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cronaca ““Formare le coscienze”Formare le …ilpoliedro.info › files ›...

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Anno 2 - n. 10 Novembre 2017 Periodico della Diocesi di Caserta www.ilpoliedro.info formazione | informazione | cronaca “Formare le coscienze” “Formare le coscienze” Catecumenato, 9 Politica, 5 Opinione, 4 LA VOCE DEL VESCOVO di Giovanni D’Alise C arissimi fratelli, afferma Papa Francesco nell’esor- tazione Amoris Laetitia (37): ‹‹Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di cre- scita e realizzazione che come un peso da sopportare tutta la vita. Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quan- to meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davan- ti a situazioni in cui rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostitu- irle››. Con queste parole, desidero rivolgere alla Chiesa intera di Caserta un caloro- so invito ad una conversione pastorale, vera e impegnativa come tutte le vere conversioni richiedono. Chiesa di Ca- serta, presbiteri, diaconi, coppie, fami- glie, giovani, siamo pronti a realizzare una svolta autentica della nostra pasto- rale? E la svolta è questa: passare dall’accon- tentare a tutti i costi, calando sempre di più gli obiettivi, a formare le coscienze! Ciò richiede il coraggio di non cercare il consenso a basso costo, ma formare le coscienze delle persone che vengono a bussare alle nostre porte. Dunque ri- spondere sempre con misericordia, pre- sentare cammini sostenuti dalla grazia, sperimentandoli per formare persone che sappiano discernere ciò che è bene e ciò che è male, affinché sappiano fare scelte mature per seguire il bene ed evi- tare il male. Questo è preparare sempre cibo vitale, succulento, essenziale per la crescita. Occorre uscire da quella pasto- rale che ci fa assimilare il cristianesimo a “religione adatta ai bambini, e ai vec- chi e che addormenta la coscienza e non le sveglia”. E voi laici siete pronti ad aiutarci? Come? Uscendo dal nascondimento e mettendovi a disposizione per aiutare, con le vostre competenze, illuminate dalla Parola di Dio, le nostre comuni- tà ad una svolta, ad una conversione in questa direzione? Care coppie, carissimi fedeli laici, non potete pensare che il presbitero da solo possa raggiungere tutti e portare a tutti la buona notizia del Vangelo. Il mondo ne, che dia sempre lode a Dio in Cristo e rispetti l’uomo come Dio lo ha voluto e come desidera che cresca sempre di più nella coscienza di sé, al servizio della chiesa e per il bene dell’umanità intera. Amici carissimi tutti, consanguinei di Cristo, fratelli presbiteri, fratelli “car- nali”, uniti nella carne e nella carne di Cristo Eucarestia, e voi tutti che aspirate al bene e alla pace, voi tutti che aspirate ad essere nella salvezza bene della famiglia è decisivo per il fu- turo del mondo e della Chiesa” (AL. 31). È una rivoluzione alla quale siamo chia- mati: ognuno è chiamato a cambiare e a convertirsi, perché Dio, Egli solo, può concederci di incontrare chi Egli vuole. Dobbiamo diventare tutti antenne sen- sibili, fraterne, accoglienti e pronti ad ascoltare, non a parlare o ad inquisire, ma ad ascoltare. Un ascolto che sana e guarisce indicandoci anche strade da aspetta questa lieta notizia! Il mondo aspetta il vangelo, ma vissuto! Carissimi, voi tutti state aspettando delle norme circa la preparazione di quanti chiedono il matrimonio sacra- mento, circa l’accoglienza di coppie e famiglie in difficoltà. È giusto. Sono urgenze che abbiamo posto come obiet- tivi dell’VIII Convegno diocesano. È sa- crosanto! Ma io, come vescovo, sento di dirvi che, se non avviene la conversione Logo dell’VIII Convegno diocesano “Morir d’amore” pastorale di cui sopra accennavo, noi non faremo altro che, ancora una volta, sostituire norme a norme, senza dare le motivazioni di giusti cambiamenti. Di conseguenza, ancora una volta, non ab- biamo puntato a “formare le coscienze”, perché nelle nostre comunità vorrem- mo contribuire a non avere un popolo di Dio indistinto, ma un popolo di Dio che veramente sia tale secondo Dio, co- sciente e aperto a vivere, sperimenta- re ciò in cui crede e pronti tutti a dare la vita per le realtà in cui crede. E per questo Papa Francesco, nei 325 punti della Amoris Laetitia, non ha dato nuo- ve norme, ma si è impegnato, attingen- do alla forza della fede, della scrittura, della Tradizione e in modo specifico del Concilio Vaticano II, a offrirci un itine- rario di conversione, di vera conversio- domenica 26 novembre ore 17.00 Teatro Comunale Caserta Anticipiamo alcuni passaggi dell’intervento del Vescovo per l’incontro che si terrà per le Conclusioni dell’VIII Convegno diocesano “Morir d’amore” aperta da Dio Padre, a tutti stendo la mano per chiedere di camminare in- sieme e realizzare questa “conversione pastorale, a cominciare proprio dalla Chiesa e dalla famiglia”. Sono passati tre anni da quando abbiamo iniziato a soffermarci su questa realtà. È giunta l’ora di avviarci ancora più decisamen- te e speditamente su questa strada. Io voglio essere il primo a percorrerla. Aiutate anche me e pregate perché non deluda con l’aiuto di Dio questa carissi- ma Chiesa di Caserta. Ed io prego per voi, perché noi battezzati non deludia- mo non solo la Chiesa, ma l’umanità. Cresce, infatti, sempre di più il deside- rio di famiglia. Invito tutti a lavorare di più per la famiglia. L’individualismo ci sta rovinando e, se non si inverte la tendenza, può uccidere la speranza di amore e di famiglia: “Proprio la fami- glia nata dal matrimonio genera lega- mi fecondi che risultano l’antidoto più efficace all’individualismo dilagante” (Papa Francesco). L’amore fra un uomo e una donna è evi- dentemente una tra le esperienze uma- ne più generative, è fermento di cultura dell’incontro e porta al mondo attuale una iniezione di socialità, “davvero il percorrere. Carissimi, io, per primo, non voglio fare niente senza di voi ma, come vescovo, ho cercato in questi tre anni attraverso i convegni celebrati, di sentire fortemente ciò che Dio sta chie- dendo e suggerendo alla nostra Chiesa di Caserta. Quando ho sentito ed ho percepito, l’ho ripetuto alla nostra ama- ta Chiesa, che Dio ha posto nelle nostre mani, mie e vostre. Ci accompagni il Signore, lo Spirito Santo di Dio continui a tracciare itine- rari di solidarietà vera, di carità opera operosa e di profonda “compassione” per questa nostra chiesa e per questo nostro territorio.
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Anno 2 - n. 10Novembre 2017

Periodico della Diocesi di Caserta

www.ilpoliedro.info

formazione | informazione | cronaca

“Formare le coscienze”“Formare le coscienze”

Catecumenato, 9Politica, 5Opinione, 4

LA VOCE DEL VESCOVO

di Giovanni D’Alise

Carissimi fratelli,afferma Papa Francesco nell’esor-

tazione Amoris Laetitia (37): ‹‹Abbiamo diffi coltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di cre-scita e realizzazione che come un peso da sopportare tutta la vita. Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quan-to meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davan-ti a situazioni in cui rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostitu-irle››.Con queste parole, desidero rivolgere alla Chiesa intera di Caserta un caloro-so invito ad una conversione pastorale, vera e impegnativa come tutte le vere conversioni richiedono. Chiesa di Ca-serta, presbiteri, diaconi, coppie, fami-glie, giovani, siamo pronti a realizzare una svolta autentica della nostra pasto-rale? E la svolta è questa: passare dall’accon-tentare a tutti i costi, calando sempre di più gli obiettivi, a formare le coscienze! Ciò richiede il coraggio di non cercare il consenso a basso costo, ma formare le coscienze delle persone che vengono a bussare alle nostre porte. Dunque ri-spondere sempre con misericordia, pre-sentare cammini sostenuti dalla grazia, sperimentandoli per formare persone che sappiano discernere ciò che è bene e ciò che è male, affi nché sappiano fare scelte mature per seguire il bene ed evi-tare il male. Questo è preparare sempre cibo vitale, succulento, essenziale per la crescita. Occorre uscire da quella pasto-rale che ci fa assimilare il cristianesimo a “religione adatta ai bambini, e ai vec-chi e che addormenta la coscienza e non le sveglia”.E voi laici siete pronti ad aiutarci? Come? Uscendo dal nascondimento e mettendovi a disposizione per aiutare, con le vostre competenze, illuminate dalla Parola di Dio, le nostre comuni-tà ad una svolta, ad una conversione in questa direzione? Care coppie, carissimi fedeli laici, non potete pensare che il presbitero da solo possa raggiungere tutti e portare a tutti la buona notizia del Vangelo. Il mondo

ne, che dia sempre lode a Dio in Cristo e rispetti l’uomo come Dio lo ha voluto e come desidera che cresca sempre di più nella coscienza di sé, al servizio della chiesa e per il bene dell’umanità intera.Amici carissimi tutti, consanguinei di Cristo, fratelli presbiteri, fratelli “car-nali”, uniti nella carne e nella carne di Cristo Eucarestia, e voi tutti che aspirate al bene e alla pace, voi tutti che aspirate ad essere nella salvezza

bene della famiglia è decisivo per il fu-turo del mondo e della Chiesa” (AL. 31).È una rivoluzione alla quale siamo chia-mati: ognuno è chiamato a cambiare e a convertirsi, perché Dio, Egli solo, può concederci di incontrare chi Egli vuole. Dobbiamo diventare tutti antenne sen-sibili, fraterne, accoglienti e pronti ad ascoltare, non a parlare o ad inquisire, ma ad ascoltare. Un ascolto che sana e guarisce indicandoci anche strade da

aspetta questa lieta notizia! Il mondo aspetta il vangelo, ma vissuto! Carissimi, voi tutti state aspettando delle norme circa la preparazione di quanti chiedono il matrimonio sacra-mento, circa l’accoglienza di coppie e famiglie in diffi coltà. È giusto. Sono urgenze che abbiamo posto come obiet-tivi dell’VIII Convegno diocesano. È sa-crosanto! Ma io, come vescovo, sento di dirvi che, se non avviene la conversione

Logo dell’VIII Convegno diocesano “Morir d’amore”

pastorale di cui sopra accennavo, noi non faremo altro che, ancora una volta, sostituire norme a norme, senza dare le motivazioni di giusti cambiamenti. Di conseguenza, ancora una volta, non ab-biamo puntato a “formare le coscienze”, perché nelle nostre comunità vorrem-mo contribuire a non avere un popolo di Dio indistinto, ma un popolo di Dio che veramente sia tale secondo Dio, co-sciente e aperto a vivere, sperimenta-re ciò in cui crede e pronti tutti a dare la vita per le realtà in cui crede. E per questo Papa Francesco, nei 325 punti della Amoris Laetitia, non ha dato nuo-ve norme, ma si è impegnato, attingen-do alla forza della fede, della scrittura, della Tradizione e in modo specifi co del Concilio Vaticano II, a offrirci un itine-rario di conversione, di vera conversio-

domenica 26 novembreore 17.00

Teatro Comunale Caserta

Anticipiamo alcuni passaggi dell’intervento del Vescovo per l’incontro che si terrà

per le Conclusionidell’VIII Convegno diocesano

“Morir d’amore”

aperta da Dio Padre, a tutti stendo la mano per chiedere di camminare in-sieme e realizzare questa “conversione pastorale, a cominciare proprio dalla Chiesa e dalla famiglia”. Sono passati tre anni da quando abbiamo iniziato a soffermarci su questa realtà. È giunta l’ora di avviarci ancora più decisamen-te e speditamente su questa strada. Io voglio essere il primo a percorrerla. Aiutate anche me e pregate perché non deluda con l’aiuto di Dio questa carissi-ma Chiesa di Caserta. Ed io prego per voi, perché noi battezzati non deludia-mo non solo la Chiesa, ma l’umanità. Cresce, infatti, sempre di più il deside-rio di famiglia. Invito tutti a lavorare di più per la famiglia. L’individualismo ci sta rovinando e, se non si inverte la tendenza, può uccidere la speranza di amore e di famiglia: “Proprio la fami-glia nata dal matrimonio genera lega-mi fecondi che risultano l’antidoto più effi cace all’individualismo dilagante” (Papa Francesco).L’amore fra un uomo e una donna è evi-dentemente una tra le esperienze uma-ne più generative, è fermento di cultura dell’incontro e porta al mondo attuale una iniezione di socialità, “davvero il

percorrere. Carissimi, io, per primo, non voglio fare niente senza di voi ma, come vescovo, ho cercato in questi tre anni attraverso i convegni celebrati, di sentire fortemente ciò che Dio sta chie-dendo e suggerendo alla nostra Chiesa di Caserta. Quando ho sentito ed ho percepito, l’ho ripetuto alla nostra ama-ta Chiesa, che Dio ha posto nelle nostre mani, mie e vostre. Ci accompagni il Signore, lo Spirito Santo di Dio continui a tracciare itine-rari di solidarietà vera, di carità opera operosa e di profonda “compassione” per questa nostra chiesa e per questo nostro territorio.

