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DISPENSA DIDATTICA PER ALLIEVI ISTRUTTORI - xkite - centro … · 2015-07-19 · 3 PREFAZIONE...

Date post: 25-Jun-2020
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DISPENSA DIDATTICA PER ALLIEVI ISTRUTTORI Testo e immagini a cura della scuola kiteboard della Xkite a.s.d. Lago di Garda
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DISPENSA DIDATTICA PER ALLIEVI ISTRUTTORI

Testo e immagini a cura della scuola kiteboard della Xkite a.s.d. – Lago di Garda

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Indice

PREFAZIONE

PRIMA PARTE: CULTURA GENERALE

1. Organizzazione generale della scuola

2. Materiali: kite, tavole, equipaggiamento

3. Cenni di meteorologia

SECONDA PARTE: PROGRESSIONE DIDATTICA DEL CORSO BASE

1. Prima lezione: pilotaggio di un kite a trazione minima

2. Seconda lezione: pilotaggio di un kite con trazione

3. Terza lezione: body drag ed esercizi di preparazione alla

partenza

4. Quarta lezione: partenza con la tavola e primi bordi

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PREFAZIONE

Questa guida raccoglie e riassume le conoscenze teoriche e le esperienze che state affrontando durante il percorso che vi porterà a diventare istruttori di kitesurf. Considerate quindi questo manuale come un utile “pro-memoria” per fissare le idee dopo una giornata di corso o per prepararvi alla lezione del giorno dopo, ma ricordate che né il corso né questa dispensa possono assolutamente sostituire l’esperienza che dovrete maturare con il tirocinio, al fianco di istruttori esperti, confrontandovi sempre con i vostri colleghi e tenendovi costantemente aggiornati su nuovi materiali e tecniche. Solo con la pratica quotidiana, con la passione per l’insegnamento e con la costante voglia di migliorare e di crescere acquisterete infatti la professionalità, la competenza e la sicurezza che faranno di voi dei buoni istruttori, al di là di ogni brevetto. Nella prima parte della guida trovate le nozioni fondamentali che ogni istruttore deve conoscere approfonditamente per poter lavorare con professionalità e competenza. Un capitolo è dedicato all’organizzazione generale della scuola: vi potrà essere utile per valutare le potenzialità del centro kite per il quale comincerete a lavorare. Nel secondo capitolo sono riassunte le nozioni di base sui materiali di uso quotidiano e i concetti fondamentali dell’aerodinamica del kite. Nel terzo capitolo trovate dei cenni di meteorologia che vi saranno utili per capire come si formano i venti e le correnti. La seconda parte è invece dedicata alla didattica, e in particolare trovate il programma dettagliato delle prime lezioni di un corso base di kitesurf e dei suggerimenti per una comunicazione funzionale ed efficace. Per ogni lezione sono riportati: - uno schema riassuntivo con il programma della lezione e un promemoria dell’attrezzatura

necessaria - la parte di teoria o di preparazione agli esercizi da esporre agli allievi durante la lezione - gli esercizi pratici da far eseguire agli allievi Nell’insegnamento di questo sport infatti teoria e pratica si alternano e si integrano, senza prescindere l’uno dall’altro. Nella prima lezione si trasmettono agli allievi i principali concetti di aerodinamica necessari per capire il funzionamento del kite e si eseguono i primi esercizi con un piccolo kite a due cavi per portare gli allievi al corretto pilotaggio senza trazione. Nella seconda lezione si impara a conoscere il kite gonfiabile e si affrontano i primi esercizi con il kite a 4 o 5 cavi. La terza lezione riguarda la gestione dell’equilibrio in acqua e verranno esaminati gli esercizi da eseguire nel body-drag. Nella quarta lezione si affronta la tecnica di partenza con una serie di esercizi pratici per trovare il corretto assetto sulla tavola. Qua e là sono inseriti dei riquadri di approfondimento, per aiutarvi a risolvere alcuni degli errori che gli allievi commettono più frequentemente. Gli esercizi e le tecniche che proponiamo in questa guida sono il frutto della nostra pluriennale esperienza nell’insegnamento di questo sport, ma ogni scuola e ogni istruttore possono aver sviluppato nel tempo altri metodi ed esercizi che si addicono alle particolari condizioni meteo-marine dello spot e all’organizzazione della scuola stessa. In uno sport ancora così giovane, sia la didattica che i materiali sono in continua evoluzione. Non esiste un solo modo di praticare il kitesurf: ognuno ha un suo stile unico e personale, così come quello che andremo ad affrontare è un sistema per portare gli allievi alla conduzione del kite in breve tempo e nella massima sicurezza possibile, ma non esclude altri metodi o approcci.

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Oggi gli allievi possono imparare in pochi giorni e in sicurezza quello che alcuni kiter hanno appreso in anni di tentativi ed esperimenti, con gli inevitabili errori di ogni principiante fai-da-te, le cui conseguenze possono essere davvero tragiche. Tenete sempre presente che chi si rivolge a voi per imparare a gestire un kite affida la sua vita nelle vostre mani: la sicurezza del vostro allievo e di chi vi sta intorno deve essere il vostro principale pensiero. Con la giusta dose di prudenza e attenzione potrete evitare rischi inutili; con l’esperienza e con la tecnica imparerete anche ad uscire da eventuali difficoltà, mantenendo sempre il controllo della situazione. Buon lavoro.

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1. ORGANIZZAZIONE GENERALE DELLA

SCUOLA

UBICAZIONE DELLA SCUOLA E DELLO SPOT La scelta della sede della scuola è strategica per il successo dell’attività della scuola stessa, per il buon funzionamento delle lezioni, e quindi per la soddisfazione economica e professionale degli istruttori. Il primo fondamentale criterio per valutare le potenzialità di una scuola di kitesurf è ovviamente legato al vento: l’apprendimento e la pratica del kitesurf da parte dei principianti richiedono condizioni di vento costante tra i 10 nodi e i 20 nodi e con meno onda possibile. Per valutare quindi il potenziale di lavoro di un centro kite è bene verificare molto attentamente le statistiche sulla frequenza e sull’intensità del vento, analizzare i fenomeni termici locali, controllare eventuali fenomeni di maree e corrente... Se abbiamo trovato la sede dei nostri sogni su una spiaggia da favola, ma senza vento… apriamo un ristorante! Se oltre all’attività di scuola nella sede è previsto un corridoio di lancio per la pratica individuale senza assistenza, è necessario anche considerare la direzione del vento rispetto alla spiaggia, che dovrà essere il più possibile side shore o side on shore (vedi terzo capitolo), e verificare di avere ampi spazi a disposizione sia a terra che in acqua per garantire che le operazioni di decollo e atterraggio dei kite avvengano in sicurezza. E’ molto importante che il centro abbia a disposizione dei natanti: le barche di appoggio infatti permettono di praticare kite anche in mancanza degli spazi di lancio a terra e con direzioni di vento on shore e off shore. Le attività di scuola in particolare dovrebbero sempre essere effettuate al largo, dove sia gli allievi che i bagnanti sono al sicuro da tutti i pericoli legati agli errori di pilotaggio del kite. Ovviamente l’utilizzo delle barche necessita di una certa “marineria” e di una buona esperienza nel pilotaggio da parte degli istruttori, ma permette di lavorare con alti standard di sicurezza e di sfruttare al massimo ogni minuto di vento. I centri che utilizzano i natanti di assistenza dovranno: verificare che nell’area sia consentita la navigazione a motore, avere a disposizione degli ormeggi o dei posti barca in prossimità della scuola, controllare che la profondità del fondale permetta di navigare sempre in sicurezza. Una volta individuata una possibile sede, verifichiamo che non ci siano divieti o limitazioni riguardanti la pratica del kitesurf: per avere maggiori informazioni è possibile il Comune e la Capitaneria di Porto di riferimento. Un altro criterio importante nella scelta della sede riguarda la visibilità: una scuola situata in una località molto frequentata sarà maggiormente visibile e riceverà più contatti rispetto a una scuola che si trova in una spiaggia isolata e difficilmente raggiungibile. D’altra parte, uno dei requisiti di sicurezza per le lezioni consiste nell’avere spazio libero da ostacoli e persone, condizione che difficilmente troviamo sulle nostre spiagge in alta stagione… Consideriamo quindi anche l’ipotesi di avere una sede “istituzionale” in una zona ad alta visibilità ma di effettuare le lezioni in una zona appartata anche se vicina. Se invece la sede della scuola è in un’area poco frequentata, dovremo tenerne conto quando pianificheremo le strategie promozionali per far conoscere la scuola (cartelli, bandiere, pubblicità in genere). Analizziamo ora più nel dettaglio le caratteristiche che dovrà avere lo spazio che viene utilizzato per le prime lezioni a terra: - vento pulito e non rafficato; attenzione alla presenza sopravvento di montagne, palazzi,

vegetazione fitta, ecc;

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- per ogni aquilone che si intende far volare serve spazio libero sottovento e al traverso per almeno il doppio della lunghezza dei cavi. E anche in alto: attenzione ai cavi elettrici;

- il fondo deve essere pianeggiante e libero da ostacoli, sassi, oggetti taglienti; eventualmente si possono coprire piccoli ostacoli con sabbia o tappeti;

- il fondo deve essere morbido, vanno bene una spiaggia o un prato erboso; - deve essere lontano da aeroporti di qualsiasi tipo; - verifichiamo che non ci siano divieti o restrizioni per l’utilizzo dello spazio; - possibilmente posizioniamo delle bandiere o delle maniche a vento per riconoscere la

direzione e l’intensità del vento e dei sacchetti di sabbia per tenere fermi i kite quando non sono in volo.

Se effettuiamo le lezioni su una spiaggia frequentata da altri kiter o se vogliamo dotare il nostro centro di un corridoio di lancio, dobbiamo separare l’area di lezione dal corridoio di uscita. L’area scuola deve trovarsi sottovento alla zona di uscita e rientro dei kiter: sempre meglio mantenersi alla distanza di sicurezza di almeno 50 metri. E’ consigliabile delimitare l’area scuola e apporre dei cartelli segnaletici per spiegare le diverse destinazioni delle aree. Il corridoio di uscita deve essere delimitato secondo le disposizioni delle autorità locali competenti: al momento non esistono dei criteri uniformi, in allegato trovate alcune ordinanze che possono fare da riferimento.E’ importante comunque che il corridoio di lancio sia riservato ad uso esclusivo di kiter in grado di navigare autonomamente, e solo per le manovre di uscita e di rientro. Il vento deve soffiare parallelo alla spiaggia, e in condizioni di vento perpendicolare alla spiaggia la pratica dello sport sarà consentita solo se nel centro è operativo un servizio di recupero. Il corridoio di uscita e l’area scuola devono sempre trovarsi sottovento alle zone destinate alla balneazione, al windsurf o ad altre attività. Per la seconda lezione sarebbe perfetto potersi esercitare in acqua bassa, ma in alternativa si può continuare ad utilizzare il campo di volo della prima lezione; in ogni caso le caratteristiche dell’area devono rimanere quelle già descritte. Anche in presenza di spiagge adeguate e di tratti con fondale basso, per motivi di sicurezza e per il miglior apprendimento dei vostri allievi, le lezioni di body drag e di partenza possono essere effettuate direttamente al largo, in acqua profonda, utilizzando un natante di appoggio. LOCALI La scuola deve avere almeno un locale da adibire ad ufficio/segreteria, da utilizzarsi eventualmente anche come aula per le lezioni teoriche in caso di maltempo. Questo locale deve quindi essere fornito di collegamenti elettrici, di un tavolo e di sedie in numero sufficiente per gli allievi, una lavagna e dei gessetti, e di eventuale altro materiale didattico (computer, videoproiettore, poster, ecc.) Dobbiamo inoltre disporre di un posto sicuro per il rimessaggio di tutta l’attrezzatura (kite, tavole, mute, trapezi, giubboni salvagente, caschi…) L’ideale è avere a disposizione un secondo locale o un container con la funzione di magazzino. Esistono piccole scuole che utilizzano semplicemente un furgone. E’ opportuno che i locali della scuola e quelli adibiti a magazzino dell’attrezzatura siano sorvegliati o dotati di qualche sistema anti-furto.

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SEGRETERIA Una segreteria efficiente e ben organizzata e una corretta gestione delle prenotazioni sono fondamentali per il buon funzionamento della scuola. Di norma i compiti della segreteria sono: - ricevere i contatti diretti, telefonici o via email e dare tutte le informazioni riguardanti le attività

della scuola - gestire le prenotazioni degli allievi e tenere aggiornato il calendario delle lezioni - far compilare agli allievi la modulistica di iscrizione/assicurazione/tesseramento - ricevere e annotare i pagamenti dei corsi - contabilizzare tutti gli incassi e le spese della scuola - registrare i dati degli allievi e tenere nota della loro progressione didattica e delle lezioni

effettuate - preparare e rilasciare eventuali tessere e brevetti - occuparsi di tutte le pratiche amministrative e burocratiche della scuola (assicurazioni,

affiliazioni, permessi, licenze, oneri contributivi e fiscali, ecc.) Da quanto sopra si può ben comprendere che questi compiti difficilmente possono essere svolti dagli istruttori stessi. Meglio poter contare su un collaboratore che si dedichi esclusivamente a queste attività, lasciando gli istruttori liberi di potersi dedicare alle lezioni. E’ molto antipatico che sia l’istruttore stesso a incassare i pagamenti, perché si instaura con gli allievi un rapporto da fornitore/clienti invece che da insegnante/studenti. GESTIONE DELLE PRENOTAZIONI E PIANIFICAZIONE DELLE LEZIONI Una attenta gestione del calendario delle prenotazioni permette alla scuola di sfruttare al meglio gli orari di vento, di ottimizzare l’impegno degli istruttori e l’utilizzo dell’attrezzatura. In linea di massima, dovremo cercare di pianificare le lezioni in modo che gli orari in cui sono previste le esercitazioni pratiche coincidano con quelle in cui il vento è più favorevole. E’ bene avere sempre delle alternative per sfruttare anche i momenti di non vento. Ecco qualche esempio di lezioni di teoria che potete proporre agli allievi, in base al loro livello di esperienza: - preparazione e settaggio del kite - aerodinamica - meteorologia - norme di sicurezza e precedenze - manutenzione e riparazioni del kite In acqua, anche senza vento, possiamo organizzare delle lezioni su: - sgancio rapido e procedura di rientro d’emergenza (self rescue) - esercizi con la sola tavola (in questo caso serve una barca attrezzata con il simulatore) Se possibile, al momento della prenotazione o comunque prima di iniziare le lezioni, si dovranno raggruppare gli allievi in base al loro livello di esperienza, ma può essere utile valutare anche che gli allievi abbiano pesi simili, perché l’istruttore possa utilizzare lo stesso kite e la stessa tavola, risparmiando tempo e spazio sulla barca. Di norma, i corsi più richiesti sono quelli per principianti; teniamone conto quando prepariamo il calendario delle lezioni, facendo in modo che chi vuole iniziare un corso abbia la possibilità di farlo nel giro di un paio di giorni: le lunghe liste di attesa scoraggiano le persone. Se la scuola si trova nelle vicinanze di una spiaggia molto frequentata, può essere utile anche prevedere delle brevi prove gratuite aperte a tutti, in cui far provare il pilotaggio di un piccolissimo kite a cassoni, in modo da coinvolgere anche i più timidi o titubanti.

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ATTREZZATURA Senza addentrarci nei dettagli, suggeriamo l’attrezzatura minima di cui dotare l’ufficio: per la gestione delle prenotazioni e delle iscrizioni sono necessari un telefono (può andare bene anche un cellulare), un computer con stampante e possibilmente collegamento internet, e vario materiale di cancelleria (carta, penne, lavagna, pennarelli, ecc). Per lo svolgimento delle lezioni avremo ovviamente bisogno di tutto l’equipaggiamento tecnico da fornire agli allievi. La quantità di materiale necessaria dipende dal numero di potenziali allievi che frequenteranno i corsi, il quale a sua volta dipende dal numero di istruttori che operano nella scuola e dalle ore di vento che mediamente si possono sfruttare in una giornata. Per ogni allievo dobbiamo disporre di una muta, di un trapezio con coltellino tagliascotte, di un giubbino salvagente, di un casco. E’ molto importante che le mute siano della giusta taglia e di spessore adeguato alla temperatura dell’acqua, per evitare che l’allievo abbia difficoltà di movimento o che si debba interrompere la lezione per problemi di freddo. Anche un casco troppo grande può compromettere la buona riuscita della lezione perché l’allievo non riesce a vedere il kite. Meglio quindi dotarsi di un numero di mute, trapezi, salvagenti e caschi leggermente superiore al potenziale giornaliero di allievi per poter avere le taglie adeguate. Per quanto riguarda l’attrezzatura, calcoliamo un aquiloncino a cassoni da 1 a 3 metri ogni 2 o 3 allievi, e un aquilone a cassoni da 3 a 5 metri ogni 5/6 allievi. Passiamo ai kite gonfiabili: le lezioni in acqua verranno svolte individualmente, quindi ogni istruttore potrà utilizzare lo stesso kite per più allievi. Calcoliamo quindi 1 kite per ogni taglia per ogni istruttore. Lo stesso vale per le tavole, facciamo in modo che ogni istruttore possa avere la scelta tra 2 o 3 tavole di misure diverse. La scelta di modelli e marche di kite e tavole è spesso condizionata da scelte economiche o promozionali, ma ricordiamo che in buona parte il buon funzionamento delle lezioni e la sicurezza dei nostri allievi dipende dall’uso di attrezzatura adeguata. Valutiamo attentamente la scelta dei kite: privilegiamo dei modelli robusti, facili da rilanciare, stabili, che non stallano facilmente, con un ampio range di vento. Dobbiamo essere maniacali nella manutenzione dell’attrezzatura: quando non vengono utilizzati, i kite vanno riposti all’ombra, sciacquati dal sale e dalla sabbia. Non abbandoniamoci alla pigrizia: dedicando ogni giorno un po’ di tempo alla manutenzione e riparazione dell’attrezzatura, avremo un grosso beneficio in termini di efficienza, di sicurezza e di risparmio. Per velocità e semplicità di utilizzo si possono tenere tutti i kite sempre pronti, ognuno con la propria barra e leash di sicurezza. Se invece si utilizza la stessa barra su diversi kite, è necessario verificare ogni volta che eventuali stopper-ball dei sistemi di sicurezza siano posizionate a una distanza che permetta ai kite di sventare completamente. Utilizzando il 5° cavo la stopper ball deve essere situata ad una distanza dalla barra pari almeno al doppio della misura della corda alare, mentre utilizzando un kite a 4 cavi la stopper ball deve trovarsi ad un distanza pari almeno all’apertura alare della vela stessa. Altra attrezzatura utile: - una cassetta di attrezzi (in particolare servono sempre: cacciavite a croce e a taglio, chiavi a

brugola, pinze) - materiale per riparazioni e manutenzioni dei kite (spinnaker e dacron adesivo, colla e pezze

per la riparazione dei bladder, forbici, nastro adesivo), pezzi di ricambio come linee, cime del depower

- kit di primo soccorso - pompe o un compressore per gonfiare i kite.

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AUSILI PER LA DIDATTICA

E’ stato sperimentato che in qualsiasi tipo di comunicazione la quantità di nozioni realmente apprese e memorizzate dal ricevente può variare molto a seconda del tipo di stimolo ricevuto, e in particolare:

leggere fa conservare il 10% dei dati ricevuti ascoltare il 20% vedere il 30% vedere e ascoltare il 50% ascoltare e discutere il 70% ascoltare e fare il 90%

Dai dati della tabella si capisce intuitivamente che il processo di apprendimento con il solo ascolto è poco efficace. Cerchiamo quindi di utilizzare il maggior numero possibile di materiali e strumenti che aiutino l’allievo a raggiungere gli obiettivi programmati.

Ogni scuola dovrebbe fornire a tutti i partecipanti ai corsi una guida o un manuale; oltre che permettere agli allievi di poter rivedere ed approfondire quanto imparato durante le lezioni, il manuale sarà un validissimo supporto per noi istruttori durante le lezioni stesse, perché conterrà una serie di immagini, tabelle e schemi da mostrare agli allievi.

In alternativa o in aggiunta, è bene dotare la sede della scuola di alcuni cartelloni raffiguranti:

- la finestra del vento - direzioni del vento (on shore, off shore, side shore, ecc.) - andature (poppa, traverso, lasco, bolina) - la tabella per riconoscere l’intensità del vento e le varie unità di misura - un kite armato con i nomi delle varie parti

Quando possibile, utilizziamo anche dei video, per esempio per mostrare agli allievi gli esercizi che dovranno effettuare, soprattutto se non potremo andare in acqua noi stessi a dimostrarli.

L’uso di alcuni simulatori permette agli allievi di acquisire esperienze simili a quelle che proveranno in acqua, eliminando però i fattori di rischio o di disturbo, o di isolare singoli gesti su cui lavorare. Un simulatore molto importante è costituito da un kite a 4 o 5 cavi in miniatura: possiamo costruirlo con del tessuto spinnaker o del cartoncino, tenuti in forma con del filo di ferro. Un tubetto di plastica e dello spago possono costituire la barra e i cavi. Questo semplice simulatore ci aiuterà a far comprendere agli allievi la finestra e i movimenti del kite all’interno di essa, nonchè il funzionamento del de-power. L’efficacia di questo simulatore rispetto ad altri strumenti (disegni, video, ecc.) consiste nel poter offrire un esempio che si muove nelle tre dimensioni. Se poi aggiungiamo un pilota (una bambola con le articolazioni mobili, tipo “action man” per intenderci) il simulatore potrà esserci utile anche per mostrare le posizioni da assumere con il corpo durante il body drag o nella fasi di partenza.

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Un altro utile simulatore può essere costituito da una barra completa di chicken-loop, appesa a una struttura molto solida, con un sistema di carrucole che ci permetta di regolarne l’altezza da terra. Tenuta tra i 50 e i 100 cm di altezza da terra, permetterà agli allievi, una volta indossato il trapezio, di appendervisi e sperimentare la sensazione di completo sostegno che il kite dovrà dare loro nelle fasi di partenza e navigazione. In questo caso il simulatore va completato con un supporto su cui appoggiare la tavola. Fissata molto più in alto, a circa 220 cm da terra, e senza il supporto per la tavola, la barra potrà essere utilizzata dai ragazzi più esperti che vogliono provare a terra l’handle pass. Se la scuola utilizza dei natanti di appoggio, è possibile anche predisporre un simulatore simile al precedente tecnica di partenza e di navigazione con la tavola, senza kite. Dotando l’imbarcazione di un roll-bar abbastanza alto o di una robusta struttura di sostegno a cui agganciare la barra (che ovviamente deve rimanere a un’opportuna distanza di sicurezza dal motore) è possibile simulare con la barca la trazione del kite e abituare gli allievi alla gestione della tavola.

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MEZZI DI APPOGGIO Ogni istruttore deve avere a disposizione un natante di appoggio, di dimensioni adeguate al numero di allievi che si devono trasportare. Solitamente si privilegia l’uso dei gommoni, perché sono più facili da pilotare e sono più sicuri nelle fasi di ormeggio o di avvicinamento alle persone in acqua. I limiti di questo tipo di barche però stanno nello scarso spazio a disposizione a bordo. Le imbarcazioni rigide sono più capienti e permettono quindi di trasportare più comodamente le persone e l’attrezzatura, ma richiedono una guida più esperta. I natanti di appoggio devono sempre avere a bordo: - dichiarazione di potenza, polizza e tagliando dell’assicurazione del motore - patente nautica se prescritta - dotazioni di bordo prescritte dalla legge (dipendono dalla distanza dalla costa in cui si naviga) - estintore - una pompa o un compressore per gonfiare i kite - una piccola cassetta degli attrezzi per poter fare qualche piccola manutenzione al motore o

all’attrezzatura (avvitare strap, pinne, ecc.) - cassetta primo soccorso - se si naviga oltre le 6 miglia dalla costa, le dotazioni vano integrate con certificato e licenza Rtf

e documento di idoneità alla navigazione Sulle barche della scuola dovranno esserci solo l’istruttore e gli allievi, per motivi di sicurezza e per poter essere più agili negli spostamenti.

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2. KITE, TAVOLE, EQUIPAGGIAMENTO

IL KITE Anche tra gli appassionati di kite, pochi conoscono la storia degli aquiloni, che si snoda tra scienza e religione. I primi oggetti costruiti dall’uomo in grado di volare erano infatti intrisi di significati mistici, in quanto si credeva che potessero creare un legame tra Terra e Cielo; in pratica erano un modo di avvicinare l’uomo alle divinità. In alcune parti del mondo rimangono tuttora delle tradizioni legate al mondo animistico: in Giappone si fanno volare degli aquiloni di notte intorno alla casa dove sta nascendo un bambino per tenere lontani gli spiriti maligni. I primi aquiloni furono probabilmente costruiti in Cina tremila anni avanti Cristo: una leggenda narra che il primo aquilone sia nato dopo che una folata di vento fece volare via un cappello dalla testa di un contadino, il quale decise quindi di legare il cappello con una spago... In tempi più recenti, alcuni hanno saputo intravedere le potenzialità dell’aquilone a fini scientifici: Edison sfruttò degli aquiloni per compiere i suoi studi sui fulmini. Altri ancora hanno pensato di sfruttare il fenomeno della trazione legata al volo dei kite: nel 1826 l’inglese Pockock realizzo degli aquiloni con lo scopo di trainare delle carrozze; in realtà il suo progetto ebbe poca fortuna, ma aprì la strada all’aquilonismo da trazione. Nel 1901 Samuel Franklin Cody attraversò lo stretto della Manica a bordo di un oggetto a metà strada tra una mongolfiera e un aquilone. A partire dagli anni ’80 l'aquilonismo da traino cominciò ad essere applicato agli sci, allo skate, e ad ogni forma di attrezzo che potesse muoversi, dando vita a nuovi sport come il buggying o lo snowkite: uno dei protagonisti di questi anni è stato il neozelandese Peter Lynn, a cui si devono molti progetti di kite a cassoni.

Cominciarono quindi anche le prime sperimentazioni in acqua, con canoe o altre imbarcazioni: nel 1978, Ian Day si faceva trainare da un aquilone a bordo del suo catamarano Tornado e negli stessi anni i fratelli Corey e Bill Roesler di Seattle brevettarono il Kiteski, un grande aquilone acrobatico a delta a 2 cavi, fornito di

barra con avvolgicavo a molla che ne permetteva il recupero e il rilancio dall'acqua. Possiamo però affermare che con il brevetto dell’aquilone gonfiabile ((WI.P.I.K.A. - WI.nd P.owered I.nflatable K.ite

A.ircraft ) nel 1984 da parte dei fratelli francesi Bruno e Dominique Legaignoux, si risolse definitivamente il problema della rilanciabilità del kite dall’acqua e quando alcuni windsurfisti professionisti, tra cui Manu Bertin, cominciarono a sperimentare i primi kite gonfiabili alle Hawaii iniziò la grande diffusione di questo sport. In Italia fu probabilmente Robby Naish, con le sue spettacolari acrobazie sul Lago di Garda alla fine degli anni ‘90, a far conoscere il kitesurf. Al di là di queste curiosità storiche, un istruttore deve conoscere approfonditamente l’attrezzatura che utilizzerà quotidianamente, essere in grado di armare e trimmare correttamente un kite, effettuare riparazioni o sostituire parti usurate, consigliare agli allievi l’attrezzatura più adatta alle loro caratteristiche fisiche e al loro livello di esperienza. Andiamo quindi a conoscere meglio i nostri strumenti di lavoro.

