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Cinquant’anni di sacerdozio · La nostra comunità umana porta, nel-la memoria e nella carne, i...

Date post: 11-Feb-2020
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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 19-26 dicembre 2019 anno LXXII, numero 51-52 (4.024) Cinquant’anni di sacerdozio
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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 19-26 dicembre 2019anno LXXII, numero 51-52 (4.024)

Cinquant’annidi sacerdozio

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L’Osservatore Romanogiovedì 19-26 dicembre 2019il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAD irettore

GIANLUCA BICCINICo ordinatore

PIERO DI DOMENICANTONIOProgetto grafico

Redazionevia del Pellegrino, 00120 Città del Vaticano

fax +39 06 6988 3675

Servizio fotograficotelefono 06 6988 4797 fax 06 6988 4998

[email protected] w w w. p h o t o .v a

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telefono 06 6989 9480fax 06 6988 5164i n f o @ o s s ro m .v a

Giunto quasi alla fine del discorso su padre Mi-guel Ángel Fiorito il Papa si è commosso ri-cordando come da superiore provinciale ascol-tò il «rendiconto di coscienza» — proprio deigesuiti — del suo vecchio padre spirituale inun rovesciamento solo apparente perché “ilmaestro resta sempre discepolo” altrimenti nonè un vero maestro. La commozione di France-sco ha colpito tutti gli oltre duecento invitatialla festa per i cinquant’anni di sacerdozio or-ganizzata da «La Civiltà Cattolica» presso laCuria generalizia dei gesuiti. Più di un’ora ilPapa ha avvinto l’uditorio con la lettura delsuo testo, un vero e proprio saggio su cosavuole dire “essere maestri” (che pubblichiamointegralmente nel paginone centrale), ricco ditanti spunti non solo storici e biografici maanche squisitamente teologici.

Tra i diversi temi affrontati dal Pontefice suuno in particolare si è soffermato, quello della“metastoria della spiritualità”. «Esiste una me-tastoria — ha detto Bergoglio citando Fiorito —che non si scopre a volte direttamente nei do-cumenti, ma si basa sull’identità di una intelli-genza mistica ed è dovuta all’azione continuadi uno stesso Spirito Santo, invisibilmente pre-sente nella sua Chiesa visibile, e che è la ragio-ne ultima, ma trascendente, di questa omoge-neità spirituale” che si dà tra cristiani diversidi epoche differenti. Fiorito fa sua la prospet-tiva da cui un santo che ho canonizzato di re-cente, John Henry Newman, contemplava laChiesa: “La Chiesa cattolica non perde maiciò che ha posseduto una volta [...]. Piuttostoche passare da una fase a un’altra della vita,essa si porta dietro la sua giovinezza e la suamaturità nella propria vecchiaia. La Chiesanon ha cambiato ciò che possedeva, ma lo haaccumulato e, a seconda della circostanza,estrae dal suo tesoro cose nuove o cose anti-che”. Viene alla mente la bella frase di GustavMahler: “La tradizione è la garanzia del futuroe non la custodia delle ceneri”».

La lezione del Papa su cosa vuol dire “esse-re maestri” qui si allarga e si approfondisceper toccare il tema di cosa è la Chiesa. France-

sco riporta oggi le parole di Fiorito che a suavolta riportava le parole di Hugo Rahner, raf-finato teologo gesuita che ha riflettuto (anche)sull’essenza della Chiesa. In questo processo ilPapa ci inserisce Newman, così come, nel cor-so del suo discorso, è rientrato un altro gigan-te della teologia come Sant’Agostino e un al-tro gesuita poco noto, Claude Judde fatto co-noscere a Bergoglio sempre da Fiorito che par-lava poco e molto poco di sé, ma faceva ascol-tare ai suoi discepoli la voce dei grandi (santi,teologi, poeti, artisti...) che lo avevano prece-duto.

Si appalesa così una rete, che si sviluppa neltempo e nello spazio ma anche oltre, attraver-so quella “intelligenza mistica” che è animatadallo Spirito Santo. Questa rete è la Chiesa,composta da persone che hanno conosciutoCristo e lo hanno fatto conoscere ad altre per-sone e dalle sponde del lago di Tiberiade que-sta rete come un’onda è giunta fino ai nostrigiorni. Una rete di persone che non parlanotanto di sé, ma riportano le parole di chi li hapreceduti e tutti insieme fanno ascoltare l’uni-ca voce dell’unico Maestro.

C’è una lettera di prima del 200 d.C. del ve-scovo Ireneo di Lione all’amico Fiorino in cuigli ricorda Policarpo, loro antico maestro aSmirne, quel Policarpo che aveva avuto comemaestro Giovanni, l’apostolo amato da Gesù.Da Fiorino a ritroso attraverso Ireneo, Policar-po e Giovanni fino a Gesù, e questo vale an-che nel senso contrario: da Fiorino in avantifino a noi, che abbiamo ricevuto la fede da al-tri maestri e amici che ci hanno guidato e ac-compagnato nella vita. Di questo si tratta, diuna rete, in fondo, di persone chiamate a di-ventare amici.

Come Jorge Mario e Miguel Ángel, il qualeera dotato ha ricordato il Papa, tra le altre vir-tù, del dono delle lacrime e negli ultimi anni“parlava” per lo più nelle e con le lacrime. Lestesse lacrime che si sono “sentite” ieri nelleparole di Francesco che ricordava il suo vec-chio amico e maestro.

Una storiadi amicizialungaduemila anni

#editoriale

di ANDREA MONDA

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L’Osservatore Romanogiovedì 19-26 dicembre 2019il Settimanale

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Per spezzare la logicadella paura e della minaccia

Nel messaggioper la Giornata

mondialedel 2020

il Pontefice ricordache la guerra

cominciacon l’i n s o f f e re n z a

verso l’a l t ro

#pace

La pace e la stabilità internazionale «sonoincompatibili con qualsiasi tentativodi costruire sulla paura della reciprocadistruzione o su una minacciadi annientamento totale». Lo scriveil Papa nel messaggio per la 53a giornatamondiale della pace, che si celebrail 1° gennaio, sul tema «La pace comecammino di speranza: dialogo,riconciliazione e conversione ecologica».Di seguito il testo del documento papalepresentato giovedì 12 dicembrenella Sala stampa della Santa Sede.

1. La pace, cammino di speranza

di fronte agli ostacoli e alle prove

La pace è un bene prezioso, oggettodella nostra speranza, al quale aspiratutta l’umanità. Sperare nella pace è unatteggiamento umano che contiene unatensione esistenziale, per cui anche unpresente talvolta faticoso «può esserevissuto e accettato se conduce verso unameta e se di questa meta noi possiamoessere sicuri, se questa meta è così gran-de da giustificare la fatica del cammi-no».1 In questo modo, la speranza è lavirtù che ci mette in cammino, ci dà leali per andare avanti, perfino quando gliostacoli sembrano insormontabili.

La nostra comunità umana porta, nel-la memoria e nella carne, i segni delleguerre e dei conflitti che si sono succe-duti, con crescente capacità distruttiva, eche non cessano di colpire specialmentei più poveri e i più deboli. Anche interenazioni stentano a liberarsi dalle catenedello sfruttamento e della corruzione,che alimentano odi e violenze. Ancoraoggi, a tanti uomini e donne, a bambinie anziani, sono negate la dignità, l’inte-grità fisica, la libertà, compresa quellareligiosa, la solidarietà comunitaria, la

da violenze prive di ogni pietà, segnanoa lungo il corpo e l’anima dell’umanità.Ogni guerra, in realtà, si rivela un fratri-cidio che distrugge lo stesso progetto difratellanza, inscritto nella vocazione del-la famiglia umana.

La guerra, lo sappiamo, cominciaspesso con l’insofferenza per la diversitàdell’altro, che fomenta il desiderio dipossesso e la volontà di dominio. Nascenel cuore dell’uomo dall’egoismo e dallasuperbia, dall’odio che induce a distrug-gere, a rinchiudere l’altro in un’immagi-ne negativa, ad escluderlo e cancellarlo.La guerra si nutre di perversione dellerelazioni, di ambizioni egemoniche, diabusi di potere, di paura dell’altro e del-la differenza vista come ostacolo; e nellostesso tempo alimenta tutto questo.

Risulta paradossale, come ho avutomodo di notare durante il recente viag-gio in Giappone, che «il nostro mondovive la dicotomia perversa di voler di-fendere e garantire la stabilità e la pacesulla base di una falsa sicurezza suppor-tata da una mentalità di paura e sfidu-cia, che finisce per avvelenare le relazio-ni tra i popoli e impedire ogni possibiledialogo. La pace e la stabilità interna-zionale sono incompatibili con qualsiasitentativo di costruire sulla paura dellareciproca distruzione o su una minacciadi annientamento totale; sono possibilisolo a partire da un’etica globale di soli-darietà e cooperazione al servizio di unfuturo modellato dall’interdipendenza edalla corresponsabilità nell’intera fami-glia umana di oggi e di domani».2

Ogni situazione di minaccia alimentala sfiducia e il ripiegamento sulla pro-pria condizione. Sfiducia e paura au-mentano la fragilità dei rapporti e il ri-schio di violenza, in un circolo viziosoche non potrà mai condurre a una rela-zione di pace. In questo senso, anche ladissuasione nucleare non può che creareuna sicurezza illusoria.

Perciò, non possiamo pretendere dimantenere la stabilità nel mondo attra-verso la paura dell’annientamento, in unequilibrio quanto mai instabile, sospesosull’orlo del baratro nucleare e chiusoall’interno dei muri dell’indifferenza, do-ve si prendono decisioni socio-economi-che che aprono la strada ai drammi del-lo scarto dell’uomo e del creato, invecedi custodirci gli uni gli altri. Come, allo-ra, costruire un cammino di pace e di ri-conoscimento reciproco? Come romperela logica morbosa della minaccia e della

2. La pace, cammino di ascolto

basato sulla memoria

sulla solidarietà e sulla fraternità

Gli Hibakusha, i sopravvissuti ai bom-bardamenti atomici di Hiroshima e Na-gasaki, sono tra quelli che oggi manten-gono viva la fiamma della coscienza col-lettiva, testimoniando alle generazionisuccessive l’orrore di ciò che accaddenell’agosto del 1945 e le sofferenze indi-cibili che ne sono seguite fino ad oggi.La loro testimonianza risveglia e conser-va in questo modo la memoria delle vit-time, affinché la coscienza umana diven-ti sempre più forte di fronte ad ogni vo-lontà di dominio e di distruzione: «Nonpossiamo permettere che le attuali e lenuove generazioni perdano la memoriadi quanto accaduto, quella memoria cheè garanzia e stimolo per costruire un fu-turo più giusto e fraterno».4

Come loro molti, in ogni parte delmondo, offrono alle future generazioni ilservizio imprescindibile della memoria,che va custodita non solo per non com-mettere di nuovo gli stessi errori o per-ché non vengano riproposti gli schemiillusori del passato, ma anche perché es-sa, frutto dell’esperienza, costituisca laradice e suggerisca la traccia per le pre-senti e le future scelte di pace.

Ancor più, la memoria è l’orizzontedella speranza: molte volte nel buio del-le guerre e dei conflitti, il ricordo anchedi un piccolo gesto di solidarietà ricevu-ta può ispirare scelte coraggiose e persi-no eroiche, può rimettere in moto nuoveenergie e riaccendere nuova speranza neisingoli e nelle comunità.

Aprire e tracciare un cammino di paceè una sfida, tanto più complessa inquanto gli interessi in gioco, nei rappor-ti tra persone, comunità e nazioni, sonomolteplici e contradditori. Occorre, in-nanzitutto, fare appello alla coscienzamorale e alla volontà personale e politi-ca. La pace, in effetti, si attinge nel pro-fondo del cuore umano e la volontà po-litica va sempre rinvigorita, per aprirenuovi processi che riconcilino e unisca-no persone e comunità.

Il mondo non ha bisogno di parolevuote, ma di testimoni convinti, di arti-giani della pace aperti al dialogo senzaesclusioni né manipolazioni. Infatti, nonsi può giungere veramente alla pace senon quando vi sia un convinto dialogodi uomini e donne che cercano la veritàal di là delle ideologie e delle opinioni

speranza nel futuro. Tante vittime inno-centi si trovano a portare su di sélo strazio dell’umiliazione e dell’esclu-sione, del lutto e dell’ingiustizia, se nonaddirittura i traumi derivanti dall’accani-mento sistematico contro il loro popoloe i loro cari.

Le terribili prove dei conflitti civili edi quelli internazionali, aggravate spesso

paura? Come spezzare la dinamica didiffidenza attualmente prevalente?

Dobbiamo perseguire una reale fratel-lanza, basata sulla comune origine daDio ed esercitata nel dialogo e nella fi-ducia reciproca. Il desiderio di pace èprofondamente inscritto nel cuoredell’uomo e non dobbiamo rassegnarci anulla che sia meno di questo.

ra nel tempo. È un lavoro paziente di ri-cerca della verità e della giustizia, cheonora la memoria delle vittime e cheapre, passo dopo passo, a una speranzacomune, più forte della vendetta. In unoStato di diritto, la democrazia può esse-re un paradigma significativo di questoprocesso, se è basata sulla giustizia esull’impegno a salvaguardare i diritti diciascuno, specie se debole o emarginato,

diverse. La pace è «un edifi-cio da costruirsi continua-mente»,5 un cammino chefacciamo insieme cercandosempre il bene comune eimpegnandoci a mantenerela parola data e a rispettareil diritto. Nell’ascolto reci-proco possono crescere an-che la conoscenza e la stimadell’altro, fino al punto diriconoscere nel nemico ilvolto di un fratello.

Il processo di pace èquindi un impegno che du-

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4#pace

nella continua ricerca della verità.6 Sitratta di una costruzione sociale e diun’elaborazione in divenire, in cui cia-scuno porta responsabilmente il propriocontributo, a tutti i livelli della colletti-vità locale, nazionale e mondiale.

Come sottolineava San Paolo VI, «laduplice aspirazione all’uguaglianza e al-la partecipazione è diretta a promuovereun tipo di società democratica […]. Ciòsottintende l’importanza dell’educazionealla vita associata, dove, oltre l’informa-zione sui diritti di ciascuno, sia messo inluce il loro necessario correlativo: il rico-noscimento dei doveri nei confronti de-gli altri. Il significato e la pratica deldovere sono condizionati dal dominio disé, come pure l’accettazione delle re-sponsabilità e dei limiti posti all’e s e rc i -zio della libertà dell’individuo o delgrupp o».7

Al contrario, la frattura tra i membridi una società, l’aumento delle disugua-glianze sociali e il rifiuto di usare glistrumenti per uno sviluppo umano inte-grale mettono in pericolo il persegui-mento del bene comune. Invece il lavo-ro paziente basato sulla forza della paro-la e della verità può risvegliare nelle per-sone la capacità di compassione e di so-lidarietà creativa.

Nella nostra esperienza cristiana, noifacciamo costantemente memoria di Cri-sto, che ha donato la sua vita per la no-stra riconciliazione (cfr. Rm 5, 6-11). LaChiesa partecipa pienamente alla ricercadi un ordine giusto, continuando a ser-vire il bene comune e a nutrire la spe-ranza della pace, attraverso la trasmissio-ne dei valori cristiani, l’insegnamentomorale e le opere sociali e di educazio-ne.

3. La pace, cammino di riconciliazione

nella comunione fraterna

La Bibbia, in modo particolare me-diante la parola dei profeti, richiama lecoscienze e i popoli all’alleanza di Diocon l’umanità. Si tratta di abbandonareil desiderio di dominare gli altri e impa-rare a guardarci a vicenda come persone,come figli di Dio, come fratelli. L’a l t ronon va mai rinchiuso in ciò che ha po-tuto dire o fare, ma va considerato perla promessa che porta in sé. Solo sce-gliendo la via del rispetto si potrà rom-pere la spirale della vendetta e intra-prendere il cammino della speranza.

Ci guida il brano del Vangelo che ri-porta il seguente colloquio tra Pietro eGesù: «“Signore, se il mio fratello com-mette colpe contro di me, quante voltedovrò perdonargli? Fino a sette volte?”.E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino asette volte, ma fino a settanta volte set-te”» (Mt 18, 21-22). Questo cammino diriconciliazione ci chiama a trovare nelprofondo del nostro cuore la forza delperdono e la capacità di riconoscerci co-me fratelli e sorelle. Imparare a viverenel perdono accresce la nostra capacitàdi diventare donne e uomini di pace.

Quello che è vero della pace in ambi-to sociale, è vero anche in quello politi-co ed economico, poiché la questionedella pace permea tutte le dimensionidella vita comunitaria: non vi sarà maivera pace se non saremo capaci di co-struire un più giusto sistema economico.Come scriveva Benedetto XVI, dieci annifa, nella Lettera Enciclica Caritas in veri-tate: «La vittoria del sottosviluppo ri-chiede di agire non solo sul migliora-

mento delle transazioni fondate sulloscambio, non solo sui trasferimenti dellestrutture assistenziali di natura pubblica,ma soprattutto sulla progressiva apertu-ra, in contesto mondiale, a forme di atti-vità economica caratterizzate da quotedi gratuità e comunione» (n. 39).

4. La pace, cammino

di conversione ecologica

«Se una cattiva comprensione dei no-stri principi ci ha portato a volte a giu-stificare l’abuso della natura o il domi-nio dispotico dell’essere umano sul crea-to, o le guerre, l’ingiustizia e la violenza,come credenti possiamo riconoscere chein tal modo siamo stati infedeli al tesorodi sapienza che avremmo dovuto custo-d i re » . 8

Di fronte alle conseguenze della no-stra ostilità verso gli altri, del mancatorispetto della casa comune e dello sfrut-tamento abusivo delle risorse naturali —viste come strumenti utili unicamenteper il profitto di oggi, senza rispetto perle comunità locali, per il bene comune eper la natura — abbiamo bisogno di unaconversione ecologica.

Il recente Sinodo sull’Amazzonia cispinge a rivolgere, in modo rinnovato,l’appello per una relazione pacifica trale comunità e la terra, tra il presente e lamemoria, tra le esperienze e le speranze.

