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Comune di Brescia - aab.bs.it · stra” tribù). Sono stati i simboli, i riti della cultura...

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Comune di BresciaProvincia di Brescia

Associazione Artisti Bresciani

Pietro Cenedella(1924-1995)

Uno scultore fra i Longobardi e Brancusi

Mostra organizzata dal Comune di Brescia e dall’AABcon il patrocinio della

Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Brescia

a cura di Fausto Lorenzicon la collaborazione di Francesco De Leonardis

palazzo Bonoris - via Tosio, 8 - Brescia15 dicembre 2001 - 20 gennaio 2002

salone dell’AAB - vicolo delle Stelle, 4 - Brescia15 dicembre 2001 - 9 gennaio 2002

feriali e festivi: 15,30 - 19,30lunedì chiuso

edizioni aab

QUADERNIDELL’AAB 3

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Pietro Cenedella è stato uno dei protagonisti della vita artistica aBrescia nella seconda metà del Novecento. Formatosi a Parigi negli an-ni tra il 1946 e il ’56, attento alle lezioni di maestri come Brancusi eMoore, ma anche alle radici storiche dell’arte italiana (e bresciana), inspecie di quella longobarda, fu autore di una produzione originale epersonale di notevole livello, testimoniata alla critica e al pubblico na-zionali dalla grande mostra allestita nel 1975 nella Rotonda di via Be-sana a Milano.

Nel 1958 tenne la sua prima mostra personale all’AAB: da allora ilsuo legame con l’Associazione fu intenso e fecondo e culminò con la pre-sidenza negli anni 1971-75. La presidenza Cenedella fu contrassegna-ta da una fase di straordinario fervore: l’Associazione si trasformò in“Museo laboratorio di arti visive”, in stretto collegamento con l’Ammini-strazione municipale e i Civici Musei, e con una forte connotazione de-mocratica e antifascista. Cenedella si ricollegava in questo modo anchealla sua esperienza giovanile di partigiano durante la Resistenza e dimilitante del movimento progressista.

La mostra, che l’Associazione Artisti Bresciani e il Comune di Bre-scia hanno organizzato in stretta collaborazione, rappresenta quindi undoveroso omaggio della città a un personaggio il cui impegno civile e va-lore artistico hanno costituito un momento importante nella vita socialee culturale della comunità bresciana.

L’AAB rivolge i più sentiti ringraziamenti a quanti hanno contri-buito alla realizzazione dell’impegnativa iniziativa: in particolare alsindaco Paolo Corsini; ai curatori della mostra Fausto Lorenzi e Fran-cesco De Leonardis; ai curatori dell’allestimento Francesco Rovetta,Giuseppe Rivadossi e Carlo Zani; ai prestatori; agli sponsor; al presi-dente della Camera di Commercio Industria Artigianato e AgricolturaFrancesco Bettoni.

Vasco Frati Giuseppina Ragusinipresidente dell’AAB direttrice dell’AAB

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Il sasso e la colomba

Diverse sono le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione comu-nale di Brescia a sostenere la rassegna dedicata allo scultore Pietro, pertutti Piero, Cenedella. Un’iniziativa doverosa, che la città gli vuole of-frire per testimoniare la riconoscenza e l’apprezzamento nei confronti diuna lunga, feconda stagione di lavoro e di presenza. L’ambizione quin-di, anche attraverso la rassegna e questo ragionato catalogo, è di rico-noscere e legittimare definitivamente un interprete autorevole della scul-tura bresciana del Novecento.

Un omaggio all’uomo ed all’artista - nell’indissolubilità dei ruoli -,alle sue sculture in pietra o legno (o entrambi associati), severe e aspre,spesso ruvide, e insieme candidi, fidenti segni di pacificazione, come ilpersonaggio, vissuto con ingenua, istintiva fiducia che la Natura si sa-rebbe precipitata a soccorrerlo anche nei momenti più difficili.

La sua Provvidenza fu proprio una Natura accogliente e benevola:non tanto una madre, quanto una compagna paziente, fraterna e soli-dale. La fiducia nel ciclo della vita e negli uomini veniva a Cenedella an-che dall’aver partecipato all’ultima fase della Resistenza e dall’aver vis-suto dal 1945 al 1954 a Parigi in un clima di grandi speranze di cam-biamento, e negli ultimi anni dall’aver percepito, anche attraverso certiinflussi sincretistici delle dottrine orientali, tra maestri e “santoni” bud-disti, yoga e zen, l’unità del tutto al di sopra del fluire delle forme.

Già la sua casa-studio-aia da “roncaro” in via del Patrocinio, sul-le prime pendici della Maddalena, se l’era tirata su a mani nude, pietrasu pietra, intendendola alla maniera del suo maestro Brancusi, che del-l’atelier nel cuore di Parigi diceva: “Qui si è liberi. Si è come in una stra-da di campagna. È la natura”.

Quando sull’AAB soffiò il vento sessantottino, Cenedella guidò l’oc-cupazione della sede. Dal 1972 al 1975 diventò presidente dell’Associa-zione Artisti Bresciani, che propose di trasformare in una sorta di mu-seo civico (una “sezione civica” della Pinacoteca) e che aprì ai temi del-la convivenza umana, della salvaguardia della natura e dell’ambiente.Fu presidente esuberante, polemico, anche difficile nella sua sempre ge-nerosa irruenza. Tornò alla protesta alla fine degli anni Ottanta e neiprimi mesi del 1990, opponendosi allo sfratto dalla storica sede di viaGramsci.

Dal 1970, a Massa Carrara, nelle cave apuane, Cenedella intrat-tenne contatti intensi con Henry Moore, che diceva: “Essere artista è cre-dere nella vita. Un simile sentimento, così profondo, può essere definitoreligioso”. Cenedella capì assai di quell’umanesimo mitico, della sua fi-ducia ostinata nella continuità della vita, espressa con la materia che

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cresce nello spazio come pura plasticità, dando l’impressione, sia scol-pita che modellata, di essere cresciuta organicamente, creata da unapressione che si espande incontrando forme e raffigurazioni.

Nel 1975 tenne una grande antologica alla Rotonda della Besana,a Milano.

Scolpiva in legno, pietra, marmo; incideva xilografie su assi di le-gno scabro; colorava bassorilievi a tempera. Era artista che amava ledifferenze, le sensazioni dure di materiali sempre meno cedevoli, da ag-gredire con la levità e la determinazione che gli erano proprie. Nelle suesculture di semplicità severa e arcaica parlavano le voci della natura ed’una cultura ancestrale, legata alle fatiche e ai riti della terra. Cene-della, coi cuoi legni e le sue pietre, immaginava proprio il ritorno nelgrembo della natura, della terra; la fraternità profonda con la naturaed i suoi cicli, a risentirne il respiro e le forze primigenie. Non per nullal’artista parlava di totem e santelle, segni sacri di appartenenza a unacomunità e luoghi “fluidi” della metamorfosi, del passaggio da una na-tura all’altra.

Nelle sue sculture si possono cogliere anche gli echi del processo diassimilazione e rielaborazione di antichi riti e simboli pagani nei riti dicristianizzazione. Il suo maestro Brancusi, intendendo la scultura comeuna fusione diretta tra le strutture dell’uomo e le strutture del cosmo, in-dicò all’arte del ´900 la più grande tensione all’essenzialità, e a Cene-della fece capire che si attinge alla semplicità più ci si avvicina al “sen-so reale” delle cose. Un “senso reale” fatto di forme semplici e necessa-rie, come quelle del pane, degli attrezzi agricoli, delle ciotole, dei toteme degli altari, della soglia della casa e del tempio.

Immergendosi nel sacro naturale, Cenedella ha tentato di ridefinireuno spazio umano, “tribale” (inteso come luogo di memoria della “no-stra” tribù). Sono stati i simboli, i riti della cultura ancestrale ad intri-gare lo scultore, teso a conservare gli arcani nella materia: segni di lon-tane presenze, costumi e cerimonie religiose (ex voto per le quattro sta-gioni, totem per l’acqua santa, erpici con offerte, tabernacoli) non permarcare le tappe d’una curiosità antropologica, ma per risuscitare rife-rimenti d’una condizione di vita che poteva riaffiorare solo attraverso lemani dell’artista, in un gesto di sacralizzazione della materia (volto adirradiare la forma dall’interno, finalmente libera, per dirla con Moore,dalle “escrescenze”).

Nel suo primitivismo, Cenedella non rinunciava ai materiali dellatradizione ed ai valori simbolici della scultura, anzi li esaltava. Da quila perpetua, dolorosa ansia delle sue colombe, dei germogli vibranti nel-la luce, dei totem. Da qui l’incontro tra l’antico “terrore” della natura ela dimensione domestica della preghiera, della dolce rustica confidenzacon lo spirito della terra.

In un mondo sempre più artificiale e tecnologico, virtuale, la scul-tura diventava per Cenedella una forma mistica, “disperata”, di arti-gianato, di difesa - anche magica, animistica - di un’affinità profonda

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con la natura, conservata nelle antiche stagioni dell’uomo e sacralizza-ta nei suoi simboli. Il sasso e la colomba sono davvero gli emblemi rias-suntivi di questa ricerca: il primo si trasforma nel volo della seconda.Così arcaicizzante e insieme utopico, così capace di interpretare esigen-ze profonde di valori simbolici della nostra città, in particolare nellesculture per la Camera di Commercio, o nel progetto, che la città ha la-sciato in sospeso, della grande colomba di pace là dove era il rilievobronzeo del guerriero Mussolini a cavallo del Romanelli, sul torrione del-l’orologio di piazza della Vittoria.

Il sottotitolo della mostra, “Uno scultore fra i Longobardi e Bran-cusi”, ci indica dunque un percorso, anche se in realtà il cammino fu in-verso, dal lavoro di “sbozzatore” nell’atelier parigino di Brancusi nel-l’immediato dopoguerra all’esplorazione, tornato a Brescia, di un mon-do longobardo e poi romanico percepito non tanto filologicamente,quanto attraverso il sentimento, quasi a cercare i segni di un’arte cora-le e popolare sedimentata come un ceppo le cui radici affondano nel-l’autentico spirito di genti contadine e montanare “lombarde”.

Paolo Corsinisindaco di Brescia

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Cenedella, uno scultoretra i Longobardi e Brancusi

Fausto Lorenzi

C’è un fiato romantico, una dura fatica nella compatta levigatezzao ruvidità dei marmi e delle pietre, nel taglio deciso dei legni di Pietro(ma Piero per tutti) Cenedella. Prima di qualsiasi aspetto formale, gli in-teressava la resa emotiva, vicina alle vibrazioni dello spirito che si assu-me davanti ad ogni opera un nuovo rischio. Se si guarda alla casa rusti-cana, rupestre, che si è tirato su da solo sui Ronchi, con l’ortaglia semi-selvatica intorno, si capisce come la intendesse uno spazio di coltivazio-ne di pensieri etici, non esistendo per lui nessuna vera differenza tral’uomo e il mondo naturale: la capacità di ritrovare nelle cose giuste delcreato il luogo del proprio eremitaggio spirituale e della propria sintonia.Qui, egli sentiva di dover saldare un debito con ciò che si è ricevuto dal-la vita. Era uno che avrebbe voluto far nascere le sculture come pani dal-le zolle più dure, con l’aratro.

Il senso della fatica paziente e del ringraziamento per i doni dellaterra sta nell’opera di Cenedella come nella preghiera un tempo al descodei contadini. Voleva ricreare un mondo protettivo come una siepe, cal-do come un focolare. L’artista come ultimo artigiano, che sta ai marginidella società a proteggere le differenze.

Per sé, Cenedella non avrebbe mai accettato di parlare con una so-la voce, volendosi invece fare ricettacolo di forze ancestrali e nuovissime,di un’energia elementare e perciò estrema, coi bagliori d’una barbarainnocenza.

Ma non si è mai riversato furiosamente nella materia: c’è semprestata una fase di progetto, di visione strutturale e costruttivista, ma cheha legato a forme geometriche primarie anche il recupero di radici miti-che. Si vede nei dipinti e nelle incisioni che riprendono studi progettua-li come i colori si accompagnino ad appunti visivi che rivelano la conce-zione di luoghi scolpiti, là dove si salda il rapporto tra materie e forzespirituali che le governano. Regole, calcoli e mitologie (dalla sollecita-zione dei depositi dell’immaginario arcaico collettivo ai miti politico-so-ciali d’oggi, in nome del riscatto degli uomini, della libertà e della pace)accentuano la tensione energetica tra strutture nudamente, seccamenteperentorie e la loro delicatezza – spesso - di nicchie protettive, a sottoli-neare sempre più un carattere di luoghi di rinvenimento magico-sacralee insieme a celebrare la funzione dello scultore-tagliapietra e taglialegna,che strappa e restituisce alla natura le impronte del sacro umano. L’ar-te, nell’ansia così moderna dei primordi, fatta espiazione e purificazio-ne, scarna e poetica, dilavata negli affetti struggenti della vita.

Piero Cenedella, scalpellino piombato nell’era atomica dall’Alto Me-dioevo, ha voluto vivere, da artista, in modo che i suoi discendenti po-

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tessero ringraziarlo sentendo scorrere nelle sue opere la cruda e fidenteenergia del mondo. Sfidava – scrisse in una poesia – il riso beffardo dicoloro che ci guardano con occhi di vetro.

È stato l’unico bresciano inserito nella Storia della scultura italia-na del Novecento di Mario De Micheli. Ha avuto una prestigiosa mostranel 1975 alla Rotonda della Besana a Milano. È stato esposto con PieroCascella, Giovanni Paganin, Valeriano Trubbiani per testimoniare l’an-sia di ritrovare un rapporto direttamente umano, tra l’uomo e la natura.È stato presidente dell’Associazione Artisti Bresciani. Ha interpretato insculture pubbliche – specie in collaborazione con l’architetto Bruno Fe-drigolli, soprattutto per la Camera di Commercio – figure e valori dellasocietà bresciana. Ma ha esposto pochissimo, è sembrato inselvatichirsiin un suo romitaggio arcaicizzante. Ci interessa proprio ritrovare il va-lore di Cenedella in quell’impasto inestricabile di lavoro materiale e pro-fezia, di ruvidezza e sacralità, di ingenuità sconcertante e trasfigurazio-ne mistica.

Cenedella ha seguito l’insegnamento – spirituale, anzitutto – del suomaestro Brancusi, nel cui atelier a Parigi, giovanissimo, fu garzone dibottega, poi sbozzatore e levigatore, alla fine della guerra.

Partigiano, finito incarcerato, era scampato alla fucilazione da par-te dei repubblichini, e da autodidatta, iscrittosi all’Accademia pariginad’Arti e Mestieri, si trovò a sbarcare il lunario da uno che sentiva che lesue forme avrebbero potuto cambiare il cosmo, farlo muovere in altromodo. Uno che ha cercato di raccogliere e rilanciare un’idea di ritmo as-soluto, di concentrazione di tutte le forme in una, tendenzialmente infi-nita.

Le sculture di Cenedella mirano alla forma come legge interna del-la materia naturale, come procedimento intimo, conoscitivo e simbolico:una techne che attraverso le sue regole crea una relazione tra ordini di-versi di eventi, fisici e spirituali. Lo sforzo è quello di ricostruire una so-lidarietà tra strutture dell’esistenza umana e strutture cosmiche. Da quiun lavoro che nel suo insistito primitivismo è partecipe d’una catena dirimandi, apparizioni, convocazioni entro un vero e proprio sistema diespressioni totali dello spirito.

