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dott. Marzio Gaio la riproduzione anche parziale è vietata 1 CONVEGNO DEL 18 GENNAIO 2008 IL TRATTAMENTO DEGLI IMMOBILI MERCE E PATRIMONIALI IN BILANCIO E NELL’IRES - L’ACCERTAMENTO DI VALORE NEL TRASFERIMENTO DEGLI IMMOBILI NEL REDDITO DI IMPRESA
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dott. Marzio Gaio

la riproduzione anche parziale è vietata 1

CONVEGNO DEL 18 GENNAIO 2008

IL TRATTAMENTO DEGLI IMMOBILI MERCE E PATRIMONIALI

IN BILANCIO

E

NELL’IRES

-

L’ACCERTAMENTO DI VALORE NEL TRASFERIMENTO

DEGLI IMMOBILI

NEL REDDITO DI IMPRESA

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la riproduzione anche parziale è vietata 2

PREMESSE

E’ opportuno ricordare, in via preliminare, che per quanto attiene alla

determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali

residenti (ex art. 73, c. 1, lett. ‘ a ’ e ‘ b ‘, TUIR) si applicano i disposti ex Titolo II,

Capo II, Sezione I.

In pratica ci si deve riferire agli articoli 81 (rubricato ‘ reddito complessivo ‘) e

seguenti del TUIR, con particolare riguardo anche agli articoli 109 e 110. Tali ultime

disposizioni si applicano anche alla disciplina IRE e in particolare alle società di

persone, a seguito dell’espresso richiamo effettuato dall’art. 56 del TUIR. Sempre

con riferimento alle società di persone e sulla base dei disposti dell’art. 6, c. 3,

TUIR, tutto il reddito prodotto dalle società commerciali rientra nella tipologia del

reddito di impresa.

Un tipico caso attinente alla fattispecie di cui sopra è quello rappresentato dal

reddito degli immobili – appartenenti a società – e i cui componenti positivi e

negativi vengono determinati secondo le regole proprie dei redditi fondiari, giusti i

disposti degli articoli 83 e 90, TUIR. Il reddito che ne consegue è comunque

qualificato come ‘reddito di impresa’. Di questo avviso anche una prassi

ministeriale1 che così precisa ‘ dalla lettura della norma si riscontra una

presunzione iuris et de iure in base alla quale il reddito prodotto dalle società di

capitale è considerato in ogni caso reddito d' impresa, ……………’.

Una conferma ulteriore proviene anche dall’art. 43, TUIR, sulla base del quale gli

immobili relativi alle imprese commerciali non sono mai produttivi di reddito

fondiario. E’ la situazione tipica che si riscontra nel caso di società per le quali gli

immobili non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa (la cui

nozione contenuta nell’art. 43), né beni alla cui produzione o al cui scambio è

1 r. m. 20.7.1995, n. 224 / E

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diretta l’attività dell’impresa. Trattasi quindi di una categoria residuale di immobili,

ossia di cespiti ‘ patrimonio ‘, molte volte connotati dal fine dell’investimento. In tale

circostanza il reddito è determinato in virtù delle disposizioni ex Titolo I, Capo II e

quindi sulla base della disciplina che regola i redditi fondiari. Il reddito prodotto, pur

calcolato secondo la detta metodologia, continua sempre e comunque ad

appartenere alla categoria dei ‘ redditi di impresa ‘.

Restano quindi fuori dalla presente trattazione le società semplici le quali, in virtù

della loro natura, non possono svolgere attività commerciale.

Il reddito prodotto da tale ultima tipologia di società – relativamente al comparto

immobiliare di cui in oggetto - non è configurato quale reddito di impresa, bensì

quale reddito fondiario di cui al Titolo I, Capo II, articoli 25 e seguenti, o reddito

diverso, ai sensi del Titolo I, Capo VII, articoli 67 e seguenti.

