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CHANGE Project Il ruolo della comunicazione nel contesto sanitario Il rapporto mente-corpo e lo...

Date post: 02-May-2015
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CHANGE Project CHANGE Project Il ruolo della comunicazione nel Il ruolo della comunicazione nel contesto sanitario contesto sanitario Il rapporto mente-corpo e lo stato di salute Il rapporto mente-corpo e lo stato di salute La teoria delle rappresentazioni sociali Le rappresentazioni sociali della malattia e della salute I comportamenti di salute I Fattori di rischio, di protezione e le risorse I Fattori di rischio nell’invecchiamento Il ruolo dell’attività fisica Il volontariato L’apprendimento continuo Prof. Prof. Michele Cesaro - Michele Cesaro - Prof. Prof. Mauro Cozzolino Mauro Cozzolino – DISCED – DISCED UNISA UNISA GRUNDTVIG Università degli Studi di Salerno Dipartimento di Scienze dell'Educazione Facoltà di Scienze della Formazione Care of Health Advertisi ng New Goals for Elderly people
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Page 1: CHANGE Project Il ruolo della comunicazione nel contesto sanitario Il rapporto mente-corpo e lo stato di salute La teoria delle rappresentazioni sociali.

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Il ruolo della comunicazione nel contesto sanitarioIl ruolo della comunicazione nel contesto sanitario

Il rapporto mente-corpo e lo stato di saluteIl rapporto mente-corpo e lo stato di salute La teoria delle rappresentazioni sociali Le rappresentazioni sociali della malattia e della salute

I comportamenti di saluteI Fattori di rischio, di protezione e le risorse I Fattori di rischio nell’invecchiamento Il ruolo dell’attività fisica Il volontariato L’apprendimento continuo

Prof.Prof. Michele Cesaro - Michele Cesaro - Prof. Prof. Mauro Cozzolino Mauro Cozzolino – DISCED – DISCED UNISAUNISA

GRUNDTVIG Università degli Studi di Salerno

Dipartimento di Scienze dell'EducazioneFacoltà di Scienze della Formazione

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Nel presentare un modello di salute e di promozione del benessere, in chiave bio-psico-sociale, è importante illustrare, seppur brevemente, il nostro punto di vista sul rapporto che intercorre tra la mente e il corpo.

Nello sviluppo del pensiero scientifico e filosofico, la distinzione tra mente e corpo, perpetuata per secoli, in Occidente si delinea essenzialmente all’interno di un processo di costruzione sociale e culturale che non trova forme simili in altri mondi culturali.

Il costrutto mente-corpo viene sempre situato e connotato all’interno dei gruppi sociali e culturali di appartenenza

Il rapporto mente-corpo e lo stato di salute

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I notevoli progressi delle neuroscienze portano con loro il pericolo di ridurre le funzioni mentali a qualcosa che, in modo più o meno mascherato, si colloca esclusivamente nel biologico. D’altra parte sono le stesse neuroscienze ad indicarci che “gli effetti non dipendono dalla materia di cui è fatta la macchina ma dai programmi che vi sono inseriti” (Bordi, 1987).

Il funzionamento mentale e corporeo, sia in condizioni di salute che di malattia, non è qualcosa di riconducibile ad un individuo isolato, ma va rappresentato come qualcosa che si sviluppa, e può essere esaminato, soltanto all’interno di una relazione (Solano, 2001).

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Pertanto, il nostro contributo inquadra il rapporto mente-corpo all’interno di una cornice in cui la regolazione degli stati affettivi e fisiologici nel rapporto con un oggetto che è prima esterno e poi interno si intesse dinamicamente con lo stato di salute e il suo mantenimento (Grotstein, 1986; Taylor, 1987, Taylor et al., 1997).

Il corpo e la mente sono considerate dimensioni integrate e dinamiche della persona che, invece di costituire entità separate, si modulano in modo interdipendente in quelle che sono le variazioni di salute o di malattia.

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La teoria delle rappresentazioni sociali

La teoria RS ha dato un grosso contributo alla psicologia sociale della salute. Le rappresentazioni sociali sono universi simbolici socialmente condivisi (Farr e Moscovici, 1984).

Le RS hanno “una funzione cognitiva di integrazione di informazioni nuove in sistemi pregressi di conoscenze, e motivazionale di contenimento dell’angoscia derivante dal fronteggiamento di qualcosa di sconosciuto, e perciò di minaccioso,…” (Petrillo, 1996, p.19).