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2 Novembre 2017 Anno 2 - n. 10il poliedro CEI

«È ancora forte la percezione di una

grande solitudine per le singole famiglie. Questo non ci può indurre a ste-rili nostalgie di un tempo passato, dove la coesione sociale era certamente più forte. La cosiddetta famiglia patriarcale si al-largava a un buon vicinato che permetteva di contare su relazioni di sostegno concreto

«A tutti è ormai chiaro che ogni impresa si nutre di capitale so-

ciale e ne produce a sua volta inces-santemente, ben oltre il capitale eco-nomico cui più direttamente ambisce. Risulta verifi cato quanto papa Bene-detto XVI scriveva nell’Enciclica Ca-ritas in veritate, affermando che: «La ‘città dell’uomo’ non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comu-nione» (n. 6). Non altrettanto chiaro è invece il fatto che le virtù civiche, la tenuta dei vincoli della famiglia e il ruolo intrinsecamente educativo che essa riveste, i legami di reciprocità nella società civile, la buona ammini-strazione nelle istituzioni e i vincoli religiosi producono effetti economi-ci notevoli anche dentro l’impresa, e non solo al di fuori di essa.Si ripropone qui la possibilità di un circolo virtuoso: più l’economia è vir-

Le parole del Segretario della Cei al Convegno diocesano

In Chiesa e in famiglia,disposti a “morir d’amore”

ziali e sofferenze cuocenti. La dignità della donna era spesso calpestata e il dialogo fra marito e moglie relegato talvolta a una sudditanza si-lenziosa.Oggi invece la percezione, grazie a Dio, è diversa e sem-pre più il genio femminile nella conduzione della vita familiare si rivela prezioso. “L’identica dignità tra l’uomo e la donna ci porta a ralle-

tiero Bassetti, 22 settembre 2017). Certo è che quando un uomo è una donna decidono di unire le loro vite aprendosi alla cura e all’educazione dei fi gli, questa scelta non può essere relegata a un fatto me-ramente privato. Davvero “il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e del-la Chiesa” (AL 31). Per questo recentemente abbiamo chie-sto alla politica di tornare ad

ferenza Episcopale Italiana, appena qualche settimana fa, si è espresso con chiarezza su questo punto.“Chiediamo con forza alle Istituzioni – a partire dalla prossima Conferenza Nazio-nale per la famiglia – di ela-borare politiche innovative e concrete, che riconoscano, so-prattutto, il «fattore famiglia» nel sistema fi scale italiano. Una misura giusta e urgente, non più rinviabile, per tut-te le famiglie, in particolare quelle numerose”(AL 31).È chiaro che, per quanto possibile, questo deve av-venire a tutti i livelli, an-che per le Istituzioni locali.C’è poi da considerare anche una speciale responsabili-tà da parte della comunità cristiana. Non si tratta solo di partecipare al rito nuzia-le, ma di farsi carico di quel nuovo nucleo familiare inte-ramente, con una vicinanza fraterna, interessandosi del-le diffi coltà che attraversa e intervenendo fattivamente. Il Vangelo ci chiede di osare scelte coraggiose e concrete andando incontro alle fragi-lità di questo tempo. Molti matrimoni crollano perché marito e moglie dicono di

non amarsi più: ma come si è arrivati a questo? Quanto e quale deserto di solitudine hanno dovuto attraversare quell’uomo e quella donna prima della separazione? Più volte Papa Francesco, incon-trando i fi danzati, ha parlato loro dell’attuale cultura del provvisorio. È vero che a volte ci troviamo dinanzi a quaran-tenni che mostrano un pro-lungamento di atteggiamenti adolescenziali. Ma, “sposarsi è un modo di esprimere che realmente si è abbandonato il nido materno per tessere altri legami forti e assumere una nuova responsabilità di fronte ad un’altra persona” (AL 131).Quando poi la precarietà af-fettiva e quella lavorativa si mescolano insieme è davvero diffi cile tenere unita la fami-glia. Occorre allora qualcuno che ci aiuti a ritrovare “la luce accesa da Dio che si na-sconde dietro l’oscurità, o la brace che arde ancora sotto le ceneri”(AL 114).Nel nostro Paese si stanno moltiplicando i segnali che sono come quei raggi di sole che si affacciano tra le nuvole e aiutano a non farsi rubare la speranza. A Casa Sollievo della Sof-ferenza, l’Ospedale fondato da Padre Pio a San Giovan-ni Rotondo, avviene un fat-to straordinario. Gran parte dei medici da tempo si sono accordati per rinunciare a un loro diritto: il pagamento di centinaia di ore di lavoro straordinario regolarmente effettuate. Questo non solo ha permesso di evitare dolo-rosi licenziamenti, lasciando intere famiglie senza salario, ma addirittura ha aperto la via a nuove assunzioni. Ecco la musica nuova dell’Amo-ris Laetitia: il miracolo della solidarietà, che costruisce la società generando relazioni fraterne e familiari. Siamo certi che queste giornate di Convegno a cui stiamo dando inizio, porteranno un’iniezio-ne di fi ducia in tutte le di-mensioni della vostra Chiesa locale, per un nuovo annuncio del Vangelo del matrimonio e della famiglia».(dalla relazione di Mons. Nunzio Galantino a Caserta, 12 Ottobre 2017)

alla vita coniugale e all’edu-cazione dei fi gli. È pur vero però che que-sta patina di borgo antico nascondeva drammi esisten-

grarci del fatto che si superino vecchie forme di discrimina-zione, e che in seno alle fa-miglie si sviluppi uno stile di reciprocità” (Cardinale Gual-

occuparsi di famiglia con pro-poste concrete che inaugurino un nuovo sistema fi scale.Il Cardinale Gualtiero Bas-setti, Presidente della Con-

… per un’Etica che guarda al “bene comune”tuosa, più il contesto si fa umano; e più il contesto è promozionale rispet-to alla persona, più l’economia trova slancio.L’attenzione all’umano, alle sue co-ordinate più autentiche, al giusto equilibrio tra diritti e doveri, in una parola: la centralità di un’etica ma-tura nel fare impresa, ecco il segreto di un’economia che, oltre ad essere a misura d’uomo, si ritrova più solida e, sul lungo termine, vincente. Recenti ricerche, non ultime quelle dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori Diri-genti), mettono in evidenza come nel lungo periodo il valore economico di un’impresa eticamente responsabile si riveli superiore a quello di altre im-prese. Essere eticamente responsabili conviene – potremmo dire – perché si crea più valore economico e sociale a vantaggio di tutti, a patto che stru-menti come i codici etici, le certifi ca-zioni etiche e ambientali non fi nisca-

no solo per essere specchietti per le allodole.L’etica, quella vera, quella che trae alimento da esigenze intrinseche all’economia e che si traduce in scelte operose e coraggiose, diviene il mi-glior asset per il bene dell’impresa, e la trasforma gradualmente in un’im-presa del bene».(Caserta, 12 Ottobre 2017)

Dall’intervento di Mons. Nunzio Galantino, Segretario CEIall’ Assemblea Confi ndustria Caserta

Mons. Nunzio Galantino

Caserta, Golden Tulip Plaza: da sx Mons. Galantino, Mons. D’Alise e don Verdoliva

Mons. Nunzio Galantino

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3il poliedroNovembre 2017 Anno 2 - n. 10 Giovani

di Angela Santonastaso

Don Michele Falabretti, direttore dell’Uffi cio Cei

di pastorale giovanile è giun-to a Caserta per incontrare i sacerdoti della Diocesi per lavorare con loro al sinodo dei giovani al fi ne di dare in-put atti a favorire una parte-cipazione maggiore di tutti i giovani, in particolare coloro che sono lontani dall’istitu-zione chiesa in questo sino-do a loro dedicato.Don Michele, è a servizio della pastorale giovanile da quando è divenuto parroco, esattamente ventiquattro anni: “ho iniziato la pasto-rale giovanile in parrocchia, poi sono stato nominato direttore diocesano della pastorale giovanile, infi ne nazionale. È un impegno im-portante, ricco di sacrifi ci, ma anche di tante gioie. La-vorare con i giovani – spiega- è sempre emozionante, sono capaci di insegnarti tanto, soprattutto i più testardi, i più ribelli con i quali a volte è diffi cile lavorare. E pure, proprio da loro si ricevono le soddisfazioni migliori”.Attraverso questo sinodo, la Chiesa è chiamata ad uscire dai propri canoni tradizio-nali per spingersi ad apertu-re mentali e pastorali nuove che realmente e concreta-mente, attraverso una pri-ma fase di ascolto, possano aiutare i giovani a sentirsi veramente i protagonisti della loro vita attraverso la riscoperta di una fede asso-pita ma mai svanita real-mente.

Il direttore dell’Uffi cio Cei di pastorale giovanile

Il Sinodo dei giovani

Come più volte ribadito da don Michele “con questo si-nodo, dal nome lunghissimo, ma che semplicemente piace a tutti chiamare sinodo dei giovani, siamo chiamati a riscoprire l’importanza del-le relazioni con l’altro. Pro-prio queste ultime, svani-scono sempre più, aumenta il divario generazionale e la tecnologia crea distanze insormontabili. E pure non sono contro la tecnologia ma sarebbe bello utilizzarla se-

adulti (genitori, insegnanti, educatori, sacerdoti, ecc.) a guardarsi allo specchio e comprendere che solo aiu-tandoli mettendoci in ascol-to si può comprendere cosa fare, altrimenti nulla ha un senso. Neanche il sino-do. L’adulto, non può e non deve cadere nella retorica di pensare di sapere e avere già soluzioni. Nessuno le ha. In questi 24 anni di esperienza con i giovani, solo ascoltan-doli ho potuto comprendere di cosa realmente avessero bisogno. Stargli accanto ha significato scoprire i loro so-gni, le loro fragilità. Non si nasce educatore, c’è bisogno di formarsi sempre e soprat-tutto di entrare nella logica di non essere mai superiore a colui che c’è di fronte, al-trimenti tutto il lavoro sva-nirà. L’impegno vero sta nel camminare di fianco all’al-tro”.E in questa prospettiva, per avviare i giovani a cammi-nare verso questo nuovo cambiamento don Michele

condo prospettive nuove, in modo razionale ma senza mai andare a ricoprire vuo-ti, mancanze che si possono soltanto avere con la relazio-ne con l’altro”.Gioca certamente un ruolo fondamentale l’educazione che si impartisce in fami-glia, a scuola, nei luoghi di aggregazione, nelle parroc-chie. E su questo aspetto don Michele tende a puntua-lizzare sul ruolo degli adul-ti che hanno in questo mo-mento storico particolare. “Il sinodo dei giovani deve dare il coraggio a tutti gli

al fi ne di rendere protagoni-sti i giovani delle parrocchie ospitanti.I direttori della pastora-le giovanile e vocazionale, don Gennaro D’Antò e don Gianmichele Marotta, han-no coinvolto i vicari foranei per cooperare, collaborare e far vivere a tutta la dio-cesi il cammino del sinodo. Nella primavera invece, si è pensato di organizzare degli incontri in piazza per coinvolgere i giovani che non sono parte attiva della vita comunitaria delle par-rocchie. Con l’ausilio di don Silvio Verdoliva, sono state inoltre coinvolte anche le scuole. Le classi del trien-

la quale si è creato un diva-rio troppo grande”.Gli incontri culmineranno a livello diocesano con due mo-menti di comunione impor-tanti che ancor di più coin-volgeranno tutti i movimenti delle associazioni presenti in diocesi: il 25 Marzo si terrà la giornata diocesana del-la gioventù e il 22 aprile la giornata diocesana delle vo-cazioni. Infatti, riprendendo il titolo originale del sinodo “I giovani, la fede e il discer-nimento vocazionale”, que-ste due giornate abbracciano l’essenza stessa di quanto è stato chiesto. Non esiste pa-storale giovanile senza quel-la vocazionale e viceversa.

tende a sottolineare che “la pastorale giovanile e voca-zionale non possono muo-versi da sole. C’è bisogno del coinvolgimento di tutti. Il compito del servizio che loro svolgono è quello di coinvol-gere, accompagnare le par-rocchie, fornire un aiuto, crear movimento.Ma tutto ciò non ha senso se all’interno delle Diocesi, tut-ti camminano come atomi mantenendo le loro etichet-te perdendo di vista il bene comune. Nel nostro caso: i giovani, la fede, e il discer-nimento vocazionale”.

Don Michele Falabretti di A. S.

L’incontro con Mons. Gio-vanni D’Alise , dal titolo “A TU X TU CON IL Vescovo” presso il teatro della Parroc-chia Maria SS. del Carmi-ne e S. Giovanni Bosco, ha aperto la programmazione della pastorale giovanile e vocazionale che quest’an-no, in linea con le direttive Cei, nella prima fase si mo-strerà in ascolto dei giovani presenti nelle parrocchie. Inizieranno il loro cammino attraverso incontri forania-li con uno schema del tutto diverso rispetto a quello uti-lizzato negli anni precedenti

L’anno di pastoralegiovanile e vocazionale

nio delle scuole superiori da gennaio riceveranno un sus-sidio preparato dai giovani delle equipe coinvolti affi n-ché anche i più lontani dalla Chiesa possano illustrare la loro idea per una Chiesa volta all’ascolto e anche al cambiamento di pratiche pastorali che in questo mo-mento storico collimano con la loro realtà. “Con ciò, spie-ga don Gennaro, non signi-fi ca che la Chiesa cambia i suoi valori o principi. Asso-lutamente. Semplicemente realmente inizia a preoc-cuparsi di una società che a volte sembra emarginata come quella giovanile, con

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4 Novembre 2017 Anno 2 - n. 10il poliedro Opinione

di Francesco de Core

Quando con autunnale nostalgia ripenso all’esta-

te che è passata, e mi dolgo per quanto di peggio è acca-duto, ossia i fuochi, la cenere, la siccità, quel vago senso d’ineluttabilità che ci siamo costruiti come a voler noi stessi surriscaldare la nicchia di certezze già granitiche, c’è più nitida delle altre un’im-

