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Dal diploma al lavoro Licei da record, ma il futuro Ç ... · ci che guidano un Liceo Scientifico e...

Date post: 14-Feb-2019
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MERCOLEDÌ 14 FEBBRAIO 2018 primo piano 2. MERCOLEDÌ 14 FEBBRAIO 2018 primo piano .3 Licei da record, ma il futuro è tecnico ANDREA LODATO CATANIA. Ha un bel po’ di ragione il pre- sidente di Confindustria Cuneo, Mau- ro Gola, che direttamente e brutal- mente ha spiegato a genitori e studen- ti che se sbocchi lavorativi ci saranno nel prossimo futuro, beh sono nel- l’80% dei casi legati a ragazzi che porti- no in dote dagli studi una preparazio- ne tecnica. Gola ha detto una verità, o solo una parte della verità, concen- trandosi su un aspetto preciso e prag- matico: «Nel 2017 - ha spiegato - le a- ziende cuneesi hanno manifestato l’intenzione di inserire circa 40.000 nuovi lavoratori. Di questi, il 19% sono addetti agli impianti e ai macchinari, il 18% operai specializzati, l’11% tecnici specializzati. Queste sono le persone che troveranno subito lavoro una vol- ta terminato il periodo di studi, di cui le nostre imprese hanno estremo bi- sogno e che spesso faticano a reperi- re». Questo è un punto, a qualcuno parso erroneamente persino classista, che si ferma a quello sbocco immediato nel mondo del lavoro e all’occupazione da tecnici specializzati. Il resto della que- stione italiana, invece, e del Sud Italia (Sicilia compresa) è che cresce la ten- denza ad iscriversi nei Licei, trascu- rando gli studi tecnici. Il che, spiegano gli esperti, rappresenta per certi a- spetti una evidente contraddizione non solo rispetto a ciò che dice Gola, ma anche rispetto a ciò che racconta- no le esperienze di altri Paesi europei, Germania in testa, che hanno investi- to proprio sugli studi tecnici, prepa- rando i ragazzi a un immediato sbocco nel mondo del lavoro dopo il diploma, ma dotandoli di un bagaglio di cono- scenze che spalanchi loro anche il mondo degli studi universitari. Ov- viamente studi quasi sempre tecnici e scientifici, con buona pace di chi, comprensibilmente, porta con sé una nostalgia per greco, latino e studi u- manistici. E per grandi teorie impara- te a memoria. Insomma, qui si va oltre le osservazioni di Gola e si parla di ra- gazzi che dovrebbero studiare per cinque anni, quelli delle scuole supe- riori, pensando già a cosa faranno nel futuro. Ma non è sempre così, anzi al Sud e in Sicilia cresce la richiesta di i- scriversi nei Licei. Con quale risulta- to? Spesso con quello di diplomarsi con una buona (e qualche volta otti- ma) preparazione teorica, ma avendo, per forza di programmi, di tempi e di impostazione delle scuole, molte me- no conoscenze nel campo tecnico e scientifico di quante non ne servireb- bero per lavorare o per proseguire speditamente gli studi. In Sicilia o al Nord, sostanzialmente non cambia. I dati, allora. Il 55,3% degli studenti per il prossimo anno ha optato per un indirizzo liceale (in Siciliail 59%). Il 30,7% ha scelto unistituto tecnico, con una leggera crescita rispetto al 30,3% di un anno fa. Lieve calo per iprofes- sionali, scelti dal 14% rispetto al 15,1% dello scorso anno. In lieve aumento le preferenze per ilLiceo linguistico(dal 9,2% al 9,3%. In questa pagina raccogliamo le te- stimonianze di due dirigenti scolasti- ci che guidano un Liceo Scientifico e un Tecnico che sono due eccellenze nei rispettivi campi a Catania, il Gali- leo e il Marconi. Ma, ovviamente, il di- scorso va allargato all’intero nostro si- stema scolastico, alla qualità che è ca- pace di offrire, alle opportunità che è in grado di generare per i ragazzi nel post diploma. Perché, allora, servirebbero più stu- di tecnici? Perché se è vero che uno studente siciliano su tre decide di i- scriversi in università non nell’Isola (e potremmo discutere sul perché, sulle cause e sulle possibili soluzioni), è del tutto evidente che questi ragazzi an- dranno a fare i conti, nella maggior parte dei casi, con studi che richiedo- no una elevata conoscenza tecnica e scientifica. Basti pensare a quanti so- no gli studenti che si iscrivono ai Poli- tecnici, di Milano e di Torino, o in altre facoltà del Centro-Nord, da Bologna a Padova a Trento, dove trovano colle- ghi che, nella maggior parte dei casi, provengono, appunto, da istituti tec- nici. Qual è la differenza? Il gap a svan- taggio dei siciliani, spesso, sta nel fat- to che, venendo dai Licei, hanno mini- me nozioni di informatica, che non hanno studiato a fondo o non hanno applicato concretamente. Sta ancora nel non conoscere “sistemi”, nell’ave- re sfiorato un po’ d’elettronica, nel sa- pere poco o nulla di calcoli. E’ così, del resto sta scritto nei programmi. Eppu- re sfugge ancora l’importanza di stu- diare più matematica applicata e me- no teoria, entrare nel campo della sta- tistica, esplorare e provare il disegno tecnico o il campo costruzioni. E’ naturale che un’area ancora tutto sommato ricca come il Veneto veda il primato delle iscrizioni degli istituti tecnici, scelti indifferentemente da ragazzi provenienti da tutte le fasce sociali. Lassù il futuro, subito lavorati- vo o con il passaggio universitario, in 8 casi su 10 richiederà competenze spe- cifiche nel settore tecnico-scientifico. E così in fabbrica, in ufficio, o all’Uni- versità i ragazzi del Sud dovranno fati- care il doppio per recuperare il tempo perduto. Con un bel 100 e lode in ar- chivio e tanta strada da fare per strap- pare con i denti, sudore e fatica un po- sto di lavoro o un 30 all’Università che li renda competitivi in questo merca- to globale dove non si vince con i titoli, ma con i fatti. «Miscela di innovazione e di cultura umanistica per un’offerta articolata» PIERANGELA CANNONE CATANIA. Perché in Sicilia i ragazzi scel- gono di frequentare il liceo scientifico, tanto da fare registrare un boom di i- scrizioni rispetto a tutti gli altri indi- rizzi scolastici? Lo abbiamo chiesto alla dirigente del liceo scientifico “Ga- lileo Galilei” di Catania, Gabriella Chi- sari, che punta i riflettori sulla forma- zione a tutto tondo dell’indirizzo di studi in questione. «L’impostazione dei nostri curricu- la - dice - di fatto è inclinata all’appro- fondimento di materie scientifiche, però la tradizione umanistica è altret- tanto forte. Il liceo scientifico, quindi, è abbastanza equilibrato e articolato. Inoltre, c’è una maggiore possibilità di scegliere tra un ventaglio più vario di facoltà universitarie, in accordo con la duttilità degli studi affrontati». Come commenta il fatto che gli isti- tuti tecnici occupano l’ultimo posto nella classifica delle scelte dei giova- ni? Ciò significa che non offrono le stesse opportunità dei licei? «Da questo punto di vista, occorre che si superino i retaggi di un passato che ha sempre dequalificato gli istituti tecnici, anche in termini di utenza. I genitori in possesso di laurea sono già orientati a iscrivere i propri figli nei li- cei, senza considerare l’attitudine dei ragazzi. Chi, invece, ha necessità di un aiuto economico in famiglia, è più propenso a indirizzare il giovane in un istituto tecnico o anche professionale. È indiscusso che, dopo gli studi tecnici e professionali, l’inserimento nel mondo del lavoro è più diretto rispet- to ai licei che, invece, hanno una ragio- ne d’essere nella formazione univer- sitaria». Ciò significa che, alla base della con- trotendenza degli studenti del Nord a preferire i tecnici, c’è la necessità di trovare subito impiego? «Lì la scelta è legata al territorio. C’è un substrato di industrie che lavora addi- rittura in sintonia con gli istituti tecni- ci per avviare i ragazzi al mondo del la- voro. Ma c’è anche la capacità di assor- bimento da parte delle grandi azien- de, pronte ad accogliere nuove figure. Tutto ciò, qui, è davvero difficile. La fa- tica a trovare lavoro è immensa e, no- nostante ci siano istituti tecnici ben attrezzati, è raro trovare un’azienda che formi i nostri giovani per poi pen- sare ad assumerli. Credo che tutto ciò spinga le famiglie a iscrivere i ragazzi ai licei, in particolar modo al liceo scientifico, che conferma e afferma il proprio trend di crescita in linea con lo sviluppo di competenze di base tra- sversali, fondamentali per riuscire poi ad accedere in qualsiasi facoltà uni- versitaria». Chi o cosa influenza la scelta degli studi di un ragazzo? «I docenti non riescono a essere incisi- vi; le famiglie, come ho già detto, se- guono logiche personali; i compagni hanno un ruolo importante. Molte volte vince anche la vicinanza tra casa e scuola. Consiglio ai giovani studenti di preferire il liceo scientifico solo se confermano l’amore per questo setto- re di studi. Tra tutte le opzioni, quella di emulare i propri compagni è la me- no adatta rispetto alla circostanza». Qui maggiore possibilità di scegliere tra un ventaglio vario di facoltà universitarie Favorito in licei come il nostro lo sviluppo di competenze di base trasversali IL GRAFICO ELABORATO DAL MIUR CON LE ISCRIZIONI NELLE VARIE TIPOLOGIE DI SCUOLE PER IL PROSSIMO ANNO SUPERCORSI Il Liceo Galileo nel suo piano di offerta formativa insieme ai corsi di ordinamento, offre la possibilità di ampliare e potenziare il piano di studi scientifico con: Potenziamento di scienze sperimentali; Potenziamento per l’Internaziona- lizzazione del Curricolo in lingua inglese; Potenziamento di matematica; Potenziamento di diritto. «Piani di studi più ricchi formazione completa e iscrizioni in crescita» CATANIA. «Mi duole il cuore ammetter- lo, ma regioni come la Lombardia, il Veneto e la Toscana sono più evolute rispetto alla Sicilia: hanno capito che il futuro dei giovani è affidato a una scuola che dia un’immediata immis- sione nel mondo del lavoro, sorvolan- do sulla tradizionale convinzione del prestigio dei licei in quanto istituti eli- tari dal punto di vista sia della forma- zione culturale sia dell’afflusso da parte di ragazzi provenienti da classi sociali medio-alte». Non lascia spazio a interpretazioni il commento del dirigente scolastico dell’istituto tecnico industriale “G. Marconi” di Catania, Ugo Pirrone, ma lascia invece intravedere una realtà sociale fondata su antichi retaggi. Come commenta la forte propensio- ne dei giovani a iscriversi nei licei piuttosto che negli istituti tecnici? «A mio avviso, la motivazione princi- pale è che le scuole medie inferiori non svolgono un’azione di propagan- da e informazione adeguata alla real- tà. Insistono più nel sottolineare la completezza della formazione cultu- rale piuttosto che i vantaggi di un in- serimento immediato nel mondo del lavoro. Non è raro che giovani con la maturità scientifica, cerchino di con- seguire un diploma che accorci le di- stanze con la realtà». In Sicilia accade anche questo… «Più che una rarità, è una costante. Purtroppo siamo abituati a distingue- re gli studi dividendoli in prima e se- conda categoria. Sono sottovalutate sia la capacità e la propensione del ra- gazzo a finire gli studi sia la fattibilità economica delle famiglie a sostenere i figli per tutto il percorso accademi- co». Cosa potrebbe esserci alla base della controtendenza registrata al Nord? «È