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Donatella Depperu – Riccardo Nava - Aidea 2013 · Web viewM&A autorizzate dall’Antitrust...

Date post: 30-Mar-2021
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LE OPERAZIONI DI CORPORATE M&A IN ITALIA. IL RUOLO DELLA CRISI 1
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LE OPERAZIONI DI CORPORATE M&A IN ITALIA. IL RUOLO DELLA CRISI

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Riassunto

Le operazioni di M&A sono state studiate in letteratura da diversi punti di vista:

economico, strategico, finanziario, giuridico. Maggiore attenzione è stata dedicata

all’analisi dei periodi di crescita, in cui molte sono le operazioni realizzate ed elevati i

valori dei deal, con un focus sui Paesi più sviluppati come gli USA.

Questo articolo ha per oggetto l’analisi di 427 operazioni di corporate M&A autorizzate

dall’Antitrust italiana e successivamente realizzate in Italia nel periodo 2007-2010. Il

periodo è stato suddiviso in due sottoperiodi di 2 anni ciascuno per confrontare le

operazioni di M&A realizzate immediatamente prima e immediatamente dopo il

manifestarsi della crisi.

L’analisi evidenzia che, a fronte di un ambiente ostile come quello che caratterizza la

crisi, le imprese che realizzano operazioni di M&A sembrano essere più prudenti.

Questa prudenza si manifesta soprattutto in un maggior divario tra le dimensioni medie

di chi acquista e le dimensioni medie di chi è acquisito, una preferenza per target che

operano nello stesso settore o in settori affini e una focalizzazione nello stesso

mercato di provenienza.

Infine, rilevante risulta essere il ruolo giocato dall’esperienza: in periodo di crisi

acquisisce maggiormente chi, almeno all’interno del proprio gruppo di appartenenza,

ha già realizzato operazioni di M&A.

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CORPORATE M&AS IN ITALY. THE ROLE OF THE ECONOMIC CRISIS

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Abstract

M&As have been extensively studied from the economic, strategic, financial, legal

perspective. Most attention has been on growth periods, when many deals take place

and prices are high, focusing mainly on most developed markets as the US one.

This paper is focused on 427 corporate M&As authorized by the Italian Antitrust and

subsequently realized in Italy between 2007 and 2010. This period of time has been

split into two sub-periods of 2 years each: the first before the financial crisis and the

second during the financial crisis.

When the environment is hostile, as it is during a financial crisis, firms that realize

M&As seem to be more cautious. The evidence of caution derives from: the gap

between bidder average size and target average size, that is bigger during the crisis

period; bidders target mainly firms that are in the same business or in related

businesses and firms that operate in their own market. Another evidence is that

experience plays a key role. During the financial crisis, vis-à-vis the pre-crisis period,

there is a higher percentage of bidders that belong to groups with a track-record of

M&As.

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Introduzione.............................................................................................................................................................. 6

1. Le operazioni di M&A in italia nel periodo 2000-2010: uno sguardo d’insieme...............8

2. La ricerca empirica: oggetto e metodo..............................................................................................10

3. I risultati della ricerca...............................................................................................................................12

4. Il ruolo dell’esperienza.............................................................................................................................17

Conclusioni.............................................................................................................................................................. 20

Bibliografia.............................................................................................................................................................. 23

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INTRODUZIONE

Le operazioni di fusione e acquisizione (da qui in avanti M&A) sono state molto

studiate, ormai da tempo, nei loro aspetti economici, strategici, finanziari, organizzativi,

giuridici dagli studiosi di tutti i Paesi, che ne hanno di volta in volta evidenziato le

motivazioni, l’impatto sul grado di concentrazione industriale, le problematiche di

governance e management, i risvolti giuridici (soprattutto alla luce delle normative

antitrust).

Tali operazioni presentano un andamento ciclico (si parla proprio di merger waves,

McNamara, Haleblian e Dykes, 2008) e le fasi di crescita sono di norma considerate le

più interessanti in quanto si caratterizzano per elevati volumi di operazioni e per elevati

valori di acquisto. Inoltre, molta attenzione è tradizionalmente data all’analisi di quanto

avviene nei mercati più dinamici e sviluppati, in primo luogo gli USA.

Per quanto riguarda il nostro Paese, facendo riferimento ad una ricerca effettuata sul

periodo 1994-1998, Conca (2000, pag.62) definisce il mercato italiano dell’ M&A come

un mercato “ancora immaturo, assai frammentato, e poco trasparente”, anche se in

evoluzione e sempre più orientato all’internazionalizzazione. Dagli anni ’90 ad oggi

soprattutto il processo di concentrazione di alcuni settori (come quello bancario o

quello delle public utilities) ha contribuito a rendere l’Italia più simile ad altri Paesi

europei, come già emergeva negli studi realizzati a metà anni 2000 sulla struttura

dell’economia italiana rispetto ad altre economie (De Nardis e Traù, 2006).

