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Counselling: approccio alla comunicazione e relazione (lucidi 30 … 30-10... · 2009-03-14 ·...

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COUNSELLING Approccio alla comunicazione e relazione a cura di Roberta Frison
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COUNSELLING Approccio alla comunicazione e relazione

a cura di Roberta Frison

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Counselling: un approccio alla comunicazione e relazione a cura di Roberta Frison 1

COUNSE(L)LING – COUNSE(L)LOR

AREE DI INTERVENTO

SCOLASTICO - EDUCATIVO

SANITARIO – SOCIALE – COMUNITARIO – UNIVERSITARIO – PSICOLOGICO/CLINICO – AZIENDALE -

Organizzazione della scuola:

il calendario degli incontri

la piattaforma E-learning e la FAD

il project work

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1 lezione

Introduzione al counselling come relazione d’aiuto diverse metodologie più nella teoria che nella pratica le diverse figure professionali nella relazione d’aiuto

CD: un incontro di counselling con un adolescente

introduzione approccio teorico

il ciclo vitale

Il genogramma (esercizio a coppie)

I presupposti teorici per l’approccio relazionale e comunicazionale:

La pragmatica della comunicazione La comunicazione patologica

Il concetto di sintomo – diagnosi – intervento Il pensiero narrativo – l’Intelligenza emotiva

L’intervista come fare la domanda

Un caso di una bimba di 4 anni A.Z. – l’intervento del counsellor

Simulata e discussione

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INTRODUZIONE AL COUNSELLING

Counselling: letteralmente “dare consigli” E’ SBAGLIATO

NO CONSULENZA

COUNSELLING È un processo decisionale delle persone

Riorganizza le risorse dell’individuo – del sistema

per favorire scelte e cambiamenti adattivi

Identificare e ricercare soluzioni – non ha scopi terapeutici allo scompenso psicopatologico

Favorisce un processo di maturazione individuale

Può attivare l’evoluzione/trasformazione nel momento critico

Interviene per lo stato di benessere

SI AVVALE DEGLI STRUMENTI DI COMUNICAZIONE E RELAZIONE EMPATICI Oltre alla propria professionalità specifica

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1939 I° libro Rollo MAY “L’arte del counselling” (America – Michigan)

1942 ROGERS “Counselling e psicoterapia: la psicoterapia di consultazione” (America – Chicago)

CENTRALITA’ DELL’INDIVIDUO

1950 psicologia relazionale America

1960 Adleriani Nord America

1970 in ITALIA

CENTRALITA’ il SISTEMA

1995 INDIVIDUO E SISTEMA

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Il counselling come strumento per:

Individuo

Coppia

Genitori

Famiglia

Gruppo

Organizzazioni – Contesti

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Il progetto//intervento : richiesta//bisogno

Pensiero Narrativo

Il pensiero narrativo si è sviluppato “a partire dall’esigenza fondamentale di sostenere le proprie azioni nel mondo per mezzo di un

principio organizzatore, per dare senso all’esperienza, mettere in relazione gli stati psichici con la realtà esterna, coniugare il passato con il presente, proiettare il presente sul futuro, percepire gli

individui come soggettività dotate di scopi, valori e legami”.

È la modalità cognitiva attraverso la quale le persone strutturano la propria esistenza, le danno significato, la interpretano. Esso consente di comprendere le azioni altrui, di andare oltre i

comportamenti manifesti che osserviamo negli altri e di riconoscere gli scopi, i piani, i sentimenti che sottostanno ad essi.

La logica del pensiero narrativo è diversa da quella del pensiero scientifico che si basa sulla ricerca di relazioni lineari di causa ed effetto.

La logica del pensiero narrativo è la logica delle azioni umane

La logica che si basa sui processi di interpretazione e comprensione dell’esistenza umana

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L’INTELLIGENZA EMOZIONALE e

L’ARTE DI ASCOLTARE

Non aver fretta di arrivare a delle conclusioni – la conclusione è una buona nuova domanda

Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista

Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, DEVI ASSUMERE CHE HA RAGIONE e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva

Le EMOZIONI sono strumenti conoscitivi fondamentali Non ti informano su cosa vedi MA SU COME GUARDI

Noi vediamo ciò che conosciamo

EMOZIONI POSITIVE - NEGATIVE

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Rapporti interpersonali Ristabilire l’autostima – ristrutturare l’ambiente – recuperare la relazione – recuperare tempo e

spazio per loro stessi – riattivare la rete sociale – far fronte condiviso

Capacità di analizzare il contesto – problema

Padronanza della pragmatica della comunicazione

Eventi critici del ciclo vitale

Processi decisionali

Processi conflittuali

Consapevolezza e condivisione dei propri pregiudizi

Uso dei linguaggi assertivi – la ridefinizione

Il tempo dei tempi

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Il team di lavoro oggi si propone come rete di rapporti significativi dinamici, quale matrice indispensabile per un approccio e processo diacronicamente integrato ….

