potrebbe variare C dato E.

C/U evidenzia come può essere massimizzata l’utilità (associata ad un insieme di benefici anche

qualitativi) al minor costo. I diversi attributi di utilità associati ai benefici sono ponderati sulla base

delle preferenze dei soggetti coinvolti (promotori, investitori, produttori, beneficiari diretti e indiretti, e

così via), utilizzando la teoria della utilità multi-attributo, metodi diretti o indiretti, dispositivi di

ponderazione/standardizzazione o approcci di teoria delle decisioni. Nelle analisi del rischio e nelle

valutazioni economico-finanziarie degli impatti ambientali si ricorre di frequente alla stima monetaria

dei danni e ai costi da sostenere per evitare un danno probabile (costi incrementali). Questi ultimi (detti

anche avoidance cost, costi di mitigazione o di controllo) evidenziano la differenza fra ciò che si

spenderebbe in uno scenario do nothing o business as usual (Bau) rispetto ad uno scenario

precauzionale. Si tratta di una analisi C/E che consente di stimare il costo minimo per diminuire di una

certa quota l’impatto (target). Il target ottimale (ad esempio, un livello di emissione) si trova

all’intersezione della curva del costo marginale di mitigazione (marginal avoidance cost) e la curva di

danno sociale marginale (marginal social damage). L’intersezione identifica il prezzo-ombra.

L’impatto è considerato ottimale quando i costi marginali sociali di un suo contenimento corrispondono

ai benefici sociali addizionali generati dal danno evitato.

Il nesso fra conseguenze economico-finanziarie di un impatto ambientale e variazioni fisiche (ad

esempio fra costi di emissione e realizzazione di una infrastruttura stradale in contesti climatici definiti)

viene generalmente catturato da modelli di impatto integrato (Integrated assessment models – Iam)24.

Un criterio di efficacia utilizzabile in condizioni conoscitive favorevoli è il rapporto fra rischio residuo

e costi di mitigazione, oppure fra rischio residuo e valore del danno.

In campo filantropico si valutano programmi di cooperazione e aiuto in termini di efficacia della

donazione (grant) e del donatore (relazione fra sua mission e fabbisogni), oltre all’impatto sociale del

programma. Problemi di responsabilità e rendicontazione (social accountability rispetto ad obiettivi,

processi e risultati) non soltanto tecnica spostano le istanze valutative verso modelli di apprendimento,

buone pratiche e approcci di tipo partecipativo coinvolgendo i beneficiari (vedi philantropic

evaluation).

and Harbor Act del 1902 e il Flood Control Act del 1936 con il coinvolgimento dei Corps of Engineers e del Bureau of

Reclamation per quanto concerne i progetti idraulici. Una ulteriore sistemazione della materia è avvenuta con il Green Book

del 1950. Per un quadro aggiornato su C/E vedi H M Levin, 1983, Cost-effectiveness analysis: A primer, Sage, Beverly

Hills, CA e il più recente H M Levin, P J McEwan, 2001, Cost-effectiveness analysis: Methods and applications (2nd

edition), Sage, Thousand Oaks, CA. 24 Vedi R A Ortiz, A Markandya, 2009, ‘Integrated impact assessment models of climate change with an emphasis on

damage functions: a literature review’, BC3 Working Paper Series. Gli autori dividono gli Iam in tre gruppi. Il primo

riguarda modelli di valutazione integrati (fully integrated assessment model) con modulo su struttura e dinamica

dell’economia (incluso il settore energetico) e moduli su clima e danni. Il secondo gruppo comprende modelli di equilibrio

generale non calcolabile (non-computable general equilibrium model) con moduli relativi al clima e al danno. L’eventuale

modulo energetico non è accompagnato da alcuna procedura di ottimizzazione economica, né da scenari ‘esogeni’. Il terzo

gruppo riguarda i modelli di equilibrio generale calcolabile (computable general equilibrium model) orientati

all’ottimizzazione economica su più settori, ma senza modulo climatico.