fortemente industrializzato ri- spetto al Sud e ciò spinge i giovani a i- scriversi negli istituti tecnici. Sanno che c’è un posto di lavoro in cui posso- no sfruttare il proprio titolo. Gli stu- denti siciliani, invece, quasi per un compenso psicologico, possono van- tarsi solo o quasi unicamente di una solida e poliedrica preparazione, ma non sanno che anche gli istituti tecnici possono offrire altrettanta poliedrici- tà e vasta cultura che vada al di là della formazione puramente pratica. I Tec- nici, in questi ultimi anni, hanno po- tenziato i piani di studio, offrendo una valida preparazione anche in quei set- tori che non sono strettamente perti- nenti al proprio curriculum basilare». Qual è il peso delle famiglie nelle scelte dei ragazzi? «I genitori sono condizionati dalla personalità dei figli e si fanno influen- zare dalle valutazioni dei professori. C’è anche una parte di famiglie che so- no predisposte a monte a iscrivere i fi- gli nei licei, non rendendosi conto del- l’opportunità che possono offrire gli i- stituti tecnici. L’anello debole dei licei è la necessità di proseguire gli studi per avere un titolo abilitante al lavoro. Comunque, sono fiducioso perché già quest’anno il mio istituto ha registra- to una maggiore affluenza di iscrizio- ni. Ciò significa che qualcosa sta cam- biando». P. C. Le medie inferiori non danno un’informa- zione adeguata alla realtà Da noi un’offerta poliedrica che va al di là della sola formazione pratica SCUOLA 4.0 L’I.T.I. “G. Marconi” di Catania, diretto dal preside ing Ugo Pirrone, sarà una delle due sedi siciliane dei “Future Lab” attivati dal Ministero per l’istruzione nell’ambito del piano nazionale scuola digitale, quello che è stato ribattezzato “Progetto Scuola 4.0”. Scuola e occupazione Al Sud è corsa a Classico e Scientifico ma cresce la richiesta di “specializzati” GABRIELLA CHISARI. DIRIGENTE LICEO GALILEI UGO PIRRONE. DIRIGENTE ITI MARCONI Dal diploma al lavoro in Sicilia è un miraggio Fondazione Agnelli: in Veneto il 61% ha un contratto entro nove mesi, nell’Isola il 22% entro due anni I DIPLOMATI Dal 2011 al 2014 l’Italia ha avuto 547.853 diplomati in istituti tecnici e professionali, così divisi per regioni: Piemonte 34.526 (6,30% del totale nazionale), Lombardia 80.165 (14,63%), Trentino 4.340 (0,79%), Veneto 49.587 (9,05%), Friuli-Venezia Giulia 9.937 (1,81%), Liguria 10.253 (1,87%), Emilia-Romagna 39.166 (7,15%), Toscana 30.381 (5,55%), Umbria 8.182 (1,49%), Marche 18.424 (3,36%), Lazio 45.076 (8,23%), Abruzzo 11.923 (2,18%), Molise 3.271 (0,60%), Campania 66.694 (12,17%), Puglia 45.178 (8,25%), Basilicata 7.191 (1,31%), Calabria 22.400 (4,09%), Sicilia 48.958 (8,94%), Sardegna 12.201 (2,23%). MICHELE GUCCIONE PALERMO. Se vuoi lavorare subito, di- plomati in un istituto tecnico o pro- fessionale ed entro nove mesi avrai un lavoro qualunque, probabilmen- te in apprendistato, ed entro due an- ni sarai occupato stabilmente, anche se non necessariamente per ciò che hai studiato. Questo è vero, ma vale solo al Nord Italia, non in Sicilia. Due regioni agli antipodi: il Veneto ha il maggior numero di iscritti agli isti- tuti tecnici e professionale (53%), la Sicilia quello di iscritti ai licei classi- co e scientifico (54%). I primi seguo- no questo percorso perché sanno che, dopo il diploma, avranno presto ottime possibilità di entrare nel mondo del lavoro; i secondi invece continuano a preferire questi due indirizzi pur sapendo che non offro- no uno sbocco lavorativo. Ciò perché nell’Isola non esiste un tessuto di imprese capace di assorbire diplo- matici tecnici o professionali. Qui, dunque, il percorso di istruzione si allunga di molti anni con il passaggio per l’università, poi la specializza- zione al Nord o all’estero, dove si re- sta per le prime esperienze lavorati- ve. Uno studio della Fondazione A- gnelli e del Crisp realizzato per i mi- nisteri dell’Istruzione e del Lavoro e presentato agli inizi di questo mese, mostra proprio questa fotografia. «Ogni anno - spiegano gli analisti - oltre 235.000 studenti italiani in u- scita dal primo ciclo di istruzione de- cidono di iscriversi a un percorso quinquennale di istruzione tecnica o professionale. Si tratta di quasi la metà degli individui della coorte di riferimento (46,6% nell’anno scola- stico 2017/18). Di questi, poco più del 30% proseguirà poi gli studi a li- vello universitario o nell’istruzione tecnica superiore; la maggior parte dei diplomati opterà, invece, per un ingresso immediato nel mercato del lavoro». Lo studio racconta come va a fini- re: «Fatti 100 i diplomati tecnici e professionali, solo il 30% prosegue gli studi universitari. Gli altri optano per un ingresso immediato nel mer- cato del lavoro, dove però in questi anni non hanno trovato un contesto particolarmente favorevole: non più del 28% ha lavorato per più di sei me- si nei primi due anni post-diploma (occupati); il 14,7% ha svolto lavori saltuari e frammentari cumulando meno di sei mesi di lavoro (sottoccu- pati). Nel 27,4% dei casi, i diplomati non sono risultati iscritti a corsi uni- versitari né hanno avuto esperienze lavorative di alcun tipo: si tratta di una popolazione assimilabile ai Neet». «Se ci concentriamo - prosegue lo studio - solo su chi è entrato nel mer- cato del lavoro, rileviamo che l’indi- ce di occupazione tra i diplomati tec- nici e professionali nei primi due an- ni post-diploma è pari al 40%; un da- to lusinghiero se si considera la con- giuntura economica particolarmen- te avversa. Per ottenere un rapporto di lavoro significativo (contratto con una durata di almeno trenta giorni continuativi), i diplomati hanno at- teso in media 263 giorni, dunque quasi nove mesi. A due anni di di- stanza dal diploma, solo un diplo- mato su tre (34,3%) degli occupati svolge un lavoro coerente col titolo di studi conseguito. La metà dei di- plomati (51,3%) deve accontentarsi di un lavoro qualsiasi, mentre il 14,4% svolge professioni trasversali e accessibili, oltre che con la propria, anche con maturità di diverso tipo. Per quanto riguarda invece il tipo di contratto, osserviamo che la metà dei diplomati che lavorano ha già raggiunto entro i primi due anni dal termine degli studi una posizione stabile: il 22,2% ha un contratto a tempo indeterminato e circa il 27,6% è inserito in apprendistato». Ma l’analisi si conclude con l’ama- ra evidenzia del divario Nord-Sud: «L’indice di occupazione può oscilla- re dal 60,9% del Veneto al 22% di Campania, Calabria e Sicilia, regioni nelle quali solo un diplomato su cin- que riesce a lavorare per almeno 6 mesi entro i due anni dal diploma. Le scarse opportunità occupazionali si ripercuotono sui tempi di attesa per un primo contratto significativo: in Veneto il primo arriva quando sono trascorsi poco più di sette mesi dal conseguimento del diploma, in Cala- bria e Sicilia, invece, per quei pochi che lavorano, di mesi ne occorrono quasi 11. Per i diplomati meridionali il lavoro non è vicino a casa: è neces- sario migrare anche fuori regione e coprire una distanza in media supe- riore ai 70 km per trovare un’occu- pazione. Nelle regioni del Centro- Nord Italia si può trovare lavoro en- tro un raggio che oscilla tra i 20 e i 30 km di distanza dal proprio luogo di residenza». Formazione inadeguata e pochi sbocchi nell’Isola record di chi rinuncia a studiare PALERMO. In Sicilia le imprese non as- sumono, la qualità del sistema forma- tivo è inadeguata a causa del crollo della spesa in istruzione. Quindi si ri- duce il numero di giovani siciliani che riescono a trovare un lavoro dopo il diploma o la laurea, e aumentano quelli che rinunciano a cimentarsi in un percorso di formazione per il lavo- ro che qui diventa una sorta di “forche caudine”. L’analisi di Mario Pagliaro, primo ricercatore del Cnr, deriva dalla sua esperienza di scienziato che non ha a disposizione aziende siciliane per tradurre le sue scoperte in prodotti e che deve rivolgersi al Nord o all’este- ro: «Nelle regioni dove esiste ancora un sistema diffuso di Pmi si registrano le maggiori iscrizioni di ragazzi agli i- stituti tecnici: Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige ed Emilia- Romagna. In quelle dove il sistema produttivo è largamente insufficiente ad assorbire nuova forza lavoro giova- ne, le famiglie optano per i licei classi- ci e scientifici con la chiara prospetti- va degli studi universitari: Sicilia e Campania, ma anche Lazio e Umbria, dato che Roma ospita le sedi dei mini- steri e delle agenzie pubbliche nazio- nali». Secondo Gianni Bocchieri, dirigen- te generale del dipartimento Lavoro della Regione Lombardia e in Sicilia consulente dell’assessore all’Istruzio- ne Roberto Lagalla, «è anche una que- stione culturale: in Sicilia la disconti- nuità della partenza dei corsi di Istru- zione e formazione professionale che i ragazzi hanno subito negli ultimi an- ni non ha aiutato le famiglie a cogliere la valenza di questo segmento forma- tivo, cioè la possibilità di un’immedia- ta esperienza nei mestieri artigianali come trampolino di lancio per acqui- sire le moderne competenze richieste dal mondo del lavoro compresa l’evo- luzione di Industria 4.0». Questo per quanto riguarda chi sce- glie di studiare per lavorare. Diamo invece un’occhiata ai tantissimi che si fermano prima. Dice lo studio sulla Fi- nanza territoriale elaborato dal cen- tro studi Srm di Intesa Sanpaolo: «Nel 2016 c’è un quadro allarmante con una percentuale di Neet pari a più del 38% in Sicilia. Nella classifica relativa ai giovani che non hanno un diploma di maturità o una qualifica professio- nale, troviamo ai primi posti Sicilia, Campania, Sardegna e Puglia. In Pu- glia, Sicilia e Campania c’è la più bassa percentuale di laureati e post laureati su mille residenti. Si collocano al di sotto della media nazionale, in tutti i livelli scolastici, Calabria e Sicilia. Nel- l’ultimo decennio si è osservato un crollo vertiginoso di immatricolazio- ni in Abruzzo, Lazio, Sicilia, Puglia e Calabria». Gli investimenti per l’istru- zione in Sicilia sono crollati del 94%, lievitano gli abbandoni scolastici. La Sicilia è ai primi posti per numero di giovani senza un diploma di maturità o una qualifica professionale ATENEI SENZA FONDI Riguardo agli investimenti statali nelle università, lo studio di Srm evidenzia che si sono registrate «importanti variazioni negative nelle regioni del Mezzogiorno, e in particolare in Sardegna, Sicilia, Basilicata, Puglia e Calabria. Passando alle spese si osserva, nel passaggio dal 2005 al 2015, una riduzione piuttosto netta delle spese totali per le università delle regioni Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Riduzioni significative e più generalizzate si riscontrano con riferimento alla spesa in conto capitale. Per il personale le riduzioni più consistenti hanno riguardato Sicilia, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia». L’ANALISI. CROLLANO INVESTIMENTI E IMMATRICOLAZIONI In Italia. L’indice di occupazione post diploma tecnico è il 40% Dopo due anni. Solo uno su tre ha un lavoro coerente col titolo
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LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

