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Camusso

Date post: 18-Mar-2016
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21 MARZO 2014 48 48 21 MARZO 2014 21 MARZO 2014 49 di Salvatore Tropea OMA. Chi l’avrebbe mai detto. Era par- tita sotto le bandiere socialiste quando i comunisti c’erano ancora. E ora rischia di assomigliare ai comunisti che non ci sono più. O sono solo un ricordo che vive nell’osses- sione di Silvio Berlusconi e dei suoi epigoni. Perché, se non fosse così, allora vorrebbe dire che Susanna Camusso è prigioniera del destino riservato ai se- gretari della Cgil, un ruolo che ha avuto per prota- gonisti Peppino Di Vittorio e poi Luciano Lama, Sergio Coerati e persino Guglielmo Epifani che, come lei, veniva dalle file del Psi. Con una dieren- za: il dissenso che una volta opponeva, tanto o poco, i capi del più grande e più antico sindacato italiano ai leader della sinistra, si mantenevai quasi sempre ad altissimo livello. Oggi, invece, ha l’imprinting della litigiosità diusa. Che finisce per attribuire alla Signora di corso d’Italia la parte di chi prende ormai solo decisioni antistoriche. Ma è proprio così? Forse, benché neppure il più attento osservatore possa esserne certo, nel sottosopra senza fine della politica italiana i ruo- li tendono a cambiare e a confondersi, e gli alle- ati di oggi possono diventare i nemici di domani o viceversa. E questo vale anche per Susanna Camusso, che nella lunga vigilia di un congresso che a maggio certamente vincerà, sembra esse- re finita in terra di nessuno, condannata a scon- tare colpe non tutte sue come stretta tra l’atti- vismo giovanilistico del fare di Matteo Renzi e la foga dissacratoria del disfare di Grillo. R 49 21 MARZO 2014 italia INFURIA LA BUFERA / 1 A sinistra, Susanna Camusso. A destra, il segretario Cgil con il suo omologo Fiom Maurizio Landini La sig nora in ro sso IL DUELLO CON LA FIOM. L’ANTIPATIA PER IL GOVERNO RENZI. MA Susanna Camusso È L’ULTIMO DEI MOHICANI? O ASSOMIGLIA AI GIAPPONESI CHE COMBATTEVANO UNA GUERRA FINITA? RITRATTO DEL SEGRETARIO CGIL ALLA VIGILIA DEL CONGRESSO STEFANO CAROFEI/AGF TANIA/A3/CONTRASTO
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di Salvatore Tropea

OMA. Chi l’avrebbe mai detto. Era par-tita sotto le bandiere socialiste quando i comunisti c’erano ancora. E ora rischia di assomigliare ai comunisti che non ci

sono più. O sono solo un ricordo che vive nell’osses-sione di Silvio Berlusconi e dei suoi epigoni. Perché, se non fosse così, allora vorrebbe dire che Susanna Camusso è prigioniera del destino riservato ai se-gretari della Cgil, un ruolo che ha avuto per prota-gonisti Peppino Di Vittorio e poi Luciano Lama, Sergio Cofferati e persino Guglielmo Epifani che, come lei, veniva dalle file del Psi. Con una differen-za: il dissenso che una volta opponeva, tanto o poco, i capi del più grande e più antico sindacato italiano ai leader della sinistra, si mantenevai quasi sempre ad altissimo livello. Oggi, invece, ha l’imprinting della litigiosità diffusa. Che finisce per attribuire alla Signora di corso d’Italia la parte di chi prende ormai solo decisioni antistoriche.

Ma è proprio così? Forse, benché neppure il più attento osservatore possa esserne certo, nel sottosopra senza fine della politica italiana i ruo-li tendono a cambiare e a confondersi, e gli alle-ati di oggi possono diventare i nemici di domani o viceversa. E questo vale anche per Susanna Camusso, che nella lunga vigilia di un congresso che a maggio certamente vincerà, sembra esse-re finita in terra di nessuno, condannata a scon-tare colpe non tutte sue come stretta tra l’atti-vismo giovanilistico del fare di Matteo Renzi e la foga dissacratoria del disfare di Grillo.

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A sinistra, Susanna Camusso. A destra, il segretario Cgil con il suo omologo Fiom Maurizio Landini

La signora in rosso

IL DUELLO CON LA FIOM. L’ANTIPATIA PER IL GOVERNO

RENZI. MA Susanna Camusso È L’ULTIMO

DEI MOHICANI? O ASSOMIGLIA AI GIAPPONESI CHE

COMBATTEVANO UNA GUERRA FINITA? RITRATTO DEL SEGRETARIO CGIL ALLA VIGILIA DEL CONGRESSO

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da che altro potrebbe fare un segretario della Cgil che un giorno apre la Repubblica e si trova a leggere una lunga lette-ra del segretario della Fiom al premier Renzi.

