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A. CODA, A. BONA COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA ERNIARIA (open e laparoscopica) L’incidenza di recidive e di complicanze rappresenta il criterio abitualmente utilizzato per valutare l’effi- cacia di ogni tecnica di riparazione erniaria. Tuttavia l’analisi della letteratura rivela una certa eterogeneità nei gruppi di pazienti studiati, nei metodi di rando- mizzazione, nella lunghezza del follow up, nei para- metri presi in considerazione. Inoltre, mentre chirur- ghi specializzati nella chirurgia di parete riportano abitualmente risultati ottimali, indipendentemente dalla tecnica di riparazione utilizzata, tali risultati non appaiono sempre riproducibili nei comuni reparti ospedalieri. A giudizio degli Autori le ricerche su registri na- zionali come l’Hernia Database svedese (SHDB) o danese (DHDB), gli studi multicentrici e le metanali- si, come quella dell’EU Hernia Trialists, offrono un’immagine più attinente alla pratica di un interven- to, come la riparazione erniaria inguinale, eseguita più frequentemente presso gli ospedali generali che in centri specialistici di riferimento. 15 Complicanze “di parete” (ematomi, sieromi, infe- zioni): 8-10%. In generale si può ritenere che gli in- terventi di riparazione erniaria inguinale siano una pratica sicura, indipendentemente dalla tecnica usata, e gravata da poco significative complicanze “di pare- te”: sieromi, modesti ematomi sottocutanei ecc. Que- sti eventi non sono del tutto infrequenti: secondo la ricerca di Hair a base regionale, in Scozia (5000 pa- zienti intervistati), per almeno l’8% di essi si è reso necessario, dopo l’intervento, un ciclo di antibiotico- terapia e per il 10% un’ulteriore medicazione (Tab. 1). Qualora queste cifre trovassero conferma, consi- derati gli oltre 700.000 interventi per ernia eseguiti ogni anno negli Stati Uniti, si tratterebbe più di un problema assistenziale e organizzativo che clinico. In relazione alla temuta suscettibilità dei materiali protesici alla colonizzazione batterica, l’esperienza ha dimostrato che negli ultimi decenni il sempre più diffuso impiego di mesh nella chirurgia erniaria non ha aumentato il rischio di infezioni, ma ha reso que- Tabella 1. Complicanze postoperatorie della chirurgia erniaria inguinale. (Da Johansson B. et al., 1999, modi- ficata.) Ematoma 15% 15% 9,5% Sieroma/idrocele 10,5% 14,5% 6% Ritenzione urinaria 11,5% 10,5% 2% Infezione urinaria 10,5% 10,5% 0,2-0,6% Infezioni superficiali di ferita 13% 10,5% - Infezioni profonde 10,5% - - Dolore - 10,5% 5% Edema locale 10,5% - 2% Ematuria - - 0,5% Esantema allergico - - 0,5% Ernia su tramite del trocar - - 0,5% Febbre postoperatoria - 10,5% 0,5% Secrezioni croniche dalla ferita - 10,5% - Tromboembolismo venoso - 10,5% - Complicanze No mesh Open mesh TAPP (0-8 settimane postoperatorie)
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Page 1: CAPITOLO 15 10-10-2006 9:29 Pagina 183 A. CODA, A. BONA … · A. CODA, A. BONA COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA ERNIARIA (open e laparoscopica) L’incidenza di recidive e di complicanze

A. CODA, A. BONA

COMPLICANZEDELLA CHIRURGIA ERNIARIA(open e laparoscopica)

L’incidenza di recidive e di complicanze rappresentail criterio abitualmente utilizzato per valutare l’effi-cacia di ogni tecnica di riparazione erniaria. Tuttavial’analisi della letteratura rivela una certa eterogeneitànei gruppi di pazienti studiati, nei metodi di rando-mizzazione, nella lunghezza del follow up, nei para-metri presi in considerazione. Inoltre, mentre chirur-ghi specializzati nella chirurgia di parete riportanoabitualmente risultati ottimali, indipendentementedalla tecnica di riparazione utilizzata, tali risultati nonappaiono sempre riproducibili nei comuni repartiospedalieri.