Caserta, l’immagine percepitae la realtà (dimessa)

estate intera ha annientato il conscio e l’inconscio di mez-za Italia, i corpi e le anime, non esiste. È un parametro, legato al tasso di umidità, che indica un disagio. Ma non rifl ette la temperatura reale. Che si calcola con parametri scientifi ci. Ma oggi pare che alla scienza nessun voglia dar conto, vedi il caso dei vaccini. Segno, purtroppo, della bassa pressione democratica e civile di un paese.Ora, cosa c’entra la tempera-tura percepita con Caserta? C’entra, perché appunto Caserta ha una (ben model-lata) immagine percepita, che però non corrisponde a quella reale. Me ne sono reso conto pochi giorni fa tenendo una lectio organizzata dalla Fondazione Sinisgalli in un liceo lucano. Davanti a me un centinaio di ragazzi dell’ulti-mo anno. Tra i 17 e i 19 anni,

musicisti pittori fi losofi sce-neggiatori. Vago interesse in platea, direi di circostanza. Sussulto quando chiudo il cerchio del ragionamento per sostenere la tesi che, è vero, c’è la ca-morra, pervasiva e soffocante in alcune aree più che altrove, che si ampliano le zone grigie conniventi e non solo i clan affaristico-criminali, ma non tutto è Gomorra o, peggio, gomorrismo (per gomorrismo leggi la deriva che ha soffoca-to l’intero immaginario collet-tivo, per cui non c’è prodotto, di fi nzione come d’inchiesta, che oggi non passi attraverso queste forche).Gomorra ha acceso gli animi come una vampa. E Caserta dentro Gomorra c’è tutta. Per quei ragazzi lucani, scolariz-zati e ben educati, o almeno così mi sono parsi, Caserta altro non è che questo: Terra

dei fuochi, di malavita, di arretratezza. Ho ironizzato, citando Francesco Piccolo, che c’è la Reggia vanvitelliana, “seconda solo a Versailles”. Sorrisi generali – perché magari quei giovani hanno pensato che volessi trattare con indulgenza la mia città d’origine. Ma poi più niente, perché il resto – oltre Saviano (e la sua storia personale) e quindi Gomorra (il libro, il fi lm, la serie) - non conta. Non ha peso specifi co. Non ci sono sfumature, perché la retorica dell’apocalisse non le contempla. Non do colpa a Saviano, che fa il suo mestie-re, e neppure agli studenti. Ma dov’è fi nito il Sud? La tensione all’utopia, di cui par-lava cinquant’anni fa Ignazio Silone, dov’è evaporata? E i Sud dai registri plurali (che Caserta, nella mia geografi a, rappresenta meglio che altri luoghi), il Sud che, oltre gli aridi dati statistici, è sacrifi -co e umorismo, sofferenza e apertura, tradizione e intra-prendenza, passione e dolo-re, pietre e sole, crudeltà e dolcezza? Semplicemente non esiste, dunque non è vero. I piani sono così intrecciati che si solidifi cano l’uno nell’altro. E prevale il gene più mar-cato, che assembla verità, verosimile e fi nzione creando

magine che è rimasta impi-gliata nella memoria. Ed è quella dei titoli – tra giornali, tg, siti web - sulle temperatu-re. Sì, le temperature roventi. Africane. Impermeabili al furibondo dimenarsi dell’aria condizionata. Però, a ripen-sarci bene, i titoli parlavano di “temperatura percepita”. Come a Grazzanise, il 2 di agosto città più calda d’Italia: 55 gradi. Ma sempre perce-piti. Ecco: tutto ciò dovrebbe indurci a una rifl essione meno superfi ciale. Nel solco della delega del sapere, purtroppo polverizzata dalla orizzonta-lità becera della rete. Così, nella fattispecie, i meteoro-logi e i climatologi ci hanno spiegato – ma forse inutil-mente - che la temperatura percepita, quella che per una

prossimi alla maturità. Tema: “Scrivere da Sud al tempo di Gomorra”. Che poi era un modo per riannodare i fi li con l’immaginario della nostra provincia - nostra come italia-na, meridionale soprattutto, perché poi le province anche vagamente si assomigliano tutte. Caserta, in questo, è un paradigma positivo. Anzi, per meglio dire, interessante - se interessante non fosse l’ag-gettivo più infl azionato, dai romanzi alle ricette. Scrittori di nuova (e talvolta anche vecchia) generazione bravi e affermati, pubblicamente riconosciuti, aperti al mondo ma dentro un contesto che comunque fa riferimento alla terra d’origine, con modalità d’espressione originali, di lingua e di temi; e così attori

convulsa retorica contempo-ranea, l’immagine percepita, come la temperatura. Perché l’immagine reale di Caserta si è come smagnetizzata. Però una domanda, con inquietudine, non posso non pormela: al di là di tutto il buono che c’è e che è stato prodotto, la città – la cosid-detta società civile, quel che rimane della borghesia e dei ceti professionali minima-mente aperti al bene comune e non solo agli interessi di casta, l’università (fi nalmen-te), l’entusiasmo creativo delle nuove leve, la chiesa, il volontariato, l’associazioni-smo - è in grado di generare una immagine reale che sia prepotentemente alternativa a quella percepita? Temo di no. Ed è forse su questo che dovremmo interrogarci. Sul perché non siamo in grado di produrre una narrazione che dia a Caserta quel che a Caserta spetta. Niente di più, niente di meno. Il peri-colo, evidente, è che Caserta rimanga per sempre una città - per giunta di ex, per dirla con l’ironia di Antonio Pascale - con la temperatura a 50 gradi. E noi, beffati, a (credere di) morire di caldo e gomorrismo senza che il caldo e il gomorrismo siano real-mente qui a soffocarci.

un’unica pasta. C’è Gomorra, e non fa nulla se Scampia e Casal di Principe sono realtà diverse, e Caserta è un’altra realtà ancora che con le due citate da esempio ha poco o niente a che fare. Vince, nella

Reggia di Caserta

Reggia di Caserta: veduta

Reggia di Caserta: Cappella palatina

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5il poliedroNovembre 2017 Anno 2 - n. 10 Politica

di Gian Maria Piccinelli

Una vita pienamente spe-sa, senza confi ni, al ser-

vizio della Persona. Potrebbe essere questa la sintesi di un ricordo di Giorgio La Pira, si-ciliano di nascita (Pozzallo, 1904) e vita trascorsa a Firen-ze (dal 1926 alla morte il 5 no-vembre 1977). Nel capoluogo toscano inizia la carriera uni-versitaria ottenendo l’ordina-riato nel 1934. L’educazione dei giovani è sempre stata per lui uno dei punti fonda-mentali del suo impegno cri-stiano e della sua missione politica. Siamo nel bel mezzo del fascismo e di lì a poco la guerra condurrà alla distru-zione dell’intera Europa con l’esigenza di ricostruire non solo le strutture, ma soprat-tutto le menti e le anime di uomini e donne, soprattutto dei giovani. Sempre nel 1934 inizia l’e-sperienza della Messa di San Procolo. Girando per la città chiama i più poveri e bisognosi a partecipare all’Eucarestia e a condividere un pasto caldo. La Pira immagina l’impegno sociale e politico del cristiano come cerchi concentrici che si sviluppano a partire dal cen-tro che è Cristo: prima i pove-ri, fi no ad arrivare ai respon-sabili delle nazioni in una visione unitaria dove tutto è collegato e teso alla salvezza in Dio. La Messa di San Pro-colo con i poveri di Firenze, da allora, sarebbe stata per La Pira lo strumento neces-sario a portare gli esclusi e le periferie – diremmo oggi – al centro dell’azione politica. Divenuto Sindaco di Firen-ze (lo sarà per due mandati dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1965) requisisce gli immo-bili disponibili per risolvere il problema degli sfrattati, sviluppa l’edilizia popolare e costruisce nuovi quartieri. In-terviene nella crisi industria-le di quel tempo operando per difendere migliaia di posti di lavoro (basti ricordare il sal-

A 40 anni dalla mortedi Giorgio La Pira

Non c’è alternativa alla pace

vataggio della Fonderia del Pignone nel 1953-54). Da San Procolo avvia inoltre varie azioni volte alla formazione e all’avviamento professionale dei giovani delle classi meno abbienti.Dopo la partecipazione alla Costituente (1946) e l’elezio-ne in Parlamento (1948), l’e-lezione a Sindaco è l’occasio-ne per guardare, da Firenze, oltre i confi ni nazionali verso un mondo che, nonostante la fi ne del confl itto mondiale, continua a trascinarsi irrisol-te numerose crisi regionali e sembra stabilmente diviso in due grandi blocchi e marca-to dagli effetti della guerra fredda. Con la responsabilità politica di Primo Cittadino, nel discernimento della vo-cazione storica, culturale e spirituale di Firenze come città di incontro e tolleranza,

re inesorabile verso il mare. L’utopia del santo sindaco fi o-rentino non è, però, disgiun-ta da un concreto criterio di valutazione dell’azione politi-ca: il cristiano ha dinanzi ha sé da un lato le Beatitudini (Luca 5) e dall’altro il Giu-

in complessi negoziati, dalla Russia al Vietnam, dalla que-stione palestinese a quella algerina. Riesce a tessere una fi tta rete di dialogo a tutti i li-velli portando con sé la forza che gli veniva dalla preghiera personale e della Chiesa (le lettere alle claustrali in occa-sione dei suoi viaggi) e dalla fede nel progetto divino di salvezza per l’intera umanità (tra i cui segni, la profezia di Fatima sulla conversione del-la Russia).Nell’inverno del ’75 si pre-sentò in un’aula a un grup-po di giovani con una valigia piena di libri. Fu un percorso bibliografi co tra l’economia e il diritto, la sociologia e la politica, con il quale mise in luce la necessità di mante-nere uno sguardo lungo sul-la storia. Si fermò, alla fi ne, su uno in particolare: L’U-topie ou la Mort nel quale René Dumont (1973) lancia-va l’allarme per lo “strango-lamento” dei paesi del Terzo Mondo a seguito delle con-clusioni del Club di Roma sul debito internazionale, segno evidente del cieco egoismo

dei paesi ricchi (una realtà che oggi è la spinta principa-le dei fl ussi migratori). Per La Pira questa Utopia non poteva certo lasciar reincar-nare le utopie ideologiche che avevano caratterizzato il secolo passato e che, du-rante la sua opposizione al fascismo, egli aveva chia-ramente mentre gettava le basi teoriche per una costru-zione cristiana dello Stato. L’Utopia lapiriana contiene in sé la necessità di alzare lo sguardo, di realizzare un impegno-testimonianza po-litico che sappia guardare oltre il presente, ponendo al centro la Persona, la Città, l’Umanità nelle loro dimen-sioni materiali e spirituali. L’azione politica richiede la consapevolezza che nell’era delle conquiste spaziali e del rapido progresso tecnologico ci si salva tutti insieme: alla pace e all’unità della fami-glia umana non c’è alterna-tiva.Furono queste le sue parole conclusive all’ultima messa di San Procolo a cui assistet-te nel 1977.

a partire dal 1952 organizza una serie di convegni interna-zionali per la pace. L’urgenza della pace nell’era nucleare (che egli vede come il crinale apocalittico della storia) è al centro dei colloqui tra i sin-daci delle capitali del mondo e del Mediterraneo. Proprio i Colloqui Mediterranei (dal 1958) di Firenze gettano le basi per la soluzione della cri-si algerina e la comprensione della centralità del confl itto arabo-israeliano per la pace globale.Su queste tre grandi linee possiamo, quindi, leggere la visione cristiana dell’impe-gno politico che La Pira ci ha consegnato: la formazione dei giovani, la centralità del ser-vizio ai più poveri, l’urgenza della pace. Una visione teleo-logica della storia che permet-te al cristiano di discernere, leggendo i segni dei tempi, la direzione delle vicende uma-ne: la storia dei popoli è come un fi ume che, nonostante le sue innumerevoli anse, scor-

dizio fi nale (Matteo 25). Nel perpetuarsi dei confl itti in-ternazionali negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, La Pira si adopera personalmente

Vaticano: Paolo VI e Giorgio La Pira (1973)

Mosca - Zagorsak: Il Patriarca russo Pimen e Giorgio La Pira (1973)

La Pira tra i giovani (1972)

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6 Novembre 2017 Anno 2 - n. 10il poliedro Città

di Ornella Mincione

Con la benedizione del ve-scovo di Caserta Mon-

signor Giovanni D’Alise, è stato inaugurato domenica 19 novembre il nuovo repar-to di angiografi a dell’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano. Ospite speciale, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, il primo governatore a com-piere una visita istituzionale presso l’ospedale di Caserta. Non è stato un caso, quin-di, che il direttore generale dell’azienda Mario Ferrante abbia deciso di far iniziare il tour dell’azienda dal reparto più recente, quello dell’angio-grafi a. Un reparto che è stato completato più di due setti-mane fa, ma il cui accesso era ostacolato dai tanti cantieri aperti nell’edifi cio F. È stato il presidente della Campania De Luca a tagliare il nastro di apertura del reparto di angiografi a, accompagnato dal direttore Ferrante, dal direttore sanitario del noso-comio Antonella Siciliano e

Il Vescovo benedice il nuovoreparto di angiografi a

di O. M.

In caso di bullismo e di cy-berbullismo a scuola, “la responsabilità civile è degli insegnanti. Sono loro che devono dimostrare non solo di aver vigilato ma anche di aver educato i giovani a stare insieme civilmente”. Quelle dell’avvocato Luca Supino Di Lorenzo, specia-lizzato in diritto sanitario, sono state senza dubbio le parole che più hanno colpito la platea del convegno, per la maggior parte composta da insegnanti, che si è te-nuto il 10 novembre scorso, intitolato “Buone relazioni a scuola. Il bullismo: che nemico!”. Il convegno, re-alizzato nell’ambito della Settimana per il benessere psicologico in Campania, è stato un importante ap-puntamento nell’ambito del quale molti esperti si sono alternati in una tavola ro-tonda di alto livello. L’in-contro, tenutosi al belvedere di San Leucio, è stato orga-nizzato dall’istituto Colleci-ni/Giovanni XXIII di Caser-ta. Padrona di casa, infatti,

Disagio giovanile: bullismo e cyberbullismoConvegno al Belvedere di San Leucio

Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano

dal direttore amministrativo Gaetano Gubitosa. Con loro anche il vescovo di Caserta Giovanni D’Alise che ha be-nedetto i locali ed il persona-le in forza al nuovo reparto:

“Dio aiuta le persone che ope-rano. Ed è signifi cativo che si costruisca la città a partire dall’ospedale – ha dichiarato Sua Eccellenza -. È importan-te che si dia un aiuto a tutti a migliorare sempre di più. In

particolare, l’ospedale di Ca-serta. Dobbiamo tutti far sì che questa situazione miglio-ri e non si blocchi per motivi vari”. I dirigenti medici del reparto di angiografi a hanno presentato al vescovo D’Ali-se e al governatore l’avveni-ristico macchinario grazie al quale è possibile trattare una aneurisma (neuro e body) con tecniche radiologiche in-terventistiche. Il presidente De Luca ha poi visitato altri reparti del nosocomio, come il nuovo assetto del Pronto Soccorso, la ginecologia (per cui più volte ha vantato il re-cord del 18% dei parti cesarei in primipare), la Tin (Terapia Intensiva Neonatale), la Riso-nanza Magnetica, il reparto accorpato di Oncoematologia e Oncologia medica. “Abbia-mo raggiunto diversi risulta-ti – ha detto al termine della visita De Luca –. Abbiamo conquistato il 18% di parti cesarei in donne primipare, record che ci invidiano anche al nord; abbiamo risultati ec-cellenti per l’intervento al fe-more entro le 48 ore, il 55 %. Abbiamo una serie di obietti-vi cui stiamo lavorando e che dobbiamo raggiungere. Dob-biamo assolutamente raffor-zare la rete dello screening. Ma è evidente una cosa posi-tiva riscontrata oggi: è scatta-ta la molla. Se non c’è l’impe-gno di tutti, non ce la faremo. E se non lo facciamo ora, non lo faremo più. Ora abbiamo mezzi e possibilità per rilan-ciare la sanità (e molto altro) di questo territorio. Questa è la provincia che può offrire il maggiore contributo rispetto alle altre province campane”. Piena soddisfazione del diret-tore generale Ferrante: «Sono qui soltanto da cinque mesi e quando sono arrivato ho tro-vato un bilancio in negativo di cinque milioni. Ora, la si-tuazione si è fermata e per la fi ne dell’anno possiamo avere un bilancio in positivo. Intan-to, però, grazie al lavoro quo-tidiano dei direttori Gubitosa e Siciliano, stiamo ottenendo risultati. C’è il lavoro di tutti. Per allestire il nuovo reparto di angiografi a non abbiamo indetto una gara: gli operai hanno lavorato notte e giorno per preparare il reparto da cui è iniziata la visita del go-vernatore».