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Analisi costi-benefici (Acb) aggregata o disaggregata

Acb è una tecnica di valutazione economico-finanziaria organizzata in cinque fasi: analisi dei costi,

analisi dei benefici, comparazione fra costi e benefici, analisi di sensitività e di robustezza,

considerazioni sugli intangibili rispetto ai valori assunti dai criteri unici di sintesi. La comparazione

consente di stimare il flusso di cassa scontato e i benefici netti a prezzi costanti e di calcolare il valore

attuale netto (Van), il saggio di rendimento interno (Sri), il rapporto benefici/costi (B/C), il tempo

ottimo di apertura, il tempo di recovery, e così via. Queste stime sono considerate ‘criteri unici di

sintesi’, la cui stabilità e robustezza è sottoposta a test di sensitività rispetto a variazioni interne o

esterne al progetto. Eventuali esternalità vengono recuperate alla valutazione monetaria, mentre ci si

limita alla segnalazione degli intangibili e della loro rilevanza rispetto alle componenti monetarie.

Acb può assumere forma deterministica o stocastica e può essere disaggregata con procedura Cia/e

(Community impact evaluation/assessment, N Lichfield). La presenza di esternalità e/o di intangibili e

la disaggregazione del flusso di cassa possono consigliare il ricorso all’analisi multicriteri e il

superamento dell’approccio utilitaristico tipico di Acb.

Valutazione strategica (Vs)

La valutazione strategica si presenta in diverse forme. Può essere finalizzata alla costruzione di

strategie (in caso di assenza), alla loro comparazione o al loro miglioramento (se disponibili). Il

carattere ‘strategico’ può emergere dal gioco ‘contro Natura’, fra soggetti con interpretazioni diverse

del rischio di perdita o con interessi contrapposti. Può rinviare a dimensioni economico-sociali,

ecologiche, ambientali, trasportistiche, logistiche, storico-culturali, paesaggistiche, urbanistiche e così

via.

Questo tipo di valutazione aiuta a rispondere a quesiti del tipo: si stanno effettuando le scelte

strategiche giuste? Cosa si impara mentre il progetto/programma cerca di attuare una strategia? Più in

generale, la valutazione strategica può migliorare sia i modelli di azione che di cambiamento alla base

di un progetto/programma, ma soprattutto di una piano o di una politica.

In contesto europeo e con riferimento all’ambiente, la valutazione ambientale strategica (Vas) è

obbligatoria per piani e programmi (con l’esclusione di pochi casi) e viene svolta nella fase di design.

Con indagini specifiche di tipo matriciale o olistico (bionomico) essa verifica la sostenibilità

ambientale (declinazione di equità distributiva intertemporale e di efficacia esterna) di scenari e di

azioni come piani, programmi o politiche secondo le due ottiche indicate in apertura. In sintesi, la Vas

si presenta come azione interna alla costruzione di un piano, di un programma o di una politica; è di

tipo formative in quanto accompagna il design e può modificare anche sostanzialmente un processo

pianificatorio/programmatico, i suoi modelli di azione, implementazione e cambiamento; ha carattere

anticipatorio, in ragione del suo contenuto strategico; è integrata, in rapporto alla complessa definizione

di sostenibilità ambientale che deriva da relazioni fra economia, società, ambiente e istituzioni; è

deliberativa per le modalità di costruzione della decisione. La Vas attiva forme di institutional design,

come i dispositivi di monitoraggio25, e consiglia l’uso di tecniche di scenario writing26.

25 Il monitoraggio è una routine diagnostica di un piano in corso di attuazione, spesso denominata performance

measurement o performance monitoring. La routine può riguardare il processo, le realizzazioni (output) o i risultati

(outcome). Il rapporto con la valutazione è molto stretto in quanto il monitoraggio fornisce elementi utili per apprezzare il

valore di ciò che si è ottenuto o perduto, vedi tabella 2 in T A Schwandt, 2015, p. 21. 26 Lo scenario è qui inteso come compromesso fra proiezioni, previsioni e attese (auspici) e la sua costruzione può

richiedere tecniche qualitative o quantitative.