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Analizziamo le varie parti che compongono la nostra ala: l’estradosso (upper skin): è la superficie esterna dell’ala; l’intradosso (lower skin): è la superficie interna; sono realizzate con il materiale molto leggero con cui si realizzano anche gli spinnaker delle barche a vela. Le parti soggette a maggior usura sono invece di un tessuto più resistente (dacron); il bordo d’entrata o bordo di attacco (leading edge): è la parte anteriore dell’ala, la prima che viene colpita dal vento. il bordo d’uscita (trailing edge): è la parte posteriore dell’ala. Nei kite gonfiabili forma e rigidità sono assicurate da alcuni tubolari gonfiabili in lattice (bladders) che sono inseriti all’interno di tasche della vela (struts). I bladders hanno una o due valvole per le operazioni di gonfiaggio e sgonfiaggio. Il bladder principale segue tutto il profilo dell’ala e costituisce quindi il bordo d’attacco della vela. E’ detto anche T1. I bladders secondari sono invece disposti lungo la vela perpendicolarmente al bordo di attacco, e grazie alla loro forma danno il profilo alare all’aquilone. Il bladder secondario che si trova al centro della vela viene identificato anche con la sigla T2; a destra e a sinistra del T2 si troveranno due bladders uguali tra loro (detti T3); mano a mano che ci spostiamo verso le estremità della vela possiamo trovare altre coppie di bladders secondari (T4, T5 ecc.). Alle due estremità dell’ala (tips), si trovano i punti di attacco, ai quali si collegano i cavi (linee) che serviranno a pilotare il kite, direttamente o tramite delle brigliature. Le linee si collegano ai punti di attacco con dei semplici nodi a bocca di lupo, e scegliendo un nodo più o meno vicino al kite è possibile regolare la lunghezza delle linee stesse.

Il boma o barra (bar) è lo strumento che ci permette di controllare il kite. Solitamente è costruito carbonio, rivestito di gomma antisdrucciolo. Alle estremità della barra ci sono due concavità su cui si possono riavvolgere le linee, dette avvolgicavi. Nella parte frontale del kite, direttamente alle estremità del leading edge o tramite un apposita brigliatura, vanno collegate le due linee anteriori (front-lines), che convergono poi in un unico cavo passante dal centro del boma, chiamata cima del depower. Le due linee posteriori (back-lines) si agganciano invece alle estremità del bordo di uscita della vela e ai due estremi del boma.

Bordo

d’entrata

Bordo

d’uscita

Intradosso

Estradosso

Bladder Principale

Bladders

secondari

Punti

d’attacco

Nodo a bocca

di lupo

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Su molti kite è presente anche la quinta linea, o quinto cavo, che facilita le manovre di decollo del kite dall’acqua, ed è inoltre un efficace sistema di sicurezza che permette di annullare la trazione del kite in caso di necessità. Negli ultimi anni, in alcuni modelli la quinta linea ha assunto anche una funzione strutturale, perché aiuta il leading edge a mantenersi in una forma aerodinamicamente più efficiente. Il sistema di trim del de-power è una regolazione che ci permette di variare la lunghezza delle linee frontali, modificando l’angolo di incidenza della vela e quindi la sua potenza/velocità. Questa regolazione viene fatta solitamente all’inizio dell’uscita, con la vela in volo, oppure ogni qual volta si renda necessario, per esempio al variare dell’intensità del vento. Anche i diversi nodi sui punti di attacco delle linee al kite e al boma danno la possibilità di regolare l’angolo di incidenza della vela prima dell’uscita. Quando ci agganciamo al kite tramite il chicken-loop, tutta la trazione generata dall’ala si trasmette dai cavi frontali al nostro corpo tramite l’imbragatura del trapezio, le braccia sono libere di manovrare e la barra può scorrere lungo la cima del de-power. Mentre pilotiamo il kite possiamo avvicinare o allontanare da noi la barra, alle cui estremità sono collegate le back lines. In questo modo andiamo a modificare l’inclinazione della vela rispetto al vento: da questa inclinazione, chiamata angolo di incidenza, dipende parte della trazione esercitata dal kite. Il sistema depower ci permette quindi di variare l’angolo di incidenza della vela mediante un semplice movimento delle braccia, per dosare la potenza della vela in base alle necessità del momento. Lo sgancio rapido o di sicurezza (quick release) ci permette di sventare il kite in caso di emergenze o comunque ogni volta che vogliamo annullare la trazione. Esistono diversi tipi di sgancio di sicurezza (moschettoni, fascette in velcro, sistemi ad incastro, …) ma lo scopo è sempre quello di poterci svincolare facilmente dal boma: a questo punto il kite rimane collegato a noi solo per una o due linee, e quindi, si capovolge o si distende a bandiera e non genera più trazione.

Quinto cavo

Back line

Front line

Front line

Back line

Front line

Punti di attacco

Punti di attacco

Trim del de-power

Cima

del de-power

Chicken

loop

Sgancio

d’emergenza

Barra

Avvolgicavo

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Uno dei sistemi di sicurezza più semplici e comuni è costituito da un

cordino elastico (leash) fissato al nostro trapezio che viene collegato

tramite un sistema a doppia anello a una delle linee frontali o posteriori

(1).

Una volta azionato lo sgancio di emergenza, la barra scorre lungo

questa linea permettendo al kite di sventarsi. Spesso purtroppo questa operazione ha come conseguenza grossi aggrovigliamenti dei cavi, che

ci impediscono di far ripartire il kite.

Molte vele utilizzano invece come efficace sistema di sicurezza la quinta linea, o quinto cavo, che corre dal boma fino al leading edge.

In questo caso dobbiamo collegare il leash elastico all’estremità di

questo cavo (2), in modo che una volta azionato lo sgancio di emergenza la barra scorra via lungo la quinta linea fino fermarsi su una

“stopper ball”; la posizione della stopper ball è calcolata per

permettere al kite di sventarsi e mantenersi in posizione rovesciata, neutra rispetto al vento.

In qualsiasi momento potremo recuperare il quinto cavo fino a riprendere in mano il boma e rilasciare lentamente la quinta linea per

riportare il kite in assetto di volo.

Come vedremo più avanti, il quinto cavo, oltre che essere un valido

sistema di sicurezza, risulta utile nelle fasi di rilancio della vela

dall’acqua o in qualsiasi situazione in cui si voglia annullare temporaneamente la trazione della vela.

2

1

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CENNI DI AERODINAMICA

I kite sono a tutti gli effetti delle ali, anche se flessibili e deformabili, e si muovono secondo i principi dell’aerodinamica proprio come gli aerei o gli uccelli; abbiamo quindi la necessità di acquisire alcune nozioni di aerodinamica per comprendere meglio le caratteristiche e il comportamento delle nostre vele.

Il profilo alare è la sezione dell’ala tagliata longitudinalmente, da davanti a dietro, e ci da notevoli informazioni sulle prestazioni. Esistono tre tipi di profili: piano-convessi, concavo-convessi, biconvessi. La nostra categoria di ali, più lente e con molta portanza o trazione, esige quest’ultimo profilo, concavo-convesso. E’ importante conoscere alcune misure, caratteristiche dell’ala, che permettono di identificarne le prestazioni: La corda alare è una linea immaginaria che collega il bordo d’entrata con il bordo d’uscita. Osservando un’ala dall’alto ci accorgiamo che tende ad assottigliarsi verso le estremità laterali: esistono quindi infinite corde alari che hanno misure differenti a seconda del punto in cui prendiamo in esame la sezione. L’ala si trova così ad avere caratteristiche aerodinamiche differenti in ogni sua parte. Il camber è una misura risultante da un calcolo abbastanza complesso: in pratica riflette la bombatura del profilo dell’ala. Un’ala con profilo sottile, e quindi poco camber, è pensata per volare veloce (aerei a reazione). Al contrario i nostri aquiloni sono progettati per essere più lenti e stabili e hanno quindi camber maggiore e molto avanzato: infatti a seconda di dove si trova il punto di maggior spessore del profilo, l’ala può risultare più o meno veloce e più o meno stabile. L’ apertura alare è la distanza in metri tra le due estremità laterali dell’ala.

Due esempi di corda alare

Tre diversi camber

Apertura alare di un kite

Profilo piano-convesso

Profilo concavo-convesso

Profilo biconvesso

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La superficie reale è la misura in metri quadrati dell’ala quando tutta la sua superficie appoggia su un piano; in un kite equivale alla superficie dell’ala sgonfia appoggiata a terra. La superficie reale del kite ne influenza ovviamente la capacità di trazione, ma anche la velocità e reattività: a parità di profilo un ala di dimensioni ridotte è molto più veloce e agile nell’aria di un ala più grande. Le vele di grandi dimensioni sono quindi più lente ma sviluppano molta trazione grazie alla grande superficie, e vengono quindi utilizzate con venti leggeri. La superficie proiettata è invece la misura in metri quadrati dell’ombra che il kite gonfio in assetto di volo proietterebbe su un piano parallelo avendo il sole perfettamente perpendicolare. Questa misura è molto importante per valutare l’effettiva capacità di trazione di un kite. Le ali gonfiabili hanno una forma molto arcuata, che crea una discreta differenza tra la superficie reale e quella proiettata. Questa “campanatura” serve a conferire maggiore stabilità al kite, perché la parte che agisce in verticale funziona da stabilizzatore. Inoltre quando la vela cade in acqua la forma arcuata permette sempre ad almeno una parte dell’ala di prendere vento e quindi di ripartire.

allungamento (aspect ratio – AR) è il rapporto fra la misura della apertura alare al quadrato e la superficie proiettata, e indica l’efficienza dell’ala: in generale per kite con la stessa superficie reale, più è alto questo valore, maggiore è la velocità dell’ala. Per fare un esempio, un AR intorno al 4 indica ali più lente, AR maggiori di 5 indicano ali più veloci. In questi esempi stiamo parlando di velocità di avanzamento, da non confondere con la velocità con cui l’ala ruota su se stessa. Un kite con maggior AR infatti è più allungato e quindi ruota più lentamente e con archi di curvatura più ampi di uno a minor AR.

Impariamo ora a conoscere il vento e i suoi effetti sul volo di un kite. Ma quale vento dobbiamo analizzare? Se pensiamo ad un kite fermo in un qualsiasi punto del bordo della finestra, questo subisce solo l’effetto del vento reale, cioè il vento atmosferico. Quando il kite si muove però subisce anche l’effetto del vento d’avanzamento, quello che l’aquilone stesso crea avanzando, e che aumenta al crescere della velocità dell’ala. La direzione del vento di avanzamento è sempre opposta al moto dell’ala. Per fare un semplice esempio, il vento d’avanzamento è quello che possiamo percepire in faccia quando andiamo in motorino o in bicicletta: più acceleriamo, più questo aumenta. Quella che realmente agisce sul kite è dunque la somma del vento reale e del vento d’avanzamento, che si chiama vento apparente, o vento relativo. Il vento apparente è quindi quello di cui dobbiamo tener conto nell’analizzare il comportamento del kite, e quando il kite si muove è diverso dal vento atmosferico sia per intensità che per direzione. La velocità del vento infatti è una grandezza caratterizzata non solo dall’intensità, ma anche dalla direzione e dal verso in cui agisce, e dobbiamo tenerne conto quando vogliamo calcolare l’effetto di due o più venti che agiscono contemporaneamente sul kite. Questo tipo di grandezze si chiamano vettori e si rappresentano graficamente con delle frecce, in modo da poterne identificare l’intensità (la lunghezza delle freccia), la direzione, il verso e il punto di applicazione.

Kite ad alto a.r.

Kite ad a.r.medio-basso

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La Legge di Bernoulli sostanzialmente afferma che la somma della pressione statica e di quella dinamica si mantiene

costante, e quindi a un aumento di pressione dinamica corrisponde una diminuzione di pressione statica o viceversa. Per sincerarsene basta un semplice esperimento. Prendiamo un foglio di carta e teniamolo tra le dita: sopra e sotto il

foglio esiste una identica pressione atmosferica (pressione statica). Soffiamo ora lungo la superficie superiore del

foglio e notiamo che questo, anziché piegarsi verso il basso, si alza, come se venisse risucchiato. È infatti accaduto che il movimento dell’aria ha creato una pressione dinamica. Per mantenere costante la somma

delle pressioni è quindi diminuita la pressione statica sulla superficie superiore de foglio, che quindi tende a salire.

Quel Bernoulli... aveva proprio ragione!

Perché il vento fa volare il kite? Come abbiamo già accennato, il flusso d’aria che colpisce il kite si separa incontrando il bordo di attacco: una parte scorre sull’estradosso e la restante scorre lungo l’intradosso, per ricongiungersi sul bordo di uscita.

A causa del profilo dell’ala, l’aria che scorre sull’estradosso si ritrova a dover percorrere più strada, ed accelera per riunirsi con l’aria sottostante sul bordo di uscita. Per un effetto fisico conosciuto come Legge di Bernoulli, l’accelerazione dell’aria sull’estradosso crea un calo di pressione, per cui il kite viene “risucchiato” verso l’alto; questo fenomeno è per 2/3 responsabile della capacità di volare dell’ala. L’aria che colpisce

l’intradosso partecipa al sostentamento dell’ala per il restante terzo, aumentando la pressione sulla superficie inferiore. La spinta causata dalla differenza di pressione tra le due superfici dell’ala è la forza aerodinamica totale, detta anche risultante aerodinamica.

L’intensità della forza aerodinamica totale è direttamente proporzionale alla velocità del vento relativo: lo possiamo facilmente sperimentare se mettiamo una mano aperta fuori dal finestrino di una macchina in corsa: all’aumentare della velocità dell’auto aumenta la spinta verso l’alto e all’indietro. Con lo stesso sistema possiamo sperimentare come la forza aerodinamica totale varia con il variare dell’inclinazione della mano rispetto alla direzione del vento, quello che in aerodinamica si chiama angolo di incidenza.

La forza aerodinamica totale agisce perpendicolarmente alle corde alari lungo tutta la superficie dell’ala, ma convenzionalmente la si intende applicata sulla corda media, in un punto detto centro di spinta.

In questo esempio il kite è fermo allo zenit. Il vento reale è rappresentato dal vettore R. Non esiste vento d’avanzamento perché

il kite è fermo, quindi il vento apparente coincide con il vento reale.

In questo esempio invece il kite è in movimento verso l’alto. Il vento reale è rappresentato dal vettore R e la velocità del kite è

rappresentata con il vettore V. Il vento d’avanzamento è quindi

un vettore della stessa lunghezza e direzione di V ma di verso contrario (A). Se sommiamo i vettori R e A otteniamo il vento

apparente VA, che ha un’intensità maggiore del vento

atmosferico e direzione diversa.

R

V R

A VA

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Possiamo però scomporre la forza aerodinamica totale lungo

due assi, quello del vento relativo e l’asse perpendicolare a quello del vento relativo.

Otteniamo in questo modo due componenti della forza aerodinamica totale, che si chiamano rispettivamente resistenza e portanza.

Come abbiamo già accennato, all’aumentare del vento apparente e dell’angolo di incidenza aumenta la forza aerodinamica totale, e quindi aumentano sia la portanza che la resistenza. La resistenza, come il nome stesso suggerisce, è la componente della forza aerodinamica totale che agisce nella direzione opposta al moto. Ci sono tre fattori che contribuiscono alla resistenza totale: la resistenza di forma che dipende dal profilo esposto al vento, la resistenza d’attrito dell’aria sulla superficie, e una resistenza indotta dovuta ai vortici d’aria che inevitabilmente si creano sul bordo di uscita a causa delle differenti velocità dei flussi d’aria che scorrono sull’intradosso e sull’estradosso. Proprio quest’ultimo tipo di resistenza è quello che maggiormente influenza il volo di un kite. Ma anche la resistenza di forma e di attrito hanno la loro importanza: una leading edge più sottile risulterà infatti più “penetrante” rispetto a una dal diametro maggiore, e un kite di grandi dimensioni, a causa della maggior superficie, svilupperà più resistenza rispetto a un piccolo kite. Anche la lunghezza dei cavi contribuisce ad aumentare la resistenza. La portanza è invece la forza che permette al kite di stare in volo, e può essere definita come la componente della forza aerodinamica totale che si oppone alla forza di gravità, cioè al peso. Dal momento che siamo collegati al kite, la portanza si trasmette lungo i cavi fino al nostro corpo, ed è quindi la forza che utilizzeremo per muoverci. Quando la portanza diventa maggiore del nostro peso, l’ala può sollevarci in volo! Abbiamo già potuto sperimentare che sia la portanza che la resistenza variano al variare dell’angolo di incidenza, cioè dell’angolo che si viene a formare tra il vento relativo e la corda alare. Gli angoli d’incidenza efficaci per mantenere il volo dell’ala sono compresi tra 0 e 30 gradi circa; all’aumentare dell’angolo di incidenza, l’ala aumenta la sua trazione (portanza) ma perde velocità perché aumenta anche la resistenza. Superato il limite dei 30° circa, il flusso d’aria sull’estradosso si rompe formando delle turbolenze che fanno perdere di colpo al kite la capacità di volare (stallo). Analogo risultato si ottiene quando l’angolo di incidenza diventa negativo e quindi l’ala riceve il vento sull’estradosso.

E’ molto importante conoscere il comportamento del kite al variare dell’angolo di incidenza. Se siamo agganciati al kite tramite il chicken-loop possiamo infatti agire sull’angolo di incidenza, e

portanza Forza Aerodinamica

Totale

vento relativo

resistenza

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questo ci permette di modificare la portanza del kite, quella che comunemente chiamiamo potenza o trazione.

Tirando il boma avviciniamo a noi il bordo di uscita della vela e l’angolo di incidenza aumenta: la vela risulterà più potente (maggior portanza), a scapito della velocità (maggior resistenza). Distendendo le braccia e allontanando da noi la barra l’angolo di incidenza invece diminuisce: la vela scarica parte della sua potenza, acquistando invece maggiore velocità. Lo stesso pilotaggio del kite sfrutta le conseguenze delle variazioni dell’angolo di incidenza: agendo sulle back lines possiamo infatti tirare verso di noi una delle estremità dell’ala: questa parte di ala diventa quindi più lenta perché riceve il vento con un angolo di incidenza maggiore rispetto alla parte opposta e la differenza di velocità tra le due semi-ali innesca la rotazione dell’ala stessa.

Il fenomeno per cui l’angolo di incidenza può variare lungo le due semiali prende il nome di svergolamento; kite più flessibili e con un disegno che permette un maggiore svergolamento avranno quindi una maggior velocità di rotazione. L’angolo di incidenza è quindi il principale strumento a nostra disposizione per controllare il kite. Dobbiamo tenerne conto anche per “trimmare” correttamente un kite, cioè per regolare il rapporto tra la lunghezza delle back e delle front lines. Uno degli errori più comuni è quello di continuare a “potenziare” il kite in caso di vento leggero: ma angoli di incidenza troppo elevati rallentano il kite (aumenta la resistenza) e ne facilitano lo stallo, rendendo ancora più difficile il pilotaggio del kite. In situazioni di vento leggero dobbiamo invece mantenere il kite veloce per poterlo muovere agilmente e sfruttare il vento apparente.

A seconda di alcune delle caratteristiche aerodinamiche i kite gonfiabili attualmente in commercio si dividono in:

C-KITE: sono stati in pratica i primi kite gonfiabili, quelli nati dal brevetto dei fratelli Legaignoux. Ne esistono a 4 o 5 linee, sono caratterizzati da una forma molto “campanata”, quasi a ferro di cavallo, e i cavi frontali sono collegati direttamente alle estremità del bordo di attacco. L bordo di uscita è convesso. Generalmente hanno una corsa del de-power più breve rispetto ai bow-kite e quindi hanno un range di utilizzo più limitato. La loro forma “compatta” invece li rende rapidi nelle rotazioni. Trovano particolare utilizzo nella specialità freestyle.

BOW KITE: anche il brevetto del bow kite si deve ai fratelli Legaignoux, ma in tempi più recenti, nel 2005. Rispetto ai c-kites hanno una forma ad arco molto più piatto, resa possibile dal fatto che le front lines si collegano a più punti della leading edge tramite una struttura di briglie e carrucole. In questo modo la differenza tra superficie reale e superficie proiettata è molto ridotta: questo permette ai bow-kite di essere leggeri, con meno resistenza di forma e di attrito rispetto ai c-kite. Generalmente il bordo di uscita è concavo. L’altra grande caratteristica di questi kite è quella di avere una corsa del de-power molto lunga, perché il profilo alare e la brigliatura permettono di agire maggiormente sull’angolo di incidenza: questo consente di poter annullare quasi completamente la trazione della vela soltanto lasciando la barra (total depower), di aumentare il

Tirando la barra a noi aumentiamo l’angolo di incidenza. Se rilassiamo le braccia e allontanando la barra l’angolo

di incidenza diminuisce.

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range di vento del kite e di gestire più facilmente condizioni di vento rafficato. Sono quindi kite molto adatti alle specialità race e slalom.

SLE-KITE: la sigla sta per Supported Leading Edge. Sono praticamente dei kite che intendono combinare le caratteristiche migliori di bow-kite e C-kite. Alcuni dei primi bow-kites infatti avevano mostrato qualche difetto, ad esempio dei fenomeni di torsione dovuti a profili troppo piatti e sottili. Sono quindi stati sviluppati kite dal profilo a C, sui quali viene montato un sistema di briglie a supporto della "leading edge" per aumentare l’efficienza del de-power. Per identificare questo tipo di kite viene spesso utilizzato anche il termine “ibrido”. MANUTENZIONE DEL KITE Prendersi cura dell’attrezzatura è importante per la sua durata nel tempo (e quindi per il maggior beneficio economico della scuola), ma soprattutto per la sicurezza dei nostri allievi, perché riduce il rischio di incidenti dovuti a rotture accidentali. Dobbiamo quindi essere scrupolosi nella cura della nostra attrezzatura: - non appoggiare il kite gonfio su superfici sconnesse, taglienti, o spinose che potrebbero

danneggiare il tessuto e forare i bladder; - non lasciare il kite gonfio sotto il sole o a temperature elevate; il sole, la salsedine e il continuo

sfregamento della sabbia deleteri; - se lavoriamo al mare, sciacquare in acqua dolce anche la barra, i cavi, le mute e i trapezi, e

farli asciugare al riparo dalla luce diretta del sole. - piegare i kite dopo averli sciacquati in acqua dolce ed asciugati facendo attenzione ad

eliminare sabbia, sassolini, conchiglie ecc. - riparare immediatamente anche i più piccoli taglietti nel tessuto o i fori nei bladder; I piccoli strappi o tagli sul tessuto del kite, possono essere riparati con dei ritagli di dacron o di spi tessuto adesivo, vi consigliamo di procurarvene di vario colore recandovi in una veleria o in un negozio specializzato. Stendete il kite su un piano, pulite bene la parte da riparare con alcool ed eliminate eventuali sfilacciamenti. Fate combaciare perfettamente i due lembi strappati e fissateli con del nastro adesivo di carta. Ritagliate due pezzi di tessuto adesivo sufficiente grandi da coprire lo strappo e applicate il primo pezzo sopra lo strappo, dalla parte opposta a quella dove avete messo il nastro di carta. Fate aderire bene il tessuto cercando di evitare che si formino pieghe. Applicate il tessuto adesivo anche sull’altro lato dopo aver tolto il nastro di carta. Se il taglio è di grandi dimensioni o se si trova sulle parti soggette a maggior tensione (bladder, leading edge, bordo di uscita) la tenuta dell’adesivo non basterà, dovrete cucire il tessuto. Per trovare piccoli fori nei bladder, gonfiatelo bene senza estrarlo dalla sua tasca e spruzzatelo con dell’acqua saponata: l’aria che fuoriesce dal foro formerà delle bolle e avrete un’idea approssimativa della localizzazione del buco. Sgonfiate il bladder ed estraetelo completamente dalla sua tasca, fissando prima un cavo alla valvola: il cavo rimarrà nella tasca e vi permetterà poi reinserire il bladder. Rigonfiate la camera d’aria (attenzione a non esagerare perché non è più protetta dalla tasca e può esplodere) e ripetete l’operazione con l’acqua saponata per localizzare esattamente il forellino. Cerchiate il foro con un pennarello indelebile. Asciugate il bladder, pulite la zona cerchiata con dell’alcool e strofinate molto leggermente con della carta abrasiva a grana molto sottile. Se il foro è piccolo basterà coprirlo con una pezzetta pre-incollata come quelle fornite con il kit di riparazione del kite. Se invece avete a che fare con uno strappo o un buco più grande causato da uno scoppio, dovrete ritagliare da un vecchio bladder una toppa abbastanza grande. Fissate bene sia la toppa che il bladder ad un piano di appoggio con del nastro adesivo, in modo che il materiale sia ben teso e non faccia grinze. Pulite e carteggiate anche la toppa. Applicate uno strato sottile e uniforme di colla apposita sia sul bladder che sulla toppa e attendete che sia quasi asciutta su ambedue le superfici. Staccate la toppa dal piano di appoggio e applicatela sul bladder premendo con cura e facendo in modo che non si crei nessuna grinza o bolla d’aria: meglio essere in due o tre persone per eseguire bene queste operazioni. Prima di reinsere il

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bladder riparato è consigliabile controllare la tenuta della riparazione, magari lasciandolo gonfio per qualche ora. Per reinserire la camera d’aria: sgonfiatela, cospargetela di borotalco, legate alla valvola il cavo che avevate fato passare nella tasca e poi tirate il cavo delicatamente fino al completo riposizionamento. Gonfiate lentamente il bladder appena reinserito e verificate che non ci siano pieghe o torsioni che potrebbero farlo esplodere.

Non è facile entrare nei dettagli del trimmaggio, perché ogni kite ha le sue caratteristiche particolari così come ogni rider ha le sue esigenze e i suoi gusti; in generale una buona regola è quella di regolare la lunghezza dei cavi in modo che con il kite allo zenit le back lines entrino in tensione solo quando tiriamo a noi la barra di qualche centimetro. In alcuni kite dovremo controllare anche il trimmaggio della quinta linea perché ha una funzione attiva di sostegno del leading edge. In questi casi il quinto cavo non deve essere troppo lungo perché il kite perderebbe un importante punto di sostegno e si deformerebbe sotto raffica con il caratteristico “effetto medusa” o “effetto polpo”, mentre un quinto cavo troppo corto farebbe assumere al kite una forma ad ali di gabbiano. Tra le operazioni di ordinaria manutenzione del kite, ricordiamo di verificare periodicamente la lunghezza delle linee, perché lo stiramento a cui sono sottoposte non è sempre uniforme. Agganciamo una estremità delle linee posteriori a un punto fisso (un picchetto, la barra di un cancello, una maniglia di una porta…) srotoliamole completamente e teniamo in mano l’altra estremità in modo che le linee siano sollevate da terra ma non in tensione: in questo modo potremo verificare se una delle linee fa una “pancia” maggiore dell’altra. Ripetiamo l’operazione con i cavi frontali.

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LE TAVOLE Quando questo sport era agli inizi, si modificarono delle tavole da surf e windsurf per poter navigare, creando una tavola con una prua (parte davanti) e una poppa (parte posteriore). In questo tipo di tavole direzionali le streps, cioè le fascette in cui infilare i piedi per mantenerci agganciati alla tavola, sono posizionate verso la poppa della tavola. Oggi invece per la comune pratica free-ride si utilizzano prevalentemente tavole bi-direzionali (twin-tip). Sono tavole simmetriche, quindi non dovremo cambiare posizione dei piedi negli streps nei cambi di direzione, perché prua e poppa alternano il loro ruolo. Esistono modelli con lunghezze attorno ai 160-140 centimetri ed un discreto volume, utili nelle fasi della partenza e delle prime planate. Queste tavole possono eseguire tutte le manovre, i cambi di direzione ed i salti delle loro sorelle minori risultando il miglior compromesso per chi inizia o per chi si vuol divertire in condizione di vento leggero. Chi è già esperto può utilizzare invece tavole lunghe 140-120 centimetri, dal volume ridotto. Il profilo sottile di queste twintips taglia le onde e rimane sempre “aggrappato” all’acqua dando sicurezza e controllo anche con vento forte, e durante il salto le ridotte dimensioni danno la sensazione di non aver nulla ai piedi. Con poco vento però si rischia di rimanere in spiaggia a guardare surfare chi possiede tavole di maggiori dimensioni… Anche la larghezza della tavola ha la sua importanza: in media le tavole twin-tips hanno larghezze che vanno dai 37 ai 40 centimetri. Si trovano in commercio anche tavole “mutant” che possono essere utilizzate come monodirezionali o bidirezionali a seconda di come vengono montate, oppure modelli appositamente studiati per l’uso nelle onde. Esistono poi tavole specifiche per le diverse discipline: se le tavole twin-tips sono quelle usate per il freestyle, troveremo invece dei veri e propri surfini per l’onda, tavole appositamente pensate per la velocità, e tavole direzionali ad alta galleggiabilità e con pinne molto pronunciate per le specialità su percorso (Race e Slalom).

