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Calvino 1

Date post: 03-Aug-2015
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Italo Calvino “lo scoiattolo della penna”
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Italo Calvino

“lo scoiattolo della penna”

“Io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere. (quando contano, naturalmente). Perciò dati

biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra.

Mi chieda pure quel che vuol sapere, e glielo dirò. Ma non le dirò mai la verità, di questo può

star sicura.”

(Lettera a Germana Pescio Bottino, 9 giugno 1964)

Nasce a Santiago de Las Vegas (Cuba), nel 1923.

La marmorea scritta all'entrata della Stazione Sperimentale per la

Floricoltura di San Remo “Sono cresciuto in una cittadina

che era piuttosto diversa dal resto dell’Italia, ai tempi in cui ero bambino: San Remo, a quel tempo ancora popolata di vecchi inglesi, gran duchi russi, gente eccentrica e cosmopolita. La mia famiglia era piuttosto insolita sia per San Remo sia per l’Italia d’allora (…) scienziati, adoratori della natura, liberi pensatori (…). Mio padre, di famiglia Mazziniana, repubblicana, anticlericale massonica, era stato in gioventù anarchico e poi socialista riformista. (…); mia madre, di famiglia laica, era cresciuta nella religione del dovere civile e della scienza, socialista interventista nel ‘15 ma con una tenace fede pacifista.”

“A poco a poco, attraverso le lettere e le discussioni estive con Eugenio venivo a seguire il risveglio dell’antifascismo clandestino e ad avere un orientamento nei libri da leggere: leggi Huizinga, leggi Montale, leggi Vittorini, leggi Pisacane: le novità letterarie di quegli anni segnavano le tappe d’una nostra disordinata educazione etico-letteraria.”

L’amicizia con Eugenio Scalfari

1943 entra nella Resistenza

1946 collaborazione con la casa editrice Einaudi 1947 laurea in Lettere

L’incontro con

Pavese e Vittorini

“Casa Einaudi ha un posto molto grande nella mia biografia, è stata la mia università. Ho cominciato a lavorarci quando ero un ragazzo senza arte né parte e trovarmi in un ambiente interdisciplinare, aperto alla cultura mondiale ha avuto una importanza decisiva nella mia formazione. ”

Scrive Pavese nella Prefazione alla prima edizione:

“stimolato da una materia spessa e opaca, caotica e tragica, passionale e totale, -la guerra civile, la vita partigiana, da lui vissuta alle soglie dell’adolescenza – Italo Calvino ha risolto il problema di trasfigurarla e farne racconto colandola in una forma fiabesca ed avventurosa, di quell’avventuroso che si dà come esperienza fantastica di tutti i ragazzi. Il suo protagonista, il bimbo Pin, passa attraverso le miserie, gli eroismi, gli orrori di quella vita, col perenne distacco, il perenne sarcasmo del vero ragazzo, dell’innocente che non sa di esserlo e chi glielo facesse notare risponderebbe con un’insolenza o un gestaccio (…). Ma c’è nei suoi racconti angosciosi, divertiti e cattivi, una pena, un’ombra di tristezza, un’inconscia nostalgia di candore e di bontà.”

“È triste essere come lui, un bambino nel mondo dei grandi, sempre un bambino, trattato dai grandi come qualcosa di divertente e di noioso; e non poter usare quelle loro cose misteriose ed eccitanti, armi e donne, non poter mai far parte dei loro giochi. Ma Pin un giorno diventerà grande, e potrà essere cattivo con tutti, vendicarsi di tutti quelli che non sono stati buoni con lui: Pin vorrebbe essere grande già adesso, o meglio, non grande, ma ammirato o temuto pur restando com'è, essere bambino e insieme capo dei grandi, per qualche impresa meravigliosa. Ecco, Pin ora andrà via, lontano da questi posti ventosi e sconosciuti, nel suo regno, il fossato, nel suo posto magico dove fanno il nido i ragni.”

Chi è Pin?

Puer senex

Vive come un selvaggio con una sorella che fa la prostituta. E’ un bambino, ma non vuole esserlo e fa le cose che non desidera fare ma che fanno i grandi: beve e fuma. Pin non ama le donne che identifica come le rane lisce e nude. Pin ha il suo luogo

magico: il sentiero dei nidi di ragno.

Ma chi sono i partigiani di Calvino?