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Valutazione avversariale

In inglese viene chiamata adversarial evaluation o judicial model of evaluation e si contrappone alla

valutazione collaborativa o partecipativa. Analogamente ai contenziosi legali, questo tipo di

valutazione utilizza le audizioni (hearing) come dispositivo informativo e di confronto. Le audizioni

possono assumere la forma di chiarificazioni, verifiche, revisioni o di veri e propri confronti, con

l’obiettivo di generare un quadro dei pro e contro sulla causa in oggetto, di rappresentare la complessità

delle questioni in discussione, sottolineare se e dove l’evidenza è più o meno robusta, giungere a

conclusioni più convincenti rispetto ad evidenze incomplete o errate. L’esito non è scontato e può

accadere che l’audizione contribuisca ad aprire piuttosto che chiudere le questioni in discussione.

Durante l’audizione ogni questione viene trattata da due o più parti contrapposte, si ascoltano le

motivazioni, si procede a confronti con casi analoghi. La procedura è molto simile ad un dibattimento

in tribunale. Le applicazioni vengono, a volte, erroneamente assimilate a studi di caso o a valutazioni

con metodo misto. Esperienze interessanti sono state effettuate in materia di valutazione dei danni

ambientali, in particolare in occasioni di disastri, come l’inquinamento dovuto a naufragi di petroliere o

incidenti in piattaforme di estrazione, le emissioni liquide o gassose da impianti industriali, oleodotti o

gasdotti per incidenti o inefficiente organizzazione dei cicli di produzione, l’inquinamento da fracking

mining o l’inquinamento delle acque o dei suoli con idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), metalli

pesanti e così via. In Italia costituiscono riferimento importante la stima dei danni ambientali generati

dall’insediamento industriale di Porto Marghera (Venezia) e la richiesta di risarcimento effettuata da P

Leon negli anni ’90. La richiesta di risarcimento è stata effettuata rispetto ad uno scenario di ripristino

della naturalità dei luoghi contaminati nell’intero sito di interesse nazionale.

Secondo questo approccio il programma o il progetto (i loro esiti effettivi o attesi) vengono ‘condotti a

giudizio’ (al κϱιτεϱιον, tribunale). In tribunale il giudice soppesa le motivazioni dell’accusa e della

difesa, sente i testimoni e invita la giuria ad esprimersi. Simulando quanto accade in tribunale, per

attivare questa procedura valutativa vengono selezionati un giudice e una giuria, identificati i criteri su

cui accusa e difesa concordano, selezionate le questioni più rilevanti. Il caso viene preparato indicando

evidenze e testimoni, effettuando una prova generale, raccogliendo accuse, dichiarazioni e

testimonianze, effettuando un vero e proprio dibattimento con valutazione incrociata

(cross-examination). Come prova possono essere portati risultati di analisi o di valutazioni su oggetti o

contesti analoghi, stime di costi/benefici, analisi di contingenza o esiti meta-valutativi27.

Riconoscimento del caso di successo (success case)

‘Looking for something good or bad’ può essere lo slogan dell’approccio success case, attento agli

‘estremi’ (outlier). L’analisi degli estremi (in certi casi punti di forza o di debolezza) è molto diversa

dalla analisi ‘in media’, esito di interpolazioni, compensazioni o discutibili aggregazioni ponderate.

Anzi: si allontana decisamente dalla sua presunta evidenza. In un sistema cartesiano, con x consumo di

suolo a fini edificatori e y dotazione/ funzionamento di servizi ecologici, potremmo registrare un

cluster di punti con trend decrescente: all’aumentare di consumo di suolo dotazioni e performance dei

servizi ecologici tendono a diminuire. Ma vi sono due ‘punti strani’, detti outlier: uno in alto a destra e

uno in basso a sinistra, nei pressi dell’origine delle coordinate. Il primo punto evidenzia una situazione

in cui i servizi ecologici sono performativi nonostante l’elevato consumo di suolo. Ciò può accadere in

27 L Datta, ‘Judicial model of evaluation’, in S Mathison (ed), 2005, Encyclopedia of Evaluation, Sage, London, pp.

214-217.