Questo cammino di riconciliazione èanche ascolto e contemplazione delmondo che ci è stato donato da Dio af-finché ne facessimo la nostra casa comu-ne. Infatti, le risorse naturali, le numero-se forme di vita e la Terra stessa ci sonoaffidate per essere “coltivate e custodite”(cfr. Gen 2, 15) anche per le generazionifuture, con la partecipazione responsabi-le e operosa di ognuno. Inoltre, abbia-mo bisogno di un cambiamento nelleconvinzioni e nello sguardo, che ci apramaggiormente all’incontro con l’altro eall’accoglienza del dono del creato, cheriflette la bellezza e la sapienza del suoArtefice.

Da qui scaturiscono, in particolare,motivazioni profonde e un nuovo mododi abitare la casa comune, di essere pre-senti gli uni agli altri con le proprie di-versità, di celebrare e rispettare la vita ri-cevuta e condivisa, di preoccuparci dicondizioni e modelli di società che favo-riscano la fioritura e la permanenza del-la vita nel futuro, di sviluppare il benecomune dell’intera famiglia umana.

La conversione ecologica alla qualefacciamo appello ci conduce quindi a unnuovo sguardo sulla vita, considerandola generosità del Creatore che ci ha do-nato la Terra e che ci richiama allagioiosa sobrietà della condivisione. Taleconversione va intesa in maniera integra-le, come una trasformazione delle rela-zioni che intratteniamo con le nostre so-relle e i nostri fratelli, con gli altri esseriviventi, con il creato nella sua ricchissi-ma varietà, con il Creatore che è originedi ogni vita. Per il cristiano, essa richie-de di «lasciar emergere tutte le conse-guenze dell’incontro con Gesù nelle re-lazioni con il mondo».9

5. Si ottiene tanto quanto si spera10

Il cammino della riconciliazione ri-chiede pazienza e fiducia. Non si ottienela pace se non la si spera.

Si tratta prima di tutto di credere nel-la possibilità della pace, di credere chel’altro ha il nostro stesso bisogno di pa-ce. In questo, ci può ispirare l’amore diDio per ciascuno di noi, amore liberan-te, illimitato, gratuito, instancabile.

La paura è spesso fonte di conflitto. Èimportante, quindi, andare oltre i nostritimori umani, riconoscendoci figli biso-gnosi, davanti a Colui che ci ama e ciattende, come il Padre del figlio prodigo(cfr. Lc 15, 11-24). La cultura dell’incon-tro tra fratelli e sorelle rompe con la cul-tura della minaccia. Rende ogni incon-tro una possibilità e un dono dell’a m o regeneroso di Dio. Ci guida ad oltrepassa-re i limiti dei nostri orizzonti ristretti,per puntare sempre a vivere la fraternitàuniversale, come figli dell’unico Padreceleste.

Per i discepoli di Cristo, questo cam-mino è sostenuto anche dal sacramentodella Riconciliazione, donato dal Signo-re per la remissione dei peccati dei bat-tezzati. Questo sacramento della Chiesa,che rinnova le persone e le comunità,chiama a tenere lo sguardo rivolto a Ge-sù, che ha riconciliato «tutte le cose,avendo pacificato con il sangue dellasua croce sia le cose che stanno sullaterra, sia quelle che stanno nei cieli»(Col 1, 20); e chiede di deporre ogni vio-lenza nei pensieri, nelle parole e nelleopere, sia verso il prossimo sia verso ilc re a t o .

La grazia di Dio Padre si dà comeamore senza condizioni. Ricevuto il suoperdono, in Cristo, possiamo metterci incammino per offrirlo agli uomini e alledonne del nostro tempo. Giorno dopogiorno, lo Spirito Santo ci suggerisce at-teggiamenti e parole affinché diventiamoartigiani di giustizia e di pace.

Che il Dio della pace ci benedica evenga in nostro aiuto.

Che Maria, Madre del Principe dellapace e Madre di tutti i popoli della ter-ra, ci accompagni e ci sostenga nel cam-mino di riconciliazione, passo dopo pas-so.

E che ogni persona, venendo in que-sto mondo, possa conoscere un’esistenzadi pace e sviluppare pienamente la pro-messa d’amore e di vita che porta in sé.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2019

1 BENEDETTO XVI, Lett. enc. Spe salvi(30 novembre 2007), 1.

2 Discorso sulle armi nucleari, Nagasa-ki, Parco «Atomic Bomb Hypocenter»,24 novembre 2019.

3 Cfr. Omelia a Lampedusa, 8 luglio2013.

4 Discorso sulla Pace, Hiroshima, Me-moriale della Pace, 24 novembre 2019.

5 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.Gaudium et spes, 78.

6 Cfr. BENEDETTO XVI, Discorso ai di-rigenti delle Associazioni Cristiane Lavora-tori Italiani, 27 gennaio 2006.

7 Lett. ap. Octogesima adveniens (14maggio 1971), 24.

8 Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio2015), 200.

9 Ibid., 217.10 Cfr. S. GI O VA N N I DELLA CRO CE,

Notte Oscura, II, 21, 8

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Cari fratelli e sorelle,sono lieto di incontrarmi con la grande fami-glia della Congregazione delle Cause dei San-ti, che svolge il suo lavoro al servizio dellaChiesa universale in ordine al riconoscimentodella santità di coloro che hanno fedelmenteseguito Cristo. Saluto con affetto il CardinaleAngelo Becciu, Prefetto, e lo ringrazio per lesue parole. Saluto i Cardinali e i VescoviMembri del Dicastero; il Segretario Mons.Marcello Bartolucci, il Sottosegretario, gli Of-ficiali, i Consultori e i Postulatori.

È un’occasione significativa quella che moti-va il nostro incontro odierno: la Congregazio-ne delle Cause dei Santi compie quest’annomezzo secolo di vita. Infatti, l’8 maggio 1969San Paolo VI decise di sostituire la Congrega-zione dei Sacri Riti con due Dicasteri: la Con-gregazione delle Cause dei Santi e la Congre-gazione per il Culto Divino. Con tale decisio-ne egli permetteva di dedicare adeguate risorsedi persone e di lavoro a due grandi aree chia-

non sono degli esseri umani irraggiungibili,ma sono vicini a noi e ci possono sostenere nelcammino della vita. Infatti, «sono persone chehanno sperimentato la fatica quotidianadell’esistenza con i suoi successi e i suoi falli-menti, trovando nel Signore la forza di rialzar-si sempre e proseguire il cammino» (An g e l u s , 1novembre 2019). Ed è importante misurare lanostra coerenza evangelica con diverse tipolo-gie di santità, poiché «ogni santo è una mis-sione; è un progetto del Padre per riflettere eincarnare, in un momento determinato dellastoria, un aspetto del Vangelo» (Esort. ap.Gaudete et exsultate, 19).

La testimonianza dei Beati e dei Santi ci il-lumina, ci attrae e ci mette anche in discussio-ne, perché è “parola di Dio” incarnata nellastoria e vicina a noi. La santità permea e ac-compagna sempre la vita della Chiesa pellegri-na nel tempo, spesso in modo nascosto e quasiimpercettibile. Pertanto, dobbiamo imparare a«vedere la santità nel popolo di Dio paziente:

nei genitori che crescono con tanto amore i lo-ro figli, negli uomini e nelle donne che lavora-no per portare il pane a casa, nei malati, nellereligiose anziane che continuano a sorridere.[...] Questa è tante volte la santità “della portaaccanto”, di quelli che vivono vicino a noie sono un riflesso della presenza di Dio»(ibid., 7).

Imparare a vederela santità della porta accanto

Udienzaalla Congregazionenel cinquantesimo

a n n i v e rs a r i odi attività

#causedeisanti

ramente distinte, per meglio corrispondere siaalle richieste sempre più numerose delle Chie-se particolari, sia alla sensibilità conciliare.

In questo mezzo secolo di attività, la vostraCongregazione ha vagliato un gran numero diprofili biografici e spirituali di uomini e didonne, per presentarli quali modelli e guide divita cristiana. Le moltissime beatificazioni ecanonizzazioni, che si sono celebrate in questiultimi decenni, stanno a significare che i Santi

«La santità permea eaccompagna sempre la vitadella Chiesa pellegrinanel tempo, spesso in modonascosto e quasiimpercettibile». Lo haricordato Papa Francescorivolgendosi ai membri,agli officiali, ai consultorie ai postulatoridella Congregazionedelle cause dei santi,ricevuti in udienzanella mattina di giovedì12 dicembre, nella SalaClementina, in occasionedel cinquantesimoa n n i v e rs a r i odella istituzionedel dicastero da partedi Paolo VI.

CO N T I N UA A PA G I N A 6

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L’Osservatore Romanogiovedì 19-26 dicembre 2019il Settimanale

6#causedeisanti

Il vostro Dicastero è chiamato a verificare levarie modalità della santità eroica, quella cherisplende più visibile come quella più nascostae meno appariscente, ma altrettanto straordi-naria. La santità è la vera luce della Chiesa:come tale, essa va messa sul candelabro perchépossa illuminare e guidare il cammino versoDio di tutto il popolo redento. Si tratta di unaverifica quotidianamente compiuta dal vostroDicastero, che fin dall’antichità è stata svoltacon scrupolosità e accuratezza nella ricerca in-vestigativa, con serietà e perizia nello studiodelle fonti processuali e documentali, conobiettività e rigore nell’esame e in ogni gradodi giudizio, relativo al martirio, all’eroicità del-le virtù, all’offerta della vita e al miracolo. Sitratta di criteri fondamentali, che sono richiestidalla gravità della materia trattata, dalla legi-slazione e dalle giuste attese del popolo diDio, che si affida all’intercessione dei Santi esi ispira al loro esempio di vita.

Seguendo questa via, il lavoro della Congre-gazione consente di sgombrare il campo daogni ambiguità e dubbio, conseguendo unapiena certezza nella proclamazione della santi-tà. Non posso quindi che esortare ognuno divoi a proseguire sulla strada tracciata e percor-sa per circa quattro secoli dalla Congregazionedei Sacri Riti, e continuata negli ultimi cin-quant’anni dalla Congregazione delle Causedei Santi. Incoraggio in questo i Superiori, iCardinali, i Vescovi Membri del Dicastero, etutti gli Officiali.

I Consultori, in ambito storico, teologico emedico, sono chiamati ad adempiere con pienalibertà di coscienza il proprio lavoro, studian-do attentamente i casi loro affidati e formulan-do i relativi giudizi con matura riflessione, inmodo imparziale e senza tener conto di condi-zionamenti, da qualunque parte essi possano

venire. Il Regolamento e la prassi del Dicaste-ro, come pure la vigilanza dei Superiori favori-scano un rapporto di assoluta indipendenzatra gli estensori dei singoli voti e chi forma ocoordina i Congressi peculiari. Si tratta di te-nere sempre presenti le finalità specifiche delleCause, che sono la gloria di Dio e il bene spi-rituale della Chiesa, e sono strettamente legatealla ricerca della verità e della perfezione evan-gelica.

Da parte loro, i Postulatori siano semprepiù consapevoli che la loro funzione richiedeun atteggiamento di servizio alla verità e dicooperazione con la Santa Sede. Essi non silascino guidare da visioni materiali e da inte-ressi economici, non ricerchino la loro afferma-zione personale e soprattutto fuggano tuttociò che è in contraddizione con il significatodel lavoro ecclesiale che svolgono. Non vengamai meno nei Postulatori la consapevolezzache le Cause di beatificazione e canonizzazio-ne sono realtà di carattere spirituale; non soloprocessuale, spirituale. Pertanto vanno trattatecon spiccata sensibilità evangelica e rigore mo-rale. Anzi, una volta, con il Cardinale Amato,abbiamo parlato della necessità del miracolo.Ci vuole un miracolo perché è proprio il ditodi Dio lì. Senza un intervento del Signorechiaro, noi non possiamo andare avanti nellecause di canonizzazione.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per il so-lerte servizio che rendete a tutta la Chiesa.Mediante la vostra opera, voi vi ponete alfianco specialmente dei Vescovi per sostenereil loro impegno nel diffondere la consapevo-lezza che la santità è l’esigenza più profondadi ogni battezzato, l’anima della Chiesa el’aspetto prioritario della sua missione. Affidoil vostro lavoro quotidiano alla materna inter-cessione di Maria, Regina dei Santi, e, mentrevi chiedo di pregare per me, di cuore vi impar-to la Benedizione Apostolica.

Una lunga storia di servizioNell’ultimo mezzo secolo sono stati proclamaticomplessivamente 2203 beati e 1479 santi, aiquali vanno aggiunti sei dottori della Chiesa,ovvero le sante Teresa d’Avila, Caterina daSiena, Teresa del Bambino Gesù e Ildegardadi Bingen, e i santi Giovanni d’Avila e Grego-rio di Narek. Numeri che — ha fatto notare ilcardinale Angelo Becciu rivolgendo un salutoal Pontefice — mostrano come, rispetto ai se-coli passati, le beatificazioni e le canonizzazio-ni siano in aumento progressivo. Esse poggia-no le basi, ha sottolineato il prefetto dellaCongregazione delle cause dei santi, su un«meticoloso e scrupoloso lavoro di accerta-mento e verifica della santità conseguita conl’effusione del sangue per la fede tramite ilmartirio, oppure con la pratica eroica delle vir-tù cristiane o con l’offerta della propria vitaper amore di Cristo».

L’attività della Congregazione — istituita daPapa Paolo VI, che nel 1969 divise la Sacracongregazione dei riti in due congregazioni,quella per il Culto divino e quella, appunto,delle Cause dei santi — pur essendo «relativa-mente giovane», ha detto il cardinale Becciu,eredita «una storia antica e insigne che cer-chiamo di rendere ogni giorno viva, palpitantedi amore al Vangelo e alla Chiesa, e di devo-zione al successore di Pietro». L’impegno co-stante è quello di «presentare con efficacia lestraordinarie figure di credenti che hanno te-stimoniato concretamente il Vangelo». È, ha

aggiunto, «una diaconia che si inserisce nelcuore della Chiesa, la quale loda e serve Diosoprattutto con la santità dei suoi figli».

Il porporato ha infine collegato la celebra-zione del cinquantesimo anniversario d’istitu-zione del dicastero con l’analoga ricorrenzache coinvolge Jorge Mario Bergoglio, il quale,il 13 dicembre di cinquanta anni fa, riceveval’ordinazione sacerdotale: «l’inizio — ha detto— di una lunga storia di dedizione, servizio eamore per la Chiesa per la quale noi lodiamoe ringraziamo il Signore».

P ro m u l g a z i o n edi decreti

L’11 dicembre, PapaFrancesco ha ricevuto inudienza l’Eminentissimocardinale Angelo Becciu,prefetto dellaCongregazione delle causedei santi.Durante l’udienza, ilPontefice ha autorizzato lamedesima Congregazione apromulgare i decretir i g u a rd a n t i :

— il miracolo, attribuitoall’intercessione dellavenerabile serva di DioMaria Luigia del SantissimoSacramento (al secolo:Maria Velotti), fondatricedelle suore Francescaneadoratrici della santa Croce;nata il 16 novembre 1826 aSoccavo (Italia) e morta il 3settembre 1886 a Casoria(Italia);

— il martirio dei servi diDio Angelo Marina Álvareze 19 compagni, dell’o rd i n edei Frati Predicatori; uccisi,in odio alla fede, durante laguerra civile spagnola, nel1936 (Spagna);

— il martirio dei servi diDio Giovanni Aguilar Donise 4 compagni, dell’o rd i n edei Frati Predicatori, e delservo di Dio FruttuosoPérez Márquez, fedele laicodel Terz’Ordine di SanDomenico; uccisi, in odioalla fede, durante la guerracivile spagnola, nel 1936(Spagna);

— il martirio della serva diDio Isabella SánchezRomero (in religione:Ascensión de San José),monaca professa dell’o rd i n edi San Domenico; uccisa, inodio alla fede, durante laguerra civile spagnola, il 17febbraio 1937 a Huéscar(Spagna).

— le virtù eroiche delvenerabile servo di DioVincenzo Maria Morelli,dell’ordine dei Chiericiregolari Teatini, arcivescovodi Otranto; nato a Lecce(Italia) il 25 aprile 1741 emorto a Sternatia (Italia) il22 agosto 1812;

— le virtù eroiche del servodi Dio Carlo AngeloSonzini, sacerdotediocesano, fondatore dellacongregazione delle suoreAncelle di San Giuseppe;nato il 24 giugno 1878 aMalnate (Italia) e morto a

Varese (Italia) il 5 febbraio1957;

— le virtù eroiche del servodi Dio Americo Monteirode Aguiar, sacerdotediocesano; nato a Salvadorde Galegos (Portogallo) il23 ottobre 1887 e morto il 16luglio 1956 a Porto(Portogallo);

— le virtù eroiche del servodi Dio Giulio Facibeni,sacerdote diocesano; nato il28 luglio 1884 a Galeata(Italia) e morto il 2 giugno1958 a Firenze (Italia);

— le virtù eroiche del servodi Dio Gregorio TommasoSuárez Fernández, sacerdoteprofesso dell’ordine diSant’Agostino; nato il 30marzo 1915 a La Cortina(Spagna) e morto il 23aprile 1949 a Salamanca(Spagna);

— le virtù eroiche della servadi Dio Maria degli Angelidi Santa Teresa (al secolo:Dináh Amorim), religiosaprofessa dell’istituto delleFiglie di Maria religiosedelle Scuole Pie; nata l’8agosto 1917 a Claudio(Brasile) e morta il 1°settembre 1988 a Rio deJaneiro (Brasile).

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 5

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La celebrazione di oggi, i testi biblici che abbia-mo ascoltato, e l’immagine di Nostra Signoradi Guadalupe che ci ricorda il Nican mopohua,mi suggeriscono tre aggettivi per lei: signora-donna, madre e meticcia.

Maria è donna. È donna, è signora, comedice il Nican mapohua. Donna con la signoriadi donna. Si presenta come donna, e si presen-ta con un messaggio di un altro ancora, ossiaè donna, signora e discepola. A sant’Ignaziopiaceva chiamarla Nostra Signora. Ed è cosìsemplice, non pretende altro: è donna, disce-p ola.

