Definizione di conflitto
«Le definizioni di conflitto sono molteplici, ma ècomune a tutte l’idea che il conflitto sia unapercezione» (Pearson, 2016)
Tutta la sequenza di eventi che va dallo stimolo,attraverso la sensazione fino ad avvertire laconoscenza e l’interazione con la realtà internaed esterna all’organismo
«..come un processo che si innesca quando una
delle parti percepisce che l’altra parte sta
minacciando, o è sul punto di minacciare,
qualcosa per cui la prima parte nutre interesse»
Aspetto soggettivo e oggettivo della questione.
• Soggettivo: le parti
• Oggettivo: qualcosa per la quale si può nutrire interesse
• La visione tradizionale: conflitto come esito
disfunzionale e peggiorativo delle condizioni delle parti, discusso nei termini di “violenza, distruzione e
irrazionalità”
• La visione interazionista: conflitto funzionale
«Un gruppo armonioso, pacifico, tranquillo e
cooperativo è incline a diventare statico, apatico e non
rispondente alle necessità di cambiamento e
innovazione»
Pietroni-Riumati (2004)
Tipi e Luoghi di
CONFLITTO
“Il conflitto è quella situazione che si determina tutte le volte che su un individuo agiscono
contemporaneamente due forze psichiche di intensità più o meno uguale, ma di opposta
direzione”.
Kurt Levin
In una fredda serata due porcospini decidono di riscaldarsi stringendosi il più possibile uno contro l’altro, ma si accorgono ben presto di pungersi con gli aculei.
Allora si allontanano, tornando però a sentir freddo.
Dopo tante faticose prove, i due porcospini riescono a trovare la giusta posizione che permette loro di scaldarsi senza pungersi troppo.
La discussione, il confronto costruttivo, anche se acceso, sono le componenti auspicabili di uno
“spogliatoio” unito che cerca soluzioni capaci di far vincere la squadra.
Il concetto di conflitto non deve essere intesonecessariamente con accezione negativa, infatti,se adeguatamente gestito, esso può essere
un’opportunità per migliorare le relazioniinterpersonali.
Risulta possibile definire il conflitto, puntandol’attenzione su due differenti fattori:
- oggetto del conflitto
- luogo in cui esso avviene.
In base all’ OGGETTO:
si tratta di identificare il TIPO di disaccordo, cioèciò su cui il conflitto verte.
I conflitti possono essere raggruppati in 3 macrocategorie:
Di compito: in riferimento al contenuto e agliobbiettivi del lavoro;
Di relazione: in merito alle relazioniinterpersonali;
Di metodo: in relazione alle modalità con cui illavoro va svolto.
conflitti di RELAZIONE
risultano essere disfunzionali in quantodeterminano un aumento degli scontri e degliattriti e una diminuzione della comprensionereciproca, con ripercussioni sul completamentodei compiti.
( in particolare negli ambienti di lavoro)
conflitti di COMPITO:
- nei gruppi di alta direzione, sono positivamenteassociati alle loro prestazioni
- a livello operativo, sono negativamente associatialla prestazione del gruppo.
Fattore importante è la preesistenza o ilcontemporaneo verificarsi di altri attriti.
Può strabordare in un conflitto personale.
conflitti di METODO:
ruotano sostanzialmente attorno ai ruoli e alledeleghe:
si traducono spesso nel tentativo di sottrarsi aipropri compiti o in comportamenti che finisconoper far sentire emarginati alcuni membri delgruppo e arrivano ad assumere risvoltipersonali, determinando l’evolversi dei conflittiin conflitti di relazione.
Le discussioni portano via tempo all’azione verae propria, è importantissimo saper affrontare i
conflitti per riuscire a sfuggire da pericoloseripercussioni. E’ necessaria una gestione
costruttiva del conflitto:
- entrare nella logica del “perché è successo”;- sviluppare trattative di negoziazione e non dibaratto;- ragionare sui fatti e parlare con i dati, senzafarsi guidare da opinioni personali;- tenendo sempre presenti le differenze fra levarie proposte, creare punti di contatto tra esse,senza mettere le ipotesi in concorrenza tra loro,ma in relazione agli obiettivi e al compito.
In base al LUOGO in cui avviene, il conflitto puòessere:
- Diadico: conflitto tra due persone;
- Intragruppo: conflitto all’interno dellostesso gruppo;
- Intergruppo: conflitto tra gruppi o squadre
Muovendo dalla consapevolezza che squadre egruppi nascono molto spesso per eseguireparticolari compiti,
gli studiosi mostrano generalmente maggioreinteresse per i conflitti diadici o intragruppo.
Affinché un conflitto sul compito intragruppo
influenzi la prestazione all’interno dellasquadra, è importante che i partecipantiabbiano un clima di supporto in cui gli errorinon sono penalizzati e in cui ogni soggetto coprele spalle altrui.