Per Cenedella, la scultura doveva nascere con rettitudine, governa-ta da un ritmo logico e insieme ricettacolo di forze psichiche. Un filolo-go potrebbe contestare le sue traduzioni dall’antico, dal mondo barbari-co e longobardo e dal romanico cristiano, dal Cristo schiaffeggiato comedall’Oriente del tantra, dello Zen e del Tao, da San Francesco, dal prin-cipe Siddharta e dall’asceta tibetano Milarepa: ma solo così, facendositramite di enigmi emozionati, scopriva che la bellezza della forma è nelsuo residuo di difformità, intesa come possibilità che resta all’interven-to umano.

La scultura del Novecento ha negato la statuaria, il monumento sulpiedistallo, ma, rifiutando di chiudersi in sé stessa, ha cercato una rela-zione con l’ambiente fuori da ogni vincolo enfatico e celebrativo. Cene-10

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della ha evocato un’arte il più prossima possibile al senso primario del-la vita, nel suo farsi deposito di segni, gesti, riti che tramandassero unalunga storia corale, a ritroso fino alle origini simboliche del mito.

Sempre più si è trasformato nello scultore archetipico, che lenta-mente si fa strada verso l’interno del proprio materiale, togliendo e ri-ducendo finché non viene liberata l’intima vita che vi era nascosta. Cip-pi, pozzi, termini, altari, reliquiari, soglie di un territorio degli uomini,nella simbologia di gesti ancestrali di propiziazione della natura, nelleforme che riecheggiano un ritmo di rac-conto collettivo di esistenze immerse nelsacro della vita non diversamente dalsasso levigato per secoli dall’acqua, nondiversamente dalla radice erosa in tem-pi immemorabili entro il grembo dellaterra.

Sulla reiterazione di gesti, forme,riti, ribadiva Cenedella, s’era fondatal’identità e l’appartenenza nella civiltàdella cultura materiale: questa custo-dia della memoria, questa riconvoca-zione dell’inconscio collettivo, rivendi-cava ruvidamente – quasi come lottadella campagna contro la città – da-vanti all’avanzata della civiltà dellaproduzione seriale e degli immateriali,dove la standardizzazione significavainvece la distruzione d’ogni memoria,l’anonimato, l’oblio, l’inerzia al donodella vita.

Il suo datore di lavoro Brancusi eraun mago bianco e un affabulatore, chediceva di essere venuto da un luogo ol-tre le montagne e oltre le stelle. Conta-dino e taglialegna dei Carpazi, era arri-vato a Parigi dai boschi, a piedi, sacco inspalla e flauto in mano. S’era arrangia-to come lavapiatti. Cenedella era arrivato altrettanto a Parigi senza unalira in tasca, e quando tornò a Brescia con la moglie e la figlioletta inbraccio, un buon samaritano diede loro una soffitta; poi, come si sotto-mettesse alle sette fatiche d’Ercole, Piero si costruì portando pietra supietra, a braccia e funi, la casa tra i roncari, in cima allora a un sentie-ro erto.

Questa mostra è costruita in gran parte con materiali stipati nellatana-studio in cui s’era fatto anche parecchi arredi: i materiali se li spo-stava in giro per le sale, sistemandoli in varie composizioni. Con questimateriali, e la famiglia, sentiva di trovarsi fra le cose essenziali, nell’ar- 11

Brancusi, foto con dedica a Cenedella, scritta con la punta delloscalpello intinta nella china

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chivio domestico in cui interrogare le forme dell’esistenza e della comu-nità degli uomini da cui discendiamo.

Non aveva paura di rivisitare anche una tradizione folclorica dellaPadania contadina: di quest’arte artigianale gli interessava il modo incui rendeva espressive – significative – forme semplici ed essenziali. Luiestraeva le nude strutture primarie, e componeva un concetto plastico dispazio come complesso spirituale.

Una casa in cui si rintracciava un itinerario rituale, di purificazionedell’ambiente della vita. Mitologie cristiane, celtiche, indù, buddhiste: latavola per la fraternità e la comunione; il bacio come rito di passaggio,di comunicazione spirituale; la colonna come ansia del volo verso il cuo-re nascosto dello spazio cosmico; la colomba come uccello dell’Arca, checerca segni di vita sul mondo sommerso dal diluvio. Ma quelle ali si sa-rebbero avvolte anche a sudario, a imprigionare lo slancio del corpoumano.

Un suo altare vorrebbe fertilizzare la terra, una sua colonna vorreb-be reggere la volta del cielo. Per qualcuno, lo scultore di un mondo cheaspira a rientrare nella preistoria, in un’umanità che si affida a grandisimboli formali, che regredisce dalla figura all’obelisco, al totem. Di si-curo, il custode anche di un’antica saggezza contadina e convinto, ben-ché non fosse più di moda, che l’arte fosse sortilegio e trascendenza pu-ra, oltre la storia.

Perciò ha fatto della scultura un rito di passaggio, riprendendo latecnica arcaica dell’arte popolare e la sapienza ancestrale della fiaba.Dell’arte popolare e della fiaba coglieva la struttura espressiva intessutasu pochi temi essenziali e costanti, più o meno manifestamente collega-ti col sacro, laddove si congiunge materialmente la sfera esistenziale con-temporanea a quella degli archetipi o delle origini.

Un profeta rustico, un savio-bambino che cercava la sacralità in for-me semplici e necessarie come quelle del seme, della gemma, del pane,dell’acqua lustrale, degli attrezzi agricoli, della trave o della soglia do-mestica. Il sacro non era altro che il senso del mondo, della vita nutritadel frumento e degli affetti della moglie e della figlia, della solidarietà inuna circolarità in cui rifluivano tutti gli atti della vita. Sicché le scultu-re nella casa rustica, nata come prolungamento delle proprie mani, sonorimaste come arredi strumentali e liturgici, nel luogo del cibo, dell’ac-qua, del fuoco, dell’amore, del sonno: architravi, cariatidi e totem confunzioni apotropaiche e propiziatorie. Avrebbe potuto dire quel cheBrancusi diceva del suo atelier nel cuore di Parigi: Qui si è liberi. Si è co-me in una strada di campagna. È la natura.

Scriveva nei diari che lui era intossicato dalla gioia e con la vita –con ciò che la vita dà nel modo più naturale. In uno dei suoi numero-sissimi taccuini, ha annotato quel che gli diceva Brancusi: Più vicini sia-mo alla mente del bambino, più vicini siamo alla vita. Quando non si èpiù bambini, si è già morti, diceva anche Brancusi. Forme per definire ilrapporto con lo spazio, come nel bambino il mondo è una dilatazione del12

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suo corpo. Forme che assorbissero in sé le relazioni e lo spazio: l’essen-za del corpo umano, della testa, dell’uccello, della casa, della tavola.Nell’ala di colomba c’è il derivato essenziale di milioni d’anni di voli ecadute, così come risulta da milioni d’attriti. Negli ultimi anni, moltesculture di meditazione, in un sincretismo anche confuso che sembra ri-mandare per certi aspetti a quella teosofia che tanto ebbe presa tra Ot-to e Novecento e fu sostrato di molti artisti nel cammino verso l’astra-zione simbolista (la Società teosofica era stata fondata nel 1875 sulla ba-se appunto di un sincretismo religioso-filosofico che proclamava un’uni-versale fratellanza animata da una comune sapienza divina).

Cenedella però non era un astratto: era molto concreto nel suo op-porre, in un’epoca che faceva della terra un campo di sfruttamento, unavisione della Terra Madre vivente, nel desiderio di risvegliare la pietra edi farla cantare per l’uomo, di scuotere l’albero e di farlo stormire perl’uomo. Una grande espressione di fiducia nella vita, governata dal mi-sticismo naturalistico (guardando anche alla ricerca d’assoluto naturaleda Arp al respiro ritmico di Viani).

Non deve meravigliare che si sia mosso attorno a pochi temi: sono isoggetti che egli ha spinto di continuo ad assumere valori umani e co-smici, a sovrapporsi e mischiarsi l’uno nell’altro, affinché ne scaturissela forza rigeneratrice del simbolo. Semi, gemme, erpici, matrici alludo-no sempre alla fecondità della natura. E cercano la semplicità a cui si ar-riva non appena ci si avvicina al senso reale delle cose, purché si met-tano radici umane e storiche nella propria terra.

È indubitabile la fedeltà di Cenedella all’esempio brancusiano, neltrattamento sia della pietra (sia arsa che levigata all’estremo) che del le-gno, nella traccia antropomorfa e nella radicale stilizzazione, anche neitic stilistici come ad esempio la dentellatura e la seghettatura decorati-ve, riprese in funzione espressiva. Nell’idea di totem e ceppaie in legno,di erme e simulacri come idoli rappresentativi della forza e della sapien-za primordiali, si risale persino all’Oriente degli intagli lignei di Gau-guin, che dopo aver scelto la Bretagna dei dolmen e dei calvari di pietraquale terra innocente in Europa, era fuggito nelle isole dei Mari del Sud.Segni magici che guidassero a superare il dualismo tra l’io e la natura.

Fino alla fine, in Cenedella, si segue un’insaziata speranza d’inno-cenza. La sua barbarie candida – mirando a congiungere il primitivismocon un’indagine all’interno della natura fondamentale dei segni - è sta-ta a Brescia un luogo di profonda solitudine su una frontiera tra con-centrazione dei mezzi espressivi e santificazione del vivere, accontentan-dosi del vivere stesso.

Ma lo stesso Cenedella ci mette sul chi va là, avendo egli realizzatoanche dipinti e incisioni di stile espressionisticamente corrosivo, di pul-sante e drammatica convocazione delle figure, come impronte fossilid’un impasto favolistico e totemico, emerso dal fondo dell’esistenza. Og-getti trovati, come capitelli, ceppi, travi e legni usurati sarebbero statiimpiegati anche in seguito da Cenedella, a raccogliere i segni di un lin- 13

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guaggio legato ad una antica struttura comunitaria ed ai suoi valori; arilanciare soprattutto il ritmo costruttivo dell’antica cultura materiale,carico di tutta la sua trama storica ma assunto, in una molteplicità distrutture possibili, come modulo per altre trame d’esistenza e relazioni,per l’oggi. C’era il ripercorre a ritroso il cammino della memoria incon-scia, invitando a uno scavo lento di stati d’animo, attraverso lo spessoredell’opera, affinché riandasse fino al fondo del senso materno della vita.

Come nelle sculture, le prime teste e figure di granito sembravanotirate giù da basiliche carolinge e romaniche, sfiancate dalle offese deltempo e della storia, così nelle pitture e xilo le immagini residue si of-frono come sinopie, muffe od escrescenze, estratte dalla sostanza orga-nica della terra e raschiate dalle rocce, là dove si confondono le formenell’informe, in un’allucinazione quasi barbarica. Qualcosa gli venivadai corsi di grafica a Berlino, già nel 1948, del senso d’una materia bru-ta che filtra la luce nel farsi forma in atto. E a Parigi aveva visto operedi artisti come Rouault, con la sua profonda pietà cristiana per un’uma-nità di reietti, strappati con aspro amore dal tragico creaturale, dove ilsegno veniva a medicare le ferite della vita. E di Fautrier e Wols, con lepaste alte e dolenti e i segni urticanti e spinosi, che gli avevano insegna-to la resistenza dell’umanità su un limite estremo di traccia, di memoria,mentre la pittura si va fondendo con la vita vivente della natura.

In quegli anni Jean Dubuffet diceva che l’arte era là dove nessunone pronunciava il nome, tra gli infanti, i pazzi, i graffitisti murali: l’ArtBrut di individui magari patologicamente alienati, ma capaci di espres-sioni genuine di un io profondo. Cenedella sentiva la verità dell’esigen-za espressa da Dubuffet, di ritrovare destini immersi nel brodo della vi-ta. Dubuffet diceva che non c’è vera arte se non quando la parla artenon è stata ancora pronunciata. Cenedella intuiva che Dubuffet facevadell’arte irregolare e inconsapevole una quanto mai consapevole filoso-fia dell’essere al mondo: una via, anche se talora momentanea, di resti-tuzione alla vita, di liberazione.

Raccontò in figure di Longobardi lo sfaldarsi di un mondo ormaiavvertito come minacciato, ricacciato in un suo irredimibile destino diperiferia. Sceglieva i Longobardi anche perché quel popolo aveva co-nosciuto la dannazione della memoria, della quale sembrava ora mi-nacciata la civiltà contadina. I suoi corpi erano sagome regredite al-l’osso della figurazione, ma di smaliziata strumentazione tecnica edespressiva, con la materia stessa, di preziosità barbarica in segni gra-fici e increspature, che in una sorta di porosità mostrava tutta la suaforza e corruzione organica, il suo mistero. La trama pittorica su car-tone dava appiglio a delle larve, a fantasmi lividi e striati evocativi ditutto un paesaggio di antenati, di iconografie popolari e rudimentali,dai graffiti rupestri agli intagli lignei alle sagome petrose delle catte-drali. Tipi emblematici della ripetizione implacabile d’un destinoestratto dalla terra e dalla roccia. Figure da ricomporre come pitto-grafie frantumate in un nuovo linguaggio di solidarietà fra gli uomini14

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e le cose del mondo, contro le distruzioni della memoria, della vita co-munitaria, della natura.

Le alte paste oliate e calcinate a tempera, spatolate, grattate, graf-fiate, sgorbiate, impastate direttamente sul supporto come doppi fanta-smatici del lavoro della natura minerale e vegetale e del tempo che con-suma; e, recuperando anche tecniche d’artigiani e muratori, forme e fi-gure dalle superfici formicolanti e scintillanti. Materia, come nei ventri didonne, che mostra la sua forza organica e il suo mistero. Sempre con l’i-dea di una lingua universale, di scritturache raccoglie l’eredità di mille mani sco-nosciute, sul muro della vita, recuperan-do la forza simbolica del primordiale.

Voleva che nelle sue forme ci si rico-noscesse subito, perché trattengono lanostra memoria d’uomini e perché sonopercorse da forze che sono della natura.Nella scultura c’è qualcosa di nascostoche batte e risuona dentro, come forzasegreta, energia, tensione, o anche solobisbiglio, respiro oscuro della vita.

Nella sua percezione della sculturaconfluiscono all’unisono origine e con-temporaneità delle cose, senza fratturatra passato e presente: una perennità chescorre nei tempi, da scultore a scultore,così come i valori base dell’esistenza, dauomo a uomo. E gli archetipi dell’esi-stenza ci sono stati offerti da Cenedellanella forma più genuina e concisa, pro-prio perché le sue sculture sboccianonello spazio con la forza semplice dellanecessità. Come una mensola di pietraserve per altare, tavola o stipite, o untronco da trave.

Brancusi, ancora Brancusi. Ma unaltro grande stimolo per Cenedella,vent’anni dopo, è stato Henry Moore, frequentato alle soglie degli anniSettanta nelle cave di Pietrasanta: il Moore che diceva che essere artistaè credere nella vita. Un simile sentimento, così profondo, può essere defi-nito religioso. Quello di Moore era un umanesimo mitico: organico e ro-mantico, nella sua fiducia ostinata nella continuità della vita, espressacon la materia che cresce nello spazio come pura plasticità, come qualco-sa - diceva - che cerca d’arrivare da sé a una forma. Di Moore, Cenedel-la ha colto soprattutto il mettere a nudo e trasformare in valori essenzia-li le caratteristiche delle materie usate, ed il guardare rocce, sassi, ciotto-li, ossa, conchiglie, per captare il modo di scolpire della natura. 15

Henry Moore, foto con dedica a Piero Cenedella

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Si capisce meglio la sua radicalità primordiale, più che primitivisti-ca, antiaccademica più che anticlassica: la tensione strutturale in rap-porto con le forme della natura e la pelle liscia o rugosa della terra, lerocce scavate dall’acqua, ma per riportare tutto a quel sentimento di for-za vitale come scheletro che sorregge esseri umani, piante, fossili e for-mazioni geologiche. Certi grandi piani d’appoggio alludono a un gene-rarsi delle forme dalla terra. Ed è rubato a conchiglie, impianti ossei estrutture vertebrate, il tema compositivo di interno-esterno, che sarà vi-vo negli anni Sessanta e Settanta. Forme avvolgenti, ma a loro volta av-volte dalla calotta dello spazio, sfiancate dall’aria, come le colombe, lefiamme-ceppaie o le vittorie alate (forme come traiettorie avvolgenti dimoto che si arpionano all’aria, risalendo fino alla lezione dinamico-vita-listica di Boccioni).

