© 2010 Salamon&C
Catalogo edito in 800 copie stampato a due colori su carta GardaMat gr. 120Copertina: carta GardaMatt gr. 200 Grafica: Salamon, Milano Stampa: Viol’Art, Firenze
Tutti i diritti sono riservati, nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, archiviata, registrata con qualunque mezzo, o trasmessa in qualunque forma, elettronica, meccanica, fotocopiata, senza il nostro permesso. Nella pagina precedente: Cascina la Grande, 1993 (part.)
L’acquaforte è una tecnica che vede la sua genesi nel XIV secolo, finalizzata inizialmente alla decorazione delle armature. Solo un secolo più tardi, tuttavia, verrà utilizzata per scopi puramente artistici e la sua messa a punto avviene per mano di Francesco Mazzola (il Parmigianino), il primo incisore che riesce a
risolvere una serie di problemi tecnici che in passato avevano creato non pochi ostacoli a chi vi si era cimentato. L’acquaforte è una tecnica a in cavo il cui nome deriva dalla parola acido, appunto acqua forte, cioè
la sostanza che compie l’incisione vera e propria nella matrice di metallo; inizialmente è stato usato il rame, oggi spesso sostituito dal duttile zinco. È una tecnica a in cavo perché l’incisione avviene scavando un solco nella matrice, traccia che sarà poi riversata sul foglio, una volta completate tutte le fasi d’esecuzione, dando origine al disegno voluto dall’artista.
Le fasi di produzione di una acquaforte iniziano con la verniciatura della matrice in metallo, coperta con una sostanza resinosa che viene affumicata in modo da ottenere una superficie scura e malleabile. Per ottenere uno strato omogeneo di vernice è necessario scaldare la lastra che, essendo di
metallo, conduce il calore e facilita questo processo in poco tempo. A questo punto l’artista esegue il suo disegno sulla lastra asportando la vernice con una punta (vedi fig. 1). L’operazione non comporta particolare forza fisica, come per il bulino e la puntasecca - le altre tecniche a in cavo - ma necessita di molta riflessione perché l’incisore è costretto a lavorare (rispetto al risultato finale) in controparte e in negativo, inoltre il margine di correzione è minimo, una caratteristica che costringe l’artista a iniziare il lavoro con un progetto già ben delineato: sia per la veduta d’insieme del soggetto sia per i dettagli.
Tracciato il solco sulla vernice si procede con l’incisione vera e propria, che avviene immergendo la lastra in una soluzione acida (vedi fig. 4). L’acido corrode il metallo lasciato scoperto dalla punta. Questa operazione può essere ripetuta più volte, inoltre l’artista può mascherare (con una vernice
La tecnica dell’acquaforte
2 31
1-2. Il lavoro preliminare di Federica Galli en plen air.3. Dopo alcuni giorni l’autrice si trasferisce in studio per completare l’incisione.4. La morsura della matrice nel bagno d’acido.
Federica Galliall’opera
temporanea) alcune tracce lasciando scoperte quelle che desidera far incidere più profondamente, che risulteranno più spesse e marcate in fase di stampa (vedi fig. 5). Tali immersioni sono dette morsure e, se ben dosate, possono aiutare l’artista a ottenere complessi effetti di chiaroscuro o dare maggior risalto ai piani prospettici.
Una volta incisa, la lastra viene pulita dalla vernice con del solvente ed è pronta per essere inchiostrata e stampata. L’inchiostro usato nella stampa grafica, messo a punto nel tardo ‘400 (probabilmente da Guttenberg), è abbastanza denso; una consistenza che gli permette di infilarsi nei solchi e di rimanerci quando lo stampatore procederà a pulire le superfici (quelle non incise) che devono rimanere bianche. Tale pulitura avviene con un tessuto a trama molto larga (tarlatana) che raccoglie l’inchiostro in eccesso.
