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Da dove veniamo? Dove andiamo?* - ira.inaf.it · lia di sessant’anni fa. La nascita della...

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ulla di profondamente filosofico, come po- trebbero indurre a pensare gli interrogativi esistenziali del titolo, ma più semplicemente un tratteggio dello sviluppo della ricerca astronomica italiana, dalla fine degli anni Cinquanta fino agli anni Novanta, come da me vissuta e interpretata. Credo che questo excursus possa essere istruttivo specialmente per le giovani generazioni, poiché ri- tengo sia importante avere una percezione delle fondamenta per consolidare il senso di appartenen- za alla casa comune. Qualche breve annotazione autobiografica, ma non solo, che mi ha visto all’avvio della radioastro- nomia bolognese, e subito dopo al nuovo Centro di Astrofisica di Frascati di Livio Gratton, può dare l’idea dello stato della ricerca astronomica nell’Ita- lia di sessant’anni fa. La nascita della radioastronomia bolognese Nel 1958, iscritto al iv anno del corso di Laurea in Fi- sica all’Università di Bologna, mi decisi per una tesi di astrofisica teorica con la supervisione di Aldo Kranjc, astronomo da poco trasferitosi a Bologna. Alcuni mesi dopo (inizio primavera del ’59) fummo convocati nell’ufficio di Giampietro Puppi, diretto- re dell’Istituto di Fisica “A. Righi” e temporanea- mente incaricato della direzione dell’Istituto di Astronomia, che ci illustrò la sua idea di lanciare un grande progetto per la radioastronomia extragalat- tica e suggerì di orientare la mia tesi verso questa “nuova” disciplina. Ci preannunciò che anche Mar- cello Ceccarelli, giovane fisico delle particelle ele- mentari da poco acquisito allo studio bolognese, si sarebbe occupato del progetto al termine di esperi- menti nei quali era ancora impegnato. Notissimo fi- sico dei raggi cosmici e delle particelle elementari, Puppi amava l’astronomia e voleva lanciarla nello Studio bolognese. La mia risposta positiva giunse in un battere di ciglio e non poteva essere altrimenti per la grande stima verso il maestro, ma anche per- ché il nuovo mi affascinava, mentre la mia attenzio- ne per lo studio della ‘equazione del trasporto’ an- dava rapidamente scemando. Subito dopo quel colloquio, la dura realtà della assoluta mancanza di una conoscenza della materia radioastronomica ap- parve in modo chiaro. Fu a questo punto che Kranjc mi suggerì di parlarne con Guglielmo Righini, di- rettore dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, che aveva avviato ricerche di radioastronomia solare. Righini fu molto cortese, il colloquio relativamente breve, ma preziosa l’indicazione della rivista nella quale gli esperti internazionali avevano recente- mente pubblicato ampie rassegne. Biografia fonda- mentale per la mia tesi (dicembre 1959) nella quale, grazie soprattutto alle discussioni interne al gruppo radioastronomico che si stava formando, trattavo dei vantaggi di un grande radiotelescopio del tipo “Croce di Mills” per gli studi extragalattici e la co- smologia: il disegno poi adottato per la “Croce del Nord”. Con la guida di Ceccarelli, si decise di costruire un radiotelescopio di prova, anche per dimostrare al Ministero della Pubblica Istruzione (mp i), che g nel luglio ’59 si era impegnato con Puppi a finanzia- re una grande impresa con una somma cospicua per l’epoca, che il nascente gruppo di radioastronomia era effettivamente in grado di farvi fronte. Nel me- se di giugno 1960, il “medicinoscopio”, così fami- liarmente denominato per la localizzazione nella campagna di Medicina, fu inaugurato alla presenza del sen. Giuseppe Medici, ministro della pi.1 Per quanto di prova, si trattava però di uno strumento di transito del tutto rispettabile, progettato e co- struito in pochi mesi [1], con il quale furono fatte os- servazioni astronomiche e test per la parte elettrica della “Croce del Nord”. Con l’esclusione di Righini, cointeressato per il fatto che una frazione del finan- ziamento del mpi sarebbe poi servita per un radio- telescopio solare di 10 metri di diametro da installa- 2 Giornale di Astronomia · 2014, 4 * Lezione Magistrale tenuta a Milano il 15 maggio 2014, in occasione del conferimento all’Autore del Premio inaf-sait per la ricerca in astronomia e astrofisica “Sidereus Nuncius”, rivolto a studiosi italiani che con la loro attività abbiano particolarmente onorato le scienze dell’universo (vedi «Giornale di Astronomia», n. 3, 2014, p. 2 e le due lettere alla fine di questo articolo). 1 Il giorno prima dell’inaugurazione eravamo tutti indaffarati per gli ultimi controlli, quando ci si accorse che un teleruttore di una delle centine di supporto del lungo riflettore cilindro parabo- lico, disposto in direzione E-W, non ne voleva sapere di funziona- re, il che ci rese tutti ansiosi: non si sarebbe potuto muovere l’antenna in declinazione pena l’accartocciarsi del riflettore di fili d’acciaio tesi per tutta la lunghezza, un’immagine devastante. Ricordo che trafficai intorno a quel teleruttore per due o tre ore; era estate e ci si vedeva ancora a sera inoltrata, quando il sogget- to incriminato improvvisamente mise giudizio e il sincronismo del movimento dell’antenna fu di nuovo ristabilito. Ceccarelli, in uno dei suoi tipici slanci, mi abbracciò saltellandomi attorno. Sì, avevo contribuito ad evitare una possibile figuraccia, ma non avevo capito nulla di quel che avevo armeggiato né probabilmen- te avrei saputo ripetermi. Il giorno dopo, nel corso della cerimo- nia, per maggior precauzione mi piazzai di guardia alla consolle di comando, ma tutto filò liscio. N Da dove veniamo? Dove andiamo?* Giancarlo Setti Alma Mater Studiorum · Università di Bologna inaf · Istituto di Radioastronomia
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ulla di profondamente ÞlosoÞco, come po-trebbero indurre a pensare gli interrogativi

esistenziali del titolo, ma più semplicemente untratteggio dello sviluppo della ricerca astronomicaitaliana, dalla Þne degli anni Cinquanta Þno agli anni Novanta, come da me vissuta e interpretata.Credo che questo excursus possa essere istruttivospecialmente per le giovani generazioni, poiché ri-tengo sia importante avere una percezione dellefondamenta per consolidare il senso di appartenen-za alla casa comune.