MERCOLEDÌ 14 FEBBRAIO 2018

primo piano2.MERCOLEDÌ 14 FEBBRAIO

LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

2018

primo piano .3

Licei da record, ma il futuro è tecnicoANDREA LODATO

CATANIA. Ha un bel po’ di ragione il pre-sidente di Confindustria Cuneo, Mau-ro Gola, che direttamente e brutal-mente ha spiegato a genitori e studen-ti che se sbocchi lavorativi ci sarannonel prossimo futuro, beh sono nel-l’80% dei casi legati a ragazzi che porti-no in dote dagli studi una preparazio-ne tecnica. Gola ha detto una verità, osolo una parte della verità, concen-trandosi su un aspetto preciso e prag-matico: «Nel 2017 - ha spiegato - le a-ziende cuneesi hanno manifestatol’intenzione di inserire circa 40.000nuovi lavoratori. Di questi, il 19% sonoaddetti agli impianti e ai macchinari, il18% operai specializzati, l’11% tecnicispecializzati. Queste sono le personeche troveranno subito lavoro una vol-ta terminato il periodo di studi, di cuile nostre imprese hanno estremo bi-sogno e che spesso faticano a reperi-re».

Questo è un punto, a qualcuno parsoerroneamente persino classista, che siferma a quello sbocco immediato nelmondo del lavoro e all’occupazione datecnici specializzati. Il resto della que-stione italiana, invece, e del Sud Italia(Sicilia compresa) è che cresce la ten-denza ad iscriversi nei Licei, trascu-rando gli studi tecnici. Il che, spieganogli esperti, rappresenta per certi a-spetti una evidente contraddizionenon solo rispetto a ciò che dice Gola,ma anche rispetto a ciò che racconta-no le esperienze di altri Paesi europei,Germania in testa, che hanno investi-to proprio sugli studi tecnici, prepa-

rando i ragazzi a un immediato sbocconel mondo del lavoro dopo il diploma,ma dotandoli di un bagaglio di cono-scenze che spalanchi loro anche ilmondo degli studi universitari. Ov-viamente studi quasi sempre tecnici escientifici, con buona pace di chi,comprensibilmente, porta con sé unanostalgia per greco, latino e studi u-manistici. E per grandi teorie impara-te a memoria. Insomma, qui si va oltrele osservazioni di Gola e si parla di ra-gazzi che dovrebbero studiare percinque anni, quelli delle scuole supe-riori, pensando già a cosa faranno nelfuturo. Ma non è sempre così, anzi alSud e in Sicilia cresce la richiesta di i-scriversi nei Licei. Con quale risulta-to? Spesso con quello di diplomarsicon una buona (e qualche volta otti-ma) preparazione teorica, ma avendo,per forza di programmi, di tempi e diimpostazione delle scuole, molte me-no conoscenze nel campo tecnico escientifico di quante non ne servireb-bero per lavorare o per proseguirespeditamente gli studi. In Sicilia o alNord, sostanzialmente non cambia.

I dati, allora. Il 55,3% degli studentiper il prossimo anno ha optato per unindirizzo liceale (in Siciliail 59%). Il30,7% ha scelto unistituto tecnico, conuna leggera crescita rispetto al 30,3%di un anno fa. Lieve calo per iprofes-sionali, scelti dal 14% rispetto al 15,1%dello scorso anno. In lieve aumento lepreferenze per ilLiceo linguistico(dal9,2% al 9,3%.