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presenza di ‘riserve’ ambientali, di reti ecologiche diffuse e dove la diffusione insediativa può

consentire integrazione degli usi, degli spazi aperti e dei suoli non consumati. Il secondo punto

potrebbe rappresentare situazioni caratterizzate da una agricoltura industriale, specializzata e a forte

carico di contaminanti. Il basso consumo di suolo a fini edificatori è correlato ad un uso agricolo

distruttivo di paesaggio rurale ed ecosistemi naturali.

Questo tipo di approccio cerca di rispondere al quesito: con quali azioni si può giungere a risultati

prevedibili o inaspettati, ad esempio collocandosi in uno dei due punti citati? Si potrebbero evidenziare

istanze di successo in contrapposizione a quelle che frenano il progetto o il programma.

Valutazione artistica

In prospettiva EV questo tipo di valutazione si sviluppa secondo tre percorsi principali. Il primo,

orientato alla ‘valutazione educativa’, ricorre alla ‘critica d’arte’ come modello. Il modello si fonda su

teorie estetiche, utilizza eventi, forme letterarie e artistiche del discorso per descrivere l’oggetto

(evaluando), ha un approccio eclettico. Uno dei temi centrali in questo percorso è l’attribuzione e il

conseguente valore che un’opera può acquisire nel mercato, anche se i valori possono essere altri,

fuori-mercato. L’attribuzione può essere effettuata da uno o più esperti, oppure può essere sottoposta a

dibattito critico in mostre comparative28. Si tratta, a ben vedere, di giudizi estetici ‘interessati’ alle

modalità di ricezione dell’opera, decisamente agli antipodi dei giudizi estetici disinteressati nel

valutarne, ad esempio, la bellezza. La contrapposizione fra i due tipi di giudizio sta nell’intendere

l’interesse come sinonimo di egoismo. ‘L’azione disinteressata è quella che ha saputo superarlo’29

andando oltre l’apprezzamento di sé per un apprezzamento dell’altro, del mondo, non solo umano. ‘Il

vero artista non piega il mondo ai propri gusti, ma gli si sottomette’ 30 . In questa prospettiva la

valutazione educativa che ricorre alla critica d’arte cerca di premiare lo sforzo di apprezzamento

dell’altro, di dialogo con l’altro. Il valore dell’opera sta principalmente qui.

Nel secondo percorso si ricorre a forme d’arte e a tecniche artistiche per mostrare gli esiti della

valutazione. E’ un percorso a forte valenza comunicativa. Il terzo rinvia alla serendipity e alla

cosiddetta ‘valutazione creativa’. Quest’ultima può maturare nell’interazione sociale e favorire la

complementarietà di valori ‘artistici’ e ‘scientifici’ in un processo valutativo. La sensibilità artistica può

aiutare a distaccarsi da ‘premesse implicite’, da frame routinari; può creare discontinuità, cambiare

abitudini percettive e valutative, avvicinandosi con pertinenza a significati di contesto o a contesti di

significato.

Le pratiche di ascolto attivo fanno sì che la pratica artistica diventi strumento di conoscenza ad uso non

solo contemplativo, ma progettuale (può essere inteso come quarto percorso)31. Il gradiente PV matura

se si va oltre la logica dell’‘ avvicinamento’ a favore dell’interpretazione.

Valutazione indiziaria

28 Una recente mostra con questo tipo di approccio è stata ‘Attorno a Caravaggio. Una questione di attribuzione’ (ottobre

2016, Brera, Milano). L’uso di uno spazio pubblico per un dibattito critico del genere può sollevare qualche perplessità per

diversi effetti collaterali (com’è di fatto accaduto, vedi D Pappalardo, ‘Brera e le ombre sul presunto Caravaggio’, La

Repubblica, 27/10/2016). Nonostante il museo non si assuma alcuna responsabilità in merito alla attribuzione (offre soltanto

una opportunità valutativa), per certuni agevolerebbe comunque il mercato dell’arte, influendo sul valore di un’opera

appartenente ad una collezione privata e che potrebbe essere destinata alla vendita. 29 T Todorov, ‘Perché l’arte può salvare il mondo’, la Repubblica, 8/2/2017, p. 31. 30 Ibidem.