La pietà cristiana nel corso dei tempi hasempre cercato di lodarla con nuovi titoli: era-no titoli filiali, titoli dell’amore del popolo diDio, ma che non toccavano in nulla questo es-sere donna-discepola.

San Bernardo ci diceva che quando parlia-mo di Maria non bastano mai la lode, i titolidi lode, ma non toccano per nulla questo suoumile discepolato. Discepola.

Fedele al suo Maestro, che è suo Figlio,l’unico Redentore, non ha mai voluto prende-re per sé qualcosa di suo Figlio. Non si è maipresentata come co-redentrice. No, discepola.

E c’è un Santo Padre che dice in giro che èpiù degno il discepolato della maternità. Que-stioni di teologi, ma discepola. Non ha mairubato per sé nulla di suo Figlio, lo ha servitoperché è madre, dà la vita nella pienezza deitempi a questo Figlio nato da una donna.

Maria è Madre nostra, è Madre dei nostripopoli, è Madre di tutti noi, è Madre dellaChiesa, ma è anche immagine della Chiesa. Edè Madre del nostro cuore, della nostra anima.C’è un Santo Padre che dice che ciò che si di-ce di Maria si può dire, a suo modo, dellaChiesa, e, a suo modo, dell’anima nostra. Per-ché la Chiesa è femminile e la nostra anima haquesta capacità di ricevere da Dio la grazia e,in un certo senso, i Padri la vedevano comefemminile. Non possiamo pensare la Chiesasenza questo principio mariano che si estende.

Quando ricerchiamo il ruolo della donnanella Chiesa, possiamo seguire la via della fun-zionalità, perché la donna ha funzioni da com-piere nella Chiesa. Ma ciò ci lascia a metàcammino.

La donna nella Chiesa va oltre, con questoprincipio mariano, che “maternalizza” la Chie-sa, e la trasforma nella Santa Madre Chiesa.

Maria donna, Maria madre, senza altro tito-lo essenziale. Gli altri titoli — pensiamo alle li-tanie lauretane — sono titoli di figli innamoraticantati alla Madre, ma non toccano l’essenzia-lità dell’essere di Maria: donna e madre.

E il terzo aggettivo, che le direi guardando-la: si è voluta meticcia per noi, si è meticciata.

E non solo con Juan Dieguito, ma con il po-polo. Si è meticciata per essere Madre di tutti,si è meticciata con l’umanità. Perché? Perchéha “meticciato” Dio. Ed questo è il grande mi-stero: Maria Madre “meticcia” Dio, vero Dio evero uomo, nel suo Figlio.

Quando ci vengono a dire che bisognava di-chiararla tale, o fare quest’altro dogma, nonperdiamoci in chiacchiere: Maria è donna, èNostra Signora, Maria è Madre di suo Figlio edella Santa Madre Chiesa gerarchica e Maria èmeticcia, donna dei nostri popoli, ma che hameticciato Dio.

Che ci parli come ha parlato a Juan Diegoda questi tre titoli: con tenerezza, con calorefemminile e con vicinanza di meticciato. Cosìsia.

Donna, madremeticcia

Me s s adel Ponteficeper la festa

mariana

#Guadalupe

Nel pomeriggio di giovedì 12 dicembre, nellabasilica Vaticana, Papa Francesco ha presiedutola celebrazione eucaristica in occasione della festaliturgica della beata Vergine Mariadi Guadalupe. Di seguito pubblichiamo unanostra traduzione dallo spagnolo dell’omeliapronunciata a braccio dal Pontefice.

La prima inculturazione del Vangelo nelle Americhe l’ha compiuta la Madonna stessaapparendo con i tratti somatici di una meticcia, la “M o re n i t a ”, all’indio Juan Diego, il 9dicembre 1531. Da allora la Vergine di Guadalupe è la persona più cara ai popoli latino-americani. Ogni anno, nella festa a lei dedicata, i fedeli si riuniscono per ringraziarla einvocarla. Lo stesso avviene anche in Vaticano, dove si ritrova la comunità latinoamericanaresidente a Roma. A presiedere la concelebrazione eucaristica, nella basilica di San Pietro,giovedì pomeriggio, 12 dicembre, è stato Papa Francesco. Circondato da donne, uomini,ragazze, ragazzi, religiose, religiosi, sacerdoti, vescovi originari dei Paesi del nuovocontinente, il Pontefice ha celebrato alla Confessione, sotto lo sguardo della Vergine diGuadalupe, la cui immagine era stata collocata di fianco all’a l t a re .Fedeli in abiti tradizionali o con i mantelli e gli stendardi delle confraternite mariane esemplici devoti della Vergine hanno partecipato al rito. Anche i canti — eseguiti dallaschola della Cappella Sistina e dal coro del Pontificio collegio Pio Latino Americano —sono stati tratti dal repertorio caro alla devozione popolare, come il tradizionale LaGuadalupana. Intenzioni di preghiera sono state elevate per la Chiesa, il Papa, il collegioepiscopale, i senzatetto, gli affamati, i ciechi, le vergini consacrate, i governanti, i provati, idefunti. Al momento della consacrazione sono saliti all’altare i cardinali Marc Ouellet eLeonardo Sandri e gli arcivescovi Edgar Peña Parra, José Octavio Ruiz Arenas e IlsonMontanari. Tra i partecipanti, dieci porporati e trentacinque presuli. Al termine dellacelebrazione, il cardinale Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi e presidentedella Pontificia commissione per l’America latina, ha rivolto un breve saluto al Papa.Rappresentando i sentimenti dei popoli latinoamericani, lo ha ringraziato «a nome ditutta la Chiesa per la sua paternità universale come Successore di Pietro sulla cattedra diRoma». Il porporato ha ricordato i cinquant’anni di sacerdozio del Pontefice «vissuti conmaggiore intensità negli anni del ministero petrino. La nostra gratitudine — ha proseguito— si eleva verso il Padre celeste attraverso il cuore orante di Maria Santissima, ma questagratitudine si estende anche a lei, Santo Padre, per il suo modo di esercitare il sacerdozio,in spirito di umiltà e misericordia, in spirito di riforma e santità dando priorità e grandeaffetto ai più bisognosi di carità e speranza, e specialmente ai poveri». Il prefetto ha poisottolineato come nei «ventitré anni di servizio come sacerdote gesuita» e nei «ventisetteanni di ministero episcopale» si «sommano un’abbondanza impressionante di benedizionie grazie a beneficio del popolo di Dio nel nostro tempo».«Il suo sacerdozio — ha detto rivolgendosi al Pontefice — è un dono per lei e un regaloper tutti. Che lo Spirito Santo continui a ispirarla con le attenzioni premurose di vitanuova, tanto comuni in lei, come dice la canzone spagnola appena ascoltata: “Cheattenzioni Signore hai avuto per me!” E che attenzioni ha avuto Dio con noi con il suosacerdozio!». Da qui l’esortazione rivolta a Francesco: «continui a formarci per discernerequelle attenzioni del Signore nella nostra vita». Infine, il porporato ha concluso offrendoal Papa i «ferventi voti di feconda e gioiosa continuazione del suo servizio petrino inquesto giubileo d’oro sacerdotale. Continui a essere per noi — gli ha chiesto — Pa d re ,pastore e amico e ci benedica».Da parte sua il Pontefice ha ricordato la festa mariana del 12 dicembre con un tweetsull’account spagnolo di @Pontifex: «Che la Vergine di Guadalupe vi parli come parlò aJuan Diego: con tenerezza, con premura materna e con vicinanza». (nicola gori)

Festa di popoli

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CContrabbandieridella fede

ari fratelli e sorelle,celebriamo oggi la terza Domenica di Avven-to. Nella prima Lettura il profeta Isaia invitatutta la terra a rallegrarsi per la venuta del Si-gnore, che porta la salvezza al suo popolo.Egli viene ad aprire gli occhi ai ciechi e gliorecchi ai sordi, a curare gli zoppi e i muti(cfr. 35, 5-6). La salvezza è offerta a tutti, ma ilSignore manifesta una tenerezza speciale per ipiù vulnerabili, i più fragili, i più poveri delsuo popolo.

Dalle parole del Salmo Responsoriale ap-prendiamo che ci sono altri vulnerabili chemeritano uno sguardo d’amore speciale daparte di Dio: sono gli oppressi, gli affamati, iprigionieri, i forestieri, gli orfani e le vedove(cfr. Sal 145, 7-9). Sono gli abitanti delle peri-ferie esistenziali di ieri e di oggi.

In Gesù Cristo l’amore salvifico di Dio si fatangibile: «I ciechi riacquistano la vista, glizoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, isordi odono, i morti risuscitano, ai poveri èannunciato il Vangelo» (Mt 11, 5). Questi sonoi segni che accompagnano la realizzazione delRegno di Dio. Non squilli di tromba o trionfimilitari, non giudizi e condanne dei peccatori,ma liberazione dal male e annuncio di miseri-cordia e di pace.

Anche quest’anno ci apprestiamo a celebrareil mistero dell’Incarnazione, dell’Emmanuele,il “Dio con noi” che opera prodigi a favore delsuo popolo, in particolare dei più piccoli e fra-gili. Tali prodigi sono i “segni” della presenzadel suo Regno. E siccome gli abitanti delle pe-riferie esistenziali continuano ad essere ancoramolti, dobbiamo chiedere al Signore di rinno-vare il miracolo del Natale ogni anno, offren-do noi stessi come strumenti del suo amoremisericordioso verso gli ultimi.

Per prepararci adeguatamente a questa nuo-va effusione di grazia, la Chiesa ci offre il tem-po di Avvento, nel quale siamo chiamati a ri-svegliare nei cuori l’attesa e a intensificare lanostra preghiera. A questo scopo, nella ric-chezza delle diverse tradizioni, le Chiese parti-colari hanno introdotto una varietà di pratichedevozionali.

Nelle Filippine, da secoli, esiste una novenain preparazione al Santo Natale chiamata Sim-

bang-Gabi (Messa della notte). Durante novegiorni i fedeli filippini si ritrovano all’alba nel-le loro parrocchie per una speciale celebrazio-ne eucaristica. Negli ultimi decenni, grazie aimigranti filippini, tale devozione ha superato iconfini nazionali ed è approdata in tanti altriPaesi. Da anni si celebra Simbang-Gabi anchenella diocesi di Roma, e oggi la celebriamo in-sieme qui, nella Basilica di San Pietro.

Attraverso questa celebrazione ci vogliamopreparare al Natale secondo lo spirito dellaParola di Dio che abbiamo ascoltato, rimanen-do costanti fino alla venuta definitiva del Si-gnore, come ci raccomanda l’apostolo Giaco-mo (cfr. Gc 5, 7). Ci vogliamo impegnare amanifestare l’amore e la tenerezza di Dio versotutti, specialmente verso gli ultimi. Siamochiamati ad essere fermento in una società chespesso non riesce più a gustare la bellezza diDio e a sperimentare la grazia della sua pre-senza.

E voi, cari fratelli e sorelle, che avete lascia-to la vostra terra alla ricerca di un futuro mi-gliore, avete una missione speciale. La vostrafede sia “lievito” nelle comunità parrocchialialle quali appartenete oggi. Vi incoraggio amoltiplicare le opportunità di incontro percondividere la vostra ricchezza culturale e spi-rituale, lasciandovi nello stesso tempo arricchi-re dalle esperienze altrui. Siamo tutti invitati acostruire assieme quella comunione nella di-versità che costituisce un tratto distintivo delRegno di Dio, inaugurato da Gesù Cristo, Fi-glio di Dio fatto uomo. Siamo tutti chiamati apraticare assieme la carità verso gli abitantidelle periferie esistenziali, mettendo a servizioi nostri doni diversi, così da rinnovare i segnidella presenza del Regno. Siamo tutti chiamatiad annunciare assieme il Vangelo, la BuonaNovella di salvezza, in tutte le lingue, così daraggiungere più persone possibile.

Il Santo Bambino che ci apprestiamo adadorare, avvolto in povere fasce e adagiato inuna mangiatoia, vi benedica e vi dia la forzaper portare avanti con gioia la vostra testimo-nianza.

C e l e b ra z i o n ep re s i e d u t ada Francesconella «Domenicadella gioia»

#comunitàfilippina

«Continuate ad essere “c o n t ra b b a n d i e r i ”della fede»: è la consegna che il Papa ha affidatoalla comunità filippina residente a Roma, dopola benedizione solenne al termine della messacelebrata nel pomeriggio del 15 dicembre,“Domenica della gioia” nella basilica Vaticana.Pubblichiamo l’omelia pronunciata dal Pontefice.

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Cari fratelli e sorelle,Sono lieto di incontrarvi in occasione del 70°anniversario di fondazione della vostra “Asso-ciazione Nazionale Lavoratori Anziani”. Vi sa-luto tutti, ad iniziare dal Presidente, che rin-grazio per la sua introduzione. Vorrei ripren-dere soprattutto la sottolineatura che ha fattosull’anzianità come stagione del dono e anchecome stagione del dialogo.

Le persone anziane, sul piano sociale, nonvanno considerate come un peso, ma per quel-lo che sono veramente, cioè una risorsa e unaricchezza. Sono la memoria di un popolo! Lodimostra il loro apporto alle attività di volon-tariato, occasioni preziose per vivere la dimen-sione della g ra t u i t à . Gli anziani in buone con-dizioni di salute possono offrire qualche oradel loro tempo per occuparsi di persone chehanno bisogno, arricchendo così anche sé stes-si. Il volontariato è un’esperienza che fa benesia a chi la riceve sia a chi la fa. Infatti, l’im-pegno a favore degli altri è in grado di contra-stare la percezione di solitudine, migliora leprestazioni cognitive e incrementa il benesserementale. In altre parole, impegnarsi nel volon-tariato promuove quello che viene definito “in-vecchiamento attivo”, contribuendo a migliora-re la qualità della vita una volta che vengano amancare dimensioni importanti della propriaidentità, come il ruolo di genitori o quelloprofessionale con il pensionamento.

In questi ultimi anni abbiamo assistito aduna espansione dell’impegno degli anziani nelvolontariato e nell’associazionismo, in quantoterreno ottimale di realizzazione di un’anziani-tà attiva e protagonista nella costruzione diuna comunità solidale. I 70 anni della vostraAssociazione sono la dimostrazione di comegli anziani sono in grado di auto-organizzarsie di partecipare. La sfida maggiore che, per iprossimi anni, si presenterà alla società è pro-muovere con efficacia sempre maggiore le ri-sorse umane di cui sono portatori gli anzianiall’interno della comunità. Si tratta di attivare,sul territorio, reti di solidarietà che abbianocome riferimento gli anziani in quanto soggettiattivi protagonisti e non solo oggetto di inter-venti di tipo assistenziale. Sarà dunque impor-tante che gli anziani vengano considerati por-tatori non solo di bisogni, ma anche di nuoveistanze, o come mi capita spesso di dire — rie-cheggiando la Bibbia — di “sogni” (cfr Gl 3, 1)— che gli anziani siano dei sognatori — sogniperò carichi di memoria, non vuoti, vani, comequelli di certe pubblicità; i sogni degli anzianisono impregnati di memoria, e quindi fonda-mentali per il cammino dei giovani, perché so-no le radici. Dagli anziani viene quella linfache fa crescere l’albero, fa fiorire, dà nuovif ru t t i .

E veniamo così al secondo aspetto: la vec-chiaia come stagione del dialogo. Il futuro di unpopolo suppone necessariamente un dialogo eun incontro tra anziani e giovani per la costru-zione di una società più giusta, più bella, piùsolidale, più cristiana. I giovani sono la forzadel cammino di un popolo e gli anziani rinvi-goriscono questa forza con la memoria e lasaggezza. La vecchiaia è un tempo di grazia,nel quale il Signore ci rinnova la sua chiamata:ci chiama a preservare e tramandare la fede, cichiama a pregare, specialmente a intercedere;ci chiama ad essere accanto a quanti sono nelbisogno. Gli anziani, i nonni hanno una capa-cità unica e speciale di cogliere le situazionipiù problematiche. E quando pregano perqueste situazioni, la loro preghiera è forte, èpotente! Ai nonni, che hanno ricevuto la bene-dizione di vedere i figli dei figli (cfr Sal 128,6), è affidato un compito grande: trasmetterel’esperienza della vita, la storia di una fami-glia, di una comunità, di un popolo.

Considerando e vivendo la vecchiaia comela stagione del dono e la stagione del dialogo,si contrasterà lo stereotipo tradizionale dell’an-ziano: malato, invalido, dipendente, isolato,assediato da paure, lasciato da parte, con unaidentità debole per la perdita di un ruolo so-ciale. In pari tempo, si eviterà di focalizzarel’attenzione generale prevalentemente sui costie i rischi, dando più evidenza alle risorse e allepotenzialità degli anziani. Purtroppo, tantevolte si scartano i giovani, perché non hannolavoro, e si scartano gli anziani con la pretesadi mantenere un sistema economico “equilibra-to”, al centro del quale non vi è la personaumana, ma il denaro. E questo non va. Il futu-ro — e questo non è esagerato — sarà nel dialo-go fra giovani e anziani. Se i nonni non dialo-gano con i nipoti, non ci sarà futuro. Siamotutti chiamati a contrastare questa velenosacultura dello scarto. Siamo chiamati a costrui-re con tenacia una società diversa, più acco-gliente, più umana, più inclusiva, che non habisogno di scartare chi è debole nel corpo enella mente, anzi, una società che misura ilproprio “passo” proprio su queste persone.

Cari amici, vi ringrazio per quanto fate nelcampo della promozione delle persone anzia-ne. Siate ovunque presenza gioiosa e saggia.Domani la Chiesa comincia a pregare nellapreparazione al Natale invocando la saggezza,il giorno della sapienza, invocando la saggez-za. C’è bisogno della sapienza e dell’esp erien-za degli anziani, per costruire un mondo piùrispettoso dei diritti di tutti. Continuate concoraggio a portare nei diversi ambienti in cuioperate la vostra preziosa testimonianza. Daparte mia, vi accompagno con la preghiera, einvoco su di voi e sui vostri propositi e proget-ti di bene la benedizione del Signore. E, miraccomando, parlate con i giovani, ma non perbastonarli, no: per sentirli, e poi seminarequalcosa. Questo dialogo è il futuro! E nondimenticatevi di pregare per me. Grazie!