Il GRUPPO DI LAVORO

funziona oscillando fra due livelli:

- quello istituzionale-organizzativo che fa appello all’esame dei ruoli, alla distribuzione delle funzioni, all’assetto gerarchico

- quello della vita emotivo-affettiva che fa appello al patrimonio mitico, immaginativo ed

ideale del gruppo (fonte di vitalità per i membri), vale a dire alla corrente di energia sotterranea dotata di potenzialità evolutiva che attiva nel gruppo “lo spirito di corpo”, la coesione, la fiducia o al contrario la disgregazione o il caos nel caso di affetti di segno negativo.

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L’attenzione alla dimensione relazionale e comunicazione, tra i membri del team di lavoro, chiama inevitabilmente in causa il TEMPO, la STORIA, la MEMORIA, l’esperienza di ogni singolo OPERATORE: questi elementi, investiti di importanti significati di comunicazione, di relazione e di funzione nel processo educativo, possono apparire incompatibili con la percezione del tempo e delle emozioni nel nostro continuo presente caratterizzato da ritmi intensi e dispersivi e da esigenze di visibilità e di pianificazione razionale, spesso di alta specificità per ogni singolo servizio e poco identificati se non riconosciuti da pari e altrettanti significativi servizi che, vista l’impossibilità di non comunicare (I° assioma della pragmatica della comunicazione), vengono interpretati - pensati come “comunicano di non voler comunicare …” Il linguaggio parlato e scritto è un’unità di significato in relazione al contesto, alle condizioni pragmatiche in cui si produce. E’ una dimensione semantica dell’esistenza che evolve in un discorso1 attraverso la temporalità in cui il soggetto è ermeneuta (agente ed interprete) in una propria ed assoluta coerenza con se stesso. La “distanza emotiva” quel divorzio emozionale che Mara Selvini Palazzoli (1970), parlando del conflitto di coppia definisce come la “superadeguatezza” dell’uno è in rapporto complementare all’”inadeguatezza” dell’altro… Nessuno dei due è capace di funzionare in una posizione intermedia fra superadeguatezza ed inadeguatezza. 1“L’essere umano è un animale discorsivo. Linguaggio e vive nel linguaggio e crea il mondo attraverso di esso” … Heidegger M., (1927), Sein und Zeit. Max Niemeyer Verlag, Tubingen. (Trad. it., “Essere e tempo”). Longanesi, Milano, 1976.

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LA CONVERSAZIONE

La conversazione va intesa come lo strumento di condivisione dell’informazione e di strutturazione della stessa generando conoscenza. E’ la conversazione a determinare l’immagine della realtà in quelle sfaccettature che non sempre sono così evidenti e focalizzate. Un sistema di lavoro integrato ha conversazioni collaborative come entità centrale. Gli esseri umani di fatto sono generatori di linguaggio, generatori, ordinatori e fruitori di significati, ingaggiati in un’attività che è intersoggettiva e ricorsiva. La consapevolezza delle proprie costruzioni mentali, della relazione che c’è tra queste e i modi di osservare e interagire con la realtà e quindi di selezionarne i fatti, costituisce una delle più forti caratteristiche del pensiero scientifico rispetto al senso comune. Quotidianamente facciamo inferenze sulla realtà che ci circonda: mettiamo in relazione eventi, costruiamo categorie, deduciamo relazioni causali sulla base di quelle che riteniamo prove di evidenza, selezioniamo informazioni che ci sembrano utili per la soluzione di un problema e tutto questo guidato da criteri, da presupposti che solo raramente ci accade di rendere espliciti: semplicemente li abbandoniamo qualora una situazione nuova ci obbliga ad adottarne, anche solo momentaneamente, di diversi per evitare conseguenze negative, azioni inadeguate a un contesto di realtà.