è stata la dirigente della scuola Angelina Di Nardo. Con lei, seduti al tavolo mo-derato dal direttore di Cro-nache di Caserta e di Napoli Ugo Clemente, l’assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Caserta Daniela Borrelli, che ha dato “la pie-na disponibilità a progetti e iniziative per contrastare il fenomeno del bullismo, seb-bene – ha tenuto a precisare l’assessore – al momento è molto più frequente il cy-

berbullismo”. Presenti, poi, il sindaco di Castel Morro-ne Gianfranco Della Valle, il presidente dell’ordine dei giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli, che ha evidenziato l’importanza “della comunicazione. Da un lato è importante de-nunciare. Ma dall’altro, è giusto anche evidenziare il positivo, quanto venga fatto nelle scuole per combatte-re questo fenomeno”. Sono intervenuti poi la psicote-

rapeuta Marianna Riello, il sostituto procuratore della Dda di Salerno Silvio Marco Guarriello, le dirigente del penitenziario di Benevento Marianna Adanti e don An-tonello Giannotti. Scuola, istituzioni, rappresentanti legali e comunicatori: tut-ti concentrati a sviluppare una rifl essione costruttiva su un grave disagio giovani-le, il bullismo. E sono state le parole dell’avvocato Di Lorenzo a colpire i tanti do-centi presenti al convegno, che ha sottolineato come la legislatura in materia sia estremamente recente: “La legge 71 del 2017, tra i tanti punti trattati, pone il docen-te come referente principale per il contrasto e la preven-zione del fenomeno”. Con-sigli per prevenire il grave disagio da cui deriva l’esse-re un ‘bullo’ sono stati argo-mentati da don Antonello: “tre indicazioni: stare più con i fi gli, offrire giusti mo-delli di vita (e acuire una ca-pacità critica verso modelli falsi), educare al dono di sé, alla sensibilità. Il bullo, in concreto, non sente l’altro”.

AORN Caserta: da sx il Sindaco Marino, il Presidente de Luca il Direttore Ferrante e Mons. D’Alise

AORN Caserta: Mons. D’Alise in visita al reparto di angiografi a

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7il poliedroNovembre 2017 Anno 2 - n. 10 Cultura

Strutturare la città intornoai beni culturali

di Giuseppe Limone

Ogni persona incontra nella sua vita tre espe-

rienze radicali. La prima è quella della propria unicità. Essa è l’esperienza abissale dell’essere soltanto se stes-si, immersi in un tutto. Qui il senso della propria unica vita si sposa col sentimen-to oceanico del tutto in cui vive. Questo sentimento di unicità non è il sentimento del possesso di straordinarie qualità, ma semplicemente la percezione della propria unica e povera vita. Una po-vera vita in cui però la per-sona, pur contingente, sa di essere necessaria a se stessa. Questa persona si rivela così, in un paradossale impasto, un necessario effi mero e un effi mero necessario.La seconda esperienza ra-dicale è quella della propria intrinseca relazione con un tu, là dove si danno l’irre-sistibile bisogno di aiuto e quello - altrettanto irresisti-bile - di dare aiuto. Di questa esperienza si ha singolare percezione nell’evento di un terremoto o di una grande calamità. L’esperienza del tu si rivela esperienza strut-turale, intrinseca, costitu-tiva. Non esiste coscienza che non sia coscienza di un tu che ci preme da dentro e che anticipa e annuncia un possibile tu esteriore che ci preme da fuori, dal trauma col quale l’esperienza inte-riore rimane confermata. In questo senso, la coscienza appare a se stessa sempre forata. Essa sperimenta nel sé una falla costitutiva, in cui si esprime, percependo-si - al tempo stesso - aper-

PERSONAE MEMORIA

Perché Caravaggio arrivò sul fi nire di una vita travagliata proprio a Napoli, in due pe-riodi, dall’ottobre del 1606 al luglio del 1610? Da chi si nascondeva? E quali opere riuscì a dipingere lontano dalla “sua” Roma? Rico-struendo un diario intimo che mescola il vero e il verosimile, il reale e la fi nzione, il giorna-lista e scrittore Francesco de Core - nel vo-lume “Con gli occhi di Caravaggio”, edito da Intra Moenia e in questi giorni in libreria - ci propone l’ultimo segmento dell’esistenza del grande maestro affi dandosi appunto alle sue

AppuntamentiPresentazione del volume“Con gli occhi di Caravaggio”

di Paola Broccoli

Pensando a Caserta e ai suoi problemi, risulta mol-

to facile redigere i Cahiers de doléances, lasciando intendere che se le cose vanno male do-vremmo prendercela con il de-stino avverso. In effetti le cose non stanno proprio così e se è facile inveire contro il destino lo è meno fare autocritica, per le istituzioni, per la politica, per le classi dirigenti e mondo delle imprese. Già, perché poi a fare autocritica si scoprireb-bero magagne e responsabi-lità. Poiché riteniamo che al contrario sia improcrastinabile

pano, l’Anfi teratro e il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere, l’abbazia di Sant’Angelo in Formis. Diciamocela tutta: se non siamo capaci di costruire una connessione tra due pa-trimoni straordinari, saremo in grado di fare di Caserta una città della cultura? Un inte-ressante lavoro realizzato da Confi ndustria Caserta qualche anno fa denominato “Modello di valorizzazione dei siti cul-turali della provincia di Ca-serta”, ipotizzava un sistema di collegamento logistico e te-lematico tra i siti culturali del casertano, utilizzando tecnolo-gie telematiche, trasmissione

centro i fruitori e i loro bisogni, non riducendo il tutto a mero consumo, ma privilegiando la domanda di conoscenza e di bellezza. Una città diventa at-trattiva se è moderna e si svi-luppa seguendo logiche dettate da un sistema su cui far confl u-ire risorse e investimenti e non possiamo pensare la Reggia solo in relazione al mero dato contabile del numero di visita-tori che nessun rapporto hanno con la città. Noi ci auguriamo che i visitatori siano sempre più numerosi e che interagi-scano con il territorio. Ma si può defi nire città quella che dispone di San Leucio e la sua

ta e limitata. L’altro può apparirmi estraneo, ostile, nemico, compagno. In ogni caso, la sua presenza mi in-terroga. Come inquietudine, come allarme, come appello. Fin dai primi percorsi della mia esperienza, mi accorgo di avere bisogni. Di sicu-rezza, di espressione e di comunicazione. Poi, in un percorso più lungo, mi ac-corgo di altro. Sono una cre-atura paradossale, che non solo ha bisogni, ma ha biso-gno di avere bisogni, anche se - intanto - si sogna sen-za bisogni. In questa espe-rienza paradossale ritorna il problema del tu. Nell’e-sperienza del tu accade la fenomenologia del prendere l’altro sul serio. Prendere sul serio l’altro signifi ca guardarlo sentendosi da lui vincolato. Possono darsi, in questo vincolo, più gradi di coinvolgimento. La terza esperienza radicale è quella consistente nella consapevo-lezza profonda del non poter essere artifi ciali riprodutto-ri del sé, perché si provie-ne - oscuramente ci si sente provenire - da un mondo profondo che ci precede e ci sottende, rivelandosi nell’e-mersione incontenibile del sé. Di un sé che, per come è fatto, non ci siamo dati da soli. Queste tre esperienze radicali non accadono a tem-pi programmati. Possono in tempi diversi darsi, possono imprevedibilmente darsi, non possono non darsi. Ogni persona ne è subliminale cu-stode. In queste esperienze ri-posano tre forme della ve-rità: la verità dell’essere, la verità dell’esprimersi, la ve-rità dell’essere in relazione.

aprire un confronto pubblico sulla condizione della nostra provincia, proviamo a costruire un ipotesi di ragionamento fon-data su alcune risorse del no-stro territorio e mi riferisco al patrimonio storico-archivistico e beni culturali, della Chiesa e dello Stato italiano dislocati sull’intero territorio casertano. Cito tra i più noti il Duomo di Caserta Vecchia, l’Abbazia di San Pietro ad Montes, l’Eremo di San Vitaliano, il Santuario di San Michele e Santa Maria del Monte di Maddaloni, i pre-ziosi Archivi storici e Bibliote-che diocesane, il Museo Cam-

di assistenza e comunicazione d’intrattenimento oltre che un canale radio e tv dedicati. Nul-la di tutto ciò è stato realizzato e siamo in netto ritardo sulla tabella di marcia. Sarebbe au-spicabile che l’Università dive-nisse concretamente il fulcro di un cambio di marcia. Non possiamo tuttavia ignorare le pessime condizioni ambientali e paesaggistiche che fanno da sfondo a tanta bellezza, come non possiamo ignorare l’ar-retratezza del sistema di tra-sporto urbano ed extraurbano, pubblico e privato. Il cambia-mento consiste nel mettere al

storia e non sa cosa farne? Per concludere: in Reggia saranno realizzati importanti ristoran-ti, alberghi e servizi ricettivi: nessun problema se la città si strutturerà e sarà competitiva; in caso contrario la già fl ebile economia verrà fagocitata irre-versibilmente. Intorno ai beni culturali vanno strutturate le città, di contro essi diventano un buon affare per pochi. Que-sto è il bivio di fronte al qua-le ci troviamo: a seconda della strada che imboccheremo ci dirigeremo verso il futuro o su una strada che non ci porta in nessun luogo.

Caserta: veduta panoramica

parole. Michelangelo Merisi ebbe per Napo-li un trasporto viscerale, operando in una città dalle contraddizioni vertiginose, dove ricchezza e povertà hanno convissuto negli spazi stretti dei vicoli, nelle chiese, negli ospedali e nei palazzi, oppure a due passi dal mare. Il diario è accompagnato dalle foto di Sergio Siano, calatosi nelle profondità di una metropoli che dal Seicento a oggi pare vive-re un eterno presente. Un resoconto sofferto con immagini straordinarie: così Caravaggio rivive nelle pagine di questo volume, con la sua modernità di uomo ribelle prima ancora che di artista rivoluzionario. A metà dicem-bre la presentazione a Caserta.

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8 Novembre 2017 Anno 2 - n. 10il poliedro Nomine

a cura della Redazione

Ci sono delle celebrazio-ni che sono vissute dalla

Chiesa come un grande dono di grazia e suscitano in tutti i fedeli la gioia e il gaudio ed innalzano festosi lodi a Dio. È quello che è accaduto sabato 4 novembre 2017 nella Par-

Amare, accogliere…servireParrocchia di “S. Margherita V. e M.” in Maddaloni

rocchia di “S. Margherita V. e M.” in Maddaloni quando Mons. Giovanni D’Alise ha presentato don Antimo Vi-gliotta come nuovo parroco.Don Antimo, nativo di Mad-daloni, dopo aver frequentato il liceo scientifi co di Madda-loni, entra nel seminario di Caserta nel 2004; dopo l’anno

di Stefano Sgueglia

È cominciato da qualche giorno il mio servizio

come pastore nella comunità di Garzano con grande gioia. La gioia che nasce dalla con-sapevolezza del cogliere, nel-la proposta del vescovo, una chiamata speciale da parte di Dio alla fi ducia e al servi-zio in questa nuova famiglia. Una proposta che mi è giunta all’improvviso come d’altron-de ogni cosa che fa Dio... la chiamata ha sempre un qual-che cosa di travolgente che sembra destabilizzarti, rom-pere certi equilibri per pro-getti che caso mai stavi per

Signore, mi fi do di te!

propedeutico inizia gli studi fi losofi ci e teologici presso il Pontifi cio Seminario Campa-no Interregionale di Napoli, conseguendo il baccalaureato in Sacra teologia con un lavo-ro sul discernimento.Dopo aver approfondito gli studi biblici sempre a Napoli, don Antimo riceve l’ordina-

zione diaconale il 25 marzo 2010 e l’ordinazione sacerdo-tale il 21 settembre 2010 per le mani di Mons. Pietro Fari-na; riceve l’incarico di econo-mo del Seminario di Caserta. Il 2 luglio 2012 è nominato parroco nella parrocchia “N. S. di Loreto” in Maddaloni. Incaricato da Mons. D’Alise come vice-direttore Caritas e direttore uffi cio Migrantes, don Antimo con gioia e piena obbedienza accetta l’incarico a nuovo parroco in una delle par-rocchie più antiche di Madda-loni. Tantissimo l’entusiasmo espresso nei giorni successivi alla comunicazione dell’arrivo del nuovo parroco che è esplo-so la sera dell’insediamento.Forti le parole del Vescovo durante l’omelia: “Antimo, spenditi totalmente e con tut-te le tue forze per questa co-munità!”.Sui volti dei presenti era forte l’emozione: tante le attese, le speranze e la voglia di conti-nuare un percorso di fede ini-ziato dai parroci che lo hanno preceduto.Don Antimo nel suo saluto così si è espresso: “Carissimi, non vengo a voi con un pro-gramma già pronto e detta-gliato (quasi da compiere mi-racoli!): l’unico programma è il Vangelo e ciò che la Chiesa in modo particolare in questo

tempo ci chiede: amare, acco-gliere, accompagnare, dare, scendere, servire!”.Forte anche l’incoraggiamen-to che il nuovo parroco a dato alla sua nuova comunità: un invito all’unità ed in unità la-vorare insieme e andare verso tutti, nessuno escluso.È un cammino arduo ma bello che il novello parroco si ac-cinge ad affrontare: le forze, l’entusiasmo le motivazioni ci sono per cui a don Antimo e a tutta la comunità di S. Margherita auguriamo buon cammino!