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Il rocker è la curvatura della tavola: una curvatura accentuata è utile alla manovrabilità sulle onde, un rocker minore facilita la bolina. I rails sono i bordi della tavola: i profili molto sottili tagliano bene l’acqua, ma sono taglienti e quindi pericolosi in caso di cadute. Per la scuola è meglio scegliere modelli con rails arrotondati e non troppo sottili. Il leash è la cima con cui possiamo agganciare la tavola al nostro trapezio, per recuperarla facilmente dopo una caduta. Ad ogni nostra caduta il leash è soggetto a notevoli sollecitazioni e quindi deve essere molto resistente, e sono da preferire i modelli elastici o ammortizzati. Il leash va agganciato con a un’estremità della tavola (mai alla maniglia o alle streps), e rende necessario l’uso del casco, perché crea un effetto fionda che riporta la tavola verso l’uomo. Per questo motivo, è preferibile non utilizzare il leash e recuperare la tavola facendoci trainare dal kite a corpo libero. Gli streps, cioè le fascette in cui si infilano i piedi, hanno una notevole importanza sia per il nostro confort che per il controllo della tavola: in andatura devono poter trasmettere le pressioni delle varie parti del piede. Buone streps devono essere abbastanza avvolgenti, e aderire da metà delle dita fino al collo del piede, ma permettere comunque una certa libertà di movimento. Esistono streps regolabili che hanno il vantaggio di potersi stringere o allargare con facilità, senza dover essere smontate e rimontate. Sono perfette quindi per tavole che vengono usate da più persone o se si utilizzano spesso scarpette o calzari. Le pads sono i tappettini antisdrucciolo incollati o avvitati alla tavola dove appoggia il piede; ne troviamo di più o meno ergonomiche, e devono permettere al piede di aggrapparsi con fermezza ma anche di poter scivolare fuori con facilità a necessità. Gli stivaletti o “bendings” da wakeboard, per un kitesurf estremo, rendono il piede un tutt’uno con la tavola, scaricano parzialmente lo sforzo dalle caviglie e permettono di contrastare maggiormente la forza di aquiloni sovradimensionati. Sono però difficili da indossare e togliere, e in acqua queste operazioni diventano ancora più lunghe e complicate, mettendo a rischio la sicurezza di chi li usa. Qualche modello ha un sistema a leva che riduce di molto i tempi per bloccare i piedi all’interno e, ancora più importante, quelli per l’uscita del piede. Le pinette: normalmente sono realizzate in vetroresina o in carbonio. Vengono fissate sotto la tavola, alle due estremità (tips), per dare stabilità e direzione alla tavola. Solitamente sono 4, ma alcuni modelli di tavola ne montano 6 o 8.

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Equipaggiamento base:

casco, muta, salvagente e trapezio

L’EQUIPAGGIAMENTO

Oltre alle vele e alle tavole, completano l’equipaggiamento base del kiter il trapezio, la muta, il salvagente e il casco. Il trapezio è l’imbragatura con la quale saremo agganciati alla vela, e riceve tutte le sollecitazioni del kite trasmettendole al nostro corpo. Dovrà risultare assolutamente robusto e confortevole. Controllate in particolar modo che i sistemi di chiusura permettano di agganciarsi in modo rapido e sicuro. I modelli a seduta, con cosciali da agganciare anche intorno alle gambe, sono spesso da preferire nelle prime fasi dell’apprendimento in quanto non salgono fino al torace come spesso succede invece con i modelli a fascia. Al momento dell’acquisto i trapezi vanno sempre provati agganciandosi e simulando la trazione del kite per verificarne il confort. Accertiamoci che i cosciali non siano fastidiosi all’inguine e che il gancio di metallo non salga sopra le protezioni. Non sottovalutate mai l’importanza della muta: il nostro corpo perde continuamente calore per effetto dell’evaporazione del sudore, del vento e dell’acqua, e anche da esperti potremmo essere costretti a rimanere in acqua a lungo a causa di rotture impreviste dei materiali. La muta in neoprene è necessaria per proteggersi dal freddo, ma anche per attutire eventuali urti e abrasioni contro la tavola. Una muta della giusta taglia, confortevole e di buona qualità, ci permetterà di muoverci agevolmente e di rimanere sempre caldi, trasformando lo sport in puro divertimento. A seconda della temperatura dell’acqua, possiamo optare per una muta shorty con maniche e

gambe corte, o per una muta lunga che ci protegga anche braccia e gambe. Lo strato di neoprene è solitamente più spesso sul busto e più sottile su maniche e gambe, e viene indicato con dei numeri che rappresentano i millimetri di spessore: una muta 5/3 ha quindi 5 mm di neoprene su pancia e schiena, 3 mm su gambe e braccia. Alcune mute hanno cuciture e cerniere particolari che impediscono quasi totalmente all’acqua di penetrare, ma ovviamente perdono il loro potere isolante al primo taglietto. Possiamo prolungare la vita della nostra muta indossando sopra la muta stessa una maglietta di lycra e dei pantaloni leggeri. Piccoli taglietti o abrasioni si riparano abbastanza facilmente con prodotti appositi (neoprene liquido, colle speciali). Esistono anche tute stagne in goretex o altri tessuti, molto leggere, completamente impermeabili, sotto le quali è possibile indossare normali indumenti in felpa o pile, e che quindi permettono di affrontare anche temperature dell’acqua anche molto rigide.

In condizioni particolarmente fredde, si possono indossare sotto la muta speciali corpetti in neoprene, metallite o in altri tessuti isolanti, nonché guanti e calzari. Se abbiamo la fortuna di praticare kitesurf in zone tropicali o comunque dove la temperatura è davvero molto calda, possiamo fare a meno della muta, ma è necessario indossare dei pantaloncini e maglietta per proteggerci dal sole e dallo sfregamento del trapezio. Le magliette in lycra, ormai diventate un accessorio d’uso comune, sono nate proprio con lo scopo di proteggere dai raggi solari. Il giubbino salavagente è obbligatorio in quasi tutte le spiagge italiane. Scegliamolo del tipo omologato CE, anche per non incorrere in possibili multe. Un buon salvagente deve essere abbastanza aderente per non “ballare” troppo una volta in acqua, ma sufficientemente comodo per

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permetterci di respirare e muoverci liberamente. Ricordatevi di provarlo indossando anche il trapezio . Ci sono modelli studiati specificatamente per il kitesurf, con imbottiture che proteggono dall’impatto con l’acqua o con la tavola in caso di cadute, o con il trapezio incorporato. Elmetto o casco: al momento non esiste una norma generale che obblighi all’uso del casco, se non quella del buon senso: abbiamo già visto infatti che l’uso del casco diventa indispensabile quando si utilizza il leash di sicurezza della tavola. Alcune Capitanerie di Porto o amministrazioni locali hanno emanato delle ordinanze prescrivendone l’uso ai kiters.

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4. CENNI DI METEOROLOGIA

Conoscere come si originano venti e correnti, saper interpretare una carta del tempo e riconoscere i segnali premonitori di un cambiamento delle condizioni meteorologiche è di primaria importanza per chi come noi intende lavorare con il vento! La meteorologia è appunto la scienza che osserva e studia la massa gassosa che circonda la terra, con lo scopo di comprenderne i meccanismi e di prevederne le evoluzioni.

Cominciamo quindi a conoscere una serie di definizioni e di termini.

TEMPERATURA E GRADIENTE TERMICO

La temperatura, che si manifesta con le sensazioni a noi note di caldo e di freddo, esprime in realtà l'energia cinetica delle molecole di un corpo. L’unità di misura a noi più nota è la scala Celsius, che utilizza i gradi centigradi, e che è stata basata sulle temperature di congelamento e di ebollizione dell’acqua (rispettivamente 0°C e 100°C). Lo strumento che misura la temperatura è il termometro, che sfrutta la proprietà che le sostanze hanno di dilatarsi con il calore e di contrarsi con il freddo. Il calore può trasferirsi da una zona all'altra di una stessa sostanza o da un corpo all'altro in modi diversi. Per quanto riguarda il nostro pianeta, la principale fonte di calore è il sole, che si trasmette alla terra per radiazione o irraggiamento. Il trasferimento di calore per contatto diretto tra corpi di diverse temperature è detto invece conduzione: i primi metri di aria che si trovano sopra una zona di superficie terrestre più calda acquistano calore per conduzione. La convezione è invece il trasferimento di calore da una parte all’altra dello stesso fluido per mezzo di correnti verticali: in una giornata con intensa attività termica, gli strati di aria al di sopra dei 20-30 metri dal suolo si scaldano per convezione. L’avvezione: è concettualmente simile alla convezione, ma si verifica in orizzontale:se nella convezione il trasporto del calore avviene perché gli strati più caldi tendono a salire, l'avvezione necessita di una forza laterale che sposti le masse d'aria a diversa temperatura. Tale forza è il vento, che può quindi trasferire calore da una parte all'altra della superficie terrestre. Come abbiamo visto, la terra riceve calore dal sole, i cui raggi attraversano l'atmosfera e riscaldano il suolo per irradiazione; il suolo, a sua volta, riscalda l'aria che vi poggia sopra per conduzione; questa aria più calda sale e porta il suo calore agli strati più alti, che si scaldano quindi per convezione. Questi fenomeni sono responsabili del gradiente termico, cioè della progressiva variazione di temperatura, nell'atmosfera terrestre: l'aria è più calda negli strati bassi si va raffreddando gradualmente negli strati più alti. Anche se la diminuzione di temperatura varia da zona a zona e di giorno in giorno, si può affermare che, nelle zone temperate, la diminuzione media osservata è di 0,65° C ogni 100 metri. Questo (0,65°C/100m) è dunque il valore medio (e teorico) del gradiente termico verticale.

PRESSIONE E GRADIENTE PRESSORIO (BARICO)

E’ l’effetto di una forza agisce su una superficie. Quella atmosferica è dovuta al peso dell’aria stessa, e ha un valore medio di 760 mm di Mercurio (mm/Hg), misurata sul livello del mare. Un’altra unità di misura spesso utilizzata è il millibar (mb): 760 mm /Hg corrispondono a 1013 mb (per passare dalla prima alla seconda misura basta applicare un fattore di 4/3). Più recentemente ha fatto la sua comparsa un'altra unità di misura, che ha valore internazionale: il Pascal (Pa). Siccome si tratta di un'unità "piccola", viene più spesso usato l'ectopascal (hPa) pari a 100 Pascal. Per fortuna 1 ectopascal corrisponde ad 1 millibar, e le conversioni sono dunque molto semplici.

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Il barometro è uno strumento che misura la pressione. Pressione e temperatura sono strettamente interdipendenti: comprimendo un gas questo si scalda, mentre alleggerendo la pressione (dilatandolo) si raffredda. Naturalmente vale anche il contrario: riscaldando un gas aumenta la sua pressione e raffreddandolo questa diminuisce.

Possiamo facilmente intuire come la pressione atmosferica, che è dovuta al peso della colonna d'aria che ci sovrasta, diminuisca man mano che saliamo di quota. Ma la pressione può variare anche tra due zone che si trovano a parità di quota, per esempio per effetto di temperature diverse delle due regioni, perché l’aria calda è più leggera di quella fredda. Il rapporto tra la differenza di pressione tra due punti e la distanza che intercorre tra gli stessi è il gradiente barico.

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IL VENTO Il vento si genera per la tendenza dell'aria a ristabilire una situazione di equilibrio trasferendosi da una zona di maggior pressione ad una di minor pressione. Facciamo un esempio: le regioni equatoriali della terra sviluppano enormi quantità di aria calda, che tende a salire verso l’alto; sulle regioni polari invece l’aria è decisamente più fredda. Questo fenomeno provoca spostamenti di aria fredda dai poli verso le regioni più temperate, e di aria calda dall’equatore verso i poli, dando origine ai grandi venti. In modo analogo, poiché la terra assorbe facilmente le radiazioni solari e si scalda rapidamente mentre l’acqua tende a riflettere i raggi solari e a perdere calore per evaporazione, si creano differenze di temperatura tra l’aria che sovrasta il mare e quella che sovrasta la terra, che danno origine alle brezze di mare. Il vento quindi non è altro che un flusso d’aria che si trasferisce da zone di alta pressione a regioni di minor pressione. La sua intensità è direttamente proporzionale al gradiente barico; la sua direzione, che tenderebbe a congiungere direttamente i due punti, viene però deviata da fenomeni dovuti alla rotazione terrestre e all’attrito con la superficie sottostante. Torniamo ai nostri esempi: se la terra non ruotasse i grandi venti soffierebbero direttamente dalle regioni polari a quelle equatoriali. Invece i movimenti dell’aria vengono deviati a causa della rotazione terrestre: questo fenomeno fu analizzato da uno studioso chiamato Coriolis. L’azione combinata delle differenze di pressione e delle forze di Coriolis provoca ampi movimenti vorticosi dell’aria: i venti subiscono una deviazione verso destra nell'Emisfero Nord (detto anche Boreale) e verso sinistra nell'emisfero Sud (detto anche Australe).

Per convenzione la direzione del vento prende il nome dalla direzione di provenienza e, su questa base, i venti vengono classificati secondo la rosa dei venti, di antica memoria. Vi sono rappresentati i quattro punti cardinali, nord, sud, est e ovest, con altrettanti quattro punti intermedi che determinano le seguenti altre direzioni: nord-est, sud-est, sud-ovest e nord-ovest. In questi otto punti, è possibile raffigurarne altri otto: nord-nord-est, est-nord-est e via dicendo. I venti sono: Settentrione o Tramontana (da nord), Grecale (da nord-est), Oriente o Levante (da est), Scirocco (da sud-est), Mezzogiorno, Austro o Ostro (da sud), Libeccio (da sud-ovest), Occidente o Ponente (da ovest) e Maestrale (da nord-ovest).

I nomi dei venti principali derivano dalla loro direzione di provenienza, se teniamo conto che il centro della Rosa dei Venti viene convenzionalmente collocato nell'isola di Zante, sulla costa greca che si affaccia al Mar Ionio (Libeccio da Libia, Grecale dalla Grecia, Maestrale da Roma, chiamata anche città maestra…)

OFF SHORE

ON SHORE

SIDE SHORE SIDE SHORE

SIDE ON SHORE SIDE ON SHORE

SIDE OFF SHORE SIDE OFF SHORE

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Chi pratica lo sport del kitesurf senza disporre di un mezzo di recupero deve saper valutare attentamente la direzione del vento rispetto alla spiaggia, per poter rientrare a terra anche in caso di problemi. Sono quindi da privilegiare i venti side shore e side on shore. Chi è in grado di bolinare potrà uscire anche con vento on shore, mentre condizioni di vento side off shore o off shore possono mettere in difficoltà anche i più esperti in caso di problemi con l’attrezzatura. L'intensità del vento è direttamente proporzionale al gradiente barico, ed è stata classificata dall’ammiraglio inglese Beaufort secondo la seguente tabella.

Beaufort nodi

(knots) km/h m/s situazione segnali visibili

0 0 0 0 calma Mare liscio, a specchio Fumo che sale verticale

1 1-3 1-5 <2 bava di vento Piccole increspature senza cresta bianca

2 4-6 6-11 2-3 brezza leggera Increspature più evidenti Vento percepibile sul volto

3 7-10 12-19 4-5 brezza tesa Piccole onde con qualche cresta bianca Bandiere leggere che sventolano

4 11-16 20-28 6-7 vento moderato Onde piccole ma con “marosi” frequenti Si sollevano polvere e pezzi di carta

5 17-21 29-38 8-10 vento teso Onde moderate con schiuma e spruzzi Gli arbusti ondeggiano

6 22-27 39-49 11-13 vento fresco Onde più grandi con creste estese Rami grossi ondeggiano

7 28-33 50-61 14-16 vento forte Mare gonfio, la cima delle creste nebulizza Difficile camminare controvento

8 34-40 62-74 17-20 burrasca Onde di media altezza con grandi spruzzi Alcuni rami si rompono

9 41-47 75-88 21-24 burrasca forte Onde alte, visibilità ridotta Leggeri danni ai fabbricati (tegole, camini)

10 48-55 89-102 25-28 tempesta Onde alte, mare bianco di schiuma Alberi sradicati, danni ai fabbricati

11 56-63 103-117 29-32 tempesta violenta

Molto raro, a terra causa estese devastazioni

12 >64 >118 >33 uragano

Un utile strumento per misurare l’intensità del vento (cioè la sua velocità) è l’anemomentro.

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CICLONI, ANTICICLONI E FRONTI

I vortici di aria che ruotano intorno ad una zona di bassa pressione tentando di raggiungerne il centro sono detti cicloni; il movimento delle masse d’aria verso una zona di bassa pressione è detto di convergenza ciclonica e, nel nostro emisfero, i cicloni ruotano in senso antiorario, viceversa nell’emisfero Australe i cicloni ruotano in senso orario. All’interno di queste aree di bassa pressione il convergere dei venti verso il centro determina delle correnti d’aria ascensionali: l’aria salendo si raffredda, il vapore in essa contenuto si condensa e si formano quindi delle nubi che causano le precipitazioni tipiche delle basse pressioni.

Gli anticicloni sono invece enormi vortici di aria che si allontanano dalle zone di alta pressione spostandosi verso zone di minor pressione; questo movimento è detto divergenza anticiclonica. Nel nostro emisfero, a causa delle forze di Coriolis, la direzione di queste masse d’aria è deviato verso destra e quindi gli anticicloni girano in senso orario. Ovviamente nell'Emisfero Australe il senso delle rotazioni è invertito. Nelle aree di alta pressione, solitamente il gradiente barico è basso, e quindi i venti non sono forti. Si possono però formare delle buone brezze lungo le coste, perché l’alta pressione ostacola la formazione di nubi e il cielo sereno favorisce l’irraggiamento del suolo.

Come abbiamo già visto, le masse d’aria si spostano da aree di alta pressione a zone di minor pressione. Ne consegue che enormi masse d'aria, aventi diverse caratteristiche di temperatura, di pressione e di umidità (per esempio l'aria polare e l'aria equatoriale), vengono a contatto tra loro. Poiché le due masse d'aria si spostano in direzioni opposte, la superficie di contatto, detta anche superficie di discontinuità, è soggetta a continue e mutevoli spinte dell’aria calda e dell’aria fredda. Queste tensioni, sommate ai movimenti di origine gravitazionale, innescano delle ondulazioni più o meno ampie. Con una certa regolarità accade che una di queste onde, alimentata da una sufficiente differenza nella forza e direzione dei venti, aumenta fino a formare un "dente" di aria calda che si incunea nella massa fredda. Successivamente il dente si approfondisce ulteriormente fino a che il ciclone raggiunge lo stadio della piena maturità, caratterizzato dalla circolazione antioraria che abbiamo imparato a conoscere. Succede quindi che masse d'aria con temperature ed umidità molto differenti si inseguono reciprocamente. La linea di separazione tra due masse d’aria con caratteristiche termiche diverse si chiama fronte. La massa d’aria più calda che avanza sulla superficie terrestre è detta quindi fronte caldo. Viceversa, la massa di aria fredda che insegue il fronte caldo è un fronte freddo. I fronti freddi tendono ad avanzare con maggiore velocità dei fronti caldi. Pertanto accade che il fronte freddo va a “comprimersi” contro il fronte caldo antistante. Si parla in questo caso di fronte occluso.

A questo punto il ciclone esaurisce la sua energia e inizia a dissolversi. La stessa superficie di discontinuità che divideva le due masse d'aria iniziali ha, nel frattempo, generato altri cicloni che, staccatisi come trottole alla deriva, si rincorrono lungo traiettorie ben definite che dipendono dalla latitudine. Nelle nostre regioni, generalmente, tali enormi mulinelli si generano a Sud-Ovest, e vengono sospinti verso Nord-Est durante il loro ciclo vitale.

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Vediamo ora quali sono i fenomeni meteorologici legati alla formazione dei fronti. In presenza di un fronte caldo l’aria più leggera di quella fredda, tende a risalire lungo quella fredda. Nella salita l’aria si raffredda fino a condensarsi, dando origine a delle nubi che si estendono in orizzontale davanti al fronte per centinaia di chilometri. Le nubi a sviluppo prevalentemente orizzontale vengono classificate in base all'altezza alla quale si formano: le più basse, fino a 2500 metri di altezza, sono gli stati e i nembostrati che possono dare origine a precipitazioni, inizialmente deboli poi sempre più intense. Le nubi medie (altostrati) vanno invece da una quota di 200/2500 metri fino a 6000/7000 metri. Le nubi alte arrivano fino a 10.000/12.000 metri di altezza: a questa categoria appartengono cirrostrati e cirri. Le prime avvisaglie di un fronte caldo in arrivo sono quindi i cirri ed i cirrostrati che velano il cielo. Dal momento che queste nubi comportano sempre una maggiore o minore copertura del cielo sono in genere poco gradite dai kiter, perché diminuiscono i fenomeni termici generati dall’irraggiamento solare. Dopo di che il tempo evolve verso una copertura totale con pioggia moderata ma persistente. L'aria calda salendo raggiunge infatti il suo punto di rugiada; il vapore acqueo in essa contenuto condensa e precipita.

Viceversa, l’aria di un fronte freddo si incunea sotto quella calda sollevandola energicamente, le nubi che si formano sono quindi prevalentemente a sviluppo verticale (cumuli). I cumuli rappresentano infatti la sommità delle ascendenze termiche, che divengono visibili perché l'umidità in esse contenuta condensa da una certa quota in su. La fascia nuvolosa ha in genere una profondità di 200-300 km, e presenta dapprima dei cumuli misti a stratocumuli, a cui seguono densi cumuli imponenti e a volte anche cumulonembi, con conseguenti piogge di forte intensità e temporali.

Quando un fronte freddo raggiunge un fronte caldo dando origine a un fronte occluso, la massa di aria calda viene completamente sollevata dal suolo e raffreddandosi genera precipitazioni ed ampie coperture.

LE NUBI

Superficie terrestre

Aria calda

Aria fredda

Nembostrati

Altostrati

Cirrostrati Cirri Fronte caldo

Superficie terrestre

Aria fredda

Aria calda

Cumuli

Altocumuli

Cumulonembi Stratocumuli

Fronte freddo

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Le nubi sono formate di acqua sotto forma di goccioline o solidificata (aghi di ghiaccio). Il vapore acqueo infatti è sempre presente nell’aria ma è di per se trasparente, e diventa visibile solo quando condensa.

In relazione al rapporto tra dimensioni orizzontali e verticali, le nubi vengono distinte in:

Cumuliformi: sono caratterizzate da dimensioni orizzontali paragonabili ai loro sviluppi verticali Stratiformi: le dimensioni orizzontali sono nettamente prevalenti rispetto allo spessore verticale In genere le nubi stratiformi danno luogo a precipitazioni di debole o moderata intensità diffuse e spesso persistenti, mentre quelle cumuliformi sono associate a precipitazioni intense, anche violente ( grandine ), localizzate e di breve durata.

In base alla quota in cui si formano le nubi si possono distinguere in tre diverse fasce:

Famiglia Specie Sigla Altezza della base dal suolo Minima Massima

Nubi basse

Stratocumulus Sc Pochi metri

2000/2500 Stratus St

Nimbostratus Ns

Nubi medie Altocumulus Ac

2000/2500 6000/7000 Altostratus As

Nubi Alte

Cirrus Ci

6000/7000 10.000/12.000 Cirrocumulus Cc

Cirrostratus Cs

Discorso a parte va fatto per i Cumulonembi, che si formano nella fascia bassa, ma possono raggiungere, con il loro sviluppo verticale, tutte le tre fasce di nubi. Non sempre i passaggi da un tipo di nube all'altro sono netti, esistendo numerosissime forme intermedie, dalle caratteristiche miste; tuttavia vale la pena di riportare alcune note salienti per ognuna di esse: Stratocumuli: sono arrotondati, molto grossi, di apparenza morbida. Strati: piuttosto uniformi con la base opaca e grigia. Nembostrati: di aspetto scuro e pesante, provocano pioggia continuata o neve. Sono formati dal mescolamento di masse d'aria con caratteristiche differenti, oppure da altostrati che aumentano il loro spessore abbassando la base. Altocumuli: sono banchi formati da tante piccole nubi cumuliformi, in gruppi o file, a volte anche saldate tra loro; è il classico cielo a pecorelle con quel che segue (acqua a catinelle!). Altostrati: simili agli strati, ma più spessi e più alti, sono accompagnati, a volte, da pioggia o neve. Il cielo biancastro ricorda una massa lattiginosa: pioggia e niente termiche. Cirrostrati: formazioni molto alte e sottili, biancastre e semitrasparenti. Il sole è visibile (così come la luna) con un caratteristico alone: filtrano e riducono i raggi solari e la loro capacità di generare differenze termiche al suolo. Cirrocumuli: sono formati da piccoli fiocchi o batuffoli bianchi disposti in file o gruppi; ricordano agli altocumuli, ma, ovviamente, sono più alti e sono sempre accompagnati da cirri e da cirrostrati. Cirri: sono strie biancastre, sottili, semitrasparenti, molto alte. La forma caratteristica è quella di

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una striscia terminante con un ricciolo. Sono formati da aghi di ghiaccio a causa della temperatura molto bassa alla quale si formano.

Per quanto riguarda le nubi a sviluppo verticale (cumuli) ne esistono tre tipi.

Cumulus Humilis: è il tipico batuffolo bianco nel cielo azzurro, detto anche cumulo di bel tempo, ha una estensione verticale modesta.

Cumulus Congestus: nelle giornate di instabilità (quando c’è una rapida riduzione della temperatura con la quota) l’ascendenza termica che dà origine all'humilis può proseguire a lungo la salita prima di raggiungere aria di pari temperatura. La nube assume quindi una estensione verticale anche rilevante (1000 o più metri) e diviene scura alla base perché la luce del sole non riesce più a filtrare.

Cumulus Nimbus: è un’evoluzione del congestus. La base può partire a qualche centinaio di metri da terra e la sommità può raggiungere i 9-10.000 metri. A quella quota l'enorme massa d'aria ascendente incontra una zona di inversione termica che la frena, generando una tipica forma piatta, ad incudine: il cumulus nimbus racchiude nel suo interno pioggia, neve, grandine, fulmini e saette. Durante le fasi di sviluppo e di dissoluzione, inoltre, il nembo genera venti orizzontali anche molto violenti per il notevole richiamo di aria dalle zone circostanti. Morale: la semplice vista di un cumulo nembo deve indurre a sospendere qualsiasi attività di kite.

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ELEMENTI DI PREVISIONE DEL TEMPO

La capacità di osservare i fenomeni atmosferici e di prevederne le possibili evoluzioni è di primaria importanza per il nostro sport: con una attenta valutazione delle condizioni meteorologiche sarà infatti possibile fare kite in sicurezza senza rimanere sorpresi da fenomeni temporaleschi o da brusche variazioni del vento. I dati necessari ad una previsione di massima sono ormai pubblicati su tutti i quotidiani, e facilmente reperibili telefonicamente e via internet. Questi dati si possono suddividere in tre grosse categorie:

- condizioni osservate (il passato). - condizioni rilevate al momento (il presente). - condizioni previste (il futuro).