Per procedere alla fase conclusiva, quella di stampa, si inumidisce la carta in modo da renderla più assorbente all’inchiostro, che verrà trasferito dalla matrice al foglio attraverso la forte pressione
esercitata sopra i due supporti fatti passare nel torchio calcografico (vedi fig. 6). Federica Galli ha intuito la proprie potenzialità incisorie molto presto, infatti già a partire dal
’58 abbandona ogni altra forma d’arte per dedicarsi esclusivamente all’acquaforte, prestando una particolare attenzione agli strumenti tecnici di questo mezzo incisorio, tra cui il torchio calcografico: nel tempo si sono susseguiti diversi torchi, sostituiti da strumenti sempre più efficienti che le hanno permesso di perfezionare in studio le prove si stampa delle sue opere, prima di affidarne l’intera tiratura ai professionisti cui si è appoggiata nel tempo. L’ultimo torchio di Federica Galli, un “Otto Mandelli”, è operativo nella sede della fondazione che porta il suo nome e che si prefigge di tutelare e divulgare l’attività artistica dell’autrice scomparsa nel 2009.
4 5 6 7
5. La fase di stampa; dalla matrice, appoggiata sul piano del torchio, l’inchiostro si trasferisce al foglio umido sovrastante.6. Un ritratto di Federica Galli con uno dei suoi torchi.7. Federica Galli vista dall’obiettivo di Berengo Gardin; dal volume che celebra i cento personaggi che hanno segnato la cultura italiana.
4.Cascina sotto la neve1970mm 298 x 325
5.Cedri del Libano1970mm 398 x 399
6.Due pioppi1972mm 393 x 396
7.Cascina Fornace1979mm 393 x 397
14.Cascina Nuova1979mm 394 x 396
15.Cascina MulinoVecchio1979mm 392 x 397
16.Osteria dei cacciatori1979diam. mm 399
17.Il canneto1981mm 392 x 397
Federica Galli(Soresina 1932 - Milano 2009)
Federica Galli, esponente di spicco dell’arte incisoria italiana, nasce a Soresina - un paese alle porte di Cremona - nel 1932.
Nell’immediato dopoguerra, 1946, convince i genitori a iscriverla al liceo artistico a Milano e nel 1950 all’Accademia delle belle Arti di Brera, dove si diploma in pittura quattro anni dopo.
Inizia a incidere nel 1954 - “Il paese dell’Alberta”- cimentandosi nell’acquaforte che non abbandonerà più. Sposatasi nel 1966 con il giornalista Giovanni Raimondi - redattore capo del “Corriere della Sera” - inizia una fitta serie di viaggi culturali che la portano nelle maggiori capitali europee e in paesi dalla tradizione incisoria meno radicata. Questo è anche l’anno in cui si convince che il mezzo tecnico con cui si esprime meglio è l’incisione, a cui si dedicherà in maniera assoluta portando a termine oltre ottocento soggetti diversi.
Sin dalle prime mostre personali - nel 1960 la prima a Milano - attira il consenso sia del pubblico sia della critica. Nell’arco di pochi anni annovera fra i suoi sostenitori i più autorevoli critici del tempo: Franco Russoli, Mario de Micheli, Giovanni Testori - che la seguirà fino alla propria morte - Mina Gregori, Gian Alberto dell’Acqua, Roberto Tassi, Renzo Zorzi, Carlo Bo, Daniel Berger (Metropolitan Museum of New York), Gina Lagorio, Giuseppe e Francesco Frangi, Marco Fragonara, Giorgio Soavi, David Landau (Oxford University).
Ottiene i maggiori riconoscimenti istituzionali mai avuti da un artista contemporaneo: è il primo artista vivente invitato a esporre alla Fondazione Cini di Venezia, nel 1987 con la raccolta dedicata alla città lagunare ; al Museo Civico di Palazzo Te a Mantova, nel 1987; al Castello Sforzesco di Milano, nel 1988 ; negli Archivi Imperiali della Città Proibita, galleria Wag Fung, nel 1995.