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IL CONFLITTO

Il conflitto è un fatto inerente all'interazione umana poiché è inevitabile trovarsi di fronte a opinioni, desideri ed interessi differenti. Spesso si pensa che la conseguenza naturale di un conflitto sia l'aggressività ed il peggioramento delle relazioni. In realtà questa conclusione non è così scontata in quanto la risoluzione di un conflitto può essere negativa e distruttiva, ma anche positiva, cioè consistere in un'opportunità di conoscere meglio se stessi e gli altri. In particolare l'esito positivo è conseguente alla capacità di modificare il conflitto in modo da permettere l'evoluzione e la trasformazione delle relazioni fra le parti, consentendo un maggiore avvicinamento e rispetto reciproco. Questo modo di affrontare il conflitto richiede l'acquisizione di abilità e competenze specifiche, delle quali una è proprio la mediazione.

Il CONFLITTO, quando si impone come dato psicologico (dilemma tra bisogno e paura di dipendere da che soddisfa il bisogno), sia quando si configura come condizione relazionale e sociale di emarginazione a causa della inconciliabilità tra bisogni espressi ed esigenze all’adeguamento della cultura dei servizi a logiche di efficienza e di efficacia rischia di alimentare l’idea di risolvere con buone procedure operative la complessità dei rapporti sociali interni ed esterni al Servizio, di enfatizzare i percorsi logici, il versante razionalizzatore, lasciando in secondo piano l’influenza dei legami affettivi sui processi motivazionali e il potere delle emozioni sul funzionamento cognitivo e sulla realizzazione del progetto.

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Cibernetica di primo ordine Basata sull’assunto che il sistema osservato può essere considerato separato dall’osservatore.

La prima fase È focalizzata sul modo in cui i sistemi mantengono la loro organizzazione.

La seconda fase (seconda cibernetica)

È focalizzata sul modo in cui i sistemi cambiano la loro organizzazione.

Cibernetica di secondo ordine (nuova cibernetica)

Include il ruolo dell’osservatore nella costruzione della realtà osservata.

Una nota su alcune confusioni terminologiche: (primo ordine) e (secondo ordine) denotano una tipologia logica: per esempio, il secondo ordine è meta ed include il primo ordine. Però nel contesto della cibernetica di secondo ordine ci si riferisce ad un ordine di tipo temporale. La seconda cibernetica si è sviluppata dopo la prima fase.

C.E. Sluzki, “Uno schema minimo delle teorie cibernetiche”, Bollettino, n. 11, a cura del Centro milanese di terapia della famiglia, ottobre, 1986.

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LA PRAGMATICA E’ consuetudine parlando di comunicazione e linguaggio distinguere fra i suoi aspetti sintattici, semantici e pragmatici. Tale tripartizione permette di evidenziare le diverse componenti che sono contemporaneamente in gioco nella comunicazione: a. la sintassi comprende tutti i problemi relativi alla trasmissione dell’informazione (codifica, canali, rumori ecc.) e alla struttura grammaticale delle frasi. b. la semantica si occupa del significato simbolico del messaggio, ad es. il

significato delle singole parole e delle parole ordinate nella frase.

c. la pragmatica indaga l’influenza che la comunicazione ha sul comportamento e quindi si occupa della comunicazione come davvero avviene, analizzando l’uso effettivo che gli esseri umani fanno del linguaggio, studiando i differenti contesti in cui si svolge la comunicazione e come i significati trasmessi siano influenzati dai contesti stessi.

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La pragmatica quindi si connota come psicologia del comportamento che studia l’interdipendenza tra l’individuo e il suo ambiente e per questo ritiene fondamentale il concetto di scambio di informazione, cioè di comunicazione. In altre parole lo studio della pragmatica è focalizzato sul rapporto trasmettitore-ricevitore in quanto mediato dalla comunicazione. Secondo Watzlawick comportamento e comunicazione sono praticamente sinonimi in quanto, in una situazione di interazione, il comportamento ha valore di messaggio. Da qui il primo assioma della comunicazione: “Non si può non comunicare”: ogni comportamento, in un contesto interpersonale, diventa comunicativo. Infatti proprio perché il comportamento di un individuo è in grado di influenzare le altre persone può essere considerato come un messaggio e quindi una comunicazione.

“… L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti il valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri , a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni, e in tal modo comunicano anche loro…”.

Il secondo assioma della comunicazione, derivante dal primo, afferma che nella comunicazione umana possono essere distinti due diversi aspetti o livelli.

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L’aspetto di contenuto che ha la funzione di trasmettere l’informazione e l’aspetto di relazione che classificando il primo, comunica come deve essere recepita tale informazione e determina la relazione tra i comunicanti. Il livello di relazione è superiore a quello di contenuto in quanto fornisce informazioni sulle informazioni: la comunicazione a livello di relazione corrisponde quindi al concetto di metacomunicazione, cioè di comunicazione sulla comunicazione.