Parrocchia S. Pietro Apostolo in Garzano di Caserta

mettere in piedi al principio di un nuovo anno pastorale, ed invece quello che sembra da una parte sconvolgerti dall’al-tra parte ti gratifi ca perché in quella chiamata scopri un atto di amore di Dio per te... una sola frase, che diventa un progetto di vita: MI FIDO DI TE. Quella che potrebbe es-sere soltanto un’espressione di una canzone jovanottiana oggi diventa nella mia vita la più grande e più bella po-esia che Dio potesse scriver-mi. Non parole ma fatti che dal cielo si intrecciano con la mia vita. La vita di un prete è come una rete dove si intrec-cia la tua storia di chiamato e di pastore con quella di al-trettanti chiamati che incon-tri e che sai che aspettano che attraverso di te arrivino non semplicemente a conoscere Dio ma il suo amore… l’amo-re che fa nuove le persone e le rinnova dal di dentro e le fa riscoprire amate. Allora ecco-mi qui a cominciare un nuovo tratto del percorso di crescita con la mia nuova famiglia. Un cammino che comincia dopo un intenso percorso pasto-rale: i primi passi nella fede nella comunità di S. Antonio in Caserta accompagnato dal carissimo Mons. Mario Valla-

relli che come padre si prese cura della mia vocazione fi n quando nel maggio del 2006 concludendo il suo pellegri-naggio terreno, passai alla comunità di S. Michele Arc. nella Cattedrale di Caserta con Mons. Antonio Pasqua-riello e successivamente dopo qualche anno alla parrocchia Gesù Buon Pastore in Caser-ta guidata da don Antonel-lo Giannotti - comunità che mi ha condotto al momento culminante per la vita di un chiamato il 25 Aprile 2014 in Cattedrale per essere or-dinato presbitero. Una volta ordinato sacerdote sono stato impegnato in diverse parroc-chie, come collaboratore pa-storale a S. Biagio a Limatola (BN), S. Maria degli Angeli in S. Nicola La Strada (CE), Buon Pastore (CE), Vicario parrocchiale in S. Giuliano M. e collaboratore in S. Maria Assunta in Trentola e S. Gio-vanni ante portam Latinam in Marcianise (CE), Ammi-nistratore parrocchiale in S. Maria Assunta in Recale (CE) e in ultimo vicario parroc-chiale in SS. Vitaliano ed En-rico e al Santuario di S. Anna in Caserta. Un maremagnum di incontri che mi permetto-no di cominciare questo nuo-

vo percorso con una valigia carica di esperienze. Ora un nuovo inizio e nuovi volti da incrociare. “Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura” (Ez. 34,11). Una parola forte quella di Dio al profeta Ezechiele ma che ri-vela il progetto di vita nel no-stro tempo, un progetto che ho sposato da subito ossia mette-re nella condizione me e i miei fratelli di arrivare alla consa-pevolezza che non siamo noi che cerchiamo Dio ma è Dio che ci cerca in ciò che viviamo quotidianamente. A questa ho accostato le parole che papa Francesco ha pronunciato in un angelus lo scorso luglio e che sintetizzano il program-ma di vita di questa nuova esperienza che ho iniziato a vivere ovvero i verbi del pasto-re, vedere, avere compassione e insegnare». Questi verbi sono sempre associati a Gesù: il suo sguardo è lo sguardo di

chi guarda sempre con “gli oc-chi del cuore”. Anche la sua compassione, non è solamen-te un sentimento umano, ma è la commozione del Messia in cui si è fatta carne la te-nerezza di Dio. E da questa compassione nasce il deside-rio di Gesù di nutrire la folla con il pane della sua Parola, cioè di insegnare la Parola di Dio alla gente. Un program-ma forte, ma che sicuramente - con l’aiuto di Dio e la buona volontà mia e della mia nuova famiglia, riusciremo a vivere giorno dopo giorno. Ho visto subito i giovani della mia nuo-va famiglia parrocchiale e ho fatto questa costatazione: Il giovane scappa, va in cerca di tutto ciò che gli faccia toccare con mano la vita. Per questo se desidero che conoscano Dio è necessario che mi impegni al massimo perché possano toc-care con mano la sua presenza in questo mondo.

Maddaloni: Mons. D’Alise e don A. Vigliotta

Maddaloni: Chiesa di Santa Margherita, Mons. D’Alise e don A. Vigliotta

Caserta - Garzano: Mons. D’Alise e don S. Sgueglia

Mons. D’Alise e don S. Sgueglia

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9il poliedroNovembre 2017 Anno 2 - n. 10 Catecumenato

di Rosanna de Lucia

Stasera ci sono proprio io davanti ai vostri volti pie-

ni di vita, io che da anni provo ad immaginarvi nelle vostre parrocchie e poi nelle vostre case e nei vostri spazi, pron-ti a cominciare un’avventu-ra che non tutti prima di voi hanno avuto la fortuna di vi-vere. Siete i giovani del Cate-cumenato Crismale, il nuovo percorso pensato per chi de-sidera riscoprire la fede e la vita, iniziato solo un anno fa, nelle parrocchie della nostra diocesi per volere del Vesco-vo, ma che ha visto e vede un lungo ed impegnativo lavoro di preparazione, diffusione e concretizzazione da parte di S. Anna Maria D’Angelo in-sieme ad una equipe di col-laboratori, sacerdoti e laici, tra i quali ci sono io, io che stasera fi nalmente vi vedo. Ci siamo tanto immaginati come sarebbe stato incontrarvi, faccia a faccia. Dare nome a quei giovani per i quali tan-to ci piace spendere la vita, ai quali la Chiesa, premuro-sa mamma, sempre pensa e che tanto ama dal profondo del cuore. È stato per questo che vi abbiamo voluto incon-trare. Il Vescovo ha sognato per voi un nuovo cammino che vi facesse più bella la vita e ha desiderato che ci vedessimo tutti, per parlar-ci “a tu per tu”. Proprio così lo abbiamo chiamato questo incontro, pensato insieme ai ragazzi del centro di pastora-le giovanile coi quali abbiamo lavorato alla preparazione di questo momento di gioia condivisa. Wow! È più bello di ciò che si può descrivere in un racconto... Un video apre la serata, ci interroga. Il Van-gelo di Giovanni fa lo stes-so: cosa cerchi? Il Vescovo si

Il Vescovo incontra i giovani del Catecumenato Crismale

#ATUXTUcon il Vescovo

alza e lo chiede a tutti. Cosa cercate? Vi siete mai fermati a pensarci? Poi, con la solita naturalezza che contraddi-stingue i suoi discorsi, parla delle città e delle strade come di contenitori che ci stonano per non pensare. Luoghi dove cresciamo senza quei punti fermi che ci aiutino ad assa-porare le gioie nascoste nel-la vita di tutti i giorni e che siano appigli sicuri ai quali

di R.d.L.

Emanuele: La Cresima è il sacramen-to della conferma. In che modo pos-

siamo avvicinarci a questo passo così importante?Sono contento di questa domanda. Oggi stia-mo “giocando” con qualcosa di grande e di se-rio. Chiediamo la Cresima per sposarci o per fare il padrino. Ma conoscete la responsabi-lità di sposarsi in Chiesa o di fare il Padri-no? Fa tutto parte della logica consumistica nella quale siamo entrati: avere il massimo, col minimo sforzo. Coinvolgendoci il meno possibile. Nella fede non funziona così. Nes-suno vi obbliga ma, se lo scegliete, è un cam-mino impegnativo. Cogliete questa occasione come opportunità per dare “consistenza” alla vostra vita. Nessun negozio e nessun tipo di denaro potrà farvi acquistare la felicità e la pienezza che dà Dio. Umberto: I Cristiani non sono immuni dai momenti bui. Come ha affrontato le sue diffi coltà?Non è semplice rispondere. Spesso avrei vo-luto scappare dai momenti di dolore, come capita a tutti. Distrarmi. Pensare ad altro. Ma ho incontrato qualcuno che mi ha fatto entrare nel Mistero della sofferenza e Gesù stesso mi ha dato l’esempio e indicato come fare: guardarla in faccia, senza scappa-

re; darle un nome. Gesù è lì dentro che mi aspetta per darmi coraggio. Così trovo la for-za di affrontarla e mi chiedo: chi posso ama-re? L’amore è la risposta più grande al dolore perché mi butta nell’altro. Se amo nonostan-te la croce, quando rientro in me stesso quasi non la sento più. In questo percorso vi accor-gerete come le vostre sofferenze sono quelle di tanti altri come voi. E vi confronterete con giovani Cristiani che affrontano il buio della vita trovando in Gesù Cristo e in Dio la forza e la luce per attraversarlo.Maria: Come faccio, in questo mondo pieno di cose effi mere, a portare Dio a chi mi sta accanto?Cara Maria, non serve che porti Gesù da qualche parte. Tu stessa devi essere in unità profonda con Lui. Di sicuro tu vai a scuola, vero? Ed altri giovani che sono qui lavorano, giusto? Vi chiedo: non vi siete forse assue-fatti ai cattivi esempi che vivete nei vostri ambienti di studio e lavoro? Fate qualcosa per cambiare le cose che non vanno? Spes-so è più comodo restare immobili, rassegnati al fatto che tanto va e andrà sempre così. E invece no! Se vuoi essere Cristiana, inizia tu stessa a cambiare scena, dalle piccole cose. Dalla gentilezza, dall’amore disinteressato, come ha fatto Gesù. Comincia tu, perché non sei sola: siete tu e Lui, insieme. Una potenza, invincibile!

I giovani del Catecumenato Crismaleaggrapparci nelle tempeste che inevitabilmente scombus-solano le nostre esistenze. “Vi auguro di non affrontare mai la vita con tutto ciò che c’è dentro, famiglia, lavoro, rela-zioni ecc., se prima non avete fatto un incontro che dà senso a tutto. Impuntatevi. Preten-dete. Cercate qualcosa per cui “valga la pena”. Il percorso che vi proponiamo è proprio per questo, non per la Cresi-ma. Non è una verniciata per abbellire la facciata. È il luo-

go in cui cercare, chiedere, conoscere, capire”. E allora iniziate a domandare. Tre giovani, poi altri tre, poi an-cora e ancora.A turno, sul palco, in un dialogo che sa di chiacchie-rata in famiglia. Voi chie-dete, il Vescovo risponde. Parole concrete, come con-creto è Cristo e concreta è la vita che scorre dentro e fuori di noi. Parole ma an-che sorrisi, carezze, rifl es-sioni profonde e qualche lacrima. Un momento pas-sato in un attimo che dura da ormai un’ora. La rifl es-sione personale conclude l’incontro: dall’individuale al collettivo. Ci alziamo, ci doniamo. E la preghiera, che racchiude ogni cosa, ci offre le parole per salutar-ci. “Questa sera, mi avete proprio edifi cato”, conclude il Vescovo. “Spero di veder-vi ancora, prima e dopo la celebrazione della Cresima, per chiedervi di nuovo cosa cercate e cosa, invece, avete già trovato”.

Caserta - Parrocchia Maria SS. del Carmine e S. Giovanni Bosco:Mons. D’Alise con i giovani del Catecumenato

Caserta - Parrocchia Maria SS. del Carmine e S. Giovanni Bosco

Caserta - Parrocchia Maria SS. del Carmine e S. Giovanni Bosco: un momen-to dell’incontro

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10 Novembre 2017 Anno 2 - n. 10il poliedro Caritas

di Mario Librera

Tenendo sempre presente che una Comunità di Cri-

stiani è tale non solo quando celebra le lodi di Dio e quan-to ascolta la Sua Parola, ma soprattutto quando questa Parola si trasforma in aiuto concreto ai fratelli, il Centro CARITAS presso la Parroc-chia SS. Nome di Maria in Puccianiello, con i suoi dodici operatori, accoglie ed assiste oltre centotrenta famiglie che vivono in grave stato di biso-gno e di disagio economico.Gli amici che vengono da noi, hanno un colloquio iniziale con gli addetti al Centro per meglio individuare le pro-blematiche di ordine sociale, psicologico, nonché economi-co. Questo tipo di approccio è fi nalizzato a fornire a tut-ti un supporto che rispetti e promuova la dignità delle persone che si rivolgono a noi. Si tratta non solo di fa-miglie del territorio parroc-chiale, ma anche di persone (singoli o nuclei familiari) che provengono da territori limitrofi o da altri paesi come Polonia, Ucraina, Romania, Senegal, a cui spalanchiamo la nostra Parrocchia e sem-

Caritas: luogo diaccoglienza e condivisione

Parrocchia SS. Nome di Maria in Puccianiello - Caserta

di Rosaria Monaco

Con l’avvicinarsi del periodo di Avvento la Caritas diocesana ha proposto, per il secondo anno consecutivo, inviandolo a

tutti i gruppi parrocchiali, un cammino di preparazione alla solennità del Natale. Sull’esempio della famiglia di Nazareth, al centro di questo sussidio, è stata posta la famiglia “Tutto l’amore che Dio ha in sé, tutta la bellezza che Dio ha in sé, tutta la verità che Dio ha in sé, la consegna alla famiglia. E una famiglia è veramente famiglia, quando è capace di aprire le braccia e accogliere tutto questo amore…Dio è entrato nel mondo in una famiglia. E ha potuto farlo perché quella fami-glia era una famiglia che aveva il cuore aperto all’amore, aveva le porta aperte” ha detto il nostro Pontefi ce a Philadelphia nel-la festa delle famiglie (settembre 2015).Per tutto il percorso, scandito nelle quattro settimane, è’ stato scelto quindi un unico simbolo: quello della “casa”. E’ nella pro-pria casa, che ognuno può e deve sperimentare la comunione tra fratelli e il nuovo modo di vivere che l’Avvento ci chiede. Fin dall’antichità la casa è rifugio e fonte di sicurezza per tutti. In essa si svolge la vita quotidiana delle famiglie, in cui ognuno può riconoscere le proprie radici e dalla quale si parte per af-frontare il mondo. La casa viene quindi presentata, quale luogo dell’attesa, in quanto il cristiano è colui che vive la sua vita quotidiana nell’attesa del suo Signore e per questo sa vigilare e perseverare; come “focolare” ove cambiare vita, all’insegna della sobrietà, ben rappresentata dalla fi gura di Giovanni; in quanto spazio, ove esprimere testimonianza, essere “voce”, se-guendo l’esempio del Battista ed accoglienza, come ha saputo accogliere la parola di Dio, la vergine Maria, che ci ha donato il Salvatore del mondo. Il sussidio contiene, inoltre, proposte di iniziative di fraternità e condivisione. Intanto con i propri fami-liari, che dividono la nostra casa e la nostra vita quotidiana, poi con i vicini, i condomini, con cui cercare di condividere non solo momenti di vita, ma anche momenti di preghiera, infi ne con le famiglie disagiate. In un tempo di crisi spirituale e di continui attacchi alla famiglia, è giunto il momento di evidenziare e va-lorizzare il valore della famiglia cristiana, che possa raccontare la bellezza di una vita trascorsa nell’amore, capace di generare solidarietà, ponendosi in ascolto di chi è in diffi coltà.