Una risorsae una ricchezzanon un pesoda scartare

Udienzaa un’As s o c i a z i o n e

italianadella terza età

#lavoratorianziani

«Le persone anziane,sul piano sociale, nonvanno considerate comeun peso, ma per quello chesono veramente, cioèuna risorsae una ricchezza»: lo haribadito il Papa durantel’udienza all’As s o c i a z i o n enazionale dei lavoratorianziani (Anla), onlusitaliana ricevutaa mezzogiorno di lunedì 16nella Sala Clementina.

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GIOVEDÌ 12Ricevuta in udienza Sua Altezza Reale laPrincipessa Khétévane Bagration de Moukhra-ni, nuovo ambasciatore di Georgia, in occasio-ne della presentazione delle lettere con cui èstata accreditata presso la Santa Sede.

VENERDÌ 13«Siamo tutti chiamati a costruire un “villag-

gio globale dell’educazione”, dove chi lo abitagenera una rete di relazioni umane, le qualisono la migliore medicina contro ogni formadi discriminazione e di isolamento». È l’auspi-cio espresso dal Pontefice nel saluto rivoltoagli artisti e agli organizzatori del concerto di

Natale in Vaticano, ricevuti in udienza a mez-zogiorno nella Sala Clementina. L’appunta-mento musicale si è poi svolto sabato 14nell’Aula Paolo VI, promosso dalla Congrega-zione per l’educazione cattolica. All’iniziodell’incontro il cardinale prefetto GiuseppeVersaldi ha salutato il Papa a nome dei presen-ti ricordando che la ventisettesima edizione èdedicata alla regione Panamazzonica e che ilricavato sarà devoluto a due iniziative solidali:un progetto di riforestazione sostenuto dallafondazione Scholas Occurrentes; e un centroper minori a rischio, per preservare la presenzaindigena, promosso dalla fondazione salesianaMissioni Don Bosco Valdocco onlus.

«Far conoscere al mondo la gioia della mi-sericordia attraverso la diversità dei vostri cari-smi: con persone in situazioni di precarietà,con i migranti, i malati, i carcerati, le personecon disabilità, le famiglie ferite». È il compitoaffidato dal Pontefice ai membri di associazio-ni, congregazioni e movimenti ecclesiali fran-cesi dedicati alla misericordia, ricevuti nellaSala del Concistoro (foto sopra). Nella stessamattina Francesco aveva anche accolto inudienza Sua Eccellenza il signor Alberto Me-dardo Barranco Chavarría, nuovo ambasciato-re del Messico, in occasione della presentazio-

La risposta alla sfida posta dalle migrazionicontemporanee si può riassumere in quattro verbi:

accogliere, proteggere, promuovere e integrare.Se li mettiamo in pratica, contribuiamo a costruire

la città di Dio e dell’uomo. #InternationalMigrantsDay

@Pontifex, 18 dicembre”Agli artisti del concertodi Natale in Vaticano

Discorso ad ausiliariee cooperatrici apostoliche

Scambio di auguri natalizicon l’Acr

ne delle lettere con cui è stato accreditatopresso la Santa Sede.

SA B AT O 14«Collaborare direttamente con i pastori nel

servizio alla gente, al popolo di Dio, nelle par-rocchie, negli oratori, con i poveri, nelle carce-ri» è il «punto originante e qualificante»dell’esperienza delle ausiliarie e delle collabo-ratrici apostoliche di alcune diocesi dell’Italiasettentrionale, incontrate nella Sala Clementi-na. Nella stessa mattina ricevuto in udienza,nel Palazzo apostolico vaticano, Duško Mar-ković, primo ministro di Montenegro.

DOMENICA 15Rinnovando una tradizione natalizia inau-

gurata durante il pontificato di Paolo VI, PapaFrancesco ha benedetto al termine dell’Ange-lus di mezzogiorno della terza domenica diAvvento, le statuine dei bambinelli portate inpiazza San Pietro dai ragazzini del Centrooratori romani (foto in basso). In precedenza,commentando il Vangelo proposto dalla litur-gia nella “Domenica della gioia”, il Ponteficeaveva esortato i numerosi fedeli presenti a nonlasciarsi «distrarre dalle cose esteriori» e a fareinvece «spazio nel cuore a Colui che è già ve-nuto e vuole venire ancora a guarire le nostremalattie e a darci la sua gioia».

LUNEDÌ 16«Nel giorno di Natale raccoglietevi in pre-

ghiera e, con lo stesso stupore dei pastori,guardate a Gesù Bambino»: è il «compito dafare a casa» che Papa Francesco ha assegnatoai ragazzi dell’Azione cattolica italiana ricevutinella Sala del Concistoro, per il tradizionalescambio degli auguri natalizi.

#7giorniconilpapa

Due atteggiamentidei cristiani tiepidi —«mettere Dio all’angolo elavarsene le mani» — sonopericolosi: perché «è comesfidare Dio». Se il Signoremettesse noi all’angolo«non entreremmo maiin Paradiso» e guai se poi«se ne lavasse le mani,con noi». Francesco,nell’omelia della messadel mattino di lunedì 16a Casa Santa Marta,ha riletto così il Vangelodi Matteo propostodalla liturgia: quellosul dialogo tra Gesùe i capi dei sacerdoti, chegli chiedono con qualeautorità insegni nel tempio.

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URadici e futuro

#scholasoccurrentes

I n a u g u ra t ala nuova sede

nel PalazzoSan Calisto

n olivo, la mitica figura di Telemaco, ilfiglio di Ulisse, e una grande torta per icinquanta anni di sacerdozio di PapaFrancesco, con tanto di Happy birthdaye applausi. Così Scholas Occurrentes haaccolto il Pontefice venerdì pomeriggio,13 dicembre, per festeggiare insieme conlui non solo il suo giubileo presbiterale,ma anche l’inaugurazione della nuovasede di Palazzo San Calisto, nel quartie-re romano di Trastevere. Giovani, artisti,sportivi e un gruppo di first lady lati-noamericane e dei Caraibi lo attendeva-no insieme con il direttore mondiale Jo-sé María del Corral e il presidente mon-diale Enrique Palmeiro.

I ragazzi formatori di Scholas, prove-nienti da Giappone, Argentina, StatiUniti, Haiti, Israele, Mozambico, Messi-co, Spagna, Italia e Colombia, hannocosì celebrato il primo incontro intercul-turale di giovani a Roma. Molti di loroappartengono a comunità indigene, a di-verse religioni, e vengono da contesti so-ciali differenti. Si sono riuniti per condi-videre la ricchezza delle loro culture eper proporre un nuovo modo di abitareil mondo. Hanno scelto la figura del fi-glio di Ulisse per simbolizzare la gio-ventù, orfana, che è in attesa del padre edesidera dar vita a una nuova cultura. Èil messaggio della madre terra, del recu-pero delle radici — tema che ha inspiratol’incontro — forti come quelle dell’olivodi novant’anni piantato dal Papa. Si è

di preludio dell’incontro internazionale«Economia di Francesco», che si svolge-rà ad Assisi, dal 26 al 28 marzo 2020.

Rispondendo alla domanda di un gio-vane, il Papa ha detto: «La prima cosache mi viene è: “esprimere, libertà, nonavere paura, disinibirsi”». Sono parole«che mi sono nate nel cuore. La capaci-tà di far uscire quello che si ha dentro,ma in modo accompagnato, non da soli.Se uno si mette a far uscire quello cheha dentro da solo può impazzire o in-ventare difese perché non venga fuori.Quando lo fai in gruppo, il gruppo ticontiene e ti aiuta, e insieme fate strada,fate storia». C’è anche la capacità di “di-sinibizione”, che si «crea nei ragazzi enelle ragazze che partecipano a Scho-las», che per il Pontefice «è grande e sa-lutare. “D isinibirsi” nel senso buono deltermine, cioè: che non ci sia nulla chenon ti permetta di esprimerti. E c’è unaparola che esprime tutto: poesia. Ossia

Dopo l’invito di Papa Francesco —che nel suo viaggio apostolico in Mo-zambico dello scorso mese di settembrelanciò l’idea di un concorso sul tema del“pallone di stracci” come simbolo dellevirtù umili dello sport — Scholas ha rac-colto la sfida e ha promosso un’iniziati-va. Insieme con la fondazione Milan, lafondazione Think Equal e «L’O sserva-tore Romano», ha lanciato, alla presenzadel Pontefice, il progetto «Pallone distracci: educare per la vita». Si tratta diun invito ad artisti, sportivi, pensatori,governi, istituzioni, imprenditori, acca-demici ed esponenti della società civile aessere parte di questa creazione, a pen-sare l’impensabile: una nuova cultura,una educazione per la vita. L’iniziativasi inserisce nell’alleanza che queste asso-ciazioni firmarono con Scholas a metàdel 2019, con l’obiettivo di promuovereun’educazione di qualità e la cittadinan-za globale, attraverso il potenziamento

parlato anche di unità e di Scholas co-me spazio di incontro.

Francesco ha annunciato e rilanciatovari progetti e iniziative della fondazio-ne nel 2020: in particolare, l’appunta-mento mondiale del 14 maggio, che avràcome tema «Ricostruire il patto educati-vo globale».

Il Pontefice si è collegato in video-conferenza con vari Paesi del mondo, acominciare da Haiti. I ragazzi del luogogli avevano preparato un recital musical,poi gli hanno illustrato alcuni progettiriguardo al riciclo e all’arte. Si è quindicollegato con la nuova sede di Scholasnegli Stati Uniti d’America, a Los Ange-les, e con Assisi. Lì l’attendevano i par-tecipanti all’incontro sul tema «Unanuova educazione per una nuova econo-mia», che si è svolto nel convento Fran-ciscanum. Vi hanno partecipato econo-misti appartenenti alla Commissione ditrasformazione economica globale(Cget) e dell’Istituto di nuovo pensieroeconomico (Inet), e accademici dellaRete di università Cátedras Scholas. Trai protagonisti dell’incontro, gli universi-tari fuori sede che hanno sperimentatosituazioni di esclusione sociale, come lapovertà, la fame e la mancanza di op-portunità nei loro territori. Coordinatadall’area di Scholas Cátedras, questaesperienza ha avuto come obiettivo dicreare una coscienza collettiva sulla ne-cessità di immaginare e ridisegnare nuo-vi contenuti e nuove metodologie di in-segnamento, attraverso le quali si ap-prendono materie come l’economia allaluce dell’enciclica Laudato si’: una sorta

ciò che Scholas “fa esplodere” in ognu-no è “p o esia”». Poesia, ha spiegato, nonvuol dire «alienarsi in cose che volanoin alto. Ma è — come dice l’etimologiadella parola — “c re a t i v i t à ”». E l’uomo ela donna, o «sono creativi o restanobambini, ragazzi, non crescono. A farticrescere è la creatività, ed è quello chevedo in tutti. Che ognuno è cresciuto».Questa creatività è «accompagnata dasimboli, storie, narrazioni che sono sim-boli. A cominciare dal “Matto” di Las t ra d a e oggi il Telemaco». In propositoFrancesco ha confidato di conservare an-cora sulla scrivania «il sassolino che miavete regalato il primo anno dopo il“Matto” di La strada». Questo serve perricordare. «È un vero percorso — ha ag-giunto — ma un percorso di fare poesia,una poesia che ti porta alla creatività e acapire il cammino umano. I grandi “mo-delli” di ansie umane, di saggezza uma-na e di insuccessi umani ti indicano ilcammino ed è questo che noto in Scho-las; ossia che “c re a ” per la libertà». In-fatti, «Scholas non fa proselitismo, crealibertà. Perché scommette su ciò cheognuno ha nel proprio cuore, che è lacapacità di crescere e di costruire il pro-prio futuro».

dei valori dello sport, lavorando insiemecon giovani e bambini in contesti educa-tivi, pubblici e privati. Per l’o ccasioneerano presenti Paolo Scaroni e ZvonimirBoban, rispettivamente presidente e am-ministratore delegato del Milan, LeslieUdwin, fondatrice e direttrice esecutivadi Think Equal, e il direttore del nostrogiornale.

Il Papa si è rivolto anche alle cinquefirst lady latinoamericane e dei Caraibi,appartenenti all’Alleanza di coniugi dicapi di Stato e rappresentanti (Alma):Fabiola Yáñez, dall’Argentina, al suoprimo atto ufficiale; Kim Simplis Bar-row, del Belize; Michelle Bolsonaro, dalBrasile; María Juliana Ruiz Sandoval,dalla Colombia; e Silvana Abdo, dal Pa-raguay. A loro ha detto: «Appena vi hoviste, ho pensato che, in momenti dellastoria della mia patria, dell’indip enden-za, sono state le donne quelle che hannotessuto momenti eroici. Avevano visione.Io sogno un’America latina unita, cia-scuno con la propria identità, perché perunirsi non c’è bisogno di cancellarel’identità, al contrario, ma uniti. E que-sto lo fanno le donne o non lo fa nessu-no».

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il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 19-26 dicembre 2019

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QMaestro di dialogo

Nel giornodel cinquantesimo

a n n i v e rs a r i odi sacerdozio

Papa Francescop re s e n t a

la raccoltadegli scritti

del suo padrespirituale

Miguel ÁngelFiorito

pubblicatada «La Civiltà

Cattolica»

#copertina

Nel pomeriggio di venerdì 13 dicembre,il Santo Padre si è recato presso la casageneralizia della Compagnia di Gesùper la presentazione dell’opera in cinquevolumi dedicata agli scritti del padreMiguel Ángel Fiorito (1916-2005), gesuitae padre spirituale di Jorge MarioBergoglio, curata da padre José LuisNarvaja e pubblicata da «La CiviltàCattolica». Riportiamo il discorso, conalcune aggiunte a braccio, pronunciatodal Papa nel corso della presentazione.

Nella foto in basso a destra:padre Fiorito (il secondoda destra) con accanto il giovaneBergoglio nell’immagine a cui hafatto riferimento Papa Francescodurante la presentazione: «Su“L’Osservatore Romano” di tregiorni fa — ha detto parlandoa braccio — è uscita la fotografiadi lui con i sacerdoti che facevanoil terzo anno. C’ero anch’io comeProvinciale vicino a loro.Avevano dei gruppi, i sacerdotiche facevano la terzap ro b a z i o n e » ;Nella foto in basso a sinistra:un momento della cerimoniasvoltasi il 13 dicembre 1969nel giardino interno del Teologatoal Collegio Massimo di SanGiuseppe — p re s i e d u t adall’arcivescovo di Córdoba,monsignor Ramón JoséCastellano, e concelebrata da 43sacerdoti — durante la qualeBergoglio fu ordinato sacerdoteinsieme ai tre confratelli gesuitiJosé Luis Ávila, Carlos Hardoye Ricardo L. Martensen, e algiuseppino del Murialdo VictorGrados Acosta (immaginepubblicate dal sitodella Provincia di Argentinae Uruguay dei gesuiti)

uando padre Spadaro mi ha dato i cin-que volumi con gli Escritos del MaestroFiorito — così lo chiamavamo, familiar-mente, noi gesuiti argentini e uruguaya-ni —, mi ha parlato di una possibile pre-sentazione. Infatti, li ha pubblicati laCiviltà Cattolica a cura di padre JoséLuis Narvaja. Allora a me è venuto ildesiderio di esserci di persona. Gliel’hodetto subito: «E perché non far fare lapresentazione a uno dei suoi discepo-li?». Lui mi ha chiesto: «Chi, per esem-pio?». Allora gli ho risposto: «Io!». Edeccomi qui.

Nell’introduzione José Luis approfon-disce la figura di padre Fiorito come«maestro del dialogo». Quel titolo mi èpiaciuto perché descrive bene il Maestromettendo in rilievo un paradosso: Fiori-to infatti parlava poco, ma aveva unagrande capacità di ascolto, un ascoltocapace di discernimento, che è una dellecolonne del dialogo.

Rinvio quindi a quello studio prelimi-nare, che tratta tutti gli aspetti del dialo-go come padre Fiorito lo praticava e loinsegnava: il dialogo tra maestro e disce-poli nello spirito comune della Scuola, ildialogo con gli autori e con i testi, ildialogo con la storia e il dialogo conDio. Esporrò due punti che mi hannoaiutato a strutturare questa presentazio-ne, allargando alcune riflessioni che fac-cio nel Prologo contenuto nel primo vo-lume.

Parto da una espressione che Fioritoimpiega nel suo articolo dal titolo«L’Accademia di Platone come Scuolaideale». L’espressione è Magister dixerit,«il Maestro direbbe» [1]. Se sorge unadifficoltà che non è specificamente pre-vista da quello che «ha detto il Mae-stro», il buon discepolo, sentendosi re-sponsabile del valore della dottrina cheha ricevuto e volendo difenderla, se lacava affermando: «Il Maestro direbbe»[2]. Mentre rileggevo vari articoli, pen-savo che cosa direbbe il Maestro in unacircostanza come questa. Non tanto«che cosa direbbe», in effetti, ma «co-me» lo direbbe. Su questo mi ha ispira-to un’altra cosa che Narvaja mette inevidenza, e cioè che a Fiorito piaceva

considerarsi un commentatore, nel sensopreciso della parola: uno che «commen-ta co-pensando («com-mentum»); vale adire pensando insieme all’(altro) autore»[3].

Quello che oggi voglio fare, pertanto,è un commento: un pensare insieme aFiorito, insieme a Narvaja, ad alcune co-se che mi hanno fatto molto bene e pos-sono aiutare altri. Mi avvarrò dei testi li-beramente, agevolato dall’ottimo lavoroche ha portato a pubblicarli tutti insie-me e con l’adeguato apparato critico.