Qualche breve annotazione autobiograÞca, manon solo, che mi ha visto all’avvio della radioastro-nomia bolognese, e subito dopo al nuovo Centro diAstroÞsica di Frascati di Livio Gratton, può darel’idea dello stato della ricerca astronomica nell’Ita-lia di sessant’anni fa.

La nascita della radioastronomia bolognese

Nel 1958, iscritto al iv anno del corso di Laurea in Fi-sica all’Università di Bologna, mi decisi per una tesidi astroÞsica teorica con la supervisione di AldoKranjc, astronomo da poco trasferitosi a Bologna.Alcuni mesi dopo (inizio primavera del ’59) fummoconvocati nell’u/cio di Giampietro Puppi, diretto-re dell’Istituto di Fisica “A. Righi” e temporanea-mente incaricato della direzione dell’Istituto diAstronomia, che ci illustrò la sua idea di lanciare ungrande progetto per la radioastronomia extragalat-tica e suggerì di orientare la mia tesi verso questa“nuova” disciplina. Ci preannunciò che anche Mar-cello Ceccarelli, giovane Þsico delle particelle ele-mentari da poco acquisito allo studio bolognese, sisarebbe occupato del progetto al termine di esperi-menti nei quali era ancora impegnato. Notissimo Þ-sico dei raggi cosmici e delle particelle elementari,Puppi amava l’astronomia e voleva lanciarla nelloStudio bolognese. La mia risposta positiva giunse inun battere di ciglio e non poteva essere altrimentiper la grande stima verso il maestro, ma anche per-ché il nuovo mi a0ascinava, mentre la mia attenzio-ne per lo studio della ‘equazione del trasporto’ an-dava rapidamente scemando. Subito dopo quel

colloquio, la dura realtà della assoluta mancanza diuna conoscenza della materia radioastronomica ap-parve in modo chiaro. Fu a questo punto che Kranjcmi suggerì di parlarne con Guglielmo Righini, di-rettore dell’Osservatorio AstroÞsico di Arcetri, cheaveva avviato ricerche di radioastronomia solare.Righini fu molto cortese, il colloquio relativamentebreve, ma preziosa l’indicazione della rivista nellaquale gli esperti internazionali avevano recente-mente pubblicato ampie rassegne. BiograÞa fonda-mentale per la mia tesi (dicembre 1959) nella quale,grazie soprattutto alle discussioni interne al grupporadioastronomico che si stava formando, trattavodei vantaggi di un grande radiotelescopio del tipo“Croce di Mills” per gli studi extragalattici e la co-smologia: il disegno poi adottato per la “Croce delNord”.

Con la guida di Ceccarelli, si decise di costruireun radiotelescopio di prova, anche per dimostrare alMinistero della Pubblica Istruzione (mpi), che giànel luglio ’59 si era impegnato con Puppi a Þnanzia-re una grande impresa con una somma cospicua perl’epoca, che il nascente gruppo di radioastronomiaera e0ettivamente in grado di farvi fronte. Nel me-se di giugno 1960, il “medicinoscopio”, così fami-liarmente denominato per la localizzazione nellacampagna di Medicina, fu inaugurato alla presenzadel sen. Giuseppe Medici, ministro della pi.1 Perquanto di prova, si trattava però di uno strumentodi transito del tutto rispettabile, progettato e co-struito in pochi mesi [1], con il quale furono fatte os-servazioni astronomiche e test per la parte elettricadella “Croce del Nord”. Con l’esclusione di Righini,cointeressato per il fatto che una frazione del Þnan-ziamento del mpi sarebbe poi servita per un radio-telescopio solare di 10 metri di diametro da installa-

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* Lezione Magistrale tenuta a Milano il 15 maggio 2014, in occasione del conferimento all’Autore del Premio inaf-sait per laricerca in astronomia e astroÞsica “Sidereus Nuncius”, rivolto astudiosi italiani che con la loro attività abbiano particolarmenteonorato le scienze dell’universo (vedi «Giornale di Astronomia»,n. 3, 2014, p. 2 e le due lettere alla Þne di questo articolo).

1 Il giorno prima dell’inaugurazione eravamo tutti inda0aratiper gli ultimi controlli, quando ci si accorse che un teleruttore diuna delle centine di supporto del lungo rißettore cilindro parabo-lico, disposto in direzione E-W, non ne voleva sapere di funziona-re, il che ci rese tutti ansiosi: non si sarebbe potuto muovere l’antenna in declinazione pena l’accartocciarsi del rißettore di Þlid’acciaio tesi per tutta la lunghezza, un’immagine devastante. Ricordo che tra/cai intorno a quel teleruttore per due o tre ore;era estate e ci si vedeva ancora a sera inoltrata, quando il sogget-to incriminato improvvisamente mise giudizio e il sincronismodel movimento dell’antenna fu di nuovo ristabilito. Ceccarelli, inuno dei suoi tipici slanci, mi abbracciò saltellandomi attorno. Sì,avevo contribuito ad evitare una possibile Þguraccia, ma non avevo capito nulla di quel che avevo armeggiato né probabilmen-te avrei saputo ripetermi. Il giorno dopo, nel corso della cerimo-nia, per maggior precauzione mi piazzai di guardia alla consolle di comando, ma tutto Þlò liscio.

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Da dove veniamo? Dove andiamo?*

Giancarlo SettiAlma Mater Studiorum · Università di Bologna

inaf · Istituto di Radioastronomia

re ad Arcetri, altri rappresentanti degli OsservatoriAstronomici (ooaa) brillavano solo per la loro as-senza. Peccato per loro, era nata la radioastronomiaitaliana! (Fig. 1).

Con la rapidità di altri tempi, dopo pochi anni (ot-tobre 1964) venne inaugurata la “Croce del Nord” (ilpossente braccio E-W) dell’Università di Bologna,alla presenza dell’on. Luigi Gui, ministro della pi.(Fig. 2). Fu la prima grande impresa astronomicaitaliana del dopoguerra (se ne celebra quest’anno ilcinquantenario) e ha contribuito al rilancio di que-sta disciplina a livello nazionale e internazionale.