A giudizio degli Autori le ricerche su registri na-zionali come l’Hernia Database svedese (SHDB) odanese (DHDB), gli studi multicentrici e le metanali-si, come quella dell’EU Hernia Trialists, offronoun’immagine più attinente alla pratica di un interven-to, come la riparazione erniaria inguinale, eseguitapiù frequentemente presso gli ospedali generali che incentri specialistici di riferimento.

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Complicanze “di parete” (ematomi, sieromi, infe-zioni): 8-10%. In generale si può ritenere che gli in-terventi di riparazione erniaria inguinale siano unapratica sicura, indipendentemente dalla tecnica usata,e gravata da poco significative complicanze “di pare-te”: sieromi, modesti ematomi sottocutanei ecc. Que-sti eventi non sono del tutto infrequenti: secondo laricerca di Hair a base regionale, in Scozia (5000 pa-zienti intervistati), per almeno l’8% di essi si è resonecessario, dopo l’intervento, un ciclo di antibiotico-terapia e per il 10% un’ulteriore medicazione (Tab.1). Qualora queste cifre trovassero conferma, consi-derati gli oltre 700.000 interventi per ernia eseguitiogni anno negli Stati Uniti, si tratterebbe più di unproblema assistenziale e organizzativo che clinico.

In relazione alla temuta suscettibilità dei materialiprotesici alla colonizzazione batterica, l’esperienzaha dimostrato che negli ultimi decenni il sempre piùdiffuso impiego di mesh nella chirurgia erniaria nonha aumentato il rischio di infezioni, ma ha reso que-

Tabella 1. Complicanze postoperatorie della chirurgia erniaria inguinale. (Da Johansson B. et al., 1999, modi-ficata.)

Ematoma 15% 15% 9,5%Sieroma/idrocele 10,5% 14,5% 6%Ritenzione urinaria 11,5% 10,5% 2%Infezione urinaria 10,5% 10,5% 0,2-0,6%Infezioni superficiali di ferita 13% 10,5% -Infezioni profonde 10,5% - -Dolore - 10,5% 5%Edema locale 10,5% - 2%Ematuria - - 0,5%Esantema allergico - - 0,5%Ernia su tramite del trocar - - 0,5%Febbre postoperatoria - 10,5% 0,5%Secrezioni croniche dalla ferita - 10,5% -Tromboembolismo venoso - 10,5% -

Complicanze No mesh Open mesh TAPP(0-8 settimane postoperatorie)

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184 15. COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA ERNIARIA (open e laparoscopica)

ste ultime più difficili da trattare, in caso di coinvol-gimento della protesi nel processo infettivo stesso: ta-le evenienza, infatti, rende spesso necessaria la rimo-zione chirurgica dell’impianto.

La manifestazione clinica di un’infezione protesicaavviene anche con notevole ritardo dall’intervento

(fino a 3-4 anni, secondo Taylor) con comparsa di unascesso e/o un tramite fistoloso in vicinanza della ci-catrice chirurgica. Secondo i criteri della SocietàAmericana di Epidemiologia Ospedaliera, vengonocomunque considerate conseguenti alla contamina-zione del sito chirurgico le infezioni che, in presenzadi biomateriale, si manifestino entro 12 mesi dall’in-tervento stesso.

Non esiste, comunque, un accordo unanime sultrattamento: alcuni successi con terapia conservativa(cicli di antibioticoterapia, drenaggio, sbrigliamento)sono stati descritti in letteratura. Secondo Rabih le in-fezioni da S. coagulasi neg. (meno virulenti) possonorispondere meglio alla terapia medica.

La rimozione di una mesh infetta è generalmente ri-tenuta un’evenienza rara (circa 1 caso ogni 1000 in-terventi, nell’esperienza di Taylor) (Fig. 1), anche seYerdel riporta un preoccupante 1% circa di casi tra ipropri 280 pazienti. Se chirurgicamente fattibile, èimportante procedere all’estrazione dell’impiantocompleto in tutte le sue parti, a causa del possibile ri-schio di recidiva.