Che cosa si domanderebbe Fiorito ri-guardo a un’edizione dei suoi Escritoscome questa? Forse in primo luogo sene valesse la pena, dato che non è unautore conosciuto, salvo forse nell’ambi-to ristretto degli studiosi di sant’Ignazio.Ma credo concorderebbe sul fatto che isuoi scritti possono interessare quantiaccompagnano spiritualmente e dannogli Esercizi, tutte persone desiderose diun aiuto pratico per guidare altri e perproporre gli Esercizi con più frutto.

Fiorito non ha fatto molto per farsiconoscere, ma da buon maestro ha fattoconoscere molti buoni autori ai suoi di-scepoli. Direi anzi che ci faceva gustareil meglio dei migliori, selezionando i te-sti e commentandoli sul Boletín de espiri-tualidad della provincia gesuiticadell’Argentina, che pubblicava ogni me-se. Era un uomo sempre a caccia dei se-gni dei tempi, attento a ciò che lo Spiri-to dice alla Chiesa per il bene degli uo-mini, tramite la voce di una grande va-rietà di autori, attuali e classici. E i testiche commentava rispondevano allepreoccupazioni — non soltanto a quelledel momento, ma anche alle più profon-de — e risvegliavano proposte nuove,creative. In questo senso gli pareva frut-tuoso continuare a far conoscere quelliche faceva conoscere.

Credo di aver fatto il suo nome per laprima volta in un incontro con i gesuitidel Myanmar e del Bangladesh. Uno diloro, un formatore, mi aveva domandatoche modello avessi da proporre a un ge-suita giovane. Mi sono venute in mentedue immagini. La prima riguardava unapersona non molto positiva, mentre l’al-tra sì, ed era quella di Fiorito. Era uningegnere, poi è entrato in Compagnia,«Professore di filosofia, preside della Fa-coltà, ma amava la spiritualità. Insegna-

va a noi studenti la spiritualità disant’Ignazio. È stato lui a insegnarci la«via del discernimento» [4]. Ricordo diavere aggiunto che mi faceva piacere no-minarlo proprio lì, in Myanmar, perchésecondo me lui non si sarebbe mai im-maginato che il suo nome venisse citatoin quei luoghi così lontani. E figurarsiin un avvenimento come quello di oggi.

Eppure sarebbe ben contento, ne so-no sicuro, che i suoi Escritos siano statipubblicati da uno dei suoi discepoli. Eche oggi vengano presentati da un altrodi loro. Il vero maestro in senso evange-lico è contento che i suoi discepoli di-ventino anche loro dei maestri, e a suavolta conserva sempre la sua condizionedi discepolo.

Come mostra Narvaja, è stato Fioritoa trasmetterci lo «spirito di scuola» incui «la proprietà intellettuale ha un sen-so comunitario», infatti «nessun disce-polo si sente padrone assoluto dell’e re d i -tà del suo maestro, al punto da escluder-ne gli altri. Al contrario, vuole comuni-carla, moltiplicando i felici possessoridello stesso tesoro spirituale. E, più an-cora, vuole comunicare proprio quellastessa comunicabilità». Qui Fiorito cita-va la luminosa espressione di Agostinoal riguardo, in De doctrina christiana:«Ogni cosa, infatti, che non si esauriscequando la si dona, se la si possiede sen-za distribuirla, non la si possiede comeoccorrerebbe possederla» (I, 1) [5].

Il fatto stesso di presentare gli Scrittiin quest’aula della Curia generalizia èper me un modo per esprimere la miagratitudine per tutto ciò che la Compa-gnia di Gesù mi ha dato e ha fatto perme. Nella persona del Maestro Fioritosono compresi tanti gesuiti che sono sta-ti miei formatori, e qui voglio fare unamenzione particolare di tanti fratelli coa-diutori, Maestri con l’esempio gioioso direstare semplici servitori per tutta la vi-ta.

Allo stesso tempo è anche un modoper ringraziare e per incoraggiare tanti

uomini e donne che, fedeli al carismadell’accompagnamento spirituale, guida-no, sostengono e appoggiano i loro fra-telli in quel compito che nella recenteLettera ai sacerdoti ho descritto come lastrada che comporta «fare l'esperienzadi sapersi discepoli» [6]. Non solo quel-la di esserlo, che è già tanto, ma anchedi saperlo (riflettendo spesso su questagrazia per ricavarne frutto, come diceIgnazio negli Esercizi). Infatti il Signorenon insegna da solo e nemmeno da unacattedra lontana, ma fa «Scuola» e inse-gna attorniato dai suoi discepoli che aloro volta sono maestri di altri, e in noiquesta consapevolezza rende feconda lasua Parola e la moltiplica.

Nel Prologo scrivo: «L’edizione degliEscritos di padre Miguel Ángel Fiorito èmotivo di consolazione per noi che sia-mo stati e siamo suoi discepoli e ci nu-triamo dei suoi insegnamenti. Sonoscritti che faranno un gran bene a tuttala Chiesa». Ne sono convinto.

Un poco di storiaPer noi gesuiti argentini rileggere i te-

sti di questi volumi significa ripercorrerela nostra storia: comprendono set-tant’anni della nostra vita di famiglia el’ordine cronologico in cui appaiono cipermette di evocarne il contesto. Nonsoltanto quello immediato e particolare,ma anche quello più ampio, della Chie-sa universale, che Fiorito seguendo Hu-go Rahner chiama «la metastoria di unaspiritualità» [7]. Questo è un concetto-chiave, in Fiorito: quello della “metasto-ria”.

«Esiste una metastoria, che non siscopre a volte direttamente nei docu-menti, ma si basa sull’identità di una in-telligenza mistica ed è dovuta all’azionecontinua di uno stesso Spirito Santo, in-visibilmente presente nella sua Chiesavisibile, e che è la ragione ultima, matrascendente, di questa omogeneità spiri-tuale» che si dà tra cristiani diversi di

epoche differenti. Fiorito fa sua la pro-spettiva da cui un santo che ho canoniz-zato di recente, John Henry Newman,contemplava la Chiesa: «La Chiesa cat-tolica non perde mai ciò che ha posse-duto una volta [...]. Piuttosto che passa-re da una fase a un’altra della vita, essasi porta dietro la sua giovinezza e la suamaturità nella propria vecchiaia. LaChiesa non ha cambiato ciò che posse-deva, ma lo ha accumulato e, a secondadella circostanza, estrae dal suo tesorocose nuove o cose antiche» [8]. Vienealla mente la bella frase di GustavMahler: «La tradizione è la garanzia delfuturo e non la custodia delle ceneri».

In questa dinamica estraggo qui amodo di esempio alcune date e pubbli-cazioni significative.

Ho conosciuto Fiorito nel 1961, al ri-torno dal mio juniorato in Cile. Era pro-fessore di Metafisica nel Collegio Massi-mo di San Giuseppe, la nostra casa diformazione a San Miguel, in provinciadi Buenos Aires. Da allora cominciai aconfidarmi con lui, divenne il mio diret-tore spirituale. Attraversava un processoprofondo che lo avrebbe portato a la-sciare l’insegnamento della filosofia perdedicarsi totalmente a scrivere di spiri-tualità e a dare Esercizi. Il volume II,nell’anno 1961-1962, riporta l’articolo: «Ilcristocentrismo del “Principio e fonda-mento” di sant’Ignazio» [9]. Mi avevamolto ispirato. È stato là che ho comin-ciato a prendere confidenza con alcuniautori che mi accompagnano da allora:Guardini, Hugo Rahner, col suo librosulla genesi storica della spiritualità disant’Ignazio [10], Fessard e la sua Dia-lettica degli Esercizi.

Fiorito faceva notare, in quel conte-sto, «la coincidenza tra l’immagine delSignore, soprattutto in san Paolo, comela spiega Guardini, e l’immagine del Si-gnore come noi a nostra volta crediamodi trovarla negli Esercizi di sant’Ignazio»[11]. Fiorito sosteneva che il «Principio efondamento» non contiene soltanto uncristocentrismo, ma una vera e propria«Cristologia in germe». E mostrava chequando sant’Ignazio usa l’e s p re s s i o n e«Dio nostro Signore» sta parlando con-cretamente di Cristo, del Verbo fattocarne, Signore non soltanto della storiama anche della nostra vita pratica.

Voglio sottolineare anche la figura diHugo Rahner. Non posso fare a menodi trascrivere un passo in cui il Maestro,che era di poche parole e ancora di piùnel parlare di sé, narra la sua conversio-ne alla spiritualità. Lo racconto perchéha segnato una tappa della vita dellanostra Provincia e segna ciò che nel miopontificato concerne il discernimento el’accompagnamento spirituale.

Scriveva Fiorito nel 1956: «Da partemia, confesso che da tempo rifletto sullaspiritualità ignaziana. Per lo meno finda quando ho fatto con serietà i mieiprimi Esercizi spirituali, sentendo un av-vicendarsi di spiriti contrari, che a pocoa poco andavano personalizzandosi neidue termini di una scelta personale».Quella riflessione proseguì «Fino a chela lettura di un libro, arrivato nelle miemani nel modo più banale e prosaico —come libro di lettura per imparare il te-desco — è stata per me non tanto la rive-lazione luminosa di una possibilità diespressione, ma l’espressione compiutadi quell’ideale da tempo intuito». Fiori-to aggiunge: «Quello che avrebbe dovu-to essere il mio lavoro di molti anni, eral’istantanea accettazione dei risultati diun lavoro altrui», quello di HugoR a h n e r.

Nell’anima del maestro, e poi in quel-la di molti altri, Hugo Rahner fece sìche prendessero posto tre grazie: quelladel «magis ignaziano, che era il suggelloe la portata dell’anima di Ignazio e ilconfine senza limite delle sue aspirazio-ni; quella del discernimento degli spiriti,che permetteva al santo di incanalaretanta potenza senza esperimenti inutili esenza inciampi. E quella della charitasd i s c re t a , che così affiorava nell’anima diIgnazio come contributo personale allalotta in corso tra Cristo e Satana; e quelfronte di battaglia non era esterno alsanto, ma passava nel mezzo della suaanima, divisa pertanto in due “io” cheerano le due uniche alternative possibiliper la sua opzione fondamentale» [12].Da qui Fiorito trarrà non soltanto ilcontenuto, ma anche lo stile dei suoi«commenti», come dicevamo all’inizio.

Un’altra data: 1983. Fu l’anno dellaXXXIII Congregazione generale, in cuiascoltammo le ultime omelie di padreArrupe. Fiorito scrisse di «Paternità ediscrezione spirituale» [13]. Riprendoquell’articolo perché vi dà una definizio-ne di ciò che intende quando usa il ter-mine «spirituale». L’ho usato parlandodella sua conversione «alla spiritualità»e mi pare utile recuperarne la definizio-ne, in quanto oggi spesso si sente inter-pretare questa parola in modo riduttivo.Fiorito la riprendeva da Origene, per ilquale «l’uomo spirituale è quello in cuisi uniscono “teoria” e “pratica”, cura delprossimo e carisma spirituale per il benedel prossimo. E tra questi carismi», mo-strava Fiorito, «Origene rimarca soprat-tutto quel carisma che chiama diakrisis,ovvero il dono di discernere la varietà dispiriti»... [14]. Nell’articolo Fiorito ap-profondisce ciò che è la paternità e ma-

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ternità spirituale e ciò che comporta. Che cosaserve per farla propria? Se lo domanda e ri-sponde: «Avere due carismi: il discernimentodegli spiriti, o discrezione, e riuscire a comuni-carlo con le parole nella conversazione spiri-tuale» [15]. Non basta il discernimento, «biso-gna saper esprimere le idee giuste e discrete;altrimenti non sono al servizio degli altri»[16]. Questo è il carisma della «profezia», in-teso non come conoscenza del futuro ma comecomunicazione di un’esperienza spirituale per-sonale.

L’ultima volta che l’ho visto — questo nonposso dimenticarlo — è stato poco prima dellasua morte, avvenuta il 9 agosto 2005. Ricordoche era un mattino di domenica e che il suocompleanno era trascorso da poco. Lui facevail compleanno il giorno di Santa Maria Mad-dalena, il 22 luglio. Era ricoverato all’HospitalAlemán. Ormai da vari anni non parlava più.Aveva perso la capacità di parlare. Guardavasoltanto. Intensamente. E piangeva. Con lacri-me tranquille che comunicavano l’intensità concui viveva ogni singolo incontro. Fiorito avevail dono delle lacrime, che è espressione di con-solazione spirituale [17].

Parlando dello sguardo del Signore nellaprima settimana degli Esercizi, Fiorito com-mentava l’importanza che san Benedetto davaalle lacrime e diceva che «le lacrime sono unpiccolo segno tangibile della dolcezza di Dioche a malapena si manifesta all’esterno, manon cessa di impregnare il cuore nel raccogli-mento interiore» [18].

Mi nasce nel cuore una cosa che ho scrittoin Gaudete et exsultate: «La persona che vedele cose come sono realmente, si lascia trafigge-re dal dolore e piange nel suo cuore è capacedi raggiungere le profondità della vita e di es-

sere veramente felice. Quella persona è conso-lata, ma con la consolazione di Gesù e noncon quella del mondo» (GE 76).

Un aneddoto simpatico. Aveva anche il do-no dello sbadiglio. Mentre gli aprivi la tua co-scienza, a volte il Maestro cominciava a sbadi-gliare. Lo faceva apertamente, senza nascon-derlo. Ma non è che si stesse annoiando, sem-plicemente gli veniva e lui diceva che a volteserviva a «tirarti fuori il cattivo spirito».Espandendo l’anima contagiosamente, come falo sbadiglio a livello fisico, aveva quell’effettoa livello spirituale.

Maestro del dialogoCommento liberamente alcune cose che mi

suggerisce il titolo di «Maestro del dialogo».Nella Compagnia quello di «maestro» è unnome particolare, lo riserviamo al Maestro deinovizi e all’Istruttore di terza probazione. IlPadre Generale lo aveva nominato appuntoIstruttore di terza probazione, compito chemantenne per molti anni. Non è mai statoMaestro dei novizi, ma da Provinciale lo asse-gnai a vivere nel noviziato; era un buon consi-gliere per il Maestro e un riferimento per i no-vizi.

Essere maestro, esercitare il munus docendi,non consiste soltanto nel trasmettere il conte-nuto degli insegnamenti del Signore, nella lo-ro purezza e integrità, ma nel far sì che questiinsegnamenti, inculcati con lo stesso Spiritocon cui li si riceve, «facciano discepoli», cioètrasformino coloro che li ascoltano in seguacidi Gesù, in discepoli missionari, liberi, nonproseliti, appassionati a ricevere, praticare euscire ad annunziare gli insegnamenti dell’uni-co Maestro come lui ci ha comandato: agli uo-mini e alle donne di tutti i popoli.

Il vero maestro, nel senso evangelico, è sem-pre discepolo: mai finisce di esserlo. Il Signo-re, in Luca, parlando dei ciechi che voglionoguidare altri ciechi, dando così un’immaginedell’«anti-maestro», dice: «Un discepolo non èpiù del maestro; ma ognuno, che sia ben pre-parato, sarà come il suo maestro» (Lc 6, 40).

Mi piace leggere così questo passo: nonmettersi al di sopra del maestro non è soltantonon mettersi al di sopra di Gesù — il nostrounico Maestro —, ma nemmeno metterci al disopra dei nostri maestri umani. Il buon disce-polo onora il maestro, anche quando da disce-poli ci succede di oltrepassarlo in qualche in-segnamento, o piuttosto proprio in quello: ilprogresso nella conoscenza infatti è possibileperché il buon maestro ha seminato la semen-te, col suo stile personale, proprio contandosul fatto che quel seme viva, cresca e lo superi.E quando noi discerniamo bene ciò che dicelo Spirito applicando il Vangelo nel momentoe nel modo opportuno per la salvezza di qual-cuno, siamo «come il maestro». Il Signore ac-costa quest’affermazione a quel tipo di inse-gnamento che non è fatto soltanto di parole,ma di opere di misericordia. È stato al mo-mento della lavanda dei piedi che il Maestrol’ha detto: se, sapendo queste cose, operiamocome Lui, saremo come Lui (cfr. Gv 13, 14-15).

A proposito della misericordia, gli scritti diFiorito distillano misericordia spirituale: inse-gnamenti per chi non sa, buoni consigli perchi ne ha bisogno, correzione per chi sbaglia,consolazione per chi è triste e aiuti per conser-vare la pazienza nella desolazione «senza maifare cambiamenti», come dice sant’Ignazio.Tutte queste grazie si aggregano e si sintetizza-no nella grande opera di misericordia spiritua-le che è il discernimento. Esso ci guarisce dal-la malattia più triste e degna di compassione:la cecità spirituale, che ci impedisce di ricono-

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CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 12/13

Aria di casaNel giorno del 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, Papa Francesco si èregalato un po’ di aria di casa, un tuffo negli anni della sua formazione giovanile comegesuita, e l’abbraccio affettuoso dei confratelli della famiglia ignaziana.«Benvenuto ancora una volta nella sua casa!». Con queste parole del preposito generaledella Compagnia, padre Arturo Sosa Abascal, nel tardo pomeriggio di venerdì 13dicembre, il Pontefice è stato accolto nella casa generalizia della Compagnia di Gesù,nelle immediate vicinanze di piazza San Pietro, dove si è recato per presentare l’edizione— pubblicata da «La Civiltà Cattolica» — degli scritti di padre Miguel Ángel Fiorito, ilgesuita che fu suo professore, guida e padre spirituale.Anche il curatore di quest’opera imponente — gli Escritos, questo il titolo, sono pubblicatiin cinque volumi per un totale di oltre 2.000 pagine — richiama a Papa Bergoglio aria dicasa, di famiglia: il gesuita José Luis Narvaja, professore della Facoltà teologica di SanMiguel a Buenos Aires, è infatti suo nipote per parte di madre.Francesco è giunto alle 18.10, accolto da un ideale abbraccio concretizzatosi in unlunghissimo applauso. Nel gremito auditorium della casa generalizia c’erano,naturalmente, numerosi confratelli gesuiti, ma anche molte altre presenze di rilievo, tra lequali i cardinali Parolin, segretario di Stato, Sandri, Ladaria Ferrer, Turkson, AyusoGuixot e Tolentino de Mendonça. Tra i presuli, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher,segretario per i Rapporti con gli Stati. Numerosi i rappresentanti dei vari dicasterivaticani, di istituzioni ecclesiali e culturali e di varie realtà associative cattoliche.Un uditorio d’eccezione, quindi, che però non ha tolto nulla al clima informale, familiareappunto, che ha caratterizzato l’incontro. Ricevuto il caloroso saluto dei presenti, il Papasi è seduto al tavolo dei relatori avendo accanto a sé, oltre a padre Sosa e a pad reNarvaja, anche padre Antonio Spadaro, direttore de «La Civiltà Cattolica». Tutti e tre glihanno rivolto parole di saluto — che pubblichiamo in questa pagina — e hanno introdottol’incontro dedicato alla figura e all’opera di padre Fiorito.È stato quindi il Pontefice a prendere la parola e a regalare ai presenti il proprio ricordo,affettuoso, a tratti anche commosso, del “Maestro Fiorito”. Francesco aveva preparato unlungo discorso, pieno di dettagli e di spunti personali, segno evidente della vicinanzaancora forte e viva a quella guida spirituale e intellettuale che ha così profondamentecontribuito alla sua formazione. In circa quaranta minuti intensi, inframezzati anche daqualche breve notazione a braccio, ne ha letto una gran parte, dovendo però saltare, permotivi di tempo, qualche passaggio che ha lasciato a una lettura successiva cheproponiamo in queste pagine con la pubblicazione integrale del testo. (maurizio fontana)

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Come un pozzodi freschezza spirituale

scere il tempo di Dio, il tempo della sua visi-ta.