Caritas diocesana: preparazionenel periodo di Avvento

Dio è entratonel mondoin una famiglia

agli assistiti dal Centro Ca-ritas ed a chiunque venga,

occasionalmente, a “bussare alla nostra porta”.A questa attività, si aggiunge, quella dell’abbigliamento e, secondo le disponibilità fi nan-ziarie, quella della concessio-ne di piccoli aiuti economici in casi di estrema necessità, nonché contributi per spese extra quali medicinali, ener-gia elettrica ed altro.Una volta l’anno, come è or-mai tradizione consolidata, in occasione della ricorrenza di Cristo Re dell’universo, orga-nizziamo la giornata denomi-nata “adotta una famiglia”, nella quale viene chiesto alla Comunità il dono di una picco-la offerta un po’ più sostanzio-sa che, servirà per un intero anno a far fronte alle numero-sissime richieste che perven-gono al Parroco, don Saverio Russo e direttamente a noi.Un paio di volte l’anno in par-ticolari periodi come Natale e Pasqua, organizziamo una raccolta straordinaria di der-rate alimentari presso un su-permercato della nostra zona

Sensibilizzazione presso le parrocchie sulla “Giornata mondiale dei poveri” del 19 novembre, attraverso la pro-mozione di attività di condivisione con i poveri. Abbinata, la comunicazione del “messaggio” di Papa Francesco. Invio alle parrocchie del sussidio sul periodo di Avvento, contenenti brani di rifl essione evangelica articolati per ciascuna settimana.Avvio del percorso di formazione permanente per opera-tori di ascolto delle Foranie di Centro e di Maddaloni, in data 19 e 30 ottobre, rispettivamente. Previste per il ---- e 30 novembre, gli incontri per le Foranie di Marcianise, Nord-Est e Casertavecchia. Per l’occasione sarà illustrato il documento C.E.I. “Evangelizzazione e Testimonianza della carità” e, nella seconda ora, gruppi di lavoro con le psicologhe sulle attività di ascolto.

per donare ai nostri fratelli assistiti, prodotti tipici delle festività. Quest’anno condivi-deremo la gioia di “lavorare” insieme con i bambini, che si preparano al primo incontro con Gesù Eucarestia, coinvol-ti nella preparazione e gestio-ne dei “mercatini” che spesso organizziamo per raccogliere fondi da utilizzare per i biso-gni dei nostri assistiti.Per non correre il rischio dell’ “attivismo fi ne a se stesso”, ri-conoscendo l’importanza del-la formazione permanente, periodicamente ci incontria-mo per mettere in comune le esperienze vissute e confron-tarci, leggendo e meditando alcuni documenti della Chie-sa per trarne forza ed ispira-zione sul nostro operato.

pre con delicatezza e un sor-riso, facciamo nostre le loro problematiche. Il “luogo dell’ascolto” diventa poi “luogo dell’assistenza”, grazie alle derrate alimen-tari, fornite mensilmente dal “Banco delle Opere di Cari-tà”, che suddivise secondo i bisogni e la composizione del nucleo familiare, vengono di-stribuite due volte al mese,

INFORMAZIONE CARITAS

Caserta - Parrocchia SS.mo Nome di Maria

Caserta: iniziativa Caritas parrocchiale

Caserta - Parrocchia SS.mo Nome di Maria: don S. Russo e il gruppo Cari-tas parrocchiale

Caritas diocesana

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11il poliedroNovembre 2017 Anno 2 - n. 10 Caritas

di Antimo Vigliotta

Alla vigilia della prima Giorna-ta Mondiale dei Poveri, voluta

fortemente da Papa Francesco, la delegazione Campana delle Caritas Diocesane si è incontrata a Pozzuoli per la presentazione del dossier sul-le povertà della Regione Campania, appuntamento ormai che vede prota-goniste le Caritas diocesane campane da più di 10 anni.Hanno presenziato l’evento il Card. Crescenzio Sepe, Mons. Antonio Di Donna, Vescovo di Acerra e delegato regionale per la Carità, Mons. Gen-naro Pascarella, Vescovo di Pozzuoli

A Pozzuoli si incontrano le Caritas diocesane

Il dossier sulle povertàdella Regione Campania

e delegato regionale per la Pastorale Familiare e i curatori del dossier che in modo impeccabile, chiaro e preciso hanno presentato il dossier.Il Dossier regionale è un appunta-mento annuale per dare una voce ed un volto ai tanti poveri che bussano alle porte delle nostre chiese, ma anche uno strumento per leggere il nostro territorio regionale e attuare strategie caritatevoli a favori di chi vive situazioni di disagio. La Cam-pania vive una situazione molto par-ticolare che si è evoluta e cambiata negli ultimi anni: la popolazione è in rapido invecchiamento con un tasso di natalità in costante diminuzione (in un solo decennio il Mezzogiorno ha perso il primato delle fecondità femminile e negli anni Duemila il numero di fi gli per donna ha prose-guito nella storica tendenza alla ri-duzione).Si evidenzia, inoltre, come siano so-prattutto le donne a chiedere aiuto e venire presso i Centri di Ascolto e quindi diventano loro portavoce delle esigenze dell’intero nucleo familiare. Ciò evidenzia come negli ultimi anni cresce la diffi coltà delle famiglie ad arrivare a fi ne mese, a garantire ai fi gli, spesso minori, l’istruzione, le cure sanitarie indispensabili. Il volto della povertà in Campania ha ormai l’aspetto del disagio familiare diffuso.Le persone che bussano alle nostre Caritas hanno bisogni più vari: dalla povertà economica a quella lavorati-va, da quella sociale a quella relazio-nale. Chi ascolta queste persone che gridano aiuto? È signifi cativo che ben 2/3 delle persone ascoltate dichiara-no che usualmente trovano un sup-porto nell’ambito ecclesiale, non solo per un sostegno di tipo materiale, ma

anche un punto di riferimento impor-tante del territorio.Prima delle conclusioni, forti ed emozionanti sono state le testimo-nianze di alcune persone che grazie alla Caritas sono uscite dalla loro condizione di disagio e povertà: pa-dre separato senza fi ssa dimora, di-soccupato, donna affetta da HIV, un

giovane del progetto Policoro. Piccole ma grandi testimonianze che sono il segno concreto di una Chiesa via che si “sporca” le mani per il prossimo. C’è l’urgenza di investire nel cuore e nell’intelligenza delle persone al fi ne di continuare l’opera pedagogica e di accompagnamento che è l’anima del-la Caritas.

di Mimmo Iannascoli

Mi preme cogliere l’occasione dell’avvio del nuovo Anno Pa-

storale, per ringraziare, a nome della Caritas diocesana, il servizio reso dagli operatori dei Centri di Ascolto. Sappiamo bene la fatica che richiede la gestione di famiglie che la crisi economica ha gettato in una condizione di disperazione e sgomento. Ben conosciamo il senso di frustrazione e di impotenza che assale, quando non si riesce a sod-disfare tutte le richieste. Tuttavia, nonostante le diffi coltà e la carenza di risorse economiche, abbiamo po-tuto constatare la presenza di una Chiesa Viva, una chiesa dislocata al centro, come nelle periferie, talvol-ta all’interno di territori degradati, abitati da un’umanità “frantuma-ta”, abbandonata dalle istituzioni, una Chiesa quale unico punto di riferimento per i giovani, gli anzia-ni, le persone sole. Lo sappiamo e di questo dobbiamo essere loro grati.

“Fare comunione”Ma proprio in virtù di tali conside-razioni, appare ancor più stringen-te rafforzare e cementare i gruppi parrocchiali, non cedere a tentazio-ni isolazioniste o a spinte divisive, come qualche volta, purtroppo, ca-pita di assistere. Calendarizzare momenti di rifl essione comunitaria sulla Parola e di preghiera condivi-sa, è fondamentale per dispiegare la forza dello “Spirito” nelle nostre azioni e per alimentare un’altra for-za, propedeutica a qualunque prassi parrocchiale, ovverosia lo “spirito di gruppo”. “Fare comunione”, è un tema tanto proclamato, quanto, pur-troppo, non sempre applicato. Esso ne include altri, di cui si è parlato nei corsi di “Formazione di Base”: capacità di ascolto, di costruire rela-zioni con chi ci è accanto, di aprirsi alla comunità del proprio territorio. A seguire, alcuni esempi ove eserci-tare tali valori:“Fare comunione” con i nuovi operatori, che fanno fatica ad inse-rirsi ed integrarsi. Allo stesso modo,

suggerirei loro, di entrare in punta dei piedi. Prima di preoccuparsi di rivestire subito un ruolo, si diano del tempo per conoscere meglio gli altri operatori. Solo una reciproca dispo-nibilità può agevolare la crescita di un C.d.A. Ricordo che i gruppi poco aperti in difesa dell’esistente, ri-schiano di diventare asfi ttici e poco propositivi. La carità o è inclusiva o non è carità.“Fare comunione” nel proprio gruppo parrocchiale, signifi ca imparare a valorizzare le diversi-tà, ascoltare con curiosità ed atten-zione il punto di vista dell’altro ed accoglierlo se si ritiene migliore del proprio. Signifi ca non vedere l’altro come qualcuno che minaccia il no-stro ruolo, ma come chi può dare un contributo prezioso alla crescita del gruppo. Signifi ca, infi ne, far preva-lere le cose che uniscono rispetto a quelle che dividono.“Fare comunione” con gli altri gruppi parrocchiali, vuol dire aiutare i Parroci ad agevolare per-corsi di collaborazione tra le varie realtà parrocchiali e dunque realiz-

zare uno dei cardini dell’azione pa-storale ecclesiale, l’integrazione tra catechesi, liturgia e testimonianza della carità.“Fare comunione” con la propria comunità, signifi ca sentire la re-sponsabilità del proprio mandato di “operatore” di Ascolto, nel prestare un servizio in nome della comunità di appartenenza. Dunque, riporta-re ad essa il lavoro che viene svolto, coinvolgendola nel supporto alle fa-miglie in condizioni di indigenza. In defi nitiva, la carità è prima di tutto un percorso di crescita inte-riore, che ci spinga a metterci in discussione, a renderci disponibili a lasciarci cambiare dall’azione dello Spirito. In questo cammino, riten-go possa aiutare coltivare un valore assoluto per un credente: l’umiltà. Il primo passo, imparare a riconoscere quei momenti o quelle situazioni in cui non siamo stati capaci di espri-merla. È nel segno di questo impe-gno e di una speranza sempre viva, che auguriamo a ciascun operatore ed a noi stessi, gli auspici di un buon lavoro.

Pozzuoli: il Cardinal Sepe, Mons. Di Donna e Mons. Pascarella

Pozzuoli: assemblea delle Caritas diocesane

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12 Novembre 2017 Anno 2 - n. 10il poliedro Giornata dei poveri

di Carmine Ventrone

A conclusione del Giubileo Straordinario della Mi-

sericordia il papa annuncia, nella Lettera Apostolica Mi-sericordia et misera, che “come ulteriore segno concreto di questo Anno Santo straor-dinario, si debba celebrare in

“Non amiamo a parole ma con i fatti”Il 13 giugno 2017, memo-ria di S. Antonio da Padova, presenta il messaggio che accompagna la “I Giornata Mondiale dei Poveri”, cele-brata domenica scorsa, e che propone la misericordia come percorso operante del cristia-no, un itinerario che pone la sua base nell’amare il pros-

implica un atteggiamento di servizio che deve emulare ciò che ci è stato tramanda-to dai primi apostoli che, con sapienza e spirito di fraterni-tà, accolsero l’insegnamento del Maestro e «Vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secon-do il bisogno di ciascuno» (At

tutta la Chiesa, nella ricorren-za della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, la Giornata mondiale dei poveri. Sarà la più degna preparazione per vivere la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’U-niverso, il quale si è identifi ca-to con i piccoli e i poveri e ci giudicherà sulle opere di mise-ricordia (cfr Mt 25,31-46)”.

simo «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1 Gv 3,18). “Queste parole dell’a-postolo Giovanni esprimono un imperativo da cui nessun cristiano può prescindere”. La prima condizione è quindi l’amore donato “in maniera unilaterale, senza chiede-re cioè nulla in cambio”, ciò

2,45). Ed anche se nei secoli i cristiani, tante volte hanno perso di vista l’essenziale, non sono mancati i riferimenti e gli esempi per riportare i cri-stiani nel giusto sentiero, tra tutti l’esempio del poverello di Assisi, S. Francesco, che nella sua conversione ha reso “manifesta la forza trasfor-matrice della carità e lo stile

ascoltare il grido del povero e dell’impoverito; farsi pros-simo e vicino alla sofferenza degli indigenti e di tutti quel-li che sono diventati poveri, per la sopraffazione della società civile, che sempre più opera in un’ottica volta a tutelare solo interessi eco-nomici e di opportunità, che tendono al benessere di pochi

di vita dei cristiani.” L’uomo in relazione alla povertà si rende consapevole dei limiti della propria vita, e la fa di-venire strumento di vocazio-ne necessaria per ottenere e favorire per tutti la beatitu-dine del Regno dei cieli.L’uomo deve porsi nell’at-teggiamento di chi vuole

contro il malessere e l’indi-genza di tanti. È in questo scenario che il cristiano deve muoversi, aprirsi e indivi-duare come cooperare con tutti, perché bisogna essere “aperti ad ogni forma di soli-darietà, come segno concreto di fratellanza”, ma soprat-tutto, perché possa divenire credibile il grido che arriva da queste tante povertà, af-fi nché non sia sempre attu-tito dall’oblio e dalla scarsa operosità di chi potrebbe fare e rimane a guardare per con-venzione o per comodità. Il papa conclude il messaggio con la rifl essione sulla pre-ghiera del Padre Nostro, in particolare, quando diciamo, “dacci oggi il nostro pane” ed afferma che “Il Padre nostro è una preghiera che si esprime al plurale: il pane che si chie-de è “nostro”, e ciò comporta condivisione, partecipazione e responsabilità comune. In questa preghiera tutti ricono-sciamo l’esigenza di superare ogni forma di egoismo per accedere alla gioia dell’acco-glienza reciproca”. La Chiesa tutta deve sentirsi chiamata ad essere promotri-ce di opere di carità concrete, verso i poveri e gli impoveriti, verso gli indigenti e verso i disperati, bisogna farsi pros-simo e operare fattivamen-te al bene comune, bisogna tornare a Dio tutti con cuore mendicante affi nché la nostra preghiera al Signore possa elevarsi unanime: “Venga il tuo Regno!”.