Anche dove più rivela attenzione al naturalismo, sempre manifestal’idea del blocco, del frammento cheappare come concentrato archetipico.Forme familiari e remotamente primi-genie, che vogliono farsi figlie della Ma-dre Terra, entrare a far parte, come for-me nella natura, del paesaggio contem-poraneo. Volumi che lentamente cre-scono e si gonfiano, che si levigano allaluce, o che variamente s’incastrano, cheemergono l’uno dall’altro privi di enfa-si e di retorica.

Come la miglior spiegazione d’unafiaba è la fiaba stessa, essendo il suo si-gnificato racchiuso nella totalità deimotivi connessi con la trama del rac-conto, che mira a condensare un soloevento psichico, un solo credo o ritodella storia dell’uomo, ma di una talecomplessità che sempre per nuove viepenetrerà nella coscienza, tali sonoqueste sculture, come una creatura mu-ta che improvvisamente pronunci in unlinguaggio umano parole comprensibi-li. Perché hanno grande radicalità, sen-za interrompere la tradizione, e mo-strano Cenedella attento alle avanguar-die storiche, ma altrettanto al mestiere,all’elogio del vero artigiano, nel taglio,nell’esecuzione, nei materiali.

L’effetto delle opere di Cenedellanon può che essere cumulativo, a for-mare una sorta di sistema, quel tempio16 Vittoria alata, bronzetto

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domestico e comunitario che ha immaginato per la sua casa, sicché ègiusto proporle anche con imperfezioni e reimpaginazioni. Nell’ambizio-ne alla forma sacrale, assoluta, la chiusura della forma stessa non eramai del tutto compiuta: c’era sempre un accenno di ulteriore crescita, odi non finito, un sentimento trepido, insieme limpido e oscuro, della vi-ta, simboleggiato proprio nell’itinerario dalla ceppaia alla lingua di fuo-co, dal ventre scuro e umido della terra all’anelito ardente al cielo.

Che sogno candido e pazzesco, tutte le forme in un’unica forma, etutte le visioni mistiche dell’universo in essa: la preghiera d’un santo me-dievale, la contemplazione buddista dell’universo. Contadino e re, comei re-pastori dell’Arcadia e della guerra di Troia. Mistico, eremita e mon-dano, filosofo e giocatore di carte.

Da una parte c’è l’uomo che si lega alla tradizione della sua terra,della quale riprende una monumentalità arcaica, solenne e austera; e lasuggestione delle cosiddette arti negre, a fissarne proprio la strutturaespressiva intimamente connessa alla funzione sacrale. Il seme o la gem-ma o la terra che gira altro non sono che forme prime della fecondità,punti di raccordo tra il naturale e il cosmico. Il bacio come congiunzio-ne totale tra uomo e donna, l’essenza di due esseri indivisi in un atto d’a-more senza fine, come un albero che cresce imperituro. La colomba che,caduta o ferita, è sotto il peso della materia, ma è un concentrato dienergia di aria e di luce, un’ebbrezza contenuta, che però genera spazio,movimento, e finalmente si libera come una semplice ala levigata.

Dall’altra parte c’è l’artista ben attento all’avanguardia del secondodopoguerra parigino ed europeo, anche nel concettuale, in quella sinte-si estrema della forma, del gesto. Il legno scabro segnato dai colpi dellamano che li ha vibrati, la pietra ora grezza, ora levigata a farsi magarivortice (le colonne, le vittorie alate, gli angeli) riflesso della luce. Ma an-che le basi sono sculture, diverse per materia, funzione, accostate sem-plicemente al loro opposto.

Dalle forme emergenti dalla pietra, a forme legate a geometrie po-stcubiste e neoplastiche (l’allusione a scultori come Wotruba, Lipchitz,Laurens, a Ipoustéguy ed a Gilioli, ben visibili a Parigi nel dopoguerra,e poi in Italia ad autori come Mirko, Pietro e Andrea Cascella, Signori,Milani, Somaini), con dentro una sensibilità per i rapporti metrici, ma lascultura sempre come cripta, luogo di raccoglimento e memoria.

La cosa più singolare è aver cercato di conciliare persino certa im-mobilità solenne, ieratica, e il vorticismo futurista (un recupero propriomagico e mitico della tradizione boccioniana, ma togliendo ogni aggres-sività impetuosa al modello, per mutarla in sogno, in incastro o crescitagerminante di forme, come in certe colonne, o tronchi di donna-albero:esaltava allora l’emozione che genera le forme, lo slancio che rivela lestrutture secondo ritmi saettanti e vigorosi). Certi suoi totem e stele, sevisti tutti insieme, sembrano spuntare dalle basi come fossero dei funghiche bucano la crosta della terra per venire alla luce in grandi famiglie ecolonie. 17

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Un itinerario costante tra spirito e materia, e viceversa, da parte diun autore che altro non cerca, con tenacia instancabile, ostinata, che ilproprio esistere accanto alla natura da cui germina e da cui, sofferta-mente, si sente separato. Ecco perché sempre più avrebbe voluto vederecrescere le sue sculture un poco ogni giorno, come uscissero con slanciovitalistico dalla terra lavorata - Fiori di terra e Fioriture in legno e mar-mo, ma poi anche Germogli, Pilastrini per le quattro stagioni, infine Pi-lastrini svettanti in marmo bianco di Carrara - finché non avessero tro-vato il proprio completamento da sé stesse.

In Cenedella si trovano molti indizi sullo scultore contemporaneo chesi fa archeologo, antropologo, architetto rustico per inoltrarsi sempre piùa fondo nel recupero, fin dagli strati più ancestrali, e nella costruzionedella memoria collettiva. La scultura tirata su anche con la fatica fisicadel muratore, suggerendo la costruzione d’una soglia, d’un portale, d’u-na mensola, ma sognata come frutto di collaborazione in un grande sfor-zo corale, di produzione e vita comunitaria. Sapeva che la grande scultu-ra è il momento epifanico di una complessa cultura materiale in cui sisommano tante competenze, sedimentatesi nella pratica quotidiana dellabottega, lungo i secoli, e innervate dei saperi, dei miti e delle idee.

Dell’artista è la tensione progettuale, ma il lavoro dello scultore - haribadito costantemente - riguarda una quantità di gente, un’intera co-munità, se vuole che la sua opera si accordi sia a un ordine logico - lemisure, le proporzioni, le coordinate astronomiche - sia a un ritmo spi-rituale, nell’incontro con le radici profonde di un luogo e di un’accoltad’uomini. Non bastava a Cenedella realizzare le opere, ma cercava di se-minare in ogni occasione ciò che nelle opere rimaneva sepolto: l’appari-re della scultura altro non è che il risuonare di un verbo tridimensiona-le, una lingua da vivere. L’aspirazione a dare uno spazio sacro, un fon-damento comune, nei segni della memoria, alle relazioni umane, Cene-della l’ha esemplificata con opere che non rappresentano ma agiscononello spazio, testimoniando una necessità di condividere fra simili, po-nendo pietra su pietra, intaglio su intaglio.

Negli ultimi anni, guardando a un Oriente mitico, terra dell’Origi-ne, ventre sapienziale del mondo, ha fatto anche sculture come dimorepiù filosofiche ed ermetiche. Non ha avuto paura di emigrazioni e tra-smutazioni di simboli, da una cultura all’altra, purché guidassero ad ac-cogliere anche il senso di quel che non si vede, ma c’è. Lo scultore comenovello Ermete, il dio greco dall’occhio alato, divinità dei crocicchi e deitraffici, guida delle anime nel mondo dei defunti: il viandante, l’accom-pagnatore degli uomini nel compimento del proprio cammino. Da qui larivendicazione della verità del fare scultura in rapporto a una salda pro-duzione materiale, rievocando anche gli infiniti relitti di utensili, simu-lacri e ornamenti sepolti nei depositi del Tempo e del Mito, e raccoglien-do tutte le forme rituali di esperienza in cui si sono espressi i concetti ei sogni degli uomini. Cenedella si è sempre rivolto col suo lavoro alle sor-genti interiori: la metamorfosi della materia in via della conoscenza, co-18

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me se in essa si celasse l’oracolo. La scultura che è insieme simulacro eornamento, forma segreta e manifesta.

È stato un pellegrinaggio quello di Cenedella, come d’un asceta –magari un briccone divino, come nel mito - che si sforzasse di raggiun-gere la purezza attraverso le sue opere, pulsando in sintonia con la Ter-ra Madre vivente, col ciclo delle stagioni e dei lavori agricoli. Per questoè stata importante per Cenedella la memoria di linguaggi legati a tradi-zioni corali di lavoro, di culture materiali che in millenni di civiltà con-tadina e artigianale diedero fondamento comune alle relazioni umane,unendo ambiente e forme della vita quotidiana in un unico paesaggioesistenziale. A quell’ordine rituale, di clan e di tribù, Cenedella è risali-to con le opere di severa tenacia primordiale, cioè di spiritualismo natu-ralistico, di fiducia nella potenza rigeneratrice dei simboli (albero, cep-paia, colomba, fuoco, aratro, pozzo, altare, santella...), o almeno nellaloro forza di ammonimento.

Una liturgia di offerta: nelle sue opere possiamo ritrovare una fidu-cia ostinata nella continuità della vita, espressa con la materia che cre-sce nello spazio come qualcosa che cerca d’arrivare da sé a una forma.

O attratta semplicemente dalla tensione formale, come in certe con-crezioni di legno e pietra. La forma come concentrato di un archetipo,nella trasformazione in valori espressivi, delle caratteristiche stesse del-le materie: una forma sempre remotamente primigenia, come figliatadalla madre terra, e insieme fraternamente prossima alla nostra espe-

rienza quotidiana, presen-za da sempre vissuta connoi nei luoghi della nostrafamiglia.

Legato a origini rura-li, alla civiltà padana, ilrustico Cenedella non èstato certamente un artistarustico: da lì ha tratto ladura fatica dei legni ta-gliati, delle pietre e deimarmi scolpiti per via dilevare, e un fiato di resaemotiva, vicina alle forzedella natura ed alla tem-perie dell’ispirazione. Maha saputo estrarre il ritmointerno di quella civiltà,nell’identificazione prima-ria di forma elementare eforma universale.

Così nelle sue ceppaieha avvinto l’energia sfian- 19Colomba, marmo

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cata ma indomita dell’uomo educato dal dolore; nelle sue colombe eli-coidali ha imprigionato lo slancio del volo impedito; nei suoi aratri e neisuoi altari per il pane ha trasfuso la fecondità della natura sacralizzatadalla coltivazione; nei suoi totem e nelle sue santelle ha custodito un sen-timento di forza vitale che stringe gli uomini in comunità, per far fron-te alla dura necessità dell’esistenza.

Piero Cenedella, attraverso la più moderna radicalità, ci consegnagesti antichi, essenziali, in cui si condensano millenari vissuti umani estorici della nostra tribù, legati ai riti della fatica, della casa, del ringra-ziamento per i doni dell’acqua e del pane, dell’eros e del seme filiale,perché anche noi ritroviamo il senso del sacro naturale entro il grembodella terra, degli affetti familiari e della solidarietà fraterna.

Brancusi diceva che l’opera d’arte esprime giustamente ciò che nonè sottomesso alla morte. Ora, attraverso le sue pietre votive, Cenedella èritornato a un’affinità profonda dentro la natura. I suoi sassi, i suoi al-beri, le sue cuspidi, le sue erme li ha mandati in orbita, nel ritmo degliastri e delle stagioni, perché segnino il tempo entrando e uscendo dallanostra notte, la nostra eclisse del sacro naturale. Sono luoghi fluidi del-la metamorfosi, del passaggio da una natura all’altra. Come nell’artelongobarda, conta il messaggio di ricomposizione simbolico-spaziale del-l’organismo assembrato anche attraverso reperti e materiali di riuso.

Sicuramente Cenedella parlava con i suoi legni e le sue pietre, chelevava come la natura leviga ciottoli, rocce, erode radici. Sono proprio isimboli, i riti della cultura tribale che interessavano lo scultore, per con-servarne gli arcani nella materia: segni di lontane presenze, costumi e ce-rimonie domestiche e religiose (ecco gli ex voto per le quattro stagioni, itotem per l’acqua santa, l’erpice con l’offerta, i tabernacoli del seme),non segnano le tappe d’una curiosità antropologica, ma una condizionedi vita che può riaffiorare solo attraverso le mani dell’artista-sciamano,che erige simulacri che comprimono dentro di sé forze segrete, energie,tensioni, il fiato divino e misterioso della vita.

È una scultura lirico-drammatica quella di Cenedella: solenne comeun reperto arcaico, e insieme sommessamente colloquiale, quasi propo-nesse nella semplicità dei materiali naturali - pietra, marmo, legno, spes-so associati - degli oggetti d’uso, da riconoscere in una quotidiana fami-liarità di cultura.

Si può rintracciare una qualche affinità, in Cenedella, con certo mi-sticismo energetico dell’Arte Povera, ma lo scultore bresciano non ri-nunciava ai materiali della tradizione ed ai valori simbolici della scultu-ra, anzi li esaltava. Proprio quando scavava entro la materia a tirar fuo-ri il mistero della natura, Cenedella era più vicino al primitivo artista-stregone: certe pur celebrate colombe biomorfe, che si srotolano in ton-do nel marmo inquieto e morbido, talora risultano più manierate, d’unsimbolismo più ovvio. I totem, i menhir e i simboli dell’offerta invecehanno un loro tempo interno, di immedesimazone nel ciclo naturale, er-gendosi come sospesi in un sacro recinto: allora davvero si coglie l’in-20

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contro tra l’antico terrore della natura e la dimensione domestica di pre-ghiera, di dolce rustica confidenza con lo spirito della terra.

Nel mondo tecnologico e artificiale, la scultura pareva diventare perCenedella una forma disperata di artigianato, di difesa - mistica, magi-ca, animistica – dell’affinità profonda con la natura, conservata nelle an-tiche stagioni dell’uomo e sacralizzata nei suoi simboli.

Se parliamo di stile, nonostante allusioni classicheggianti, espressio-niste, liberty e futuriste, Cenedella pareva muoversi al di fuori di strettecategorie formali, improntando il suo lavoro a una misura tutta interna,senza manierismi virtuosistici: si può evocare una tensione romanica al-la forma. Una tematica di arcaicità che è un canto al rovescio verso la li-bertà e l’umanità. Totem alti e svettanti, cuspidi e stele, figure rastre-mate o prostrate, sempre per Cenedella lo scalpello, il martello o la sgor-bia dovevano scendere sulla materia a svelare – e non a creare diversada sé – quella fonte d’energia ch’egli sentiva già interna al blocco.