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Il ‘metodo indiziario’ 32 è sostanzialmente analitico e viene impiegato in campo giudiziario,

archeologico, artistico, statistico, ambientale e così via. Si tratta di un dispositivo di decodifica di

frammenti, di dettagli, di particolari apparentemente marginali sulla base dei quali si potrebbe scoprire

l’invisibile, riconoscere una ‘figura’, una logica coerente o un senso compiuto. In una sorta di

ricomposizione potrebbero emergere nuovi valori e logiche di attribuzione. Se la valutazione è anche

scoperta e attribuzione di valori, il metodo indiziario indica una strada che potrebbe portare ai valori,

piuttosto che essere da questi condizionata fin dall’inizio.

Valutazione basata sulla (guidata dalla) teoria (theory-based)

Generalizzabilità e causalità 33 sono alla base della valutazione basata sulla teoria (theory-driven)

appartenente, forse, più di ogni altra al dominio EV. In primo luogo, essa intende fornire evidenza

valutativa all’azione, sia come evaluando che come inter-azione, riconoscendole una sorta di credibilità

scientifica e di utilità pratica. In questa prospettiva riprende con forza i concetti di validità interna ed

esterna, il primo orientato alla credibilità, il secondo all’utilità34. In secondo luogo, per superare i limiti

dell’approccio black box (che evidenzia relazioni fra intervento e risultato), questo tipo di valutazione

usa la teoria del programma (piano, progetto o politica) come framework concettuale per espandere il

proprio scopo oltre la relazione intervento-risultato.

Il problema è cosa si intenda per teoria del programma o del progetto e come essa possa emergere

dall’interazione sociale. Possono coesistere infatti diverse teorie e diverse modalità di ‘emersione’. Per

i sostenitori di questo tipo di valutazione la teoria del programma è una configurazione sistematica

degli assunti prescrittivi e descrittivi degli stakeholder, assunti che stanno alla base del programma in

modo esplicito o implicito. Gli assunti descrittivi aiuterebbero a configurare il ‘modello di

cambiamento’ a cui il programma allude, ovvero i processi causali che potrebbero consentire il

raggiungimento degli obiettivi del programma. Gli assunti prescrittivi configurano il ‘modello di

azione’ cui il programma allude per generare i cambiamenti attesi sulla base delle risorse disponibili. I

due modelli contribuiscono ad esplicitare la teoria del programma così come intesa dagli stakeholder (o

da esperienze analoghe documentate) e consentono alla valutazione basata sulla (guidata dalla) teoria di

incorporare meccanismi causali e fattori contestuali35.

Lo snodo fra i due modelli è costituito dalla attuazione (implementation) del programma, ispirata al

modello di azione e generatrice del modello di cambiamento36. L’attuazione diventa così un processo

che, motivato da un modello di azione, attiva un cambiamento in un determinato contesto, utilizzando

risorse disponibili. Non è difficile riconoscere come la teoria dell’attuazione (implementation theory)

rinvii alla teoria del progetto e si affianchi alla valutazione orientata alla (o guidata dalla) teoria. Il

modello di cambiamento descrive il processo causale generato dal programma, ovvero le relazioni fra

intervento (trattamento), determinanti e risultati. Si suppone, infatti, che l’intervento generi risultati

31 M Sclavi, 2003, Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, Bruno Mondadori

Editore, Milano. 32 C Ginzburg, 1979, Spie. Radici di un paradigma indiziario, Einaudi, Torino. Utili i riferimenti a Freud, Doyle, Morelli e

altri. 33 Secondo D Campbell ogni test di connessione causale comporta forme di generalizzazione in relazione a cinque domini:

causa, effetto, popolazione, esposizione ai trattamenti (setting), tempo. 34 H T Chen enfatizza questa prospettiva quando dice: ‘while Campbell prioritized internal validity and Crombach

prioritized external validity, theory-driven evaluation views both types of validity as essential; both need to be

systematically addressed in evaluation for producing useful results’, in M C Alkin(ed), 2013, cit. p. 114. 35 H T Chen, in M C Alkin(ed), 2013, cit. pp. 114-115. 36 Per uno schema concettuale della teoria del programma vedi H T Chen, idem, p.117.