Vaticano (sopra e in basso): Papa Francesco durante la Giornata Mondiale dei poveri

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13il poliedroNovembre 2017 Anno 2 - n. 10 Vita diocesana

di Marco Lugni

Mons. Giovanni D’Alise, con una partecipata ce-

lebrazione eucaristica anima-ta dalla corale della Parroc-chia SS. Salvatore di Recale, nella cappella del Seminario ha conferito il mandato edu-cativo agli insegnanti di reli-gione della diocesi. “Questo è un importante appuntamen-to – ha evidenziato don Silvio Verdoliva, direttore dell’Uffi -cio per l’insegnamento della religione - in quanto per loro è incominciato il cammino per un nuovo anno scolasti-co, un percorso di unione che deve essere una concreta testi-monianza di vita”. Il vescovo D’Alise, che per la quarta volta ha conferito il mandato educativo agli insegnanti di religione, nell’omelia ha mes-so in risalto come il docente non può essere educatore se non è in comunione con Cri-sto e la Chiesa. “All’interno della scuola il compito edu-cativo da parte dell’insegnan-te – ha sottolineato mons. D’Alise – non è certamente semplice da attuare, perché le regole del mondo così come dice Papa Francesco possono prendere il sopravvento sulle cose di Dio e oscurarle”. Inol-tre il vescovo, sempre rifa-cendosi al Sommo Pontefi ce, ha messo in risalto come la “mondanità oscura l’anima non facendoci vedere quello che c’è intorno a noi”. Al ter-mine della celebrazione euca-ristica il vescovo, per mettere in pratica questo signifi cativo momento di concordia, ha do-nato ai docenti il documento “I giovani, la fede e il discer-nimento vocazionale”, docu-mento di Papa Francesco ri-volto al Sinodo dei Vescovi in prossimità del Sinodo dedica-to ai giovani che ha affi dato loro come una vera e propria “bussola” per un cammino di comunione. Il docente deve ben sapere come insegnare

D’Alise: educarein comunionecon Cristo e la Chiesa

Il mandato agli insegnantidi religione cattolica

di Lucia Quattrone

Ogni giorno i nostri ragazzi si sveglia-no con la voglia di correre, andare lonta-

no e lasciare gli obblighi imposti dalla vita quotidiana e uscire dalla gabbia valoriale delle proprie famiglie per essere sempre più “liberi” e sempre più uguali”. Sembra giun-to il tempo in cui i genitori hanno perso la propria forza educativa e il loro ruolo verso i fi gli, ma al contempo, e per fortuna, sembra che il tempo in cui i fi gli possano fare a meno delle loro guide, del loro faro nella nebbia so-ciale di oggi, non sia ancora venuto. Come agire? La famiglia è il luogo naturale di trasmissione e di condivisione dei valori, perfi no di creazione di nuovi valori. Ma la famiglia non è una monade e non è l’unico attore sociale. Oggi più che mai la famiglia si muove in un arcipelago di soggetti educativi informali. Un arcipelago che mette in crisi la funzione naturale della famiglia di trasmis-sione e condivisione dei valori. Una ragione in più per puntare e rafforzare le storiche “Agenzie” educative e riscoprendo una rela-zione sistemica nuova dinamica sì ma effi ca-ce . Probabilmente le famiglie devono unirsi e cooperare effi cacemente con la scuola e la “vecchia” cara Chiesa.Occorre trovare soluzioni comuni che ripropongono e restaurino i pilastri fonda-

La famiglia e la condivisione dei valorimentali per far vivere in buona salute tut-ta la società: i valori. Da chi iniziare? Ogni agenzia educativa ha il suo compito specifi co da rivedere e riproporre alla luce di nuovi modelli che consentano di ristabilire il giusto equilibrio sociale. Alla famiglia il compito di ricominciare a comunicare, di riaccendere una relazionalità capace di motivare e far nascere il bisogno di dimostrare di essere e valere per ciò che si è ,e superare la necessità incessante di identi-fi carsi con le ultime mode, l’ultimo “giocatto-lo” tecnologico, l’ultimo “sballo”. Alla scuola il compito di superare il tecni-cismo e la corsa a produrre “competenze”, per rivalutare la persona umana che ha sempre più bisogno di essere rieducata ai sentimen-ti, di ritrovare la gioia di vivere e la capacità di progettare la propria vita slegandola dal mero successo economico. Alla Chiesa il compito di riprendere il pro-prio posto nella società, ristabilire un nuovo contatto relazionale tra la Parola di Dio e la cultura, passando attraverso la famiglia e la scuola, e aiutare tutti, ma soprattutto i ragazzi, a ritrovare la loro fi ducia nel suo essere valore e far superare l’incapacità di credere e la paura del “silenzio” di Dio. Tutti insieme all’opera allora, per riscri-vere le coordinate e per saper interpretare la mappa che ci condurrà al futuro.

religione e come fare cateche-si; nell’insegnamento della religione cattolica fondamen-tale è la trasmissione di co-noscenze documentate sulle fonti della religione cattolica, soprattutto la Bibbia e sui documenti della Tradizione storica, culturale, artistica dell’Italia principalmente e dell’Europa. Non è attività catechistica, ma non è neppu-re una semplice trasmissione di informazioni, perché è una materia scolastica, che deve porre al centro la persona umana. Perciò l’insegnamen-to della religione cattolica deve corrispondere alle esi-genze pedagogiche, didatti-che e di organizzazione delle diverse discipline nel quadro del P.O.F. (Piano dell’Offerta Formativa). L’insegnamento è destinato a qualsiasi alun-no, indipendentemente dal credo religioso di apparte-nenza, che ne abbia espresso la scelta. Interessa alla scuo-la e al docente che l’alunno non diventi vittima di ciò che l’ignoranza porta con sé in una società pluriculturale etnica e religiosa. Nel con-tempo la catechesi è attività propria della comunità cre-dente e si svolge nell’ambito di un percorso di iniziazione alla fede, il cui luogo prima-rio è, o meglio dovrebbe es-sere, la famiglia. I percorsi della catechesi comprendono la preghiera comunitaria e si svolgono perciò in luoghi diversi dalla scuola pubblica, sia statale che di ispirazione cristiana, quali la parrocchia, l’oratorio, il gruppo catechi-stico. Per tanto rimane ovvio che l’insegnante di religione non può esimersi da testimo-niare la propria fede all’inter-no della struttura scolastica, per la liberazione di tutto ciò che umilia l’uomo e per valo-rizzare tutto ciò che favorisce la promozione e il rispetto e la dignità della persona uma-na.

di Elio Rossi

La famiglia, diventata oggi un tema di consumo

richiede più che mai un’at-tenzione di ascolto, di dialogo e di comunione. Essa infatti è come un’orchestra, un en-semble musicale dove par-tecipano tutti gli strumenti con la propria voce e secondo lo spartito. Il direttore è il padre, che spesso però non c’è. La madre dal canto suo, sa amare e sacrifi carsi; da lei si va per chiedere, per-ché è luogo di pace, dove si trova la gioia, non la felicità. La felicità infatti riguarda l’Io, mentre la gioia è cora-le, passa da uno all’altro e quella dell’altro diventa mia in un percorso di crescita e di educazione con i fi gli in un mondo diffi cile, dinamico e in continuo cambiamento spesso contraddistinto da tensioni e confl itti economici e culturali. L’amore, motore della storia, nel matrimonio è un legame sacro dove una delle principali caratteri-stiche è il rito e come tale richiede cura e sempre nuovi atteggiamenti, giochi, sorrisi e vestito migliore.E’ vero: il soggetto moderno corre il rischio di dimenticare il “NOI”, come condizione dell’Io-Tu e di cadere, perciò, in forma di solipsismo, di in-dividualismo e di relativismo. Ma l’Amoris Laetitia non

Le sfi de pastorali dellafamiglia secondo il Vangelo

rinuncia affatto al “NOI”, che è fondamento della società aperta, ma a condizioni di-verse: il Vangelo ha rapporto con la legge oggettiva e con la coscienza soggettiva, senza identifi carsi né con l’una né con l’altra (AL 304). Il rap-porto tra Cristo e la Chiesa è contenuto del “segno” e della analogia del matrimo-nio, ma in modo imperfetto (AL 72-73). Accompagnare, discernere e integrare è lo stile generale della pastorale ecclesiale, che vale per le “famiglie felici” come per le “famiglie ferite” (AL 308). Il matrimonio è relazione di amore di soggetti liberi che mette radici, non sequenza di diritti e doveri fondati su un contratto (AL 37). Il Vangelo è il riconoscimento vigilante e profetico di un “NOI” che

attraversa la coscienza e la storia dei soggetti: è il dono di riconoscersi riconosciu-ti. Pertanto il vangelo del soggetto correlato misterio-samente al noi matrimoniale, familiare, popolare, comuni-tario e sociale è un’autentica sfi da e rivoluzione coperni-cana del futuro della Chiesa annunciata e realizzata dalla “Esortazione Apostolica sull’amore nella famiglia”. L’amore, infatti, più che una passione, è un affetto: non è un’esperienza che si subisce, ma un atto di conoscenza. E’ un modo di percepire e vedere il mondo, che diviene pura espressione di gioia alla presenza di un altro anche in una famiglia allargata, sia durante la preparazione al matrimonio che dopo la scelta di vita insieme.

Cappella del Seminario: Mons. D’Alise e don S. Verdoliva

Vaticano: Papa Francesco durante la celebrazione di un Battesimo

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14 Novembre 2017 Anno 2 - n. 10il poliedro Vita spirituale

di Rosalba Zampella

Sabato 28 ottobre, i ministri straordi-nari della Comunione, i lettori e gli

accoliti della Diocesi di Caserta, guidati da don Biagio Saiano, responsabile dei ministri istituiti e don Sergio Adimari, responsabile della pastorale della salu-te, hanno scelto Capodrise per vivere insieme una mattinata di spirituali-tà sulle orme del Venerabile Servo di Dio Giacomo Gaglione, convinti che rifl ettere sulla fi gura di un testimone fosse il modo più effi cace per iniziare

di Elio Catarcio

La donna ha avuto un ruolo fondamentale già

nelle protoculture del Me-dio Oriente e dei popoli del bacino del Mediterraneo. La fi gura della Grande Madre in queste civiltà si pone come la prima divinità, escludendo o relegando in second’ordine la presenza dell’Essere Supre-mo. Questi abita le alture del cielo, basta a se stesso, do-mina il cosmo come padrone assoluto disinteressandosi quasi sempre delle vicende umane. La Grande Madre, al contrario, è presentata nelle stesse culture, a volte come divinità della super-fi cie terrestre, a volte come dea delle profondità sotter-ranee. Carica di poteri e dei frutti della terra, partecipa al protrarsi e al rinnovarsi della vita attraverso le diver-se forme di germinazione e trasformazione della natura, assumendo ciclicamente in-numerevoli personifi cazioni. Basti pensare al mito greco di Era, regina degli dei e de-gli uomini, a Cibele, signora delle fi ere, raffi gurata su un cocchio trainato da quattro leoni, e a Demetra, dea dei campi di grano: tutte fi glie di

Dalla lottaall’abbracciocol Padre

Maria, la Vergine MadreRea, la Grande Madre. Que-sta presenza femminile, sen-tita ed invocata in tutte le culture arcaiche, sarà come un richiamo costante, uno stretto nodo ombelicale che unirà a tal punto la natura alla divinità nelle religioni mediorientali e greco-roma-ne che niente e nessuno ri-uscirà a separarle. La più antica mitologia arriva an-che a sdoppiare la fi gura del-la Grande Dea in Vergine e Madre. La fanciulla, che nel mito greco di Demetra viene strappata al grembo protet-tivo della Grande Madre, as-sume la personifi cazione di Core nei sei mesi in cui vive sulla superfi cie terrestre e le sembianze di Persefone ne-gli altri sei mesi che passa negli inferi. Questa trasfor-mazione vuole signifi care l’inizio dell’Anno Nuovo con l’alternarsi periodico delle stagioni e dei tempi della se-minagione e del raccolto. Nei vari miti la Grande Donna rappresenta sempre l’essere primigenio, il principio origi-nario femminile che, semina-to o meno, trae da lei la vita e la trasmette al mondo.In tale contesto culturale in cui natura e divinità, tempo ed eternità, terra e donna

quasi si confondono, acqui-stano un particolare signi-fi cato le parole e le attese profetiche di Isaia: “Il Signo-re stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un fi glio, che chia-merà Emmanuele” (Is 7,14).Allo stesso modo rivestono grande signifi cato le due fe-ste dell’Anno liturgico. La prima, quella della Vergine Maria sotto il titolo di Imma-colata Concezione, posta nel cuore dell’Avvento, quando nel nostro emisfero occiden-tale la terra appena arata è pronta a ricevere il seme, ac-quista un richiamo simbolico alla verginità. La seconda, quella di Maria, Madre di Dio, la Theotòkos – come la defi nì il Concilio Ecumenico di Efeso nel 431 – celebra-ta dopo la nascita di Cristo, quando l’azione generatrice di Maria, Vergine – Madre, assicura da un lato un’inin-terrotta catena di nascite nel mondo, dall’altro racchiude anche il simbolo della mater-nità divina.La fi gura della Vergine Ma-dre abbraccia tutta la fecon-dità della terra. Maria di-venta il segno che raccoglie tutte le fi gure di donna con le quali l’umanità dalle sue

origini ha espresso l’arche-tipo dell’eterno femminile: quello della terra pura, della terra madre, della fedeltà, della pietà operosa, dell’a-more materno che cura con tenerezza le sofferenze della creazione legate alla lacera-zione, ai patimenti, ai dolori, alla morte. Maria è il baglio-

re del Vero che illumina, la purezza che incanta, la te-nerezza che commuove, la memoria che riverbera l’eco struggente di una bellezza perduta, di un’armonia spez-zata all’origine dell’umanità e poi ritrovata; è la possibi-lità che abbiamo tutti di spe-rare ancora, sperare sempre.