Così come annovera fra i suoi collezionisti uomini di cultura, italiana e straniera, noti anche per la loro colta passione verso la grafica, fra questi, i più conosciuti: Dino Buzzati, Leonardo Sciascia, Francois Mitterand.
Ampia ed esauriente testimonianza della sua opera, consultabile, è presente al Museo Civico Ala Ponzone di Cremona, nella collezione Bertarelli del Castello Sforzesco di Milano, a Villa Reale a Monza in provincia di Milano.
Federica Galli, fra il 1954 e il 2008, ha inciso oltre ottocento lastre dedicandosi principalmente a tre tematiche: i paesaggi, gli alberi e le vedute. I paesaggi sono principalmente quelli della pianura lombarda, con le poetiche descrizioni delle sue caratteristiche cascine.
Le vedute sono quelle di Milano e Venezia, città significative nella vita di Federica Galli alle quali l’artista ha restituito la sua riconoscenza attraverso uno sguardo acuto, veritiero e mai scontato.
La passione per la natura e la capacità di riportarne gli aspetti più incantevoli sono dimostrate in oltre cento tavole. La sua proverbiale abilità tecnica le ha anche consentito di superare quegli ostacoli, ostici agli
Note biografiche
incisori, quali la rappresentazione della neve e della notte, senza mai scadere nella leziosità.L’artista ha dedicato una raccolta agli “Alberi Monumentali” più significativi della nostra penisola, con
oltre sessanta piante scelte per interesse storico o naturalistico o estetico. Una collezione di rara bellezza. Federica Galli, mancata il 6 febbraio 2009, ha affidato la sua eredità artistica a una fondazione intestata
a suo nome che si è costituita il 17 luglio 2009, a Milano. Tale fondazione, con i consiglieri e le cariche designate dalla Galli, si prefigge di mantenere vivo il nome e l’attività dell’artista che ha segnato la storia dell’arte italiana negli ultimi cinquanta anni. A guidare il consiglio è Lorenza Salamon con Flavio Arensi (critico, responsabile artistico di Palazzo Leone da Perego a Legnano), Ivana Iotta (direttore Museo Civico Cremona), Franco Grechi e Alberto Galli.
Bibliografia essenziale:- Roberto Tassi, trentanove vedute di Venezia, Fondazione Cini, edizione Olivetti, Milano 1987.- Daniel Berger e Gian Alberto Dell’Acqua, con scritti di Giovanni Testori e Harry Salamon, Federica Galli, in occasione della mostra retrospettiva Castello Sforzesco di Milano, edizione Fabbri, Milano, 1990.- Marco Fragonara, Federica Galli, catalogo generale 1954-2003, edizione galleria Oreste Bellinzona, Milano, 2003.- Flavio Arensi, Federica Galli, l’incanto dello sguardo, in occasione della retrospettiva a Villa Reale a Monza (Mi), Allemandi editore, Torino 2008.
Federica Galli conta oltre 320 esposizioni tra il 1958 e il 2008.In Italia, ha esposto a: Milano, Cremona, Ferrara, Firenze, Parma, Trento, Palermo, Brescia, Verona, Udine, Vicenza, Trieste, Valenza Po, Cagliari, Caltanisetta, Piani d’Ivrea, Genova, Monza, Crema, Alessandria, Salice Terme, Suzzara, Padova, Cuneo, Saronno, Merano, Savona, Lucca, Fidenza, Imperia, Saluzzo, Aosta, Como, Reggio Emilia, Torino, Savognin, San Martino di Mozzate, Roma, Nuoro, Lissone,
Busto Arsizio, Voghera, Asti, Cantù, Biella, Oggiono, Bologna, Vigevano, Ancona, Borgo Manero, Zara, Lecco, Corbetta, Rho, Giussano, Venezia, Brescia, Mantova, Magenta, Bordighera, Rovigo, Luvignano, Legnano, Monza, Sondrio, Carpi, Bergamo, Casalpusterlengo, Cernobbio, Cesena, Feltre, Parabiago, Cortina d’Ampezzo, Lodi, Corfù, Susa, Pordenone, Cherasco, Goito, Soncino, Folgarida, Sperlonga, Vaprio d’Adda, Bolzano, San Virgilio di Marebbe, Mezzolombardo, Borgio Verezzi, Livorno, Chiavari.