Il conflitto intergruppo sembra inevitabile.Spesso ci si trova in situazioni di concorrenza tragruppi.
Le persone ai margini del gruppo, di solito sonole più brave a gestire le questioni con l’esterno,quindi molte volte essere al centro, a capo,risulta essere svantaggioso per la gestione deiconflitti intergruppo.
Uno studio ha dimostrato che alti livelli diconflitto intergruppo, portava allo stress imembri che si trovavano all’interno, a tal puntoda concentrarsi sempre più sul rispetto delle
regole interne per evitare disagi.
La visone che ci invita ad eliminare il conflitto èpoco lungimirante.
Riflettere su tipo e luogo del conflitto permettedi capire che è inevitabile confrontarsi nellemaggior parte delle circostanze della vita.
Se non è pensabile eliminare il confronto, sideve tentare di renderlo il più possibileproduttivo.
“Il conflitto è un processo interattivo e si manifesta con incompatibilità, disaccordo o dissonanza all’interno di o tra entità sociali, quali individui, gruppi o organizzazioni.”
Richiamando la prima parte della definizione, il conflitto è un processo e come tale possiamo scinderlo in 5 fasi:
1- Opposizione potenziale o incompatibilità
2- Cognizione e personalizzazione
3- Intenzioni
4- Comportamento
5- Esiti
IL PROCESSO DI CONFLITTO
CONDIZIONI ANTECEDENTI IL
CONFLITTO:
- Comunicazione- Struttura- Variabili personali
LE CONDIZIONI CITATE NELLA PRIMA
FASE HANNO EFFETTI NEGATIVI SU
UNA DELLE PARTI
FASE I
OPPOSIZIONE POTENZIALE O
INCOMPATIBILITA’
FASE II
COGNIZIONE E
PERSONALIZZAZIONE
INTENZIONI PER GESTIRE IL CONFLITTO
FASE III
INTENZIONI
CONFLITTO APERTO
FASE IV
COMPORTAMENTO
IL CONFLITTO PUO’ AVERE ESITI:
- FUNZIONALI- DISFUNZIONALI
FASE V
ESITI
1. Opposizione potenziale o
incompatibilità
Motivo scatenante del conflitto non è necessariamente il presentarsi di una possibile occasione ma il manifestarsi di presupposti che possano rientrare in una delle seguenti categorie:
- Comunicazione
- Struttura
- Variabili personali
Comunicazione
Struttura
In essa si includono le seguenti variabili che possono essere fonte di tensioni in un’organizzazione:
- Dimensione del gruppo
- Grado di specializzazione
- Mancata definizione di ruoli o compiti
- Controllo di risorse
- Obiettivi divergenti intragruppo
- Stile di leadership
- Sistema di ricompense
Variabili personali
I soggetti reagiscono emotivamente ad avvenimenti che accadono nell’organizzazione e le reazioni influenzano i risultati lavorativi e la loro soddisfazione.
In ambito organizzativo il comportamento degli individui si basa sulla percezione della realtà e non sulla realtà in sé. Una grande intelligenza emotiva è indispensabile innanzitutto per percepire le proprie emozioni e quelle degli altri, è fondamentale di conseguenza capirle ed infine modellarle in modo da poterle adattare ad ogni situazione.
Gli individui inoltre sono guidati da valori che incidono profondamente sul proprio comportamento poiché costituiscono convinzioni alle quali si dà notevole peso, nelle quali si crede profondamente, perché giudicate corrette.
Questa fase costituisce il momento in cui una condizione antecedente il conflitto lede un
interesse di una delle parti.
È proprio in questo ambito che i soggetti decidono su cosa verte il disaccordo.
Le emozioni giocano un ruolo fondamentale in quanto se negative portano a interpretazioni errate di comportamenti adottati dall’altra parte, mentre sensazioni positive aiutano a sviluppare soluzioni
innovative.
2. Cognizione e personalizzazione
Il terzo step rappresenta le possibilità di come un soggetto sceglie di agire.
Esse possono essere poste su una scala a due dimensioni:
• cooperatività: rappresenta il grado in cui una parte tenta di soddisfare le esigenze dell’altra;
• assertività: raffigura il grado in cui una parte tenta di soddisfare i propri interessi.
3. Intenzioni
Il seguente grafico illustra le intenzioni primarie di
gestione del conflitto:
• Competizione = è l’intenzione di raggiungere un obiettivo sacrificando quello degli altri.
• Collaborazione = è il tentativo di trovare una situazione in cui entrambe le parti vincono ossia gli obiettivi di entrambe le parti vengono completamente raggiunti.
• Compromesso = è un parziale accordo con il quale si arriva a soddisfare in maniera non completa gli interessi delle parti.