Il Centro di AstroGsica di Frascati

Dopo il “medicinoscopio” il mio desiderio era ditornare alla ricerca teorica. Ottenni una borsa distudio annuale cnr-nato e Jan Oort, direttore del-lo Sterrewacht di Leiden e icona dell’astronomiaolandese e mondiale, si disse disponibile ad ospitar-mi. Lo Sterrewacht era un centro all’avanguardiaper la ricerca astronomica e, in particolare, per glistudi di radioastronomia galattica con la riga a 21cmdell’idrogeno neutro. Era anche il centro leader diun progetto di un grande radiotelescopio, il Bene-lux Cross, la cui storia si concretizzò poi nel ben no-to Westerbork Radiotelescope, ma c’era anche un

giovanissimo professore, Lodewijk “Lo” Woltjer, al-lora poco più che trentenne, ma già ben noto per glistudi della Crab Nebula e di magnetoidrodinamicaapplicata all’astroÞsica, ed era questo ch’io volevofare. Mentre mi stavo preparando per l’impatto almio arrivo a Leiden, Kranjc mi convinse a parteci-pare ad un concorso nazionale per aiuto astronomodel ruolo degli ooaa, cosa che feci, anche se istinti-vamente non mi piaceva quel “aiuto” e poi comun-que Bologna era esclusa come sede possibile. I postidisponibili erano 19 per 17 concorrenti, fatto inim-maginabile oggi, così per magnanimità della com-missione, presieduta da Francesco Zagar direttoredell’oa di Brera, fui collocato al sedicesimo postodella graduatoria. Il Ministero sondò tutti i diretto-ri degli ooaa, ma nessuno era disponibile ad acco-gliermi (immagino per ragioni di dna), Þnché il Mi-nistero s’impose d’u7cio e mi collocò nell’organicodell’oa di Roma, con sede a Monte Mario, divenutapoi sede centrale dell’inaf (alle volte si dice dei ri-corsi storici!). Accettai, a patto di poter svolgere lamia attività presso il Centro di AstroÞsica di LivioGratton a Frascati, e Massimo Cimino, il direttoredi Monte Mario che non avevo mai incontrato per-ché già a Leiden, ne fu ben felice.

Avevo conosciuto Gratton appena rientrato inItalia nel 1960, chiamato a ricoprire la cattedra diAstronomia ancora vacante dell’Università di Bolo-gna, però la sovrapposizione fu breve poiché l’annodopo, per ragioni familiari, si era trasferito all’Uni-versità di Roma e aveva creato, con l’appoggio diEdoardo Amaldi, il Centro di AstroÞsica del cnr diFrascati. Questo Centro è stato un luogo d’incuba-zione della ricerca astroÞsica e ha giocato un ruolofondamentale nel rinnovamento dell’astronomiaitaliana. Gratton, oltre ad essere un astroÞsico di fama, capace di richiamare attorno a sé giovani ricercatori o aspiranti tali, aveva il grande pregio dilasciare molto alla libera iniziativa. La Fig. 3 ritraeun gruppo iniziale di fronte all’ingresso della segre-teria della piccola sede di Frascati, quasi di fronte alla sede dei Laboratori dell’infn. Oltre a Livio

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Fig. 2. Stazione Radioastronomica di Medicina - Croce del Nord eparabola vlbi da 32 metri di diametro.

Fig. 1. (da sinistra) G. Setti, G. Sinigaglia, G. Righini, G. Puppi, G.Mannino, M. Ceccarelli e (seduto) A. Braccesi.

Gratton, deceduto nel 1991 all’età di ottant’anni, visono Franco Occhionero, Vittorio Castellani e Fran-co Pacini, nell’ordine della loro prematura scom-parsa (la foto non è datata, ma presumibilmente èdegli anni 1964-65).

I favolosi anni ’60

Quando arrivai allo Sterrewacht (gennaio 1962) JanOort fu molto sorpreso ch’io non fossi lì per im-mergermi nelle osservazioni con la riga a 21cm, macredo che “Lo” Woltjer, futuro Direttore Generaledell’eso (1975), ne fosse contento, meglio dire cu-rioso di quello studente che aveva scelto di eserci-tarsi in magnetoidrodinamica e con il quale si pote-va colloquiare solo in francese, anche se daautodidatta conoscevo abbastanza della grammati-ca inglese per leggere articoli e testi scientiÞci. Mipropose alcuni temi di ricerca e io scelsi lo studiodella stabilità magnetoidrodinamica di un bracciospirale con un campo magnetico generale, tema ches’inseriva nell’acceso dibattito circa l’intensità delcampo magnetico galattico in relazione alle proble-matiche dei raggi cosmici e alla formazione dellestelle. Questa ricerca mi tenne impegnato per oltredue anni [2], ma mentre io ero immerso in com-plessi problemi anche matematici, intanto il mondodell’astronomia esplodeva per un susseguirsi di sco-perte che ne hanno radicalmente modiÞcato il pa-norama: i favolosi anni ’60!

Nel 1962 la scoperta di Sco X-1, la prima sorgentedi raggi X extra-solare, e del fondo cosmico di rag-gi X, la cui intensità era tale da indicare la presenzadi2usa di fenomeni di alta energia nell’universo, el’anno successivo la scoperta dei quasar con l’identi-Þcazione della radio sorgente 3C 273 con un ogget-to dall’apparenza stellare, il cui spettro ottico eracorrettamente spiegato se posto ad un redshift co-smologico relativamente alto. Passarono appenadue anni e venne annunciata la scoperta della radia-zione cosmica di fondo, pietra miliare della teoria

del big bang, e appena tre anni dopo quella dei pul-sar, incredibili orologi cosmici le cui potenzialità,anche per la veriÞca della relatività, apparivano im-mediatamente chiare. Potrei aggiungere che nel ’63venne rivelata la molecola del radicale idrossile (oh)alla lunghezza d’onda di 18 cm, cui seguirono, entroil decennio, una decina di altre molecole, fra cui l’ac-qua, l’ammoniaca e la formaldeide, sempre alle on-de radio, di importanza fondamentale per lo studiodelle nubi molecolari del gas interstellare. E poi nel1970 venne lanciato il satellite uhuru che svelò laricchezza del cielo in raggi X.

Io ho avuto la fortuna di assistere, e in qualchemisura partecipare, a questa incredibile cavalcatanel cosmo. Ancora ricordo con una certa nostalgiai vari Texas Symposium (Dallas, Austin, New York,ecc.) con le novità, le discussioni e le controversie,in particolare sulla natura dei quasar [3], che aveva-no ispirato l’iniziativa dei relativisti di Dallas di com-binare astronomia e astroÞsica relativistica. Un ap-puntamento biennale aperto a tutti che non sipoteva perdere: la nuova astronomia stava prenden-do corpo.