Un’idiosincrasia recente? Nient’affatto, roba vecchia. Era già successo qualcosa quando seppe che Landini aveva incontrato a sua insaputa l’allora ministro Fornero; e poi quando, a una riunione sindacale in Toscana, sempre Landi-ni si era fatto aspettare perché aveva tirato lungo in un col-loquio con Renzi. Che allora stava solo studiando da Presi-dente del consiglio, figuriamoci ora. Si capisce perché abbia sprezzantemente definito la squadra di Renzi «un governo come quelli che l’hanno preceduto». Per dire che è un esecu-tivo senza «alcun rispetto per la mediazione sindacale». Se poi il capo di questo governo sceglie come interlocutore pri-vilegiato la bestia nera dei suoi predecessori – il Landini «che

parla come il segretario della Cgil» – allora diventare antigovernativi non è più un rischio, ma una realtà. Anche se qualcuno prova a riesu-mare l’antica tentazione massima-lista di quanti provengono dalle file socialiste.

Lo avrebbe potuto fare, e non lo ha fatto, chi pure apparteneva a quella famiglia come Epifani che ha sponsorizzato la successione, con-sentendo alla Camusso di essere elet-ta al suo posto nel novembre del 2011 con quasi l’80 per cento dei voti.

Se invece è lei a mettersi di traverso, al di là dell’aspetto ca-ratteriale, la scelta diventa difficile da sostenere nel 2014. E se lei ci prova, come realmente fa, si complica la vita, dando fiato a quanti la bollano come «la regina di corso d’Italia» alludendo al suo comportamento e alle sue scelte che sembrano contraddire il percorso di un sindacato che, da un pezzo, non è più «cinghia di trasmissione del partito» e pretende semmai il contrario. Ca-musso si mette su una strada in salita perché deve fare i conti con una Cgil che, per la prima volta, è costretta a essere meno spre-giudicata del partito al quale storicamente è vicina, come se fos-se rimasta impigliata nelle maglie del Novecento.

Qualcuno arriva a ipotizzare che in un altro momento una donna come Susanna Camusso sarebbe stata un altro segretario della Cgil. Ma se su sei milioni di iscritti a questo sindacato una buona metà è fatta di pensionati e dell’altra metà un pezzo im-portante si chiama Fiom, c’è proprio poco da fare. Il destino ineluttabile si ripropone e spinge alla difesa di un modello di sindacato sopravvissuto al Secolo breve. Con un segretario come Susanna Camusso che si adatta, per amore o per forza, ricor-dando maghi e indovini che nella quarta bolgia dell’ottavo cer-chio dell’Inferno dantesco sono condannati a camminare guar-dando indietro. Per il fatto di essersi trovata al posto giusto nel momento sbagliato.

Per giunta con una base stancamente riottosa che sembra rintanarsi nel seno protettivo del sindacato per naturale iden-tità, e militare – quando milita – nelle file del Pd per necessi-tà. Comunque, sempre dividendosi tra vecchio e nuovo come nella migliore tradizione della sinistra.

Nei corridoi dell’ultimo congresso di Torino, un sinda-calista di lungo corso, di quelli che hanno visto tutto quello che c’era da vedere nel percorso parallelo di Cgil e Pci, si è lasciato scappare un giudizio che fotografa impietosamente e amaramente la posizione della prima donna approdata al posto di numero uno della Cgil: «Non si capisce se è l’ultimo dei mohicani o il soldato giapponese del Pacifico al quale nes-suno ha ancora detto che la guerra è finita, la vittima di un cambiamento mal governato e sfuggito di mano o l’artefice di un’opposizione che muove da premesse vecchie per cercare il nuovo». È possibile che Susanna Camusso, che il sindacalista tori-nese una volta avrebbe chiamato compagna mentre adesso sta atten-to a non chiamare signora, sia un po’ tutte queste cose.

Quello che è certo è che di-spone di una robusta considerazio-ne di sé, ma non è escluso che sia solo una corazza per difendersi in un mondo da sempre maschilista come quelli del sindacato e del par-tito. Il suo non è un atteggiamento altezzoso, ma può infastidire e su questo insistono i detrattori, den-tro e fuori il sindacato, lasciando intendere che si tratti di qualcosa che ha a che fare con la gelosia che, come si sa, è donna quando i pro-tagonisti sono donne, diventa am-bizione se sono uomini. Ma la cosa più curiosa è che questa ossessione si chiama Fiom, un sindacato che lei ha guidato in una posizione minoritaria di socialista ai tempi dell’Alfa Ro-meo di Arese. Quando oltre ad essere una giovane dirigente dei metalmeccanici era anche la ex studentessa di archeolo-gia ammirata e corteggiata.

La voce arrochita dalle troppe sigaratte, l’azzurro degli occhi che ancora conserva la bellezza trasmessa da alcune sue fotografie in circolazione, fisicamente un po’ appesantita dai cinquantasette anni (due terzi dei quali passati in este-nuanti e fumose assemblee), due matrimoni da lei tenuti gar-batamente al riparo delle cronache (così come la figlia Alice), una collaudata attenzione per i problemi legati ai diritti delle donne nel cui campo continua a conservare un ruolo attivo, la segretaria della Cgil è rimasta prigioniera della paura di due categorie come Fiom e Funzione pubblica e, dopo averle assecondate, ora gli va contro frontalmente. «Perché è gelosa di Maurizio Landini» dicono in tanti. Mentre c’è chi si doman- Salvatore Tropea

Sopra, Susanna Camusso a un meeting

nel 2011. Era stata eletta alla guida della Cgil l’anno precedente

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