decreto 31 gennaio 2001; Pres. Lipani, Rel. Celentano; ric. Soc. coop. San PaolinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 3 (MARZO 2001), pp. 1049/1050-1051/1052Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196492 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
criteri elastici quali quello del «divario di età compatibile con la
funzione dell'adozione legittimante» e della differenza che «di
solito» intercorre tra genitori e figli impongono, come ritenuto
dalla Cassazione, un accertamento che non si fermi al puro dato
anagrafico, ma si dia carico di verificare se il superamento del
limite massimo di età sia tale da non impedire alla famiglia adottiva di assolvere una funzione completamente sostitutiva
della famiglia biologica, per essere essa in possesso «di tutti i
requisiti di una famiglia nella quale ordinariamente avviene
l'accoglienza della nascita, l'assistenza e l'educazione del fan
ciullo» (così Corte cost. n. 303 del 1996). Tale accertamento
deve essere svolto «tenendo conto delle importanti trasforma
zioni sociali verificatesi negli ultimi tempi e dell'evoluzione dei costumi e della scienza, e quindi dei molteplici fattori attinenti
all'allungamento della vita media, alla progressiva dilatazione
dell'arco della vita nel quale la natura conferisce attitudine alla
procreazione, al fenomeno ampiamente riscontrabile del note
vole innalzamento dell'età in cui si trova stabile occupazione, si
contrae matrimonio e si concepiscono figli». In applicazione di
siffatti principi, ad esempio, Cass. 9 giugno 1997, n. 5130 (id., Rep. 1997, voce Adozione, n. 61) ha ritenuto che rientrasse nel
limite di età normalmente esistente fra genitori e figli una diffe
renza di oltre il limite di età quarantennale di un anno e tre me
si; Cass. 24 marzo 1998, n. 3106, (id., Rep. 1998, voce cit., n. 39) di due anni, e Cass. 8 febbraio 2000, n. 1366 (id., 2000, I, 1146) ha ritenuto ammissibile l'affidamento preadottivo ad un
soggetto la cui età superava di quarantotto anni, quella del
l'adottando.
Il provvedimento impugnato non ha tenuto conto di quanto
precede: da un lato sembra muovere dal presupposto, non con
divisibile, della inderogabilità del divario massimo di età, in
quanto enuncia, quale unico motivo di rigetto della istanza, la
pretesa impreparazione o inadeguatezza della coppia ad adottare
un minore di oltre dieci anni (0 di oltre undici secondo l'anno
tazione dei giudici onorari richiamata nel corpo del decreto); dall'altro non sembra avere adeguatamente valutato l'atteggia mento dei richiedenti che, avendo in animo di adottare «quella
bambina», badavano a dichiarare la loro preferenza per un bam
bino più piccolo dei dieci anni e non riuscivano a comprendere dove fosse il problema agitato da chi li esaminava.
Valutate tutte le circostanze del caso specifico, questa corte
ritiene che debba essere riconosciuta l'idoneità all'adozione dei
richiedenti. Questi infatti, come risulta dalla relazione del servizio di assi
stenza sociale, essendo coniugati da tempo sufficiente (sette an
ni), costituiscono una coppia ben affiatata ed equilibrata, con
una buona posizione economica, di sani principi, capace di dare
affetto e dotata di grande generosità.
L'importanza e la saldezza dei legami affettivi già instaurati
tra i richiedenti e la minore che essi vorrebbero adottare è con
fermata dalla relazione dell'orfanotrofio Maliatko di Kiev, atte
stante che la bambina al rientro in istituto ha riferito aver goduto di «grande benessere e di felicità mai prima conosciuta» con la
famiglia che l'aveva accolta con la quale mantiene contatti epi stolari e telefonici, manifestando segni di sofferenza laddove
questi contatti subiscano dei ritardi rispetto alle scadenze con
suete. Conclusivamente la relazione raccomanda l'opportunità, «nell'esclusivo interesse della minore», che questi rapporti sia
no mantenuti e intensificati.
Si è instaurato, quindi, un rapporto significativo fra aspiranti
genitori e lo specifico minore da adottare.