• Elusione = è il disinteressarsi dell’altro, questo approccio si ha quando la potenziale distruzione supera i benefici di risoluzione.
• Accomodamento = è la volontà di sacrificare il proprio obiettivo per quello di un altro. Tale tecnica prevede la fine del conflitto grazie alla propria “resa incondizionata”. È usata ad esempio quando un individuo è in errore oppure per minimizzare una perdita.
In questa fase il conflitto diviene visibile in quanto le intenzioni si trasformano in comportamenti concreti rappresentati da espliciti tentativi di soddisfazione delle proprie esigenze.
Tipologie e livelli adeguati di conflitto possono fornire le giuste energie per muoversi in direzioni costruttive. Conflitti eccessivi al contrario possono minare la performance organizzativa, portare a insoddisfazioni, mancanza di lavoro di squadra e turnover fino ad arrivare addirittura ad aggressività e violenze sul posto di lavoro.
4. Comportamento
Ciò può essere rappresentato dal continuum
dell’intensità del conflitto:
SFORZI APERTI PER DISTRUGGERE L’ALTRA PARTE
ATTACCHI FISICI AGGRESSIVI
MINACCE E ULTIMATUM
DISCUSSIONE APERTA O SFIDA AD ALTRI
DISACCORDI MINORI O INCOMPRENSIONI
ATTACCHI VERBALI ASSERTIVI
ASSENZA DI
CONFLITTO
CONFLITTO
FUNZIONALE
CONFLITTO
DIFUNZIONALE O
DISTRUTTIVO
Gli esiti rappresentano l’ultimo passo del processo di conflitto. Esso in definitiva può risultare funzionale o disfunzionale.
Un conflitto funzionale è costruttivo e può essere incentivato da tecniche di stimolazione mentre un conflitto disfunzionale deve saper essere arginato mediante tecniche risolutive.
5. Esiti
TECNICHE DI GESTIONE DEL
CONFLITTO
TECNICHE DI RISOLUZIONE:
- Problem-solving- Obiettivi superiori- Aumento delle risorse- Elusione- Appiattimento- Compromesso- Comando autoritario- Alterazione della variabile
umana- Alterazione delle variabili
strutturali
TECNICHE DI STIMOLAZIONE:
- Comunicazione- Aggiunta di esterni- Ristrutturazione
dell’organizzazione- Nominare un “avvocato del
diavolo”
IL NEGOZIATO
Negoziato:
- processo in cui due o più parti scambiano beni o servizi e tentano di accordarsi sul loro valore di scambio;
- processo che si verifica quando due o più partidecidono come collocare risorse insufficienti.
Comportarsi in modo etico sarà importantequanto raggiungere il risultato immediato dellacontrattazione.
Esistono due approcci generali al negoziato chedivergono per Obiettivo, Focus, Interessi,Condivisione di informazioni e durata dellarelazione:
- la contrattazione DISTRIBUTIVA ,
- la contrattazione INTEGRATIVA
LA CONTRATTAZIONE DISTRIBUTIVA:- è un negoziato che tenta di dividere una quantità
fissa di beni,
- opera in condizione a somma a zero, cioè ogniguadagno che si realizza è a spese dell’altra parte oviceversa (acquisto automobile);
Es: negoziato lavoratori – dirigenza sugliincrementi contrattuali di salario
- tattiche: prima proposta, indicare una scadenza;
- lascia una della parti come perdente;-non viene preferita all’interno di un’organizzazione.
LA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA
- è un negoziato che ricerca una o più accordi chepossano creare una soluzione win- win;
- entrambe le parti devono impegnarsi per farmodo che la contrattazione integrativa funzioni;
- all’interno di un’organizzazione, la contrattazioneintegrativa è preferibile a quella distributiva perchécrea relazioni a lungo termine, lega i negoziatori epermette loro di lasciare il tavolo del negoziatosentendo di aver ottenuto una vittoria.
La ricerca mostra che una parte perdente, che hasensazioni positive in merito al risultato delnegoziato, è più propensa a contrattare in modocooperativo in negoziati successivi.
Affinché queste trattative abbiano successo, le partiopposte devono essere:
- trasparenti riguardo le informazioni,
- chiare riguardo agli interessi da perseguire,
- sensibili verso le necessità e la fiducia degli altri
- capaci di mantenere una certa flessibilità.
Un modo per trarre un mutuo vantaggio è quello diporre il più possibile argomenti, aumentando così leopportunità di baratto contrattando in squadre
si raggiungono accordi più integrativi rispetto acoloro che contrattano da soli, si generano più idee.
Concentrandosi sugli interessi sottostanti piuttostoche sugli argomenti, è possibile far emergererisultati integrativi non immediatamente evidenti,sempre che entrambe le parti si focalizzino su ciòche realmente vogliono.