“…Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione”. In una relazione interpersonale, tanto più la relazione tra i comunicanti è problematica tanto più il livello di relazione prevale su quello di contenuto. Nelle relazioni tra soggetti con ruoli ben definiti, le comunicazioni sono caratterizzate dalla prevalenza dell’ aspetto di contenuto; all’opposto nelle interazioni ove non vi è accordo sui rispettivi ruoli o vi è conflitto per la definizione del rapporto, prevale l’aspetto di relazione. Collegato a questo il gruppo di Palo Alto individua un terzo assioma della comunicazione:

“la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti”, dove punteggiare vuol dire ordinare ed organizzare gli eventi comportamentali – fenomeno in ogni caso inevitabile e vitale per le interazioni in corso - in modo che i comunicanti vengano ad assumere ruoli diversi a seconda di come vengono “punteggiate”. La “messa in ordine” della successione di eventi dipende dall’osservatore e non esiste una necessità oggettiva che indichi che una organizzazione degli eventi sia migliore di un‘altra. Tale organizzazione presenta un forte grado di soggettività e le persone in relazione possono facilmente

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trovarsi in disaccordo riguardo alla “punteggiatura” di una determinata sequenza di interazioni, che è perciò alla radice innumerevoli conflitti interpersonali: c’è la convinzione che esista una sola realtà mentre l’interazione è di tipo circolare e quindi nessuna versione può essere considerata più vera di un’altra. Un intervento in psicoterapia familiare consiste appunto nell’agevolare l’accesso a punteggiature alternative di una determinata relazione. Strettamente collegato ai precedenti è stato individuato il quarto assioma della comunicazione: “Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico”. Dove per comunicazione numerica si intende la comunicazione verbale, mentre con analogica si intende la comunicazione non verbale (comportamento spaziale, motorio-gestuale, mimica del volto, intonazione della voce e tutti i segni del contesto in cui avviene l’interazione). La comunicazione numerica permette lo scambio di informazioni e la trasmissione della conoscenza nel tempo - riguarda cioè l’aspetto di contenuto della comunicazione - mentre si rivela poco adeguata alla definizione dell’aspetto di relazione nella comunicazione, per il quale gli esseri umani fanno affidamento soprattutto sul modulo numerico:

“…ogni volta che la relazione è il problema centrale della comunicazione, il linguaggio numerico è pressochè privo di significato”.

“ …se un ragazzo dice a una ragazza che l’ama, è probabile che ella presti attenzione più alla cinetica e al paralinguaggio che accompagnano la frase che alla frase in sé”. (Bateson 1966)

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Il quinto assioma della comunicazione - sviluppato prendendo spunto dagli studi antropologici di Bateson sui processi di sismogenesi nella tribù Iatmul in Nuova Guinea - afferma che:

“tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza”. Ciò significa che l’individuo nelle sue interazioni tende ad adottare un modello di comportamento relazionale che o rispecchia quello dell’interlocutore arrivando quindi a minimizzare le differenze esistenti – relazione simmetrica -, oppure ad adottare un modello comportamentale – relazione complementare - che massimizza le differenze. Nel corso di una interazione simmetrica i comunicanti si scambiano lo stesso tipo di comportamento, rapportandosi in modo analogo l’uno all’altro : se uno urla anche l’altro urla ecc. Le interazioni simmetriche sono descritte quindi in termini di rivalità e competizione. Nel corso di una interazione complementare si verifica l’accettazione delle differenze tra i comunicanti, inoltre il comportamento dell’uno presuppone il comportamento dell’altro e ne viene rinforzato. Così l’autorità si combina con la sottomissione, l’assistenza con la dipendenza ecc.; si hanno così due diverse posizioni : un partner assume la posizione superiore, one-up, mentre l’altro quelle inferiore corrispondente, one-down. Tuttavia la “superiorità” e la “inferiorità” non indicano l’effettiva forza o debolezza dei partner perchè la relazione va vista nella sua totalità, indipendentemente dalle definizioni di uno dei due comunicanti.