In questa pagina raccogliamo le te-stimonianze di due dirigenti scolasti-ci che guidano un Liceo Scientifico e

un Tecnico che sono due eccellenzenei rispettivi campi a Catania, il Gali-leo e il Marconi. Ma, ovviamente, il di-scorso va allargato all’intero nostro si-stema scolastico, alla qualità che è ca-pace di offrire, alle opportunità che èin grado di generare per i ragazzi nelpost diploma.

Perché, allora, servirebbero più stu-di tecnici? Perché se è vero che unostudente siciliano su tre decide di i-scriversi in università non nell’Isola (epotremmo discutere sul perché, sullecause e sulle possibili soluzioni), è deltutto evidente che questi ragazzi an-

dranno a fare i conti, nella maggiorparte dei casi, con studi che richiedo-no una elevata conoscenza tecnica escientifica. Basti pensare a quanti so-no gli studenti che si iscrivono ai Poli-tecnici, di Milano e di Torino, o in altrefacoltà del Centro-Nord, da Bologna aPadova a Trento, dove trovano colle-ghi che, nella maggior parte dei casi,provengono, appunto, da istituti tec-nici.

Qual è la differenza? Il gap a svan-taggio dei siciliani, spesso, sta nel fat-to che, venendo dai Licei, hanno mini-me nozioni di informatica, che non

hanno studiato a fondo o non hannoapplicato concretamente. Sta ancoranel non conoscere “sistemi”, nell’ave -re sfiorato un po’ d’elettronica, nel sa-pere poco o nulla di calcoli. E’ così, delresto sta scritto nei programmi. Eppu-re sfugge ancora l’importanza di stu-diare più matematica applicata e me-no teoria, entrare nel campo della sta-tistica, esplorare e provare il disegnotecnico o il campo costruzioni.

E’ naturale che un’area ancora tuttosommato ricca come il Veneto veda ilprimato delle iscrizioni degli istitutitecnici, scelti indifferentemente da

ragazzi provenienti da tutte le fascesociali. Lassù il futuro, subito lavorati-vo o con il passaggio universitario, in 8casi su 10 richiederà competenze spe-cifiche nel settore tecnico-scientifico.E così in fabbrica, in ufficio, o all’Uni -versità i ragazzi del Sud dovranno fati-care il doppio per recuperare il tempoperduto. Con un bel 100 e lode in ar-chivio e tanta strada da fare per strap-pare con i denti, sudore e fatica un po-sto di lavoro o un 30 all’Università cheli renda competitivi in questo merca-to globale dove non si vince con i titoli,ma con i fatti.

«Miscela di innovazionee di cultura umanisticaper un’offerta articolata»PIERANGELA CANNONE

CATANIA. Perché in Sicilia i ragazzi scel-gono di frequentare il liceo scientifico,tanto da fare registrare un boom di i-scrizioni rispetto a tutti gli altri indi-rizzi scolastici? Lo abbiamo chiestoalla dirigente del liceo scientifico “Ga -lileo Galilei” di Catania, Gabriella Chi-sari, che punta i riflettori sulla forma-zione a tutto tondo dell’indirizzo distudi in questione.

«L’impostazione dei nostri curricu-la - dice - di fatto è inclinata all’appro -fondimento di materie scientifiche,però la tradizione umanistica è altret-tanto forte. Il liceo scientifico, quindi,è abbastanza equilibrato e articolato.Inoltre, c’è una maggiore possibilità discegliere tra un ventaglio più vario difacoltà universitarie, in accordo con laduttilità degli studi affrontati».

Come commenta il fatto che gli isti-tuti tecnici occupano l’ultimo postonella classifica delle scelte dei giova-ni? Ciò significa che non offrono lestesse opportunità dei licei?

«Da questo punto di vista, occorre chesi superino i retaggi di un passato cheha sempre dequalificato gli istitutitecnici, anche in termini di utenza. Igenitori in possesso di laurea sono giàorientati a iscrivere i propri figli nei li-cei, senza considerare l’attitudine deiragazzi. Chi, invece, ha necessità di unaiuto economico in famiglia, è piùpropenso a indirizzare il giovane in unistituto tecnico o anche professionale.È indiscusso che, dopo gli studi tecnicie professionali, l’inserimento nelmondo del lavoro è più diretto rispet-

to ai licei che, invece, hanno una ragio-ne d’essere nella formazione univer-sitaria».

Ciò significa che, alla base della con-trotendenza degli studenti del Norda preferire i tecnici, c’è la necessità ditrovare subito impiego?

«Lì la scelta è legata al territorio. C’è unsubstrato di industrie che lavora addi-rittura in sintonia con gli istituti tecni-ci per avviare i ragazzi al mondo del la-voro. Ma c’è anche la capacità di assor-bimento da parte delle grandi azien-de, pronte ad accogliere nuove figure.Tutto ciò, qui, è davvero difficile. La fa-tica a trovare lavoro è immensa e, no-nostante ci siano istituti tecnici benattrezzati, è raro trovare un’aziendache formi i nostri giovani per poi pen-sare ad assumerli. Credo che tutto ciòspinga le famiglie a iscrivere i ragazziai licei, in particolar modo al liceoscientifico, che conferma e afferma ilproprio trend di crescita in linea con losviluppo di competenze di base tra-sversali, fondamentali per riuscire poiad accedere in qualsiasi facoltà uni-versitaria».

Chi o cosa influenza la scelta deglistudi di un ragazzo?

«I docenti non riescono a essere incisi-vi; le famiglie, come ho già detto, se-guono logiche personali; i compagnihanno un ruolo importante. Moltevolte vince anche la vicinanza tra casae scuola. Consiglio ai giovani studentidi preferire il liceo scientifico solo seconfermano l’amore per questo setto-re di studi. Tra tutte le opzioni, quelladi emulare i propri compagni è la me-no adatta rispetto alla circostanza».

Qui maggiorepossibilità discegliere traun ventagliovario difacoltàuniversitarie

Favorito inlicei come ilnostro losviluppo dicompetenzedi basetrasversali

IL GRAFICO ELABORATO DAL MIUR CON LE ISCRIZIONI NELLE VARIE TIPOLOGIE DI SCUOLE PER IL PROSSIMO ANNO

SUPERCORSIIl Liceo Galileonel suo pianodi offertaformativainsieme aicorsi diordinamento,offre lapossibilità diampliare epotenziare ilpiano di studiscientifico con:Potenziamentodi scienzesperimentali;Potenziamentoperl’Internaziona-lizzazione delCurricolo inlingua inglese;Potenziamentodi matematica;Potenziamentodi diritto.

«Piani di studi più ricchiformazione completae iscrizioni in crescita»CATANIA. «Mi duole il cuore ammetter-lo, ma regioni come la Lombardia, ilVeneto e la Toscana sono più evoluterispetto alla Sicilia: hanno capito cheil futuro dei giovani è affidato a unascuola che dia un’immediata immis-sione nel mondo del lavoro, sorvolan-do sulla tradizionale convinzione delprestigio dei licei in quanto istituti eli-tari dal punto di vista sia della forma-zione culturale sia dell’afflusso daparte di ragazzi provenienti da classisociali medio-alte».

Non lascia spazio a interpretazioniil commento del dirigente scolasticodell’istituto tecnico industriale “G.Marconi” di Catania, Ugo Pirrone, malascia invece intravedere una realtàsociale fondata su antichi retaggi.

Come commenta la forte propensio-ne dei giovani a iscriversi nei liceipiuttosto che negli istituti tecnici?

«A mio avviso, la motivazione princi-pale è che le scuole medie inferiorinon svolgono un’azione di propagan-da e informazione adeguata alla real-tà. Insistono più nel sottolineare lacompletezza della formazione cultu-rale piuttosto che i vantaggi di un in-serimento immediato nel mondo dellavoro. Non è raro che giovani con lamaturità scientifica, cerchino di con-seguire un diploma che accorci le di-stanze con la realtà».

In Sicilia accade anche questo…«Più che una rarità, è una costante.Purtroppo siamo abituati a distingue-re gli studi dividendoli in prima e se-conda categoria. Sono sottovalutatesia la capacità e la propensione del ra-gazzo a finire gli studi sia la fattibilità

economica delle famiglie a sostenere ifigli per tutto il percorso accademi-co».

Cosa potrebbe esserci alla base dellacontrotendenza registrata al Nord?

«È fortemente industrializzato ri-spetto al Sud e ciò spinge i giovani a i-scriversi negli istituti tecnici. Sannoche c’è un posto di lavoro in cui posso-no sfruttare il proprio titolo. Gli stu-denti siciliani, invece, quasi per uncompenso psicologico, possono van-tarsi solo o quasi unicamente di unasolida e poliedrica preparazione, manon sanno che anche gli istituti tecnicipossono offrire altrettanta poliedrici-tà e vasta cultura che vada al di là dellaformazione puramente pratica. I Tec-nici, in questi ultimi anni, hanno po-tenziato i piani di studio, offrendo unavalida preparazione anche in quei set-tori che non sono strettamente perti-nenti al proprio curriculum basilare».