Il ruolo della Gsica italiana

In Italia, la sÞda delle nuove astronomie venne rac-colta soprattutto dai Þsici, con l’intervento deter-minante del Comitato Nazionale di consulenza perle Scienze Fisiche (cnst) del cnr. A quell’epoca ilcnr era sostanzialmente governato dagli scienziatitramite i Comitati di consulenza eletti dalla comu-nità e poteva intervenire a supporto di nuove inizia-tive scientiÞche, una capacità che non è più dispo-nibile nell’assetto attuale della ricerca italiana.Mentre la ricerca nucleare e sub-nucleare si orienta-va sempre più verso l’utilizzo degli acceleratori diparticelle (l’infn fondato nel 1951 e il cern nel1954), la grande tradizione della Þsica dei raggi co-smici intravvedeva nuovi orizzonti con l’avvio del-l’era spaziale promosso dal lancio del primo satelli-te artiÞciale, lo Sputnik dell’Unione Sovietica nel1957, e dalla risposta degli Stati Uniti con lo Explo-rer-1 all’inizio del 1958, un piccolo satellite con a bor-do un contatore Geiger che scoprì le fasce di van Al-len. Così Edoardo Amaldi, uno dei padri fondatoridel cern, promosse (1958) un’iniziativa internazio-nale per la costituzione di un’organizzazione euro-pea per la ricerca spaziale che si concretizzò nel 1964con la creazione di esro ed eldo, dalla cui fusionenacque successivamente l’esa (1975). La missioneatv-3 del 2012, la terza della serie degli AutomatedTransfer Vehicle per rifornire la Stazione SpazialeInternazionale (iss), è stata denominata EdoardoAmaldi in riconoscimento del ruolo pionieristico delÞsico italiano [4].

La storia dell’avvio della ricerca spaziale in Italiaè stata complessa, con vari attori fra i quali il cnr ilcui ruolo crebbe con l’istituzione nel 1970 del Sevi-zio Attività Spaziali (sas) e nel 1980 con l’aHda-

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Fig. 3. (da sinistra) Assia (?), G. Medici (tecnico), F. Occhionero, L.Gratton, F. Pacini, G. Spada, M. Dalmasso (segretaria), V. Castel-lani, E. Martino (tecnico), A. Renzini.

mento della gestione del Piano Spaziale Nazionale(psn), Þno all’istituzione dell’Agenzia Spaziale Ita-liana (asi) nel 1988, con la presidenza del Þsico Lu-ciano Guerriero.

Per iniziativa e interessamento di Edoardo Amal-di, Giuseppe Occhialini e Giampietro Puppi, alla Þ-ne degli anni Cinquanta si erano consolidati gruppidi ricerca di Þsica cosmica in varie sedi universitarie,con Þnanziamenti del cnr e dell’infn. Gli interessicomuni di ricerca e le collaborazioni trovarono unassetto organizzativo importante nel 1964, con laistituzione del gifco (Gruppo Italiano di Fisica Co-smica), quale organo del cnr per la programma-zione e il coordinamento dell’ampio spettro di ri-cerche di Þsica cosmica, dagli studi sui raggi cosmicia quelli di astronomia X e gamma stimolati dall’av-vio dell’era spaziale. Il gifco, nel quale giocò unruolo importante Carlo Castagnoli, comprendevaotto sezioni, fra cui quelle di Bologna, Milano, Ro-ma e Torino. Questa struttura organizzativa venneristrutturata e potenziata nel 1968 con la creazione,su proposta del cnst presieduto da GiampietroPuppi, di quattro laboratori, fra i primi ad essere isti-tuiti nel cnr, nelle sedi prima indicate:

Laboratorio di studio e tecnologie sulle radiazioni extra-terrestri (Bologna e Sezione di Firenze),

Laboratorio per le ricerche di Þsica cosmica e tecnologierelative (Milano e Sezione di Palermo),

Laboratorio di ricerca e tecnologia per lo studio del plasma nello spazio (Roma),

Laboratorio di cosmo geoÞsica (Torino).

Da notare che la Sezione di Palermo diventerà indi-pendente come Istituto di Fisica Cosmica e Appli-cazioni all’Informatica (1981), mentre già nel 1980 laSezione di Firenze era diventata Centro per l’Astro-nomia dell’Infrarosso e per lo Studio del Mezzo In-terstellare (caismi) nell’ambito di una convenzionecnr-oa di Arcetri.

Poco dopo (1970) il cnr istituì il Laboratorio diRadioastronomia (Bologna), subentrato all’Univer-sità di Bologna nella gestione della “Croce delNord”, e il Laboratorio di AstroÞsica Spaziale (Fra-scati), come trasformazione del Centro fondato daLivio Gratton. Queste sono le strutture di ricercache, a parte alcune ristrutturazioni interne operatedal cnr negli anni successivi, sono poi conßuite nel-l’inaf con il D.Lgs. 138/2003.

L’istituzione dei laboratori con l’inserimento dipersonale negli organici del cnr fu un’iniziativa distraordinaria importanza per a=rontare la competi-zione scientiÞca e tecnologica nata con le nuoveastronomie.

Ne sono stata una dimostrazione la partecipazio-ne importante alla missione cos-b, il primo satelli-te astronomico lanciato dall’esa per lo studio delcielo in raggi gamma (1975), la promozione dellamissione exosat dell’esa per l’astronomia dei rag-gi X lanciata nel 1983, la proposta del progetto saxper la prima missione astronomica italiana che fuselezionata nel 1981, lanciata 15 anni dopo e nota

come Bepposax, la partecipazione alle missioniesro/esa e nasa per gli studi della magnetosfera,della interazione Sole-Terra e della planetologia, ilpotenziamento della radioastronomia con una im-portante modiÞca strutturale della “Croce delNord” e l’approvazione del progetto vlbi (VeryLong Baseline Interferometry) nel 1979 per la costruzione dei nuovi radiotelescopi di Medicina eNoto, l’approvazione (1973) del progetto gifco diun telescopio per l’astronomia dell’infrarosso (tir-go), entrato in funzione nel 1982 al Gornergrat e ge-stito dal caismi, e il telescopio solare themis instal-lato all’Osservatorio del Teide (Isole Canarie)nell’ambito di una collaborazione franco-italiana.Sembrava quindi, o almeno questa era la mia opi-nione, che il cnr fosse in grado di gestire lo svilup-po delle nuove astronomie.