Le RS non sono sistemi formali, ma hanno un carattere pratico che guida e orienta il comportamento delle persone

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Le RS sono soggette ai codici morali presenti in una data società e si diversificano nelle diverse epoche storiche o nella stessa epoca tra diversi gruppi sociali: sono dinamiche, si costruiscono e rigenerano attraverso processi di comunicazione sociale (Petrillo, 1994).

Le RS sono teorie ingenue tipiche del senso comune che si differenziano da altre forme di conoscenza più formalizzate come quelle scientifiche: vengono costruite al fine di dar senso alle esperienze (spesso confuse) che le persone si trovano a dover gestire.

Le RS nel campo della salute nascono dall’esigenza, che le persone e i gruppi di cui fanno parte hanno, di interpretare la malattia e darle un senso e di rispondere a domande relative al perché si verificano le malattie? e al perché una determinata malattia ha colpito proprio quella persona?, che cosa significa essere anziani?

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Le concezioni profane che le persone elaborano sono legate sicuramente alla loro storia personale e all’esperienza di malattia, ma si definiscono all’interno delle strutture culturali e sociali di riferimento.

Le elaborazioni che le persone producono in riferimento alla salute e alla malattia sono distanti dal pensiero scientifico ufficiale e radicate nella vita sociale di tutti i giorni.

Numerosi sono i campi di ricerca nei quali ciò è stato messo in luce: la rappresentazione della malattia e della salute (Herzlich,1969), la rappresentazione del corpo e la sua importanza nell’orientare le azioni di salute, la rappresentazione della malattia mentale (Jodelet, 1989; Nicoli e Zani, 1998) e dell’handicap (Markova e Farr, 1995).

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Le rappresentazioni sociali della salute e della malattia

Herzlich (1969) evidenzia la presenza nel senso comune di una visione del legame tra salute e malattia come espressione del rapporto oppositivo che intercorre tra individuo e società (individuo sano - società malata): emergono tre concezioni di malattia e di salute, che variano in funzione del modo di leggere il rapporto tra l’individuo e la società. 1) La malattia intesa come distruzione, l’esserne colpiti viene interpretato come annientamento personale e relazionale (negazione della malattia e delle cure o accettazione passiva). 2) la malattia come liberazione, ovvero come evento eccezionale che dà voce a bisogni che in condizione di salute vengono sacrificati in nome della routine quotidiana.3) la malattia come mestiere, cioè come parte integrante della propria vita. In questo caso le persone accettano la malattia e sviluppano modi di fronteggiarla che consentono loro delle nuove forme di partecipazione alla vita sociale.

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In sintesi, la salute può essere rappresentata come: a) semplice assenza di malattia, senza ulteriori specificazioni di tipo positivo; b) uno stile di vita; c) una condizione di equilibrio ovvero di adeguato adattamento tra l’individuo e la società. Mentre la malattia può essere interpretata come mancanza di salute, evasione dalla quotidianità, negazione.

Successivamante la Herzlich (1991) sostiene che, sebbene le rappresentazioni della salute e della malattia non si siano modificate negli ultimi anni, ciò che invece si è andato sviluppando, è la visione della salute come sorta di “norma” sociale o di “imperativo morale ”: è aumentato il valore attribuito alla salute e soprattutto si è delineata una modalità di leggere la salute come sinonimo di felicità e benessere di fronte a cui il soggetto ha “il dovere di star bene e di guarire”.

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Le rappresentazioni soggettive della salute hanno la funzione di mediare tra il sistema generale delle conoscenze che comprende le rappresentazioni culturali, sociali e l’azione individuale del soggetto (Flick, 1992).

La teoria RS della salute e della malattia ha offerto un grosso contributo alle scienze sociali: ha favorito l’integrazione tra le diverse discipline che studiano la salute ed ha arricchito l’apparato metodologico e tecnico della ricerca sulla salute.

Inoltre, il costrutto delle rappresentazioni sociali ha messo in evidenza le differenze in termini di rappresentazioni tra logiche di vita quotidiana e logiche istituzionali, utenti ed operatori sanitari, tra pazienti e familiari, ecc (Petrillo, 1996).