Qual è il peso delle famiglie nellescelte dei ragazzi?

«I genitori sono condizionati dallapersonalità dei figli e si fanno influen-zare dalle valutazioni dei professori.C’è anche una parte di famiglie che so-no predisposte a monte a iscrivere i fi-gli nei licei, non rendendosi conto del-l’opportunità che possono offrire gli i-stituti tecnici. L’anello debole dei liceiè la necessità di proseguire gli studiper avere un titolo abilitante al lavoro.Comunque, sono fiducioso perché giàquest’anno il mio istituto ha registra-to una maggiore affluenza di iscrizio-ni. Ciò significa che qualcosa sta cam-biando».

P. C.

Le medieinferiori nondannoun’informa-zioneadeguataalla realtà

Da noiun’offertapoliedricache va al di làdella solaformazionepratica

SCUOLA 4.0L’I.T.I. “G.Marconi” diCatania,diretto dalpreside ingUgo Pirrone,sarà una delledue sedisiciliane dei“Future Lab”attivati dalMinistero perl’istruzionenell’ambitodel pianonazionalescuoladigitale,quello che èstatoribattezzato“ProgettoScuola 4.0”.

“Scuola e occupazione

Al Sud è corsa a Classico e Scientificoma cresce la richiesta di “specializzati”

GABRIELLA CHISARI. DIRIGENTE LICEO GALILEI UGO PIRRONE. DIRIGENTE ITI MARCONI

Dal diploma al lavoroin Sicilia è un miraggio

Fondazione Agnelli:in Veneto il 61% haun contratto entronove mesi, nell’Isolail 22% entro due anni

I DIPLOMATIDal 2011 al2014 l’Italia haavuto 547.853diplomati inistituti tecnici eprofessionali,così divisi perregioni:Piemonte34.526 (6,30%del totalenazionale),Lombardia80.165(14,63%),Trentino 4.340(0,79%), Veneto49.587 (9,05%),Friuli-VeneziaGiulia 9.937(1,81%), Liguria10.253 (1,87%),Emilia-Romagna39.166 (7,15%),Toscana 30.381(5,55%), Umbria8.182 (1,49%),Marche 18.424(3,36%), Lazio45.076 (8,23%),Abruzzo 11.923(2,18%), Molise3.271 (0,60%),Campania66.694(12,17%), Puglia45.178 (8,25%),Basilicata 7.191(1,31%),Calabria 22.400(4,09%), Sicilia48.958 (8,94%),Sardegna12.201(2,23%).

MICHELE GUCCIONE

PALERMO. Se vuoi lavorare subito, di-plomati in un istituto tecnico o pro-fessionale ed entro nove mesi avraiun lavoro qualunque, probabilmen-te in apprendistato, ed entro due an-ni sarai occupato stabilmente, anchese non necessariamente per ciò chehai studiato. Questo è vero, ma valesolo al Nord Italia, non in Sicilia. Dueregioni agli antipodi: il Veneto ha ilmaggior numero di iscritti agli isti-tuti tecnici e professionale (53%), laSicilia quello di iscritti ai licei classi-co e scientifico (54%). I primi seguo-no questo percorso perché sannoche, dopo il diploma, avranno prestoottime possibilità di entrare nelmondo del lavoro; i secondi invececontinuano a preferire questi dueindirizzi pur sapendo che non offro-no uno sbocco lavorativo. Ciò perchénell’Isola non esiste un tessuto diimprese capace di assorbire diplo-matici tecnici o professionali. Qui,dunque, il percorso di istruzione siallunga di molti anni con il passaggioper l’università, poi la specializza-zione al Nord o all’estero, dove si re-sta per le prime esperienze lavorati-ve.

Uno studio della Fondazione A-gnelli e del Crisp realizzato per i mi-nisteri dell’Istruzione e del Lavoro epresentato agli inizi di questo mese,mostra proprio questa fotografia.«Ogni anno - spiegano gli analisti -oltre 235.000 studenti italiani in u-scita dal primo ciclo di istruzione de-cidono di iscriversi a un percorsoquinquennale di istruzione tecnica oprofessionale. Si tratta di quasi lametà degli individui della coorte diriferimento (46,6% nell’anno scola-stico 2017/18). Di questi, poco piùdel 30% proseguirà poi gli studi a li-vello universitario o nell’istruzione

tecnica superiore; la maggior partedei diplomati opterà, invece, per uningresso immediato nel mercato dellavoro».

Lo studio racconta come va a fini-re: «Fatti 100 i diplomati tecnici eprofessionali, solo il 30% proseguegli studi universitari. Gli altri optano

per un ingresso immediato nel mer-cato del lavoro, dove però in questianni non hanno trovato un contestoparticolarmente favorevole: non piùdel 28% ha lavorato per più di sei me-si nei primi due anni post-diploma(occupati); il 14,7% ha svolto lavorisaltuari e frammentari cumulando

meno di sei mesi di lavoro (sottoccu-pati). Nel 27,4% dei casi, i diplomatinon sono risultati iscritti a corsi uni-versitari né hanno avuto esperienzelavorative di alcun tipo: si tratta diuna popolazione assimilabile aiNeet».

«Se ci concentriamo - prosegue lo

studio - solo su chi è entrato nel mer-cato del lavoro, rileviamo che l’indi-ce di occupazione tra i diplomati tec-nici e professionali nei primi due an-ni post-diploma è pari al 40%; un da-to lusinghiero se si considera la con-giuntura economica particolarmen-te avversa. Per ottenere un rapportodi lavoro significativo (contratto conuna durata di almeno trenta giornicontinuativi), i diplomati hanno at-teso in media 263 giorni, dunquequasi nove mesi. A due anni di di-stanza dal diploma, solo un diplo-mato su tre (34,3%) degli occupatisvolge un lavoro coerente col titolodi studi conseguito. La metà dei di-plomati (51,3%) deve accontentarsidi un lavoro qualsiasi, mentre il14,4% svolge professioni trasversalie accessibili, oltre che con la propria,anche con maturità di diverso tipo.Per quanto riguarda invece il tipo dicontratto, osserviamo che la metàdei diplomati che lavorano ha giàraggiunto entro i primi due anni daltermine degli studi una posizionestabile: il 22,2% ha un contratto atempo indeterminato e circa il 27,6%è inserito in apprendistato».

Ma l’analisi si conclude con l’ama-ra evidenzia del divario Nord-Sud:«L’indice di occupazione può oscilla-re dal 60,9% del Veneto al 22% diCampania, Calabria e Sicilia, regioninelle quali solo un diplomato su cin-que riesce a lavorare per almeno 6mesi entro i due anni dal diploma. Lescarse opportunità occupazionali siripercuotono sui tempi di attesa perun primo contratto significativo: inVeneto il primo arriva quando sonotrascorsi poco più di sette mesi dalconseguimento del diploma, in Cala-bria e Sicilia, invece, per quei pochiche lavorano, di mesi ne occorronoquasi 11. Per i diplomati meridionaliil lavoro non è vicino a casa: è neces-sario migrare anche fuori regione ecoprire una distanza in media supe-riore ai 70 km per trovare un’occu-pazione. Nelle regioni del Centro-Nord Italia si può trovare lavoro en-tro un raggio che oscilla tra i 20 e i 30km di distanza dal proprio luogo diresidenza».

Formazione inadeguata e pochi sbocchinell’Isola record di chi rinuncia a studiarePALERMO. In Sicilia le imprese non as-sumono, la qualità del sistema forma-tivo è inadeguata a causa del crollodella spesa in istruzione. Quindi si ri-duce il numero di giovani siciliani cheriescono a trovare un lavoro dopo ildiploma o la laurea, e aumentanoquelli che rinunciano a cimentarsi inun percorso di formazione per il lavo-ro che qui diventa una sorta di “forchecaudine”. L’analisi di Mario Pagliaro,primo ricercatore del Cnr, deriva dallasua esperienza di scienziato che nonha a disposizione aziende siciliane pertradurre le sue scoperte in prodotti eche deve rivolgersi al Nord o all’este -ro: «Nelle regioni dove esiste ancoraun sistema diffuso di Pmi si registranole maggiori iscrizioni di ragazzi agli i-stituti tecnici: Veneto, Friuli-VeneziaGiulia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna. In quelle dove il sistemaproduttivo è largamente insufficientead assorbire nuova forza lavoro giova-

ne, le famiglie optano per i licei classi-ci e scientifici con la chiara prospetti-va degli studi universitari: Sicilia eCampania, ma anche Lazio e Umbria,dato che Roma ospita le sedi dei mini-steri e delle agenzie pubbliche nazio-nali».