“ (…) per questo facciamo i partigiani: per tornare a fare lo stagnino, e che ci sia il vino e le uova a buon prezzo, e che non ci arrestino più e non ci sia più l’allarme. E poi anche vogliamo il comunismo. Il Comunismo è che non ci siano più delle case dove si sbattano la porta in faccia, da essere costretti a entrarci nei pollai, la notte. Il comunismo è che se entri in una casa e mangiano della minestra, ti diano della minestra, anche se sei stagnino, e se mangiano il panettone a Natale, ti diano il panettone. Ecco cos’è il comunismo”.

“Questo romanzo è il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho scritto…che impressione mi fa a riprenderlo in mano adesso? Più che come un’opera mia lo leggo come un libro nato anonimamente dal clima generale di un’epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si riconosceva dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.”

Prefazione

Il filone neorealista

Il sentiero dei nidi di ragno (1947)

Ubbidisce alla “necessità” di raccontare le drammatiche vicende della guerra

Racconta la Resistenza, ma in modo non celebrativo

Crea un clima fiabesco

Assume un punto di vista infantile (Pin)

L’esplosione letteraria di quegli anni in Italia fu, prima che un fatto d’arte, un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo. (…) l’essere usciti da un’esperienza come la guerra che non risparmiava nessuno, stabiliva una immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare (…) e mai fu tanto chiaro che le storie che si raccontavano erano materiale grezzo: la carica esplosiva di libertà che animava il giovane scrittore non era tanto nella volontà di documentare o informare, quanto in quella di esprimere.

Esprimere che cosa? Noi stessi, il sapore aspro della vita che avevamo appreso allora, tante cose che si credeva di sapere o di essere, e forse veramente in quel momento sapevamo ed eravamo. Personaggi, paesaggi, parolacce, lirismi, armi ed amplessi non erano che colori della tavolozza, note del pentagramma, sapevamo fin troppo bene che quel che contava era la musica e non il libretto (…).

Il Neorealismo per noi che cominciammo da lì, fu quello; e delle sue qualità e difetti questo libro costituisce un catalogo rappresentativo. Noi (scrittori) volevamo trasformare in opera letteraria quel mondo che era per noi il mondo.

Il neorealismo non fu una scuola. Fu un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie fino allora più inedite per la letteratura. E la Resistenza rappresentò la fusione tra paesaggio e persone.”

Il Sentiero dei nidi di ragno è nato da questo senso di nullatenenza assoluta, per metà patita fino allo strazio, per metà supposta e ostentata. Se un valore oggi riconosco a questo libro è l’immagine di una forza vitale ancora oscura in cui si saldano l’indigenza del troppo giovane e l’indigenza degli esclusi e dei reietti.”

(…) questo romanzo è il primo che ho scritto, quasi la prima cosa che ho scritto. Cosa posso dire oggi? Dirò questo: il primo libro sarebbe meglio non averlo mai scritto. Finché il libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita, il primo libro ti definisce mentre tu in realtà sei ancora lontano dall’essere definito”.

(…) la memoria, o meglio l’esperienza, che è la memoria più la ferita che ti ha lasciato, più il cambiamento che ha portato in te e che ti ha fatto diverso, l’esperienza primo nutrimento anche dell’opera letteraria, ricchezza vera dello scrittore (ma non solo di lui), ecco che appena ha dato forma ad un’opera letteraria si insecchisce, si distrugge. “Lo scrittore si ritrova ad essere il più povero degli uomini”.

Così mi guardo indietro, a quella stagione che mi si presentò gremita di immagini e di significati: la guerra partigiana, i mesi che hanno contato per anni e da cui per tutta la vita si dovrebbe poter continuare a tirar fuori volti e ammonimenti e paesaggi e pensieri ed episodi e parole e commozioni: e tutto è lontano e nebbioso e le pagine scritte sono lì nella loro sfacciata sicurezza che so essere un bene ingannevole, le pagine scritte già in polemica con una memoria che era ancora un fatto presente, massiccio, che pareva stabile, dato una volta per tutte, l’esperienza, e, non mi servono, avrei bisogno di tutto il resto, proprio di quello che lì non c’è. Un libro scritto non mi consolerà mai di ciò che ho distrutto scrivendolo: quell’esperienza che custodita per gli anni della vita mi sarebbe forse servita a scrivere l’ultimo libro, e non mi è bastata che a scrivere il primo”.