Certo spesso lo scultore è rimasto in sospeso, se riconoscere sempli-cemente la vocazione alla forma d’un blocco di marmo o d’una trave di

legno, o se imprimervi ulteriorisensi mitici e simbolici, nel co-struire recinti e teche in cui in-sediare quei comportamenti chelegano l’uomo alla sua terra.Credo si fosse fatto un senso na-turale e pacifico della vita e del-la morte, cercando di prenderele distanze dal ritmo freneticodella modernità, e perciò appa-rendo a taluno scorbutico, mi-santropo. Ma dicendoci che ladistanza tra l’uomo antico el’uomo moderno che vive tra lemacchine e i grattacieli è unsoffio, e noi ci portiamo dietro,e dentro, una catena di immagi-ni che risalgono alle origini.

La metafora del volo, adesempio, riguarda l’uomo d’oggiche non si volge a osservare leesplorazioni e migrazioni degliuccelli, come facevano i contadi-ni d’un tempo cogliendone la re-lazione col ciclo della vita checontinua. E l’uomo che non saalzare lo sguardo si ritrova pe-sante come una pietra schianta-tasi, come una colomba impedi- 21L’abbraccio, marmo

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ta o ferita, sul ventre della Madre Terra. Per questo l’artista-roncaro Ce-nedella credeva che toccasse agli artisti farsi tramiti della crescita delmondo, tenendo in vita anche ciò che viene da lontano, nei secoli. Alcuniobelischi marmorei svettano come antiche lance. Se c’era una barbariesanguinosa, è diventata raffinata, arabescata come se una guerra fosse fi-nita da tempo immemore, ma quelle lance ci inchiodano al destino del-l’uomo, all’interrogazione sul suo essere nel mondo. C’è un genuino porsidi questo artista di fronte alla misteriosa energia di quanto lo circonda esovrasta. Il mito ci è proposto come pungente alterità esistenziale, proce-dendo tra vestigia e simulacri di un tempio dalle colonne spezzate, di unatomba violata. Tra ruvide pietre, o levigati lacerti marmorei, forme cheavvincono elementari fattezze umane, come in un luogo del sacrificio.

Una fuga dal tempo profano, una sollecitazione a una concezionearchetipica, a una fede fondata sulla pietra e sul legno, nella fiducia diessere capito dalla buona gente. Allora ecco la scultura come ritmo diquieta ma implacabile ossessività, affidato al completamento delle stir-pi dell’uomo, perché le opere di Cenedella senza i riti di solidarietà epietà umana non esisterebbero. In fondo, confidava che l’artista doves-se lavorare gratis perché nutrito dai suoi simili. Le sue sculture messe as-sieme, pur di diversa fattura, sembrano tutte affratellarsi. C’è bisognod’un atto d’amore che sceglie, compone, avvicina, perché da muti reper-ti scaturisca un’immagine necessaria, un pane da una pietra poggiata suuna mensola, una gemma da una santella. Una purezza terrestre, primi-tiva e disarmante, nella fiducia nella realtà tangibile delle cose costrui-te, nella realtà del loro potere evocativo.

La sacralità della scultura, nelle civiltà remote, dava alla forma unarispondenza espressiva e sociale che la rendeva indispensabile: l’idea distabilità, collegata alla statua, simboleggiava il potere intoccabile. Lacolonna, divinità chiusa, era l’idea perfetta di scultura. Cenedella ha col-to il senso di continuità – di appartenenza e di unione – che poteva ve-nire dall’uso della pietra e del marmo delle cave di Botticino, come dal-l’uso di travi di vecchie dimore dismesse. Avvicinare il proprio lavoro aquello dei lapicidi e scalpellini ha voluto dire cercare nei loro gesti anchedei segni di identità profonda di una visione dell’uomo, del vivere e del-l’abitare. Affiora così nel suo lavoro anche l’umiltà dell’artigiano checombatte coi materiali e fa capire quanto l’arte sia vicina alle necessitàelementari della vita: nella connessione di forme, ci sono gli incastri del-la vita di ogni uomo.

Sigillare in successione ritmica volumi e piani, elementi concavi econvessi, ruvidi e lucidi, ha portato a forme che simboleggiano il legameeterno di uomo e natura, di coppia, di forza generante, di anelito a ele-varsi. Pietre, legni, sprigionano così un dolce calore umano, un accentoreligioso, proprio perché irradiato da una materia che ostenta anchequalità aspre e grevi, intimamente in dissidio tra marmo e legno acco-stati, affinché sia davvero prossima a essere umana, nelle metamorfositra sterilità desolate e angeliche inquietudini. 22

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Cenedella ha sopportato fatiche da bestia da soma, ma la pietra e illegno erano i primi materiali che avevano conosciuto la mano dell’uomo,e il lavoro aveva una dura felicità, proprio nella sua carica d’immanen-za. C’era qualcosa d’una lotta tra l’eterno bambino che sta dentro di noie il vecchio che gli sta sempre addosso. Cenedella sapeva che il giardino,l’orto, esprime col linguaggio della natura - lo schiudersi dei germogli,la caduta delle foglie, la paralisi della vita durante l’inverno – esperien-ze che l’uomo fa altrettanto, ma esprime coi linguaggi della psicologia: ecosì cercava di erigere il suo giardino in cui alberi, pozzi, altari fosseroportatori di voci e preghiere dell’anima. L’ossessione di una forma-luo-go in cui riconoscersi per scampare.

Fece scorrere anche l’acqua santa nel giardino delle sue sculture, co-me flusso di forme che sgorgano da una fontana che si fa polla, fiumemetamorfico. E l’aria dal volo ovoidale ed elicoidale delle sue colombe.E altrettanto il fuoco – il crepitare della materia che si converte in ener-gia - dalle chiome fiammeggianti di ceppaie e fanciulle, dalle rastrema-zioni delle Nike sboccianti dal corpo a coda dei tozzi angeli degli sculto-ri longobardi.

Alcune delle sue ultime sculture, così simili a Buddha orientaleg-gianti, così polite in pietre lisce e lucenti, così avvinte in onde psichiche- ma anche così debitrici ai disegni che il bresciano Romolo Romanitracciò nei primi anni del ‘900, alla ricerca d’un suono interiore, nel ge-nerarsi delle forme come riverbero delle emozioni (l’affiorare di statiperturbanti è come rinserrato in un silenzio espressivo che non si riescea scalfire, come nell’evocazione medianica con la sfera di cristallo) - so-no invito alla meditazione, ma soprattutto sollecitano a rannicchiarsi inuno spazio proporzionato, tagliato dall’uomo in accordo con la misuraumana, come la recinzione d’un orto di campagna (Questo mio ribelle ri-serbo – scriveva in una poesia del suo rifugiarsi da misantropo al mon-te – è solo scudo d’una grande fede: fede nell’uomo solitario).

L’uomo pensa perché ha le mani, perché con esse è unito al mondo,rifletteva Cenedella, e insieme voleva che le sue sculture vivessero senzaperdere le tensioni delle energie naturali, aria, acqua, fuoco, vento. Vi-vessero quindi nella simbologia della forma, come germinazioni.

Parlava molto per aforismi, e tali sono certe sue sculture. Come fos-se un Gesù, annotava: taglia un pezzo di legno, e io sono là; solleva unapietra, e là mi troverai. Per onorare un uomo, aveva imparato Cenedel-la da Brancusi, è meglio – è più giusto, più utilmente umano - fare unpozzo e dargli il nome della persona da ricordare, piuttosto che ritrarreun’eccellenza in frac. A quel pozzo, si attinge all’acqua del suo spirito,come a una sorta di fluido di equità naturale tra gli uomini.

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Le sculture pubblicheFrancesco De Leonardis

La ricostruzione del percorso creativo di un artista che, come PietroCenedella, ha dato il meglio di sé nella scultura impone attenzione allemanifestazioni più visibili del suo lavoro, ovvero a quelle opere che, ge-nericamente, si possono definire “monumenti” per la loro collocazione inspazi pubblici sotto gli occhi di tutti, portatori di una memoria o carichidi un messaggio che si vuole rivolto alla intera collettività.

Pur senza la foga dell’età umbertina che, forte dell’imperativo fo-scoliano, ha riempito ogni piazza d’Italia con la statua di qualche gran-de e pur senza la necessità di elaborare, attraverso i monumenti ai ca-duti, il lutto dell’assurda carneficina della prima guerra mondiale, la se-conda metà del Novecento ha tuttavia avuto le sue lapidi e ha dato spa-zio ad una scultura “decorativa” che doveva per lo più servire ad abbel-lire gli edifici pubblici di nuova costruzione secondo i dettami della leg-ge n. 237 del 1960, che riprendeva una vecchia norma ideata durante ilfascismo e modificata una prima volta nel 1949. Anche a Brescia, neglianni Sessanta e Settanta, questa legge ha prodotto concorsi e la realiz-zazione di opere d’arte soprattutto nell’ambito di edifici scolastici, dovesi concentrava lo sforzo edilizio delle pubbliche amministrazioni.

Per uno scultore questo genere di committenza rappresentava lapossibilità di farsi conoscere e riconoscere, ma comportava anche diffi-coltà e rischi quando la ricerca che si andava conducendo sul piano sti-listico e formale nel privato non coincideva con le esigenze di monu-mentalità o di decoro richieste nel pubblico, o quando si doveva mette-re in campo un sermo humilis, impegnandosi a lavorare la pietra sul pia-no di un semplice artigianato scarsamente creativo.

Pietro Cenedella ha lavorato molto per produrre monumenti, pan-nelli decorativi, lapidi, con un percorso in cui è stato sostanzialmentecoerente con sé stesso, ma si è anche impegnato in una progettualità por-tata avanti con tenacia fino agli ultimi giorni della sua vita, proponendola realizzazione di una serie di opere con le quali intendeva interveniresul volto stesso della città riaffermando il ruolo “politico” dell’artista,non separato dalla società, ma capace di lasciare segni nei quali la co-munità potesse riconoscere la propria identità.

Si trattava, insomma, per lui di continuare con gli strumenti propridella scultura quegli ideali che metteva nelle “battaglie”, condotte dal-l’interno dell’A.A.B., per affermare una professionalità d’artista capacedi impegno e di apertura al sociale.

Il “monumentale”, tra fatto e non fatto, è un capitolo importantenella produzione di Pietro Cenedella, un filone che incomincia alla metàdegli anni Sessanta con la partecipazione e la vittoria, nel 1965, al con-

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corso nazionale per la realizzazione di una scultura per la scuola ITIS“Benedetto Castelli”, costruita a Brescia dall’Amministrazione provin-ciale su progetto dell’ingegner Virgilio Verzotti e inaugurata il 30 set-tembre 1962. In un primo tempo il progettista aveva pensato ad una se-rie di opere plastiche, in bronzo e in terracotta, che avrebbero dovutorappresentare “Lo studente” e dieci ritratti di Archimede, Leonardo,Galileo, Volta, Marconi, Tartaglia, Lana, Gasparo da Salò, Moretto e Ca-stelli, da collocare nell’atrio dell’Istituto. Abbandonata però questa idea,nel 1964 era stato indetto il concorso per un monumento in marmo a te-ma “Scuola e libertà”; la giuria, composta da Walter Lazzaro, GiuseppeMigneco, Giovanni Minelli, Virgilio Verzotti, Gian Alberto Dell’Acqua,Oreste Rodini, Ugo Pedrali e Giovanni Vezzoli, scelse il bozzetto di Ce-nedella, che realizzò il gruppo, in marmo bianco non lisciato, raffigu-rante un adulto ed un bambino con le mani su un libro e lo sguardo ri-volto al cielo, che venne posto nel 1967 nel giardino antistante l’edificio.

Per una tomba privata, nel 1969, lo scultore eseguì la grande statuain marmo di un “Angelo”, destinata al cimitero di Trento, sulla base diun bozzetto già presente nel suo studio da alcuni anni.

Dopo queste prime prove, gli anni Settanta videro una serie di ope-re assai significative, nelle quali Cenedella dispiegò uno stile multiformepropenso talora al figurativo e talora ad una più libera ideazione di for-me essenziali, non astratte ma sempre comunque riferibili a qualcosa direale, secondo la poetica che andava perseguendo in questo tempo. Scor-rendo anche solo rapidamente l’elenco di queste opere ci si accorge del

Il rilievo per il cimitero di Folzano raffigurante il “Compianto su Cristo morto”(1971)

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suo ondeggiare, del suo esserecondizionato dalle clausole con-corsuali o dalle richieste deicommittenti.

Nel 1970 fu indetto dal Co-mune di Brescia il concorso perla realizzazione di un fregiomarmoreo per il cimitero di Fol-zano; nel marzo dell’anno suc-cessivo la commissione esami-natrice tra i cinque bozzetti pre-sentati scelse quello di Cenedel-la, che aveva proposto un’operafigurativa con un “Compiantosu Cristo morto e i simboli dellaTrinità”. Al concorso per unascultura destinata all’abbelli-mento della Scuola media “Di-visione Tridentina”, costruita aBrescia nel quartiere di UragoMella, si piazzò invece solo alsecondo posto.

Anche il “Monumento aicaduti”, commissionato dal Co-mune di Mazzano ed inauguratonella frazione di Ciliverghe nelluglio del 1974, venne da unbozzetto degli anni Cinquanta.

L’artista, che si era avvalso della collaborazione di Angelo Conforti-ni con cui avrebbe lavorato in maniera continuativa anche negli annisuccessivi, realizzò un gruppo di tre figure, di forte vigore plastico, in cuicompaiono tre prigioni dolenti, figure emblematiche che simboleggianoi combattenti della prima e della seconda guerra mondiale e gli uominidella Resistenza. Seguirono, nella seconda metà del decennio, il grandealtorilievo (1975) di pure forme che alludono ad una catena di solida-rietà per la sede Inas-Cisl di viale Margherita a Roma; la scultura “Brixiafidelis in libertate”, in marmo bianco non lisciato, voluta nel 1975 dalComune di Brescia per la Scuola “Giosuè Carducci” di viale Piave conl’intento di esaltare il valore dell’educazione come stimolo alla libertà,che Cenedella sviluppò attraverso la reinterpretazione di una “Vittoriaalata”; le due figure speculari dei giovani imbozzolati con le ali che stan-no per dispiegarsi eseguite per la sede dell’ITC “G.C. Abba” a Bresciadopo il concorso del 1977. Ancora nel 1977 Pietro Cenedella si impe-gnò nel piccolo monumento che ricordava Enrica Ranzanici: in memo-ria della giovane appartenente ad una famiglia di noti commerciantibresciani, morta in un tragico incidente stradale nel 1972, lo scultore

Il gruppo marmoreo per il “Monumento ai ca-duti” a Ciliverghe di Mazzano (1977)

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eseguì un’opera raffigurante un angelo con le ali chiuse, a cui è negatala possibilità di levarsi in volo, che fu collocata a Castenedolo nel Parcocomunale.

Infine, nel 1979, venne un altro “Monumento ai caduti” per il Co-mune di Bovezzo, realizzato con Angelo Confortini, in cui l’opera è con-cepita come un altare all’interno del quale è posto, come in un sarcofa-go, un soldato caduto, ma sul piano della mensa sono raffigurate le of-ferte portate dalla gente per significare la continuità dei valori che uni-sce i vivi ai morti.