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ancorati a obiettivi definiti attivando uno o più determinanti. Un determinante (detto anche mediatore o

variabile ‘che attiva’) è un meccanismo, un leverage o dispositivo che riconosce e attiva una relazione

causale. Il determinante è l’elemento strategico del programma, nel senso etimologico di ‘guida’, e ad

ogni programma si richiede l’identificazione dei determinanti37 in grado di consentire all’intervento di

raggiungere i risultati, di rispondere a domande potenziali (fabbisogni) o effettive. Il modello di azione

prende forma nella interazione sociale/ambientale che diventa, di fatto, il supporto micro e

macro-ecologico (ecological context). A livello micro sono i profili sociali, psicologici e materiali dei

soggetti che decidono di istituire forme di collaborazione o partnership ad attivare azioni e strumenti

attuativi finalizzati a determinati target. Fra i target vi sono gli utenti del programma (beneficiari o

vittime) e la loro identificazione è significativamente correlata al determinante. A livello macro sono le

dinamiche culturali, giuridiche, socio-economiche di contesto che favoriscono o contrastano il

programma. Se non sono adeguate, le capacità del dispositivo attuativo vanno create, identificati gli

attuatori del programma (competenza, qualifica, impegno, entusiasmo e altro) e definiti i protocolli

procedurali. Per l’attuazione possono essere partnership38 organizzative o comunitarie.

In questo approccio è prevista la costruzione di una teoria del programma da utilizzare come guida alla

valutazione. La teoria descrive in modo plausibile e difendibile come il programma dovrebbe operare

in determinate circostanze. Un programma prevede (inter-)azioni per il cambiamento. Di conseguenza,

la teoria del programma riguarda i modelli di (inter-)azione e i modelli di cambiamento. Il rapporto fra i

due tipi di modelli non è necessariamente lineare: possono infatti interagire e influenzarsi a vicenda. Un

piano urbanistico strutturale può attivare diversi modelli di (inter-)azione come la perequazione, la

compensazione ecologica, l’uso (o l’abuso) di diritti edificatori, il disegno di armature ambientali o

storico-culturali e così via. Ad ognuno di questi modelli può essere associato uno o più modelli di

cambiamento relativi alle morfologie insediative, alle performance eco-sistemiche, a dispositivi di

garanzia o di tutela, ad impronte, schemi di urbanizzazione o di uso del suolo. E questi modelli di

cambiamento hanno implicazioni economiche e sociali molto evidenti.

Obiettivo della valutazione basata sulla teoria è fornire informazioni non soltanto su valori o

performance di un progetto/programma/piano, ma su come e perché emergono determinati valori o si

raggiungono determinate performance. Un progetto, in quanto azione routinaria o di rottura e ipotesi di

trasformazione della realtà, può essere dotato di teoria. Questa teoria può essere più o meno condivisa e

testata nell’esperienza. Può appartenere ad una classe di progetti di cui si sa come, in condizioni simili,

vengano proposti obiettivi e prodotti risultati. Esiste, quindi, il progetto con la sua teoria che potrebbe

non essere molto diversa dalla teoria di una classe di progetti simili. Ciò consente di verificare la

validità interna sulla base della teoria del progetto e la validità esterna (spesso implicita) mediante

l’analisi dei modi in cui il progetto si comporta in modo simile a o diverso da un futuro progetto a cui si

intende applicare il disegno valutativo.