Spesso i kiter devono fare i conti con situazioni locali particolari, oltre che con quelle generali riportate nei bollettini. Assumono allora importanza:

- la conformazione orografica della regione: ne è un esempio il fenomeno di Stau e Föhn visto prima, che interessa la pianura padana ed è determinato dalla catena alpina;

- gli aspetti geologici: è evidente che ampie pianure umide reagiranno diversamente da zone aride o rocciose agli stessi cambiamenti atmosferici;

- le condizioni termiche prevalenti (latitudine): le termiche invernali di cui godono i nostri colleghi siciliani sono praticamente sconosciute nel Nord Italia.

In pratica, vige la regola: più dati si hanno meglio è, e questo vale soprattutto per quanto riguarda la continuità di osservazione. Vale dunque la pena di abituarsi a leggere le previsioni e ad osservare la successiva evoluzione reale dei fenomeni, poiché soltanto in questo modo si può sviluppare la capacità previsionale. Ecco comunque qualche consiglio pratico: - la pressione in aumento è indice di miglioramento delle condizioni del tempo; - la pressione in diminuzione è segno di peggioramento; - la rotazione del vento in senso orario fa prevedere miglioramenti; - la rotazione del vento in senso antiorario è sintomo di peggioramenti; - con venti dal quadrante settentrionale in genere la pressione è alta; se si nota una diminuzione

di pressione, probabilmente il vento tenderà a provenire da est e sarà di breve durata ma intenso se il calo di pressione è veloce; il vento soffierà a lungo se il barometro scende lentamente;

- un alone intorno al sole o alla luna sono segni premonitori di un fronte caldo in arrivo e quindi di peggioramento del tempo;

- una graduale copertura del cielo con cumuli cirroformi (il classico cielo a pecorelle) indica un fronte caldo in avvicinamento e quindi imminente peggioramento (pioggia a catinelle!)

- una inversione della temperatura in quota è causa di persistenti nubi stratificate che impediscono l’insolazione e ostacolano la formazione delle brezze.

LE CARTE DEL TEMPO

Per carta del tempo si intende una carta geografica limitata ai contorni dei continenti su cui sono riportati i principali fenomeni atmosferici, le temperature, le isobare, i fronti. La carta si riferisce alle condizioni atmosferiche dominanti in una certa ora di un dato giorno.Le linee leggere e continue che appaiono sulle carte sono le isobare (dal greco isos, uguale e bar, peso), ossia le linee che congiungono i luoghi che presentano, ad una stessa ora, la stessa pressione riportata a livello del mare; esse sono accompagnate ciascuna da un numero che indica il valore della pressione espresso in millibar o H Pa.

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Le isobare formano figure più o meno concentriche che delimitano determinate aree. In alcune aree la pressione va crescendo fino ad un massimo che ne costituisce il centro, mentre in altre la pressione diminuisce fino ad un minimo, detto minimo depressionario. Le prime vengono dette aree di alta pressione, le seconde aree di bassa pressione. Il centro dell’alta pressione viene contraddistinto con la lettera H (high=alta) o con la lettera A in italiano, mentre il centro di bassa pressione con la lettera L (low =bassa) o con la lettera B in italiano. L’area di bassa pressione viene definita anche area ciclonica, ciclone, o area depressionaria o depressione. L’area di alta pressione è chiamata anche area anticiclonica o anticiclone associandolo ai luoghi in cui preferibilmente si forma o staziona (es.: anticiclone delle Azzorre).

Abbiamo già visto come l'aria tenda a trasferirsi da zone di alta a zone di bassa pressione con movimenti rotatori ben definiti: per conoscere la direzione dei venti prevalenti sarà sufficiente ricordare che essi scorrono quasi paralleli alle isobare e che hanno un'intensità grossomodo proporzionale alla differenza di pressione esistente; in pratica, se le isobare (generalmente tracciate ad intervalli di 4 mb) sono molto fitte, il vento sarà forte, se sono diradate il vento sarà debole.

Oltre a queste configurazioni, sulle carte si possono formare figure particolari.

Nell’ambito dell’alta pressione, si usa chiamare “promontorio” quelle zone di alta pressione le cui isobare non si chiudono intorno al massimo e che si protendono come a formare un promontorio geografico. La figura esattamente opposta, che riguarda la bassa pressione, si chiama “saccatura. Mentre il promontorio ha una curvatura generalmente dolce, le curve descritte dalla saccatura somigliano a una V. Un altro termine adoperato è “sella” ed indica un’area posta tra due alte e due basse. Infine si adopera il termine “pendio” quando le isobare assumono un andamento parallelo e degradano regolarmente, in una data area, dall’alta alla bassa pressione.

Sulle carte del tempo i fronti si identificano con linee più spesse che stanno ad indicare il contatto al suolo fra masse d’aria con caratteristiche termiche differenti. Sulle linee che rappresentano il fronte più avanzato di una massa d’aria fredda (fronte freddo) vi sono dei triangoli con la parte rivolta nel verso del movimento delle masse d’aria. Sulle linee che rappresentano il fronte più avanzato di una massa d’aria calda (fronte caldo) appaiano invece dei semicerchi, anch’essi rivolti nella direzione di movimento delle masse d’aria. Le linee in cui si alternano semicerchi e triangolini stanno ad indicare i cosiddetti fronti occlusi, che possiedono caratteristiche sia del fronte freddo che del fronte caldo.

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GLI EFFETTI DEL VENTO SULL’ACQUA: LE ONDE

Escludendo cataclismi come maremoti, smottamenti, ecc. le onde sono generate per l’attrito del vento sulla superficie dell’acqua: inizialmente si formano piccole increspature che poi si accavallano l’una all’altra fino a formare delle onde che si dispongono più o meno trasversalmente al vento e finiscono quindi col propagarsi all’incirca nella stessa direzione. A seconda della direzione del vento, vengono quindi generati treni di onde che seguono quella direttrice e che di fatto costituiscono la mareggiata, chiamata swell in Inglese. Le onde crescono fino a raggiungere una altezza massima che dipende dall’intensità del vento, ma anche dalla durata del vento stesso e dalla superficie di mare interessata dall'azione del vento stesso (fetch). Ma non sempre le onde crescono lungo tutta l’area del fetch; spesso infatti raggiungono l’altezza massima dopo averne percorso solo un tratto. Viene chiamato quindi “fetch minimo” la lunghezza minima della superficie d’acqua su cui il vento deve agire per sviluppare le onde fino all’altezza massima: raggiunta questa altezza le onde continueranno a propagarsi nella direzione del vento lungo il resto del fetch, mantenendo pressoché costante la loro altezza. Può anche capitare che la superficie d’acqua su cui soffia il vento non sia abbastanza estesa da permettere alle onde di raggiungere la loro massima intensità (per esempio nei laghi, su mari chiusi); in pratica in questi casi il fetch effettivo è minore del fetch minimo.

Quando il vento che le alimenta viene a cessare le onde, si attenuano gradualmente, più velocemente se si sono formate da poco, lentamente se sono già sviluppate, e pendono il nome di onde morte o di onde lunghe.

Fino ad ora abbiamo parlato dell’altezza delle onde, intesa come distanza verticale tra una cresta e il cavo successivo. In base alla loro altezza, le onde sono classificate secondo la scala Douglas.

Forza Descrizione del mare Altezza media delle onde (in

metri)

0 Calmo, mare a olio 0

1 Quasi calmo, con increspature 0 – 0,1

2 Poco Mosso (con ondicelle) 0,1-0,5

3 Mosso 0,5 – 1,25

4 Molto mosso 1,25 – 2,5

5 Agitato 2,5 – 4,00

6 Molo agitato 4,00 – 6,00

7 Grosso 6,00 – 9,00

8 Molto grosso 9,00- 14,00

9 Tempestoso Oltre 14

Oltre all’altezza, ci sono però altri fattori che ci permettono di valutare la forza di una mareggiata. La lunghezza dell’onda è la distanza tra una cresta e la successiva, mentre il periodo è il tempo che intercorre tra una cresta e l’altra. Mareggiate con periodo breve danno luogo ad onde più ripide ma proprio per questo più suscettibili al decadimento dovuto a vento contrario, a correnti, o a mareggiate con direzione opposta. Mareggiate con periodo elevato scatenano una forza maggiore sotto la superficie del mare. Le onde prodotte da tali swell sono meno ripide ma tendono a mantenere gran parte della propria energia anche per migliaia di Km. Maggiore è quindi il periodo della mareggiata, più energia è stata trasferita dal vento sul mare e più se ne accumula poi sotto la superficie. Possiamo inoltre parlare di velocità di propagazione dell’onda, intesa come il rapporto tra la lunghezza e il periodo. Occorre però chiarire che la velocità di una singola onda non è la stessa di quella di un treno di onde, perché i vagoni di questi treni, di fatto formati da ciascuna onda, tendono a scambiarsi continuamente di posizione. La prima onda della mareggiata tende a rallentare, per essere scavalcata dalla seconda e passare dietro al gruppo, poi ciò viene fatto dalla

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seconda e così via. Questo concetto può sembrare piuttosto difficile da comprendere ma risulterà chiaro se pensiamo all’esempio di un gruppo di ciclisti che si scambiano di posizione a rotazione, con una certa velocità relativa di ciascuno rispetto agli altri in questo movimento di scambio costante. D’altro canto il gruppo si muove in avanti e quindi a questa velocità relativa va sommata quella di movimento del gruppo per ciascun ciclista, cioè per ciascuna onda.

Man mano che le onde si avvicinano a terra, la profondità dell’acqua diminuisce, e le onde finiscono col diventare sempre più ripide fino a frangere. L’onda inizia a frangere quando la profondità dell’acqua è pari all’altezza dell’onda moltiplicata per 1,3. Quindi un’onda di 2 metri, ad esempio, inizierà a frangere a 2,6 metri di profondità. Naturalmente questa è una regola generale, perché molto dipende dalla conformazione del fondale, responsabile del fenomeno noto come rifrazione. Per esempio, la presenza di reef amplifica notevolmente l’altezza delle onde concentrandole ed aumentandone la velocità con cui frangono, mentre fondali che degradano dolcemente tenderanno a produrre onde lente e meno potenti. I wave spot più famosi al mondo devono in effetti tutta la loro fama alla conformazione del fondale che funge da vero e proprio amplificatore dell'energia scatenata da una mareggiata. Vale la pena sottolineare che il fenomeno dei frangenti è uno dei pochi casi in cui l’onda comporta un rilevante spostamento orizzontale di acqua. Il normale moto ondoso infatti è essenzialmente un abbassarsi e alzarsi dell’acqua, senza un reale avanzamento. Fenomeni che invece causano grossi spostamenti orizzontali di acqua sono invece le correnti e le maree.

Esistono correnti superficiali, temporanee e localizzate, dovute all’attrito del vento sulla superficie dell’acqua, ma esistono anche grandi correnti che spostano intere masse di acqua all’interno di ineri mari ed oceani. Queste correnti sono dovute alla differente densità che l’acqua assume in varie zone, sia per ragioni termiche che per composizione, e sono stagionali o permanenti. Altre volte le correnti sono strettamente legate alle maree e pertanto sono periodiche. Le correnti possono raggiungere velocità anche di 3 o 4 nodi.

Le maree si producono invece per effetto dell’attrazione gravitazionale esercitata sull’acqua del mare da sole e luna, e si ripetono quindi aritmicamente. In genere si alternano due progressivi innalzamenti e due abbassamenti della superficie marina in un periodo di 24 ore e 48 minuti. Questo tipo di marea è detto semidiurno, in quanto c’è un’alternanza di alta e bassa marea ogni mezza giornata, ed è il tipo di marea predominante nel Mediterraneo. Esistono però zone in cui si ha una sola alternanza di alta e bassa marea al giorno (marea di tipo diurno) e anche zone in cui alle maree di tipo semidiurno in alcuni giorni del mese si sostituiscono maree ad andamento diurno. L’intensità delle correnti di marea è proporzionale all’ampiezza della marea, cioè alla variazione del livello del mare tra un’alta e una bassa marea. In alcune zone, per esempio sulla coste della Manica, si hanno ampiezze massime che superano i 15 metri. In mediterraneo i valori massimi si raggiungono nell’Alto Adriatico, dove si raggiungono valori superiori al metro. Le correnti di marea sono i movimenti orizzontali dell’acqua che fluisce verso le zone dove il livello del mare si innalza e defluiscono invece dalle zone dove il livello del mare si abbassa. Le correnti di marea assumono particolare intensità in presenza di stretti, di lagune, e in generale ovunque l’acqua viene convogliata in spazi ristretti. In una stessa zona possono agire contemporaneamente diverse correnti che quindi si influenzano tra loro per intensità e direzione; possono inoltre subentrare altri fattori: la presenza di estuari di grandi fiumi, correnti superficiali date dal vento, la conformazione del fondale... L’attenta osservazione dei fenomeni superficiali, la pratica locale, e la conoscenza delle maree ci aiuteranno a stimare l’intensità della corrente.

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1. PRIMA LEZIONE

OBIETTIVO DELLA LEZIONE Portare gli allievi alla conoscenza delle principali nozioni di aerodinamica legate alla pratica del kitesurf e al corretto pilotaggio di un kite a due cavi senza trazione. L’utilizzo dell’aquiloncino è utile per l’esplorazione completa della finestra del vento, anche nelle zone di maggior potenza, in totale sicurezza. L’approccio dell’allievo con l’attrezzo è quindi rilassato e tranquillo e facilita l’apprendimento delle tecniche di pilotaggio.

NUMERO DI ALLIEVI E DURATA DELLA LEZIONE E’ consigliabile effettuare la lezioni con gruppi da 3 a 8 allievi. Per completare il programma della lezione sono necessarie circa 2 ore, a seconda del numero degli allievi.

PROGRAMMA DELLA LEZIONE

vento e andature cenni di aerodinamica finestra del vento primi esercizi con il kite

N.B. A seconda delle condizioni meteorologiche, dell’intensità del vento o delle esigenze organizzative della scuola è possibile iniziare la lezione con gli esercizi di pilotaggio del kite e poi dedicare un po’ di tempo alla teoria, oppure fare prima un briefing teorico per passare poi alla pratica, o addirittura alternare momenti di teoria ed esercitazioni con l’aquilone.

MATERIALE NECESSARIO

Attrezzatura da preparare prima dell’inizio della lezione:

- degli aquiloncini a cassoni a due cavi da 1 a 3 metri quadrati, almeno uno ogni 2 allievi - un aquilone a cassoni a due cavi da 3 a 5 metri quadrati - lavagna e gessetti, o carta e penna - un piccolo simulatore kite

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Come abbiamo anticipato nello schema riassuntivo, in questa prima lezione è possibile introdurre la spiegazione delle principali nozioni legate al vento durante l’esecuzione degli esercizi con l’aquilone, oppure dedicare due momenti separati alla teoria e alla pratica. La scelta dipenderà soprattutto dalle condizioni meteo o dalle necessità organizzative della scuola. Per permettervi di ritrovare facilmente gli argomenti, in questa guida abbiamo comunque separato la parte teorica dalle esercitazioni pratiche. Nelle prossime pagine trovate quindi le principali nozioni riguardanti il vento e le andature, che dovrete trasmettere ai vostri allievi durante la prima lezione.

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CONSIGLI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE Un istruttore esperto che insegna da tanti anni non avrà bisogno di prepararsi alla lezione con degli appunti scritti, ma per chi è alle prime esperienze di insegnamento è molto utile pianificare attentamente la lezione e affrontare eventuali problemi prima ancora dell’inizio della lezione stessa. Per una rapida ma efficace verifica dell’organizzazione della lezione, chiedetevi sempre: CHI Presentandovi ai vostri allievi chiedete i loro nomi, e cercate di acquisire informazioni sui loro requisiti fisici (età, esperienze in altri sport, forma fisica), e sul loro atteggiamento nei confronti del corso (motivazioni, stato d’animo del momento, ansie). Quando vi rivolgete agli allievi siate sempre cortesi e simpatici ma non invadenti. COSA Se non siete più che sicuri di avere memorizzato perfettamente la scaletta degli argomenti, fatevi uno schema scritto con i contenuti della lezione. COME Stabilite quali metodi di insegnamento volete utilizzare e verificate di avere a disposizione gli strumenti e gli aiuti didattici che vi possono servire. QUANDO Verificate che le condizioni meteo siano adatte per effettuare gli esercizi pratici e durante la lezione controllate i tempi a disposizione, sia i vostri che quelli degli allievi. PERCHE’ In ogni momento della lezione, abbiate sempre chiaro l’obiettivo finale della lezione, perché a volte è possibile raggiungerlo anche con percorsi diversi da quelli qui indicati. Un buon istruttore è quello che sa personalizzare la lezione, adattandosi ogni volta agli allievi, alla situazione e ad eventuali imprevisti.

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VENTO E ANDATURE

Per praticare kitesurf è necessario saper riconoscere intensità e direzione del vento. Per individuare la direzione del vento abituiamo gli allievi a osservare vari segnali: il fumo dei camini, il movimento degli alberi, le increspature delle onde, lo sventolio delle bandiere, la forma delle nuvole… Per misurare l’intensità del vento, cioè la sua velocità, si utilizza uno strumento chiamato anemometro. Con l’esperienza si riesce però a valutare da soli la velocità del vento con buona approssimazione. La tabella qui sotto aiuta a riconoscere l’intensità e le diverse unità di misura del vento, e consiglia una misura di kite adatta alla condizione.

Beaufort nodi (knots) km/h m/s situazione misura kite*

0 0 0 0 calma

1 1-3 1-5 <2 bava di vento

2 4-6 6-11 2-3 brezza leggera

3 7-10 12-19 4-5 brezza tesa 18 mq – 12 mq tavole ad alta galleggiabilità

4 11-16 20-28 6-7 vento moderato 16 mq – 10 mq

5 17-21 29-38 8-10 vento teso 14 mq – 8 mq

6 22-27 39-49 11-13 vento fresco 12 mq – 6 mq

7 28-33 50-61 14-16 vento forte 10 mq – 6 mq

8 34-40 62-74 17-20 burrasca 8 mq – 4 mq

9 41-47 75-88 21-24 burrasca forte

10 48-55 89-102 25-28 tempesta

11 56-63 103-117 29-32 tempesta violenta

12 >64 >118 >33 uragano

* Le misure di kite nella tabella sono puramente indicative. Kite della stessa taglia ma di modelli differenti possono aviluppare trazioni diverse. Tra tante marche, modelli e taglie non è sempre facile scegliere il kite adatto: un buon istruttore è anche quello che sa consigliare l’attrezzatura migliore al proprio allievo.

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Nella tabella sono evidenziati con colori diversi i “range” (intervalli) di vento “kitabili”:

al di sotto dei 7 nodì è difficile tenere in volo un’ala gonfiabile; non avete proprio niente altro da fare?

tra i 7 e 10 nodi di vento atmosferico siamo al limite della possibilità di far volare un kite, dovremo sfruttare al massimo la velocità del kite, e soprattutto usare una tavola di grandi dimensioni, che ci faciliti la planata e sostenga parte del nostro peso “togliendolo” al kite;

tra gli 11 e i 16 nodi siamo nelle condizioni perfette per l’apprendimento e la pratica del kitesurf; a seconda del nostro peso, del nostro livello di esperienza e della grandezza della tavola possiamo scegliere kite a C di dimensione variabile tra i 18 e i 14 metri quadrati o bow kite tra i16 e i 10.

all’aumentare dell’intensità del vento, dovremo scegliere taglie più piccole: tra i 17 e i 21 nodi possono andare bene kite a C tra i 16 e i 10 metri quadrati o tra i 12 e gli 8 metri per i bow-kite, sempre considerando anche il nostro peso e la tavola utilizzata;

oltre i 22 nodi dobbiamo diminuire ancora la taglia della vela: l’ala diventa molto veloce e reattiva, la potenza può essere difficile da gestire; sono condizioni adatte a piloti con una certa esperienza;

tra i 28 e i 33 nodi la situazione diventa ancora più difficile, ed è necessario valutare molto attentamente l’eventualità di praticare lo sport;

8 Beaufort, tra i 34 e i 40 nodi: sono condizioni da considerarsi non “kitabili”, rendono lo sport estremo, per pochi professionisti… o pazzi!

A proposito di scala Beaufort: nei paesi nord europei viene utilizzata comunemente questa unità di misura. Chi pratica parapendio invece è abituato a ragionare in termini di km/h, mentre i velisti spesso misurano l’intensità del vento in m/s o in nodi… Nel mondo kite si tende ad utilizzare prevalentemente quest’ultima unità di misura, ma vale la pena sicuramente saper convertire, almeno con una certa approssimazione, un’intensità misurata in nodi nelle altre scale. Per ottenere dalla misura in nodi quella in km/h bisognerà all’incirca raddoppiare il valore, mentre per avere l’equivalente in m/s possiamo dimezzarlo. Così 10 nodi sono circa 20 km/h, e grosso modo 5 m/s. Calcoliamo infine circa 4 nodi per ogni grado Beaufort: 10 nodi rientrano quindi in 3 Beaufort.

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Ogni volta che arriviamo sulla spiaggia, oltre che l’intensità, dobbiamo individuare la direzione del vento e valutare quindi l’opportunità di praticare lo sport, in base anche al nostro livello di esperienza.

Le condizioni ideali per praticare kitesurf sono quelle in cui il vento soffia leggermente inclinato dal mare verso terra (side on shore): in questa situazione anche se dovessimo perdere la tavola o rimanere a mollo con la vela in acqua, il vento stesso ci riporterà verso terra. Anche il vento parallelo alla spiaggia (side shore) è una buona condizione per le nostre uscite. In questo caso però dobbiamo tener conto che se la vela ci dovesse cadere e non fossimo in grado di farla ripartire, il vento tenderebbe a trascinarci parallelamente alla spiaggia: per rientrare a terra dobbiamo quindi mantenerci abbastanza vicini alla costa e conoscere le basilari tecniche di rientro di emergenza (self rescue). E’ possibile trovare turbolenze nelle fasi di partenza da terra se lungo la spiaggia ci sono grossi ostacoli (scogliere, edifici…). Il vento che soffia leggermente inclinato da terra verso il mare (side off shore) tende a portarci al largo: possiamo avventurarci in acqua se ci troviamo in un golfo e siamo quindi sicuri di raggiungere comunque terra, o se siamo assistiti da un mezzo di recupero. Con vento che viene a 90° da mare verso terra (on shore) è necessario essere molto tecnici e saper bolinare: calcoliamo inoltre che fin quando non ci saremo allontanati abbastanza, il nostro kite volerà sulla spiaggia, che in questo caso dovrà essere assolutamente deserta e priva di ostacoli. E’ assolutamente pericoloso entrare in acqua con il vento che soffia da terra verso il mare (off shore) se non abbiamo un mezzo di recupero.

Ora che conosciamo un po’ il vento, impariamo alcuni termini che ci saranno utili per identificare la posizione tra due o più oggetti rispetto alla sua direzione:

sopravento (upwind): è tutto quello che viene colpito dal vento per primo, perché si trova più vicino al punto di provenienza del vento stesso;

sottovento (downwind): è tutto ciò si trova più lontano rispetto al punto di provenienza del vento;

OFF SHORE

ON SHORE

SIDE SHORE SIDE SHORE

SIDE ON SHORE SIDE ON SHORE

SIDE OFF SHORE SIDE OFF SHORE

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In tutti gli sport velici risulta sempre più facile muoversi nella direzione del vento piuttosto che risalirlo. Se partiamo dalla spiaggia abbiamo però l’esigenza di rientrare a terra il più vicino possibile al punto da cui siamo partiti, e diventa quindi necessario cercare di perdere meno spazio possibile nella direzione del vento, e imparare a muoversi in tutte le direzioni. Il traverso è l’andatura a 90° rispetto alla direzione del vento, e sarà l’obiettivo dei nostri primi bordi, anche se in realtà scarrocceremo e non riusciremo a rientrare a terra nello stesso punto dal quale siamo partiti. L’andatura più importante, quella che quindi ci rende davvero autonomi nella navigazione perché ci permette di ritornare a terra nel punto di partenza, è la bolina, cioè la capacità di risalire il vento. Con il kite, come con qualsiasi sistema di propulsione a vela, è impossibile muoversi controvento, ma possiamo raggiungere un punto sopravvento bordeggiando, cioè alternando dei tratti (lati) di bolina a destra e a sinistra, mantenendo un angolo con il vento di circa 45 gradi. Quando passiamo da un lato all’altro, effettuiamo un cambio di direzione, o transizione (transition). Nell’ andatura di poppa ci si muove nella stessa direzione in cui soffia il vento. L’andatura intermedia tra il traverso e la poppa prende il nome di lasco. Lo scarroccio è quel fenomeno che ci fa “derapare” involontariamente sottovento rispetto alla traiettoria voluta, ed è dovuto al fatto che la forza di trazione del kite agisce lungo una direzione diversa da quella della nostra andatura. Scarrocciamo anche quando stiamo con la vela ferma sopra la testa, per esempio nella preparazione alla partenza, situazione che ci fa perdere molto spazio quando siamo inesperti e impieghiamo parecchio tempo in queste fasi. Solo con l’esperienza riusciremo a limitare lo scarroccio opponendo resistenza con la tavola. Come vedremo più approfonditamente in seguito, per ogni andatura gestiremo il kite e la tavola in modo diverso. Anche la nostra velocità cambierà a seconda dell’andatura.

Impariamo altri termini che utilizzeremo spesso: poggiare vuol dire modificare la nostra direzione aumentando l’angolo rispetto al vento. Per esempio si poggia per portarsi dalla direzione di traverso a quella al lasco; orzare invece significa stringere l’angolo verso il vento, per esempio passando dal traverso alla bolina. Quando ci muoviamo con il kite alla nostra destra, si dice che navighiamo mure a dritta, quando invece ci muoviamo tenendo il kite a sinistra, siamo mure a sinistra.

POPPA

LASCO

TRAVERSO TRAVERSO

LASCO

BOLINA BOLINA vento reale

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CONSIGLI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE E’ stato sperimentato che in qualsiasi tipo di comunicazione la quantità di nozioni realmente apprese e memorizzate dal ricevente può variare molto a seconda del tipo di stimolo ricevuto, e in particolare: leggere fa conservare il 10% dei dati ricevuti ascoltare fa conservare il 20% vedere fa conservare il 30% vedere e ascoltare fanno conservare il 50% ascoltare e discutere fanno conservare il 70% ascoltare e fare fanno conservare il 90% Dai dati della tabella si capisce intuitivamente che il processo di apprendimento con il solo ascolto è poco efficace. Cerchiamo quindi di utilizzare il maggior numero possibile di materiali e strumenti che aiutino l’allievo a raggiungere gli obiettivi programmati. Facciamo qualche esempio: se gli allievi non hanno precedenti esperienze con altri sport velici, può essere difficile per loro capire i concetti legati alle andature e memorizzare i termini tecnici. Si può facilitare molto il loro apprendimento e rendere la lezione più coinvolgente utilizzando diversi canali di trasmissione: disegni, schemi, video, o altri strumenti. Delle semplici barchette di carta potranno aiutarli a far comprendere le andature. Una volta che ne avete spiegato il significato, usate sempre i vocaboli tecnici (quelli evidenziati in grassetto) perché gli allievi si abituino al loro utilizzo. Per mantenere alta la soglia di attenzione, cercate di rendere la lezione coinvolgente e affidate dei compiti agli allievi per renderli partecipi (esempio: camminare di traverso al vento). Verificate sempre che gli allievi abbiano effettivamente recepito le vostre informazioni (feed-back), facendo agli allievi delle domande che richiedano una risposta articolata o un ragionamento (esempio: osserva quella barca a vela, che andatura sta tenendo?) Ricordate che la soglia di attenzione dei vostri allievi ha una durata limitata: se possibile alternate la teoria agli esercizi, oppure fate delle brevi pause ogni 20 minuti circa.