8 dicembre festa dell’Immacolata

il percorso proposto per questo nuovo anno pastorale. Accolti dal parroco don Giuseppe Di Bernardo, si sono riuniti prima presso la Chiesa di Sant’Andrea Apostolo dove è custodito il corpo e poi presso la casa delle “Sorelle di Gesù Eu-caristia e dei Poveri” dove Giacomino ha trascorso gli ultimi 20 anni della sua vita. A tutti loro la fi gura di Giacomino è stata presentata come un testimone che ha scalato la vetta della santità non perché ha sofferto per 50 anni, ma per-ché si è lasciato condurre sui sentieri di Dio; all’inizio recalcitrando, poi via

via sempre con maggiore docilità, per-ché aveva compreso una verità fonda-mentale: ognuno di noi è chiamato alla santità anche se le strade per raggiun-gere la meta sono diverse. La sua è sta-ta costellata di sofferenza, un aspetto della vita, questo, che dà molto fastidio all’uomo moderno perché secondo la mentalità corrente la persona sofferen-te è solo un peso per la società che non esita ad emarginarla. Solo in quest’ot-tica la santità non risulta più un agire del passato o una pratica per pochi pri-vilegiati, ma è per chiunque voglia rea-lizzare in pienezza il suo essere uomo. In particolare forte fu per Giacomino l’esperienza vissuta a S. Giovanni Ro-tondo, quando incontrò Padre Pio; lui stesso ha parlato di trapianto biblico. La sua vita viene trasformata dalla Grazia e quando questa tocca l’anima e la creatura accondiscende, non c’è mise-ria che possa porre ostacoli. Giacomino avverte dentro di sé una “chiamata”; attraverso un suo ministro, Dio lo sta invitando a compiere qualcosa di gran-de che lui ancora non comprende; il suo compito, ora, è quello di far penetrare

questa luce fi n nella profondità del suo essere, di abbandonarsi fi ducioso tra le braccia del Padre che lo vuole condur-re su sentieri conosciuti a lui solo e gli chiede unicamente di porsi sotto la luce della sua benedizione per sperimenta-re così, sia pur nella sofferenza, quella comunione e quella gioia che, forse in-consapevolmente, bramava da tempo. Al suo ritorno, intraprese un’intensa vita spirituale che si andò sviluppando nel tempo: egli desiderava conoscere il Signore per amarlo di più, perciò oltre alle pratiche di pietà e alla Comunione sacramentale, scelse un direttore spiri-tuale e si dedicò allo studio della Sacra Scrittura. È interessante constatare, così come si afferma nella Dei Verbum, che la Parola di Dio diventi immediata-mente per lui «cibo dell’anima, sorgente pura e perenne di vita spirituale». Sicu-ramente di essa si nutriva attraverso i messalini feriali e festivi in uso nel po-polo e grazie ai molti amici sacerdoti, in particolare i fratelli Busacca, che certo non mancarono di donare alla sua ani-ma assetata di Dio l’unica “acqua” ca-pace di soddisfarla.

Capodrise:don Di Bernardo,

don Saiano e don Adimari con i ministri straordinari

della Comunione i lettori e gli accoliti

Capodrise:un momento dellacelebrazione

Immacolata Concezione attribuita a Domenico Mondo (1717-1806)

Note liturgiche

Il Venerabile Servo di Dio Giacomo Gaglione

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15il poliedroNovembre 2017 Anno 2 - n. 10 Notizie

2017Agenda del Vescovo Dicembre 30 novembre 2017 ore 19:00 - Catte-drale: I Catechesi di Avvento del Vescovo 1 dicembre 2017 ore 10:00 – 13:00 Curia Vescovile: il Vescovo riceve in udienza i signori laici 2 dicembre 2017 ore 10:00 - Pompei: il Vescovo presiede l’incontro dei Delega-ti di P.S.L. della C.E.C. 3 dicembre 2017 ore 11:30 - Catte-drale: Celebrazione Eucaristica nella I Domenica di Avventoore 13:00 - Cattedrale: Celebrazione Eu-caristica del Vescovo per la Comunità Filippina di Caserta 4 dicembre 2017 ore 10:00 - Catte-drale: Celebrazione Eucaristica del Ve-scovo in occasione della festa di Santa Barbara, santa patrona del corpo dei Vi-gili del fuoco e dell’Esercito 5 dicembre 2017 - Pompei: il Vesco-vo partecipa alla Conferenza Episcopale Campana 6 dicembre 2017 ore 10:00 – 13:00 Cu-ria Vescovile: il Vescovo riceve in udienzaOre 18:00 - Parrocchia “Santa Maria de-gli Angeli” in San Nicola la Strada: Ce-lebrazione Eucaristica del Vescovo in oc-casione della memoria del Santo patrono della città, San Nicola Vescovo 7 dicembre 2017 ore 11:00 - Casolla (CE): il Vescovo incontra la Comunità “Le Ali”ore 19:00 - Cattedrale: II Catechesi di Avvento del Vescovo

8 dicembre 2017 ore 11:30 - Cattedra-le: Celebrazione Eucaristica del Vescovo nella Festa della SS. Immacolataore 18:30 - Parrocchia “Buon Pastore” in Caserta: Celebrazione Eucaristica del Ve-scovo nella Festa della SS. Immacolata 9 dicembre 2017 ore 18:00 - Parrocchia “San Simeone” in Marcianise (CE): Cele-brazione delle Sante Cresime per i ragazzi 10 dicembre 2017 ore 10:00 - Cappella del Seminario: Celebrazione Eucaristica del Vescovo per i non udentiore 11:30 - Cattedrale Celebrazione Eu-caristica del Vescovo nella II Domenica di Avventoore 18:00 Parrocchia “S. Andrea Ap.” in Capodrise (CE): Celebrazione Eucaristica del Vescovo per i 25 anni della presenza a Capodrise della comunità delle “Sorelle di Gesù Eucaristia e dei Poveri” 11 dicembre 2017 ore 10:30 - Santua-rio di Sant’Anna: Celebrazione Eucaristica del Vescovo per l’Aeronautica Militare di Caserta in occasione della festività della Santa Patrona “Madonna di Loreto” 12 dicembre 2017 ore 9:30 - Convento dei Padri Carmelitani in Maddaloni (CE): Ritiro di Avvento del Clero 13 dicembre 2017 ore 10:30 - Cappella Palatina della Reggia di Caserta: il Vesco-vo incontra i giudici del Tribunale Eccle-siastico Regionale Campano 14 dicembre 2017 ore 10:00 - Villaggio dei Ragazzi in Maddaloni (CE): Celebra-

zione Eucaristica del Vescovo in occasione del 70° anniversario della Fondazioneore 18:00 - Basilica del “Corpus Domini” in Maddaloni (CE): Celebrazione Eucaristi-ca del Vescovo in occasione della festa del Santo Patrono della Parrocchia, Sant’A-niello 15 dicembre 2017 ore 10:00 - 13:00 Cu-ria Vescovile: il Vescovo riceve in udienza i signori laiciore 19:00 Parrocchia “San Simeone Pro-feta” in Sala (CE): il Vescovo incontra il gruppo famiglie 16 dicembre 2017 ore 9:30 - PP. Car-melitani di Maddaloni: Ritiro spirituale di Avvento dei Ministri dell’Eucaristiaore 16:00: scambio di auguri con i bambini dell’A.C.ore 18:30 - Santuario “Cuore Immacolato di Maria” presso i PP. Salesiani di Caser-ta: Ordinazione Diaconale dell’Accolito Giancarlo D’Ercole 17 dicembre 2017 ore 11:30 - Cattedra-le: Celebrazione Eucaristica del Vescovo nella III domenica di Avvento. Parteciperà l’Associazione Nazionale Vittime del Dovereore 18:30 Parrocchia “SS. Immacolata” in Maddaloni (CE): Celebrazione delle Sante Cresime 18 dicembre 2017 ore 19:00 - Cattedra-le: III Catechesi di Avvento del Vescovo 19 dicembre 2017 ore 11:00 Comunità “Le Ali”: Celebrazione Eucaristica del Ve-scovo e scambio di auguri

ore 20:00 - Cattedrale: Veglia dell’Azione Cattolica presieduta dal Vescovo 20 dicembre 2017 ore 10:00 - Curia Ve-scovile: Scambio di auguri del Vescovo con gli addetti di Curia 21 dicembre 2017 ore 10:00 - Con-vento dei PP. Carmelitani di Maddalo-ni: Ritiro di Avvento dei diaconi perma-nenti 22 dicembre 2017 ore 10:00 - Basilica del “Corpus Domini” in Maddaloni (CE): Celebrazione Eucaristica del Vescovo per gli alunni del Villaggio dei Ragazzi 23 dicembre 2017 ore 12:00 - Santua-rio di Sant’Anna: il Vescovo partecipa al pranzo di Natale 24 dicembre 2017 ore 11:30 - Cattedra-le: Celebrazione Eucaristica del Vescovo nella IV Domenica di Avventoore 23:30 - Cattedrale: Veglia con canti e rifl essioniore 24:00 Solenne Celebrazione Eucaristi-ca nella Natività del Signore 25 dicembre 2017 ore 11:30 - Cattedra-le: Solenne Celebrazione Eucaristica per il Santo Natale 30 dicembre 2017 ore 18:00 - Cattedra-le: Celebrazione Eucaristica per le Famiglie 31 dicembre 2017 ore 17:00 - Cat-tedrale: Celebrazione Eucaristica e “Te Deum” 1 gennaio 2018 ore 11:30 - Cattedrale: Celebrazione Eucaristica nella solennità di Maria SS. Madre di Dio

Reg. Trib.S. Maria C.V.n. 839, 28/09/2015

Iscritto a

Periodico della Diocesi di CasertaDirettore ResponsabileLuigi Nunziante

Direzione - RedazioneAmministrazioneCaserta, Piazza Duomo, 11Tel. e Fax 0823 448014 (int. 70)e-mail: [email protected]

EditriceDiocesi di Caserta

StampaDepigraf s.n.c.Caserta, Via Cifarelli, 14

Si ringrazia per la realizzazionedi questo numero:Mons. Giovanni D’AlisePaola BroccoliElio CatarcioFrancesco de CoreRosanna de LuciaMimmo IannascoliMario LibreraGiuseppe LimoneMarco LugniOrnella MincioneRosaria MonacoGian Maria PiccinelliPierluigi e Gabriella ProiettiLucia QuattroneElio RossiAngela SantonastasoStefano SguegliaCarmine VentroneAntimo VigliottaRosalba Zampella

Si ringrazia per le foto:Gianfranco CarozzaBruno CristilloNicola NatalePietro Natale

di Pierluigi e Gabriella Proietti

Mettiamoci in ascolto della rivo-luzione pastorale che sta su-

scitando l’Amoris Laetitia. «Per ri-cercare ciò che oggi il Signore chiede alla sua Chiesa dobbiamo prestare orecchio ai battiti di questo tempo, percepire l’odore degli uomini d’oggi fi no a restare impregnati delle loro gioie e speranze, tristezze e angosce. A quel punto sapremo proporre, con credibilità, la buona notizia sulla famiglia» (Papa Francesco, Veglia Sinodo Famiglia 2014). Occuparsi della realtà, occuparsene con umil-tà, ascoltare prima di giudicare, sono ingredienti fondamentali per avviare un rinnovamento pastorale. Tale rinnovamento richiede che nel-le parrocchie la pastorale familiare, ed in particolare la pastorale per le coppie, abbia un ruolo centrale, sia il perno su cui ruota tutta la pastorale parrocchiale. Una pastorale per le coppie incisi-va, effi cace, attraente, coinvolgente: nuova. Sulle orme tracciate da Amo-ris Laetitia: “Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rottu-re” (AL307).Nella realtà ecclesiale purtroppo non è frequente l’organizzazione di percorsi specifi camente destinati alle coppie dopo il matrimonio, alle coppie di conviventi e ai divorziati risposati, mentre urge.Coppie Guida e Coppie Pilota. Alla luce della nostra esperienza con i Percorsi formativi di Betania per le coppie, suggeriamo di curare in

La coppia animatrice al Convegno diocesano “Morir d’amore”

Una rivoluzione pastoraleogni parrocchia la preparazione di coppie guida e di coppie pilota. Per “coppie guida” si intendono coppie che ricevono dal parroco l’incarico di animare i gruppi di coppie. Impor-tante che siano coppie che si sentano “misericordiate”, con lo spirito del fi gliol prodigo non del fi glio maggio-re. Entusiaste di formarsi. Con lo sguardo fi sso su Gesù che è la vera Guida. Per “coppie pilota” si inten-dono coppie destinate dal parroco a prendersi cura dei neo-sposi, attra-verso un semplice rapporto di amici-zia e prossimità. Papa Francesco al n. 230 di Amoris Laetitia suggerisce di «affi dare a coppie più adulte il compito di seguire coppie più recenti del proprio vicinato, per incontrar-le, seguirle nei loro inizi e proporre loro un percorso di crescita». È un accompagnamento che previene, pri-ma di curare, ed è quello silenzioso, che sa intervenire nei tempi giusti, di coppie mature nella fede, che sono in grado di aiutare le coppie in diffi -coltà a come affrontare la crisi. Non è più suffi ciente lo spontaneismo pastorale. Una pastorale familiare effi cace ha bisogno di competenze, metodo e contenuti. È necessaria una equipe composta dal sacerdote, dalla Coppia Guida e da alcune cop-pie pilota.Una possibile proposta è caratteriz-zata da Incontri mensili con al cen-tro la Parola di Dio attualizzata, il Magistero di Papa Francesco sulla famiglia, un laboratorio in cui le cop-pie si mettono in gioco, un confron-to di coppia, un impegno da vivere nel mese, una condivisione generale, la preghiera fi nale: questa è la no-

stra esperienza. Le coppie guida, (cf. AL 225) hanno il compito di offrire strumenti pratici e accorgimenti che aiutino a riempire di contenuto e di signifi cato gli incontri delle coppie in parrocchia. Per svolgere questo ser-vizio hanno bisogno di una formazio-ne seria: conseguendo un diploma di consulente familiare, ad esempio presso centri formativi qualifi cati, acquisendo una buona conoscenza di base dell’antropologia cristiana (es: diploma o master su matrimonio e famiglia all’Istituto Giovanni Paolo II), lavorando con umiltà su di sé, perché solo sapendo lavorare sulla propria coppia si può divenire effi ca-ci guide di altre coppie. È auspicabile infi ne che le coppie gui-da svolgano un periodo di tirocinio accanto a coppie guida già collauda-te. Il rinnovamento della pastorale, a cui ci richiama il Papa, non è un’in-farinatura di nuovi gerghi teologici: richiede un grande lavoro su di sé e una grande competenza, uniti a una sincera passione per quel tesoro in vasi di creta che è l’amore degli spo-si (cfr. in particolare AL 273, 204, 229).È il momento quindi di partire nel-le parrocchie con nuovi percorsi di accompagnamento per le coppie, di mettere in pratica un metodo di la-voro e di verifi carne sul campo l’ef-fi cacia, mettendolo a punto di volta in volta, perché “Il tempo è superiore allo spazio” (AL 2).

Riportiamo una parte dell’inter-vento dei coniugi Proietti al Con-vegno diocesano “Morir d’Amore” - Caserta 12-15 ottobre 2017

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