Alcune caratteristiche particolaridel Maestro Fiorito

Descriverei una caratteristica molto evidentedi Fiorito con questa espressione: nell’accom-pagnamento spirituale, quando gli raccontavile tue cose, lui «si teneva fuori». Ti rispecchia-va quanto ti accadeva e poi ti dava libertà,senza esortare e senza dare giudizi. Ti rispetta-va. Credeva nella libertà.

Quando dico che «si teneva fuori» non in-tendo che non si interessasse o che non sicommuovesse per le tue cose, ma che ne resta-va fuori, in primo luogo, per riuscire ad ascol-tare bene. Fiorito era maestro del dialogo inprimo luogo con l’ascolto. Tenersi fuori dalproblema era il suo modo di dare spazioall’ascolto, affinché si potesse dire tutto ciòche si aveva dentro, senza interruzioni, senzadomande... Ti lasciava parlare. E non guarda-va l’o ro l o g i o .

Ascoltava mettendo il cuore a disposizione,affinché l’altro potesse sentire, nella pace cheaveva il Maestro, ciò che inquietava il propriocuore. E in questo modo ti veniva voglia di«andare a conferire con Fiorito», come diceva-mo, di «andare a raccontargli», ogni volta chesentivi lotta spirituale nell’intimo, movimenticontrastanti di spiriti riguardo a qualche deci-sione che dovevi affrontare. Sapevamo che adascoltare queste cose si appassionava come opiù di quanto si appassionano le persone nor-mali a sentire le ultime notizie. Al CollegioMassimo, quella di andare a conferire con Fio-rito era una frase ricorrente. La dicevamo aisuperiori, ce la dicevamo fra di noi e lo racco-mandavamo a quelli che erano in formazione.

Il suo «tenersi fuori», oltre che una questio-ne di ascolto, era anche un atteggiamento di

padronanza verso i conflitti, un modo di pren-derne le distanze per non restarne coinvolto,come spesso accade, col risultato che chi do-vrebbe ascoltare e aiutare invece diventi partedel problema, prendendo posizione o mesco-lando i propri sentimenti e perdendo obiettivi-tà.

In questo senso, senza pretese teoretiche,ma in modo pratico, Fiorito è stato il grande«disideologizzatore» della Provincia inun’epoca molto ideologizzata.

Ha disideologizzato risvegliando la passionea dialogare bene, con se stessi, con gli altri econ il Signore. E a «non dialogare» con latentazione, a non dialogare con lo spirito catti-vo, con il Maligno. Questo è rimasto tanto im-presso in me: con il diavolo non si dialoga.Gesù mai ha dialogato con il diavolo. Gli harisposto con tre versetti della Bibbia, e poi loha cacciato via. Mai. Con il diavolo non sidialoga.

L’ideologia è sempre un monologo con unasola idea e Fiorito aiutava il suo interlocutorea distinguere dentro di sé le voci del bene edel male dalla sua propria voce, e ciò apriva lamente perché apriva il cuore a Dio e agli altri.

Nel dialogo con gli altri aveva fra l’a l t rol’abilità di «pescare» e di far vedere all’altro latentazione dello spirito cattivo in una parola oin un gesto, di quelli che s’infilano in mezzo aun discorso molto ragionevole e in apparenzabenintenzionato. Fiorito ti domandava di«quell’espressione che hai usato» (che general-mente denotava disprezzo per altri) e ti dice-va: «Sei tentato!» e, mostrando l’evidenza, ri-deva con franchezza e senza scandalizzarsi. Tiesibiva l’oggettività dell’espressione che tustesso avevi usato, senza giudicarti.

Si può dire che il Maestro coltivava il dialo-go comunitario nella sua conversazione perso-nale con ciascuno. Non era molto incline a in-

di ARTURO SOSA ABASCAL

Caro Papa Francesco,sono molti questa sera i motivi di ringraziamento alSignore per la sua presenza in questa aula della curiageneralizia della Compagnia di Gesù:— la visita di un fratello, che è sempre un motivo di gioiae di gratitudine al Signore. Benvenuto nuovamente nellasua casa;— ma il ringraziamento è ancora più grande, perchéquesta visita cade nel giorno del suo 50° anniversario diordinazione presbiterale nella Compagnia di Gesù, inizioallora di un ministero quanto mai fecondo al servizio delpopolo di Dio;— inoltre, la presentazione dell’opera del padre MiguelÁngel Fiorito S.I., motivo di questo incontro, sintetizza lagratitudine per tanto bene ricevuto da parte di Diomisericordioso e buono, che negli Esercizi spirituali disant’Ignazio di Loyola ci ha spalancato un pozzoinestinguibile di freschezza spirituale al quale possiamocontinuare ad attingere.Gli Escritos del padre Fiorito, che ci giungono dalle suemani, Papa Francesco, ci aprono la porta alla conoscenzadella profondità con la quale egli si avvicinò agli E s e rc i z ispirituali e della creatività con la quale li mise adisposizione di tante persone. In questo modo, quanti citroviamo vicino al Maestro Fiorito abbiamo ora tra lemani un nuovo strumento per affinare ancora di più ilnostro “cercare e trovare“ ” la volontà di Dio. E,soprattutto, per metterla in pratica, nella sfidante

opportunità che ci offre il cambiamento di epoca, chevogliamo vivere come processo di rinnovamento dellanostra fede e del coraggio di annunciarla con la fedeltàcreativa che esigono i nuovi contesti nei quali cimuoviamo.Grazie, Papa Francesco, di porre a nostra disposizioneuna nuova fonte di luce per illuminare il cammino didiscernimento della Chiesa nel suo complesso processo diconformazione ai desideri del concilio Vaticano II. Cheessa cioè si faccia popolo di Dio in cammino, dedita avivere la comunione nella fede e a testimoniarla in tutte e

in ciascuna delle culture umane assetate di riconciliazionee liberazione in Cristo.I suoi 50 anni di ministero presbiterale le hanno permessodi acquisire lo stile dell’ascolto di tutti gli strati delpopolo di Dio, così come dei contesti mutevoli in cui sisviluppa la sua vita e di percepire i segni dell’azione delloSpirito Santo nella storia umana. Un ascolto attento chenon permette di restare a braccia incrociate, ma spinge adapprofondire la conoscenza del Signore Gesù nellacontemplazione e a scegliere di seguirlo per contribuirealla sua missione di riconciliazione e di giustizia.Il suo servizio l’ha portata ad accompagnare il popolo diDio sia nel ministero dell’episcopato che ora nell’e s e rc i z i odel ministero petrino, dal quale ci anima incessantementea iniziare e accompagnare processi, a riflettere alladiversità poliedrica della vita umana, nella quale ilmedesimo Dio mostra la sua immensa sapienza e amoreincondizionato, perché siamo testimoni della buonanotizia del regno di Dio.Grazie di cuore dunque per il regalo di questa visita checi dà molta consolazione e ci offre l’opportunità di unircialla sua azione di grazie al Signore per il suo ministeropresbiterale ed episcopale, che include quello della diocesidi Roma che comporta la responsabilità di confermare ifratelli e sorelle nella fede.Concludo questo saluto augurandole anticipatamente unfelicissimo compleanno, occasione per ringraziare deldono della vita e chiedere al Dio della vita la grazia dicontinuare a contribuire con la propria vita a che tanti laabbiano in abbondanza.

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tervenire in pubblico. Nelle riunioni comunita-rie a cui partecipava si dedicava a prendereappunti, ascoltando in silenzio. E poi «rispon-deva» — e noi eravamo tutti in attesa — con iltema del successivo Boletín de espiritualidad oin qualche foglietto di «Studio, preghiera eazione». In qualche modo questo lo si sapevae lo si trasmetteva, e ci si andava a leggere nelBoletín «quello che ne pensava il Maestro» suitemi che ci preoccupavano o che erano in au-ge, leggendo «tra le righe».

D’altra parte, non sempre il Boletín era ne-cessariamente legato alle circostanze. Ci sonoscritti, come l’articolo di Fiorito sull’Accade-mia di Platone da cui Narvaja ha tratto spuntoper la sua analisi, che oggi sono attuali e per-mettono di «leggere» tutta la nostra epocanella chiave della relazione tra maestro e disce-poli secondo lo spirito della Scuola.

Fiorito si preoccupava che nella Provincia enella comunità ci fosse buono spirito. Se c’erabuono spirito, allora non soltanto «lasciavaandare», ma scriveva di qualcosa che «invitavaad andare oltre». Apriva orizzonti.

Inoltre, questo «tenersi fuori» si può descri-vere anche mostrando come ci si riesce: «man-tenendosi in pace» affinché sia il Signore stes-so a «muovere» l’altro, a smuoverlo nel sensobuono, e anche a pacificarlo nell’agire bene.

Si tratta di un attivo mantenersi in pace, re-spingendo le proprie tentazioni contro la paceper aiutare l’altro a pacificare le sue: quelledella sua colpa e del rimorso per il passato,quella dell’ansia per il futuro (i futuribili) equelle dell’inquietudine e della distrazione nelpresente. Fiorito ti pacificava non curandosidelle circostanze immediate. Prima ti pacifica-va col suo silenzio, col non spaventarsi di nul-la, con il suo ascolto di ampio respiro, finchénon avevi detto quello che avevi in fondoall’anima e lui decideva quello che gli ispiravalo spirito buono. Allora il Maestro ti confer-mava, a volte con un semplice «Va bene». Tilasciava libero.

A chi dà gli Esercizi e deve guidare un al-tro, Ignazio consiglia che «non si avvicini népropenda all'una o all'altra parte, ma resti inequilibrio come il peso sul braccio di una sta-dera, e lasci che il Creatore agisca direttamen-te con la creatura, e la creatura con il suoCreatore e Signore» (ES 15). Sebbene al difuori degli Esercizi «muovere l’altro» sia leci-to, Fiorito privilegiava l’atteggiamento di nonpropendere per una parte o per l’altra, affin-ché «sia lo stesso Creatore e Signore a comu-nicarsi alla persona, abbracciandola nel suoamore e alla sua lode, e disponendola alla vianella quale potrà meglio servirlo in futuro».Grazie a questo «mantenersi fuori» era di rife-rimento per tutti senza la minima ombra diparzialità. E di certo, al momento opportuno,quando chi stava facendo Esercizi con lui neaveva bisogno — fosse perché era bloccato daqualche tentazione o perché al contrario si tro-vava in una buona disposizione per fare la sua«elezione» — il Maestro interveniva con forzae decisione per dire la sua e poi, di nuovo, «siteneva fuori», lasciando che Dio operasse inchi svolgeva gli Esercizi.

In questo senso posso dire che sapeva met-tere gli accenti. Ne ha incisi a fuoco alcuninella Provincia, impressi come un marchio. Peresempio: che la lotta spirituale, il movimentodi spiriti, è buon segno; che proporre «qualco-sa di più» muove gli spiriti, quando nella si-tuazione c’è una calma sospetta; che bisognacercare sempre la pace in fondo all’anima perriuscire a discernere questi movimenti di spiritisenza che «l’acqua sia troppo mossa»... Quel«non lasciarsi rimpicciolire dalle cose grandi, e

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di ANTONIO SPA D A R O

Padre Santo, auguri anche da parte de «LaCiviltà Cattolica»! È bello avere questaoccasione per farle gli auguri e starleaccanto in questa sala così centrale per laCompagnia. E grazie per aver immaginatoe desiderato questa presentazione! Siamofelici di aver pubblicato gli scritti di padreMiguel Ángel Fiorito. Almeno per duemotivi.Il primo è che questo gesuita, che stolentamente imparando a conoscere,rappresenta un dono per la Compagnia diGesù e per la Chiesa. I suoi scritti —stiamo parlando di ben oltre 2.000 pagine— sono una miniera. Scopriamo un veromaestro di discernimento. E il nostro è untempo nel quale lei ci sta aiutando a viverequesto discernimento, chiedendoci di farciguidare dalla consolazione, di discernere ilinguaggi, di cercare e trovare la volontà diDio nel cammino della Chiesa. Gli scrittidi Fiorito ci aiuteranno a «“sentire eg u s t a re ” l’orma del Signore nella nostraanima» e nello svolgersi della vita dellaChiesa.Il secondo motivo per il quale sono feliceche «La Civiltà Cattolica» abbiapubblicato questi volumi è che padreFiorito è stato il suo maestro. Non è facileoggi trovare maestri. E oggi ne abbiamo unbisogno disperato. E Fiorito è un maestroche, tramite lei, sta dicendo qualcosa allaChiesa universale. Questo è ciò che più micolpisce. La sua paternità di maestro arrivaalla Chiesa universale. È come il nonno cheparla ai figli tramite il padre. Qui c’è unpassaggio di testimone che nasce da unasintonia profonda.Nella sua Prefazione lei stesso ha detto chequesti scritti faranno del bene a tutta laChiesa e che essi «hanno la levatura di ungrande sogno», che «metterà radici, daràfiori e frutti nella vita di tante persone chesi nutrono della stessa grazia che lui haricevuto e che ha saputo comunicare condiscrezione». Non solo: Fiorito ha creato

una scuola, e come lei ha scritto nella suaPrefazione, «una caratteristica della scuolaè che il pensiero è comune e i discepolipossono svilupparlo seguendo lo spirito delmaestro — non solo la lettera — con libertàe creatività». Abbiamo tanto bisogno oggidi libertà e creatività!Ma lo dirà meglio padre José Luis Narvajache ha curato con pazienza certosina piùche gesuitica questi 5 volumi. E lo ha fattoanche lui da discepolo del maestro.Vivendogli affianco nella nostra comunitàmentre curava quest’opera, ho percepito lapassione e l’intelligenza che vi ha posto.Gli sono molto grato. Sono felice cheall’ultimo momento sia riuscito a esserepresente a questa presentazione venendodall’Argentina. Grazie anche a tutti ipresenti, in particolare modo a coloro chevengono apposta per questo eventodall’Argentina, dalla Germania,dall’Inghilterra e da altri luoghi.Per dare l’accessibilità massima ai volumi liabbiamo pubblicati in due forme: indigitale sul nostro sito internethttp://www.laciviltacattolica.it; di carta suAmazon per cui sono acquistabilidovunque nel mondo. Basta digitare iltitolo (Escritos) e l’autore (Fiorito).Concludo con due annunci. Il primo è chestiamo lavorando alla pubblicazione inlingua italiana del grosso commentario agliEsercizi spirituali di padre Fiorito. Un volumedi 1.000 pagine circa che sarà pubblicatoda noi e dall’editrice Áncora. Prevediamol’uscita in settembre. Il secondo è che conquesta pubblicazione «La CiviltàCattolica» avvia i festeggiamenti per il suocompleanno. La rivista compie 170 anni,una storia lunga, complessa, che ha avutoun’unica costante nella storia: il legameprofondo con il Papa. Da Pio IX a lei.Rinnoviamo qui il nostro impegno disempre. E certamente ci inventeremo cosecon libertà e creatività. Lascio la parola aJosé Luis e le dico ancora auguri e graziedi cuore!

Con libertàe creatività

tuttavia lasciarsi contenere in quelle più picco-le, questo è divino» [19], che caratterizza Igna-zio, era sempre presente nelle sue riflessioni.

Una seconda caratteristica: non esortava. Tiascoltava in silenzio e poi, invece di parlare, tidava un «foglietto» che prendeva dalla sua bi-blioteca. La biblioteca di Fiorito aveva questaparticolarità: oltre alla parte consueta, per cosìdire, con scaffali e libri, ne aveva un’altra cheoccupava tutta una parete di quasi sei metriper quattro in altezza, formata di cassettini inciascuno dei quali classificava e metteva i suoi«foglietti», schede di studio, preghiera e azio-

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ne, ciascuna dedicata a un solo tema degliEsercizi o delle Costituzioni della Compagnia,per esempio. Lui si alzava a cercarle, a voltemontando pericolosamente su una scala, perdarle senza tante parole a chi faceva gli Eserci-zi in risposta a qualche inquietudine che que-st’ultimo gli aveva manifestato o su cui luistesso aveva fatto discernimento mentre loascoltava parlare delle sue cose.