Più complessa fu la collaborazione che Pietro Cenedella, sempre conil concorso di Angelo Confortini, instaurò con la Camera di CommercioIndustria Artigianato e Agricoltura di Brescia per la decorazione dellanuova sede, realizzata negli anni Sessanta, su progetto dell’architettoBruno Fedrigolli, nell’area dell’ex Ospedale. Gli interventi decorativi ini-ziarono nel 1974 e proseguirono, in pratica, fino al 1995. In tempi di-versi lo scultore realizzò infatti varie opere: nel 1975 fu inaugurato ilgrande altorilievo in marmo rosso di Verona “In memoria di EmilioFranchi”, raffigurante una lapide commemorativa entro una grandequercia che si eleva con i rami possenti verso il cielo; vennero poi la se-rie di cinque altorilievi, in marmo e legno, per il “Parlamentino” con laGiustizia (simbolo della Universitas mercatorum Brixiae), l’Industria,l’Artigiano, il Commercio e l’Agricoltura e le statue “Omaggio al Berni-ni” e “Colomba liberata, dedicata ad Aldo Moro”. L’iter esecutivo diqueste due statue risultò piuttosto lungo; al 1983 risale infatti una pri-ma delibera dell’Ente camerale, che riguardava però solo una statua; nel1986 c’è una nuova delibera e, questa volta, le sculture richieste diven-tarono due, ma tra la commissione e la messa in opera passarono anco-ra tre anni e solo nel 1990 si arrivò alla loro collocazione: una fu posta,un po’ infelicemente, sotto il porticato esterno e l’altra nella sala delmercato.

Sempre per la Camera di Commercio, Cenedella aveva realizzatouna terza opera, un “Albero germoglio”, inserito nell’edificio del Qua-driportico di piazza della Vittoria, dove dal 1932 sono le due statue diAngelo Righetti raffiguranti “Il Lavoro” e “La Fecondità”. Rimase in-vece allo stato di idea la proposta di intervenire con una nuova opera dacollocare nel vano della scala che porta al grande salone sotterraneo: nel-la primavera del 1991, dopo che erano state sistemate le due sculturesotto il portico e nella sala del mercato, Cenedella si rivolse al professorBruno Boni, allora presidente della Camera di Commercio, per propor-re, con l’approvazione dell’ingegner Faroni e dell’architetto Fedrigolli, larealizzazione di un “pilastro bianco [...] inserito nel giro scale che dà ac-cesso al sottostante scalone [...] indispensabile complemento artisticoche conferirebbe agli occhi dei convenuti autorevolezza e prestigio”. Delpilastro, una sorta di alto totem con i quattro simboli camerali, fu rea-lizzato un bozzetto; nel 1994 fu presentato un preventivo di spesa checomprendeva, oltre al pilastro, anche un portale in marmo di Botticino

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sul quale era da porre un piccolo bassorilievo rappresentante la Giusti-zia; Cenedella e Confortini, nell’agosto, scrissero ancora una lettera alladirezione dell’Ente chiedendo che alla base del pilastro venisse posta unalapide a ricordo dell’architetto Bruno Fedrigolli, il progettista dell’edifi-cio che era nel frattempo scomparso, ma l’opera non fu eseguita.

Resta infine da dire appunto del non eseguito, dell’instancabile at-tività propositiva di Pietro Cenedella che stende progetti, scrive, parte-cipa a concorsi, interviene con soluzioni per abbellire artisticamente il

Pietro Cenedella davanti alla scultura “Albero germoglio” nel Quadriportico della Camera diCommercio Industria Artigianato e Agricoltura in piazza della Vittoria a Brescia

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volto urbano della città,realizza bozzetti e foto-montaggi, chiede di poterfare. Le idee sono davverotante. E varie. Si va dallaproposta di restaurare e ri-collocare su un piedistalloi due leoni marmorei diDomenico Ghidoni, scolpi-ti nel 1890 su commissio-ne dell’architetto AntonioTagliaferri, perché fosserocollocati sui pilastri ai latidei cancelli di porta SanNazaro e poi malamentefiniti in Castello, al pro-getto di una lapide funera-ria per ricordare RomoloRomani; dalla partecipa-zione al concorso per larealizzazione di un logoper la nuova Università diBrescia ai vari bozzetti of-ferti a istituti bancari, asocietà sportive, ad asso-ciazioni di categoria.

Ci sono però tre pro-getti degli anni Ottanta sui quali, anche per il loro contenuto ideale, va-le pena di soffermarsi ancora un poco. Il primo riguarda il concorso peril sacrario dei caduti della lotta partigiana e delle vittime di piazza del-la Loggia da realizzare al Cimitero Vantiniano, che venne poi vinto dal-l’architetto Ignazio Gardella. Pietro Cenedella, con la collaborazione diAngelo Confortini, aveva pensato ad un grande altare, costituito da duemassi di marmo di Botticino; la lastra superiore era attraversata daun’ampia incisione, una ferita sanguinante; sulla mensa erano oggetti-simbolo di offerta; a lato era posta una croce-fiore, segno di unità reli-giosa e laica nella Resistenza.

Gli altri due erano destinati invece a due piazze della città: in piaz-za Paolo VI, davanti al Duomo Nuovo, lo scultore voleva porre una sta-tua del papa bresciano; in piazza della Vittoria pensava di intervenirenel riquadro della torre dell’Orologio, dove era rimasto vuoto lo spazioin cui si trovava il “Mussolini a cavallo” di Romano Romanelli, rimossodopo la Liberazione. In un primo tempo, dopo la costruzione del par-cheggio sotterraneo, Cenedella avrebbe voluto disporre nella piazzaopere di alcuni dei più grandi scultori italiani da eseguire in marmo diBotticino. Nel 1985, però, il progetto si era focalizzato sull’idea di inter-30

“Brixia fidelis in libertate”, la scultura posta presso laScuola media “Giosuè Carducci” in viale Piave a Brescia

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Il bozzetto per il riquadro della Torre dell’orologio in piazza della Vittoria a Brescia

venire sulla Torre dell’orologio di proprietà INPS. Fu avviata una prati-ca che riguardava il Comune di Brescia, l’INPS e la Soprintendenza peri beni ambientali e architettonici di Brescia, dalla quale venne un pare-re favorevole al bassorilievo dello scultore, che raffigurava un uomo conle mani alzate al cielo e un volo di colombe. Era questa la soluzione, ca-rica di un universale messaggio di pace, a cui Cenedella era arrivato do-po aver pensato ad una raffigurazione dei santi Faustino e Giovita, pro-tettori della città. La questione proseguì fin oltre la morte di Pietro Ce-nedella attraverso i suoi eredi ed Angelo Confortini. Poi fu lasciata ca-dere.

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32 Pietro e Siria Cenedella alla fine degli anni quaranta

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Regesto biograficoFrancesco De Leonardis

1924 - Figlio di Luigi e di Elvira Gozzio, Pietro Cenedella nasce a SanZeno Naviglio (BS) l’8 gennaio. Proviene da una famiglia di artigiani ce-sellatori, incisori di fucili da caccia. Il padre è socialista e perseguitatodai fascisti. Matura sentimenti di ribellione. Suo maestro d’incisione èFrancesco Cinelli, poi comandante partigiano, fucilato nel 1945.

1942 - Trova lavoro alla Sant’Eustacchio, dove anche suo padre è occu-pato. Il primo maggio viene fermato sotto i portici con il padre perchépasseggia con un fazzoletto rosso nel taschino, viene portato in Questu-ra e bastonato. In questo periodo gioca, nel ruolo di portiere, nel BresciaCalcio; continuerà a praticare questo sport anche negli anni successivi.

1943 - Aviere di leva. Sbandato dopo l’8 settembre, viene catturato dal-le forze tedesche il 22 settembre ed internato in Germania; evade dallaprigione il 28 settembre e rientra in territorio italiano.

1944 - Dal marzo al dicembre fa parte della formazione partigiana Di-visione Garibaldi, Brigata 122a, e svolge attività di collegamento fra leformazioni operanti in montagna e le formazioni GAP/SAP. Il 23 set-tembre prende parte al combattimento di Mura.

1945 - Il 15 marzo viene rastrellato dalle truppe nazi-fasciste e ristrettonel carcere giudiziario di Brescia. Anche il padre ed un fratello sono pri-gionieri. È condannato a morte, ma salvato in estremo. Viene scarcera-to il 25 aprile. Nella cella di Canton Mombello annota pensieri e inco-mincia a scrivere poesie. I suoi sono versi semplici, ingenui nella formacome può capitare a chi, come lui, non ha avuto una formazione lette-raria, ma esprimono, nella disperazione del momento, una profonda spi-ritualità ed un’ansia di libertà in lotta contro la rassegnazione. La poe-sia resta, per tutta la vita, una passione coltivata con costante fedeltà,uno dei modi con cui riesce ad esprimere il suo io d’artista.

1946-56 - Vive a Parigi per diversi periodi; in modo intensivo dal 1947al 1949. Si iscrive all’Académie d’Arts et Métiers e segue i corsi di xilo-grafia. A Parigi ritrova Maria Zappettini (Siria), anche lei bresciana,venuta nella capitale francese per completare la sua formazione artisti-ca. Siria e Pietro si sposano a Parigi il 28 gennaio 1948. Frequentanogli artisti di Montmartre ed espongono le loro opere nella galleria di Gi-selle Zarbick. Sono anni di bohème. Siria lavora in una sartoria teatra-le che realizza anche costumi per produzioni cinematografiche ameri- 33

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cane. Pietro, dopo aver se-guito un corso di dottrinaZen, frequenta, dal 1947, lostudio di Constantin Brancu-si; aiuta come “ragazzo” dibottega in lavori vari, anchedi levigazione, ma poco nellascultura. A quel tempo - an-nota in una pagina di diario- speravo che Brancusi mi ri-velasse un segreto; un segre-to di saggezza tramandatoda Maestro a discepolo,ch’egli avesse ereditato daun altro Maestro e che nes-suno potesse comprenderead eccezione d’un vero disce-polo. Così speravo anch’io!Invece appresi una cosa chenon si poteva insegnare, masolamente sentire: da spiritoa spirito. Quel rapporto è tuttora in me quotidianamente sentito: un si-gillo nell’anima, un veder chiaro nella mia natura. E ancora: Cercavosempre di capire in che modo il mio maestro riusciva ad applicare atutto il suo lavoro la quiete ch’egli aveva nell’intimo a dispetto dellaconvulsa vita di Parigi.

1948 - È a Berlino, dove frequenta la Scuola d’incisione.

1951 - Nasce la figlia Rita Grazia.

1955 - Ritorna a Brescia con la famiglia e si sistema in un piccolo ap-partamento in via XI Febbraio. Acquista però un pezzo di terra sui Ron-chi, presso la chiesa di Santa Maria del Patrocinio, dove inizia a costrui-re la sua casa/studio. Espone a Brescia ed a Roma alla Calcografia na-zionale e riceve il secondo Premio nazionale giovani incisori.

1958 - Viene invitato a tenere una mostra personale nella saladell’A.A.B. di via Gramsci (il segretario è Nino Boccato), dove esponeun’ampia raccolta di pitture e xilografie in cui manifesta una forte ten-sione religiosa e metafisica. Anche negli anni 1959 e 1960 ritorna adesporre all’A.A.B. confrontandosi con tutte le tecniche possibili: pittura,xilografia, tavole dipinte e scolpite, incisioni su marmo, scultura. ElviraCassa Salvi scrive di lui: Non è frequente incontrare oggi una identifica-zione così stretta tra arte e messaggio religioso, tra pittura e messaggiospirituale. L’arte è intesa qui come vocazione mistica, come chiamata34

Pietro Cenedella in divisa militare(il primo a destra)

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imperiosa a far risuonare in mezzo al frastuono dissipato del mondo unavoce di elevazione e di appello ultraterreno.

1961 - Partecipa alla seconda “Mostra d’arte sacra” che si tiene nelle sa-le del vescovato a Brescia; la commissione giudicatrice, composta dalprofessor Gaetano Panazza, dall’architetto Francesco Rovetta e dal gior-nalista Ferruccio Furri, gli assegna il primo premio per la scultura di li-re 100.000, offerto dall’Associazione Industriali Bresciani, per l’opera“Salmo de profundis”. Domenico Lusetti riceve il secondo premio; perla pittura i riconoscimenti vanno a Gigi Fasser, Augusto Ghelfi e CarloPescatori.Viene eletto il 10 agosto nel consiglio direttivo dell’A.A.B., dove ricoprel’incarico di vicepresidente.

1963-65 - Fa conoscere la sua produzione letteraria partecipando a “in-contri poetici” che si tengono in diversi spazi cittadini ed anche nella se-de dell’A.A.B., dove, accanto all’attività espositiva, vengono organizzatein questi anni iniziative culturali. Pubblica alcuni suoi versi nei quader-ni dell’editoriale “La strada” e sull’omonimo periodico.

1964 - Partecipa al concorso “La caccia”, organizzato dall’AssociazioneIndustriale Bresciana e dall’A.A.B., e vince il quarto premio con l’operadi pittura “Capanno”.

1965 - Vince il concorso nazionale per la realizzazione di una sculturaper la scuola ITIS “B. Castelli” a Brescia. Il tema dell’opera è “Scuola elibertà” e la giuria è composta da Walter Lazzaro, Giuseppe Migneco,Giovanni Minelli, Virgilio Verzotti, Gian Alberto Dell’Acqua, Oreste Ro-dini, Ugo Pedrali e Giovanni Vezzoli. Ho pensato - scrive Pietro Cenedella - a un sapiente che tiene aperto unlibro e che ha vicino un giovane, uno studente.

1966 - Fa parte del comitato esecutivo della Scuola d’arte dell’A.A.B.;gli viene affidato il gabinetto calcografico (nel 1968 viene aperta la sa-la d’incisione).

1967 - In una mostra che si tiene alla galleria dell’A.A.B., Cenedella ren-de “omaggio all’arte longobarda”, della quale è profondo cultore tantoda aver raccolto nella sua casa diversi frammenti scultorei di età longo-barda. Scrive Luciano Spiazzi: Cenedella non ama il trucco, ciò che sa di trova-ta, perché la forma va ricercata e scoperta con le mani che sono umane enon si adattano alla perfezione di espedienti puramente tecnici, ha scalfi-to a forza di braccia nella pietra i segni tragici, crudeli e forti del mondolongobardo per restituirli a se stesso e agli altri e, sulla pietra lavorata consudore, ha sovrapposto la pagina colorata su toni che paiono anch’essi ri- 35

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tornare da secoli lontani, per imprimervi i rilievi della materia fredda e re-sistente. Ne è uscita una galleria di memorie maestose e terribili: “Basileusin trono”, “Re Alboino”, “Re Desiderio”, “Rosmunda”, “Rotari duca diBrescia”, guerrieri armati con asce che si confondono nella mano possen-te, scudi che riflettono visi imperiosi e cupi nella loro fissità.