Lesioni viscerali e vascolari: 0,1-0,5%. Per quan-to riguarda le, sia pur rare, complicanze maggiori, lemetanalisi dell’EU Hernia Trialists hanno chiaritocome le riparazioni laparoscopiche TAPP siano gra-vate da maggior incidenza di lesioni vascolari e vi-scerali rispetto alle tecniche “open” (4,7 vs 1,1 casiogni 1000 interventi), pur garantendo un maggiorcomfort al paziente in termini di dolore nei primigiorni postoperatori. Certamente le metodiche mi-ninvasive necessitano di una curva di apprendimen-to più lunga (almeno 20-50 interventi, secondoTschudi) al termine della quale i risultati sono signi-ficativamente migliori; tuttavia, come argomentatoda Mellinger, queste tecniche implicano la diretta

Tabella 2. Infezioni di parete e antibioticoprofilassi. (Da Stephenson B.M., 2003, modificata.)

Centri specializzati in chirurgia di parete:Lichtenstein, Amid et al. 1000 0,0 -Kurzer et al. 2906 1,3 Non necessariaShulman, Amid et al. 3019 0,5 Non necessariaRutkow 1563 0,4 Non necessariaGilbert 1044 0,9 Non necessariaOspedali generali:Gilbert, Felton 1834 0,8 Non necessariaShulman, Amid et al. 16.068 0,6 Non necessariaStudi prospettici randomizzati (no antibioticoprofilassi vs antibioticoprofilassi):Lazorthes et al. (solo antibioticoprofilassi locale) 153 vs 155 4,6 vs 0,0 NecessariaTaylor et al. 280 vs 283 8,9 vs 8,8 Non necessariaYerdel et al. (solo chirurgia protesica) 133 vs 136 9,0 vs 0,7 Necessaria

Autori Numero di casi Infezioni Antibioticoprofilassidi parete (%)

Figura 1. Trattamento delle infezioni protesiche nell’espe-rienza di Taylor. (Da Taylor S.G. et al., 1999, modificata.)All’ingresso 8 pazienti su 12 presentavano un tragitto fistolo-so cronico in sede inguinale, mentre 4 un ascesso di parete. Per9 pazienti è stato possibile isolare S. aureus quale unico mi-crorganismo presente, mentre solo in un paziente l’esame mi-crobiologico ha evidenziato una flora polimicrobica (Proteus,streptococco gruppo B, peptostreptococco). Appena il 50% deicampioni inviati a esame colturale ha dato esito positivo.Il trattamento conservativo (antibioticoterapia e drenaggiodell’ascesso o incisione del tramite fistoloso), tentato in 11casi su 12, è comunque fallito, rendendo necessaria la rimo-zione della protesi.

Rimozione completadella protesi

Presentazione

Incisione del tramitefistoloso o drenaggio

dell’ascesso

Antibioticoterapia

Rimozione parzialedella protesi

1 di 12

11 di 12

3 di 12 1 di 12

7 di 12

5 di 12 2 di 12

2 di 12

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15. COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA ERNIARIA (open e laparoscopica) 185

esposizione delle anse intestinali, della vescica, deivasi epigastrici e femorali durante la dissezione chi-rurgica, mentre negli interventi open è generalmen-te inusuale per il chirurgo mettere a repentaglio que-ste strutture.

Orchite ischemica: 0,7-2,2%. Dopo interventi dicorrezione erniaria inguinale, l’orchite ischemica simanifesta con dolore ed edema testicolare tra la 2a ela 5a giornata postoperatoria e porta all’atrofia testi-colare completa nella metà dei casi circa. SecondoStoppa sarebbe più frequentemente dovuta a trauma-tismi sul plesso pampiniforme, piuttosto che a lesionidell’arteria spermatica. Fong e Wantz sottolineanol’importanza di minimizzare la dissezione funicolare:abbandonando l’estremo distale del sacco in tutti i ca-si di ernia inguinale indiretta e utilizzando le tecnichedi riparazione preperitoneali per gli interventi su reci-diva, questi Autori hanno riportato una riduzione del-la incidenza di danni ischemici dallo 0,65 allo 0,03%in caso di ernia primitiva e dal 2,25 allo 0,97% negliinterventi su ernie recidive.