37 Il determinante può essere un meccanismo, ma nell’accezione di Chen e di altri autori è un leverage identificato dal

programma, in assenza del quale il programma non sarebbe plausibile. Il modello valutativo realista considera il

meccanismo come un dispositivo esterno, non sempre identificabile ex-ante, che influisce sul programma e la sua teoria.

Infatti, uno dei compiti della valutazione realista è scoprire i meccanismi e non darli per acquisiti. 38 Partnership possono nascere ed esaurirsi già in fase di design, oppure proseguire nell’attuazione e sopravvivere alla stessa

conclusione del progetto. Alcuni tipi di partnership si sviluppano anche dopo che il progetto è stato ultimato rafforzandone

la sostenibilità. Si ricorda che la partnership può essere oggetto di valutazione specifica, vedi in proposito gli studi effettuati

da Operation Evaluation Department (OED) sotto la direzione di R Picciotto e il più recente guest blog post di Tiina

Pasanen in Betterevaluation.org/newsletter, ‘How can we assess the value of working in partnership’, 21/6/2016 2016

'M&E on the Cutting Edge' Conference Partnering for Success.

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La teoria può essere assunta anche in modalità esplorativa nella azione valutativa e riguardare in modo

lineare sia il processo (input, attività, risultato) che la generazione degli effetti (iniziali, intermedi o di

lungo periodo). Diventa non lineare quando in un contesto valutativo si evidenziano le relazioni fra

modello di azione e modello di cambiamento. Quando il progetto è esito possibile (o non

completamente determinabile) di una interazione, potrebbe presentarsi senza teoria, con una teoria

implicita o con una teoria molto debole, tutta da costruire.

Abbiamo visto come la valutazione basata sulla teoria costruisca un proprio modello interpretativo a

partire dall’esperienza (del progetto e della valutazione stessa). Il modello può essere di tipo causale

(O-I-E), reticolare, esplorativo {O,I,E} o di altro genere. Questo tipo di valutazione è particolarmente

utile quando i soggetti che partecipano al progetto e alla valutazione cercano di identificare quali

componenti di progetto operano in modo plausibile e quali no. E’ orientata più che alla rendicontazione

alla riduzione dei gap fra assunti (alla base della teoria) e pratiche.

Esistono diversi ‘modelli’ applicati a diverse componenti della struttura concettuale del progetto o del

programma, in genere riferiti al cosiddetto life cycle assessment (Lca): processo (modello di azione vs.

attuazione), meccanismi o mezzi (che permettono a determinati interventi di generare risultati), fattori

(moderatori) che agiscono sulla relazione interventi-risultati. Il modello integrato processo-risultato

valuta il successo/insuccesso dell’attuazione (implementation success) assumendo l’attuazione

(implementation) come raccordo fra logica del programma e interventi. Per ottenere i risultati

l’intervento attiva (o richiede) alcuni determinanti (meccanismi, mezzi, fattori) secondo una o più

teorie dell’azione. I determinanti, a loro volta, generano i risultati secondo logiche che la valutazione

evidenzia.

CIPP (context, input, process, product)39

Un progetto opera in un contesto (C) e si presume risponda a bisogni e a domande ritenuti prioritari:

l’urgenza e la gravità di bisogni e domande vengono riconosciute sulla base di valori. A bisogni e

domande il progetto cerca di rispondere ponendosi alcune finalità (goal). Queste finalità sono quindi

declinabili in obiettivi operativi raggiungibili con azioni specifiche. I corsi di azione compongono le

strategie, intese come input (I). Le azioni vengono a loro volta effettuate secondo processi più o meno

adattabili (P) per generare risultati o prodotti (P). Nelle quattro dimensioni valutative (C, I, P, P) sono

riconoscibili diversi tipi di valore (o disvalore): i valori che il contesto attribuisce a bisogni e domande;

i valori delle strategie intese come input, ovvero come risorse di progetto; i valori di processo

imputabili alle sue caratteristiche di rigidità o adattabilità e, infine, i valori attribuibili ai risultati o ai

prodotti dai diversi soggetti.