(Giugno 1964)

Commissario Kim: “arrivare a non avere più paura, questa è la meta ultima dell’uomo”

“Io invece cammino per un bosco di larici e ogni mio passo è storia; io penso: ti amo, Adriana, e questo è storia, ha grandi conseguenze; io agirò domani in battaglia come un uomo che ha pensato stanotte: ti amo Adriana. Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte saranno pezzetti di storia e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano”.

Ancora le parole del commissario Kim:

“alla fine ci sarà invece chi continuerà col suo furore anonimo, ritornato individualista, e perciò sterile: cadrà nella delinquenza, dimenticherà che la storia gli ha camminato al fianco. Gli ex fascisti diranno: i partigiani! Ve lo dicevo io ! E non avranno capito niente, né prima, né dopo. Questo, nient’altro che questo, è la storia”.

Conclusioni del romanzo

“(…) E continuano a camminare, l’omone e il bambino, nella notte, in mezzo alle lucciole, tenendosi per mano”.

ULTIMO VIENE IL CORVO (1949)

“è un mazzo di racconti che in parte parvero spontanei e selvatici, dei fiori di campo, e in parte un po’

sforzati o comunque coltivati, dei fiori di serra”

Resistenza

Filone picaresco

Motivo autobiografico

“quando ho cominciato a scrivere Il visconte dimezzato, volevo soprattutto scrivere una storia divertente per divertire me stesso e possibilmente per divertire gli altri: avevo questa immagine di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo tema dell’uomo tagliato in due, dell’uomo dimezzato fosse un tema significativo, avesse un significato contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra” (intervista di Calvino con gli studenti di Pesaro 1983)

Medardo è l’uomo contemporaneo, mutilato,

incompleto, nemico a se stesso.

“a me che l’uomo sia un impasto di bene e di male importava in fondo ben poco; è una cosa vecchia e scontata, si sa. A me importava il problema dell’uomo contemporaneo, (dell’intellettuale ad essere più precisi), cioè incompleto, alienato”.

“O Pamela, questo è il bene dell’essere dimezzato: il capire d’ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuno ha per la proprio incompletezza. Io ero intero e non capivo, e mi muovevo sordo e incomunicabile tra i dolori e le ferite seminati dovunque, là dove meno da intero uno osa credere. Non io solo, Pamela, sono un essere spaccato e divelto, ma tu pure e tutti. Ecco, ora io ho una fraternità che prima, da intero, non conoscevo: quella con tutte le mutilazioni e le mancanze del mondo. Se verrai con me, Pamela, imparerai a soffrire dei mali di ciascuno e a curare i tuoi curando i loro”

FINALE DEL ROMANZO

“così mio zio Medardo ritornò uomo intero, né cattivo, né

buono, un miscuglio di cattiveria e bontà, cioè apparentemente non

dissimile da quello ch’era prima di esser dimezzato. Ma aveva l’esperienza dell’una e dell’altra metà rifuse insieme,

perciò doveva essere ben saggio. Ebbe vita felice, molti

figli e un giusto governo. Anche la nostra vita mutò in

meglio. Forse s’aspettava un’epoca di felicità

meravigliosa; ma è chiaro che non basta un visconte completo perché diventi

completo tutto il mondo”.

Caratteristiche del romanzo

Rapidità

Leggerezza

Visibilità

Esattezza

“Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi. Ricordo come fosse oggi. Eravamo nella sala da pranzo della nostra villa d’Ombrosa, le finestre inquadravano i folti rami del grande elce del parco. Era mezzogiorno, e la nostra famiglia per vecchia tradizione sedeva a tavola a quell’ora, nonostante fosse già invalsa tra i nobili la moda, venuta dalla poco mattiniera corte di Francia, d’andare a desinare a metà del pomeriggio. Tirava vento dal mare, ricordo e si muovevano le foglie, Cosimo disse: -Ho detto che non voglio e non voglio!- e respinse il piatto di lumache. Mai s’era vista disubbidienza più grave.”

Invasione dell’Ungheria

“Cari compagni devo comunicarvi la mia decisione ponderata e dolorosa di dimettermi dal partito….credo che nel momento presente quel particolare tipo di partecipazione alla vita democratica che può dare uno scrittore e un uomo d’opinione non direttamente impegnato nell’attività politica sia più efficace fuori dal partito che dentro”.

7 agosto 1957

Pathos della distanza

“chi vuole guardare bene la terra deve tenersi alla distanza necessaria”.

Cosimo “non è un misantropo ma un uomo continuamente dedito al bene del suo prossimo, inserito nel movimento dei suoi tempi, che vuole partecipare ad ogni aspetto della vita attiva”.