L’astronomia ottica e gli OOAA

Restava da veriÞcare la capacità di portare avantiprogetti nel settore dell’astronomia ottica che dove-va rimanere in capo al Ministero pi al quale a=eri-vano gli Osservatori Astronomici. Gli antefatti nonerano incoraggianti. Come noto, l’Italia non parte-cipò alla costituzione dell’eso (European SouthernObservatory) avvenuta nel 1962, nonostante vi fos-sero stati vari contatti da parte degli astronomi del-le nazioni coinvolte. Anni dopo Livio Gratton ne hariportato le possibili ragioni in un rapporto allegatoal verbale di una riunione della Commissione oan.Alcuni passi rilevanti sono da me stati inseriti nelcontributo al convegno internazionale sulla parteci-pazione dell’Italia all’eso del 2012 [5]. Apparente-mente, il motivo adottato era che la situazione Þ-nanziaria del Paese non avrebbe consentito diÞnanziare sia la partecipazione all’eso che la co-struzione di un osservatorio astronomico naziona-le (oan), da cui il prevalere di quest’ultima opzione.A quell’epoca l’astronomia uYciale veniva identiÞ-cata con gli ooaa del mpi, nove in tutto più la Sta-zione Astronomica per il Servizio Internazionaledelle Latitudini (Carloforte/Cagliari), tre dei qualidedicati a ricerche solari (si consulti [6] per un’ana-lisi storica).2 L’interfaccia con il Ministero per lequestioni d’interesse comune era rappresentata dalcollegio dei direttori degli ooaa. La mia impressio-ne era di un mondo eterogeneo, chiuso in se stessoe in generale impermeabile al mondo della Þsica,punta di diamante della rinascita della scienza ita-liana, con i direttori gelosamente impegnati a gesti-re i loro piccoli regni la cui qualità, con l’eccezionedi quelli di Arcetri e Padova, non era certamente ec-celsa. Del resto, non è un caso che il rientro di LivioGratton dall’Argentina e la creazione del Centro di

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2 Gli osservatori di Bologna e Palermo vennero istituiti dal mpidopo il 1983 su proposta del cra (di cui in seguito) e quello di Cagliari su decisione autonoma dell’inaf nel 2000 come trasfor-mazione della Stazione Astronomica.

AstroÞsica di Frascati siano stati promossi dai Þsici,prima Puppi e poi Amaldi.

Dopo il fallimento di una possibile adesione allanascita dell’eso, per me fu sintomatico l’atteggia-mento tenuto dall’astronomia u$ciale verso lacreazione della rivista «Astronomy and Astrophy-sics» (A&A) avvenuta nel 1969. Ancora una volta ve-niva deciso di non aderire all’iniziativa di Francia,Germania, Olanda e Svezia di fondere le loro rivistenazionali di astronomia in un’unica rivista di respi-ro europeo, logica conseguenza della nascita del-l’eso. In questo caso non si potevano certamente in-vocare di$coltà di ordine economico, si trattavapiuttosto del problema di mantenere le «Memoriedella Società Astronomica» come riferimento per lapubblicazione di articoli di ricerca, il che, di fatto,implicava una chiusura all’internazionalizzazione.Però, questa volta le nuove generazioni di ricerca-tori, sia degli ooaa che del cnr e dell’università,spingevano per un cambiamento nella gestione del-l’astronomia, in questo aiutati, come sovente succe-de, dai “baroni” di nomina più recente (MargheritaHack, Mario Rigutti e Giovanni Godoli) e anche dal-la particolare atmosfera creatasi con gli avvenimen-ti del ’68. Per la prima volta si costituì una Associa-zione nazionale dei ricercatori di astronomia(anra) e poco dopo (1970) il cnr formalizzò la na-scita del gna (Gruppo Nazionale di Astronomia),organo del cnr sulla falsariga del gifco. Esso com-prendeva i Laboratori di Radioastronomia e diAstroÞsica Spaziale, appena costituiti, e le Unità diRicerca (UdA) praticamente presenti in tutte le sedidegli ooaa. La gestione dei fondi allocati dal cnst-cnr era collegiale e Þnanziava le ricerche favoren-do le collaborazioni fra varie strutture, una vera ri-voluzione rispetto alla gestione paternalistica degliooaa. Naturalmente, la questione dell’adesione adA&A rappresentava un casus belli. Ricordo un’as-semblea piuttosto accesa, alla quale era presenteGuglielmo Righini, allora presidente della SAIt erappresentante dell’astronomia nel cnst-cnr. Lavicenda si concluse positivamente con l’adesione adA&A nel 1972, su un Þnanziamento a carico delcnst-cnr che mi nominò rappresentante per l’Ita-lia nel Board of Directors della rivista.

La questione dell’oan si protrasse per oltre unventennio. I primi verbali risalgono al 1960 e l’ulti-mo della Commissione oan al 1982. Astronomi divari osservatori si impegnarono per anni nella ri-cerca del sito oan, nella prospettiva comunementeaccettata di una collocazione in Italia. Agli inizi de-gli anni Settanta, si optò per il Toppo di Castelgran-de, a circa 1300m di altezza, dove è poi stato instal-lato l’osservatorio che ospita il telescopio tt1dell’oa di Capodimonte. La decisione era diventatanecessaria poiché Righini, con l’appoggio di Puppi,aveva convinto il Ministero all’acquisto del blankdello specchio e nel settembre ’69 era stato deposi-tato il Vaglia del Tesoro a copertura del contrattoconcluso con la ditta fornitrice Corning. Puppi mene aveva parlato: era dell’opinione che una volta in

possesso del blank poi la strada per l’oan sarebbestata in discesa. Non fu così. Nonostante il grandeimpegno di Righini, del quale fui diretto testimone,il blank dell’oan è rimasto per anni depositato ad Ar-cetri. Come è ben noto, solo con l’entrata nell’esosi stabilirono le premesse per la realizzazione del te-lescopio nazionale, in quanto il blank oan divenneparte integrante della trattativa con l’eso [5] e solodopo oltre 35 anni dall’avvio del discorso oan sigiunse alla inaugurazione del Telescopio NazionaleGalileo (tng).