In quei cassettini, ciascuno con i suoi fo-glietti, c’era qualcosa... Era come se quel con-siglio di cui avevi bisogno, o il rimedio perqualche malattia dell’anima, fosse già previstoda sempre... Quella biblioteca richiamava unafarmacia. E Fiorito assomigliava a un saggiofarmacista dell’anima. Ma era più di questo,perché Fiorito non era un confessore. Certo,confessava, ma aveva un altro carisma oltre aquesto di essere ministro della misericordia delSignore che è comune a ogni sacerdote. Èquel carisma dell’uomo spirituale di cui parla-vo all’inizio, citando Origene: il carisma deldiscernimento e della profezia, nel senso di co-municare bene le grazie del Signore che sisperimentano nella propria vita. Infatti daquei cassettini non uscivano soltanto rimedima soprattutto cose nuove, cose dello Spiritoche erano state in attesa della domanda giusta,del desiderio fervido di qualcuno, il quale làtrovava il tesoro di una formulazione discretache lo indirizzasse e che avrebbe potuto met-tere in pratica con frutto per il futuro.

Una terza caratteristica che ricordo è che ilMaestro Fiorito non era geloso. Non era unuomo geloso: scriveva e firmava con altri, pub-blicava ed evidenziava il pensiero di altri, limi-tando molto spesso il suo a semplici note, chein realtà, come ora si può vedere meglio graziea questa edizione dei suoi Escritos, erano disomma importanza, perché facevano vederel’essenziale e l’attualità del pensiero altrui.

L’esempio più compiuto della fecondità diquesto modo di lavorare intellettualmente inScuola è, a mio giudizio, l’edizione annotata ecommentata delle Memorie spirituali di PierreFavre che Fiorito curò insieme a Jaime Ama-deo. Un vero e proprio classico. Senza tratti diideologia né di quell’erudizione che è soltantoper eruditi, è un’opera che ci mette in contattocon l’anima di Favre, con la sua limpidezza edolcezza, con la sua capacità dialogica versotutti, frutto della sua discrezione spirituale, econ la sua maestria nel dare gli Esercizi. IlMaestro condivideva molta della sensibilità diFavre, in tensione polare con una mente in ef-fetti piuttosto fredda e oggettiva, da ingegnerequal era.

La quarta caratteristica che mi pare necessa-rio commentare, in questo tentativo di presen-tare la sua figura, è che non dava giudizi. Sol-tanto di rado. Con me, che io ricordi, lo hafatto due volte. E il modo mi è rimasto inciso.Ecco come dava il giudizio. Ti diceva: «Guar-di che quanto lei dice è uguale a quello chedice la Bibbia, a questa tentazione che c’è nel-la Bibbia». E poi lasciava che tu pregassi etraessi le conseguenze.

Qui voglio sottolineare che Fiorito aveva unparticolare naso per «sentire» il cattivo spirito;sapeva riconoscerne l’azione, distinguerne i tic,smascherarlo dai frutti cattivi, dal retrogustoamaro e dalla scia di desolazione che si lasciadietro. In questo senso, si può dire che è statoun uomo in armi contro un solo nemico: lospirito cattivo, Satana, il demonio, il tentatore,l’accusatore, il nemico della nostra naturaumana. Tra la bandiera di Cristo e quella diSatana, ha fatto la sua scelta personale per no-stro Signore. In tutto il resto ha cercato di di-scernere il «tanto... quanto» e con ogni perso-na è stato un padre amabile, un maestro pa-ziente e — quando è capitato — un avversario

fermo, ma sempre rispettoso e leale. Mai unnemico.

Infine, una cosa che in lui si notava molto.Con i «testa dura» aveva tanta pazienza. Da-vanti a quei casi, che spazientivano altri, sole-va ricordare che Ignazio era stato molto pa-ziente con Simón Rodríguez. Se eri testardo einsistevi a modo tuo, ti lasciava fare il tuo pro-cesso, ti dava tempo. Era un Maestro nel nonaffrettare i tempi, nell’attendere che l’altro sirendesse conto delle cose da solo. Rispettava ipro cessi.

E visto che ho citato Simón Rodríguez, puòvenire a proposito ricordarne la vicenda. Si-món Rodríguez fu sempre una persona «agita-ta». Non fece il mese intero in solitudine congli altri, tardò a fare la professione. Era desti-nato ad andare in India ma alla fine rimase inPortogallo, dove fece tutto il possibile per fer-marsi per sempre nonostante che Ignazio, peril suo bene e per quello dei gesuiti di là, voles-se trasferirlo. Fiorito racconta che Ribadene-yra, in un manoscritto inedito intitolato Tra t t a -to delle persecuzioni che ha subito la Compagniadi Gesù, considera che «una delle più terribilie pericolose tormente attraversate dalla Com-pagnia, dalla sua fondazione, mentre ancoraviveva il nostro beato padre Ignazio, fu unache era stata mossa non dai nemici, ma daisuoi stessi figli, non dai venti esterni, ma dalturbamento intrinseco dello stesso mare, cheaccadde in questo modo. [...] Mentre la Com-pagnia navigava con venti tanto favorevoli, ilnemico di ogni bene la agitò, tentando lo stes-so padre Simón e offuscandolo con quel fruttoche Dio aveva operato per lui, e facendo sìche volesse per sé ciò che era del suo beatopadre Ignazio e di tutta la Compagnia. Co-minciò quindi a guardare le cose del Portogal-lo non come un’opera di questo corpo, ma co-me creazione e opera sua e voleva governarlasenza l’obbedienza e la dipendenza dal suo ca-po, sembrandogli di avere nei re del Portogal-lo tanto favore che avrebbe potuto facilmentefarlo senza più ricorrere a Roma; e siccomequasi tutti i religiosi della Compagnia che vi-vevano in quel regno erano figli e sudditi suoie lui li aveva accolti e allevati, non conosceva-no altro Padre e Superiore se non il MaestroSimón, e lo amavano e lo rispettavano comese fosse lui il principale fondatore della Com-pagnia; e a ciò contribuiva anche il fatto chelui era di modi gentili e amorosi e non solito apressare molto i suoi; queste sono cose efficaciper conquistarsi gli animi e le volontà dei sud-diti, che, per comune debolezza umana, desi-derano abitualmente che si conceda loro ciòche vogliono, e venire condotti con amore»[20].

Ignazio era molto paziente. E Fiorito loimitava. Perfino in questi racconti era capacedi vedere del buono in Simón Rodríguez. Nesottolineava la franchezza verso Ignazio, alquale diceva le cose in faccia. Di certo quellapazienza alla lunga diede i suoi frutti, perchédi fatto le «ribellioni» di Simón Rodríguez so-no rimaste aneddotiche, e non si sono consoli-date o hanno preso piede oltre lui stesso, e cihanno fruttato lettere come quella disant’Ignazio ai gesuiti di Coimbra. Questagrande pazienza è la virtù fondamentale delvero Maestro, che conta sull’azione dello Spi-rito Santo nel tempo, e non sulla propria.

ConclusioneCome Provinciale, ho dovuto ricevere il rac-

conto di coscienza annuale del Padre Fiorito.Era un novizio. Un novizio maturo. Era il di-scepolo del padre che era a sua volta il pro-

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prio discepolo. Non riesco a capirlo, ma era latestimonianza della sua grandezza di anima.Come gesuita, al Maestro Miguel Ángel Fiori-to si attaglia l’immagine del Salmo 1, quelladell’albero piantato lungo corsi d’acqua, chedà fiori e frutto a suo tempo. Come quest’al-bero della Scrittura, Fiorito ha saputo lasciarsicontenere nel minimo spazio del suo ruolo alCollegio Massimo di San Giuseppe, a San Mi-guel, in Argentina, e là ha messo radici e hadato fiori e frutto, come ben esprime il suonome — Fiorito —, nei cuori di noi discepolidella Scuola degli Esercizi. Spero che adesso,grazie a questa magnifica edizione dei suoiEscritos, che hanno l’altezza di un grande so-gno, metterà radici e darà fiori e frutti nella vi-ta di tante persone che si nutrono della stessagrazia che lui ha ricevuto e ha saputo comuni-care discretamente dando e commentando gliEsercizi spirituali.

1. M. A. FI O R I T O, Escritos I (1952-1959), Ro-ma, La Civiltà Cattolica, 2019, 188. (CiteròEscritos, nu m e ro del volume e numero di pagi-na).

2. Cfr. J. L. NA R VA J A , «Introducción»,Escritos I, 16.

3. Ivi, 20-21.4. Cfr. FR A N C E S C O, «Essere nei crocevia del-

la storia», Conversazioni con i gesuiti del

Myanmar e del Bangladesh, La Civiltà Cattoli-ca, 2017 I V, 525.

5. Escritos I, 18.6. Lettera del Santo Padre Francesco ai sacer-

doti in occasione del 160° anniversario della mor-te del santo Curato d’Ars , 4 agosto 2019.

7. Escritos I, cit., 165-170.8. J. H. NEWMAN, La mission de saint Be-

noît, Paris, 1909, 10.9. Escritos II, 27-51.10. Escritos I, 164.11. Escritos I, 51, nota 88.12. Escritos I, 163-164.13. Escritos V, 176-189.14. Escritos V, 177.15. Escritos V, 179.16. Escritos V, 181.17. «Si intende per consolazione quando [...]

l’anima si infiamma di amore per il suo Crea-tore e Signore [...] così pure quando uno versalacrime che lo portano all’amore del Signore»(ES 316).

18. M. A. FI O R I T O, Buscar y hallar la volun-tad de Dios, Buenos Aires, Paulinas, 2000,209.

19. Non coerceri a maximo, contineri tamen aminimum, divinum est.

20. Escritos V, 157, nota 85.

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Una grazia di famigliadi JOSÉ LUIS NA R VA J A

Querido tío Jorge y Papa Francisco, signore esignori, buon pomeriggio.Non posso nascondere che l’apparizione diquesti cinque volumi degli scritti di Fioritosia motivo di soddisfazione. È il frutto di unanno di intenso lavoro. Non posso tuttavianegare che lo stesso lavoro sia stato fonte digioia spirituale. Mi ha concesso la possibilitàdi rileggere i testi che hanno accompagnatola mia formazione nella Compagnia.In occasione di questa presentazione vorreicondividere con voi tre esperienze personali.Lo farò prendendo spunto da tre frasi.1. La prima, tratta dalla Lettera agli Ebrei, èl’epigrafe che ho scelto per lo studiointroduttivo di questi scritti: «Ricordatevi diquelli che vi hanno guidato e vi hannoinsegnato la Parola di Dio. Guardate comesono vissuti e come sono morti, e imitate laloro fede» (Eb 13, 7). Anzitutto, devoconfessare che si tratta di un versetto chemolte volte noi, allora studenti, abbiamosentito dalla stessa bocca di Jorge Bergoglio,quando, come formatore, ci dava dei punti diriflessione. Ci invitava a ricordare la storia incui si inseriva la nostra vocazione, non comemera riflessione intellettuale, maprincipalmente come esercizio dicontemplazione di coloro che erano vissutisecondo questa vocazione e avevanoesistenzialmente plasmato quel «dove stoandando e a che cosa?» proprio degli E s e rc i z ispirituali e di tutta la vita nella Compagnia.Questo esercizio di contemplazione avevauno scopo specifico: la convivenza nellenostre case di formazione tra gesuiti giovanie anziani con un doppio beneficio:l’edificazione dei giovani e la consolazionedegli anziani, che potevano vedere la lorodiscendenza come le stelle del cielo o lasabbia del mare.

In questo contesto di formazione, già nelnoviziato incontravamo il padre Fiorito che,allo stesso tempo, diventava compagno dicomunità, confessore dei novizi e punto diriferimento spirituale. Di poche parole, èvero, ma di una profonda capacità dipercepire e conoscere le persone e i processiche si sviluppavano nei nostri cuori.2. La seconda frase che vorrei condividere miè stata raccontata da Jorge Bergoglio altempo in cui era il mio rettore. È una fraseche aveva sentito da un gesuita anziano e checondivideva con me — allora giovane gesuita— nel contesto della “cuenta de conciencia”, laconversazione tra il formatore e il formando:«Una volta ho sentito dire al padre Peralta:“Chi non fa attenzione ai soldi che vede nonfarà attenzione all’anima del suo fratello chenon vede”». Certamente, questo va ben oltrel’uso del denaro. Indica la tensione tra ilvisibile e l’invisibile, lo zelo apostolico e lavita concreta e quotidiana del gesuita. Nonl’ho dimenticato. E, allo stesso tempo, è unappello per ascoltare quei saggi che hannofatto tesoro delle cose nuove e di quelleantiche.3. La terza frase che vorrei condividereappartiene allo scrittore colombiano GabrielGarcía Márquez. Con una percezione acuta eraffinata, descrive l’intero ambito affettivo diun personaggio con questa frase luminosa:«Era cariñoso como tío materno», “Era affettuosocome uno zio materno”. Quando la lessi, misentii particolarmente compreso nella miaesperienza personale dell’affetto dei miei ziimaterni. Uno di loro presenterà oggi questiscritti del comune maestro, suo e mio, cosìcome di tanti gesuiti, sacerdoti e religiosia rg e n t i n i .Oggi, come cinquant’anni fa, celebriamo lafesta di una grazia di famiglia — famiglia conla minuscola e con la maiuscola —.Cinquant’anni fa, dal terrazzo del Colegio

Máximo de San Miguel, da bambino vispoqual ero, diventavo tutto occhi per guardareuna celebrazione affascinante: l’o rd i n a z i o n epresbiterale dello zio. Oggi, nella curiageneralizia, da gesuita, mi sento ancora unavolta invitato a guardare: guardare indietroper ringraziare dei benefici ricevuti eguardare avanti per chiedere altra graziaaffinché la promessa che è stata motivo diconsolazione per coloro che “ci hannoguidato” si rinnovi fonte di consolazioneanche per noi.

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Papa Francesco ha deciso di abolire il «segretopontificio» che finora copriva le denunce, iprocessi e le decisioni riguardanti gli atti ses-suali subiti in seguito a violenza, minaccia oabuso di autorità e quelli compiuti con minorio persone vulnerabili. La decisione — p re s acon l’istruzione Sulla riservatezza delle cause al-legata a un Rescritto «ex audientia» firmato loscorso 6 dicembre dal cardinale segretario diStato Pietro Parolin e reso noto nella mattinadi martedì 17 — si estende anche ai casi di pe-dopornografia e a quelli riguardanti comporta-menti omissivi messi in atto da cardinali, ve-scovi, chierici o superiori di ordini religiosi perinterferire o eludere le indagini civili, canoni-che, amministrative o penali nei confronti disacerdoti e consacrati accusati di abusi.

Pur restando garantite «la sicurezza, l’inte-grità e la riservatezza» nelle cause, allo scopodi «tutelare la buona fama, l’immagine e lasfera privata di tutte le persone coinvolte», lanuova normativa specifica che «il segreto d’uf-ficio non osta all’adempimento degli obblighistabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, com-presi gli eventuali obblighi di segnalazione,nonché all’esecuzione delle richieste esecutivedelle autorità giudiziarie civili».

In un altro Rescritto «ex audientia», a firmadello stesso cardinale segretario di Stato e delprefetto della Congregazione per la dottrinadella fede, il cardinale Luis Ladaria Ferrer, ilPontefice modifica tre articoli del motu pro-prio Sacramentorum sanctitatis tutela r i g u a rd a n t iil limite di età — che passa da 14 a 18 anni —dei minori coinvolti in casi di pedopornografiae la possibilità anche per i laici di svolgere ilruolo di avvocato e procuratore nel giudiziosui «delitti più gravi» riservati alla Congrega-zione per la dottrina della fede.

Abolito il segreto pontificio

Anche nei casidi violenza

e pedopornografia

#abusisuiminori

Francesco prosegue nella via della trasparenza

Decisione storicafrutto del summit di febbraio

di ANDREA TORNIELLI

Il summit sulla protezione dei minori convocato nelfebbraio 2019 da Francesco in Vaticano continua aportare frutti: viene infatti annunciata oggi, martedì17 dicembre, una decisione importante — che non èazzardato definire storica — a proposito del segretopontificio. Il Papa ha infatti deciso, con unrescritto, di abolirlo nei casi di abuso sui minori, diviolenza sessuale e di pedopornografia.Ciò significa che le denunce, le testimonianze e idocumenti processuali relativi ai casi di abusoconservati negli archivi dei Dicasteri vaticani comepure quelli che si trovano negli archivi delle diocesi,e che fino ad oggi erano sottoposti al segretopontificio, potranno essere consegnati ai magistratiinquirenti dei rispettivi Paesi che li richiedano. Unsegno di apertura, di disponibilità, di trasparenza,di collaborazione con le autorità civili.Nel caso dei Dicasteri vaticani, la richiesta dovràessere inoltrata attraverso una rogatoriainternazionale, consueta nell’ambito dei rapporti tragli Stati. Diversa è invece la procedura nei casi in

cui i documenti richiesti siano conservati negliarchivi delle Curie diocesane: i magistrati inquirentidei rispettivi Paesi inoltreranno infatti la richiestadirettamente al vescovo. Restano comunque salvi iregimi particolari, che possono essere previsti inaccordi o concordati tra la Chiesa e lo Stato.È evidente la portata della decisione di PapaFrancesco, che si collega al motu proprio «Vos estislux mundi» del maggio scorso: il bene dei bambinie dei ragazzi deve sempre venire prima di qualsiasitutela del segreto, anche di quello “p ontificio”. Ilrescritto, ovviamente, non intacca in alcun modo ilsigillo sacramentale, cioè il segreto dellaconfessione, che è tutt’altra cosa dal segretopontificio sugli atti e le testimonianze. Né significache i documenti dei processi debbano diventare didominio pubblico e siano dunque destinati alladivulgazione. La riservatezza per le vittime e per itestimoni dovrà essere sempre tutelata. Ma ora ladocumentazione dovrà essere messa a disposizionedelle autorità civili per le indagini riguardanti i casigià interessati da un procedimento canonico.

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Tra una settimana sarà Natale. In questi gior-ni, mentre si corre a fare i preparativi per lafesta, possiamo chiederci: “Come mi sto pre-parando alla nascita del Festeggiato?”. Unmodo semplice ma efficace di prepararsi è f a reil presepe. Anch’io quest’anno ho seguito que-sta via: sono andato a Greccio, dove San Fran-cesco fece il primo presepe, con la gente delposto. E ho scritto una lettera per ricordare ilsignificato di questa tradizione, cosa significail presepe nel tempo del Natale.