1968 - Pietro Cenedella guida la “rivolta” degli artisti che porta all’oc-cupazione della sede dell’A.A.B. La protesta nasce dalla crisi in cui eravenuta a trovarsi l’Associazione, nella quale, con crescenti difficoltà,convivevano due anime: quella dei “giovani” professionisti, che voleva-no fare dell’A.A.B. uno spazio di confronto e di crescita culturale per lacittà, e quella dei dilettanti “moderati”, che intendevano la galleria co-me un semplice spazio per l’esposizione delle proprie opere. Dopo che,ai primi di settembre, alle elezioni del consiglio direttivo era risultatavincente per tre soli voti di differenza la lista moderata, si era creata unasituazione di stallo dalla quale sembrava difficile uscire, malgrado si av-vicinasse la stagione delle mostre. Una quarantina di artisti pubblicavaallora un manifesto che spiegava alla città le ragioni del gesto: “L’occu-pazione è così motivata. 1° Salvaguardare l’integrità dell’A.A.B. nellospirito originale per gli interessi futuri della categoria dei pittori e scul-tori professionisti bresciani da molto tempo deliberatamente ignorata. 2°Riportare l’interesse delle autorità e della cittadinanza sui valori auten-tici dell’arte di cui l’A.A.B. dovrà propugnare l’integrità. 3° Portare illinguaggio dell’arte bresciana in campo nazionale e internazionale aiu-

36 Pietro Cenedella all’inaugurazione di una mostra alla galleria dell’A.A.B. nel 1975

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tando, proponendo e divulgando all’attenzione del pubblico e della cri-tica artisti di indiscusso valore. Il gruppo artisti professionisti brescianiche sottoscrive il presente manifesto per i motivi di cui sopra in dataodierna occupa la sede ed invita gli artisti di Brescia e provincia a ma-nifestare la loro solidarietà e aderenza.”La stampa dà risalto all’occupazione. Piero Cenedella - scrive CostanzoGatta - sostiene che in pratica è assai difficile fare una classificazionetra professionisti e dilettanti e quindi per arrivare ad una soluzione bi-sognerebbe formare un consiglio direttivo dell’associazione veramentecompetente, una giuria di esperti indiscussi, i quali abbiano il potere didecidere quali pittori possono esporre nella sala principale di via Gram-sci, cioè quella di rappresentanza. Per i dilettanti certo non manche-rebbero le possibilità di fare mostre, poiché l’A.A.B. è grande e ci sonoaltre sale. In tal modo si eviterebbe il pericolo di aver un continuo squi-librio di valori nel corso di una stagione.

1970 - Durante un soggiorno a Carrara, incontra Henry Moore, dal qua-le riceve apprezzamento per la sua opera.Con la mostra alla Galleria San Michele di Brescia inizia il ciclo delle co-lombe e delle ceppaie, che caratterizza i primi anni Settanta e che verràriproposto ancora nel 1971 alla Galleria Michelangelo a Bergamo.

1971 - Vince il concorso per un altorilievo per la facciata del cimitero diFolzano. 37

Pietro Cenedella con la moglie Siria

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È eletto, il 2 ottobre, presi-dente dell’A.A.B., carica chemantiene fino al 1975. Lapresidenza Cenedella, chedeve tra l’altro impegnarsinella gestione dei difficilirapporti con l’Intendenza difinanza, cioè con il “padronedi casa” della sede di viaGramsci, avvia un processodi trasformazione dell’Asso-ciazione, che deve risponderealle nuove esigenze dei socied alla forte tensione politicadegli anni. L’A.A.B. riscoprel’impegno antifascista (nel1974 viene organizzata unagrande mostra per il trenten-nale della Resistenza) ed av-via una revisione dello statu-to che abolisce ogni distinzio-

ne tra i soci e accoglie i nuovi aderenti sulla base di una semplice “par-tecipazione alle finalità dell’Associazione”.L’A.A.B. - scrive Cenedella - ritenendo che oggi meno che mai è possibi-le pensare ad una cultura la quale non tenga conto del grado di tra-sformazione dei rapporti di forze all’interno delle strutture sociali e deinuovi valori da questi scaturiti, vuole porsi come avanguardia, rifiutal’aspetto individualista della manifestazione artistica, con tutti i con-nessi negativi borghesi e romantici, e tenta un’operazione di coinvolgi-mento attivo della massa in generale. In definitiva vuole stabilire un mo-vimento bidirezionale continuo, rispondente al flusso concreto dellarealtà storica.

1973 - Espone alla galleria “Icaro” di Suzzara (MN); si sviluppa il ci-clo dei “totem”, dei “germogli” e degli “stendardi”.

1974 - Realizza il “Monumento ai caduti” a Ciliverghe di Mazzano.

1975 - Viene bandito il concorso per una scultura da collocare nella nuo-va Scuola media sita in Brescia in viale Piave. Con l’altorilievo, “In me-moria di Emilio Franchi”, inizia la realizzazione di una serie di opere chevanno ad abbellire la nuova sede della Camera di Commercio IndustriaArtigianato e Agricoltura di Brescia, progettata dall’architetto Bruno Fe-drigolli. Come presidente dell’A.A.B. si impegna nella realizzazione diuna grande mostra antologica dedicata a Romolo Romani.Espone a Milano nel grande spazio della Rotonda di via Besana; nei ti-38

Pietro Cenedella al lavoro nella casa sui Ronchi

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toli delle opere ritroviamo le “santelle”, i “pozzi”, gli “altari”, i “fiori diterra”, i “pilastrini sacri”.Scrive Mario De Micheli nella presentazione della mostra: I suoi ‘monu-menti’ all’aratro, al seme, alla pioggia, all’albero, al fiore e al sole vo-gliono essere richiami alla solenne e arcana lontananza della nostraorigine. Ma si badi: quello di Cenedella non è un invito alla nostalgiadel passato. La sua opera è piuttosto un invito a reintegrare nel nostropresente una serie di valori che la rivoluzione industriale indiscrimina-tamente e sconsideratamente, nel suo svilippo violento e disordinato, hadistrutto o mortificato: l’umanizzazione del lavoro anziché il lavoro di-sumanante, il rapporto creativo con la natura anziché l’azione distrut-tiva contro la natura, la coscienza dell’identità dell’uomo con la realtàstorica di ogni altro uomo anziché la perdita della propria identità nel-la separazione da ogni solidale vincolo con la comunità umana.

1976 - Espone a Vienna alla Künstlerhaus in una collettiva di dieci ar-tisti bresciani.

1977 - Realizza a Castenedolo un monumento alla memoria di EnricaRanzanici. Vince il concorso per la realizzazione di due sculture per laScuola ITC “G.C. Abba” di Brescia.

1979 - Realizza il “Monumento ai caduti” a Bovezzo.

39Pietro Cenedella nella galleria dell’A.A.B. in occasione della mostra del 1962

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1980 - Partecipa al concorso per il monumento ai caduti della lotta par-tigiana e alle vittime di piazza della Loggia, indetto dal Comune di Bre-scia. I progetti sono presentati in mostra all’A.A.B. nel mese di maggio;viene scelto il progetto di Ignazio Gardella, che realizza l’opera al Cimi-tero Vantiniano.

1984 - Prende l’iniziativa di un progetto artistico per l’abbellimento diPiazza della Vittoria: vorrebbe disporre nella piazza opere di alcuni deipiù grandi scultori italiani da eseguire in marmo di Botticino.

1985 - Il progetto di piazza della Vittoria si focalizza sull’idea di inter-venire sulla Torre dell’orologio di proprietà INPS, nel riquadro in cui erail “Mussolini a cavallo” di Romano Romanelli, rimosso dopo la Libera-zione.

1990 - È impegnato ad impedire lo sfratto dell’A.A.B. dalla sede di viaGramsci, con manifestazioni di pubblica protesta.

1995 - Muore a Brescia il 4 dicembre per una grave affezione polmonare.

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Le sculture

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I

Città dell’uomo, 1948 pietra, cm 40x35x22

collezione Siria e Grazia Cenedella

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II

San Francesco (Orante), 1960 circapietra, cm 60x12x12

collezione privata

Omaggio a Brancusi (Testa), 1960 circapietra grezza, cm 72x20x11

collezione privata

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III

De profundis (L’invocante), 1961pietra (I premio alla Mostra d’arte sacra nel vescovato di Brescia), cm 115x30x30

collezione privata

Testa (Il doppio volto del dolore), anni Sessantamarmo di Botticino bianco e rosso, cm 57x38x18

collezione Siria e Grazia Cenedella

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IV

Trono dell’uomo del popolo, 1948 legno, cm 60x85x60

collezione dottor Gianpaolo Negrini

Figura (Guerriero longobardo), anni Cinquantapietra nera, cm 35x25x13

collezione Siria e Grazia Cenedella

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V

Casetta longobarda, (Urna degli affetti), anni Cinquantapietra rosata, cm 25x43x12

collezione Siria e Grazia Cenedella

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VI

Il bacio (Omaggio a Brancusi), 1948 -1972legno, cm 200x40x40

collezione privata

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VII

Totem, 1970legno, cm 255x45x45

collezione Siria e Grazia Cenedella

Totem, 1972legno e pietra, cm 270x40x40

collezione Siria e Grazia Cenedella

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VIII

Monumento ai doni delle quattro stagioni, 1970legno e marmo, cm 260x162x50

collezione Siria e Grazia Cenedella

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IX

Altare del pane, 1972 legno, cm 220x120x180

collezione Siria e Grazia Cenedella

Altare della provvidenza, 1972 legno e marmo, cm 185x65x27

collezione Siria e Grazia Cenedella

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X

Altare per la semina, 1972/74 legno, marmo e pietra, cm 109x111x34

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XI

Santella con seme, anni Sessanta legno e marmo, cm 71x91x28

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XII

Terra arata e simbolo dell’aratro, 1972legno e marmo, cm 45x72x90

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XIII

Terra arata e simbolo della provvidenza (Erpice), anni Sessantalegno e marmo, cm 45x75x90

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XIV

Pozzo per l’acqua santa, 1972/74 legno, cm 125x95x96

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XV

Aqua lustralis (Altare per pozzo dell’acqua santa), 1972/75 legno e pietra, cm 135x80x48

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XVI

Santella per la protezione della gemma, 1972/74 legno e marmo, cm 92x54x30

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XVII

Santella per la protezione del seme, 1973 legno e marmo, cm 102x72x24

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XVIII

Santella per il semelegno e marmo, cm 127x74x25

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XIX

Santella per il seme (L’incontro), anni Sessantalegno e marmo, cm 235x52x30

collezione Siria e Grazia Cenedella

Totem, anni Sessantalegno, cm 116x27x23

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XX

Totem, anni Sessantalegno, cm 110x30x30

collezione Siria e Grazia Cenedella

Figura (Pilastro), 1948 legno con inserti di marmo, cm 194x23x26

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXI

Santella della protezione del seme, anni Sessantalegno, cm 108x34x30

collezione Siria e Grazia Cenedella

Totem, anni Sessantalegno, cm 120x25x28

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXII

Totem (Figura), 1948 legno, cm 95x38x35

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXIII

Totem, anni Cinquantalegno, cm 245x26x26

collezione Siria e Grazia Cenedella

Totem, anni Sessantalegno, cm 204x25x27

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXIV

Volto (L’enigma del dolore. Omaggio a Romolo Romani)pietra di Botticino, cm 52x30x15collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXV

Longobardo (Testa di guerriero), 1960 circamarmo e ferro, cm 52x26x24

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXVI

Testa di guerriero longobardo (Cippo di confine), 1960 circapietra rossa, cm 40x23x30

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXVII

Rana (Animale totemico), 1950 circapietra verniciata, cm 48x23x33

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXVIII

La terra gira, 1974pietra verde, cm 20x23x20

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXIX

Il mondo gira, il sole gira, 1974marmo grigio su base in onice, cm 60x22x18

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXX

La terra gira, 1973/74breccia aurora su base in Botticino, cm 40x30x28

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXI

Il mondo gira, 1974legno, cm 80x70x17

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXII

Fiore di terra, 1970 circalegno, cm 52x46x19

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXIII

Fiore di terra, 1974 legno, cm 63x53x24

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXIV

Fiore di terra, 1974 legno, cm 58x70x27

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXV

Fioritura, 1960/70marmo su base in legno, cm 130x40x34

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXVI

Fioritura, anni Sessanta marmo su base in legno, cm 124x36x28

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXVII

Fioritura, anni Sessantamarmo di Carrara, cm 28x32x16collezione Siria e Grazia Cenedella

Fioritura, anni Sessantamarmo di Carrara, cm 27x23x14collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXVIII

Scultura per l’aratro, 1974 marmo grigio, cm 50x58x15

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XXXIX

Colomba caduta, 1960 marmo, cm 56x60x43

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XL

Colomba, anni Sessanta marmo di Botticino, cm 56x48x15collezione Siria e Grazia Cenedella

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XLI

Colomba caduta, 1972 marmo di Botticino, cm 50x51x20collezione Siria e Grazia Cenedella

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XLII

Colomba imprigionata, 1970 circamarmo e ferro, cm 80x50x40

collezione privata

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XLIII

Colomba, anni Sessantamarmo, cm 43x30x17

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XLIV

Colomba, 1960/70marmo di Carrara, cm 22x19x15collezione Siria e Grazia Cenedella

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XLV

Il volo della colomba, anni Sessantamarmo di Botticino, cm 37x32x20collezione Siria e Grazia Cenedella

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XLVI

Donna che piange, 1965marmo, cm 77x30x47

collezione dottor Gianpaolo Negrini

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XLVII

Figura regalemarmo, cm 52x24x22

collezione Siria e Grazia Cenedella

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XLVIII

Angelo caduto, anni Sessantamarmo, cm 94x30x25

collezione privata

Acquasantieramarmo di Carrara, cm 63x13x16collezione Siria e Grazia Cenedella

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XLIX

Donna, ceppaia e fiamma (Metamorfosi), 1966marmo, cm 97x53x35

collezione dottor Gianpaolo Negrini

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L

Meditazione (Cippo di confine)pietra rossa di Verona su base in Botticino, cm 38x28x28

collezione Siria e Grazia Cenedella

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LI

Figura in meditazione, 1984stalattite del Carso su base in Botticino, cm 59x49x7

collezione Siria e Grazia Cenedella

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LII

Figura in preghiera, anni Ottanta breccia rossa, cm 96x36x19

collezione Siria e Grazia Cenedella

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LIII

Figura in meditazione, anni Ottantaonice, cm 83x34x25

collezione Siria e Grazia Cenedella

Figura con volute in raccoglimento, anni Ottantaonice rosso, cm 37x36x32

collezione Siria e Grazia Cenedella

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LIV

Figura, anni Ottantamarmo grigio, cm 72x19x11

collezione Siria e Grazia Cenedella

Le ali della vita (“Brixia fidelis in libertate”.Studio per Vittoria alata all’I.T.C. “Abba” di Brescia), 1977

marmo rosso di Verona, cm 32x9x5collezione Siria e Grazia Cenedella

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LV

Le ali della vita (“Brixia fidelis in libertate”.Studio per Vittoria alata all’I.T.C. “Abba” di Brescia), 1977

marmo, cm 29x9x4collezione Siria e Grazia Cenedella

Pilastro con sole, anni Cinquanta/Sessantamarmo di Botticino, cm 110x32x25collezione Siria e Grazia Cenedella

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LVI

Stele, anni Ottantamarmo, cm 78x24,5x9

collezione Siria e Grazia Cenedella

Pilastrino sacro, anni Settanta/Ottantamarmo di Botticino, cm 175x19x4collezione Siria e Grazia Cenedella

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LVII

Pilastrino sacro, anni Settantamarmo grigio, cm 91x16x7

collezione Siria e Grazia Cenedella

Stele sacra, anni Settantamarmo, cm 75x19x18

collezione Siria e Grazia Cenedella

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LVIII

Pilastro per le quattro stagioni, anni Settanta/Ottantamarmo di Botticino, cm 107x29x16collezione Siria e Grazia Cenedella

Germoglio dell’ala, anni Settantamarmo, cm 123x24x34

collezione Siria e Grazia Cenedella

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LIX

Pilastrino per acqua santa, anni Settantapietra su base in Botticino, cm 37x6,5x4,5

collezione Siria e Grazia Cenedella

Pilastrino sacro (Germoglio), anni Settantamarmo, cm 50x9x9

collezione Siria e Grazia Cenedella

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LX

Pilastrino sacro, 1974 marmo, cm 120x40x40

collezione privata

Pilastro sacro, anni Ottantamarmo di Carrara, cm 160x23x18collezione Siria e Grazia Cenedella