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I comportamenti di saluteL’identificazione di fattori di rischio e di protezione è uno degli obiettivi più rilevanti della psicologia della salute. Spesso dai mass media, l’entità del rischio viene presentata in un modo che, seppur formalmente corretto, può essere fuorviante. Un certo modo di presentare i dati, al fine di modificare le abitudini delle persone, si trasforma non in un’azione informativa, ma in un messaggio che terrorizza e destabilizza: es.propaganda contro il fumo, dove l’esposizione a messaggi terrorizzanti più che portare ad un cambiamento dei comportamenti, genera la negazione degli stessi e una sorta di desensibilizzazione che le persone mettono in atto al fine di evitare l’angoscia che i messaggi generano (Thompson, 1978; Leventhal, Cleary, 1980; Maburn, 1982). Sembrerebbe, quindi, più opportuna una valutazione realistica dei rischi che possa consentire al soggetto l’integrazione emotiva del messaggio e l’attivazione di un processo di cambiamento del comportamento.

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Molteplici ricerche dimostrano che l’adozione di determinate abitudini e lo stile di vita delle persone sono collegati agli atteggiamenti e alle credenze che le persone hanno sulla salute. L’impatto che eventi stressanti (lutti, divorzi o malattie) hanno sul soggetto, non dipende soltanto dalla natura di tali eventi e dai processi fisiologici che vengono attivati, ma anche dalla capacità del soggetto di far fronte alla situazione (coping).

Tale capacità di fronteggiare le situazioni è fortemente influenzata dall’interpretazione che il soggetto dà all’evento e dal grado di sostegno sociale che riceve dal contesto di riferimento (famiglia, amici, gruppo di pari) (Zani, Cicognani, 2000).

D’altra parte non è così semplice definire cosa sono i comportamenti di salute o i comportamenti pericolosi per essa.

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Gochman (1988) propone una definizione di comportamento di salute che racchiude sia azioni che riguardano il fare o l’astenersi dal fare (seguire una dieta o astenersi dal fumare), sia sensazioni o eventi mentali.

Fattori estremamente legati alla salute sono gli elementi cognitivi (aspettative, credenze, percezioni, valori e motivazioni), le caratteristiche di personalità e i patterns comportamentali (abitudini e azioni riferite al miglioramento o al mantenimento dello stato di salute): questi sono influenzati e si strutturano all’interno di processi familiari, del gruppo dei pari e di dinamiche organizzative e culturali di una data società.

Whitehead (1995) e Marks (1996) evidenziano la molteplicità di fattori in gioco come determinanti della salute e delineano una struttura a forma di cipolla all’interno dei quali essi si collocano.

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All’interno della struttura troviamo gli individui con caratteristiche genetiche, di età e di sesso, circondati da 4 livelli di fattori che li influenzano: 1) gli stili di vita individuali (modelli comportamentali durevoli e coerenti nel tempo), 2) le influenze sociali e della comunità di appartenenza, 3) le condizioni di vita e di lavoro, 4) le condizioni generali socioeconomiche, culturali ed ambientali (Marks, 1996).

In questo filone di studi viene riconosciuta la complessità dei fattori che sono alla base dei comportamenti di salute.

Sebbene sia ormai evidente che le persone con uno stile di vita sano, possano prevenire attivamente problemi di salute, non risulta molto diffuso uno stile di vita che vada in questa direzione: in Italia la sedentarietà riguarda il 65% degli italiani, il sovrappeso il 41%, il fumo il 30% e l’alcool il 10% circa. Anche in Europa, questi continuano ad essere i principali fattori di rischio pericolosi per la salute.

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I Fattori di rischio, di protezione e le risorse

La promozione del benessere e della salute dell’anziano, così come l’adozione di stili di vita salutare richiedono l’attenta conoscenza dei fattori di rischio e di risorsa, al fine di creare ed implementare modelli d’intervento capaci di agire sugli stessi.

L’OSM nel 2002 ha adottato l’espressione “active aging”, per esprimere un concetto di invecchiamento che ottimizza le possibilità di salute, partecipazione e sicurezza al fine di migliorare la qualità della vita degli anziani: esso si riferisce alla possibilità di partecipare alle questioni sociali, economiche, culturali, spirituali e civiche, in misura di bisogni, desideri e inclinazioni di ciascun individuo o gruppo sociale (WHO, 2000).

La fase di transizione dell’invecchiamento comporta una rinegoziazione ed un adattamento personale, all’interno di sistemi familiari e comunitari più ampi che richiedono l’attuazione di opportune strategie di coping.