Se si osserva il numero e il valore delle operazioni realizzate dall’anno 2000 in avanti,

ci si rende conto di come gli ultimi anni di questo decennio abbiano rappresentato non

solo una fase di down turn nel classico ciclo delle operazioni di M&A, ma siano stati

fortemente influenzati anche dalla crisi finanziaria che ha colpito le economie mondiali.

A partire dalla metà del 2008, infatti, la crisi ha messo in discussione le strategie delle

imprese e, in primo luogo, proprio quelle orientate alla crescita e alle acquisizioni,

operando su diversi livelli; incertezza e preoccupazione circa l’andamento futuro della

domanda, da un lato, clienti insolventi e credit crunch, dall’altro, hanno infatti

condizionato le scelte aziendali come mai si era visto in passato.

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2465 3398 2222 1377 1229 1640 2327 3055 3834 2663 1729 1847 2345

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Anno

Num

eros

ità

0

0,02

0,04

0,06

0,08

0,1

0,12

0,14

Valo

re m

edi

o de

i de

al

Controvalore (€ mld)

Valore medio

Numerosità

E’ quindi interessante chiedersi quali siano stati gli effetti della crisi sulle operazioni di

M&A. Nei periodi di crisi, infatti, se da un lato ha senso aspettarsi una caduta nel

numero e soprattutto nel valore delle operazioni di concentrazione, dall’altro ci si

aspetta anche un aumento del numero di iniziative realizzate per cogliere opportunità,

quali, ad esempio, l’acquisizione, a condizioni convenienti, di imprese in situazione di

difficoltà (Capaldo, Cogman e Suonio, 2009; Melwani e Rehm, 2010).

Analizzando il fenomeno a livello mondiale (Figura 1) e a livello europeo (Figura 2)

non possiamo che osservare come tra il 2007 e il 2008 si sia verificata una riduzione

nel numero di operazioni e, soprattutto, una caduta nel valore medio delle operazioni

realizzate.

Figura 1 – Numerosità, Controvalore e Valore medio dell’ M&A a livello mondiale (1) ed

europeo (2) nel periodo 1999 – 2011

Fonte: nostra elaborazione su dati KPMG (2011)

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815 1292579 506 500 533 940 1101 1339 1112 513 491 734

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Anno

Num

eros

ità

0

0,02

0,04

0,06

0,08

0,1

0,12

0,14

Valo

re m

edi

o de

i de

al

Controvalore (€ mld)

Valore medio

Numerosità

Figura 2 – Numerosità, Controvalore e Valore medio dell’ M&A a livello europeo nel

periodo 1999 – 2011

Fonte: nostra elaborazione su dati KPMG (2011)

Nel paragrafo che segue sono illustrati alcuni dati relativi alle operazioni di M&A in

Italia. Questi dati introducono un approfondimento, realizzato tramite una ricerca

empirica, sulle operazioni di corporate M&A, cioè operazioni che vedono imprese

industriali, commerciali e di servizi – ma non investitori istituzionali – in posizione di

acquirenti (o bidder). La ricerca empirica è stata realizzata con l’obiettivo di analizzare

gli effetti della crisi su operazioni che sono volte a realizzare strategie di attacco,

difesa, diversificazione. Il focus è su un periodo di particolare interesse come il

quadriennio 2007-2010, che, come viene richiamato anche più avanti nell’articolo, può

essere diviso in due periodi di uguale durata (24 mesi): il primo è un periodo di pre-crisi

in quanto, nonostante nel 2008 la crisi si fosse già manifestata, possiamo ritenere che

abbiano avuto luogo in quell’anno operazioni decise prima della crisi stessa, mentre il

secondo è un periodo di grande crisi.

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1.LE OPERAZIONI DI M&A IN ITALIA NEL PERIODO 1999-

2011

Se consideriamo gli anni compresi tra il 1999 e il 2011, possiamo osservare come

dopo il down turn del 2003-2004 le operazioni di M&A in Italia abbiano ripreso a

crescere, raggiungendo il picco di 816 nell’anno 2008, per poi attestarsi su di un

numero comunque inferiore a quelli registrati nei precedenti anni dello stesso

decennio. Analogo andamento non si rileva, invece, per quanto riguarda i prezzi delle

stesse operazioni. La Figura 3, nella quale possiamo osservare il numero delle

operazioni realizzate in Italia, il trend dei prezzi e dei valori medi delle operazioni

evidenzia, dopo il 2007, una drastica caduta nei prezzi medi delle operazioni di M&A

realizzate in Italia. E’ anche questo un segno del ruolo giocato dalla crisi.