Per il suo carattere ‘aggregativo’ e sistemico può essere inteso come ‘modello di modelli’ o, più

semplicemente, come ‘logica di connessione valutativa’. Propone, infatti, un frame utile a svolgere

valutazioni di tipo formative e summative sfruttando la relazione fra contesto, strategie (input),

attuazione (implementation o processo) e risultati. Il frame viene costruito a partire dall’insieme dei

valori principali (core value) identificando quattro ‘dimensioni’ valutative. La prima riguarda la

relazione valori-goal. Essa consente di valutare il contesto (interno/esterno) e le sue istanze; consente

39 CIPP viene considerato dall’autore ‘an improvement and accountability-oriented approach’, vedi D L Stufflebeam, C L S

Coryn, 2014, Evaluation Theory, Models & Applications, Jossey Bass, A Wiley Brand, San Francisco, CA (second edition),

pp. 309-340.

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di apprezzare problemi, risorse e possibilità fra cui i suoi ‘progetti impliciti’ (non riducibili a mere

‘vocazioni’); consente, infine, di riconoscere potenziali beneficiari. Il contesto può essere sociale,

politico, ecologico, economico, ma anche di progetto e quindi valutativo. La seconda dimensione rinvia

alla relazione valori-strategie e attiva la valutazione degli input necessari al raggiungimento dei goal.

La relazione valori-azioni attuative caratterizza la terza dimensione che orienta la valutazione di

processo (implementation) attenta al modo in cui le azioni mobilitano gli input. Vi è, infine, la

relazione valori-prodotto/risultato che consente la valutazione del prodotto finale nelle componenti

attese e inattese.

In termini semplificati40 , la valutazione di contesto evidenzia l’urgenza di eventuali cambiamenti

sociali, economici, ambientali, istituzionali che il progetto ipotizza. Si identificano gli ostacoli al

cambiamento e gli obiettivi per favorirlo. Se già si dispone di soluzioni, si attivano senza procedere

oltre, altrimenti si verifica l’opportunità di ricorrere a strategie diverse. La loro plausibilità viene testata

nel contesto e utilizzata per avviare azioni specifiche. L’attuazione può generare buoni risultati

(performance), e se processo ed esiti sono ritenuti validi, la strategia viene proposta come dispositivo di

cambiamento, altrimenti viene sottoposta ad ulteriori test o definitivamente abbandonata.

Si tratta quindi di una analisi sistematica dei valori di un oggetto con formulazione di giudizi sulla base

di criteri di qualità, valore per sé, correttezza, equità, fattibilità, costo, efficienza, sicurezza e

significatività. Com’è evidente, il modello ha pretese di oggettività e può accompagnare un processo di

design (dall’urgenza di un cambiamento alla valutazione di performance) o un itinerario inverso, dalla

performance alle domande di contesto.

Per ciascuna delle quattro dimensioni il modello specifica obiettivi, tecniche e modalità d’uso. Ma

l’aspetto più rilevante è la connessione fra le quattro dimensioni. Obiettivi, tecniche e modalità d’uso

possono essere esplicitati in una matrice 4x4 le cui relazioni interne sono esemplificate dal flow chart.

Ad esempio, i risultati di un progetto possono essere apprezzati non solo per ciò che rappresentano, ma

anche rispetto al profilo di contesto, alle strategie e all’insieme delle azioni attuative. Ex-ante, un

approccio del genere dilata il dominio valutativo del progetto; in itinere consente interventi ‘correttivi’

su tutti e quattro i domini, mentre ex-post può arricchire la comprensione di quanto realmente accaduto.

In sintesi, si tratta di un modello valutativo che contestualizza la relazione O-I-E, relativizzandola. Il

processo non è semplice modalità d’uso di I per generare E, ma una pratica contestuale. Per questo, può

essere utile nella valutazione di programmi predisposti nella forma di portfoli-progetti (program

evaluation).

40 Vedi flow chart di fig. 13.2, p, 333 in D L Stufflebeam, C L S Coryn, 2014, Evaluation Theory, cit.


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