Cosimo-intellettuale: rifiuto della realtà com’è, impulso al cambiamento, tensione utopica verso una repubblica universale di liberi ed uguali che cancelli oppressione e oscurantismo.

Cosimo-Calvino

Fisionomia dell’intellettuale che si pone ad una certa distanza dalla vita comune.

Cosimo-Calvino sa che “per essere con gli altri veramente, la sola via era d’essere separato dagli altri, d’imporre testardamente a sé e agli altri quella sua incomoda singolarità e solitudine in tutte le ore e in tutti i momenti della sua vita, così come è vocazione del poeta, dell’esploratore, del rivoluzionario”.

Finale

PESSIMISMO E MESSAGGIO POSITIVO

“Ogni tanto scrivendo m’interrompo e vado alla finestra. Il cielo è vuoto, e a noi vecchi d’Ombrosa abituati a vivere sotto quelle verdi cupole, fa male agli occhi guardarlo. Si direbbe che gli alberi non hanno retto, dopo che mio fratello se ne è andato, o che gli uomini sono stati presi dalla furia della scure.(…) Ombrosa non c’è più. Guardando il cielo sgombro, mi domando se davvero è esistita. Quel frastaglio di rami e foglie, biforcazioni, lobi (…), e il cielo solo a sprazzi irregolari e ritagli forse c’era solo perché ci passasse mio fratello col suo leggero passo, era un ricamo

fatto sul nulla che assomiglia a questo filo d’inchiostro, come l’ho lasciato correre per pagine e pagine, zeppo di cancellature, di rimandi, di sgorbi nervosi, di macchie, di lacune, che a momenti si sgrana in grossi acini chiari, a momenti si infittisce in segni minuscoli come semi puntiformi, ora si ritorce su se stesso, ora si biforca, ora collega grumi di frasi con contorni di foglie o di nuvole, e poi s’intoppa, e poi ripiglia a attorcigliarsi, e corre e corre e si sdipana e avvolge un ultimo grappolo insensato di parole idee sogni ed è finito”.

Invito all’impegno per la democrazia, la giustizia, la libertà.

Due anni prima, Calvino aveva scritto: “pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”. (Gramsci) trovare “la spina dorsale che ci sostenga, una lezione di forza e non di rassegnazione”.

ROMANZO CAVALLERESCO

LA STORIA RACCONTATA DA UNA SUORA

“ Io che racconto questa storia sono suor Teodora, religiosa dell’ordine di san colombano. Scrivo in convento, desumendo da vecchie carte, da chiacchiere sentite in parlatoio e da qualche rara testimonianza di gente che c’era. Noi monache, occasioni per conversare con i soldati, se ne ha poche: quel che non so cerco d’ immaginarlo, dunque, se no come farei? E non tutto della storia mi è chiaro. Dovete compatire: si è ragazze di campagna, ancorché nobili, vissute sempre ritirate, in sperduti castelli, e poi in conventi, fuor che funzioni religiose, novene, lavori di campi, fustigazioni d servi, incesti, incendi, impiccagioni, invasioni d’eserciti saccheggi, stupri, pestilenze noi non si è visto niente. Cosa può sapere del mondo una povera suora?

SVUOTAMENTO DELL’IDENTITA’; UNIVERSALE FUGA DA SE STESSI.

AGILULFO-GURDULU’

DUALITA’ CALVINIANA

I NOSTRI ANTENATI

1960

Le loro vite e le loro avventure testimoniano il persistere di una ostinata ricerche sulle forme e

le difficoltà di confrontarsi con il mondo.

“Vorrei che potessero essere guardate come un albero genealogico degli antenati dell’uomo

contemporaneo, in cui ogni volta cela qualche tratto delle persone che ci sono intorno, di voi,

di me stesso”

MEDARDO COSIMO

DIMIDIAMENTO

DISTACCO

ASSENZA

AGILULFO

LEGGEREZZA

“nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro”.

CHI SIAMO VERAMENTE

MEDARDO?

COSIMO?

AGILULFO?

Incontro letterario Calvino

Realizzato da:

Prof.ssa Pamela Marchesotti

In collaborazione con gli alunni:

Matteo Schiavoni &

Claudia Marzocchella

PROGETTO Calvino

Realizzato da:

Prof.ssa Pamela Marchesotti

In collaborazione con gli alunni:

Schiavoni Matteo &

Marzocchella Claudia


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