Figura 3 – Numerosità, Controvalore e Valore medio dell’M&A italiano dal 1999 al

2011

Fonte: nostra elaborazione su dati KPMG (2011)

In questo lavoro, tra tutte le operazioni di M&A realizzate in Italia, si è scelto di

analizzare quelle di tipo corporate (realizzate, cioè, da imprese e non da operatori

135 11857 48 96

29120 100 148

56 34 20 280

100200300400500600700800900

Anno

Num

eros

ità

0

0,05

0,1

0,15

0,2

0,25

0,3

0,35

Valo

re m

edio

dei

dea

l

Controvalore (€ mld)Valore medio

Numerosità

9

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istituzionali) nell’ambito di quelle sottoposte al vaglio (e successivamente autorizzate)

dell’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato (da qui in avanti Antitrust).

Nel periodo 2000-2010 l’Antitrust è stata chiamata a pronunciarsi su molte più

operazioni rispetto al decennio precedente, come evidenziato nella Figura 4, da cui si

evince che il numero massimo di operazioni autorizzate – pari a 843 – si è realizzato

nell’anno 2007.

Figura 4 – Operazioni autorizzate dall'Antitrust Italiano dal 1991 al 2010

Fonte: nostra elaborazione su dati AGCM

In questo insieme sono incluse operazioni non del tutto omogenee non solo per la

tipologia degli attori coinvolti (sia aziende italiane che estere), ma anche per la natura

giuridica e le finalità perseguite. Ne fanno parte operazioni orientate all’acquisizione di

un pacchetto di controllo così come costituzioni di newco che comprendono rami di

aziende già operative, acquisizioni di rami d’azienda e joint venture.

Di particolare interesse è quanto emerge dalla Figura 5, nella quale sono indicate

separatamente, tra quelle autorizzate dall’Antitrust in Italia nel quadriennio 2007-2010,

le operazioni realizzate da imprese (definite come operazioni corporate) e quelle

realizzate da investitori istituzionali.

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225241

161144

99118 105 105

126 123

5639

0

50

100

150

200

250

300

2007 2008 2009 2010

Totale operazioni

Operazioni di corporateM&AOperazioni da investitoriistituzionali

Figura 5 – Operazioni corporate e operazioni realizzate da investitori istituzionali,

autorizzate dall’Antitrust nel quadriennio 2007-2010

Fonte: nostra elaborazione su dati AGCM

Dall’analisi dei dati realizzata distinguendo le operazioni di corporate M&A da quelle

realizzate da investitori istituzionali emerge come l’effetto della crisi sia stato molto

forte soprattutto a livello di investitori istituzionali. Infatti, il numero totale delle

operazioni cresce tra il 2007 e il 2008, per poi ridursi in misura significativa nel 2009 e

nel 2010. Ma, mentre all’interno di queste operazioni quelle definibili come corporate

M&A tendono a rimanere quasi stabili nel quadriennio (si passa da 99 a 118 a 105),

quelle realizzate da operatori istituzionali si riducono del 2% tra il 2007 e il 2008, per

poi crollare a 56 nel 2009 e a 39 nel 2010. Si evidenzia, quindi, come il mondo della

finanza abbia dovuto ridimensionare le proprie attività in misura drastica, in linea con

quanto rilevato da McKKinsey (Capaldo, Cogman e Suonio, 2009)1, mentre le imprese

1 Secondo gli Autori nell’anno 2008 il coinvolgimento del private equity nelle operazioni di M&A si è drasticamente ridotto rispetto al passato, costringendo spesso gli operatori istituzionali ad accontentarsi di quote di minoranza, laddove in passato l’orientamento era all’acquisizione del controllo delle imprese target.

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industriali, commerciali e di servizi hanno continuato nel loro processo di

concentrazione, apparentemente senza subire in misura rilevante gli effetti della crisi.

Nel paragrafo che segue è presentata l’analisi empirica realizzata focalizzandosi sul

quadriennio 2007-2010 per capire come le operazioni di corporate M&A realizzate in

Italia si siano caratterizzate nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della

crisi e come poi questa si sia ripercossa sulle scelte delle imprese nel periodo

successivo.