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CENNI DI AERODINAMICA

Andiamo ora a spiegare agli allievi quali sono gli effetti del vento sul volo del kite. Kite tradotto dall’inglese significa semplicemente aquilone (cerf volant in francese) ma i nostri allievi devono comprendere che quello che andranno ad utilizzare non è certo il classico aquilone con cui giocavano da bambini, ma un vero e proprio attrezzo sportivo. Opportunamente manovrato, il kite può generare una forza tale da sollevare una persona con facilità, così come può rimanere stabile, in attesa di un comando, senza sviluppare trazione. Esistono kite a cassoni (foil), simili a vele da parapendio. Sono costituiti da varie celle che si gonfiano per effetto del vento che entra da apposite bocche. Le ali a cassoni una volta in volo mantengono la loro forma grazie a un sistema di briglie, a cui si collegano 2 o 4 cavi per il pilotaggio. La loro leggerezza li rende in grado di volare anche con vento molto leggero. Sono ali perfette per essere utilizzate a terra, per esempio per praticare buggy o kitesnow, ma anche per i nostri primi esercizi. In acqua invece si utilizzano prevalentemente i kite gonfiabili.

Come il nome stesso suggerisce, queste ali sono caratterizzate da una struttura di camere d’aria (bladders) che vengono gonfiate prima di utilizzare la vela e le conferiscono rigidità e stabilità di forma. I kite gonfiabili hanno permesso la grande diffusione del kitesurf, grazie alla loro facilità di rilancio dall’acqua e alla maggior semplicità di gestione.

Perché il vento fa volare il kite? Il flusso d’aria che colpisce il kite si separa incontrando il bordo frontale, o bordo di attacco: una parte scorre sulla superficie superiore (estradosso) e la restante scorre lungo la superficie inferiore (intradosso), per ricongiungersi sul bordo di uscita. A causa del profilo dell’ala, l’aria che scorre sulla superficie superiore si ritrova a dover percorrere più strada, ed accelera per riunirsi con l’aria sottostante sul bordo di uscita. Per l’effetto fisico conosciuto come Legge di Bernoulli, l’accelerazione dell’aria sull’estradosso crea una depressione che risucchia il kite verso l’alto, ed che è per 2/3 responsabile della capacità di volare dell’ala. L’aria che colpisce l’intradosso partecipa al sostentamento esercitando una spinta verso l’alto.

Sopra: ali gonfiabili e a cassoni: kitesurf in azione sul Lago di Garda e un kite sulla neve.

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Se immaginiamo il kite fermo in un qualsiasi punto della sua traiettoria di volo, questo subisce solo l’effetto del vento reale, cioè il vento atmosferico, che colpisce il kite con angoli differenti a seconda della posizione della vela rispetto a chi la sta pilotando. Ma nella realtà il kite si muove, e subisce anche l’effetto del vento d’avanzamento, quello che l’aquilone stesso crea avanzando, e che aumenta al crescere della velocità dell’ala. La direzione del vento di avanzamento è sempre opposta al moto dell’ala. Per fare un semplice esempio, il vento d’avanzamento è quello che possiamo percepire in faccia quando andiamo in motorino o in bicicletta: più acceleriamo, più questo aumenta. Quella che realmente agisce sul kite è dunque la somma del vento reale e del vento d’avanzamento, che si chiama vento apparente, o vento relativo.

Il vento apparente è quello di cui dovremo sempre tener conto nell’analizzare il comportamento di un aquilone in volo. L’angolo d’incidenza è quello con cui il vento apparente colpisce il kite.

Gli angoli d’incidenza efficaci per mantenere il volo dell’ala sono compresi tra 0 e 30 gradi circa; all’aumentare dell’angolo di incidenza, l’ala perde velocità e aumenta la sua trazione (portanza). Superato il limite dei 30° circa, il flusso d’aria sull’estradosso si rompe formando delle turbolenze che fanno perdere di colpo al kite la capacità di volare (stallo). Analogo risultato si ottiene quando l’angolo di incidenza diventa negativo e quindi l’ala riceve il vento sull’estradosso.

angolo di incidenza

corda alare

direzione del vento

apparente

L’angolo di incidenza si calcola tra la direzione del

vento apparente e la corda alare

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FINESTRA DEL VENTO

Se gli allievi hanno già effettuato i primi esercizi con l’aquiloncino, hanno già intuito che, tenendo le spalle rivolte al vento, il kite vola di fronte a loro movendosi lungo la superficie di una immaginaria sfera, il cui raggio è dato dalla lunghezza delle linee del kite. Se non abbiamo ancora fatto nessun esercizio, utilizziamo un piccolo simulatore per mostrare agli allievi come si muoverà il kite nello spazio.

Se lasciamo correre l’ala alla nostra destra, alla nostra sinistra o verso l’alto, l’aquilone arriverà sempre ad fermarsi in un punto che segna il limite della area di volo. Questo limite si chiama bordo della finestra. Il punto del bordo della finestra che si trova esattamente sopra la nostra testa, è chiamato zenit. Come nel disegno, il bordo finestra può essere paragonato anche al quadrante di un orologio, dalle ore 9 alle ore 3. Mano a mano che la vela si muove verso le zone più centrali della finestra, il vento apparente aumenta e con esso la trazione esercitata dal kite. Quando passa esattamente di fronte a noi il kite raggiunge la massima velocità e la massima trazione: quest’area è detta zona di massima potenza (power zone).

La finestra del vento

12

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La lunghezza dei cavi può modificare molto l’ampiezza della finestra. Normalmente si utilizzano linee comprese tra i 20 e i 30 metri. Cambiando linee il raggio della finestra può così variare di una decina di metri. Di conseguenza uno stesso kite utilizzato con linee più lunghe appare lento e facile da gestire perché impiega più tempo ad attraversare le varie zone; con cavi più corti, anche se non ha cambiato la propria velocità, il kite ci appare maggiormente reattivo perché si trova ad attraversare rapidamente le varie zone della finestra. Con una finestra ridotta il kite trasmette potenza in maniera più esplosiva ma la scarica altrettanto velocemente.

Ogni volta che solleviamo un kite abbiamo davanti a noi una nuova finestra, determinata dalle diverse condizioni di vento e dalle caratteristiche della vela. Prima ancora di far decollare una vela, abituiamoci a tracciare una finestra del vento immaginaria con le braccia: questo ci aiuta a capire dove far decollare il kite e mantenerlo in completa sicurezza, quale spazio d’ingombro occupa, quali sono le zone di massima potenza. Per farlo basta rivolgere le spalle al vento e aprire le braccia (che dovranno formare un angolo di circa 150°) puntandole all’orizzonte. Portando poi le braccia tese sopra la nostra testa percorriamo tutto il perimetro del bordo della finestra, mentre esattamente di fronte a noi abbiamo la zona di massima potenza. Se possibile prendiamo dei riferimenti visivi all’orizzonte (campanili, isole, scogli, montagne, ecc…). in corrispondenza dei bordi della finestra e della linea di massima potenza per avere sempre chiara la nostra finestra.

Due esempi di finestra del vento, con linee di misure diverse: 30 metri e 20 metri.

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PRIMI ESERCIZI CON IL KITE

Essere un kiter esperto vuol dire avere il completo controllo della vela, muoverla nell’aria portandola esattamente dove occorre senza nemmeno guardarla. Per acquisire automatismo nel controllo del kite sarà molto utile fare i primi esercizi a terra e non in acqua, dove buona parte dell’energia e concentrazione degli allievi sarebbero impegnati nel mantenerli a galla e in equilibrio.

SCELTA DELL’ATTREZZATURA I kite gonfiabili che normalmente si usano in acqua sviluppano una trazione che potrebbe essere molto pericolosa se non la sappiamo gestire: per far volare questo tipo di kite è necessario conoscere già la finestra del vento, le norme di sicurezza e il controllo della vela in potenza. Molti gravi incidenti si sono verificati proprio a causa dell’uso di kite di grandi dimensioni senza la necessaria conoscenza della potenza che questi attrezzi sono in grado di sviluppare. Per i primi esercizi usiamo quindi piccoli kite, che non sviluppano forte trazione e permettono agli allievi di concentrarsi solo sul corretto utilizzo della barra, senza intimorirsi. Con questo tipo di vele potremo fare pratica in tranquillità con venti di intensità da 8 a 25 nodi. Se ci esercitiamo a terra, le ali gonfiabili non resisterebbero agli inevitabili e numerosi impatti al suolo dei primi esercizi; in questo caso è meglio affrontare i primi voli con i più robusti aquiloni a cassoni. Calcoliamo di avere a disposizione almeno un aquiloncino da 1 o 2 metri ogni 2 allievi e una o due vele di dimensioni maggiori (da 3 a 5 metri). Verifichiamo che gli allievi siano adeguatamente attrezzati: abbigliamento comodo, calzature adatte al fondo sul quale ci eserciteremo, occhiali da sole e protezione solare.

SCELTA DELLO SPOT Scegliamo con cura lo spazio dove effettuare la lezione, che non deve essere sovraffollato e pieno di ostacoli. Scegliamo una spiaggia non frequentata, o anche un bel prato, per non mettere a rischio altre persone con le nostre evoluzioni, e vernichiamo che abbia queste caratteristiche: - vento pulito e non rafficato; attenzione alla presenza sopravvento di montagne, palazzi,

vegetazione fitta, ecc; - per ogni aquilone che si intende far volare serve spazio libero sottovento e al traverso per

almeno il doppio della lunghezza dei cavi. E anche in alto: attenzione ai cavi elettrici; - il fondo deve essere pianeggiante e libero da ostacoli, sassi, oggetti taglienti; eventualmente si

possono coprire piccoli ostacoli con cuscini o materassi; - il fondo deve essere morbido, vanno bene una spiaggia o un prato erboso; - deve essere lontano da aeroporti di qualsiasi tipo; - verifichiamo che non ci siano divieti o restrizioni per l’utilizzo dello spazio. Possibilmente posizioniamo delle bandiere o delle maniche a vento e insegniamo agli allievi a riconoscere la direzione del vento, basandosi anche su altri elementi: movimento degli alberi, onde, fumo dei comignoli… Se non avete ancora fatto la parte teorica, spiegate semplicemente agli allievi che il kite volerà a favore di vento: non occorre descrivere nei dettagli la finestra del vento, perché già con i primi esercizi intuiranno da soli l’area di volo del loro aquilone.

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CONSIGLI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE Il miglior risultato a cui possiamo aspirare come istruttori è quello che i nostri allievi acquisiscano le nozioni teoriche e le capacità pratiche per manovrare correttamente il kite in sicurezza e con divertimento. Strutturiamo quindi ogni lezione come un percorso fatto di tanti piccoli obiettivi da conseguire: man mano che esegue gli esercizi l’allievo avrà quindi la soddisfazione di aver raggiunto un traguardo e questo aggiungerà nuovo entusiasmo e motivazione per affrontare una nuova sfida. PRIMA DI INIZIARE OGNI ESERCIZIO Ogni esercizio va prima spiegato e dimostrato agli allievi. Attraverso la descrizione a parole dell’esercizio potrete infatti portare l’attenzione su tutti i fattori in gioco. Chiarite agli allievi qual’è l’obiettivo che si vuole raggiungere (esempio: compiere delle traiettorie a 8 con il kite) e date una motivazione facendo capire l’effetto che otterranno eseguendo lo stesso esercizio una volta che saranno in acqua (esempio: muoversi nella direzione del vento grazie alla trazione del kite). Quando parlate siate brevi, seguite un filo logico, usate termini tecnicamente corretti ma comprensibili, evitate dialetti e inflessioni. Servitevi anche di strumenti non verbali (disegni, simulatore). Fate parlare gli allievi: fate delle domande precise per verificare che abbiano capito, fate rispiegare a loro l’esercizio (feedback). La dimostrazione dell’esercizio invece permetterà agli allievi di osservare l’esercizio nel suo insieme, non come esecuzione di gesti singoli ma come dinamica di movimenti nel tempo. L’osservazione e il successivo tentativo di imitazione sono due tra le più basilari forme di apprendimento. DURANTE L’ESECUZIONE DEGLI ESERCIZI Date sempre un incoraggiamento gli allievi; quando dovete correggere un errore usate comandi positivi invece che negativi (per esempio potete dire: “distendi le braccia” invece di “non aggrapparti”). Siate pazienti, cercate di usare meno parole possibile, usate un tono fermo e sicuro ma non alzate mai la voce. Cercare sempre un feedback: chiedete agli allievi le loro sensazioni, fate delle domande aperte, in cui debbano fare un ragionamento o analizzare il proprio comportamento (per esempio: secondo te perché il kite è caduto?) Evitate invece domande generali del tipo “avete capito?” perché non vi permetteranno realmente di verificare quanto gli allievi hanno recepito. Quando l’allievo esegue correttamente l’esercizio, premiatelo con un breve cenno di soddisfazione (bravo, bene) facendo capire che si è raggiunto l’obiettivo e proponete l’esercizio successivo come un nuovo traguardo da raggiungere. Sembrerà assurdo, ma alcuni allievi possono progredire troppo velocemente: così facendo abbassano il livello di attenzione e finiscono con il non seguire i vostri consigli, sopravvalutando le proprie capacità. Non mostratevi contrariati, ma definite dei limiti di sicurezza invalicabili da rispettare. Evitate che si creino delle situazioni di competizione tra gli allievi, e favorite invece le collaborazioni, per esempio facendo lavorare gli allievi che progrediscono più velocemente insieme a quelli che invece hanno tempi più lenti. Quando un allievo non riesce ad eseguire correttamente l’esercizio, spesso è a causa di uno stato d’animo di apprensione o di tensione, a cui si unisce la vergogna per il fallimento. Aiutate l’allievo durante l’esecuzione dell’esercizio, mettendo le mani sulle sue: l’aiuto dà all’allievo una presentazione del movimento desiderato insieme alla sensazione ad esso connessa. Se persistono delle difficoltà, cercate un modo diverso per arrivare all’obiettivo: proponete un esercizio leggermente diverso, distogliete la sua attenzione per un po’, fate degli esempi che siano vicini alla sua esperienza e gratificatelo per ogni piccolo successo. Siate pazienti e disponibili.

ESERCIZIO N.1 - PREPARAZIONE E DECOLLO DI UN KITE A CASSONI A DUE CAVI

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OBIETTIVO: gli allievi devono imparare ad essere autonomi nella preparazione e nel decollo del loro primo kite.

ESECUZIONE: mostriamo agli allievi come si prepara il kite. 1. Apriamo il kite a terra, con l’intradosso rivolto verso l’alto e il bordo di attacco sottovento. Se serve, appesantiamo il bordo di uscita con un po’ di sabbia perché l’ala non possa volare via inavvertitamente. 2. Stendiamo i cavi allontanandoci dalla vela sopravento. Per sciogliere eventuali nodi o attorcigliamenti è utile mantenere in tensione le linee, facendoci aiutare da un compagno o bloccandone un’estremità a un palo o a un sasso. 3.Colleghiamo le linee alla vela e al boma con dei semplici nodi a bocca di lupo, ricordandoci sempre di collegare la semi-ala sinistra all’estremità sinistra del boma. Per evitare errori, convenzionalmente si usa distinguere la parte sinistra della barra con il colore rosso. Ricontrolliamo le linee facendole scorrere tra le dita. Prendiamo il boma, impugnandolo alle estremità; teniamo le spalle controvento e guardiamo sempre verso la vela, che si troverà sottovento, di fronte a noi. 4. Mettiamo leggermente in tensione le linee facendo qualche passo indietro: l’aquilone si gonfia e tende a salire verso l’alto, seguendo la direzione perpendicolare al bordo di attacco. Teniamo la barra di fronte a noi, impugnandola con le due mani alle estremità, tenendo le braccia rilassate. Dopo aver dimostrato come si prepara il kite, facciamo preparare un aquilone ad ogni allievo o ad coppia di allievi se abbiamo un gruppo di 3 o più persone.

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ESERCIZIO N.2 - ROTAZIONI DEL KITE OBIETTIVO: questo esercizio permetterà agli allievi di prendere confidenza con il pilotaggio del kite ed eseguito in acqua permetterà loro di muoversi nella direzione del vento trainati dal kite. ESECUZIONE: una volta fatta decollare l’ala, cominciamo a pilotarla: tirando la parte destra del boma verso di noi l’aquilone inizia una rotazione verso destra, che termina solo nel momento in cui noi riportiamo il boma diritto, distendendo le braccia. Spieghiamo agli allievi che tirando un lato del boma “freniamo” la relativa semiala del kite, mentre la semiala opposta, più veloce, innesca la rotazione; più ampio è il movimento impresso al boma, maggiore è la variazione che si ripercuote sulla vela e quindi la rotazione sarà più stretta. Sempre rimanendo con le spalle al vento di fronte al kite facciamo scorrere l’ala in alto di fronte a noi cercando di disegnare degli otto orizzontali (il simbolo dell’infinito) nel cielo. Dovremo quindi alternare un comando a destra per far ruotare la vela verso destra in senso orario e poi un comando a sinistra per far ruotare la vela a sinistra in senso antiorario. Spieghiamo che quando tiriamo una parte del boma, dobbiamo allungare nella direzione dei cavi la parte opposta; un braccio si piega e l’altro si distende, facendo perno al centro del boma che deve rimanere davanti a noi; le nostre braccia, sempre rilassate, seguiranno l’altezza dell’aquilone, diventando un prolungamento delle linee. Cerchiamo anche di far capire i tempi di reazione dell’aquilone: dal momento in cui noi diamo un comando con il boma al momento in cui la vela reagisce trascorre sempre un breve lasso di tempo. Questo ritardo nella risposta è minimo se il vento è teso (e quindi l’ala è veloce), e più lungo, fino a due/tre secondi se il vento è più leggero e l’ala molto lenta. Facciamo provare gli allievi, uno alla volta. All’inizio saranno sicuramente un po’ impacciati, dovranno pensare molto ai movimenti da eseguire e l’aquilone cadrà per terra parecchie volte.

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CONSIGLI PRATICI

Questa lezione viene spesso sottovalutata dagli stessi istruttori, mentre è di fondamentale importanza sotto molti aspetti - didattici: in questa lezione si trasmettono i primi fondamentali concetti sul kite e si gettano le basi del pilotaggio; - promozionali: questa lezione si svolge a terra e può quindi attirare l’attenzione di altri possibili allievi. In alcune realtà (per esempio scuole che si lavorano all’interno di villaggi turistici) si possono organizzare delle brevi prove gratuite con gli aquiloncini per attirare l’attenzione e avvicinare potenziali allievi; - organizzativi: questa lezione si può svolgere anche con in condizioni di vento difficili, particolarmente leggero o forte, che invece pregiudicherebbero le lezioni in acqua; - economici: questa lezione ha costi contenuti perché non necessita di attrezzatura costosa né di mezzi di appoggio mentre permette buoni ricavi perché si può effettuare con più allievi contemporaneamente. In questo momento ci interessa in particolare l’aspetto didattico: il primo impatto dell’allievo con l’aquilone è fondamentale e getterà le basi di tutta la sua carriera di kiter. Dobbiamo far sì che i nostri allievi abbiano un approccio positivo con l’attrezzo, in un clima rilassato e tranquillo, e che acquisiscano progressivamente confidenza con il pilotaggio.. ESERCIZI INDIVIDUALI Nei primissimi esercizi seguiamo gli allievi individualmente: possiamo manovrare insieme a loro posizionandoci alle loro spalle e mettendo le nostre mani sopra le loro, oppure tenendo i loro polsi o i loro gomiti. Se sono più alti di noi possiamo farli sedere (eseguire gli esercizi da seduti peraltro aiuta anche chi è un po’ nervoso, in particolare se il vento è forte e l’aquilone esercita un po’ di trazione). Questo moderato contatto fisico è rassicurante per l’allievo e permette all’istruttore di percepire eventuali tensioni muscolari dell’allievo. ESERCIZI IN GRUPPO E ASSEGNAZIONE DEI COMPITI Quando ogni allievo avrà preso un minimo di confidenza con il pilotaggio, potremo farli lavorare in gruppo usando più kite contemporaneamente. Se abbiamo un gruppo di 3 o più allievi, risulta più conveniente dividerli in coppie: mentre un allievo esegue l’esercizio il compagno fa da assistente nel rilanciare l’aquilone in caso di cadute e ogni 5 minuti circa si effettua lo scambio tra pilota e assistente. D’ora in poi passeremo da una coppia all’altra per valutare l’esecuzione degli esercizi e correggere eventuali errori, e quindi dedicheremo gran parte della nostra attenzione all’allievo che pilota. Ma evitiamo l’errore di annoiare o far sentire trascurato chi svolge il ruolo di assistente. Facciamo vedere come si rialza correttamente il kite a cassoni, prendendolo con tutte e due le mani e tenendo il bordo di attacco rivolto verso l’alto; raccomandando agli allievi di non attraversare mai lo spazio di volo del kite e di non prendere mai in mano i cavi. Assegniamo all’assistente dei compiti di osservazione e analisi: individuare i punti fondamentali dell’esercizio, guardare i movimenti del partner cercando di capire eventuali errori, analizzare il comportamento del kite e studiarne cause ed effetti… Fate interagire tutti gli allievi tra loro, cambiando spesso partner.

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PROBLEMI E SOLUZIONI Ecco gli errori più frequenti degli allievi nella gestione del kite: Errore: l’allievo ha i muscoli delle braccia contratti, e non riesce a pilotare correttamente. L’irrigidimento muscolare è quasi sempre è una tra le cause principali degli errori degli allievi: può essere dovuta a una istintiva reazione alla trazione del kite, ma spesso è la conseguenza di una tensione emotiva. Soluzioni: fate rilassare l’allievo, se necessario interrompete per un po’ l’esercizio o passate ad un altro argomento per allentare la tensione emotiva. Usate un aquilone molto piccolo che non eserciti trazione e fate iniziare l’esercizio con dei comandi molto leggeri per far effettuare delle piccole rotazioni del kite vicine allo zenit. Potete anche tenere voi la barra al centro e far pilotare l’allievo con una mano sola. Errore: l’allievo ruota la barra perpendicolarmente alla direzione delle linee, come il volante dell’automobile, con lo scopo di far ruotare la vela. Soluzioni: con il kite allo zenit, mostrate che questo movimento, che non crea nessuna differenza tra la lunghezza dei cavi, non trasmette nessun effetto alla vela. Insegnate all’allievo ad allungare un braccio mentre l’altro si piega per dare il comando. Tenete voi la barra al centro, e fatelo esercitare con una mano sola alla volta. Errore: l’allievo porta il boma fuori dall’asse delle spalle, lateralmente o sopra la testa Soluzioni: spiegate che quando il kite perde pressione allentando la tensione delle linee, l’istinto porta a recuperare questa tensione portando il boma dietro, sul fianco o oltre la testa, ma questo impedisce qualsiasi altra manovra correttiva e il kite inevitabilmente cade. Per mantenere in tensione i cavi basta invece fare qualche passo indietro, tenendo sempre la barra di fronte a noi. Errore: l’allievo resta fermo con il busto rivolto nella direzione del vento anche quando l’aquilone si porta a destra o a sinistra, e trasmette un comando involontario all’ala perché una linea si mette in tensione e richiama la vela a ruotare. Soluzioni: fate ruotare l’allievo, deve seguire con il busto ogni spostamento del kite. Senza kite: fategli chiudere gli occhi, prendetegli le mani e tiratelo a destra e a sinistra, chiedendogli di seguire e assecondare la vostra trazione.

NO SI

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ESERCIZIO N.3 – TRAIETTORIE RETTILINEE PARALLELE AL TERRENO

OBIETTIVO: vogliamo imparare a interrompere la rotazione del kite e mantenerlo in una traiettoria rettilinea seguendolo col corpo. Anche in acqua gli allievi dovranno mantenere il kite stabile nella direzione di andatura.

ESECUZIONE: spieghiamo e dimostriamo l’esercizio agli allievi: dovranno far volare l’aquilone in linea retta dalla estrema destra all’estrema sinistra imparando a interrompere la rotazione e riportare il boma dritto. Chiediamo agli allievi di far correre il kite il più possibile parallelo al terreno mantenendo la barra neutra, ed eseguire invece delle rotazioni molto strette quando vogliono far girare la vela, concentrandosi sul lungo lato diritto che il kite deve percorrere per portarsi da destra e sinistra e viceversa.

I tempi di reazione del kite possono indurre gli allievi in errore: se nel momento in cui danno un comando al boma non vedono la reazione immediata della vela, istintivamente aumentano ulteriormente l’intensità del comando, ma quando la vela inizia la reazione i due comandi si sommano esagerando la rotazione. Nello stesso modo anche l’interruzione della rotazione deve prevedere un ritardo nella risposta e deve quindi essere anticipato; ricordiamo agli allievi di interrompere il comando del boma prima che la vela si sia portata nella direzione in cui vogliono che prosegua la sua traiettoria lineare. Oltre a prendere maggiore confidenza con il pilotaggio, gli allievi potranno capire che il kite acquista velocità mano a mano che attraversa le zone centrali della sua area di volo. Se non avete ancora fatto la parte teorica della lezione, potete quindi cominciare ad accennare alla finestra del vento, mostrando agli allievi come il kite si arresta quando si viene a trovare con il bordo d’attacco a bordo finestra, mentre acquista velocità e trazione nelle zone del centro finestra.

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ESERCIZIO N.4 - TRAIETTORIE RETTILINEE VERTICALI OBIETTIVO: addentrarsi nelle zone del centro finestra per abituarsi alla velocità del kite e ai tempismi di rotazione del kite nelle zone di maggior potenza, con delle traiettorie simili a quelle che serviranno per alzarsi sulla tavola.

ESECUZIONE: chiediamo agli allievi di far volare l’ala in alto fin sopra la loro testa, a destra o a sinistra, per poi picchiarla in verso il suolo e, prima che impatti, ruotarla velocemente per riportarla in verticale verso l’alto. Cominciamo con delle discese meno ampie e aumentiamo progressivamente la durata della picchiata. Mentre l’ala scende verso il basso acquista velocità e potenza: con questo esercizio si perfezionano i tempismi delle rotazioni, che devono essere il più possibile strette e veloci. I movimenti del boma devono quindi essere molto ampi e rapidi.

Facciamo ripetere questi esercizi finché gli allievi hanno il totale controllo del kite. Controlliamo anche che tengano sempre le braccia rilassate: quando il kite scorre in velocità esercita una certa trazione e l’istinto porta a reagire contraendo i muscoli delle braccia e del corpo. In questo modo la tensione impedisce agli allievi di acquisire sensibilità sul volo dell’ala. Il controllo del kite non si ottiene con la forza ma con la tecnica (motivo per cui spesso le ragazze hanno un feeling con la vela più immediato rispetto a molti colleghi uomini). Fate rilassare gli allievi e insegnateli a rimanere “appesi” al boma, provando magari ad abbassare lo sguardo per percepire ogni movimento del kite solo attraverso le sensazioni che si trasmettono alle braccia per mezzo delle linee.

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PROBLEMI E SOLUZIONI Errore: l’allievo confonde i comandi Quando il kite scende direttamente perpendicolare verso il terreno l’allievo confonde i comandi, non riesce a capire se deve ruotare a destra o a sinistra. Soluzione: fate eseguire l’esercizio con delle traiettorie a V, meno perpendicolari al terreno e meno profonde, e aumentate gradualmente l’inclinazione della picchiata e la sua profondità nella finestra. Errore: l’allievo si irrigidisce Quando il kite acquista velocità e trazione l’allievo si irrigidisce e non riesce a trasmettere i giusti comandi. Soluzione: anche in questo caso possiamo alleggerire l’esercizio facendo eseguire delle traiettorie meno profonde. Un altro aiuto può essere quello di far sedere l’allievo.