Riordino degli OOAA: il CRA

Nonostante gli importanti cambiamenti e motiva-zioni introdotti con gli interventi del cnr, tuttaviauna seria ristrutturazione degli Osservatori nonriusciva a decollare, soprattutto per le resistenze in-terne. Si sono scritte e dette varie cose, sovente inmodo approssimato e alle volte accollandosi meritinon dovuti. In realtà, l’evento importante fu la nomina di Franco Pacini alla direzione dell’oa diArcetri nel 1978, succeduto a Guglielmo Righini,deceduto il 30 maggio dello stesso anno. Il prestigioscientiÞco di cui godeva Franco, da poco rientratodopo alcuni anni all’eso, e la sua grande capacità diinterloquire con il Ministero ai livelli più elevati indubbiamente contribuirono a smuovere le acque.Così, dopo il successo della riforma universitaria,sancito dall’approvazione del famoso D.Lgs.382/1980 che introduceva il dottorato di ricerca, ilMinistero decise che era tempo di passare a un rior-dino degli ooaa, istituendo una ristretta commis-sione ad hoc, composta dai direttori dei due mag-giori osservatori, Franco Pacini (Arcetri) e LeonidaRosino (Padova), e da me stesso in quanto rappre-sentante dell’astronomia nel cnst-cnr. Dopo varieriunioni molto costruttive, avevamo steso i puntisalienti della riforma, fra l’altro introducendo ilprincipio del parallelismo fra le carriere del perso-nale degli ooaa e quelle universitarie, ma rimane-vano alcuni aspetti importanti sui quali le opinionierano diverse. Ad un certo punto, Domenico Fazio,l’inßuente Direttore Generale del Ministero, decre-tò che i lavori della commissione si potevano rite-nere conclusi a$dando nel contempo all’u$cio le-gislativo del mpi il compito di stendere una bozzadi legge sulla base del lavoro da noi svolto. Il tuttosi concluse con l’approvazione del ben noto dpr163 del 10 marzo 1982 che istituiva il Consiglio per leRicerche Astronomiche (cra), una svolta decisivanon solo per la gestione degli ooaa, ma anche perla storia successiva dell’astronomia italiana che hapoi portato all’istituzione dell’inaf. Sono certo cheFranco ne seguì attentamente l’iter, e forse anchealtri colleghi. Io mi mantenevo aggiornato, ma erofortemente impegnato sull’altro fronte, quello del-l’entrata dell’Italia nell’eso, propiziata da un inter-vento istituzionale del cnst-cnr, e non è del tuttocasuale che anche la legge relativa sia stata pubbli-

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cata diventando operativa sul Suppl. Ord. della g.u.del 10 marzo 1982 [5].

Mi sia consentita una breve digressione. Più vol-te mi sono chiesto come sarebbe evoluta la storiadegli ooaa senza la chiamata di Pacini all’Universi-tà di Firenze, prerequisito per la futura direzionedell’oa di Arcetri. Di certo l’iniziativa fu di Righiniche nutriva grande stima scientiÞca per Franco, ilquale a sua volta sentiva l’attrazione degli storicicolli e della città natia.3 In modo diretto e anche in-diretto, Righini, che manteneva ampi contatti con iÞsici e da questi era stimato, ha svolto un ruolo im-portante nel rinnovamento della ricerca astronomi-ca italiana, come ho già accennato per alcuni puntirilevanti, pur condizionato da colleghi poco ricetti-vi al nuovo.

Il cra fu insediato nel 1983, alla presenza del Mi-nistro pi, Franca Falcucci, Presidente, e di Domeni-co Fazio, Direttore Generale e anche Capo di Gabi-netto; Franco Pacini, il vicepresidente eletto.Ricordo perfettamente quella riunione. La ministraFalcucci, succeduta a Guido Bodrato in carica du-rante il varo del dpr 163, fu molto cordiale, quasi in-timidita al cospetto di cotanto senno, e ci interrogòsui nostri problemi e programmi prioritari. Natu-ralmente, la questione annosa del telescopio nazio-nale venne posta sul tavolo. Ci chiese qual’era il co-sto previsto e io istintivamente dissi: due Maradonao tre Carrà, come meglio si preferiva. Era l’epoca incui i contratti del calciatore più famoso e della startelevisiva riempivano i giornali. Conscio del silen-zio fui lesto a tradurre che si trattava di circa 20 mi-liardi di lire (10 milioni di euro) che avrebbero con-sentito ricerche di punta per molti anni e che ilvalore sociale della ricerca non poteva essere consi-derato secondario a quello dello spettacolo. Ma nonfu certo per quella battuta un po’ insolente che pas-sarono altri sei anni prima di riuscire a inÞlare lastrada del tng.

La data del 10 marzo 1982 va quindi incastonata,per la sua importanza, nella storia recente del-l’astronomia italiana.

Nei due decenni successivi la storia si è dipanatasu due binari paralleli, da un lato il cnr con le suestrutture ha continuato a Þnanziare lo sviluppo del-le cosiddette nuove astronomie e dall’altro il Mini-stero con gli ooaa coordinati dal cra si è occupatoprevalentemente dello sviluppo dell’astronomia ot-tica, mentre le strutture universitarie, oltre all’in-crocio delle collaborazioni scientiÞche con entram-bi, hanno svolto il loro compito fondamentale diformazione delle nuove generazioni. Le ricerchespaziali hanno fatto capo al cnr Þno alla istituzionedell’asi. Questo è un quadro estremamente sempli-

Þcato, ma dà l’idea della possibilità di poter attinge-re a organismi e fonti di Þnanziamento diversi in unperiodo di grande sviluppo dell’astronomia.