Secondo Gianni Bocchieri, dirigen-te generale del dipartimento Lavorodella Regione Lombardia e in Siciliaconsulente dell’assessore all’Istruzio -ne Roberto Lagalla, «è anche una que-stione culturale: in Sicilia la disconti-nuità della partenza dei corsi di Istru-zione e formazione professionale chei ragazzi hanno subito negli ultimi an-ni non ha aiutato le famiglie a coglierela valenza di questo segmento forma-tivo, cioè la possibilità di un’immedia -ta esperienza nei mestieri artigianalicome trampolino di lancio per acqui-sire le moderne competenze richiestedal mondo del lavoro compresa l’evo -luzione di Industria 4.0».

Questo per quanto riguarda chi sce-glie di studiare per lavorare. Diamoinvece un’occhiata ai tantissimi che sifermano prima. Dice lo studio sulla Fi-nanza territoriale elaborato dal cen-tro studi Srm di Intesa Sanpaolo: «Nel2016 c’è un quadro allarmante conuna percentuale di Neet pari a più del38% in Sicilia. Nella classifica relativaai giovani che non hanno un diplomadi maturità o una qualifica professio-nale, troviamo ai primi posti Sicilia,Campania, Sardegna e Puglia. In Pu-glia, Sicilia e Campania c’è la più bassapercentuale di laureati e post laureatisu mille residenti. Si collocano al disotto della media nazionale, in tutti ilivelli scolastici, Calabria e Sicilia. Nel-l’ultimo decennio si è osservato uncrollo vertiginoso di immatricolazio-ni in Abruzzo, Lazio, Sicilia, Puglia eCalabria». Gli investimenti per l’istru -zione in Sicilia sono crollati del 94%,lievitano gli abbandoni scolastici.

La Sicilia èai primiposti pernumero digiovanisenza undiploma dimaturità ounaqualificaprofessionale

ATENEI SENZAFONDIRiguardo agliinvestimentistatali nelleuniversità, lostudio di Srmevidenzia che sisono registrate«importantivariazioninegative nelleregioni delMezzogiorno, ein particolare inSardegna,Sicilia,Basilicata,Puglia eCalabria.Passando allespese siosserva, nelpassaggio dal2005 al 2015,una riduzionepiuttosto nettadelle spesetotali per leuniversità delleregioniLombardia,Toscana, Lazio,Campania,Puglia, Calabriae Sicilia.Riduzionisignificative epiùgeneralizzate siriscontrano conriferimento allaspesa in contocapitale. Per ilpersonale leriduzioni piùconsistentihannoriguardatoSicilia,Sardegna eFriuli-VeneziaGiulia».

L’ANALISI. CROLLANO INVESTIMENTI E IMMATRICOLAZIONI

In Italia. L’indice dioccupazione postdiploma tecnico è il 40%

Dopo due anni. Solouno su tre ha un lavorocoerente col titolo

LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

MERCOLEDÌ 14 FEBBRAIO 2018

primo piano2.MERCOLEDÌ 14 FEBBRAIO

LA SICILIALUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016

.57la PPOLITICA

2018

primo piano .3

Licei da record, ma il futuro è tecnicoANDREA LODATO

CATANIA. Ha un bel po’ di ragione il pre-sidente di Confindustria Cuneo, Mau-ro Gola, che direttamente e brutal-mente ha spiegato a genitori e studen-ti che se sbocchi lavorativi ci sarannonel prossimo futuro, beh sono nel-l’80% dei casi legati a ragazzi che porti-no in dote dagli studi una preparazio-ne tecnica. Gola ha detto una verità, osolo una parte della verità, concen-trandosi su un aspetto preciso e prag-matico: «Nel 2017 - ha spiegato - le a-ziende cuneesi hanno manifestatol’intenzione di inserire circa 40.000nuovi lavoratori. Di questi, il 19% sonoaddetti agli impianti e ai macchinari, il18% operai specializzati, l’11% tecnicispecializzati. Queste sono le personeche troveranno subito lavoro una vol-ta terminato il periodo di studi, di cuile nostre imprese hanno estremo bi-sogno e che spesso faticano a reperi-re».

Questo è un punto, a qualcuno parsoerroneamente persino classista, che siferma a quello sbocco immediato nelmondo del lavoro e all’occupazione datecnici specializzati. Il resto della que-stione italiana, invece, e del Sud Italia(Sicilia compresa) è che cresce la ten-denza ad iscriversi nei Licei, trascu-rando gli studi tecnici. Il che, spieganogli esperti, rappresenta per certi a-spetti una evidente contraddizionenon solo rispetto a ciò che dice Gola,ma anche rispetto a ciò che racconta-no le esperienze di altri Paesi europei,Germania in testa, che hanno investi-to proprio sugli studi tecnici, prepa-

rando i ragazzi a un immediato sbocconel mondo del lavoro dopo il diploma,ma dotandoli di un bagaglio di cono-scenze che spalanchi loro anche ilmondo degli studi universitari. Ov-viamente studi quasi sempre tecnici escientifici, con buona pace di chi,comprensibilmente, porta con sé unanostalgia per greco, latino e studi u-manistici. E per grandi teorie impara-te a memoria. Insomma, qui si va oltrele osservazioni di Gola e si parla di ra-gazzi che dovrebbero studiare percinque anni, quelli delle scuole supe-riori, pensando già a cosa faranno nelfuturo. Ma non è sempre così, anzi alSud e in Sicilia cresce la richiesta di i-scriversi nei Licei. Con quale risulta-to? Spesso con quello di diplomarsicon una buona (e qualche volta otti-ma) preparazione teorica, ma avendo,per forza di programmi, di tempi e diimpostazione delle scuole, molte me-no conoscenze nel campo tecnico escientifico di quante non ne servireb-bero per lavorare o per proseguirespeditamente gli studi. In Sicilia o alNord, sostanzialmente non cambia.

I dati, allora. Il 55,3% degli studentiper il prossimo anno ha optato per unindirizzo liceale (in Siciliail 59%). Il30,7% ha scelto unistituto tecnico, conuna leggera crescita rispetto al 30,3%di un anno fa. Lieve calo per iprofes-sionali, scelti dal 14% rispetto al 15,1%dello scorso anno. In lieve aumento lepreferenze per ilLiceo linguistico(dal9,2% al 9,3%.

In questa pagina raccogliamo le te-stimonianze di due dirigenti scolasti-ci che guidano un Liceo Scientifico e

un Tecnico che sono due eccellenzenei rispettivi campi a Catania, il Gali-leo e il Marconi. Ma, ovviamente, il di-scorso va allargato all’intero nostro si-stema scolastico, alla qualità che è ca-pace di offrire, alle opportunità che èin grado di generare per i ragazzi nelpost diploma.

Perché, allora, servirebbero più stu-di tecnici? Perché se è vero che unostudente siciliano su tre decide di i-scriversi in università non nell’Isola (epotremmo discutere sul perché, sullecause e sulle possibili soluzioni), è deltutto evidente che questi ragazzi an-

dranno a fare i conti, nella maggiorparte dei casi, con studi che richiedo-no una elevata conoscenza tecnica escientifica. Basti pensare a quanti so-no gli studenti che si iscrivono ai Poli-tecnici, di Milano e di Torino, o in altrefacoltà del Centro-Nord, da Bologna aPadova a Trento, dove trovano colle-ghi che, nella maggior parte dei casi,provengono, appunto, da istituti tec-nici.

Qual è la differenza? Il gap a svan-taggio dei siciliani, spesso, sta nel fat-to che, venendo dai Licei, hanno mini-me nozioni di informatica, che non

hanno studiato a fondo o non hannoapplicato concretamente. Sta ancoranel non conoscere “sistemi”, nell’ave -re sfiorato un po’ d’elettronica, nel sa-pere poco o nulla di calcoli. E’ così, delresto sta scritto nei programmi. Eppu-re sfugge ancora l’importanza di stu-diare più matematica applicata e me-no teoria, entrare nel campo della sta-tistica, esplorare e provare il disegnotecnico o il campo costruzioni.

E’ naturale che un’area ancora tuttosommato ricca come il Veneto veda ilprimato delle iscrizioni degli istitutitecnici, scelti indifferentemente da

ragazzi provenienti da tutte le fascesociali. Lassù il futuro, subito lavorati-vo o con il passaggio universitario, in 8casi su 10 richiederà competenze spe-cifiche nel settore tecnico-scientifico.E così in fabbrica, in ufficio, o all’Uni -versità i ragazzi del Sud dovranno fati-care il doppio per recuperare il tempoperduto. Con un bel 100 e lode in ar-chivio e tanta strada da fare per strap-pare con i denti, sudore e fatica un po-sto di lavoro o un 30 all’Università cheli renda competitivi in questo merca-to globale dove non si vince con i titoli,ma con i fatti.