2. LA RICERCA EMPIRICA: OGGETTO E METODO

L’indagine empirica qui presentata è stata realizzata costruendo un data-base a partire

dalle operazioni sottoposte al vaglio dell’Autorità Garante per la Concorrenza e per il

Mercato2. La scelta è stata di focalizzarsi su:

le operazioni di corporate M&A realizzate in Italia nel periodo 2007-2010 da

imprese industriali, da holding di gruppi industriali, da imprese di servizi e

commerciali;

nelle quali almeno una delle imprese coinvolte (la bidder o la target) è

un’impresa italiana;

e in cui la bidder acquisisce da sola il controllo della target.

Sono quindi state escluse dall’analisi le operazioni realizzate da investitori istituzionali,

imprese finanziarie ed assicurative; quelle realizzate da imprese straniere su imprese

straniere (estero su estero); le operazioni nelle quali si è realizzata l’acquisizione di

una partecipazione, ma non il controllo della target, e, naturalmente, le operazioni

irrilevanti per impatto sulla concentrazione di un mercato (per le quali non è richiesta

l’autorizzazione dell’Antitrust).

Quello ottenuto selezionando le operazioni in base ai criteri citati è un campione di 427

operazioni così suddivise:

99 nell’anno 2007;

2 Secondo l’articolo 16, comma 1 della legge 10 ottobre, n. 287, è previsto che le operazioni di concentrazione, in caso di superamento delle soglie di fatturato definite (quattrocentosettantadue milioni di euro dal maggio 2010), debbano essere preventivamente comunicate all’Autorità al fine di ottenere un’autorizzazione a procedere.

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118 nel 2008;

105 nel 2009;

105 nel 2010.

Il periodo di osservazione 2007-2010, a fini della nostra analisi, è stato diviso in due

parti uguali, facendo riferimento alla manifestazione della crisi finanziaria sull’economia

reale. La prima parte è relativa agli anni 2007 e 2008, la seconda agli anni 2009 e

2010. Possiamo assumere che siano state autorizzate nell’anno 2008 quelle operazioni

che erano state sottoposte al vaglio dell’Antitrust sulla base di una strategia formulata

in periodo pre-crisi e che dal 2009 siano state autorizzate operazioni di M&A decise

quando già si era consapevoli della presenza della crisi.

3. I RISULTATI DELLA RICERCA

L’analisi dei dati rilevati ha consentito di fare un quadro dettagliato delle operazioni di

corporate M&A realizzate in Italia nei due periodi considerati, dando la possibilità di

effettuare dei confronti.

I principali risultati dell’analisi sono di seguito illustrati guardando ad alcune tradizionali

variabili: dimensioni, nazionalità, settori di appartenenza, orientamento alla

diversificazione, disponibilità di risorse finanziarie.

Dimensioni

Dato l’universo di partenza (operazioni per le quali si chiede l’autorizzazione

dell’Antitrust), se guardiamo al fatturato (Figura 6) delle bidder, è abbastanza ovvio che

quasi tutte le operazioni siano state realizzate da imprese di grandi dimensioni.

L’importante ruolo delle dimensioni è confermato sia nel periodo pre-crisi che in quello

di crisi. Suddividendo il campione delle bidder in 4 fasce di fatturato (sotto i 250 milioni,

tra i 250 e i 500 milioni, tra i 500 milioni e il miliardo e sopra il miliardo di Euro), le

imprese con il maggiore giro d’affari risultano in entrambi periodi essere la

maggioranza, con un peso superiore al 60% (Figura 6). E’ anche interessante notare,

tuttavia, come nel periodo di crisi siano aumentate (quasi raddoppiate), in percentuale,

le operazioni realizzate dalle bidder di minori dimensioni.

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17,33%

5,39%13,11%

64,17%

15,21%

7,83%11,98%

64,98%

19,14%

2,87%14,35%

63,64%

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

Tot. Periodo PRE CRISI CRISI

>1 Miliardo500 MIL - 1 MLD250MIL - 500 MIL<250 MIL

Figura 6 – Bidder suddivise per fasce di fatturato (in Euro)

Fonte: nostra elaborazione

Se ci focalizziamo sulle target, considerando il fatturato emerge come siano state

acquisite in grandissima maggioranza imprese di piccole dimensioni. Introducendo la

classificazione delle target per numero di dipendenti, invece, il quadro appare più

preciso (Figura 8) e composito, facendo emergere come nell’ambito delle aziende

acquisite siano rappresentate realtà diverse per dimensione.