TIPOLOGIE DI SOCIETA’ TIPICHE DEL COMPARTO IMMOBILIARE

Le società che operano nel comparto immobiliare possono essere suddivise tra:

• società di costruzione;

• società di compravendita;

• società di gestione

e relativamente alle quali gi immobili si connotano, in via generale, quali beni

merce nei primi due casi e quali beni patrimonio nell’ultimo.

Le società (o imprese) di costruzione

La prima decisiva nozione di impresa costruttrice2 individua quest’ultima come

l'impresa che normalmente svolge attività di produzione di immobili per la

2 c. m. 21.2.1973, n. 20 / 526577

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successiva vendita, anche se affida la materiale esecuzione dei lavori, in tutto o

in parte, ad altre imprese. Tale definizione è stata poi ribadita da una prassi

immediatamente successiva3.

La posizione ministeriale ha successivamente modificato la predetta nozione

consentendo l’esplicazione di effetti più ampi.

Il Ministero4 ha infatti chiarito che …………lo scrivente ritiene di dover modificare

la definizione di nozione di "impresa costruttrice" contenuta nella circ. n. 20, nel

senso che deve considerarsi tale l'impresa la quale svolge, anche

occasionalmente, attività di produzione di immobili per la successiva vendita, a

nulla influendo che la materiale esecuzione dei lavori sia da essa, in tutto o in

parte, affidata ad altre imprese;

Tale nuova impostazione è stata poi ribadita in diverse e successive occasioni5.

Relativamente a una impresa che pone in essere non la costruzione, bensì gli

interventi di recupero, è importante segnalare l’orientamento ministeriale6 che, al

fine di riconoscere la qualifica di impresa costruttrice, richiede la significatività

degli interventi: ‘ nella fattispecie in esame, la s.r.l. che ha ceduto gli

appartamenti, non appare come l' impresa costruttrice degli stessi, né potrebbe

definirsi tale solo per aver eseguito lavori di riparazione, manutenzione o

miglioramento ‘ e ancora ‘ ……….impresa costruttrice. Nella particolare ipotesi in

cui una società, come nel caso in questione, ha effettuato dei lavori di

ultimazione relativi ad un edificio acquistato in fase di costruzione, al fine di

stabilire se spetti o meno l'aliquota agevolata, occorre precisare se i lavori di

ultimazione siano di tale consistenza rispetto all'intera costruzione da fare

3 r. m. 19.07.1973, n. 503174 4 c. m. 2.8.1973, n. 45 / 503519 5 r. m. 22.7.1974, n. 504576, r. m. 29.11.1982, n. 391795, r. m. 13.10.1984, n. 396446, c. m. 11.7.1996, n. 182, par. 2 6 r. m. 11.6.1976, n. 361261

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acquisire la figura di impresa costruttrice, se pure parziale, al soggetto che ha

effettuato i lavori di completamento ‘ 7.

Le società (o imprese) di compravendita

Rientrano in tale sotto categoria delle società immobiliari, quelle che hanno per

oggetto – in virtù dell’attività realmente svolta - l’attività di rivendita degli immobili

costruiti o acquistati.

Relativamente all’attività esercitata, essa deve corrispondere (altrettanto vale per

quanto attiene alle imprese di costruzione) come già evidenziato, a quella

effettivamente svolta. In questo senso pare di ausilio – e quindi mutuabile - una

prassi ministeriale8 che, pur riferita alla natura della commercialità di una società

partecipata, in caso di un interpello avente per oggetto l’applicabilità della Pex,

ha così chiarito: ‘ Oltre alla ratio, è la formulazione della norma stessa di cui alla

lett. d), comma 1 dell'art. 87 del T.U.I.R. che, facendo riferimento agli immobili

"alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività d'impresa" ,

dà rilevanza all'attività effettivamente svolta e introduce un criterio sostanziale

per la verifica del requisito di commercialità.

L'uso dell'avverbio ‘ effettivamente ‘ sottintende la necessità di operare un esame

dell'attività di fatto esercitata e dell'effettiva destinazione economica degli

immobili ad un'attività di costruzione o scambio, anche prescindendo,

eventualmente, dalle risultanze contabili e dalla configurazione dell'oggetto

sociale ‘.