E all’estero a: Johannesburg, Cape Town, il Cairo, Bogotà, Coria, Spalato, Barranquilla, Cartagena, città di Guatemala, Montreal, Lugano, Santa Marta, Flims Waldhaus, Flüelen, Bensheim, Parigi, Belgrado, Zagabria, Dubrovnik, Basilea-Riehen, Londra, Singapore, Seoul, Kuala Lampur, Pechino, Atene, Murialdo.
Cascina Mulino Vecchio1979, (part.)
Cascine (prima parte)fino al 1986
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
Cascina Retorto, 1966-67
Per una bambina, 1970-71
Cascina Abbandonata, 1973
Cascina sotto la neve, 1970
Cedri del libano, 1970
Due pioppi, 1972
Cascina Fornace, 1979
Cascina Pradaglio, 1979
Viale di pioppi
il recinto, 1977
Cascina Visconta, 1978
Cascina l’Argine, 1979
Cascina Boffalora, 1979
Cascina Nuova, 1979
Cascina Mulino Vecchio, 1979
osteria dei cacciatori, 1979
Il canneto, 1981
Cascina Madera, 1981
Cascina Cortenuova, 1982
Cascina Battaglia, 1981
Cascina Forestina, 1982
Cascina Cantalupetta, 1983
Il Mulino, 1980
Cascina Riazzolo, 1980
mm 167 x 636
mm 348 x 640
mm 348 x 644
mm 298 x 325
mm 398 x 399
mm 393 x 396
mm 393 x 397
mm 635 x 345
mm 638 x 350
mm 350 x 634
mm 346 x 640
mm 298 x 490
mm 395 x 485
mm 394 x 396
mm 392 x 397
diam. mm 399
mm 392 x 397
mm 248 x 493
mm 297 x 495
mm 494 x 397
mm 398 x 395
mm 635 x 346
mm 345 x 247
mm 350 x 637
50
50
70
50
50
70
90
90
70
70
90
110
90
90
110
109
90
90
90
100
90
90
135
90
riferimento catalogo generale
titolo Misure tiratura
225
274
297
253
254
282
369
379
336
340
355
370
371
376
377
373
417
421
446
416
441
463
388
401
Numero
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
381
435
445
440
465
439
481
466
469
470
501
490
496
492
491
FC
509
497
510
Cascina Mora, 1979
Cascina San Pietro, 1982
Cascina Cavallina, 1982
Cascina mulino Pietrasanta, 1982
Il ruscello, 1983
Cascina Serraglio Vecchio, 1982
Cascina Salicina, 1983
Cascina Gramigna, 1983
Cascina Rosina, 1983
Il nido, 1983
Cascina Guzzafame, 1985
Cascina Santo Stefano, 1983
Cascina Sant’Anna, 1984
Cascina Battaglina, 1984
La villa, 1983
Cascina Miranda, 1984
Cascina Bel Sit, 1985
Cascina Bellaria, 1985
Cascina Manzola, 1986
mm 599 x 600
mm 347 x 637
mm 346 x 635
mm 391 x 394
mm 392 x 395
mm 348 x 642
mm 243 x 490
mm 387 x 390
mm 387 x 390
mm 392 x 395
mm 387 x 390
mm 635 x 347
mm 638 x 347
mm 98 x 252
mm 95 x 195
mm 200 x 787
mm 347 x 641
mm 643 x 344
mm 127 x 98
90
90
90
90
90
90
90
90
90
100
90
90
90
90
112
90
90
90
100
Numero titolo Misure tiratura
Cascina Santo Stefano1983 (part.)
riferimento catalogo generale