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89,85%

7,83%1,38%

0,94%

92,17%

4,15%2,30%

1,38%

95,69%

3,83%

0,00%0,48%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Tot. Periodo PRE CRISI CRISI

>1 Miliardo500 MIL - 1 MLD250MIL - 500 MIL<250 MIL

Figura 7 – Imprese target suddivise per fatturato

Fonte: nostra elaborazione

Figura 8 – Imprese target suddivise per numero di dipendenti

Fonte: nostra elaborazione

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Le diverse indicazioni che derivano dalla considerazione di fatturato, da un lato, e

numero di dipendenti, dall’altro, vanno lette anche alla luce dei settori di appartenenza.

E’ infatti probabile che, a parità di fatturato, imprese di servizi si caratterizzino per un

più elevato numero di dipendenti rispetto ad imprese che appartengono al settore

manifatturiero.

Settori di appartenenza

Dal punto di vista delle imprese bidder, i settori più rilevanti nel periodo pre-crisi

risultano essere, senza ombra di dubbio, il settore energia/estrazioni, il settore

manifatturiero e, infine, quello dei servizi e del commercio all’ingrosso. Nel periodo di

crisi, però, l’ordine di importanza si modifica in misura significativa: pur restando al

primo posto le bidder del settore energia, si rileva una contrazione del settore

manifatturiero, mentre aumenta in misura significativa il settore del commercio e

rimane sostanzialmente stabile quello dei servizi

Più omogenea è invece la distribuzione dei settori cui appartengono le imprese target,

rispetto alle quali è dominante il settore dei servizi.

Figura 10 – Settori maggiormente coinvolti nelle operazioni di M&A in posizione di

bidder – periodo pre-crisi

Fonte:

nostra elaborazione

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Figura 11 – Settori maggiormente coinvolti nelle operazioni di M&A in posizione di

bidder – periodo di crisi

Nazionalità delle imprese

Per quanto riguarda la nazionalità, osserviamo come nel periodo 2007-10 quasi il 65%

delle operazioni sia stato realizzato tra imprese italiane (Italia su Italia, I/I). Nell’ambito

delle 151 operazioni realizzate nel quadriennio tra un’impresa italiana ed una straniera,

solo 27 vedono un’impresa italiana in posizione di bidder (Italia su Estero, I/E). Il nostro

campione rileva ancora una volta come l’Italia, pur essendo in calo il peso delle

operazioni Estero su Italia (da 78 a 49 nei due bienni), sia Paese target per le imprese

straniere. In linea con questa considerazione, si sottolinea come, all’interno delle

operazioni Italia su Estero, alcune siano state effettuate da imprese solo per metà

italiane, evidenziando così una sostanziale incapacità o impossibilità delle nostre

imprese di crescere a livello internazionale con operazioni di M&A.

Come evidenzia la Figura 9, le operazioni domestiche (Italia su Italia) sono però

aumentate nel periodo di crisi (da 58% a quasi 70% del campione), in controtendenza

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con il trend alla maggior internazionalizzazione che era stato evidenziato in altri

precedenti studi (Conca, 2000).

Figura 9 – Acquisizioni cross-border e domestiche nei due periodi

Fonte: nostra elaborazione

Orientamento alla diversificazione

Nella ricerca si è anche cercato di capire se le operazioni di M&A realizzate siano state

orientate alla diversificazione o realizzate in settori vicini a quelli core delle bidder.

Osservando i dati accorpati relativi ai quattro anni, emerge che circa un quarto delle

operazioni di M&A sono avvenute tra imprese dello stesso settore, un altro quarto in

settori correlati e il rimanente 50% in settori del tutto diversi da quello della bidder3.

3 Avendo fatto riferimento al codice NAICS a 4 cifre associato a ciascuna impresa, che è un codice a 4 cifre, la bidder e la target sono state definite come:

appartenenti allo stesso settore quando hanno uguali tutte le 4 cifre del codice;

appartenenti a settori correlati se hanno uguale almeno la prima delle 4 cifre del codice NAICS;

appartenenti a settori diversi quando hanno la prima cifra del codice NAICS diversa.

35,94%

5,99%

58,06%

23,56%6,73%

69,71%

29,04%

6,32%

64,64%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Pre-crisi Crisi TOTALE

I/II/E

E/I

18

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Figura 12 – Settori di appartenenza delle imprese bidder e target

La sostanziale costanza nella ripartizione tra operazioni di M&A orientate alla

diversificazione e operazioni realizzate nello stesso settore o in settori correlati ci

induce a dire che non c’è stato un ruolo critico della crisi nel determinare le strategie di

portafoglio delle imprese che fanno parte del nostro data-set. Tuttavia, possiamo

osservare come nel periodo di crisi vi sia stata una (anche se modesta) riduzione delle

operazioni di M&A realizzate per la diversificazione e di quelle realizzate in settori

correlati, entrambe a beneficio delle operazioni realizzate acquisendo una target che

opera nello stesso settore della bidder. Questo dato può indicare una maggior

prudenza, in periodo di crisi, rispetto al periodo precedente.