Per quanto riguarda gli ooaa è di questo periodol’impegno nei progetti nazionali del tng e del LargeBinocular Telescope (lbt), nell’ambito della colla-borazione internazionale con enti americani e tede-schi, mentre all’eso vengono approvati e realizzatintt e vlt, e vengono decisi (1999) accordi interna-zionali e piani per la realizzazione di alma; è di que-sto periodo anche l’avvio del vlt Survey Telescope(vst), progetto dell’oa di Capodimonte con un Þ-nanziamento della Regione Campania e sulla basedi un accordo speciÞco con eso. Un panorama am-pio che richiedeva risorse aggiuntive rispetto a quel-le del Ministero. Nel frattempo gli ooaa avevanoacquisito completa autonomia giuridica, quantun-que coordinati dal cra. I colleghi Roberto Buonan-no e Massimo Capaccioli mi misero al corrente diuna loro iniziativa a livello politico, chiedendomi diappoggiarla nella mia veste di vicepresidente delcra. La vicenda si concluse in modo molto positivocon l’approvazione del dl 323/96 che disponeva unÞnanziamento straordinario di 8 miliardi di lire/an-no per cinque anni (per un totale di 20,66 milioni dieuro), Þnalizzati allo sviluppo della strumentazioneper i telescopi da assegnare agli ooaa costituiti inconsorzio, da cui l’istituzione del cnaa (ConsorzioNazionale per l’Astronomia e l’AstroÞsica), presie-duto da Marcello Rodonò, mentre il cra ne funge-va da Consiglio scientiÞco. Fu una boccata d’ossi-geno i cui eKetti interessarono anche l’avviodell’inaf. Anche il progetto lbt, per iniziativa diFranco Pacini, godette di un Þnanziamento straor-dinario per tre anni consecutivi Þno al ’99 con unemendamento approvato in una Legge Þnanziaria.

Delle imprese portate avanti dagli istituti del cnrho già accennato in precedenza. Per la radioastro-nomia, oltre alle parabole vlbi di Medicina e Noto,fu lanciato il progetto srt (Sardinia Radio Telesco-pe), in collaborazione con asi e Regione Sardegna;per l’astroÞsica delle alte energie, oltre a Bepposaxfu approvata la missione agile dell’asi, tuttora operante, nonché la partecipazione alle missioni integral e xmm-Newton dell’esa. E poi le variemissioni planetarie di esa e nasa che hanno vistol’impegno di Angioletta Corradini e del suo gruppo.La partecipazione attiva alle missioni spaziali, sia alivello propositivo che di team scientiÞci e costru-zione degli strumenti, con il supporto dell’asi, harappresentato un quadro complesso, sul quale nonè qui possibile dilungarsi, che ha coinvolto non solole strutture cnr, ma anche gli ooaa e gruppi uni-versitari.

Un aspetto importante da sottolineare è che a valle del dpr 163/82 gli ooaa hanno goduto di unasigniÞcativa espansione degli organici e di progres-sione nelle carriere, mentre nel cnr sono progres-sivamente aumentate le diXcoltà, il che ha favoritouna certa migrazione di personale qualiÞcato dalcnr agli ooaa e quindi un travaso di esperienze an-

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3 Della volontà di Righini di acquisire Pacini allo Studio Þo-rentino me ne parlò qualche tempo prima Giuseppe Tagliaferri, il“Don” di Arcetri, una sera a cena a casa mia. Mi disse anche cheRighini avrebbe appoggiato una mia candidatura a succedergli co-me rappresentante dell’Astronomia nel Comitato per le ScienzeFisiche del cnr.

che nei campi delle nuove discipline astroÞsiche, diper sé un fatto positivo, senza dimenticare che ilrientro di ‘Pippo’ Vaiana da Harvard aveva favoritoil rilancio dell’oa di Palermo proprio nell’astrono-mia dei raggi X.

Il futuro

Il panorama in precedenza delineato del coinvolgi-mento nello sviluppo nazionale e internazionaledella strumentazione astronomica, per quanto cer-tamente non esaustivo, è ampio.

Dove andiamo? Il futuro è già iniziato.L’astronomia dell’ottico ci vede con l’eso nel pro-

getto e-elt (European Extremely Large Telescope),un telescopio di circa 40m di diametro che sarà col-locato a Cerro Amazones a un ventina di chilome-tri dal vlt, la prima luce prevista (ottimisticamen-te?) fra una decina d’anni [7]. La radioastronomiapunta su ska (Square Kilometre Array; Fig. 4), unacollaborazione internazionale per la costruzionedel più grande radiotelescopio del mondo, compo-sto di due grandi reti di antenne di varia forma, unain Sud Africa e l’altra in Australia (2018-23 e oltre)[8]. L’astronomia dei raggi gamma di alta energiacoinvolge un’ampia collaborazione internazionalenel progetto cta (Cherenkov Telescope Array; Fig.5) per due reti di telescopi Cherenkov di nuova ge-nerazione, una per emisfero [9]. L’inaf è partner intutti e tre i progetti. Per la ricerca spaziale, la prece-denza, anche temporale, spetta al jwst ( JamesWebb Space Telescope) della nasa con la collabo-razione dell’esa, il nuovo e potente telescopio spa-ziale ottimizzato per l’infrarosso (lancio 2018); SolarOrbiter, missione dell’esa per la Þsica della eliosfe-ra (lancio 2017-18); Euclid, missione dell’esa perl’astronomia extragalattica e la cosmologia (lancio2020); athena (Advanced Telescope for High Ener-gy Astrophysics), osservatorio per raggi X dell’esa(lancio 2028); juice, missione dell’esa al pianetaGiove (lancio 2022); ecc. [10].

È un panorama di iniziative che si estende tem-poralmente Þno al 2030 e forse oltre. L’astronomiaitaliana vi può e vi deve partecipare in modo attivo,pena il suo decadimento, proprio grazie alle com-

petenze scientiÞche e tecnologiche accumulate neidecenni precedenti, sia nei progetti nazionali che in-ternazionali, ma per fare questo con successo oc-corre, come si suole dire, fare squadra. La ricercaastronomica ha goduto di una crescita esponenzia-le, anche in Italia fatte le debite normalizzazioni, lesue scoperte hanno avuto risonanza mediatica e ilpubblico ne è generalmente aMascinato. Ma i costistimati di progetti come e-elt e ska sono di alme-no 1 miliardo di euro e potrei proseguire con gli al-tri progetti sopra elencati. Cioè, l’astronomia, comela Þsica fondamentale, appartiene alle cosiddette“big science”, dove il big non sta per il fascino dellascoperta delle leggi che regolano l’universo. In unmomento di crisi delle economie avanzate, per noncitare gli altri preoccupanti aspetti internazionali,dobbiamo domandarci quanto sia (con)vincente ilsolo aspetto culturale. Siamo sicuri che alla genterealmente importi sapere se oppure no il modelloinßazionario è validato e/o quale dei cento model-li inßazionari resiste alle prove osservative? Analo-gamente, siamo sicuri che alla gente, dopo la sco-perta del bosone di Higgs (“la particella di Dio”),importi molto trovare la prova sperimentale dellesupersimmetrie? Fortunatamente, con scelta felice,l’aggettivo “oscuro” è stato legato sia alla materiaoscura che all’energia oscura ed evoca il thriller checontinua ad agitare il nostro sonno di ricercatori.Concordo completamente con quanto ha dichiara-to il Ministro della Ricerca del Regno Unito, inter-venendo all’inaugurazione del quartier generale delprogetto ska presso l’Osservatorio di Jodrell Bank(11 marzo 2014):

After the International Space Station and the Large HadronCollider the world’s next great science project is the SquareKilometer Array. Investment in science is a crucial part of thisgovernment’s long-term economic plan. It’s about investing inour future, helping grow new industries and create more jobs –and that will mean more Þnancial security for people across thecountry.