Considerato che l'età della Pucci è ampiamente al di sótto di
quella massima prevista e che il Mastrosimone supera di poco il
limite quarantennale (quarantadue anni e mezzo), può conclusi
vamente affermarsi che i richiedenti sono idonei all'adozione
della minore B.K., per la quale il divario di età rispetto agli aspiranti genitori è senz'altro compatibile con un rapporto bio
logico di filiazione. Spetterà ovviamente all'autorità straniera chiamata a provve
dere in ordine all'adozione valutare l'interesse della minore, te
nendo conto delle caratteristiche della famiglia di accoglienza e
giudicando se questa è idonea a soddisfare in concreto le speci fiche esigenze della fanciulla. In questa sede deve affermarsi
che, per la legge italiana, i ricorrenti sono in possesso di tutti i
requisiti richiesti per costituire un'idonea famiglia di accoglien za per la minore stessa e che il divario di età rispetto ad uno de
gli adottanti può essere superato se quella autorità ritenga che
Il Foro Italiano — 2001 — Parte I-19.
questa famiglia soddisfi le necessità della minore B.K., e che
dal mancato inserimento nella specifica famiglia adottiva derivi
grave ed inevitabile danno per la minore stessa.
Alle medesime condizioni i richiedenti possono, altresì, rite
nersi idonei all'adozione di qualsiasi altro minore di età corri
spondente o inferiore a quella della piccola K., posto che le ri
serve espresse dagli esperti del tribunale riguardano esclusiva
mente la capacità di accoglienza di ultraundicenni e che, in con
siderazione di quanto già osservato in ordine all'allungamento della vita media e all'innalzamento dell'età in cui attualmente si
accede al matrimonio ed al concepimento, l'età della coppia può ritenersi compatibile con l'assolvimento della funzione sostitu
tiva della famiglia biologica quanto a capacità di accoglienza, di
crescita, educazione e assistenza di un fanciullo.
Devono, invece, ritenersi inidonei in riferimento all'adozione
di minori di età superiore agli undici anni, con i quali non ab biano instaurato precedenti rapporti, in conformità alle indica
zioni fornite dagli esperti sopra menzionati. Le esigenze dei
detti minori, in effetti, sono certamente diverse da quelle proprie del minore in tenera età, richiedenti un diverso modo di esple tarsi della funzione genitoriale, sicché non è contraddittorio af
fermare l'idoneità all'adozione della coppia in rapporto agli uni
e non agli altri.
Con le avvertenze che precedono, dirette a lumeggiare le ca
ratteristiche della famiglia adottante, rilevanti per il giudizio di
adozione, da rendere note perché possano essere tenute presenti dall'autorità straniera competente ad emettere il provvedimento di adozione o di affidamento preadottivo, in attuazione della
collaborazione necessaria affinché possa realizzarsi quella va
lutazione unitaria dell'interesse del minore cui si richiama Corte
cost. n. 10 del 1998, il reclamo va accolto e va, conseguente mente, dichiarata l'idoneità dei richiedenti.
TRIBUNALE DI NAPOLI; decreto 31 gennaio 2001; Pres. Li pani, Rei. Celentano; ric. Soc. coop. San Paolino.
TRIBUNALE DI NAPOLI;
Società — Società cooperativa — Modifica dell'atto costitu
tivo — Deliberazione assembleare ordinaria — Omologa zione — Esclusione (Cod. civ., art. 2330, 2411; 1. 31 gennaio 1992 n. 59, nuove norme in materia di società cooperative; 1.
24 novembre 2000 n. 340, disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti ammini
strativi).
Non è soggetta al giudizio di omologazione la deliberazione
modificativa dell'atto costitutivo di una società cooperativa adottata dall'assemblea ordinaria. (1)
(1) La pronuncia affronta una delle tante questioni di diritto transito
rio sorte in seguito all'entrata in vigore dell'art. 32 1. 24 novembre
2000 n. 340, che ha sostanzialmente abolito il controllo giudiziario pre ventivo di legalità sugli atti costitutivi e sulle deliberazioni assembleari
delle società di capitali e cooperative, c.d. «omologazione» (cfr. Sil
vetti, Sul tramonto del giudizio di omologazione delle società dì capi tali, in Foro it., 2001, 1, 696; Salafia, L'invalidità dei controlli sugli atti societari e il regime delle impugnazioni, in Società, 2001, 7; Mon
talenti, La riforma dell'omologazione: una postilla, id., 2000, 1417;
Id., Incoerenze riformatrici: il problema dell'omologazione, ibid.,
1285; Busani, L'omologazione degli atti societari passa ai notai, in
Guida al dir., 2000, fase. 46, 138). Le deliberazioni delle società cooperative tese ad «adeguare gli sta
tuti sociali alle norme di cui alla 1. 31 gennaio 1992 n. 59», possono es
sere adottate con le modalità e le maggioranze previste per le delibera
zioni dell'assemblea ordinaria e, pertanto, senza l'intervento di un no
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PARTE PRIMA 1052