Risorse finanziarie

Poiché la disponibilità di risorse finanziarie rappresenta un fattore chiave nelle strategie

delle imprese che intendono effettuare operazioni di M&A e poiché la crisi ha colpito le

imprese stesse proprio nella loro dimensione finanziaria, per il campione esaminato si

sono analizzati alcuni indici che misurano il grado di indebitamento e la liquidità. Ciò è

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4,7

11,6

3,1

3,2

0,000

2,000

4,000

6,000

8,000

10,000

12,000

14,000

MT/MP BIDDER CASH FLOW/TURNOVER %

PRE-CRISI CRISI

il linea con quanto emerge in alcuni studi effettuati su questo tema, nei quali è stata

considerata come variabile critica l’abbondanza di risorse finanziarie (McNamara,

Haleblian e Dykes, 2008; Wan e Yiu, 2009).

La Figura 13 mostra due degli indicatori che si possono utilizzare per misurare la

disponibilità di risorse finanziarie da utilizzare per effettuare operazioni di M&A: il

rapporto medio tra mezzi di terzi e mezzi propri e l’incidenza percentuale del cash flow

sul fatturato. Come emerge dalla figura, il rapporto di indebitamento delle società

capogruppo bidder si aggira intorno a 3 e aumenta di poco tra il periodo che precede la

crisi e quello di crisi. Il rapporto cash-flow/fatturato scende invece drasticamente dal

12% circa al 5%, evidenziando come nel periodo di crisi si facciano operazioni

straordinarie anche in presenza di una liquidità ridotta, presumibilmente in presenza di

minori esborsi.

Figura 13 – Rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri medi e cash flow su turnover

medio nei due periodi

Fonte: nostra elaborazione

4. IL RUOLO DELL’ESPERIENZA

L’analisi sin qui realizzata tende a farci affermare che in tempi di crisi, più ancora di

quanto non avvenga in periodi di migliori condizioni economiche, ci troviamo in

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presenza di una situazione del tipo “chi-vince-piglia-tutto” (Barabasi, 2002), in cui i

grandi gruppi sfruttano l’opportunità data dalla presenza sul mercato di imprese in crisi,

che possono essere acquisite a prezzi molto convenienti.

I dati raccolti ed elaborati ci hanno però offerto l’opportunità di fare una ulteriore

riflessione. Ci siamo chiesti, cioè, se altri fattori, oltre alle dimensioni, possano spiegare

il comportamento delle imprese nei confronti delle operazioni di corporate M&A in

periodo di crisi. Dalla letteratura sul tema sappiamo infatti che, oltre all’abbondanza di

risorse finanziarie, una più forte preferenza per questo tipo di operazioni può essere

data dall’esperienza (Haleblian e al., 2006).

Ci siamo quindi chiesti se, in periodo di crisi (cioè un periodo in cui i rischi per le

imprese sono più elevati) siano maggiormente propense alla realizzazione di

operazione di corporate M&A le imprese che hanno maggiore esperienza di queste

operazioni.

L’esperienza è una classica risorsa di valore. Infatti, come sottolineato nell’ambito dei

concetti sviluppati dalla resource-based view, non è acquisibile dall’esterno, è

difficilmente replicabile in quanto caratterizzata da path dependency e da causal

ambiguity, ragion per cui per chi volesse replicarla non è facile individuarne le

determinanti e le relazioni di causa-effetto (Dierickx e Cool, 1989). Quanto basta,

insomma, per rendere estremamente rischiosa, in un periodo di crisi, la realizzazione di

un’operazione di corporate M&A da parte di chi non ne ha mai fatto prima.

Per verificare quale sia stato il ruolo dell’esperienza nel campione analizzato, abbiamo

confrontato quante erano, nell’ambito delle imprese bidder, quelle che avevano già

fatto esperienze di acquisizione in Italia nei tre anni precedenti. L’esperienza può

rappresentare una proxy della conoscenza non solo del tipo di operazione da

realizzare, ma anche del mercato in cui l’operazione è realizzata. Essa può

rappresentare un fattore importante nel ridurre il rischio associato ad operazioni di

M&A e nel condurre a superiori risultati: chi ha già esperienza di queste operazioni,

infatti, di norma ha sviluppato specifiche capacità (Haspeslagh e Jemison, 1991) e

routine che consentono di meglio gestire le fasi del processo pre e post-acquisizione.