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LXI

Figura (Cavaliere. Le stagioni girano), anni Settantamarmo di Carrara, cm 44x23x19collezione Siria e Grazia Cenedella

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LXII

Pilastrino per acqua santa (Ex voto per le quattro stagioni), 1986marmo, cm 143x18x24

collezione Siria e Grazia Cenedella

Pilastrino sacro, anni Ottantamarmo, cm 142x28x20

collezione Siria e Grazia Cenedella

Pilastro sacro, anni Ottantamarmo, cm 126x18x24

collezione Siria e Grazia Cenedella

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LXIII

Colonna infinita, anni Sessantamarmo, cm 62x15x10

collezione privata

Pilastro sacro, anni Ottantamarmo, cm 178x28x28

collezione Siria e Grazia Cenedella

Pilastrino per l’acqua santa, anni Ottantamarmo di Botticino, cm 135x25x25collezione Siria e Grazia Cenedella

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Dipintianni ’40-’60

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LXVI

Ritratto:omaggio a Brancusitecnica mista, cm 100x70

Testa barbaricatempera, cm 70x100

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LXVII

Figura distesa.Omaggio ai Longobarditempera, cm 70x100

Figure.Presepiotempera, cm 70x100

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LXVIII

Fossile.Magna tellus fecundatecnica mista, cm 70x100

Carro longobardo.Magna tellus fecundatecnica mista, cm 70x100

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LXIX

Figura.Meditazione sui fruttidella terratecnica mista, cm70x100

Testatempera, cm 100x70

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LXX

Impronta.Figura fossiletecnica mista, cm 70x100

Figura.Magna tellus fecundatecnica mista, cm 100x70

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LXXI

Figura.Sovrano longobardotecnica mista, cm 100x70

Figura assisa.Omaggio ai Longobarditempera, cm 100x70

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LXXII

Maternità.Magna tellus fecundatecnica mista, cm 100x70

Impronta.Magna tellusfecundatecnica mista,cm 70x100

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Bibliografiaa cura di Francesco De Leonardis

1958Giovane anacoreta, in “Giornale di Bre-scia”, 29 gennaioPittura nuova, in “L’Italia”, 29 gennaioL. FAVERO, Cenedella all’A.A.B., in“La Voce del popolo”, 30 gennaio

1959E.C.S., Pietro Cenedella, in “Giornaledi Brescia”, 4 gennaioL. FAVERO, Cenedella all’A.A.B., in“La Voce del popolo”F.C., Soggetti spirituali e mistici nell’e-spressionismo di Cenedella, in “L’Ita-lia”, 9 gennaio

1960Pietro Cenedella, Galleria A.A.B., 10-22 dicembre, BresciaE.C.S., Pietro Cenedella all’A.A.B., in“Giornale di Brescia”, 12 dicembre

1961L. CALZAVACCA, Un impegno versol’arte: la Mostra Sacra in Vescovado, in“L’Italia”, 10 dicembreE.C.S., Arte sacra in vescovado, in“Giornale di Brescia”, 13 dicembreG. TANSINI, Discutiamo la mostrad’arte sacra, in “La Voce del popolo”,16 dicembreG. TANSINI, Linguaggio astratto e da-to biblico nella mostra d’arte sacra inVescovado, in “Giornale di Brescia”, 23dicembre

1962CIDA, Cenedella, mistico moderno, in“Verità” , Brescia, ottobreCIDA, Cenedella tende al cielo, Di Pra-ta scava nell’umano, in “Verità”, Bre-scia, dicembreE.C.S., Piero Cenedella, in “Giornale diBrescia”, 20 ottobreG.C., Piero Cenedella, Galleria A.A.B.,13-25 ottobre, BresciaG.T., Una mostra d’arte e molti proble-mi, in “L’Italia”, 14 gennaio

1963G.F. MAJORANA, Momento artisticobresciano, Brescia

1964Esposte all’ A.A.B. le opere del concorsoper “La caccia”, in “Giornale di Bre-scia”, 5 ottobreInvito alla grafica all’A.A.B., in “La Vo-ce del popolo”, 25 dicembreE.C.S., Collettiva alla Piccola galleria,in “Giornale di Brescia”, 11 ottobreR.A., Arte sacra e mondo moderno, in“L’Eco di Brescia”, 16 ottobreG.VALZELLI, I pittori bresciani ed i fo-restieri nella mostra della caccia al-l’A.A.B., in “Il Cittadino”, 11 ottobreM.R. ZUCCARO, La caccia all’A.A.B.,in “La Voce del popolo”, 10 ottobre

1965Lo scultore concittadino Piero Cenedel-la, in “Giornale di Brescia”, 21 maggioM. DE MICHELI, Piero Cenedella, in“L’Unità”, 28 novembre

1966Piero Cenedella, Galleria A.A.B., 5-17marzo, BresciaRassegna d’arte contemporanea bre-sciana, Galleria A.A.B., 28 maggio, Bre-sciaLo scultore concittadino Piero Cene-della, in “Giornale di Brescia”, 21maggioE.C.S., Piero Cenedella alla A.A.B., in“Giornale di Brescia”, 12 marzoA. MORUCCI, Visti all’ A.A.B., in “Bies-se”, aprile

1967A.R., Cenedella in omaggio all’arte lon-gobarda, Galleria A.A.B., 18 febbraio-2marzo, BresciaBENGI, “Longobardismo” di P. Cene-della, in “La Strada”, Brescia, feb-braio E.C.S., Piero Cenedella, in “Giornale diBrescia”, 26 febbraio

1969G.VALZELLI, Il filo d’Arianna dellagrafica conduce alla verità dell’arte, in“Giornale di Brescia”, 4 novembre

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1970V. BRUNONI, Pietro Cenedella, in“Corriere del Garda”, dicembreM. CORRADINI, Le colombe di PieroCenedella, Galleria San Michele, 17-29ottobre, BresciaE.C.S., Cenedella, in “Giornale di Bre-scia”, 27 ottobreArtisti a S. Giuseppe, in “Giornale diBrescia”, 30 dicembre

1971Piccolo quadro, Piccola galleria UCAI,11-30 dicembre, BresciaPiero Cenedella, in Artisti brescianicontemporanei, vol. I, Sardini Ed., Bor-natoG.V., Pasqua dell’arte a S. Giuseppe, in“Giornale di Brescia”, 17 aprileL.L., Pietro Cenedella alla “Michelan-gelo”, in “L’Eco di Bergamo”, 17 aprile M.P., Lo scultore Cenedella alla “Miche-langelo”, in “Giornale di Bergamo”G.F. MAJORANA, S. Michele ’71, a cu-ra del Centro culturale San Michele, 2ottobre, Brescia

1972Piccolo quadro, Piccola galleria UCAI,13-28 dicembre, BresciaE.C.S., Pietro Cenedella, in “Giornaledi Brescia”M. CORRADINI, Dalla figura al totem,Piero Cenedella, Galleria San Michele,4-16 novembre, BresciaM. CORRADINI, 1972: I grafici bre-sciani, Galleria A.A.B., 30 dicembre

1973G.C., All’“Icaro” di Suzzara lo scultorePiero Cenedella, in “Il Resto del Carli-no”, 25 gennaioC.G., Un’asta di quadri per salvarel’AAB, in “La Notte”, 3 ottobre C.G., Raccolti quattro milioni con l’astadei quadri, in “La Notte”, 10 ottobre M. CORRADINI, Mostra di pittura escultura di Cenedella, Galleria Icaro, 6-18 gennaio, Suzzara

1974Mostra della Resistenza, GalleriaA.A.B., 11-24 maggio, BresciaScultura a Brescia. Proposta di scultori

bresciani contemporanei, GalleriaA.A.B., 5-17 gennaioG.F. MAJORANA, S. Michele 1974, acura del Centro culturale San Michele, 5ottobre, BresciaG. POLONI, Piero Cenedella, in “LaVoce dell’automobilista”, a. XXIV, n. 1-2, maggio-giugno, p. 36

1975Gli artisti antifascisti lombardi, 28maggio 1974 - 28 maggio 1975, Saladel Quadriportico, 25 maggio, BresciaE.M., Nel ricordo di Emilio Franchi fe-steggiati i fedeli del lavoro, in “Giorna-le di Brescia”, 13 gennaioG.S., Piero Cenedella, in “La Voce delpopolo”, 11 luglioM. DE MICHELI, Piero Cenedella, Ro-tonda della Besana, giugno-luglio, MilanoM. DE MICHELI, Sculture come “to-tem”, in “L’Unità”, 21 luglioR. DI PIETRO, Mostre a Milano, in “LaVernice”, n. 9-10, Venezia, p. 287L. SPIAZZI, I simboli scultorei di PieroCenedella, in “Bresciaoggi”, 5 luglio

1976F.C., Wien-Brescia. 10 artisti bresciani,Künstlerhaus, aprile, ViennaR. APICELLA, Cenedella, l’estrazionemetafisica della forma, in “Brescia-Ar-te”, giugno-luglio

1977Un angelo con le ali chiuse per ricorda-re Nica Ranzanici, in “Giornale di Bre-scia”, 6 ottobre

1978Prima mostra nazionale d’arte figurati-va, Associazione Italiana Amici delKenya, Galleria A.A.B., 3-12 ottobre,BresciaF. BONSIGNORI - G. POLONI, Omag-gio al lavoro, A.S.C.A., Concesio

1979Arte a Brescia dal 1950 al 1960, Galle-ria A.A.B., 20-30 gennaio, BresciaIcaro in attesa del volo, in “Giornale diBrescia”, 24 maggioF. DE SANTI, L’originalità dell’operagrafica, in “Bresciaoggi”, 2 giugno

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L. SPIAZZI, Monumenti a Bovezzo eGussago, in “Bresciaoggi”, 20 ottobre

1980L’uomo e la natura, in “Giornale di Bre-scia”, 25 settembreM. DE MICHELI, L’uomo/la natura,Comune di Cortona, Regione Toscana,luglio, MilanoF. DE SANTI, Mostre in Italia e all’este-ro, in “Bresciaoggi”, 2 febbraioL. SPIAZZI, Giro dell’arte, in “Bre-sciaoggi”, 17 maggio

1982E.C.S., Il maggio dei pittori bresciani,in “Giornale di Brescia”, 30 maggio E.C.S., Piero Cenedella, in “Giornale diBrescia”, 23 novembreE.C.S., Sette scultori bresciani, in“Giornale di Brescia”, 30 marzoB. PASSAMANI, L’Associazione artistibresciani per il Maggio culturale, Galle-ria A.A.B., 15 maggio-3 giugno, BresciaL. SPIAZZI, Incidere nella pietra, in“Bresciaoggi”, 20 novembreG. STELLA, Cima e Cenedella alla A.A.B.,in “La Voce del popolo”, 3 dicembre

1983M. GARAVATTI, La natura e l’opera del-l’uomo nell’arte di Pietro Cenedella, in“Società valtellinese”, 7/8, luglio/agostoC. MOLA, A Tirano esposte opere diPietro Cenedella: tempere, sculture inlegno e nella pietra, in “L’Ordine dellaValtellina”, 8 luglio

1984Arte-Arti Brescia, Galleria A.A.B., 13ottobre-1 novembreOmaggio a Maviorano (catalogo dellamostra), Gussago

1985E.C.S., La dolce nostalgia della terra,in “Giornale di Brescia”, 30 aprileF. DE SANTI, La scrittura plastica, Bi-blioteca civica, 27 aprile-26 maggio,Verolanuova

1986R. LONATI, Dizionario degli scultoribresciani, Brescia

1989E. PINI, Prima rassegna d’arte “La fi-gura e la sua ombra”, in “Il Graffito”,agosto, Grosio

1990R. BARUCCO, Artisti senza tetto. La le-ga li sostiene, in “Bresciaoggi”, 17 mag-gioM. CORRADINI, Tra materia ed ener-gia: la scultura di Pietro Cenedella,PontevicoF. LORENZI, Totem e offerte votive alsacro naturale, in “Giornale di Bre-scia”, 9 giugnoSOL., La pietra si torce, sprigionandoimmagini, in “Giornale di Brescia”, 26maggio

1995F. DE SANTI (a cura di), La sculturabresciana del Novecento, BresciaR. FERRARI (a cura di), AAB 1945-1995. Cinquant’anni d’arte nella città,BresciaR. FERRARI, L’Associazione ArtistiBresciani. Un difficile cammino nell’ar-te e nella cultura (1945-1995), BresciaF. LORENZI, Le forme “semplici e ne-cessarie” di Cenedella, in “Giornale diBrescia”, 6 dicembreG. SBARAINI, Cenedella, inquietobohémien, in “Bresciaoggi”, 8 dicembre

1996M. CORRADINI (a cura di), Gli anniOttanta-3. Tendenze figurative, BresciaM. CORRADINI, La pietra dello spirito,in “Bresciaoggi”, 18 dicembre

1997M. CORRADINI, Cenedella: dialogo tral’uomo e la natura, in “Brescioggi”, 19dicembre

1999L. MARCIANÒ, Il Botticino e la scultu-ra contemporanea, Ente Italia Artistica-Magalini, Rezzato, pp. 27-31

2000F. LORENZI (a cura di), Il mondo diGino Benedetti fra arte e poesia, Brescia

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Esposizionia cura di Francesco De Leonardis

1955BRESCIA - Galleria A.A.B. - Mostrasociale (novembre-dicembre)ROMA - Calcografia nazionale

1956ROMA - Galleria del Torcoliere(grafica; personale)

1957MILANO - Galleria Totti (xilografie)

1958BRESCIA - Galleria A.A.B.(personale; gennaio)BRESCIA - Galleria A.A.B.(personale; dicembre)

1959ROMA - Galleria del Torcoliere

1960BRESCIA - Galleria del CorsoBRESCIA - Galleria A.A.B. (personaledi pittura, scultura, xilografia; 10-22dicembre)

1961BRESCIA - Galleria del Corso (via SanMartino 6; 23 febbraio-4 marzo)“Il piccolo quadro” (collettiva) BRESCIA - Galleria A.A.B. (personale)

1962BRESCIA - Galleria A.A.B. (personale;13 ottobre)Opere di scultura in mostra:11 - Maternità12 - Maternità13 - Maternità14 - Maternità15 - Figura16 - Figura17 - Figura18 - Figura19 - Figura10 - Figura11 - Figura

12 - Figura religiosa13 - Testa14 - TestaOpere di pittura :15 - Figura16 - Figura17 - Figura18 - Figura19 - Figura20 - Figura

1963CREMONA - Palazzo dell’arte(5 maggio-9 giugno)III Interregionale d’Arte (AssociazioneArtisti Professionisti di Cremona)BRESCIA - Galleria A.A.B.(30 novembre)Collettiva di dodici pittori brescianicontemporanei: Grasso Caprioli,Stagnoli, Bailetti, Di Prata, Siria,Coccoli, Volanti, C. Pescatori, Zini,Garosio, Simoni, Cenedella.