Il presepe infatti «è come un Vangelo vivo»(Lett. ap. Admirabile signum, 1). Porta il Vange-lo nei posti dove si vive: nelle case, nelle scuo-le, nei luoghi di lavoro e di ritrovo, negli ospe-dali e nelle case di cura, nelle carceri e nellepiazze. E lì dove viviamo ci ricorda una cosaessenziale: che Dio non è rimasto invisibile incielo, ma è venuto sulla Terra, si è fatto uomo,un bambino. Fare il presepe è celebrare la vici-

è venuto ad abbracciare la nostra umanità. Al-lora è bello stare davanti al presepe e lì confi-dare al Signore la vita, parlargli delle personee delle situazioni che abbiamo a cuore, farecon Lui il bilancio dell’anno che sta finendo,condividere le attese e le preoccupazioni.

Accanto a Gesù vediamo la Madonna e SanGiuseppe. Possiamo immaginare i pensieri e isentimenti che avevano mentre il Bambino na-sceva nella povertà: gioia, ma anche sgomento.E possiamo anche invitare la Sacra Famiglia acasa nostra, dove ci sono gioie e preoccupazio-ni, dove ogni giorno ci svegliamo, prendiamocibo e sonno vicini alle persone più care. Ilpresepe è un Vangelo domestico. La parola pre-sepe letteralmente significa “mangiatoia”, men-tre la città del presepe, Betlemme, significa“casa del pane”. Mangiatoia e casa del pane: ilpresepe che facciamo a casa, dove condividia-mo cibo e affetti, ci ricorda che Gesù è il nu-trimento, il pane della vita (cfr Gv 6,34). È

Lui che alimenta il nostro amore, è Lui chedona alle nostre famiglie la forza di andareavanti e perdonarci.

Il presepe ci offre un altro insegnamento divita. Nei ritmi a volte frenetici di oggi è un in-vito alla contemplazione. Ci ricorda l’imp ortanzadi fermarci. Perché solo quando sappiamo rac-coglierci possiamo accogliere ciò che contanella vita. Solo se lasciamo fuori casa il fra-

Segno di pace per un mondoche fabbrica armi e violenza

Al l ’udienzag e n e ra l e

il Ponteficer i p ro p o n e

il significatodel presepe

#catechesi

nanza di Dio. Dio sempre è stato vicino al suopopolo, ma quando si è incarnato e nato, èstato molto vicino, vicinissimo. Fare il presepeè celebrare la vicinanza di Dio, è riscoprire cheDio è reale, concreto, vivo e palpitante. Dionon è un signore lontano o un giudice distac-cato, ma è Amore umile, disceso fino a noi. IlBambino nel presepe ci trasmette la sua tene-rezza. Alcune statuine raffigurano il “Bambi-nello” con le braccia aperte, per dirci che Dio

In un mondo dove «sifabbricano tante armi etante immagini violente,che entrano negli occhi enel cuore», il preseperappresenta «un’immagineartigianale di pace» e «unVangelo domestico». Lo haricordato Papa Francesconella catechesi nataliziasvolta nell’Aula Paolo VI

durante l’udienza generaledi mercoledì 18 dicembre,l’ultima del 2019.

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Duemilacento chilometri a piedi lungo la ViaFrancigena: è durato 72 giorni il pellegrinaggio diFrank Noel, che lo scorso 4 ottobre è partito daCanterbury e, passo dopo passo, con lo zaino inspalla, pochi giorni fa è giunto a Roma per pregaresulla tomba di Pietro e ricevere la benedizione diPapa Francesco. Noel vive da anni in manieraprofonda la dimensione del pellegrinaggio, hapercorso più volte il Cammino di Santiago e a SaintJean Pied de Porte — il paesino ai piedi dei Pireneiposto all’inizio del “Cammino francese” versoCompostela — gestisce l’ostello “La Vita è bella” alconfine con la Spagna. Ancora da più lontano sonogiunti i rappresentanti della “Red de LíderesGeneracionales de América Latina y el Caribe”, ungruppo di giovani dirigenti che, con base a BuenosAires, organizzano attività sociali per i più deboliformano a progetti per lo sviluppo, la solidarietà, lavalorizzazione delle comunità locali. “Fr a n c i s c o ,motivo de unidad” è il nome dato alle attività delprossimo anno: «Perché — spiega il responsabile —il Papa è per noi un punto di riferimento». Comesegno di questa identità, i giovani hanno regalato alPontefice un mantello tessuto a mano nel norddell’Argentina — «simbolo dell’abbraccio della fede»— e un tamburo tipico con una scritta che riporta leparole del beato vescovo Enrique Angelelli: Con unoído nel pueblo y el otro en el evangelio, “Con un orecchio

Con lo zaino in spalla

stuono del mondo ci apriamo all’ascolto diDio, che parla nel silenzio. Il presepe è attua-le, è l’attualità di ogni famiglia. Ieri mi hannoregalato un’immaginetta di un presepe specia-le, piccolina, che si chiamava: “Lasciamo ripo-sare mamma”. C’era la Madonna addormenta-ta e Giuseppe con il Bambinello lì, che lo fa-ceva addormentare. Quanti di voi dovete divi-dere la notte fra marito e moglie per il bambi-no o la bambina che piange, piange, piange.“Lasciate riposare mamma” è la tenerezza diuna famiglia, di un matrimonio.

Il presepe è più che mai attuale, mentreogni giorno si fabbricano nel mondo tante ar-mi e tante immagini violente, che entrano ne-gli occhi e nel cuore. Il presepe è inveceun’immagine artigianale di pace. Per questo èun Vangelo vivo.

Cari fratelli e sorelle, dal presepe possiamocogliere infine un insegnamento sul senso stes-so della vita. Vediamo scene quotidiane: i pa-

stori con le pecore, i fabbri che battono il fer-ro, i mugnai che fanno il pane; a volte si inse-riscono paesaggi e situazioni dei nostri territo-ri. È giusto, perché il presepe ci ricorda cheGesù viene nella nostra vita concreta. E, que-sto è importante. Fare un piccolo presepe acasa, sempre, perché è il ricordo che Dio è ve-nuto da noi, è nato da noi, ci accompagna nel-la vita, è uomo come noi, si è fatto uomo co-me noi. Nella vita di tutti i giorni non siamopiù soli, Egli abita con noi. Non cambia magi-camente le cose ma, se Lo accogliamo, ognicosa può cambiare. Vi auguro allora che fare ilpresepe sia l’occasione per invitare Gesù nellavita. Quando noi facciamo il presepe a casa, ècome aprire la porta e dire: “Gesù, entra!”, èfare concreta questa vicinanza, questo invito aGesù perché venga nella nostra vita. Perché seLui abita la nostra vita, la vita rinasce. E se lavita rinasce, è davvero Natale. Buon Natale atutti!

al popolo e l’altro al vangelo”. Un altro lungoviaggio, questa volta dal Vaticano per raggiungere ilKenya, attende gli atleti del Saint Peter’s CricketClub, squadra formata da giovani seminaristi esacerdoti studenti delle università ecclesiasticheromane, con il patrocinio del Pontificio consigliodella cultura. Nei giorni di Natale porteranno,attraverso lo sport, una testimonianza di fede,dialogo e solidarietà. «Vivremo — dice padreEamonn O’Higgins — questo periodo nellaparrocchia del sobborgo di Kawangwari, allaperiferia di Nairobi, parteciperemo alle celebrazioninatalizie, visiteremo l’ospedale pediatrico egiocheremo quattro partite con la presenza dirappresentanti di varie religioni».Quello dell’udienza è stato davvero un giornospeciale per dei bambini “sp eciali”: così AlessandroCarella definisce i piccoli assistiti dalla onlus “Miofratello è figlio unico”. «Siamo genitori — spiega —impegnati attivamente per aiutare i nostri figli,ragazzi autistici, nella crescita e nell’inserimentosociale. Nella dimora di Casal Lumbroso, periferiaoccidentale di Roma, bambini e ragazzi dai 3 ai 18anni ricevono un’assistenza continua e amorevole,con sostegno scolastico, laboratori di inclusione —cucina, falegnameria, oggettistica — eorganizzazione di gite e soggiorni che alleviano lefamiglie dalle difficoltà quotidiane».

#catechesi

I panificatori del Lazio e d’Italiahanno donato al Pontefice ungrande presepe realizzato da duemaestri panettieri con 54panettoni. La sculturacommestibile, sarà donata a uncentro di accoglienza per senzatetto di Latina. Inoltre ipanificatori della Confesercentifaranno dono, durante le festività,di panettoni e pinse romane dacondividere con i meno abbienti.E l’atmosfera natalizia si èdiffusa nell’aula Paolo VI nonsolo per il profumo dei panettoni,ma anche grazie ai suoni deglizampognari di Boiano. Quattroappassionati che, con i lorostrumenti tradizionali cercano diesprimere con le loro melodie ilclima di preghiera e di attesaper la nascita di Gesù Bambino

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22#spuntidiriflessione

Chi non ricordanon vive

«Quelli che non sanno ricordare il passato sono condan-nati a ripeterlo» (George Santayana).

Il nuovo anno inizia con la festa della maternità di Ma-ria. E dal brano del Vangelo ascoltato vediamo che Mariasi è presentata con un’immagine molto bella: «conservavanel suo cuore tutti questi fatti».

Faceva memoria; ricordava; riportava al cuore parole egesti di Gesù. Qualcuno ha detto: «Chi non ricorda nonvive» (Giorgio Pasquali). È quello che all’inizio dell’annodobbiamo fare anche noi.

Ricordare: che cosa ho combinato di bene o di male?Sono stato un dono o un danno? Le risposte che ognunosi dà possono aiutare a trovare il coraggio per riparare glierrori, rilanciare o inaugurare nuovi propositi, nuovi pro-getti, nuove relazioni, nuovi sogni...

Insomma, per rinnovare la speranza, e quindi la vita. Ilricordo diventa fondamentale. È stato detto giustamenteche «Dio ha creato i ricordi, perché anche d’inverno pos-sano sbocciare le rose» (Hans Wallhof).

Per vivere il presente e progettare il futuro, è necessarioricordare il passato, e mettere a frutto il patrimonio diesperienze che abbiamo potuto fare. Il passato è comeuna sorgente che alimenta il fiume del presente e ci spin-ge verso il futuro.

Uno scrittore francese del Settecento diceva: «Si passala prima metà della vita a ricordare senza capire, e l’altrametà a capire senza ricordare» (Antoine de Rivarol).

Domandiamo a Dio, all’inizio di questo nuovo anno,l’intelligenza per fare memoria dei doni ricevuti dal suoamore; la capacità e la forza di non ricadere negli errori enella inesperienza del passato; la forza di fare della nostravita un dono d'amore e una cosa bella per noi e per glialtri.

di LEONARD O SAPIENZA

Seme di umanità«Uccide il figlio di tre anni a colpi di forbi-

ci». «L’Italia della solitudine. Una famiglia sutre è composta da single». «Né maschio néfemmina. Rivoluzione in Germania: sul certifi-cato di nascita la casella resterà vuota». «Nonhai passato la palla a nostro figlio: due genitorischiaffeggiano un bambino durante una partitadi calcio». «Via padre e madre. Ecco genitore 1e 2».

Oggi celebriamo la festa della Sacra Famiglia.Ma se questa è la situazione della famiglia nellanostra società, c’è poco da festeggiare!

Avete sentito il Vangelo. La famiglia di Gesùè in pericolo. C’è qualcuno che la vuole distrug-gere. L’Angelo dice a Giuseppe di fuggire inEgitto.

E la storia si ripete. Sacra è la vita; sacra è lafamiglia, «più sacra ancora è una vita e una fa-miglia perseguitata» (Ermes Ronchi). Ancheoggi qualcuno vuole distruggere la famiglia.

«L’aggressione alla famiglia non è assoluta-mente casuale ma è strategica. Perché una socie-tà più fragile si domina meglio sul piano politi-co, sul piano ideologico e sul piano economico»(cardinale Angelo Bagnasco).

Tanto che un giornale titola: «Famiglia ag-gredita dalle lobby». Difendiamo questo grandee delicato tesoro che abbiamo! Se la famiglia èfragile, la società sarà sempre più fragile, piùdebole, più manipolabile da parte di chi haqualche interesse!

La famiglia è l’ultima e la prima frontieradell’umano, e quindi, distruggendo quella, inrealtà, si distrugge la radice! Difendiamo la fa-miglia da quanti la vorrebbero sostituire con pa-role vuote.

Preghiamo per la famiglia, perché torni ad es-sere come Dio l’ha voluta: seme di umanità,sorgente di amore.

Domenica29 dicembre

Sacra FamigliaSir 3, 2-6.12-14

Sal 127Col 3, 12-21

Mt 2, 13-15.19-23

1˚ gennaio 2020Maria SantissimaMadre di Dio

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23#spuntidiriflessione

Bo cciatiin religione

«Italiani bocciati in religione!». Era il titolo di unarivista, che presentava i dati di una ricerca sulla reli-giosità in Italia. La ricerca mostrava un Paese che sidice cattolico, ma ignorante sui temi della fede. Eanche Roma, la città del Papa, è sprofondata in unaspecie di analfabetismo religioso! Il 92 per cento de-gli intervistati si dice cattolico, ma appena uno sudieci frequenta regolarmente la chiesa!

Contrasti! Come ai tempi di Gesù, avete sentito ilVangelo (Matteo 2, 1-12). Contrasto tra l’i n d i f f e re n -za e l’ignoranza dei sacerdoti e degli scribi, tra il so-spetto di Erode e la ricerca dei Magi, che sono arri-vati da lontano per adorare il Salvatore che è nato.

Vengono i lontani, e i vicini non si accorgono del-la nascita del Messia. Così i lontani hanno la gioiadi incontrare Dio; i vicini, invece, lo ignorano o,peggio, cercano di ucciderlo.

Riflettiamo sulla nostra fede: abbiamo vicino ilSignore, eppure rimaniamo freddi, pigri, senza inte-resse. Crediamo per abitudine. Rinnoviamo stanca-mente preghiere, Messe, devozioni, senza mettercicuore. Senza lasciarci trasformare dalla Parola diD io.

E, così, invece di dare una chiara testimonianza difede agli altri, diamo una contro-testimonianza, senon addirittura scandalo! Quando, invece, la verafede dà gioia, calore, forza di vivere nei momentidifficili.

Preghiamo, oggi, perché la nostra fede diventisempre più forte, più luminosa e più attraente. Per-ché non ci accada mai la sventura di perderla.

E perché, attraverso il nostro esempio, possa esse-re donata anche a quelli che non l'hanno.

di LEONARD O SAPIENZA

Nessuno ascolta più nessuno«Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accol-to» (Vangelo). Il “rifiuto” di Dio continua an-cora oggi. Secondo l’Agenzia missionaria Fi-des, «la scia degli operatori pastorali uccisi ri-vela in questa fase storica dell’umanità una re-crudescenza inaudita. È in atto una persecu-zione globalizzata. Come già si leggeva nellaLettera a Diogneto, i cristiani amano tutti, e datutti sono perseguitati. In tutti i continenti icristiani vengono uccisi, nel silenzio complicee nel disinteresse generale. Qualcuno ha scrit-to all’Unione Europea, per denunciare questosilenzio, e la risposta è stata: «la situazionenon è né urgente né universale!».

«Il Verbo - la Parola si fece carne, e vennead abitare in mezzo a noi» (Vangelo). Ma chiascolta più, oggi? Un giornale aveva questo ti-tolo: «Ecco perché nessuno ascolta più nessu-no».

La realtà è che mentre qualcuno parla, pen-siamo a cosa dire noi. «Oggi a teatro (ma sipotrebbe dire anche in chiesa!) gli spettatori

parlano, commentano, anticipano, rispondonoal telefono e non sembrano assolutamente con-sapevoli che lì a loro è richiesto di mantenereuna posizione di puro ascolto... L’interlo cutoreche guarda l'orologio, che riceve un Sms e lolegge e risponde (anche in chiesa!)».

«La Parola si fece carne», e noi come latrattiamo? Un altro anno è passato, con il suocarico di affanni, e di parole. Quante parole!A forza di abusarne, le abbiamo logorate!

Ma la Parola? Ricordiamoci che «l’iniziodel nostro amore per Dio consiste nell'ascolta-re la sua Parola» (Dietrich Bonhoeffer). Edobbiamo fare molta attenzione, perché a luipiace parlare a bassa voce!

Il Vangelo dà le vertigini, quando dice: «Aquanti lo hanno accolto ha dato il potere didiventare figli di Dio». Se lo abbiamo ascolta-to, se lo abbiamo accolto, abbiamo l'impegno,la responsabilità di comportarci come autenti-ci, credibili e coerenti figli di Dio!

5 gennaioII domenicadi NataleSir 24, 1-4.8-12Sal 147Ef 1, 3-6Gv 1, 1-18

6 gennaioEpifania

del Signore

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Ringrazio quanti in questigiorni, da tante partidel mondo, mi hannoinviato messaggi auguraliper il 50° di sacerdozioe per il compleanno.Grazie soprattuttoper il dono della preghiera

@Pontifex 18 dicembre

#controcopertina

Nelle parole di un ragazzo dell’Azione cattolica

Un triplice augurio per il PonteficeUn triplice augurio: «prima di tutto per il Natale diGesù ormai vicino... ti auguriamo che possa portarenel tuo cuore tanta pace; quella che tu non ti stanchimai di chiedere per gli altri popoli». E poi «auguriper l’anniversario della tua ordinazione... sei diventa-to prete cinquant’anni fa: che bello! Ti auguriamo dicontinuare a vivere custodito dall’amore di Gesù e diMaria, sua e nostra madre». E infine «auguri per iltuo compleanno... te lo diciamo con tutto il cuore».Con le parole semplici ma profonde di un ragazzodell’Azione cattolica italiana, «L’Osservatore Roma-no» si unisce ai messaggi augurali giunti in questigiorni da tutto il mondo a Papa Francesco, che pocodopo aver celebrato il giubileo sacerdotale, il 17 di-cembre ha compiuto 83 anni.


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