Dolore cronico: 0-37%. Ritenuto, fino a dieci anni fa,un evento raro, il dolore cronico ha raggiunto, in pub-blicazioni recenti, un’incidenza allarmante (Tab. 3). Ilmotivo di tale aumento non è facilmente spiegabile,ma non è correlato alla diffusione degli interventi

protesici: gli EU Hernia Trialists concludono che l’u-so di mesh riduce il rischio di dolore locale persisten-te anziché aumentarlo; le tecniche laparoscopiche,inoltre, presenterebbero risultati più vantaggiosi ri-spetto alle altre metodiche. Tuttavia quest’ultima os-servazione deve essere valutata con prudenza, inquanto sostenuta da dati di pochi trial, per giunta condefinizioni di dolore cronico non omogenee. È inte-ressante, inoltre, notare come le casistiche di centrispecializzati in chirurgia di parete riportino valori diincidenza sempre nettamente inferiori rispetto alle ri-cerche su registri nazionali.

L’eziologia è incerta: accanto a casi di chiara natu-ra nevralgica, caratterizzati dalla distribuzione der-matomerica dei sintomi e attribuibili a compressioneo intrappolamento in suture o agraffe di uno o più deitre rami nervosi inguinali durante l’intervento (Fig.2). Si segnalano altri casi con sintomatologia pocodefinita e di origine dubbia.

Wantz sugerisce di sezionare precauzionalmente leterminazioni nervose, così da prevenire il loro even-tuale intrappolamento durante la riparazione erniariainguinale, senza, però, riportare i risultati di questaprocedura. Il trattamento dei casi con riconosciutodolore cronico neuropatico resistente ai trattamenticonservativi consiste nella triplice neurectomia chi-rurgica dopo aver informato il paziente della possibi-le conseguente ipoestesia; recentemente Amid ha ri-

Tabella 3. Incidenza di dolore locale cronico dopo riparazione erniaria inguinale. (Da Stephenson B.M., 2003,modificata.)

Autori Anno Tecnica Numero Follow up Incidenza e gravitàdi casi (mesi)

Amid, Lichtenstein et al. 1998 Lichtenstein 5000 60+ 10% ?Robbins, Rutkow et al. 1997 Mesh plug 2333 48+ 10% ?Gilbert et al. 2002 Bilayer mesh 1044 12 (circa) 10% ?Cunningham et al. 1996 No mesh 315 24 11% moderato/severoCallesen et al. 1999 Varia 500 12 16% moderato/severoBay-Nielsen et al. 2001 Varia 1166 12 29%

(5-11% dolore debilitante)Poobalan et al. 2001 Varia 292 21-57 30% (9% dolore moderato/

insopportabile)Haapaniemi et al. 2002 Varia 218 44 15%

(5% dolore moderato/severo)Studi randomizzati:Hay et al. 1995 No mesh 1647 6 17%MRC Laparoscopic Groin Hernia 1999 Laparoscopic mesh 394 12 29%Trial Group vs open mesh 362 37% Wright et al. 2002 Laparoscopic mesh 148 60 10%

vs open mesh 151 13% EU Trialists 2002 Open no mesh 1998 Variabile 11%

vs open mesh 2368 15% EU Trialists 2002 Laparoscopic mesh 1304 Variabile 19%

vs open mesh 1237 25%

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186 15. COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA ERNIARIA (open e laparoscopica)

Figura 2. Innervazione sensitiva dell’arto inferiore. La lesione di un ramo nervoso determina la comparsa di un’area cutaneadolente (in caso di compressione/intrappolamento) o ipoestesica (in caso di sezione) corrispondente al dermatomero coinvol-to. I rami più frequentemente interessati in caso di correzione erniaria inguinale sono il nervo ileo-inguinale, il nervo ileo-ipo-gastrico e il ramo genitale dal nervo genito-femorale per gli interventi open, oppure il ramo femorale del n. genito-femora-le, il n. cutaneo laterale delle cosce e il nervo femorale nel corso di interventi laparoscopici.Secondo Rosemberg, nel 15-25% dei pazienti, questi ultimi nervi presentano un decorso aberrante al disopra del legamentoinguinale e sono quindi a rischio di lesione anche in caso di corretto posizionamento di agraffe laparoscopiche.