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COMPLEMENTARIETÀ gli opposti possono essere in relazione tra loro

COSTRUZIONE interazione (il senso di sé) e consensualità

DECENTRAMENTO come ci vedono

INTERDIPENDENZA ogni relazione è sempre triadica:

sistemi di significato – insegnante – insegnante

- A + A

SS

I1

I2

SS

SS

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LA COMUNICAZIONE PATOLOGICA

Tutti gli assiomi enunciati in precedenza implicano come corollari determinate patologie ad essi inerenti. Infatti la relazione tra gli effetti pragmatici degli assiomi e i disturbi della comunicazione genera la distorsione di tali principi con conseguenze comportamentali che spesso corrispondono a varie psicopatologie individuali. - Così riguardo all’impossibilità di non comunicare (primo assioma) si può ricordare come la squalifica di un messaggio rappresenti una comunicazione successiva o contemporanea ad una messaggio proprio o dell’altro, che ne riduce o annulla il valore. Si tratta di una tecnica cui un comunicante può ricorrere per difendersi. La squalifica può essere considerata un artificio comunicativo a cui si ricorre nei casi nei quali si è obbligati in qualche modo a comunicare ma si preferisce evitare l’impegno inerente ad una comunicazione chiara, definita ed esplicita. L’obiettivo di togliere valore alla comunicazione può essere raggiunto in molti modi, ad es. contraddirsi, fraintendere, cambiare argomento, dire frasi incoerenti o sconnesse, sfiorare appena i temi, dire frasi incoerenti e sconnesse, dare un’interpretazione letterale delle metafore e una interpretazione metaforica di osservazioni letterali. Si ricorda come lo “schizofrenese” sia una lingua che lascia all’ascoltatore la scelta tra i molti significati di una comunicazione, rendendo possibile negare parzialmente o totalmente gli aspetti di un messaggio:

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“se tra tutti i possibili punti di vista da cui si può considerare il comportamento scegliamo quello clinico, ci sia consentito di far rilevare che la comunicazione “folle” non è necessariamente la manifestazione di una mente malata, ma può essere l’unica reazione possibile a un contesto di comunicazione assurdo e insostenibile”. Un altro modo attraverso il quale un comunicante può difendersi è il sintomo - considerato come messaggio non verbale - che giustifica l’impossibilità di comunicare:

“non mi dispiacerebbe parlare con lei, ma c’è qualcosa di più forte di me (e quindi non posso essere biasimato) che me lo impedisce”. - Dalla struttura di livello della comunicazione - contenuto e relazione - (secondo assioma) discende che ogni evento comunicativo contribuisce alla definizione della relazione tra i comunicanti, infatti la conferma da parte del ricevente della definizione di relazione proposta dall’altro, riveste una importante fonte di sostegno e strutturante per l’emittente: “…del tutto indipendentemente dal mero scambio di informazione, ci pare che l’uomo debba comunicare con gli altri per avere la consapevolezza di sé”. Il rifiuto da parte del ricevente della definizione di relazione proposta dall’emittente, anche se può essere doloroso può assumere tuttavia essere costruttivo e comunque non è patogeno in quanto presuppone il reciproco riconoscimento tra i comunicanti. Può invece avere effetti psicopatogeni gravi la disconferma, che corrisponde al messaggio “tu non esisti” e può mettere gravemente in crisi il senso di identità dell’emittente del quale, con questo meccanismo, viene messo in discussione il senso di Sé attraverso la messa in dubbio della correttezza delle sue emozioni e dei suoi pensieri. Si tratta di un fenomeno che si verifica al livello comunicativo di relazione e che corrisponde alla negazione dell’esistenza stessa dell’emittente.

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DEUTERO/PROTO APPRENDIMENTO

Un elemento cruciale che la psicologia sperimentale ci fornisce è quello “dell’apprendere ad apprendere”:

un soggetto, sia esso uomo o animale, diventa un miglior soggetto dopo ripetuti esperimenti, mostrando di aver acquisito un certo intuito per quelle operazioni che gli erano richieste in esperimenti “simili”. Questa progressiva capacità che migliora e perfeziona il tasso di apprendimento ad ogni nuovo esperimento viene battezzata dall’autore deutero-apprendimento, e viene distinta dal proto-apprendimento che rappresenta il gradiente della curva dell’apprendimento semplice o meccanico in ognuno dei compiti.

Il deutero-apprendimento è, di fatto, il candidato perfetto per rappresentare e spiegare come si sia potuta sviluppare un’abitudine appercettiva, la tendenza automatica a percepire e segmentare il flusso complesso degli eventi che ci circondano.