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ESERCIZIO N.4 - SIMULAZIONE DELLA PARTENZA Ora che gli allievi hanno preso confidenza con il pilotaggio, possiamo far eseguire loro i prossimi esercizi con maggiore potenza. A terra le ali più adatte rimangono quelle a cassoni con dimensioni da 3 a 5 metri quadrati, a seconda dell’intensità del vento, dotate di un leash di sicurezza da tenere al polso. D’ora in poi seguiamo gli allievi individualmente e raccomandiamo di lasciar andare la barra nel caso in cui si sentano tirare eccessivamente. OBIETTIVO: con i prossimi esercizi cominciamo ad immaginare di essere in acqua, pronti a partire, e impariamo come muovere il kite per salire sulla tavola e cominciare a navigare. Ci siederemo a terra immaginando di avere la tavola ai nostri piedi, esattamente di traverso al vento, e di voler partire, per esempio a destra. Lo scopo è quello di sfruttare la trazione del kite per poter sollevare il sedere da terra: dovremo scegliere quell’area della finestra in cui avremo la giusta trazione per poterci sollevare senza sforzo e con naturalezza: un’eccessiva trazione ci farà sbilanciare e cadere in avanti. ESECUZIONE: gli allievi hanno capito che il kite trasmette sempre più forza mano a mano che lo portiamo verso le zone centrali dell’area di volo del kite, che si chiama finestra del vento. Faremo quindi scendere il kite con delle picchiate progressive, partendo dal punto che si trova esattamente sopra la nostra testa (zenit): all’inizio converrà rimanere lontano dalla zona di massima potenza per poi avvicinarsi ad essa gradualmente fino a trovare la giusta trazione.

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1. Spostiamo il kite a sinistra dello zenit 2. Picchiamo il kite verso il centro finestra

3. Riportiamo il kite allo zenit

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Spieghiamo i tre movimenti da far compiere al kite:

1. Immaginando di voler partire a destra, facciamo prima slittare leggermente il kite a sinistra lungo il bordo finestra (leggero comando a sinistra);

2. A questo punto dobbiamo far scendere la vela in diagonale verso il centro della finestra,

(deciso comando a destra) fino ad ottenere la potenza voluta; 3. Appena cominciamo a sentire la trazione sufficiente a farci sollevare, assecondiamola con il

corpo e contemporaneamente facciamo risalire il kite allo zenit (deciso comando a sinistra).

Dopo aver mostrato agli allievi l’esercizio, approfondiamo ogni passaggio:

1. Se muovessimo direttamente il kite dallo zenit verso la direzione di andatura, la vela si sposterebbe subito verso destra, senza passare dalle zone di potenza. Lo spostamento lungo il bordo finestra sinistro ci permette invece di recuperare questo spazio e di far scendere il kite verso le zone di trazione.

2. Per mandare la vela il più possibile verso il centro della finestra, dobbiamo far girare il kite

con un raggio di rotazione più stretto possibile: come già sappiamo, per far ciò è necessario imprimere un ampio movimento al boma, tirando con il braccio destro e spingendo contemporaneamente con il braccio sinistro.

3. Prima che il kite acquisti troppa potenza, o peggio, si vada a schiantare (e noi con lui)

riportiamolo verso l’alto. Questo comando deve essere abbastanza deciso e veloce. L’obbiettivo infatti è quello di riportare il kite in alto mantenendolo nelle zone frontali della finestra, e non di farlo slittare a destra verso il bordo finestra. Questo sarà il momento più impegnativo e importante nelle nostre prime partenze, perché in questo momento dovremo anche controllare il nostro equilibrio.

Facciamo ripetere questo esercizio innumerevoli volte, simulando la partenza sia a destra che a sinistra, perché è fondamentale per acquisire sensibilità sul giusto rapporto fra l’energia del kite ed il sollevamento del proprio peso. Mano a mano che gli allievi prendono confidenza con la trazione, facciamoli concentrare anche sul movimento più corretto del corpo: per alzarsi facilmente basta seguire con il busto la direzione del kite, tenendo sempre le spalle e la testa vicino alla barra.

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ESERCIZIO N.5 - SIMULAZIONE DELL’ANDATURA OBIETTIVO: spieghiamo agli allievi che quando saremo saliti sulla tavola, dovremo sfruttare ancora la trazione della vela per aumentare la nostra velocità. Possiamo simulare a terra questa situazione correndo di traverso al vento. ESECUZIONE: sfruttiamo la trazione per sollevarci, come abbiamo già imparato, e una volta riportato il kite sulla nostra verticale, facciamolo nuovamente scendere in diagonale nella direzione in cui vogliamo spostarci. Contemporaneamente, non appena ci siamo sollevati, iniziamo a correre di traverso al vento. Non accontentiamoci che gli allievi facciano pochi passi e lascino scorrere la vela a bordo finestra, dove si fermerebbe senza più dare trazione: cerchiamo invece di farli correre velocemente almeno per qualche decina di metri, e nel frattempo dovranno compiere alla vela alcune oscillazioni per mantenerla il più possibile in movimento e per sfruttare il vento d’avanzamento del kite.

Se mancano gli spazi a terra per far volare i kite in sicurezza, è anche possibile effettuare tutte le lezioni direttamente in acqua, utilizzando da subito dei kite gonfiabili. In questo caso anche le prime lezioni saranno individuali e si dovranno utilizzare kite molto piccoli.

Per simulare l’andatura corriamo di traverso al vento e contemporaneamente facciamo compiere al kite delle picchiate alla ricerca della

trazione, riportandolo rapidamente allo zenit dopo ogni diagonale.

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2. SECONDA LEZIONE

OBIETTIVO DELLA LEZIONE Portare gli allievi a saper armare correttamente un kite gonfiabile, ad effettuare decolli e atterraggi in sicurezza agganciati al trapezio e a saper mantenere il kite nelle zone neutre.

NUMERO DI ALLIEVI E DURATA DELLA LEZIONE La lezione può essere effettuata in gruppi di massimo 3 allievi per istruttore. Per completare il programma della lezione sono necessarie circa 2 ore, a seconda del numero degli allievi.

PROGRAMMA DELLA LEZIONE

preparazione del kite gonfiabile decollo e atterraggio del kite ed esercizi a bordo finestra rilancio del kite dall’acqua sistemi di sicurezza norme di prevenzione

N.B. In questa lezione è preferibile alternare i momenti di teoria e le esercitazioni pratiche. Alcuni esercizi infatti, come il rilancio del kite dall’acqua e i sistemi di sicurezza richiedono comunque spiegazioni abbastanza dettagliate. Se non è disponibile un’area con acqua bassa, il rilancio del kite dall’acqua può essere effettuato nelle lezioni successive.

MATERIALE NECESSARIO

Attrezzatura da preparare prima dell’inizio della lezione:

- un kite gonfiabile da 4/5 metri o poco più grande se il vento è molto leggero - una pompa - trapezi dotati di leash di sicurezza per il kite, uno per ogni allievo e uno per l’istruttore - un piccolo simulatore kite

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PREPARAZIONE DEL KITE GONFIABILE

Mentre prepariamo il kite che utilizzeremo per gli esercizi, analizziamo insieme agli allievi le varie parti che compongono la nostra ala:

l’estradosso (upper skin): è la superficie esterna dell’ala; l’intradosso (lower skin): è la superficie interna; il bordo d’entrata o bordo di attacco (leading edge): è la parte anteriore dell’ala, la prima che viene colpita dal vento. il bordo d’uscita (trailing edge): è la parte posteriore dell’ala. Quando un flusso d’aria colpisce il bordo d’entrata si divide: una parte dell’aria scorre sull’estradosso e parte sull’intradosso, per ricongiungersi sul bordo di uscita. Come vedremo meglio in seguito, questo fenomeno è quello che permette al kite di volare.

Nei kite gonfiabili forma e rigidità sono assicurate da alcuni tubolari gonfiabili in lattice (bladders) che sono inseriti all’interno di tasche della vela (struts). I bladders hanno una o due valvole per le operazioni di gonfiaggio e sgonfiaggio.

Il bladder principale segue tutto il profilo dell’ala e costituisce quindi il bordo d’attacco della vela. E’ detto anche T1. I bladders secondari sono invece disposti lungo la vela perpendicolarmente al bordo di attacco, e grazie alla loro forma danno il profilo alare all’aquilone. Il bladder secondario che si trova al centro della vela viene identificato anche con la sigla T2; a destra e a sinistra del T2 si troveranno due bladders uguali tra loro (detti T3); mano a mano che ci spostiamo verso le estremità della vela possiamo trovare altre coppie di bladders secondari (T4, T5 ecc.). Alle due estremità dell’ala (tips), si trovano i punti di attacco, ai quali si collegano i cavi (linee) che serviranno a pilotare il kite, direttamente o tramite delle brigliature. Le linee si collegano ai punti di attacco con dei semplici nodi a bocca di lupo, e scegliendo un nodo più o meno vicino al kite è possibile regolare la lunghezza delle linee stesse.

Bordo d’entrata

Bordo

d’uscita

Intradosso

Estradosso

Bladder

Principale

Bladders

secondari

Punti

d’attacco

Nodo a bocca

di lupo

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Il boma o barra (bar) è lo strumento che ci permette di controllare il kite. Solitamente è costruito carbonio, rivestito di gomma antisdrucciolo. Alle estremità della barra ci sono due concavità su cui si possono riavvolgere le linee, dette avvolgicavi. Nella parte frontale del kite, direttamente alle estremità del leading edge o tramite un apposita brigliatura, vanno collegate le due linee anteriori (front-lines), che convergono poi in un unico cavo passante dal centro del boma, chiamata cima del depower. Le due linee posteriori (back-lines) si agganciano invece alle estremità del bordo di uscita della vela e ai due estremi del boma. N.B. tra un modello di kite e l’altro possono esistere piccole differenze nel sistema di collegamento dei cavi, è bene quindi attenersi al manuale d’uso del produttore. Su molti kite è presente anche una quinta linea, o quinto cavo, che facilita le manovre di decollo del kite dall’acqua, ed è inoltre un efficace sistema di sicurezza che permette di annullare la trazione del kite in caso di necessità. Negli ultimi anni, in alcuni modelli la quinta linea ha assunto anche una funzione strutturale, perché aiuta la leading edge a mantenersi in una forma aerodinamicamente più efficiente (SLE: supported leading edge). . Il sistema di trim del de-power è una regolazione che ci permette di variare la lunghezza delle linee frontali, modificando l’angolo di incidenza della vela e quindi la sua potenza/velocità. Questa regolazione viene fatta solitamente all’inizio dell’uscita, con la vela in volo, oppure ogni qual volta si renda necessario, per esempio al variare dell’intensità del vento. Anche i diversi nodi sui punti di attacco delle linee al kite e al boma danno la possibilità di regolare l’angolo di incidenza della vela prima dell’uscita. Quando ci agganciamo al kite tramite il chicken-loop, tutta la trazione generata dall’ala si trasmette dai cavi frontali al nostro corpo tramite l’imbragatura del trapezio, le braccia sono libere di manovrare e la barra può scorrere lungo la cima del de-power. Mentre pilotiamo il kite possiamo avvicinare o allontanare da noi la barra, alle cui estremità sono collegate le back lines. In questo modo andiamo a modificare l’inclinazione della vela rispetto al vento: da questa inclinazione, chiamata angolo di incidenza, dipende parte della trazione esercitata dal kite. Il sistema depower ci permette quindi di variare l’angolo di incidenza della vela mediante un semplice movimento delle braccia, per dosare la potenza della vela in base alle necessità del momento. Lo sgancio rapido o di sicurezza (quick release) ci permette di sventare il kite in caso di emergenze o comunque ogni volta che vogliamo annullare la trazione. Esistono diversi tipi di sgancio di sicurezza (moschettoni, fascette in velcro, sistemi ad incastro, …) ma lo scopo è

Quinto cavo

Back line

Front line

Front line

Back line

Front line

Punti di attacco

Punti di attacco

Trim del de-power

Cima

del de-power

Chicken

loop

Sgancio

d’emergenza

Barra

Avvolgicavo

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sempre quello di poterci svincolare facilmente dal boma: a questo punto il kite rimane collegato a noi solo per una o due linee , si capovolge o si distende a bandiera e non genera più trazione. Facciamo quindi vedere agli allievi come si aziona lo sgancio rapido del chicken loop e facciamoli provare a turno ad azionarlo.

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Insegniamo agli allievi ad “armare” (preparare) una vela gonfiabile. Stendiamo il kite sul terreno con l’intradosso rivolto verso l’alto e il bordo d’attacco perpendicolare alla direzione del vento. Se il vento tende a sollevare la vela, possiamo appesantirne alcuni punti utilizzando della sabbia o la tavola. Con vento forte può essere più facile stendere la vela per il lungo nella stessa direzione del vento. Con l’apposita pompa gonfiamo prima i bladders secondari: i tubolari dovranno risultare rigidi, ma teniamo conto che se lasciamo il kite a lungo al sole l’aumento della pressione dell’aria può far scoppiare i bladders. La ditta costruttrice della vela potrà fornirci le esatte indicazioni per la pressione di gonfiaggio, e alcune pompe sono dotate di manometro. Ricordiamoci di chiudere bene le valvole, che non vanno spinte all’interno come in certi materassini gonfiabili. Per evitare che si possano aprire involontariamente fissiamo i tappi con le apposite fascette di velcro. Sempre tenendo la vela con l’intradosso verso l’alto, gonfiamo anche il bladder principale. Man mano la pressione nel tubolare aumenta il kite assumerà la forma arcuata a U. Per evitare che la vela ci sfugga mentre finiamo di gonfiarla, assicuriamola alla pompa con l’apposito cordino. Una volta gonfiata tutta l’ala, possiamo rigirarla su se stessa, e appoggiarla al terreno sul leading edge, mantenendo l’estradosso rivolto al vento. Accertiamoci sempre che la vela non possa decollare inavvertitamente: assicuriamola terra appesantendola con della sabbia o altri oggetti. E’ comunque buona regola non lasciare mai il kite incustodito in spiaggia per lungo tempo, perché un cambio di direzione del vento o l’alzarsi della marea potrebbero portarlo via. Per armare il kite possiamo scegliere di distendere le linee indifferentemente sopravvento o sottovento, a seconda delle nostre abitudini, dello spazio disponibile, o delle disposizioni del centro in cui ci si trova.

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Qui di seguito vediamo a quali regole attenersi se si decide di armare sciogliendo i cavi sottovento. Srotoliamo le linee dalla barra e distendiamole a terra, allontanandoci sottovento al kite. Appoggiamo il boma a terra (ancora meglio se lo fissiamo a qualcosa) e torniamo verso il kite facendo scorrere le linee tra le dita per eliminare eventuali nodi e attorcigliamenti. Se i cavi sono molto ingarbugliati, è preferibile collegarli comunque al kite o a un punto fisso e poi liberane e districarne uno solo alla volta. Colleghiamo le linee frontali, che partono dal centro del boma (front) ai punti di attacco posizionati alle due estremità del bordo di entrata del kite o alle briglie. Colleghiamo poi le linee posteriori (back) che partono dall’esterno del boma ai punti d’attacco sul bordo di uscita del kite. Spesso le estremità del boma e le linee stesse sono colorate per poter facilmente riconoscere la destra e la sinistra (la maggior parte delle vele usa convenzionalmente il colore rosso a sinistra). Attenzione: se guardiamo il kite da sottovento, ricordiamoci che è sottosopra e quindi vedremo la seminala sinistra alla nostra destra e viceversa, di conseguenza per armare correttamente dovremo ruotare di 180° anche la barra, tenendo la parte sinistra (rossa) del boma alla nostra destra. Questo accorgimento non va usato se invece si decide di armare sciogliendo i cavi sopravvento al kite. Se il nostro kite lo prevede, colleghiamo infine il quinto cavo.

Ricordiamo agli allievi che gli errori nel collegamento delle linee al kite sono tra le prime cause di incidenti: trovarsi con le front lines collegate alle estremità del boma o con le back lines incrociate (estremità sinistra della vela collegata con l’estremità destra della barra e viceversa) significa avere in mano un kite ingovernabile. E’ consigliabile fare sempre un doppio controllo delle linee, camminando dalla barra al kite e viceversa tenendo i 4 cavi separati tra le dita e il quinto cavo tra le gambe.

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DECOLLO E ATTERRAGGIO DEL KITE ED

ESERCIZI A BORDO FINESTRA

ESERCIZIO 1 – DECOLLO E ATTERRAGGIO DEL KITE

OBIETTIVO: gli allievi impareranno a far decollare e atterrare il kite a bordo finestra e a mantenerlo sempre nelle zone neutre.

ESECUZIONE: nei primi esercizi sarà sempre l’istruttore a far decollare e atterrare il kite, e gli allievi faranno da assistenti. Mostriamo agli allievi come trattenere il kite dal leading edge, e mantenerlo verticale mentre il pilota si posiziona per il decollo, rimanendo dalla parte opposta dei cavi, per non essere colpito dal kite stesso in caso di un decollo non perfetto. Spieghiamo agli allievi che al comando prestabilito del pilota (convenzionalmente il pugno chiuso con il pollice alzato) l’assistente deve semplicemente lasciare l’ala, senza spingerla o lanciarla, e allontanarsi dal kite, mentre il pilota potrà far salire il kite lentamente lungo il bordo della finestra. Quando invece il pilota segnala l’intenzione di far atterrare il kite appoggiandosi una mano sulla testa, l’assistente deve prepararsi a ricevere il kite, afferrandolo saldamente dal leading edge. Spiegate che è pericoloso afferrare il kite dal bordo di uscita o dai cavi. A turno ogni allievo farà da assistente mentre l’istruttore esegue il decollo. Dopo aver eseguito voi vari decolli e atterraggi, fate provare gli allievi, ma solo se si verificano queste condizioni:

- vento leggero e costante, non turbolento (11-15 nodi)

- utilizzo di un kite di piccole dimensioni, da 4 a 7 metri, con 5° cavo modificato in modo che l’istruttore possa depotenziare la vela in caso di errore da parte dell’allievo

- spazio libero per almeno 50 metri sottovento e al traverso, possibilmente in acqua bassa e non a terra

Assicuriamoci sempre che l’allievo abbia collegato il leash di sicurezza del kite al trapezio e che sappia come azionare correttamente lo sgancio rapido. Insegniamo agli allievi a posizionarsi in modo che il kite si trovi a bordo finestra. Per capire quando il kite si trova nella giusta posizione per

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il decollo è utile posizionarsi sottovento al kite stesso e poi camminare all’indietro sopravvento fino a quando il kite non “fileggia” più.

Quando facciamo eseguire il decollo ad un allievo, posizioniamoci sopravvento all’allievo stesso, tenendo la prolunga del 5° cavo collegata al nostro trapezio. In questo modo, se l’allievo viene trascinato dal kite, il 5° cavo funge automaticamente da sicurezza sventando il kite. Chiediamo all’allievo di fare un ultimo controllo dei cavi prima di dare all’assistente il comando stabilito per il decollo. Il comando per far salire il kite deve essere leggero e costante, l’allievo deve evitare gesti bruschi e comandi eccessivi che possono portare il kite nelle zone di potenza. Abituiamo gli allievi a tenere una mano sullo sgancio di sicurezza durante tutta l’operazione, per poterlo azionare immediatamente in caso di necessità.

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ESERCIZIO N.2 – ESERCIZI CON IL KITE A BORDO FINESTRA

OBIETTIVO: gli allievi devono pendere confidenza con il lento movimento del kite lungo il bordo finestra, imparando a dosare i comandi e ad utilizzare il depower evitando comandi bruschi sulla barra.

ESECUZIONE: come sempre, mostriamo agli allievi l’esercizio: dopo il decollo, lasciamo salire il kite lungo il bordo della finestra molto lentamente, senza arrivare allo zenit. Dobbiamo dare un comando leggero e mantenerlo finché la vela raggiunge la posizione desiderata. Fermiamolo il kite qualche istante interrompendo il comando sul boma, e poi riabbassiamolo lungo il bordo finestra. Facciamo ripetere agli allievi l’esercizio facendo salire e scendere la vela lungo tutto il bordo finestra, sia a destra che a sinistra, fino a sfiorare il terreno, per

prendere confidenza con i leggeri comandi che servono al kite per scorrere lungo le zone neutre. Chiediamo agli allievi di utilizzare una mano sola per dare i comandi: dovranno tirare per dare il comando dalla parte dove hanno la mano e spingere per dare il comando opposto. Abituiamoli anche a dosare il depower: con la vela ferma, dovranno tirare lentamente la barra verso di sé. Fate notare loro che in questo modo i cavi posteriori hanno maggiore tensione e la vela diventa molto quindi più reattiva ai comandi. Rilasciando la barra i cavi si allentano e serve un maggior comando per far rispondere la vela.

Con dei leggeri comandi sul boma facciamo scorrere il

kite lungo il bordo finestra

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ESERCIZIO N.3 - SPOSTARSI CON IL KITE OBIETTIVO: sapersi muovere con il kite in volo, per raggiungere l’acqua o per rientrare a terra al termine dell’uscita. ESECUZIONE: come sempre, mostriamo l’esercizio agli allievi. Tenendo sempre la vela a bordo finestra, a un’altezza di circa 45° da terra cominciamo a camminare di traverso al vento, sfruttando la leggera trazione laterale del kite. Spieghiamo che quando siamo a terra, è preferibile non tenere mai il kite fermo allo zenit perchè una raffica improvvisa ci potrebbe sollevare; basta tenere la vela a bordo finestra alla nostra destra o alla nostra sinistra (sempre dal lato mare) per evitare questo pericolo. Facciamo camminare gli allievi anche controvento, sempre tenendo il kite nelle zone di minima potenza: sarà utile quando dovranno entrare in acqua o quando faranno i primi bordi e dovranno tornare al punto di partenza camminando lungo la spiaggia dopo aver scarrocciato.

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RILANCIO DELLA VELA DALL’ACQUA

Se abbiamo la possibilità di esercitarci in acqua bassa, mostriamo agli allievi come far ripartire il kite dopo una caduta e facciamoli esercitare in questa operazione. Sapersi rilanciare da soli il kite dall’acqua darà molta fiducia agli allievi. Quando fate provare gli allievi, continuate ad utilizzare il 5° cavo modificato per poterlo azionare se il kite acquista troppa potenza.

La maggior parte dei “bow” kites ha una forma che permette alle tips di rimanere sollevate dall’acqua e di rispondere ai comandi anche quando il kite cade. In questo caso basta prendere in mano direttamente una delle back lines (prendiamo il comando di sinistra se usiamo la mano sinistra o quello di destra se usiamo la mano destra) e dare un forte comando per far rigirare il kite. Appena vediamo che la leading edge si è rigirata su se stessa fino ad essere praticamente perpendicolare all’acqua, allentiamo un pò il comando sulla back line finché il kite raggiunge il bordo finestra e decolla dolcemente. Questa semplice manovra può non essere sufficiente con i kite più arcuati, i cosiddetti “C” kites, che una volta caduti si appoggiano completamente con il Leding Edge in acqua e non rispondono ai comandi sulle back lines. Per riuscire a far rispondere questi kite dobbiamo prima ottenere un loro parziale rovesciamento all’indietro: togliamo le mani dal boma e afferriamo con una mano i cavi centrali (front lines) all’altezza della regolazione del depower. Tiriamo con decisione i cavi: le “tips”si staccano dall’acqua e possono rispondere ai nostri comandi. Possiamo quindi procedere al rilancio, tenendo i cavi centrali tirati fino a quando il kite comincia a slittare verso il bordo finestra.... La tecnica di rilancio con quinto cavo sfrutta lo stesso principio visto sopra, ma ci permette di controllare con maggior precisione il ribaltamento del kite. Quando il kite cade in acqua, possiamo infatti scuffiarlo semplicemente tirando per il quinto cavo. Ancora una volta facciamo attenzione a far scorrere la linea di fianco a noi per non rimanerne avvolti. Contemporaneamente dovremo tener tirato un lato del boma, in modo che la vela tenda subito a slittare verso il bordo finestra. Mano a mano che il kite slitta verso il bordo della finestra e raggiunge la posizione a C, possiamo rilasciare lentamente il quinto cavo, che tende a ridistendersi: ci basterà controllare che il cavo scorra senza impigliarsi.

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Durante l’operazione di rilancio del kite dall’acqua, ricordiamo agli allievi di: - opporre un po’ di resistenza al kite che altrimenti potrebbe ribaltarsi completamente - tenere la barra a fine corsa del depower per non rallentare il kite - dare un comando deciso usando la back line finché il kite slitta nell’acqua ma alleggerire

immediatamente il comando appena il kite decolla Uno degli errori più frequenti durante il rilancio è quello di tirare troppo il quinto cavo o di tirarlo senza contemporaneamente dare un comando con il boma. In questo modo il kite si ribalta completamente a U, e rimane neutro rispetto al vento; in alcuni casi può addirittura sollevarsi dall’acqua e rigirarsi su se stesso, rimanendo avvolto nel quinto cavo. Possiamo tentare di liberarlo recuperando una linea laterale per alcuni metri, fino a quando la vela si sventa mettendosi a bandiera davanti a noi, e il quinto cavo scivola in acqua lungo l’estradosso. Lasciando andare la linea laterale il kite si riporta nella posizione iniziale, e potremo ripetere la manovra di rilancio.

In condizioni di vento molto leggero, oppure per un nostro errore nella fase di rilancio, il kite può stallare e cadere all’indietro con il leading edge rivolto verso l’alto e il bordo di uscita in acqua. In questo caso il kite può ripartire direttamente dal centro finestra o possiamo farlo rigirare dando qualche strattone ai cavi centrali.

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SGANCIO RAPIDO E RIENTRO IN EMERGENZA

SISTEMI DI SICUREZZA Spieghiamo agli allievi che in caso di emergenze, esistono diverse operazioni che ci permettono di annullare, in parte o completamente, la trazione del kite, che vanno eseguite in un’ordine ben preciso, passando alla manovra seguente solo se la prima non è stata possibile o non è stata sufficiente a risolvere la situazione di pericolo:

1. togliere le mani dalla barra per depotenziare il kite 2. azionare lo sgancio rapido sul chicken loop o svincolarsi manualmente dal chicken loop 3. azionare lo sgancio rapido sul leash 4. tagliare i cavi (nel caso si siano avvolti intorno al corpo) 5. togliere il trapezio

COS’E’ E QUANDO USARE LO SGANCIO RAPIDO Lo sgancio rapido (o quick release) è un sistema che ci permette, come suggerisce il nome stesso, di “sganciarci” facilmente ed in modo immediato dal kite, annullando completamente ed in modo immediato la trazione del kite in caso di emergenza. Va usato in tutte le situazioni, di emergenza e non, in cui vogliamo azzerare completamente la trazione della vela. Ecco un breve elenco delle più comuni:

o rottura di una di una linea o atterraggio autonomo o d’emergenza. In questo caso e’ consigliabile muovere qualche passo verso

la vela per rendere l’impatto più dolce ed evitare rotture o cambiamento repentino delle condizioni atmosferiche o problemi durante decolli e atterraggi o collisioni con altri kite

SGANCIO RAPIDO SUL LEASH DI SICUREZZA E’ lo sgancio rapido che ci separa completamente dalla vela e va usato nel caso in cui il normale sistema di sicurezza della vela non abbia funzionato regolarmente e non sia riuscito ad annullare la trazione della vela oppure se il rimanere collegati al kite ci mette in pericolo. Esempi:

o Il cavo di sicurezza e’ troppo intrecciato con gli altri e non riesce a scorrere. o Il kite si intreccia ad un altro kite che continua a generare trazione

DIVERSI TIPI DI SGANCIO RAPIDO Ogni marca di kite tende ad utilizzare sistemi “personalizzati” di sganci di sicurezza assicuratevi dunque di essere sempre a conoscenza di come si attivino in caso compriate o noleggiate una vela. Gli sganci comunque si possono raggruppare in due grandi famiglie: -quelli che azionati fanno aprire il chicken loop -quelli che azionati sganciano il chicken loop dalla linea del depower

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PROCEDURA DI RIENTRO IN EMERGENZA (Self Rescue) 1. Annullamento della trazione. Lasciamo la barra e azioniamo lo sgancio rapido. La barra scorrerà sul cavo al quale abbiamo agganciato il leash di sicurezza fino a raggiungere lo stopper ball. Rimarrà in tensione solo il cavo agganciato al leash della sicurezza mentre gli altri si allenteranno completamente facendo sventare il kite, che si posizionerà a bandiera o nella posizione a “U”. 2. Recupero delle linee in sicurezza.