Di grande interesse il recente “rapporto Deloitte”,commissionato dalla sif assieme agli enti di ricerca,sull’impatto positivo della Þsica nell’economia inItalia [11]. Risultati, cultura scientiÞca e sviluppoeconomico, questa è la strada da perseguire, come

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Fig. 4. Il progetto di radioastronomia ska (Square Kilometre Array).

Fig. 5. Il progetto cta (Cherenkov Telescope Array) per l’astro-nomia dei raggi gamma di alta energia.

del resto e!cacemente sottolineato dalla presiden-za dell’inaf intervenendo sui media nazionali.

Conclusioni

Del di!cile percorso dell’astronomia che negli anniNovanta ha portato all’inaf e del riordino dell’Isti-tuto del 2003, con l’inserimento degli istituti cnr edelle di!coltà che ne sono scaturite, ho già trattatoe scritto in altre occasioni. Qui ho voluto rivisitare ilpercorso dei decenni cruciali che hanno visto la ri-nascita dell’astronomia italiana dopo lo sfascio delsecondo conßitto mondiale soprattutto per coloroche non hanno vissuto quel periodo. Questa rina-scita è avvenuta in primis nel solco del cnr, grazieall’intervento lungimirante dei padri della Þsica ita-liana che possedevano la conoscenza e la cultura,nonché il prestigio, per aprire la ricerca agli oriz-zonti aperti dalle nuove discipline astronomiche.Ciò ha contribuito sia direttamente che indiretta-mente al rilancio complessivo della ricerca astrono-mica nelle sedi tradizionali degli osservatori e anchedei gruppi universitari. Non ho trattato dello svi-luppo della ricerca teorica e delle relative scuole chesi sono imposte all’attenzione internazionale e nonperché io ne sottovaluti l’importanza culturale dipromozione delle nuove idee ed iniziative (comepotrei proprio io sostenere il contrario!), ma perchél’astronomia si nutre dell’osservazione e la parteci-pazione allo sviluppo della strumentazione d’avan-guardia è trainante per tutta la ricerca.

Concludendo …Sono cresciute generazioni di ricercatori e tecno-

logi di straordinaria validità, sia nelle università chenell’inaf, e la ricerca astronomica italiana è ben ri-conosciuta e apprezzata nel mondo. Però, la ricercaastronomica costa e anche tanto. Sono anche con-vinto, e non ci vuole certo molto per a1ermarlo,

che i tempi sono profondamente cambiati e stannorapidamente evolvendo, ragion per cui credo cheoccorra pensare a nuove strategie per poter a1ron-tare i cambiamenti in atto, cercando di dimostraresempre più l’utilità sociale, e non solo culturale, del-le nostre ricerche che comunque rimangono il no-stro Þne conoscitivo. Questo non può che avvenirerendendo sempre più salda la nostra partecipazionealle istituzioni e imprese internazionali e compat-tando sempre più, anche negli aspetti organizzativi,il senso di appartenenza a una comunità al di sopradi localismi e ambizioni personali.

Referenze bibliograGche

11. A. Braccesi, M. Ceccarelli, G. Mannino, G. Set-ti, G. Sinigaglia; Operation at the “Medicina Station”of a 327 MHz Radiotelescope, «Il Nuovo Cimento», 17,1960, p. 614.

12. G. Setti; On the Stability of a Helical Magnetic Field in aSpiral Arm, «Bull. Astron. Inst. Netherlands», 18, 1965,p. 51.

13. M.D’Onofrio, P. Marziani, J.W. Sulentic (eds.),Fifty Years of Quasars: from Early Observations and Ideasto Future Research, «Astrophysics and Space Science Library», vol. 386, Springer-Verlag, Berlin Heidelberg,2012.

14. www.esa.int/Our_Activities/Human_Spaceßight/ATV/.

15. G. Setti; Italy’s entry in the eso organization: a historicalreview, «Memorie della Società Astronomica Italia-na», 83, 2012, p. 1103.

16. Cento Anni di Astronomia in Italia:1860-1960, «Atti deiConvegni Lincei», 217, Bardi Ed. Roma, 2005.

17. www.eso.org/sci/facilities/eelt/.18. www.skatelescope.org/.19. http://portal.cta-observatory.org/Pages Home.aspx.10. http://sci.esa.int/home/.11. www.sif.it/attivita/physics_economy.

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Giancarlo Setti, Professore Emerito dell’Università di Bologna, socio delle Accademie Nazionali dei Lincei e delle Scien-ze detta dei XL e di altre accademie, membro Onorario della SAIt e Benemerito della sif, Associate della ras. È stato: di-rettore dell’Istituto di Radioastronomia del cnr (1970-92), direttore della Divisione ScientiÞca dell’eso, presidente fon-datore dell’inaf, vicepresidente dell’iau. OnoreÞcenze: Medaglia d’Oro di Benemerito della Scienza e della Cultura eGrande U!ciale della Repubblica Italiana. Ricerca: radioastronomia, astroÞsica delle alte energie, galassie e cosmologia.

SOCIETÀ ASTRONOMICA ITALIANA, Largo E. Fermi 5, 50125 Firenze, Tel. 055-2752270

PRESIDENZA Tel. 06-7259 4593, Fax06-2023507, [email protected]

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SOCIETÀ ASTRONOMICA ITALIANA

Largo E. Fermi 5, 50125 Firenze

PRESIDENZA: Dipartimento di Fisica, Via della Ricerca Scientifica 1, 00133 Roma


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