Atteso: a) che, il 9 dicembre 2000, è entrata in vigore la 1. 24
novembre 2000 n. 340, che, all'art. 32, ha modificato il 3° e 4°
comma dell'art. 2330 ed il 1° comma dell'art. 2411 c.c. stabi
lendo, in linea generale, che l'iscrizione nel registro delle im
prese degli atti costitutivi e delle modificazioni degli atti costi
tutivi delle società di capitali (e delle società cooperative) possa essere richiesta senza la previa omologazione da parte del tribu
nale, questa forma di controllo da parte dell'autorità giudiziaria essendo stata eliminata;
b) che la mancanza di disposizioni transitorie o, comunque, riduttive della portata logico-letterale delle suddette norme del
codice civile come modificate e le stesse finalità semplificative di tale riforma inducono a ritenere che il legislatore non abbia
inteso limitare la suddetta innovazione agli atti costitutivi rogati ed alle deliberazioni modificative degli atti costitutivi verbaliz
zate successivamente all'entrata in vigore della legge medesi
ma;
c) che in contrario non può invocarsi il principio generale della c.d. perpetuatio iurisdictionis di cui è espressione l'art. 5
c.p.c., che serve a disciplinare i rapporti tra più giudici apparte nenti alla medesima giurisdizione ovvero tra giudici apparte nenti a diverse giurisdizioni, ma non anche i rapporti tra i giudi ci ed un'autorità amministrativa o, comunque, non appartenente ad un plesso giurisdizionale;
ritenuto, pertanto, che a partire dal 9 dicembre 2000, per l'i
scrizione nel registro delle imprese degli atti costitutivi e delle
deliberazioni modificative degli atti costitutivi delle società di
capitali e delle società cooperative non sia più necessario né
possibile alcun preventivo intervento censorio dell'autorità giu diziaria, se non nel caso previsto dal novellato 1° comma del
l'art. 2411 c.c., che presuppone, però, l'esistenza di un dissidio
tra il notaio verbalizzante e gli amministratori (o i soci) della
società nella specie insussistente, essendo invece possibile e
sufficiente, anche per gli atti rogati o verbalizzati precedente mente, applicare la nuova normativa (con l'unica particolarità che il termine di trenta giorni per la richiesta di iscrizione decor
rerà dalla suddetta data, ove concerna atti rogati o verbalizzati
in precedenza, andando, dunque, a scadere l'8 gennaio 2001); ritenuto che tali conclusioni non possano non valere anche
per il caso, come quello di specie, delle deliberazioni delle so
cietà cooperative volte ad adeguare gli statuti sociali alle norme
di cui alla 1. 31 gennaio 1992 n. 59, che, per l'art. 21, 1° com
ma, di tale legge possono essere adottate con le modalità e le
maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordi
naria e, dunque, senza l'intervento in veste di segretario di un
notaio; e ciò per il semplice ed assorbente motivo che, a seguito delle cennate modifiche agli art. 2330 e 2411 c.c., non v'è più alcuna norma, né generale né speciale, che legittimi il controllo
omologatorio del tribunale su tali deliberazioni (il citato art. 21,
nulla, infatti, disponeva in proposito);
per questi motivi, dichiara non luogo a provvedere in ordine
al suindicato ricorso.
taio (in senso conforme, v. Trib. Udine 1° luglio 1994, Foro it., Rep. 1995, voce Società, n. 942; 15 aprile 1993, id., Rep. 1993, voce Coope rativa, n. 39, e, per esteso, Dir. fallirti., 1993, II, 705; App. Brescia 2
aprile 1993 (due), Foro it., Rep. 1993, voce cit., nn. 64, 65; contra, Trib. Bergamo 19 dicembre 1992, ibid., nn. 66, 67, e Società, 1993, 369 e 955, con nota di Salafia).
Tale circostanza, secondo il decreto in epigrafe, non sottrae le delibe razioni in esame dall'ambito di applicabilità della 1. 340/00, «per il
semplice ed assorbente motivo» che non residua alcuna norma positiva che consenta un controllo omologatorio su di esse.
Il Foro Italiano — 2001.
TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 5 ottobre 2000; Giud. Oddi; Fall. soc. Master 5 (Avv. Puglisi Alibrandi) c. Min.
finanze (Avv. dello Stato Lancia).
TRIBUNALE DI ROMA;
Tributi in genere — Misure cautelari — Sequestro conser
vativo — Fallimento del contribuente — Improcedibilità (L. 7 gennaio 1929 n. 4, norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, art. 26; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 51; d.p.r. 29 set tembre 1973 n. 602, disposizioni sulla riscossione delle im
poste sul reddito, art. 87; d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472, di
sposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma
133, 1. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 22; d.leg. 26 febbraio 1999 n. 46, riordino della disciplina della riscossione me diante ruolo, a norma dell'art. 1 1. 28 settembre 1998 n. 337, art. 16).