Tiriamo il cavo collegato al leash di sicurezza facendo attenzione a non rimanere impigliati nello stesso fino a raggiungere la barra. Prestiamo la massima attenzione ai particolari: non dobbiamo avvolgere mai nessun cavo attorno alle mani o alle braccia; il cavo va recuperato tenendo i palmi delle mani verso il basso, con i mignoli rivolti al kite, in modo che non possa scorrerci tra le mani e ferirci nel caso dovessimo lasciarlo andare. Una volta raggiunta la barra accertiamoci di aver raccolto il cavo di sicurezza per una lunghezza tale che impedisca agli altri cavi di essere in tensione. Se necessario recuperiamone ancora un paio di metri poi blocchiamolo alla barra. A questo punto possiamo avvolgere tutte le linee sulla barra fino a raggiungere il kite in totale sicurezza. Prestiamo sempre la massima attenzione durante quest’operazione per non rimanere attorcigliati nei cavi, cerchiamo di tenerli sempre sottocontrollo sottovento a noi. Nel vento forte il recupero dei cavi a mani nude potrebbe essere difficile. In questo caso possiamo far fare un giro ai cavi attorno al gancio del trapezio per diminuire la pressione dalle mani. E’ importante riuscire a raggruppare i cavi sulla barra per evitare così che la corrente le possa far impigliare da qualche parte o anche solo per agevolare un eventuale recupero da parte di un non kiter che potrebbe rimanere incastrato magari col motore sulle linee stesse. 3. Rientro a terra Una volta raggiunto il kite posizioniamolo a “U”, con il leading edge controvento. Per farlo è utile fare leva sull’ultimo bladder, vicino a una tip. Se siamo molto vicini alla riva potremo semplicemente nuotare fino a terra tenendo il kite sottobraccio dal centro della leading edge o anche sdraiandoci all’interno del kite stesso, sul baldder centrale.

Se invece ci troviamo al largo, possiamo usare il kite come vela e sfruttare il vento come propulsione per rientrare a terra. Spostiamoci verso una tip e con l’aiuto delle briglie o della apposite maniglie posizioniamo il kite come nell’immagine a fianco, con il leading edge controvento, e facciamoci trainare verso riva. Se il kite e’ di misura medio/grande può essere utile sgonfiare leggermente il L.E. per poterlo mantenere più facilmente in questo assetto. Ovviamente le operazioni di rientro sfuttando il kite funzionano solo con venti side o side on shore!

Può essere utile utilizzare il leash vela come un leash tavola durante il rientro di emergenza. Non sgonfiamo mai il kite: un kite completamente gonfio è visibile in acqua da grandi distanze mentre da sgonfio si appiattisce diventando praticamente invisibile. ALTRI CASI DI EMERGENZA: LEADING EDGE SGONFIO Può capitare di ritrovarsi a dover effettuare un rientro d’emergenza dovuto allo sgonfiamento del L.E. In questo caso si procede esattamente nello stesso modo sopra descritto solo che una volta raggiunto l’aquilone lo dovremo arrotolare sull’ bordo d’attacco e sfrutteremo la galleggiabilità dei bladder laterali. Possiamo infatti fare un paio di giri con i cavi per bloccare il kite e utilizzarlo come zattera.

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NORME DI SICUREZZA

Ormai sia in Italia che all’estero le zone in cui è possibile praticare kitesurf sono limitate e regolamentate; molte spiagge possono essere addirittura interdette al kite, specialmente durante la stagione turistica, perché riservate alla balneazione o a tutela ambientale. Si sono quindi individuati dei corridoi di uscita, gestiti da scuole o associazioni, dove ci si ritrova spesso a dover navigare numerosi in uno spazio d’acqua limitato, con l’inevitabile rischio del sovra-affollamento; pericoloso sia a terra durante le delicate operazioni di decollo e atterraggio, che in acqua, dove non sempre è facile calcolare e rispettare le distanze di sicurezza. Rispettiamo sempre le zone interdette alla navigazione, riservate alla balneazione o a tutela ambientale. Verifichiamo e osserviamo le disposizioni delle Autorità locali. Anche per i kiter più esperti, è fondamentale prendere confidenza con il luogo in cui si pratica lo sport, sia per conoscerne i venti caratteristici, le correnti e le maree, sia per evitare possibili pericoli, specialmente quelli non immediatamente visibili, come scogli, reef, e ostacoli sommersi. Chiediamo informazioni alle scuole locali o a chi frequenta abitualmente la spiaggia da cui stiamo per uscire. CONTROLLARE IL METEO Informiamoci sulle previsioni meteo prima di ogni uscita: dobbiamo sempre essere consapevoli dei nostri limiti e andare in acqua solo se l’intensità del vento è adeguata alla nostra esperienza e se la misura del nostro kite è giusta. PREPARARE CORRETTAMENTE L’ATTREZZATURA Prima di armare il kite, verifichiamo di avere uno spazio libero sottovento pari almeno al doppio della lunghezza dei cavi. Controlliamo sempre l'integrità dell'attrezzatura: cavi, attacchi e pinne, footstrap, cuciture e tessuto del kite. Mentre armiamo e prepariamo la vela, assicuriamoci che non possa ripartire da sola nemmeno in caso di forti raffiche impreviste. Verifichiamo sempre due volte di aver collegato bene le linee, e agganciamoci al trapezio solo dopo aver fissato il leash di sicurezza del kite. FAR DECOLLARE IL KITE IN SICUREZZA Prima di far decollare il kite, verifichiamo di non avere ostacoli sottovento. In ogni caso, evitiamo di manovrare l'aquilone sia a terra che in acqua se questo significa farlo volare sulle teste dei bagnanti: un incidente, oltre agli eventuali danni a persone o cose, potrebbe pregiudicare la possibilità di praticare kite in quel luogo. Quando siamo pronti a far decollare il kite, facciamoci assistere da una persona competente e diamole dei comandi precisi perché posizioni il kite correttamente a bordo finestra e non lo lasci andare fin quando non siamo pronti. Se il kite viene lanciato fuori dalla finestra potrebbe cadere all’indietro e rotolare verso il centro della finestra, per poi prendere improvvisamente il volo in piena potenza. In questi casi, non esitiamo ad azionare subito lo sgancio di emergenza, il momento di esitazione può essere fatale. Il kite va sempre fatto decollare dalla parte dell’acqua, dove il vento è meno perturbato, e tenuto basso a bordo finestra fino a quando entriamo in acqua. Se tenuto allo zenit, il kite potrebbe sollevarci da terra in caso di forti raffiche o correnti ascensionali.

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Spieghiamo agli allievi i possibili errori durante il decollo e come intervenire. Il kite è instabile e tende ad avanzare mentre l’assistente lo sta trattenendo. Significa che non è a bordo della finestra, ma si trova in una zona di potenza, oppure che il vento è molto irregolare. Se l’assistente lasciasse andare il kite, ci troveremo subito trascinati dalla potenza del kite: in questo caso è fondamentale azionare immediatamente lo sgancio rapido e lasciare andare la barra.

Mentre l’assistente tenta di tenerlo in verticale, il kite non si sostiene e tende a ricadere all’indietro. In questo caso il kite è fuori finestra o il vento è troppo leggero. Se l’assistente lasciasse il kite, questo potrebbe cadere e rotolare verso il centro della finestra per poi ripartire improvvisamente: anche in questo caso è necessario sganciarsi immediatamente dal kite. Il kite si trova a bordo finestra, il vento è sufficiente a far volare il kite, ma quando l’assistente lo lascia non riusciamo a farlo risalire verso le parti più alte della finestra. Può dipendere da una cattiva regolazione del kite o da modelli di kite “total de-power”, cioè con un’ampia escursione del del sistema de-power: se le back lines non sono in tensione, i comandi non arrivano al kite. Dobbiamo esagerare un po’ il comando oppure tirare leggermente la barra verso di noi per mettere in tensione i cavi mentre diamo il comando. Subito dopo il decollo, il kite prende potenza e ci trascina. Abbiamo mosso il kite troppo velocemente verso l’alto, dando un comando esagerato o tenendolo per troppo tempo. Il kite attraversa le zone di potenza e non riusciamo a contrastarlo. Dobbiamo immediatamente depotenziare il kite lasciando la barra e azionando lo sgancio rapido. Il kite a bordo finestra è instabile, avanza a scatti o cade. Succede con vento molto leggero o rafficato, perché all’arrivo di una raffica il kite può accelerare e trovarsi subito dopo oltre il bordo della finestra, perdendo la capacità di volare. In questi casi è possibile recuperare la tensione nei cavi e il controllo del kite facendo subito qualche passo indietro, nella direzione del vento. Un errore frequente è invece quello di camminare nella direzione opposta ai cavi: in questo caso, anche se si recupera momentaneamente la tensione nei cavi, il kite continua a trovarsi fuori dalla finestra, e non si riesce a riprenderne il controllo. ANDARE IN ACQUA IN SICUREZZA Quando possibile, non avventuriamoci in acqua da soli, e comunque avvisiamo sempre della nostra uscita un compagno a terra; un telefono cellulare chiuso in una busta stagna deve far parte della nostra dotazione di sicurezza: memorizziamo i numeri da chiamare in caso di emergenza (capitaneria, guardia costiera, carabinieri, eventuali servizi di recupero, ecc.). Indossiamo sempre il salvagente, e se usiamo il leash per la tavola non dimentichiamo il caschetto. Teniamoci lontani dai segnali di pericolo in acqua (boa con bandiera bianca/rossa, barile bianco con croce gialla, barile giallo con croce nera, o barile giallo/nero con cono nero). Rispettiamo gli spazi di bagnanti, surfisti e windsurfisti: cerchiamo uno specchio d'acqua sottovento dove non arrecare disturbo né danno a nessuno. Rispettiamo scrupolosamente la distanza di sicurezza e le precedenze. PRECEDENZE Durante la navigazione, siamo considerati delle imbarcazioni a vela e come tali dobbiamo rispettare le precedenze, salvo che ci siano diverse disposizioni emanate dalle autorità locali

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(Comuni, Capitanerie di Porto…). Ogni volta che la nostra rotta si incrocia con quella di un’altra imbarcazione, chi ha diritto di precedenza deve mantenere la propria andatura mentre l’altra imbarcazione esegue la manovra di disimpegno modificando la propria rotta. Comunque entrambi dovranno agire per evitare ogni possibilità di collisione. Vediamo alcune delle principali regole di precedenza, fermo restando che dovremo sempre attenerci a eventuali disposizioni che integrino o modifichino queste norme generali. Le imbarcazioni a vela (compresi quindi windsurf e kite) hanno la precedenza su quelle a motore, con l’eccezione di imbarcazioni di linea, della polizia o di salvataggio, barche da lavoro o pescherecci al lavoro, che hanno sempre diritto di precedenza. Nel caso di incrocio tra due imbarcazioni a vela, e quindi anche tra due kiter o tra un kiter e un windsurf, ha diritto di precedenza chi ha le mura a dritta (destra). Verifichiamo con degli esempi che gli allievi abbiano chiaro il concetto di mure a dritta e mure a sinistra. Se navighiamo mure a sinistra e la nostra rotta rischia di incrociare quella di un altro kiter o di una imbarcazione, dobbiamo quindi cambiare direzione oppure modificare per tempo la nostra rotta per evitare l’incrocio.. Se passiamo sottovento a un altro kiter teniamo la nostra vela molto bassa per non costringere l’altro ad alzare la sua, operazione che può far perdere aderenza all’acqua portandolo alla caduta o a un improvviso scarroccio, ovvero a venirci contro! Se passiamo sopravvento, ricordiamoci invece che chi si trova sottovento non può avere una visione completa di quello che succede alle sue spalle: sempre meglio mantenersi a distanza di sicurezza. Resta comunque valido il principio generale di evitare sempre le collisioni, anche quando si ha diritto di precedenza: valutiamo sempre attentamente anche la possibilità che l’altro sia impossibilitato a manovrare correttamente, per problemi tecnici o per semplice inesperienza. Esistono inoltre regole di buon comportamento e di correttezza che vale sempre la pena ricordare: se stiamo già navigando, diamo la precedenza a che sta compiendo le delicate manovre di uscita dalla spiaggia o a chi sta rientrando.

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3. TERZA LEZIONE

OBIETTIVO DELLA LEZIONE Gli allievi devono sapersi muovere in acqua trainati dal kite in tutte le andature, per poter uscire e rientrare dalla spiaggia o dai corridoi di uscita, per recuperare la tavola o un qualsiasi oggetto in acqua, per soccorrere una persona in difficoltà. Insegneremo inoltre agli allievi come utilizzare il kite per un eventuale rientro in emergenza.

NUMERO DI ALLIEVI E DURATA DELLA LEZIONE Il numero di allievi va calcolato in base alle ore di vento che presumibilmente si avranno a disposizione. Dopo un briefing iniziale per spiegare agli allievi gli esercizi, della durata di circa mezz’ora, servirà infatti circa un’ora per ogni allievo per eseguire gli esercizi in acqua.

PROGRAMMA DELLA LEZIONE

preparazione al body drag esercizi in body drag (rilancio dall’acqua, sgancio rapido e self rescue se non sono stati fatti nella lezione

precedente)

D’ora in poi, le lezioni prevedono una briefing di gruppo a terra con la spiegazione degli obiettivi che si vogliono ottenere e di come raggiungerli, e poi le esercitazioni individuali in acqua, con un mezzo di appoggio.

MATERIALE NECESSARIO

Attrezzatura da preparare prima dell’inizio della lezione:

- il modellino/simulatore kite - 2 o 3 kite gonfiabili di dimensioni adeguate al vento e al peso degli allievi - una tavola - una barca di appoggio debitamente equipaggiata - una pompa o un compressore per gonfiare il kite (può rimanere sempre sulla barca) - per ogni allievo: muta adeguata alla temperatura dell’acqua, trapezio con leash per il kite,

salvagente, elmetto

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PREPARAZIONE AL BODY DRAG

E’ importante che gli allievi siano preparati a quello che stanno per affrontare in acqua. Dedicando mezz’ora alla spiegazione degli esercizi a terra o durante lo spostamento con la barca, ci risparmieremo di doverlo fare quando gli allievi saranno in acqua e otterremo quindi diversi risultati: - risparmieremo tempo e potremo fare lezione a un numero maggiore di allievi - gli allievi saranno più rilassati e meno tesi - gli allievi si stancheranno meno e potranno fare più esercizi Spieghiamo quindi ai nostri studenti l’obiettivo della giornata: sono pronti per affrontare l’acqua e lo faranno nella forma più divertente in assoluto, vale a dire facendosi trascinare dal kite senza tavola. Alla fine della lezione sapranno muoversi in tutte le andature: nel body drag l’andatura più naturale è quella di lasco/poppa, nella stessa direzione del vento, ma è possibile e molto utile andare di traverso al vento e addirittura risalirlo di qualche grado, per poter uscire e rientrare dalla spiaggia o dai corridoi di uscita, per recuperare la tavola o un qualsiasi oggetto in acqua, per soccorrere una persona in difficoltà in acqua. In acqua inoltre, lontano dai pericoli legati alla spiaggia, potranno anche sfruttare tutta la potenza dell’ala per acquisire sicurezza nelle manovre, tranquillità e acquaticità. Con l’aiuto di un video, di alcune immagini, o del simulatore, illustriamo agli allievi gli esercizi che dovranno eseguire e diamo loro le indicazioni su come gestire l’equilibrio in acqua. D’ora in poi infatti oltre al kite dovranno saper gestire il loro equilibrio in acqua. Per ogni esercizio fissiamo quindi l’obiettivo, e diamo dei consigli sia su come muovere il kite che sulla migliore posizione del corpo.

OBIETTIVO MOVIMENTO DEL KITE POSIZIONE DEL CORPO

Stare fermi Tenere il kite fermo allo zenit Spalle e testa vicine alla barra, gambe a fondo

Navigare di poppa Eseguire delle traiettorie a 8 rovesciato

Testa vicina alla barra, gambe indietro

Navigare a destra e a sinistra

Tenere il kite fermo a 45° circa a bordo finestra

Scivolare piatti in acqua, pancia in giù, gambe indietro

Navigare di bolina Tenere il kite fermo a bordo finestra con una mano

Usare il braccio sopravvento come timone puntando di bolina

Mettere la tavola Tenere il kite fermo allo zenit

Rannicchiarsi per mettere la tavola, nuotare con le braccia per non ruotare

Rientro in emergenza

Tenere il kite a bordo finestra dopo lo sgancio

Come ultimo e fondamentale consiglio, ricordiamo agli allievi che in caso di problemi di qualsiasi tipo, (eccesso di trazione, perdita dell’equilibrio, errore di pilotaggio, ecc.) basterà togliere le mani dalla barra perché il kite si depotenzi e voli verso le zone neutre. SCELTA DELLO SPOT Il modo più sicuro per fare body drag è di praticarlo al largo, in acqua fonda, utilizzando una barca d’appoggio con persone abili nel condurla e con la conoscenza delle problematiche del kitesurf.

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Se abbiamo la possibilità di esercitarci in una zona sufficientemente ampia di acqua poco profonda, dobbiamo assolutamente tenere conto di queste regole:

non è possibile effettuare il body drag quando il vento viene dal mare e ci spinge a terra, e diventa assolutamente pericoloso quando il vento viene da terra spingendoci al largo;

usciamo quindi con il vento parallelo alla spiaggia e teniamo presente che in andatura di lasco/poppa percorreremo velocemente molta strada, e potremmo incontrare bagnanti o altri ostacoli che possono mettere in pericolo gli altri e noi stessi. Pianifichiamo quindi bene il percorso, considerando anche l’eventualità in cui il kite cada nell’acqua e gli allievi dovessero non più riuscire a rilanciarlo: anche in questo caso la loro direzione sarà quella del vento;

Oltre all’intensità e alla direzione del vento, dobbiamo sempre fare attenzione ad altre caratteristiche dello spot, cioè del luogo in cui vogliamo praticare lo sport. Scegliamo spiagge non affollate, e verifichiamo che non ci siano ostacoli né a terra né in acqua. Valutiamo sempre bene le condizioni meteo-marine.

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ESERCIZI IN BODY DRAG

ESERCIZIO N.1 – EQUILIBRIO IN ACQUA CON IL KITE ALLO ZENIT OBIETTIVO: come primo approccio all’acqua, gli allievi devono imparare a gestire il loro equilibrio. ESECUZIONE: se partiamo dalla barca, dopo aver verificato che il kite sia correttamente armato e trimmato, agganciamolo all’allievo e aiutiamolo ad effettuare il decollo. L’allievo deve sedere sul bordo sottovento della barca o del gommone, con le gambe già all’esterno della barca. Chiediamo all’allievo di tenere la vela allo zenit; il bladder centrale ci indica esattamente la direzione del vento. Prendiamo dei punti di riferimento all’orizzonte per individuare i bordi della finestra e la linea di massima potenza, perché una volta in movimento sarà facile perdere il senso dell’orientamento. Quando l’allievo è rilassato possiamo farlo scendere in acqua. Ricordiamogli di tenere la posizione corretta di navigazione, perché mantenendo la vela allo zenit il vento lo spingerà comunque leggermente in poppa, per questo dovrà assecondare l’andatura tenendo le spalle molto vicine alla barra, e i piedi a fondo e all’indietro. In questo modo potrà mantenere l’equilibrio e controllare il kite. La trazione del kite sul gancio del trapezio però agisce sul bacino tendendo a portarlo pancia all’aria: in questa posizione le gambe fanno perno e corre il rischio di ruotare su sè stesso e di perdere l’equilibrio. Istintivamente si aggrapperà alla barra e darà dei comandi involontari al kite: probabilmente finirebbe col bere acqua a sufficienza da non voler ripetere l’esperienza! Ogni volta che l’allievo dovesse perdere il controllo del kite per qualsiasi motivo ricordiamogli quindi di togliere subito le mani dalla barra: senza più alcun comando, il kite volerà naturalmente a bordo finestra, minimizzando la sua trazione e permettendoci di riprendere il controllo della situazione.

PROBLEMI E SOLUZIONI

Uno dei problemi più frequenti durante i primi esercizi in acqua riguarda l’involontaria rotazione del corpo: se l’allievo lascia che la trazione del kite sul bacino gli sollevi le gambe in avanti, queste faranno perno in acqua e anche con poca trazione rischierà di ruotare finendo col dare le spalle alla vela; diventa quindi molto più difficile controllare il kite e probabilmente l’allievo col perdere completamente l’equilibrio. Per mantenere l’assetto deve assecondare lo scorrimento nell’acqua: chiediamogli di tenere il busto in avanti e le spalle molto vicino alla barra, spingendo le gambe all’indietro. Ogni volta che l’allievo si ritrova con le gambe avanti e inizia un’involontaria rotazione del corpo, insegniamogli a contrastarla lasciando la barra per dare qualche ampia bracciata dalla parte opposta al senso di rotazione.

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Se il vento è leggero o rafficato o se c’è molta onda, il kite allo zenit è instabile e può stallare. In questi casi possiamo aiutare l’allievo a risolvere il problema facendogli tenere l’ala a bordo della finestra ma non proprio allo zenit, oppure facendola muovere delicatamente a destra ed a sinistra dello zenit. ESERCIZIO N.2 – ANDATURA DI LASCO/POPPA OBIETTIVO: imparare a muoversi nella direzione del vento e gestire la potenza del kite. ESECUZIONE: per partire nella direzione del vento facciamo eseguire agli allievi delle traiettorie a 8 rovesciato: il corpo deve essere completamente rilassato e devono planare sulla pancia lasciando che le gambe rimangano dietro. L’inconveniente in cui possono incorrere ancora una volta è quello di ruotare involontariamente pancia all’aria con le conseguenze che già conosciamo: potranno risolvere il problema solo evitando di rimanere contratti.

Per evitare che gli allievi possano spaventarsi, facciamoli eseguire inizialmente delle piccole rotazioni nella parte più alta della finestra. Ricordiamo loro di tenere sempre le spalle sopra alla barra che sarà parallela all’acqua, e di seguire con le spalle e il busto ogni movimento dell’aquilone. Ogni volta che il kite inizia una rotazione spostandosi alla nostra destra o alla nostra sinistra, dovranno seguirlo con le spalle. Man mano che prendono confidenza con la trazione, fateli divertire: eseguendo gli otto nella parte alta della finestra, ogni volta che il kite si avvicina alla linea di massima potenza tenderà a sollevarli completamente dall’acqua, e avanzeranno quindi a strattoni.

Inizialmente facciamo eseguire l’esercizio con la barra a fine corsa del depower, ma poi chiediamo agli allievi di ripeterlo utilizzando il depower: per abituarsi alla trazione potanno tirare la barra proprio quando il kite attraversa le zone centrali della finestra.

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ESERCIZIO N.3 – NAVIGARE CON IL KITE A BORDO FINESTRA OBIETTIVO: imparare a muoversi a destra e a sinistra mantenendo il kite fermo a bordo finestra, anche con una mano sola. ESECUZONE: dalla posizione di kite allo zenit chiediamo agli allievi di far scendere l’ala lentamente lungo il bordo della finestra come se dovessero farla atterrare, ma di fermarla ad una altezza di circa 45° dal livello dell’acqua. Inizieranno a muoverci di traverso al vento e dovranno cercare di distendersi più possibile per creare meno resistenza e favorire l’avanzamento. In condizioni di poco vento sarà meglio portare il kite in una parte più alta del bordo della finestra per evitare che possa stallare. Facendosi trainare dal kite di traverso al vento potranno incorrere ancora più facilmente nel problema della rotazione del corpo pancia all’aria, perché tenderanno a stare sul fianco e a seguire con la barra la rotazione della vela, ritrovandosi con la barra verticale rispetto all’acqua: ricordiamo loro di tenere la barra orizzontale, appoggiata in acqua, in modo che anche le loro spalle rimangano in orizzontale. Facciamo eseguire lo stesso esercizio togliendo la mano sopravvento dalla barra: per poter gestire anche il depower, gli allievi dovranno tenere la mano che pilota abbastanza centrale. Andare di traverso sarà molto utile nei momenti di allontanamento e avvicinamento alla spiaggia.

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ESERCIZIO N.4 – ANDATURA DI BOLINA OBIETTIVO: saper bolinare con il corpo è fondamentale. Praticando kitesurf qualche caduta è inevitabile, e la tavola rimane inevitabilmente sopravvento a noi. Risalire il vento ci permette quindi di recuperare la nostra tavola.

ESECUZIONE: dall’andatura di traverso basta staccare dal boma la mano sopravvento (quella della direzione in cui ci stiamo movendo) ed immergerla in verticale sotto il pelo dell’acqua, con il palmo aperto e le dita unite: bisogna stendere tutto il braccio puntando la mano a 45° dalla direzione del vento. Quando si naviga di bolina ci si trova a manovrare il boma con una sola mano, la sinistra se ci si sta movendo a destra e viceversa: bisognerà quindi tirare per far salire la vela e spingere per abbassarla.

Quando riescono a navigare correttamente di bolina sia a destra che a sinistra, chiediamo agli allievi di recuperare la tavola, dopo che l’avremo lasciata cadere in acqua una decina di meri sopravvento a loro. Per raggiungere prima la tavola potrebbero puntare la mano quasi controvento, ma in realtà in questo modo finiranno per scarrocciare, allontanandosi dalla tavola stessa. Chiediamo quindi agli allievi di verificare sempre se stanno mantenendo la rotta corretta, prendendo dei punti di riferimento all’orizzonte.

Quando saranno a pochi metri dalla tavola, dovranno riportare la vela lentamente allo zenit per fermarsi, e potranno raggiungere la tavola con qualche bracciata, tenendo la vela ferma allo zenit. Insistete molto su questo esercizio, perché è fondamentale per la futura autonomia e sicurezza dei vostri allievi.

traverso

bolina

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ESERCIZIO N.5 – METTERE LA TAVOLA AI PIEDI OBIETTIVO: gli allievi devono imparare a gestire la tavola, cercando di infilarsela ai piedi, pronti per affrontare la lezione di partenza. ESECUZIONE: chiediamo agli allievi di tenere il kite allo zenit e lasciare la barra, usando le mani per aiutarsi a mantenere l’equilibrio in acqua. Quando l’ala si sposta dovranno dare una correzione breve ma decisa per riportarla allo zenit, utilizzando una sola mano. Questo esercizio ci aiuta a capire i tempi di reazione dell’ala e ci permetterà di avere le mani libere quando dovremo recuperare la tavola e mettercela ai pedi. Facciamo ripetere l’esercizio portando le gambe avanti, perché questa sarà la posizione in cui si troveranno quando dovranno infilare la tavola; ora l’equilibrio è più precario, perché le gambe fanno da perno nell’acqua ed è più facile trovarsi a ruotare; come sempre dovranno tenere la centralità dando qualche bracciata dalla parte opposta a quella in cui si stanno spostando le gambe.

Quando il kite è stabile allo zenit, chiediamo agli allievi di recuperare la tavola e portarla esattamente di fronte a loro: le prime volte potete scegliere di usare un leash per facilitare il recupero della tavola. Raccomandate agli allievi di continuare a controllare il kite mentre eseguono questi esercizi e di usare entrambe le mani per la tavola ogni volta che il kite è stabile allo zenit. Per infilare la tavola, dovranno metterla di taglio nell’acqua e rannicchiarsi bene per infilare i piedi negli streps contemporaneamente. Questo accorgimento li aiuta a mantenere la centralità, ma se hanno una buona acquaticità nulla vieta di infilare un piede alla volta.Fate rispettare sempre scrupolosamente la posizione della tavola e della vela: la riuscita di queste operazioni è frutto dell’equilibrio tra il kite ed il corpo, e non della rapidità d’azione.

Anche dopo aver infilato i piedi negli streps rimane il pericolo di ruotare con il corpo: potranno come sempre aiutarsi con qualche bracciata, e la tavola stessa tenuta di taglio nell’acqua può agire come un remo per mantenere la centralità.