Normalmente gli immobili di spettanza delle società che esercitano le attività di cui

sopra (di costruzione e di compravendita) sono considerati ‘ beni merce ‘ e come

tali funzionano a costi, ricavi e rimanenze.

7 r. m. 27.2.1984, n. 345047 8 r. m. 15.12.2004, n. 152 / E

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Le società (o imprese) di gestione

Rientrano in tale sotto categoria delle società immobiliari, quelle che hanno per

oggetto – anch’esse in virtù dell’attività realmente svolta - l’attività di gestione

(generalmente in locazione) degli immobili di proprietà.

Normalmente gli immobili di spettanza delle società che esercitano l’attività di cui

sopra sono considerati ‘ beni patrimonio ‘ e come tali dovranno essere iscritti nello

stato patrimoniale, alla voce Immobilizzazioni materiali B.II.1.

CLASSIFICAZIONE IN BILANCIO DEGLI IMMOBILI

Come già accennato rassegnando le tipologie delle società operanti nel settore in

esame, gli immobili appartenenti a titolo di proprietà o di altro diritto reale alle

società ( o imprese ) di costruzione o di compravendita ed oggetto dell’attività

sociale sono da considerarsi, in via generale, quali beni merce; quelli appartenenti

sempre sulla base dei predetti titoli alle società di gestione ed oggetto dell’attività

sociale sono da considerarsi quali beni patrimonio:

Dal punto di vista del bilancio la classificazione degli immobili appartenenti a

società di costruzione o di compravendita avverrà:

− per quanto attiene allo Stato Patrimoniale:

§ alla voce C. I – rimanenze -;

In particolare, alle seguenti sottovoci in relazione alla destinazione del bene o

allo stato di fatto. Più precisamente, alla sottovoce:

* C. I. 1 – materie prime, sussidiarie e di consumo - per i beni che saranno

oggetto di costruzione non ancora iniziata;

* C. I. 2 – prodotti in corso di lavorazione e semilavorati – qualora il bene sia in

costruzione;

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* C. I. 4 – prodotti finiti e merci – relativamente ai cespiti la cui costruzione è

conclusa o per i beni acquistati per essere rivenduti;

− per quanto attiene al Conto Economico:

§ alla voce A. 1 - ricavi delle vendite e delle prestazioni -, relativamente ai

ricavi;

§ alla voce A. 2 - variazione delle rimanenze di prodotti in corso di

lavorazione, semilavorati e finiti - per quanto attiene ai cespiti in rimanenza

appartenenti alle imprese di costruzione;

§ alla voce A. 5 - altri ricavi e proventi – relativamente ai proventi derivanti

dalla gestione non caratteristica, ovvero dalla gestione accessoria. Trattasi

dei proventi degli immobili che, destinati alla vendita (successivamente alla

costruzione) o alla rivendita, sono temporaneamente locati. In tal senso il

Principio contabile OIC – Interpretativo 1 – interpretativo del principio

contabile OIC 12;

§ alla voce B. 11 – variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di

consumo e merce – con riferimento agli immobili in rimanenza, appartenenti

alle società di compravendita;

§ alle differenti e rispettive voci B, per quanto concerne i costi.

E’ opportuno ricordare i disposti dell’art. 2426, cod. civ, rubricato ‘ Criteri di

valutazione ‘ il quale, al c. 1, punto n. 9, ai fini della valutazione delle rimanenze

richiama il punto n. 1 del medesimo comma. In tal senso le rimanenze dei beni

acquistati vengono valutate comprendendo anche i costi accessori, mentre quelle

prodotte sono incrementate di tutti i costi direttamente imputabili al prodotto.