Nel nostro lavoro abbiamo considerato innanzitutto l’esperienza in tema di M&A da

parte delle singole aziende bidder, considerando i tre anni precedenti all’operazione

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comunicata all’Antitrust. L’esperienza, quindi, è stata in primo luogo misurata con il

numero di operazioni effettuate dalla stessa azienda in quei tre anni precedenti4.

Abbiamo poi considerato i gruppi a cui appartengono queste aziende, andando a

calcolare anche l’esperienza da essi realizzata con operazioni di M&A in Italia nei tre

anni precedenti. Si è contato, cioè, quante acquisizioni sono state fatte, in quel lasso di

tempo, da tutte le imprese che appartengono ad uno stesso gruppo. Ciò nell’ipotesi

che vi siano capacità, competenze e routine che si sviluppano non tanto a livello di

singola azienda bidder quanto a livello di gruppo e che possono essere utilizzate per la

realizzazione di operazioni straordinarie come quelle di M&A. La rilevanza del gruppo

come unità di riferimento rispetto alla singola impresa che vi appartiene era stata

sottolineata, per le operazioni di diversificazione e di integrazione verticale, anche da

Cainelli e Iacobucci (2007)

Il risultato ottenuto è molto interessante per due motivi (Figura 14).

Il primo è che la percentuale di imprese bidder con esperienza non si differenzia in

misura sostanziale nei due periodi di tempo considerati (31% circa nel periodo pre-crisi

vs 33,5% in periodo di crisi). Chi acquisisce in periodo di crisi, dunque, sembrerebbe

farlo senza essere molto condizionato dall’esperienza sviluppata con precedenti

operazioni di M&A. Ciò contraddice l’ipotesi che in periodo di crisi le imprese senza

esperienza si comportino in maniera più prudente rispetto a quelle che invece hanno

fatto esperienza di acquisizioni nei tre anni precedenti.

Il secondo, interessante risultato è che varia, però, e in misura significativa, il dato se si

considerano le esperienze di acquisizione realizzate nei tre anni precedenti non dalla

singola impresa acquirente, ma dal suo gruppo di appartenenza. Si passa infatti da un

53,5% di gruppi che avevano effettuato acquisizioni nei tre anni precedenti al periodo

pre-crisi ad una percentuale pari quasi al 60% del totale nel periodo di crisi.

Figura 14 – Esperienza a livello aziendale e a livello di gruppo nei due periodi

4 L’esperienza è misurata come numero di acquisizioni realizzate in un periodo di tempo nel lavoro di Haleblian, Kim e Rajagopalan, 2006. Laamanen e Keil (2008), in uno studio sui serial acquirer, stabiliscono in tre anni il lasso di tempo rilevante per la misurazione dell’esperienza. Sono quindi state raccolte, da diverse fonti secondarie, informazioni sulle operazioni di M&A realizzate dalle imprese bidder nei tre anni precedenti a quello delle operazioni rilevate nel nostro dataset.

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Fonte: nostra elaborazione

Questo risultato potrebbe essere spiegato proprio con la maggior cautela, da parte

delle imprese, nella realizzazione della propria strategia: quelle con maggiore

esperienza si avventurano in un’operazione di M&A in periodo di crisi perché pensano

di saperla gestire meglio. Ciò accade quando il proprio gruppo ha già avuto la

possibilità di impegnarsi almeno una volta nelle attività che vanno dalla valutazione

della target alla negoziazione alla gestione dell’integrazione organizzativa, avendo tra

l’altro già conoscenza del mercato italiano.

Una conferma viene anche dal confronto tra il numero medio di operazioni effettuate

dalle imprese bidder e dai loro gruppi di appartenenza nei due periodi confrontati

(Figura 15).

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0,9

2,3

1,2

3,3

-

0,500

1,000

1,500

2,000

2,500

3,000

3,500

ESPAZ ESPGRUPPO

Pre-crisi Crisi

Figura 15 – Numero medio di acquisizioni effettuate a livello di impresa e a livello di

gruppo nei due periodi

La media delle acquisizioni effettuate nei 3 anni precedenti si alza significativamente

passando dal periodo pre-crisi a quello di crisi, a condizione che la osserviamo a livello

di gruppo. Infatti, se consideriamo il periodo pre-crisi, osserviamo come le aziende

bidder avessero già realizzato, in media, 0.9 operazioni di M&A nei tre anni precedenti,

mentre, sempre a livello di azienda, questa media passa a 1.2 operazioni in periodo di

crisi. A livello di gruppo, invece, si passa da una media di 2.3 a una media di 3.3

operazioni in periodo di crisi. Considerando anche la maggiore numerosità del

campione, una differenza di 1 nella media può considerarsi significativa.