«Miscela di innovazionee di cultura umanisticaper un’offerta articolata»PIERANGELA CANNONE

CATANIA. Perché in Sicilia i ragazzi scel-gono di frequentare il liceo scientifico,tanto da fare registrare un boom di i-scrizioni rispetto a tutti gli altri indi-rizzi scolastici? Lo abbiamo chiestoalla dirigente del liceo scientifico “Ga -lileo Galilei” di Catania, Gabriella Chi-sari, che punta i riflettori sulla forma-zione a tutto tondo dell’indirizzo distudi in questione.

«L’impostazione dei nostri curricu-la - dice - di fatto è inclinata all’appro -fondimento di materie scientifiche,però la tradizione umanistica è altret-tanto forte. Il liceo scientifico, quindi,è abbastanza equilibrato e articolato.Inoltre, c’è una maggiore possibilità discegliere tra un ventaglio più vario difacoltà universitarie, in accordo con laduttilità degli studi affrontati».

Come commenta il fatto che gli isti-tuti tecnici occupano l’ultimo postonella classifica delle scelte dei giova-ni? Ciò significa che non offrono lestesse opportunità dei licei?

«Da questo punto di vista, occorre chesi superino i retaggi di un passato cheha sempre dequalificato gli istitutitecnici, anche in termini di utenza. Igenitori in possesso di laurea sono giàorientati a iscrivere i propri figli nei li-cei, senza considerare l’attitudine deiragazzi. Chi, invece, ha necessità di unaiuto economico in famiglia, è piùpropenso a indirizzare il giovane in unistituto tecnico o anche professionale.È indiscusso che, dopo gli studi tecnicie professionali, l’inserimento nelmondo del lavoro è più diretto rispet-

to ai licei che, invece, hanno una ragio-ne d’essere nella formazione univer-sitaria».

Ciò significa che, alla base della con-trotendenza degli studenti del Norda preferire i tecnici, c’è la necessità ditrovare subito impiego?

«Lì la scelta è legata al territorio. C’è unsubstrato di industrie che lavora addi-rittura in sintonia con gli istituti tecni-ci per avviare i ragazzi al mondo del la-voro. Ma c’è anche la capacità di assor-bimento da parte delle grandi azien-de, pronte ad accogliere nuove figure.Tutto ciò, qui, è davvero difficile. La fa-tica a trovare lavoro è immensa e, no-nostante ci siano istituti tecnici benattrezzati, è raro trovare un’aziendache formi i nostri giovani per poi pen-sare ad assumerli. Credo che tutto ciòspinga le famiglie a iscrivere i ragazziai licei, in particolar modo al liceoscientifico, che conferma e afferma ilproprio trend di crescita in linea con losviluppo di competenze di base tra-sversali, fondamentali per riuscire poiad accedere in qualsiasi facoltà uni-versitaria».

Chi o cosa influenza la scelta deglistudi di un ragazzo?

«I docenti non riescono a essere incisi-vi; le famiglie, come ho già detto, se-guono logiche personali; i compagnihanno un ruolo importante. Moltevolte vince anche la vicinanza tra casae scuola. Consiglio ai giovani studentidi preferire il liceo scientifico solo seconfermano l’amore per questo setto-re di studi. Tra tutte le opzioni, quelladi emulare i propri compagni è la me-no adatta rispetto alla circostanza».

Qui maggiorepossibilità discegliere traun ventagliovario difacoltàuniversitarie

Favorito inlicei come ilnostro losviluppo dicompetenzedi basetrasversali

IL GRAFICO ELABORATO DAL MIUR CON LE ISCRIZIONI NELLE VARIE TIPOLOGIE DI SCUOLE PER IL PROSSIMO ANNO

SUPERCORSIIl Liceo Galileonel suo pianodi offertaformativainsieme aicorsi diordinamento,offre lapossibilità diampliare epotenziare ilpiano di studiscientifico con:Potenziamentodi scienzesperimentali;Potenziamentoperl’Internaziona-lizzazione delCurricolo inlingua inglese;Potenziamentodi matematica;Potenziamentodi diritto.

«Piani di studi più ricchiformazione completae iscrizioni in crescita»CATANIA. «Mi duole il cuore ammetter-lo, ma regioni come la Lombardia, ilVeneto e la Toscana sono più evoluterispetto alla Sicilia: hanno capito cheil futuro dei giovani è affidato a unascuola che dia un’immediata immis-sione nel mondo del lavoro, sorvolan-do sulla tradizionale convinzione delprestigio dei licei in quanto istituti eli-tari dal punto di vista sia della forma-zione culturale sia dell’afflusso daparte di ragazzi provenienti da classisociali medio-alte».

Non lascia spazio a interpretazioniil commento del dirigente scolasticodell’istituto tecnico industriale “G.Marconi” di Catania, Ugo Pirrone, malascia invece intravedere una realtàsociale fondata su antichi retaggi.

Come commenta la forte propensio-ne dei giovani a iscriversi nei liceipiuttosto che negli istituti tecnici?

«A mio avviso, la motivazione princi-pale è che le scuole medie inferiorinon svolgono un’azione di propagan-da e informazione adeguata alla real-tà. Insistono più nel sottolineare lacompletezza della formazione cultu-rale piuttosto che i vantaggi di un in-serimento immediato nel mondo dellavoro. Non è raro che giovani con lamaturità scientifica, cerchino di con-seguire un diploma che accorci le di-stanze con la realtà».

In Sicilia accade anche questo…«Più che una rarità, è una costante.Purtroppo siamo abituati a distingue-re gli studi dividendoli in prima e se-conda categoria. Sono sottovalutatesia la capacità e la propensione del ra-gazzo a finire gli studi sia la fattibilità

economica delle famiglie a sostenere ifigli per tutto il percorso accademi-co».

Cosa potrebbe esserci alla base dellacontrotendenza registrata al Nord?

«È fortemente industrializzato ri-spetto al Sud e ciò spinge i giovani a i-scriversi negli istituti tecnici. Sannoche c’è un posto di lavoro in cui posso-no sfruttare il proprio titolo. Gli stu-denti siciliani, invece, quasi per uncompenso psicologico, possono van-tarsi solo o quasi unicamente di unasolida e poliedrica preparazione, manon sanno che anche gli istituti tecnicipossono offrire altrettanta poliedrici-tà e vasta cultura che vada al di là dellaformazione puramente pratica. I Tec-nici, in questi ultimi anni, hanno po-tenziato i piani di studio, offrendo unavalida preparazione anche in quei set-tori che non sono strettamente perti-nenti al proprio curriculum basilare».

Qual è il peso delle famiglie nellescelte dei ragazzi?

«I genitori sono condizionati dallapersonalità dei figli e si fanno influen-zare dalle valutazioni dei professori.C’è anche una parte di famiglie che so-no predisposte a monte a iscrivere i fi-gli nei licei, non rendendosi conto del-l’opportunità che possono offrire gli i-stituti tecnici. L’anello debole dei liceiè la necessità di proseguire gli studiper avere un titolo abilitante al lavoro.Comunque, sono fiducioso perché giàquest’anno il mio istituto ha registra-to una maggiore affluenza di iscrizio-ni. Ciò significa che qualcosa sta cam-biando».

P. C.

Le medieinferiori nondannoun’informa-zioneadeguataalla realtà

Da noiun’offertapoliedricache va al di làdella solaformazionepratica

SCUOLA 4.0L’I.T.I. “G.Marconi” diCatania,diretto dalpreside ingUgo Pirrone,sarà una delledue sedisiciliane dei“Future Lab”attivati dalMinistero perl’istruzionenell’ambitodel pianonazionalescuoladigitale,quello che èstatoribattezzato“ProgettoScuola 4.0”.

“Scuola e occupazione

Al Sud è corsa a Classico e Scientificoma cresce la richiesta di “specializzati”

GABRIELLA CHISARI. DIRIGENTE LICEO GALILEI UGO PIRRONE. DIRIGENTE ITI MARCONI

Dal diploma al lavoroin Sicilia è un miraggio

Fondazione Agnelli:in Veneto il 61% haun contratto entronove mesi, nell’Isolail 22% entro due anni

I DIPLOMATIDal 2011 al2014 l’Italia haavuto 547.853diplomati inistituti tecnici eprofessionali,così divisi perregioni:Piemonte34.526 (6,30%del totalenazionale),Lombardia80.165(14,63%),Trentino 4.340(0,79%), Veneto49.587 (9,05%),Friuli-VeneziaGiulia 9.937(1,81%), Liguria10.253 (1,87%),Emilia-Romagna39.166 (7,15%),Toscana 30.381(5,55%), Umbria8.182 (1,49%),Marche 18.424(3,36%), Lazio45.076 (8,23%),Abruzzo 11.923(2,18%), Molise3.271 (0,60%),Campania66.694(12,17%), Puglia45.178 (8,25%),Basilicata 7.191(1,31%),Calabria 22.400(4,09%), Sicilia48.958 (8,94%),Sardegna12.201(2,23%).