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Cambiamento nello stile di vita

Condizioni socio-economiche

svantaggiate

Scarsa attività fisica

Progressivo deterioramento

psioco-fisico

Fuoriuscita dal mondo del lavoro

Basso livello socio-culturale

Fattori di rischio

Con rischio bio-psico-sociale si intende quell’insieme di situazioni che determinano delle compromissioni nell’andamento delle traiettorie evolutive o producono una mancata integrazione

tra individuo ed ambiente.

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Nelle indagini sul rischio evolutivo, incrementatesi dal 1970, è possibile ravvisare tre orientamenti:

1) quello che cerca di individuare un nesso causale diretto tra un singolo fattore di rischio e un risultato in termini di cattivo adattamento (concezione deterministica dello sviluppo e si rifà al modello medico dell’eziopatogenesi degli stati morbosi)

2) quello centrato sulla misurazione del rischio e sulla individuazione di indici cumulativi grazie ai quali si ritiene possibile definire la pericolosità, la rischiosità di una certa situazione (non sembra tenere conto della dimensione processuale che sottende il dispiegarsi di una traiettoria evolutiva dentro cui assume rilevanza l’interazione tra rischi presenti e risorse disponibili).

3) quello centrato sull’analisi dei processi di adattamento.

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Esso tiene conto dell’incidenza sia dei fattori di rischio che di quelli di protezione considerati come risorse specifiche delle singole storie di vita e tenta di spiegare il modo in cui individuo e contesto interagiscano reciprocamente nel produrre forme di funzionamento adattivo o disadattivo: in questa prospettiva risulta necessario considerare tanto le caratteristiche degli eventi di vita, quanto quelle personali poiché è solo valutando tali caratteristiche all’interno di specifici contesti e in un’ottica sistemica e relazionale che se ne può spiegare la funzione di danno o di protezione che svolgono sulla vita del soggetto.

L’idea è quella di situare accanto alla nozione di rischio quella di resilienza (resilience) intesa come la capacità del soggetto di essere flessibile, di resistere agli ostacoli, di realizzare un buon adattamento, nonostante le difficoltà. Il ricorso all’idea di resilience permette di render conto delle differenze individuali nelle risposte agli eventi di vita sfavorevoli.

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Solo una parte delle persone anziane esposte a fattori di rischio finisce con il mettere in atto risposte disfunzionali o patologiche: i problemi della predizione del rischio risultano strettamente connessi con quella della protezione. Fino ad oggi, lo studio dei fattori di protezione è stato piuttosto trascurato e merita un’attenzione maggiore visto che non è assolutamente secondario capire quali abilità possono essere potenziate al fine di rendere un soggetto anziano maggiormente resistente.

La resilience non è un tratto stabile di personalità (Sroufre, Rutter, 1984) poiché si intreccia nei diversi percorsi di sviluppo: i fattori protettivi variano il loro peso in base ad una molteplicità di elementi tra cui la fase evolutiva considerata, il sesso del soggetto ed il tipo di disturbo che si suppone possano contrastare: gli studi realizzati (Samerof, Seifer, 1990) sottolineano che i fattori protettivi definenti la resistenza, pur essendo classificati in modi diversi, rientrano nell’ambito dei processi cognitivi o in quelli socio-relazionali.

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La relazione tra individuo e ambiente può essere meglio definita nei termini di spazio di vita, concetto lewiniano poi ripreso da Bronfenbrenner (1979) che fa riferimento a quell’insieme di forze in gioco personali e ambientali in grado di esercitare un’influenza sul comportamento dell’individuo.

Il modello person-process-context che Bronfenbrenner (1988) ha elaborato è considerato la punta più avanzata della ricerca sul rischio poiché integra efficacemente caratteristiche personali con categorie di tipo ambientale, escludendo così la semplice sovrapposizione della dimensione psichica e di quella sociale: esse non sono analizzabili singolarmente perché è dalla loro interdipendenza che si originano esiti evolutivi fausti o infausti.Lo studio viene focalizzato sull’adattamento progressivo tra l’individuo e ambiente, sulle modalità con cui la relazione tra soggetto e microcontesto viene influenzata da “forze” di un ambiente fisico-sociale-culturale più ampio (mesocontesto, esocontesto, macrocontesto).


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