In caso di fallimento del contribuente, i cui beni siano stati as
soggettati a sequestro conservativo ex art. 26 l. 7 gennaio 1929 n. 4, non va dichiarata l'inefficacia della misura cau
telare secondo il procedimento disciplinato dall'art. 22 d.leg. 18 dicembre 1997 n. 472 medio tempore sopravvenuto, ma va
fatta valere l'improcedibilità delle azioni esecutive indivi
duali, come previsto dall'art. 51 l. fall, e dall'art. 87 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, nel testo introdotto dall'art. 16
d.leg. 26 febbraio 1999 n. 46. (1)
(1)1. - Il caso deciso, rispetto al quale non si rinvengono precedenti, è un singolare intreccio di questioni riguardanti l'efficacia di una misu ra cautelare concessa a tutela di un credito tributario secondo la norma tiva della 1. 7 gennaio 1929 n. 4 e il sopravvenuto fallimento del contri
buente, destinatario di quella misura; il tutto alla luce delle modifiche normative intervenute sia in materia di sanzioni amministrative tributa
rie, sia in materia di disciplina della riscossione delle imposte e dei
conseguenti rapporti con le procedure esecutive concorsuali. La sequenza temporale della vicenda è la seguente. Il presidente del
tribunale concede, ai sensi dell'art. 26 1. 4/29, su richiesta del ministero delle finanze ed in base al solo processo verbale di constatazione re datto dalla guardia di finanza, il sequestro conservativo del denaro de
positato su alcuni conti correnti bancari di una società, cui sono ascritte violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto; ese
guito il provvedimento, sopravviene la nuova disciplina sulle sanzioni amministrative tributarie, che regola, fin l'altro, il permanere dell'effi cacia delle misure cautelari del sequestro conservativo e dell'ipoteca legale; la società viene dichiarata fallita; entra in vigore la riforma della riscossione delle imposte, che modifica la disciplina del rapporto fra
espropriazione esattoriale e procedure concorsuali; la curatela chiede, invocando il divieto delle azioni esecutive individuali dopo la dichiara zione di fallimento del debitore, dichiararsi l'inefficacia della misura e il dissequestro delle somme.
Il tribunale, ritenuta innanzi tutto inconferente un'eccezione di ca renza di giurisdizione in favore delle commissioni tributarie, opera la
qualificazione giuridica della domanda proposta dalla curatela. Esclude, nell'ordine, che si tratti di: 1) istanza per la declaratoria di inefficacia della misura cautelare ai sensi dell'art. 669 novies c.p.c., perché carenti i relativi presupposti (omessa proposizione nei termini del giudizio dì merito o estinzione del medesimo); 2) ordinaria azione di accertamento dell'inefficacia del sequestro, perché il procedimento attivato ha tut t'altre caratteristiche; 3) impugnazione della misura cautelare ai sensi dell'art. 27 1. 4/29, sia perché quella normativa — abrogata con l'en trata in vigore delle nuove disposizioni sulle sanzioni amministrative tributarie — non è applicabile neppure in via transitoria, sia perché at tiene alla verifica della sussistenza dei requisiti del fumus e del pericu lum al momento dell'adozione della misura cautelare e non al perdurare della sua efficacia; 4) accertamento dell'inefficacia della misura ai sen si dell'art. 22, 7° comma, d.leg. 472/97, in quanto le cause di ineffica cia in esso previste sono del tutto diverse da quella fatta valere dalla cu ratela.
Accertato ciò che la domanda non è, viene affrontato il problema dell'individuazione dello strumento processuale utilizzabile nel caso di
specie. In proposito, viene precisato che la dichiarazione di fallimento del soggetto nei cui confronti è stato adottato il sequestro incide sulla misura in ragione del divieto, imposto per garantire la par condicio creditorum dall'art. 511. fall., di intraprendere o continuare azioni ese cutive individuali dopo la pronuncia di fallimento (e il sequestro con servativo è indubbiamente preordinato al processo esecutivo). Tale in cidenza deve ritenersi pacifica dopo la modifica, operata con l'art. 16
d.leg. 46/99, della disciplina della riscossione coattiva delle imposte di
rette, nella quale è espressamente previsto che in caso di fallimento del debitore «il concessionario chiede, sulla base del ruolo, l'ammissione al
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