MICHELE GUCCIONE

PALERMO. Se vuoi lavorare subito, di-plomati in un istituto tecnico o pro-fessionale ed entro nove mesi avraiun lavoro qualunque, probabilmen-te in apprendistato, ed entro due an-ni sarai occupato stabilmente, anchese non necessariamente per ciò chehai studiato. Questo è vero, ma valesolo al Nord Italia, non in Sicilia. Dueregioni agli antipodi: il Veneto ha ilmaggior numero di iscritti agli isti-tuti tecnici e professionale (53%), laSicilia quello di iscritti ai licei classi-co e scientifico (54%). I primi seguo-no questo percorso perché sannoche, dopo il diploma, avranno prestoottime possibilità di entrare nelmondo del lavoro; i secondi invececontinuano a preferire questi dueindirizzi pur sapendo che non offro-no uno sbocco lavorativo. Ciò perchénell’Isola non esiste un tessuto diimprese capace di assorbire diplo-matici tecnici o professionali. Qui,dunque, il percorso di istruzione siallunga di molti anni con il passaggioper l’università, poi la specializza-zione al Nord o all’estero, dove si re-sta per le prime esperienze lavorati-ve.

Uno studio della Fondazione A-gnelli e del Crisp realizzato per i mi-nisteri dell’Istruzione e del Lavoro epresentato agli inizi di questo mese,mostra proprio questa fotografia.«Ogni anno - spiegano gli analisti -oltre 235.000 studenti italiani in u-scita dal primo ciclo di istruzione de-cidono di iscriversi a un percorsoquinquennale di istruzione tecnica oprofessionale. Si tratta di quasi lametà degli individui della coorte diriferimento (46,6% nell’anno scola-stico 2017/18). Di questi, poco piùdel 30% proseguirà poi gli studi a li-vello universitario o nell’istruzione

tecnica superiore; la maggior partedei diplomati opterà, invece, per uningresso immediato nel mercato dellavoro».

Lo studio racconta come va a fini-re: «Fatti 100 i diplomati tecnici eprofessionali, solo il 30% proseguegli studi universitari. Gli altri optano

per un ingresso immediato nel mer-cato del lavoro, dove però in questianni non hanno trovato un contestoparticolarmente favorevole: non piùdel 28% ha lavorato per più di sei me-si nei primi due anni post-diploma(occupati); il 14,7% ha svolto lavorisaltuari e frammentari cumulando

meno di sei mesi di lavoro (sottoccu-pati). Nel 27,4% dei casi, i diplomatinon sono risultati iscritti a corsi uni-versitari né hanno avuto esperienzelavorative di alcun tipo: si tratta diuna popolazione assimilabile aiNeet».

«Se ci concentriamo - prosegue lo

studio - solo su chi è entrato nel mer-cato del lavoro, rileviamo che l’indi-ce di occupazione tra i diplomati tec-nici e professionali nei primi due an-ni post-diploma è pari al 40%; un da-to lusinghiero se si considera la con-giuntura economica particolarmen-te avversa. Per ottenere un rapportodi lavoro significativo (contratto conuna durata di almeno trenta giornicontinuativi), i diplomati hanno at-teso in media 263 giorni, dunquequasi nove mesi. A due anni di di-stanza dal diploma, solo un diplo-mato su tre (34,3%) degli occupatisvolge un lavoro coerente col titolodi studi conseguito. La metà dei di-plomati (51,3%) deve accontentarsidi un lavoro qualsiasi, mentre il14,4% svolge professioni trasversalie accessibili, oltre che con la propria,anche con maturità di diverso tipo.Per quanto riguarda invece il tipo dicontratto, osserviamo che la metàdei diplomati che lavorano ha giàraggiunto entro i primi due anni daltermine degli studi una posizionestabile: il 22,2% ha un contratto atempo indeterminato e circa il 27,6%è inserito in apprendistato».

Ma l’analisi si conclude con l’ama-ra evidenzia del divario Nord-Sud:«L’indice di occupazione può oscilla-re dal 60,9% del Veneto al 22% diCampania, Calabria e Sicilia, regioninelle quali solo un diplomato su cin-que riesce a lavorare per almeno 6mesi entro i due anni dal diploma. Lescarse opportunità occupazionali siripercuotono sui tempi di attesa perun primo contratto significativo: inVeneto il primo arriva quando sonotrascorsi poco più di sette mesi dalconseguimento del diploma, in Cala-bria e Sicilia, invece, per quei pochiche lavorano, di mesi ne occorronoquasi 11. Per i diplomati meridionaliil lavoro non è vicino a casa: è neces-sario migrare anche fuori regione ecoprire una distanza in media supe-riore ai 70 km per trovare un’occu-pazione. Nelle regioni del Centro-Nord Italia si può trovare lavoro en-tro un raggio che oscilla tra i 20 e i 30km di distanza dal proprio luogo diresidenza».

Formazione inadeguata e pochi sbocchinell’Isola record di chi rinuncia a studiarePALERMO. In Sicilia le imprese non as-sumono, la qualità del sistema forma-tivo è inadeguata a causa del crollodella spesa in istruzione. Quindi si ri-duce il numero di giovani siciliani cheriescono a trovare un lavoro dopo ildiploma o la laurea, e aumentanoquelli che rinunciano a cimentarsi inun percorso di formazione per il lavo-ro che qui diventa una sorta di “forchecaudine”. L’analisi di Mario Pagliaro,primo ricercatore del Cnr, deriva dallasua esperienza di scienziato che nonha a disposizione aziende siciliane pertradurre le sue scoperte in prodotti eche deve rivolgersi al Nord o all’este -ro: «Nelle regioni dove esiste ancoraun sistema diffuso di Pmi si registranole maggiori iscrizioni di ragazzi agli i-stituti tecnici: Veneto, Friuli-VeneziaGiulia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna. In quelle dove il sistemaproduttivo è largamente insufficientead assorbire nuova forza lavoro giova-

ne, le famiglie optano per i licei classi-ci e scientifici con la chiara prospetti-va degli studi universitari: Sicilia eCampania, ma anche Lazio e Umbria,dato che Roma ospita le sedi dei mini-steri e delle agenzie pubbliche nazio-nali».

Secondo Gianni Bocchieri, dirigen-te generale del dipartimento Lavorodella Regione Lombardia e in Siciliaconsulente dell’assessore all’Istruzio -ne Roberto Lagalla, «è anche una que-stione culturale: in Sicilia la disconti-nuità della partenza dei corsi di Istru-zione e formazione professionale chei ragazzi hanno subito negli ultimi an-ni non ha aiutato le famiglie a coglierela valenza di questo segmento forma-tivo, cioè la possibilità di un’immedia -ta esperienza nei mestieri artigianalicome trampolino di lancio per acqui-sire le moderne competenze richiestedal mondo del lavoro compresa l’evo -luzione di Industria 4.0».

Questo per quanto riguarda chi sce-glie di studiare per lavorare. Diamoinvece un’occhiata ai tantissimi che sifermano prima. Dice lo studio sulla Fi-nanza territoriale elaborato dal cen-tro studi Srm di Intesa Sanpaolo: «Nel2016 c’è un quadro allarmante conuna percentuale di Neet pari a più del38% in Sicilia. Nella classifica relativaai giovani che non hanno un diplomadi maturità o una qualifica professio-nale, troviamo ai primi posti Sicilia,Campania, Sardegna e Puglia. In Pu-glia, Sicilia e Campania c’è la più bassapercentuale di laureati e post laureatisu mille residenti. Si collocano al disotto della media nazionale, in tutti ilivelli scolastici, Calabria e Sicilia. Nel-l’ultimo decennio si è osservato uncrollo vertiginoso di immatricolazio-ni in Abruzzo, Lazio, Sicilia, Puglia eCalabria». Gli investimenti per l’istru -zione in Sicilia sono crollati del 94%,lievitano gli abbandoni scolastici.

La Sicilia èai primiposti pernumero digiovanisenza undiploma dimaturità ounaqualificaprofessionale

ATENEI SENZAFONDIRiguardo agliinvestimentistatali nelleuniversità, lostudio di Srmevidenzia che sisono registrate«importantivariazioninegative nelleregioni delMezzogiorno, ein particolare inSardegna,Sicilia,Basilicata,Puglia eCalabria.Passando allespese siosserva, nelpassaggio dal2005 al 2015,una riduzionepiuttosto nettadelle spesetotali per leuniversità delleregioniLombardia,Toscana, Lazio,Campania,Puglia, Calabriae Sicilia.Riduzionisignificative epiùgeneralizzate siriscontrano conriferimento allaspesa in contocapitale. Per ilpersonale leriduzioni piùconsistentihannoriguardatoSicilia,Sardegna eFriuli-VeneziaGiulia».

L’ANALISI. CROLLANO INVESTIMENTI E IMMATRICOLAZIONI

In Italia. L’indice dioccupazione postdiploma tecnico è il 40%

Dopo due anni. Solouno su tre ha un lavorocoerente col titolo

filippo
Evidenziato

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