CONCLUSIONI

Questo lavoro colma un gap di conoscenza sulle operazioni di M&A avvenute in Italia

in un periodo particolarmente critico come quello 2007-2010.

Le analisi condotte a livello aggregato, considerando sia le operazioni di tipo corporate

sia quelle realizzate da investitori istituzionali, non consentono di studiare

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approfonditamente i comportamenti delle imprese industriali, commerciali e di servizi.

In questo studio, invece, la ricerca empirica condotta su di un campione di 427

operazioni corporate, selezionate in modo da caratterizzarsi per elevata omogeneità,

consente di far luce sulle caratteristiche delle target e delle bidder, col risultato di

individuare alcune tendenze e comportamenti degni di attenzione. Le indicazioni che

ne derivano possono dare un contributo agli studi in tema di M&A, ai manager che

sono coinvolti in decisioni che hanno per oggetto fusioni e acquisizioni, ai policy maker.

Sintetizzando quanto emerge dall’analisi, possiamo sottolineare come le condizioni di

contesto giochino un ruolo molto importante nelle operazioni di corporate M&A,

spingendo le imprese a trovare un buon equilibrio tra orientamento al rischio e

prudenza. La crisi, senza dubbio, rende l’ambiente più ostile e quindi le operazioni di

M&A in periodo di crisi si caratterizzano per un livello di rischio più elevato rispetto a

quelle realizzate in condizioni di stabilità o, più ancora, di crescita economica. A questo

maggior rischio, dall’analisi condotta sembra far da contraltare un maggior grado di

prudenza da parte di chi si impegna, come bidder, in operazioni di M&A.

Questa prudenza emerge soprattutto dall’analisi dei seguenti due fattori:

C’è un maggior divario tra le dimensioni medie di chi acquista e le dimensioni

medie di chi è acquisito. In periodo di crisi, quindi, realizzano M&A imprese più

grandi che acquisiscono imprese più piccole. Ciò è confermato anche

dall’inferiore valor medio dei deal, che risente dunque sia delle minori

dimensioni delle target, sia dell’effetto della crisi. Il risultato è un’attenuazione

del rischio associato alle operazioni realizzate, sia sotto il profilo economico-

finanziario, sia sotto il profilo organizzativo (si tratta di operazioni meno

complesse rispetto a quelle in cui bidder e target hanno dimensioni simili).

Si realizzano operazioni di M&A soprattutto se si sono già avute esperienze di

fusione e acquisizione, anche se non necessariamente nell’ambito della stessa

bidder. Ciò che è importante è che l’esperienza sia stata sviluppata nell’ambito

del gruppo di appartenenza, sottolineando così la criticità del ruolo del gruppo

rispetto alla singola azienda che vi appartiene.

Ne risulta che le imprese che hanno una chiara strategia di crescita esterna e sono

abituate a realizzare operazioni di M&A non trovano un ostacolo nelle condizioni

ambientali che sono proprie dei periodi di crisi, ma anzi possono far leva sui propri

punti di forza per realizzare acquisizioni a condizioni particolarmente vantaggiose.

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Come sempre avviene, quindi, quelle che ai più paiono pericolose minacce possono in

realtà rappresentare interessanti opportunità per chi è pronto a coglierle. Il messaggio

che le imprese possono cogliere è che l’investimento fatto sviluppando specifiche

competenze, capacità, esperienze può dare i suoi frutti migliori forse proprio nei periodi

più difficili.

I risultati di questa ricerca offrono spunti di riflessione anche per i policy maker. E’

anzitutto opportuno riflettere sulla nazionalità delle imprese coinvolte nelle operazioni di

M&A analizzate. Il fatto che siano aumentate le operazioni Italia su Italia può essere

interpretato, da un lato, come sintomo del rafforzamento di alcuni player nazionali. Ciò,

alla luce della debolezza delle imprese italiane sotto il profilo dimensionale rispetto ai

concorrenti di altra nazionalità (in primis europei), potrebbe essere considerato un

buon risultato, laddove non conduca a situazioni di troppo elevata concentrazione. Può

essere invece considerata come preoccupante l’evidenza che nelle operazioni cross-

border le imprese italiane siano presenti soprattutto in posizione di target. Questo fatto,

confermato anche da successive operazioni avvenute in settori storicamente rilevanti

per l’Italia come quello alimentare, ci dice ancora una volta come nel processo di

globalizzazione delle economie l’Italia, a causa delle piccole dimensioni e più in

generale della debolezza strutturale delle sue imprese, rischi di continuare a giocare un

ruolo solo passivo.

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