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PROBLEMI E SOLUZIONI Alcuni allievi, specialmente quelli in soprappeso, possono avere molta difficoltà ad infilarsi la tavola. Anche l’attrezzatura stessa può creare dei problemi: una muta molto spessa e rigida o un trapezio ingombrante non aiutano certo a rannicchiarsi. Verificate che le straps della tavola non siano troppo strette. Se gli allievi proprio non riescono a piegarsi abbastanza possono infilare prima un solo piede, tenendo la tavola dalla strap opposta, e poi cercare di infilare l’altro senza l’aiuto delle mani e con le gambe più distese. Uno dei problemi più comuni quando gli allievi hanno la tavola ai piedi, ancora una volta è la rotazione del corpo. Per mantenere l’equilibrio la tavola deve sempre trovarsi esattamente perpendicolare alla trazione del kite. E’ importante quindi che gli allievi sappiano correggere la posizione del kite appena questo si sposta dallo zenit, oppure che riescano a tenere la tavola nella giusta opposizione.

.

Soluzione: quando il kite si sposta lungo il

bordo finestra, usiamo le gambe o

aiutiamoci con qualche ampia bracciata per riportare la tavola perpendicolare alla

trazione e mantenere l’equilibrio.

Fase di pre-partenza, con il kite allo zenit.

La centralità tra la posizione del kite, della

tavola e del nostro corpo ci permette di mantenere l’equilibrio. Qui sotto è

raffigurato il corretto assetto del corpo,

visto dall’alto.

Problema: se il kite slitta lungo il bordo

finestra, la tavola non è più perpendicolare

alla direzione della trazione. Senza la giusta opposizione della tavola la trazione

del kite ci farà ruotare.

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4. QUARTA LEZIONE

OBIETTIVO DELLA LEZIONE Gli allievi faranno i primi esercizi di partenza, imparando ad utilizzare e dosare la potenza del kite e ad assecondare la trazione con il corpo per uscire dall’acqua nel modo più morbido e controllato.

NUMERO DI ALLIEVI E DURATA DELLA LEZIONE Il numero di allievi va calcolato in base alle ore di vento che presumibilmente si avranno a disposizione. Dopo un briefing iniziale per spiegare agli allievi la tecnica di partenza, della durata di circa un’ora, servirà infatti circa un’ora per ogni allievo per eseguire gli esercizi in acqua.

PROGRAMMA DELLA LEZIONE

preparazione alla partenza esercizi di partenza andatura

Anche questa lezione prevede prima un briefing di gruppo a terra con la spiegazione degli obiettivi che si vogliono ottenere e di come raggiungerli, e poi le esercitazioni individuali in acqua, con un mezzo di appoggio.

MATERIALE NECESSARIO

Attrezzatura da preparare prima dell’inizio della lezione:

- il simulatore kite - 2 o 3 kite gonfiabili di dimensioni adeguate al vento e al peso degli allievi - una o due tavole di dimensioni adeguate agli allievi - una barca di appoggio debitamente equipaggiata - una pompa o un compressore per gonfiare il kite (può rimanere sempre sulla barca) - per ogni allievo: muta adeguata alla temperatura dell’acqua, trapezio con leash per il kite,

salvagente, elmetto

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PREPARAZIONE ALLA PARTENZA

La partenza è il frutto di una serie di accorgimenti che vanno rigorosamente rispettati. Trascurare anche uno solo di questi dettagli può comprometterne la riuscita, o comunque farci salire sulla tavola in modo incontrollato e scomposto. Passiamo un po’ di tempo a terra insieme agli allievi e analizziamo passo per passo la manovra, facendo anche qualche facile esercizio di simulazione. Come abbiamo fatto negli esercizi con il kite a cassoni a terra, abbasseremo il kite nella finestra quanto basta per trovare la potenza necessaria a salire sulla tavola, concentrandoci invece sulla corretta posizione del corpo: se gestiremo bene il nostro peso, avremo bisogno di meno trazione e potremo ridurre i movimenti del kite, partendo con facilità e controllo, senza strattoni.

2. “carichiamo” la vela facendola scivolare a bordo

finestra dalla parte opposta alla direzione di partenza; durante questa operazione facciamo attenzione a mantenere sempre la tavola di traverso al vento o addirittura leggermente di bolina;

3. diamo alla vela il comando necessario per

addentrarsi nella zona di potenza e tiriamo gradualmente a noi la barra fino ad avere sufficiente trazione; man mano che ci sentiamo sollevare assecondiamo la trazione e seguiamo con le spalle lo spostamento del boma; il busto deve mantenere la direzione delle linee; la testa deve sfiorare la barra; restiamo rilassati e non aggrappiamoci con le braccia al boma; teniamo le gambe morbide, lasciando che si flettano;

4. appena la vela entra nella zona di potenza e inizia a

sollevarci, facciamola rapidamente risalire verso l’alto e rilasciamo un po’ la barra in avanti; teniamo le gambe rilassate e solo una volta completamente fuori dall’acqua, estendiamole per portare il sedere indietro e in basso, a sfiorare l’acqua, per contrastare la trazione della vela; il busto invece rimane nella direzione delle linee e il naso a pochi centimetri dal boma.

Approfondiamo con gli allievi ogni punto, per comprenderne l’importanza:

1. far slittare leggermente il kite dalla parte opposta a quella in cui vogliamo partire ci serve per centrare meglio le zone di potenza, ma non esageriamo questo movimento perché altrimenti la trazione del kite ci farà ruotare e perdere l’assetto con la tavola; potremo anche prevenire la rotazione tenendo la tavola leggermente di bolina ancora prima di caricare la vela, oppure rannicchiando la gamba posteriore mentre facciamo slittare il kite a bordo finestra;

PARTENZA

1. Mentre il kite

slitta lungo il bordo finestra,

teniamo il busto

verticale.

2. Rannicchiamo

le gambe e

teniamo la testa vicine alla barra

mentre il kite

acquista potenza.

3. Una volta saliti

sulla tavola,

manteniamo la testa vicina al

boma e il busto

nella direzione delle linee. Per

contrastare la

trazione sottovento,

spingiamo

sopravvento il sedere.

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2. andiamo alla ricerca della trazione necessaria al sollevamento, portando il kite nelle zone di potenza ma soprattutto utilizzando correttamente il de-power: mentre il kite scende avviciniamo gradualmente a noi la barra per far aumentare la trazione. Ricordiamoci che per far fare una rotazione stretta alla dobbiamo imprimere al boma un comando fluido ma sufficientemente ampio. Man mano che arriva la trazione dobbiamo assecondarla senza irrigidirci; seguiamo con la testa e le spalle lo spostamento del boma e teniamo il busto nella direzione delle linee; il nostro obiettivo deve essere quello di opporre meno resistenza possibile alla vela, per poter partire in modo morbido e sicuro, con la minima trazione necessaria. Spesso invece l’istinto ci porta a contrastare la trazione, portando indietro le spalle: in questo modo si viene a creare una leva svantaggiosa e si richiede al kite molta più energia per poterci far uscire dall’acqua. E’ fondamentale mantenere sempre la testa e le spalle vicinissime al boma: quando il kite inizia a tirarci in avanti la testa lo segue con uno slancio; non aggrappiamoci con le braccia alla barra nel tentativo di aiutarci a sollevarci: in questo modo andiamo involontariamente ad agire sul de-power; le braccia devono rimanere completamente rilassate. All’aumentare della trazione le gambe devono piegarsi naturalmente e il sedere si avvicina ai talloni. Mano a mano che il kite acquista potenza, la tavola deve trovarsi di taglio nell’acqua, esattamente perpendicolare alla trazione: in questo modo farà da perno e ci permetterà di ruotare in avanti fino ad uscire dall’acqua. Quasi senza accorgercene ci ritroveremo sopra la tavola. Istintivamente invece durante le prime partenze siamo spesso portati ad irrigidire le gambe e a spingere sulla tavola nel tentativo di sollevarci: l’eccesso di pressione finisce invece per far affondare o spiattellare in avanti la tavola.

3. mentre stiamo salendo sulla tavola non dimentichiamoci della vela: se non le diamo più

nessun comando e la lasciamo proseguire nella sua discesa, arriverà a bordo finestra, o peggio, si schianterà in acqua. Quando la vela entra nella fascia di potenza e inizia a sollevarci dall’acqua, dobbiamo subito richiamarla verso l’alto facendola correre in verticale di fronte a noi fino allo zenit; la risalita della vela continuerà a darci la trazione necessaria a navigare, a condizione che il kite si mantenga veloce; spingiamo quindi avanti la barra per velocizzare il kite; teniamo le gambe rilassate e solo una volta completamente fuori dall’acqua, estendiamole per portare il sedere indietro e in basso, a sfiorare l’acqua, per contrastare la trazione del kite; il busto invece rimane nella direzione delle linee e il naso a pochi centimetri dal boma; in questo modo scarichiamo quasi tutto il peso del nostro corpo sulla vela evitando di gravare sulla tavola che non è in grado di sostenerci finché non raggiungiamo una certa velocità (planata). Se portiamo le spalle indietro gran parte del nostro peso va a scaricarsi sulla tavola, facendola affondare.

Ricordiamo agli allievi che la traiettoria del kite deve essere adeguata all’intensità del vento e alle dimensioni della vela: la discesa verso la zona di potenza sarà meno decisa se troviamo abbastanza trazione già nelle zone intermedie della finestra. Questa è la situazione ideale per l’apprendimento e la pratica dello sport nelle migliori condizioni di sicurezza e manovrabilità. Se ci si trova in condizioni di “sottoinvelatura” (kite di taglia piccola rispetto al nostro peso e all’intensità del vento) o se il vento è molto leggero biosgna sfruttare al meglio il vento di avanzamento, mantenendo sempre il kite in movimento e sfruttandone la velocità e per trovare la trazione necessaria al sollevamento si deve far compiere alla vela una decisa picchiata verso le zone più centrali della finestra, seguita da una rapida risalita in verticale. E’ importante usare correttamente il de-power tirando la barra per sfruttare tutta la trazione disponibile durante la discesa del kite. Quando facciamo risalire il kite verso lo zenit, è fondamentale invece rilasciare la barra per non rallentare il kite. I comandi di rotazione devono essere decisi e ampi. Nel caso di vento forte (o con kite di dimensioni maggiori) si può trovare trazione sufficiente nell’area prossima al bordo della finestra. In questo caso è importante avere buona confidenza con il sistema de-power per scaricare eventuali eccessi di trazione. Basta infatti spostare leggermente il kite dallo zenit verso destra (o sinistra) e tirare la barra per trovare la trazione necessaria a mantenerci sulla tavola.

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Insistiamo anche sull’importanza della corretta posizione del corpo: meno ci opponiamo alla trazione più facile sarà sollevarsi sulla tavola. Il corpo rimarrà sempre morbido e asseconderà la trazione durante l’uscita dall’acqua. Andremo contrastare il kite solo dopo esserci sollevati, per evitare di cadere sottovento. Per abituare gli allievi a rimanere morbidi possiamo simulare delle partenze a terra, facciamo sedere gli allievi a terra e tiriamoli in avanti dalle braccia: devono rimanere rilassati e sollevarsi dolcemente assecondando la nostra trazione, senza mai irrigidirsi.

ESRCIZI DI PARTENZA

Con vento molto leggero (o kite piccoli) dobbiamo cercare la potenza nelle zone più

centrali della finestra: aumentiamo la

rincorsa e facciamo picchiare il kite con

decisione.

In questa finestra invece la potenza si trova nelle fasce intermedie. Spostiamo

leggermente il kite dallo zenit e

facciamolo scendere verso il basso senza

raggiungere il centro della finestra.

In condizioni di vento più forte la potenza si trova già nelle fasce più esterne della

finestra. Basterà spostare leggermente il

kite dallo zenit per avere la trazione che ci

serve.

Il nostro corpo può mantenersi in posizione eretta (o accovacciata) finché rispetta il suo asse di equilibrio, una linea che lo attraversa dalle spalle

ai piedi. Se spostiamo le nostre spalle da questo asse abbiamo invece bisogno di una forza che ci trattenga e più ci allontaniamo dalla nostra

linea di equilibrio, maggiore deve essere la forza che ci sostiene. In acqua è il kite a doverci fornire questa trazione.

In acqua, con la tavola ai piedi, siamo

ben lontani dal nostro asse di equilibrio. Per partire con il minimo della trazione,

dobbiamo riportare le spalle e la testa il

più possibile vicino a questa linea.

Mentre facciamo scendere il kite lasciamo

che le gambe si flettano morbidamente e portiamo le spalle e la testa avanti, vicini alla

barra, seguendo con il busto la direzione delle

linee del kite. Non allunghiamo le gambe prima di aver raggiunto la nostra linea di

equilibrio.

Errori frequenti sono quelli di tenere testa

e spalle lontane dalla barra, o di cercare di distendersi prima di aver raggiunto la linea

di equilibrio; siamo così costretti a

ricercare una trazione maggiore, facendo scendere il kite nelle zone più centrali

finestra, dove la potenza arriva in maniera

esplosiva.

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SCELTA DELLO SPOT E DELL’ATTREZZATURA Nel tentativo di effettuare le prime partenze con la tavola si perde molto spazio in acqua; sarà opportuno come al solito valutare la direzione e l’intensità del vento, pianificando il percorso. Se possibile esercitiamoci in una giornata di vento “moderato”(11-16 nodi), per poter effettuare le prime partenze con un kite non troppo piccolo e nervoso. Una taglia di kite più grande risulterà più lenta e quindi più facile da gestire e consentirà agli allievi di trovare la trazione che ci serve senza doverci addentrare nelle zone più centrali della finestra. Scegliamo una tavola abbastanza grande perché molto del peso degli allievi graverà proprio sulla tavola finché non impareranno a farsi sostenere bene dal kite, l’ampia galleggiabilità perdonerà qualche inevitabile insicurezza nell’equilibrio. ESERCIZIO N.1 - GESTIONE DEL KITE OBIETTIVO: capire quanta energia serve al sollevamento del corpo e trovare la giusta trazione nella finestra. ESECUZIONE: senza tavola, facciamo provare agli allievi più volte il movimento del kite per la partenza: dopo aver fatto slittare leggermente il kite a bordo finestra, lo devono abbassare alla ricerca della trazione e riportarlo allo zenit appena si sentono sollevare un po’ dall’acqua. Facciamoli iniziare con delle discese appena accennate e chiediamo loro di aumentare gradualmente la durata e l’inclinazione delle picchiate del kite, facendolo scendere progressivamente all’interno della finestra, per prendere confidenza con la potenza. Quando gli allievi sono in grado di eseguire la corretta traiettoria con il kite, facciamoli concentrare sull’utilizzo del depower: dovranno tirare la barra nel momento in cui il kite passa davanti a loro, e allungare le braccia durante la risalita del kite allo zenit.

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ESERCIZIO N. 2 – GESTIONE DEL CORPO OBIETTIVO: la partenza è sempre lo scoglio più difficile da superare nell’apprendimento del kitesurf. Quello che ci impedisce di salire sulla tavola e iniziare a bordeggiare è quasi sempre la rigidità muscolare, una tensione del corpo che non permette di adeguarci ai cambiamenti di equilibrio che la partenza comporta. A volte ci si ritrova ad alzarsi sulla tavola involontariamente, quando si riporta il kite allo zenit dopo un tentativo di partenza fallito, proprio perché in quel momento non abbiamo più la tensione dell’obiettivo da raggiungere. Con questo esercizio, abituiamo gli allievi a rimanere rilassati. Proprio per evitare che si irrigidiscano per la tensione, dite agli allievi che in questo esercizio non devono alzarsi sulla tavola. ESECUZIONE: chiediamo agli allievi di far scorrere il kite a destra e sinistra dello zenit con dei piccoli otto nella parte più alta della finestra, tenendo la tavola ai piedi. Ogni volta che il kite passa esattamente davanti a loro nella direzione del vento dovranno tirare la barra e avvicinarsi con le spalle alla barra stessa, tenendo le gambe rilassate. Si ritroveranno ad alzarsi… In questo modo potranno comprendere che basta davvero poca potenza del kite per salire sulla tavola se hanno una corretta gestione del nostro corpo.

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ESERCIZIO N.3 – PARTENZA CON LA TAVOLA OBIETTIVO: gli allievi sono ora pronti per affrontare le prime partenze con la tavola. ESECUZIONE: semplicemente, chiedete agli allievi di ripetere l’esercizio precedente, ma invece di eseguire degli 8 con il kite, dovranno disegnare la traiettoria provata con il primo esercizio.. Facciamoli iniziare con delle discese appena accennate e se necessario chiediamo loro di aumentare gradualmente la durata e l’inclinazione delle picchiate del kite, facendolo scendere progressivamente all’interno della finestra, per prendere confidenza con la potenza. Facciamo ripetere l’esercizio più volte sia a destra che a sinistra finché gli allievi riescono a partire in modo morbido e controllato.

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PROBLEMI E SOLUZIONI Qui di seguito elenchiamo alcuni degli errori più comuni in cui gli allievi possiamo incorrere durante le prime partenze, con alcuni suggerimenti per superare la difficoltà. Problema: quando arriva la trazione cadono lateralmente, nella direzione in cui volevano partire. Se la tavola non è perpendicolare alla direzione delle linee, manca il punto di appoggio per uscire dall’acqua, e il kite li trascina sbilanciandoli lateralmente e facendoli cadere. Spesso succede perché hanno slittare il kite a bordo finestra per troppo tempo e la tavola tende a ruotare portandosi al lasco. Soluzione: facciamo diminuire i tempi della rincorsa e chiediamo di tenere la tavola leggermente di bolina mentre “caricano” il kite; lo sguardo deve essere rivolto nella direzione in cui vogliono partire. Problema: quando abbassano il kite vengono strappati violentemente fuori dall’acqua, e cadono sottovento. Hanno esagerato la picchiata del kite, la potenza è troppa e arriva in modo esplosivo. Soluzione: facciamo ripetere la partenza riducendo la durata e l’inclinazione della discesa del kite e facendo concentrare gli allievi sul corretto assetto del corpo. In realtà conviene sempre tentare le prime partenze con piccoli movimenti del kite per poi aumentare progressivamente le picchiate fino a trovare esattamente l’energia che ci serve, piuttosto che portare subito la vela nelle zone di maggior potenza. Problema: riescono a salire dolcemente sulla tavola ma immediatamente cadono sottovento. Se una volta usciti dall’acqua si ritrovano in posizione completamente eretta e con la tavola piatta non possono più contrastare la trazione del kite, che li sbilancia in avanti, facendoli cadere. Soluzione: chiediamo agli allievi portare il sedere indietro e in basso appena usciti dall’acqua, allungando un po’ le gambe; inoltre devono bloccare i piedi a martello per tenere la tavola di taglio. Problema: escono dall’acqua con fatica, subito la tavola spiattella e cadono all’indietro, sopravento. Succede spesso perché all’arrivo della trazione istintivamente si portano la testa e le spalle all’indietro aggrappandosi con forza alla barra, oppure perché si cerca di distendersi prima di essere usciti completamente dall’acqua. Soluzione: se la barra è dotata di una stopper-ball per diminuire la corsa del de-power possiamo farli manovrare a mani aperte, perché non si aggrappino alla barra; altrimenti abbandoniamo per un po’ le partenze e facciamo ripetere l’esercizio. Raccomandiamo di lasciare che le gambe si flettano completamente all’arrivo della trazione e di tenere le spalle vicinissime alla barra. Problema: nonostante la corretta gestione del corpo e della tavola, non riescono mai a uscire dall’acqua. E’ la situazione in cui possono ritrovarsi con vento leggero o se sono sotto-invelati; devono abbassare maggiormente il kite nella finestra. Soluzione: chiediamo agli allievi di prendere dei punti di riferimento per individuare dove si trova la linea di massima potenza e di aumentare progressivamente la durata e l’inclinazione della picchiata. Il comando per far scendere il kite deve essere fluido ma deciso, se non sono abbastanza convinti l’ala si muoverà lungo il bordo finestra senza mai entrare veramente nelle zone di potenza. Se necessario, utilizziamo un kite e una tavola di maggiori dimensioni o rimandiamo la lezione.

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ANDATURA

Spesso la lezione finirà con gli esercizi di partenza appena descritti, perché gli allievi avranno bisogno di molti tentativi prima di riuscire a trovare la coordinazione tra il kite e il proprio equilibrio. Con gli allievi che hanno maggiore confidenza con il kite e con la tavola e che riescono da subito ad uscire dall’acqua in modo controllato, possiamo proseguire con degli esercizi di navigazione. Rifacendoci agli esercizi già eseguiti a terra con il kite a cassoni, ricordiamo agli allievi come muovere il kite subito dopo la partenza: lo scopo sarà quello di mantenere la trazione necessaria ad acquistare e conservare una certa velocità con la tavola. Come sempre, la traiettoria da far seguire alla vela dipenderà da una serie di fattori (intensità del vento, dimensioni del kite e della tavola, peso del pilota…) che determinano la distribuzione della potenza nella finestra e dovranno gestire la vela in modo diverso a seconda di quale tipo di finestra hanno di fronte. Se hanno trovato la trazione sufficiente a sollevarli nella fasce intermedie della finestra, dovranno ripetere la traiettoria del kite ma potranno ridurre l’ampiezza e la durata delle picchiate mano a mano che prenderanno velocità con la tavola, fino a fermare il kite nella direzione di andatura, gestendo la potenza solo con il de-power.

Se invece sono riusciti a sollevarsi tenendo il kite nelle fasce più esterne della finestra, dovranno semplicemente mantenere il kite nella direzione di andatura e usare il de-power per modulare la potenza; non dovranno mai abbassare il kite nelle zone di maggior potenza.

2. Se la potenza che ci serve si trova nelle fasce intermedie della finestra, cerchiamo la prima trazione con una picchiata moderata e riduciamo

progressivamente i successivi movimenti del kite man mano che riusciamo a prendere velocità, fino a fermarlo nella direzione dell’andatura .

3. Quando la potenza si trova già nelle fasce più esterne della finestra, basta muovere il kite nella direzione di andatura e usare il de-power per

modulare la potenza; non dobbiamo mai abbassare il kite nelle zone di maggior potenza.

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Ma per controllare la velocità, ancora più importante è quello che faranno con la tavola e l’andatura che riusciranno a tenere. La bolina è l’andatura più lenta perché per mantenerla la tavola deve contrastare la maggior parte della trazione del kite. Con il lasco invece si rischia addirittura di prendere troppa velocità. Per cominciare a navigare a velocità controllata gli allievi dovranno quindi cercare di mantenere la tavola al traverso. Ricordiamo loro di prendere dei punti di riferimento all’orizzonte per avere sempre chiara in ogni momento la direzione di andatura. Per mantenere la tavola nella direzione voluta è necessario riuscire a scaricare la maggior parte del peso sulla vela, spingendo il sedere indietro e in basso, quasi a toccare l’acqua, e bloccando i piedi a martello. La tavola in questo modo rimane di taglio nell’acqua e non affonda. La direzione della tavola dipende ora dal bilanciamento della pressione sulla tavola stessa. Per “poggiare” bisogna allentare la pressione della gamba posteriore, rannicchiandola, e aumentare la pressione sulla gamba anteriore, estendendola; al contrario, per “orzare” il peso deve spostarsi sulla gamba posteriore. Il movimento delle gambe deve essere fluido e simultaneo, la tavola deve fare perno al centro, all’altezza della maniglia. Questi giochi di peso sulla tavola sono molto simili a quelli che ritroviamo in alte discipline, dal wakeboard allo snowboard, e quindi risulteranno già naturali a chi pratica questi sport. L’errore in cui possono cadere è quello di agire soprattutto sulla gamba che spinge, allungandola troppo, e finendo col perdere la centralità del corpo rispetto alla tavola. In questo caso tutto il peso del corpo si sposta invece sulla gamba rannicchiata con l’inevitabile caduta. Ancora una volta, mantenere il busto e le spalle nella direzione delle linee li aiuterà ad evitare questo errore, mantenendoli più centrali sulla tavola.

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PROBLEMI E SOLUZIONI Qui di seguito elenchiamo alcuni dei problemi che gli allievi possono incontrare nei nostri primi bordi, con qualche suggerimento per aiutarli a superarli. Problema: non riescono a raggiungere la velocità di planata, la tavola affonda. Questo problema può dipendere da diversi fattori: errori nella gestione del kite, del corpo, o della direzione della tavola. Errore di gestione del kite. Affondano per mancanza di trazione, ricadendo con il sedere in acqua: il kite non li sostiene, perché non riescono a mantenerlo nelle zone di potenza e scappa a bordo finestra prima che loro abbiano raggiunto sufficiente velocità. Succede spesso in caso di vento leggero, quando devono far compiere al kite delle picchiate ripetute e ripide. Soluzione: devono muovere il kite con precisione e decisione, per mantenerlo nelle zone più frontali della finestra finché non raggiungono la velocità di planata. Fate prendere dei punti di riferimento all’orizzonte perché individuino bene la linea di massima potenza, perché spesso in acqua si perde un po’ il senso dell’orientamento e si finisce con il muovere il kite dall’alto in basso ma nelle zone del bordo finestra, dove non si trova sufficiente energia. Verifichiamo che usino correttamente il de-power, tirando la barra mentre il kite scende nelle zone di potenza, e allungando le braccia tutte le volte che kite deve risalire verso l’alto. Spesso infatti rimangono aggrappati alla barra per sostenersi, ma così facendo frenano troppo la corsa del kite, perdendo potenza. Errore di gestione della tavola. Per navigare bisogna raggiungere un buon compromesso tra la direzione della trazione e quella della nostra andatura. Se porano la tavola troppo controvento, contrasteranno tutta la trazione, rallentando fino a fermarsi. Spesso nei primi bordi senza accorgersene gli allievi tutto il peso sulla gamba dietro e la tavola tende quindi a “orzare”, cioè a ruotare controvento. Soluzione: diamo dei punti di riferimento per direzionare la tavola e facciamo portare il peso al centro della tavola. Errore di bilanciamento del corpo. Se la tavola affonda la causa è spesso una scorretta posizione del corpo, sono troppo verticali e stanno scaricando tutto il peso sulla tavola, che non ha volume sufficiente per mantenerli a galla. Dobbiamo invece far sostenere il peso dalla vela e usare la tavola come una “deriva”. Soluzione: appena saliti sulla tavola, chiediamo agli allievi di distendere le gambe e portare il sedere indietro e in basso cercando di toccare l’acqua, mantenendo sempre la testa vicina alla barra. Dovranno sentirsi completamente sostenuti dal kite, quasi come su un’altalena. Problema: il bordo finisce sempre con un tuffo, come se fossero “inciampati” in un’onda.

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Nei primi bordi gli allievi tendono a navigare tenendo le spalle rivolte al vento, e guardando sempre il kite, senza rivolgersi nella direzione dell’andatura; l’equilibrio è precario e il semplice ostacolo dell’onda che incontra la tavola li sbilancia lateralmente. Soluzione: abituiamoli a guardare dove stanno puntando, e a ruotare tutto il corpo nella direzione di marcia. Ancora prima che partano, facciamo tenere tutte e due le punte dei piedi rivolte verso la prua della tavola e le ginocchia rivolte nella direzione in cui stanno partendo, fino ad avere tutto il busto rivolto nella direzione dell’andatura. Le gambe devono rimanere rilassate e flettersi all’occorrenza per poter fare da “ammortizzatore” sulle onde.” Problema: prendono troppa velocità. Può dipendere dalla posizione del kite, specialmente in casi si sovrainvelatura: se gli allievi abbassano troppo il kite, la direzione della trazione è molto bassa, e se non riescono a mantenere la tavola di taglio per contrastarla punteranno al lasco, prendendo molta velocità. Altre volte l’errore dipende da un eccessiva pressione sulla poppa della tavola, perché l’istinto fa portare il peso nella direzione opposta alla trazione. Soluzione: facciamo tenere il kite alto, vicino allo zenit, e per contrastare la trazione esortiamoli a spingere il sedere in basso e all’indietro, mantenendo comunque la testa e le spalle vicine alla barra. Se gli allievi sono sbilanciati sulla poppa della tavola, chiediamo di flettere leggermente la gamba anteriore, e tenere il busto proteso verso il kite.


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