1964BRESCIA - Galleria A.A.B.(3-15 ottobre)I Concorso nazionale di pittura egrafica “La caccia”BRESCIA - Galleria A.A.B.(12-24 dicembre)“Invito alla grafica” (collettiva)

1965MILANO - Galleria San Fedele(16-30 novembre) Opere di scultura in mostra:11 - Torso in movimento12 - Figura distesa13 - Figura distesa14 - Abbraccio15 - Vite16 - Vite17 - Vite18 - Tentacoli19 - Capitello barbarico10 - Testa barbarica11 - Struttura nel vento12 - Struttura nel vento13 - Contorsione14 - Magna tellus fecunda15 - Magna tellus fecunda16 - Magna tellus fecunda17 - Magna tellus fecunda

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18 - I Gemini19 - Figura20 - Figura

1966BRESCIA - Galleria A.A.B. (personale;5 marzo) BRESCIA - Galleria A.A.B.(28 maggio-9 giugno)“Rassegna d’arte contemporaneabresciana” (collettiva)

1967BRESCIA - Galleria A.A.B. (18febbraio-2 marzo)“Cenedella in omaggio all’artelongobarda”Opere in mostra:11 - Fibula 112 - Guerriero con ascia13 - Basileus in trono14 - Vetrata15 - Fibula 216 - Fibula 317 - Stele18 - Bassorilievo19 - Scudo di guerriero10 - Giada11 - Scudo con profilo12 - Bassorilievo13 - Gioiello14 - Bassorilievo15 - Basileus16 - Testa dorata17 - Guerriero con elmo18 - Vetrata19 - Antenato idolatra20 - Rosmunda21 - Guerriero armato22 - Longobardia sotto il diluvio23 - Coperta di evangelario24 - Pietra25 - Gioiello d’argento26 - Guerriero riflesso nello scudo27 - Stele per un patriarca28 - Re Alboino29 - Stele di guerriero30 - Re Desiderio31 - Adelchi32 - Gioiello d’oro33 - Gioiello con granate e zaffiri34 - Stele al tramonto35 - Testa del re36 - Gioiello da vescovo

37 - Stele38 - Rotari duca di Brescia39 - Gioiello d’oro40 - Gioiello d’argento41 - Bassorilievo

BRESCIA - Galleria d’arte Cavalletto(28 aprile-11 maggio)“La strada” (mostra mercato collettiva)BRESCIA - Galleria A.A.B. (giugno) “Struttura di una mostra” (collettiva)

1968BRESCIA - Galleria d’arte Cavalletto(collettiva)BRESCIA - Galleria A.A.B. (8settembre)Collettiva in favore dei lavoratori ATBed ex Bosio

1969BRESCIA - Galleria Schreiber(13 dicembre 1969-1 gennaio 1970)I Rassegna continuativa d’artecontemporanea bresciana (collettiva)

1970BRESCIA - Galleria San Michele(17 ottobre) “Le colombe”

1971BERGAMO - Galleria Michelangelo(10-23 aprile; personale)BRESCIA - Chiesa di San Giuseppe (9-24 aprile)(collettiva) “Pasqua ’71 con gli artistibresciani in San Giuseppe”TORINO - Galleria Torre (personale)

1972BRESCIA - Galleria San Michele (saledella Permanente) “Dalla figura al totem”Opere in mostra :1 - Abbraccio, marmo di Carrara, 19722 - Totem nero, marmo, 19723 - Figura, marmo, 19724 - Vessillo, marmo, 19715 - Ceppo, marmo, 19706 - Grande totem, marmo, 19727 - Ceppo, marmo, 19728 - Stendardo, marmo, 19729 - Torso-Capitello, marmo, 1971

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10 - Figura, marmo, 197211 - Figura, marmo, 197212 - Figura, marmo, 197213 - Figura, marmo, 197214 - Figura, marmo, 197215 - Figura, marmo, 197216 - Figura, marmo, 197217 - Figura, marmo, 197218 - Figura, marmo, 197219 - Totem, marmo, 197220 - Totem, marmo, 197221 - Totem, marmo, 197222 - Totem, marmo, 197223 - Totem, marmo, 197224 - Stendardo, marmo, 197225 - Stendardo, marmo, 1972I - Crocefissione, olio e tempera, 1972II - Crocefissione, olio e tempera, 1972III - Crocefissione, olio e tempera, 1972IV - FiguraV - FiguraVI - FiguraVII -ColombaVIII - ColombaIX - Colomba

1973BRESCIA - Galleria A.A.B. (gennaio)Collettiva di grafici bresciani (a cura diMauro Corradini)ISEO - Galleria L’approdo (collettiva)SUZZARA - Galleria Icaro (gennaio;personale)SUZZARA - Galleria Icaro(18 novembre; collettiva)“La grafica degli scultori”

1974BRESCIA - Galleria A.A.B.(5-17 gennaio; collettiva)“Proposte di scultori brescianicontemporanei”: Pietro Cenedella,Giuseppe Di Lucia, Olves Di Prata,Franco Fratti, Francesco Medici,Vittorio Piotti, Giuseppe Rivadossi,Angelo Confortini, Fabio Lenghi,Sergio PelliccioliBRESCIA - Galleria A.A.B.(11-24 maggio; collettiva)“Mostra della Resistenza”

1975BRESCIA - Galleria A.A.B.(25-29 ottobre; collettiva)

“La Spagna e il Cile nel cuore”,mostra antifascistaMILANO - Rotonda di via Besana(giugno-luglio; personale) Opere in mostra: 1 - Monumento all’aratro, legno, 19722 - Totem per il granoturco, legno,19723 - Altare per la semina, legno emarmo, 19724 - Terra arata e simbolo dellaprovvidenza, legno e marmo, 19725 - Terra arata e simbolo della pioggia,legno e marmo, 19726 - Terra arata e simbolo del seme,legno e marmo, 19727 - Altare della germinazione, legno emarmo, 19728 - Pozzo per l’acqua santa, legno,19729 - Pozzo per l’acqua santa, legno,197210 - Terra arata e “ex voto”, legno emarmo, 197211 - Altare con simbolo di aratro,legno e marmo, 197212 - Santella per il seme, legno emarmo, 197213 - La nascita, legno e marmo, 197214 - Amore per la terra, legno, 197315 - Terra arata e simbolo, legno emarmo, 197316 - Santella per l’aratro, legno, 197317 - Santella per la protezione delseme, legno e marmo, 197318 - Altare per “ex voto”, legno emarmo, 197319 - Santella con simbolo, legno emarmo, 197320 - “Aqua lustralis”, altare per pozzo,acqua santa, legno e marmo, 197321 - Per il giorno della pioggia, legno emarmo, 197322 - Pilastro per i giorni della pioggia,legno e marmo, 197323 - Simbolo del vigore del seme,legno, 197324 - Pozzo per “aqua lustralis”, legno,197325 - L’anima dell’albero, legno, 197326 - Monumento per l’aratro, legno emarmo, 197427 - Per il recinto del pozzo sacro,legno, 1974

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28 - Totem del seme, legno e marmo,197429 - Santella per la protezione dellagemma, legno e marmo, 197430 - Santella della nascita, legno emarmo, 197431 - Fiore di terra, legno, 197432 - Fiore di terra, legno, 197433 - Fiore di terra, legno, 197434 - Fiore di terra, legno, 197435 - Fiore di terra, legno, 197436 - Fiore di terra, legno, 197437 - Scultura per l’aratro, marmo,197438 - Pilastrino sacro, marmo, 197439 - La fioritura, marmo, 197440 - Il seme e il sole, marmo, 197441 - La terra gira col sole, marmo,197442 - Scultura per l’udito, marmo, 197443 - La terra gira col sole, marmo,197444 - Acquasantiera, marmo, 197445 - Radice tronco albero, marmo,197446 - La testa trasformata in seme,marmo, 197447 - Acquasantiera, marmo, 197448 - Seme e germoglio, marmo, 197449 - L’aratro per i semi della terra,marmo, 197450 - Acquasantiera, marmo, 197451 - Pace per la terra di notte, marmo,197452 - Santella per l’aratro, legno emarmo, 1975

1976WIEN - Künstlerhaus (13-29 aprile;collettiva)“Dieci artisti bresciani: Bruno Scaglia,Clara Scarampella, Chicco Schinetti,Siria, Turi Volanti, Giovanni Rivadossi,Giulio Mottinelli, Eugenio Levi, AdrianoGrasso Caprioli, Pietro Cenedella”

1977 PALAZZOLO S.O. - Galleria La Roggia(collettiva)

1978BRESCIA - Galleria A.A.B.(3-12 ottobre; collettiva)Prima mostra nazionale d’arte

figurativa, Associazione Italiana Amicidel Kenya

1979VEROLANUOVA - Bibliotecacomunale (collettiva)“L’originalità dell’opera grafica”

1980BRESCIA - Galleria A.A.B. (maggio)Mostra dei bozzetti per il concorso peril monumento ai caduti della lottapartigiana e alle vittime di piazzaLoggiaBRESCIA - Quadriportico di piazzadella Vittoria (20-26 settembre)“Omaggio alla libertà dei lavoratori nelmondo”, a cura di Guglielmo Poloni(IV Festa dell’Amicizia)CORTONA (AR) - L’uomo/la natura, a cura di Mario De Micheli(collettiva con Pietro Cascella, GiovanniPaganin, Valeriano Trubbiani)Opere in mostra :1 - Erpice e simbolo della pioggia,legno e pietra, 19702 - Scultura per l’aratro, pietra, 19723 - Monumento all’aratro, legno, 19724 - Pace per la terra di notte, pietra,19735 - Santella con seme, legno e marmo,19736 - Santella per la protezione del seme,legno e marmo, 19747 - Santella per la protezione dellagemma, legno e marmo, 19748 - Erpice, legno, 19749 - L’altare del pane, legno e marmo,197410 -Erpice e simbolo dellaprovvidenza, legno e marmo, 197411 - L’altare per la semina, legno,marmo e pietra, 197412 - L’altare del pane, legno e pietra,197213 - Monumento per l’aratro, legno emarmo, 1974

1982BRESCIA - Galleria A.A.B. (15maggio-13 giugno; collettiva)“L’Associazione Artisti Bresciani per ilMaggio culturale”, a cura di BrunoPassamani

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BRESCIA - Galleria A.A.B.(13-25 novembre; personale)Opere grafiche

1983TIRANO (SO) - Museo EtnograficoValtellinese (personale)

1984BRESCIA - Galleria A.A.B.(13 ottobre-1 novembre; collettiva)“Arte arti Brescia”GUSSAGO - Chiesa di San Lorenzo(20 ottobre-4 novembre; collettiva)“Omaggio a Maviorano”TORINO - Palazzo Madama (febbraio-marzo; collettiva a cura di Mario DeMicheli)“Arte del mondo contadino - Rassegnadi pittura e scultura 1945-1980”

1985BRESCIA - Galleria A.A.B., dal 18maggio (collettiva, Maggio culturale1985)“Memoria della Resistenza” VEROLANUOVA - Palazzo comunale(27 aprile-26 maggio; collettiva)“La scrittura plastica”

1989GROSIO (SO) - Villa Visconti Venosta“La figura e la sua ombra” (collettivaa cura della Biblioteca civica di Grosio)

1990PONTEVICO - Biblioteca comunale(maggio-giugno; personale)“Tra materia ed energia: la scultura diPietro Cenedella”

1991BRESCIA - Galleria A.A.B(9-31 marzo; collettiva)“Ecce homo” BRESCIA - Palazzo Martinengo(dicembre; collettiva a cura dell’A.A.B.)“Uno sguardo contemporaneo: l’arte aBrescia” TEGLIO (SO) - Palazzo Besta (21luglio-25 agosto; collettiva)“Carte incise. Segni nella storia”,rassegna di grafica e poesia

1993BRESCIA - Palazzo Martinengo(a cura dell’A.A.B.)Donazioni 1993Mostra delle opere donate dagli artistibresciani all’Amministrazioneprovinciale

1995BRESCIA - Galleria A.A.B. ( 16dicembre-11 gennaio; collettiva a curadi Roberto Ferrari)“AAB 1945-1995. Cinquant’annid’arte nella città”

1996BRESCIA - Galleria A.A.B. (11maggio-5 giugno; collettiva)“Gli anni Ottanta. 3. Tendenzefigurative”, a cura di Mauro Corradini

1999NUVOLERA - Sala consiliare(27 marzo-30 aprile)“Il Botticino e la sculturacontemporanea”Opere di Pietro Cenedella

2000BRESCIA - Galleria A.A.B.(22 gennaio-9 febbraio)“Il mondo di Gino Benedetti fra arte epoesia”BRESCIA - Brescia Casa 2000(Palazzetto EIB)“Il sentimento nell’opera: mostra arte ecreatività nel marmo di Botticino”

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Premi e concorsia cura di Francesco De Leonardis

1955II Premio nazionale giovani incisoriCalcografia nazionale di Roma

1956 III Premio nazionale bianco e neroMunicipio di Monza

1958Premio acquisto di sei xilografieGalleria d’arte moderna - Roma

1961BRESCIA - Mostra d’arte sacra(vescovato)(vincitore del I Premio scultura(L. 100.000) offerto dall’Aib

1963Premio di pittura “Pelliccerie Madel” -Galleria A.A.B.

1964BRESCIA - Galleria A.A.B. (3-15ottobre)I Concorso nazionale di pittura egrafica: la cacciaIV Premio (un fucile Franchi)per l’opera “Capanno”

1965BRESCIA - I Premio Scuola ITIS“Castelli”

1966Premio Garda, medaglia d’oro

1969MILANO - II Premio nazionaleEdmondo De Amicis

1971BRESCIA - I Premio per la facciata delcimitero di Folzano

1972BRESCIA - II Premio nazionale Scuola“Divisione Tridentina”

1979BRESCIA - I Premio Scuola ITC “Abba”

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Sommario

pag. 3 Presentazione

pag. 5 Il sasso e la colombaPaolo Corsini

pag. 9 Cenedella, uno scultore tra i Longobardi e BrancusiFausto Lorenzi

pag. 25 Le sculture pubblicheFrancesco De Leonardis

pag. 33 Regesto biograficoFrancesco De Leonardis

pag. 41 Le sculture

Dipinti anni ’40-’60

pag. 115 ApparatiFrancesco De Leonardis

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Quaderni dell’AAB - 3Pietro Cenedella (1924-1995)Uno scultore fra i Longobardi e Brancusi Mostra promossa e organizzata dal Comune di Brescia e dall’AABcon il patrocinio della Camera di Commercio Industria Artigianatoe Agricoltura di Brescia

Sedi espositiveBrescia, palazzo Bonoris, via Tosio 8 (15 dicembre 2001-20 gennaio 2002)Brescia, salone dell’AAB, vicolo delle Stelle 4 (15 dicembre 2001-9 gennaio 2002)

Comitato organizzativoFrancesco De Leonardis, Vasco Frati (presidente), Giuseppe Gallizioli,Martino Gerevini, Fausto Lorenzi, Giuseppe Rivadossi, Francesco Rovetta, Carlo Zani

Cura della mostraFausto Lorenzi, con la collaborazione di Francesco De Leonardis

Cura del catalogo Vasco Frati e Giuseppina Ragusini

Progetto graficoMartino Gerevini

Allestimento Francesco Rovetta, con la collaborazione di Giuseppe Rivadossi e Carlo Zani

Referenze fotografiche Mario Brogiolo, Brescia

RestauriAngelo Confortini

Trasporti Traslochi Scabelli Gianni, Brescia

Assicurazione RAS - Riunione Adriatica di Sicurtà, Gardone Val Trompia

Direzione dell’AABGiuseppina Ragusini

Segreteria dell’AABSimona Di Cio e Laura Molinari, con la collaborazione di Dario Moretta

L’AAB e il Comune di Brescia rivolgono un cordiale ringraziamento alle signore Siriae Rita Grazia Cenedella, al dottor Gianpaolo Negrini e agli altri prestatori per la loropreziosa collaborazione.

Fotocomposizione, impianti e stampaArti Grafiche Apollonio, Brescia

Finito di stampare nel mese di dicembre 2001.Di questo catalogo sono state stampate 300 copie.

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