Certo è che la complessità delle circostanze cui una persona è soggetta nel corso della vita e in special modo durante l’educazione è ben differente dalle variabili che uno sperimentatore può controllare in esperimenti con la gabbia di Skinner o con i labirinti. Ci possiamo in ogni modo chiedere “come si dovrebbe preparare il labirinto o la scatola a problema in modo che il nostro ratto antropomorfo riceva una ripetuta e rinforzata impressione del suo libero arbitrio [abitudine appercettiva]” (Bateson, 1972).

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definendo il contesto di fatto Bateson dava una

indicazione metodologica

Il contesto è la matrice dei significati

I contesti non sono altro che categorie della mente

Il contesto si identifica con il

processo interattivo co-costruito dagli interlocutori nella relazione in virtù della coordinazione di azioni e significati che ha luogo in tale processo e che riflessivamente diventa la matrice dei significati delle azioni compiute dai soggetti nel corso della loro interazione … Lo stesso intervento, messo in atto da un insegnante, terapista, di fronte allo stesso tipo di problema, presentato però da persone diverse, ognuna con i propri sistemi di rappresentazione di sé, degli altri e della situazione, può dare luogo alla costruzione di diversi contesti interattivi che dunque generano significati diversi dell’intervento.

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-il sintomo cessa di essere trattato come un’espressione di disfunzioni individuali e viene invece assunto come informazione riguardante l’intera rete dei rapporti in cui la persona è inserita;

-la diagnosi non è l’attribuzione di categorie patologiche ad un singolo individuo, ma fa riferimento a modalità di funzionamento di un gruppo;

-l’intervento non si fonda sull’analisi dei processi intrapsichici, ma sull’osservazione dei modelli interattivi all’interno della rete (compreso l’intero gruppo scolastico - familiare) e si propone di modificare il contesto entro il quale il disagio è emerso e mantenuto, e non soltanto le dinamiche individuali della persona portatrice di tale disagio.

Es. di modelli d’interazione caratteristici dell’istituzione

1) attività dei conflitti di lealtà (l’istituzione ritiene che la famiglia deve essere in parte sostituita; si richiede al soggetto di tradire relazioni per lui fortemente significative);

2) amplificazione della disfunzionalità (etichettamento sociale, che blocca la possibilità di cambiamento);

3) costruzione intersoggettiva della dipendenza dal servizio (le soluzioni da esperto perpetuano l’immagine carenziale di sé, propongono una relazione passiva e quindi un bisogno ulteriore di dipendenza).

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TEMPO E RELAZIONI2

Schematizzazione per concetti logico-linguistici:

- Tre domini temporali importanti:

1. tempo individuale, 2. tempo culturale, 3. tempo sociale.

- tempo individuale: tempo che un individuo distingue quando si pone osservatore di se stesso; è influenzato da fattori personologici, sociali, motivazionali, dall’età, dalla quantità di informazione immagazzinata,...Si distingue tra passato, presente e futuro, nonostante essi siano inseriti in un anello autoriflessivo. L’equilibrio passato/presente/futuro può essere alterato dall’età, da fattori culturali e da fattori psicopatologici. Quando due persone si incontrano, i loro tempi individuali si compenetrano e può esserci concordanza o discordanza fra i tempi. - tempo culturale: tempo risultante dalle interazioni tra gli individui che costituiscono una cultura. La concezione del tempo può variare moltissimo da cultura a cultura (per es. europeo->tempo lineare, proiettato nel futuro; indiano->tempo circolare, più legato al passato; il tempo statico di Bali->nulla muta perché non c’è durata). 2 Luigi Boscolo e Paolo Bertrando, I Tempi del Tempo, Bollati Boringhieru, 1993. (Pagg. 41-67)

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Counselling: un approccio alla comunicazione e relazione a cura di Roberta Frison 26

- tempo sociale: tempo creato all’interno di sistemi interattivi, quali le istituzioni statali, lavorative, scolastiche,ecc.., che scandiscono il tempo in modo specifico. E’ espressione di coordinazione sociale. E’ un tempo lineare, irreversibile, misurabile e suddivisibile in unità fisse, che permette di sincronizzare le nostre giornate. E’ il tempo dell’orologio. L’individuo, all’interno del proprio contesto culturale e sociale, deve continuamente coordinare il proprio tempo interno con quello degli altri individui e con i vari tempi istituzionali. L’individuo esiste in diversi orizzonti temporali nello stesso momento, anche se solo uno alla volta è cosciente. - I tempi individuale, sociale e culturale non sono in realtà concezioni distinte, ma coevolvono insieme: si influenzano reciprocamente, in un processo ricorsivo.

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Note

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