Esempio : due sorelle stanno discutendo su chidelle due debba ottenere un’arancia
IL PROCESSO DI NEGOZIAZIONE
Il processo di negoziazione è composto da 5 differenti fasi:
preparazione e pianificazione
definizione delle regole di base
chiarimento e giustificazione
contrattazione e risoluzione di problemi
chiusura e attuazione
1. PREPARAZIONE E PIANIFICAZIONE
Consiste non solo nell’individuazione della tipologia di conflitto e nell’identificazione degli obiettivi a cui aspirare ma nel reperimento di informazioni necessarie per comprendere i bisogni dell’interlocutore.
2. DEFINIZIONE DELLE REGOLE DI BASE
sulle quali incentrare la negoziazione vera e propria. I soggetti a questo punto lanciano le proprie richieste.
3. CHIARIMENTO E GIUSTIFICAZIONE
le parti illustrando e analizzando i punti di incontro esponendo, mediante il supporto di documentazioni, in che modo si è arrivati a tali pretese.
4. CONTRATTAZIONE E RISOLUZIONE DEI PROBLEMI
si identifica perfettamente nel “do ut des”.
5. CHIUSURA E ATTUAZIONE
questa fase è costituita dalle procedure di attuazione, formalizzazione e monitoraggio dell’accordo raggiunto.
DIFFERENZE INDIVIDUALI
NELL’EFFICACIA DI UN NEGOZIATO
Le differenze individuali possono influire sull’efficacia di un negoziato? I profili che
andiamo a indagare sono quattro: personalità, emozioni, cultura e genere
PERSONALITA’
<<L’organizzazione dinamica all’interno dell’individuo diquei sistemi psicofisici che determinano il suoadattamento unico all’ambiente”
Allport e psicologia dei tratti: tre livelli differenti ditratti della personalità; cardinali, centrali esecondari
Amabilità, perché <<gli individui gradevoli sono cooperativi, accondiscendenti, gentili e avversi al conflitto>>
EMOZIONI
Elementari o universali? Molti concordano nelindividuarne almeno sei: «rabbia, paura, tristezza,
felicità, disgusto e sorpresa»
Umori ed emozioni influenzano il negoziato e dipende anche dal contesto e dall’imprevedibilità
Quando la controparte pensa di non avere il controllo sulla situazione? Le emozioni contano forse più della ragione
CULTURA
Stesso background culturale aiuta a raggiungere delle soluzioni che soddisfino entrambi
Forti relazioni fra emozioni e cultura soprattutto in un negoziato cross-culturale
GENERE
Donne più cooperative, piacevoli e altruiste
Uomini tendono ad assegnare maggior valoreallo status, al potere e al riconoscimento
Genere femminile meno egoista e piùaccomodante rispetto al genere maschile
NEGOZIATI CON TERZE PARTI
A volte nelle organizzazioni capita che individui o rappresentanti di gruppi non riescono a risolvere autonomamente l’insorgere di conflitti.
Esistono per questo soggetti esterni che possono essere chiamati a partecipare a tale fase:
- Mediatore
- Arbitro
- Conciliatore
ARBITRO
è una figura che può essere richiesta dalle parti,
imposta per legge o per contratto.
Il suo unico scopo, a differenza del mediatore,
è sempre quello di raggiungere un accordo, attraverso imposizione
autoritaria e non.
Tuttavia, se una delle parti risulta gravemente lesa, il
conflitto non si può ritenere completamente
risolto.
CONCILIATORE
svolge funzioni molto simili al mediatore, la sola differenza è nel
modo di agire del tutto informale.
Nella fase di conciliazione, il
conciliatore esercita un ruolo piu diretto nel
processo di risoluzione della controversia,
consigliando direttamente le parti
nell’adozione di soluzioni.
Spesso è tale figura, e non i diretti interessati, a
promuovere proposte risolutive.
MEDIATORE
Funge da canale di comunicazione.
La sua priorita è quella di facilitare i contendenti
nella discussione dei loro affari e di aiutarli a focalizzare i propri
interessi guidandoli verso il conseguimento di una soluzione vantaggiosa,
giusta, duratura e soprattutto di pronta realizzazione. Il ruolo decisionale infatti, a
differenza della conciliazione, è in ogni
caso esercitato esclusivamente dalle parti.
CONCLUSIONI
Abbiamo compreso che il conflitto non ha natura patologica, anzi è fisiologico nelle relazioni umane. Che il conflitto può essere funzionale quando ben gestito, tendendo conto del tipo, del luogo e del processo.
Abbiamo capito che saper negoziare è una predisposizione ma pure che si possono migliorare le proprie capacità. Nel negoziato entrano in gioco fattori organizzativi e individuali.
Un buon manager deve saper convivere con situazioni conflittuali e il negoziato può essere uno strumento a sua disposizione.