Rami lateralee anterioredi T11, T12

N. cutaneofemorale laterale(L2, L3)

N. ileo-inguinale (L1)

N. genito-femorale (L1, L2)

N. femorale(nn. cutanei anteriori)

(L2, L3)

N. otturatorio(L2, L3, L4)

N. cutaneo surale laterale(L4, L5, S1, S2)

N. safeno(L3, L4)

N. peroneo superficiale(L4, L5, S1)

N. surale(S1, S2)

N. peroneo profondo(L4, L5) N. calcaneale

mediale (L4, L5)

N. plantare mediale(L4, L5)

N. plantare laterale(L4, L5)

N. safeno(L3, L4)

N. surale (S1, S2)

N. ileo-ipogastrico (L1)

Ramo dorsaledi T12

Ramo ventrale di T12

Rami dorsali di L1, L2, L3(nn. superiori della natica)

Ramo dorsale di S1, S2, S3

N. cutaneo perforante(S2, S3)

Nn. inferiori della natica(S1, S2, S3)

N. cutaneo femorale laterale(L2, L3)

N. cutaneo femoraleposteriore (S1, S2, S3)

Figura 3. Paziente di 40 anni con ernia crurale birecidiva,trattata l’ultima volta con plug. Sindrome algica persistentee anestesia cutanea nella zona indicata con segno�. La frec-cia indica il punto in cui la pressione digitale provoca unaparestesia tipo scossa elettrica. Rimozione del plug e tratta-mento secondo Rives con scomparsa della sindrome algica.

Figura 4. Paziente con sindrome algica persistente postal-loplastica con plug a cono: il deferente attraversava il plugcoartato ed era da esso indissociabile. Resezione del defe-rente e asportazione del plug.

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15. COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA ERNIARIA (open e laparoscopica) 187

Figura 5. Sinus tract secernente cronico. Figura 6. Paziente di 70 anni. Pregresso trattamento conplug cilindrico secondo Lichtenstein per ernia inguinale reci-diva. Comparsa di sinus tract cronico, guarito dopo rimozio-ne della protesi con il tragitto.

Figura 7. Biopsia in sede di infezione cronica. Presenza difilo multifilamentoso tipo Mersilene®.

Figura 8. Paziente di 75 anni con sinus tract secernente cro-nico dopo alloplastica. Asportazione di punto di Prolene cheintrappola un filo multifilamentoso di Dacron.

Figura 9. Ecografia della parete inguinale in paziente conraccolta purulenta periprotesica. Guarigione dopo esposi-zione ampia del focolaio di infezione senza rimozione dellaprotesi.

portato buoni risultati con questa tecnica in una seriedi 49 pazienti.

Courtney descrive una progressiva attenuazionedella sintomatologia dolorosa con il passare deltempo: dopo aver identificato, nella propria serie,125 pazienti (3% circa del totale) sofferenti di sin-tomi severi, ha effettuato una seconda valutazionea 30 mesi circa dall’intervento: solo 22 (0,5%) ri-ferivano ancora una sintomatologia della stessa en-tità.

L’esperienza degli Autori concorda con quella diStephenson, secondo cui il dolore persistente di ori-gine non neuropatica non rappresenta una significa-tiva fonte di disabilità per i pazienti; certamente,però, se i dati di incidenza riportati trovassero con-ferma, la sua eventualità dovrebbe essere spiegataai pazienti all’atto della richiesta del consenso al-l’intervento.

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188 15. COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA ERNIARIA (open e laparoscopica)

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BIBLIOGRAFIA

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