Tale ultimo criterio permette di comprendere altri costi per la quota

ragionevolmente imputabile al prodotto e relativi al periodo di fabbricazione e fino

al momento dal quale il bene può essere utilizzato. A tal fine, la Relazione

Ministeriale di commento all’art. 2426, cod. civ, precisa che per quanto riguarda la

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quota che ragionevolmente può essere imputabile al prodotto deve trattarsi di costi

di competenza del periodo di fabbricazione. Periodo che deve ritenersi concluso al

momento in cui il bene è oggettivamente utilizzabile e ciò al fine di evitare che

vengano capitalizzate anche quote di oneri successivi.

Sempre la predetta Relazione Ministeriale precisa che l’accezione ‘ può

comprendere ‘, contenuta nel punto 1, c. 1, art. 2426, cod. civ, non intende lasciare

al redattore del bilancio una incontrollata discrezionalità, bensì una ragionevole

applicazione della discrezionalità tecnica che si conformi sempre al principio

generale della rappresentazione ‘ veritiera e corretta ‘.

Il principio contabile nazionale OIC 13, rubricato ‘ Le rimanenze di magazzino ‘

chiarisce che per discrezionalità tecnica deve intendersi l’identificazione dei costi

da includere e di quelli da escludere ai fini della valutazione delle rimanenze.

Tra i costi da includere vi sono quelli di cui al capitolo D.III – Definizione di costo

storico – e più precisamente quelli di cui ai paragrafi D.III.e), f) e g), del predetto

principio. Paragrafi che si riferiscono, rispettivamente, agli oneri diretti e indiretti

tipicamente identificabili come componenti il costo di fabbricazione (D.III.e), alla

esatta identificazione e determinazione di alcuni costi diretti ed indiretti (D.III.f) e

alla corretta imputazione delle spese generali (D.III.g).

I medesimi criteri di cui sopra possono essere seguiti per l’imputazione degli oneri

relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi. In tal senso il

predetto PC OIC 13 che, al paragrafo D.III.m, precisa che ai fini della

determinazione del costo delle rimanenze gli oneri finanziari vanno di regola

esclusi, salvo il caso in cui un finanziamento sia stato chiaramente assunto a fronte

di specifiche voci che richiedono un processo produttivo di vari anni prima di

essere vendute.

Resta naturalmente il limite di valutare le rimanenze al minor valore tra quello di

acquisto come sopra calcolato e quello desumibile dall’andamento del mercato.

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*.*.*

La classificazione degli immobili appartenenti a società di gestione avverrà:

− per quanto attiene allo Stato Patrimoniale:

§ alla voce B. II. 1, quali immobilizzazioni materiali;

− per quanto attiene al Conto Economico:

§ alla voce A. 1 ‘ ricavi delle vendite e delle prestazioni ‘, relativamente ai

ricavi derivanti dalla gestione ritenuta caratteristica, oppure

§ alla voce A. 5 ‘ altri ricavi e proventi ‘ per proventi derivanti dalla gestione

non caratteristica, ovvero dalla gestione accessoria;

§ alle differenti e rispettive voci B, per quanto concerne i costi;

§ alle rispettive voci E. 20 ed E. 21 per quanto riguarda, rispettivamente, le

plusvalenze e le minusvalenze derivanti dall’alienazione degli immobili

diversi da quelli strumentali all’attività produttiva e degli immobili civili

DISCIPLINA FISCALE

Le società (o imprese) di costruzione e di compravendita

La disciplina relativa alle Imposte Dirette è retta da alcuni principi generali tra i quali

quello della competenza, ex art. 109, TUIR e quello delle valutazioni ex art. 110,

TUIR.

Con riguardo all’art. 109, TUIR è opportuno ricordarne la lettera ‘ a ‘ del comma 2.

Questa statuisce il principio generale di competenza in virtù del quale:

‘ Ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza:

a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di

acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data …………….della

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stipulazione dell'atto per gli immobili ..............., ovvero, se diversa e

successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della

proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva

della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà

vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di

proprietà ‘;

*.*.*

Con riferimento al principio generale della competenza è interessante ripercorrere

ed esaminare alcune prassi e orientamenti giurisprudenziali.

§ Esercizio di competenza del trasferimento di immobili

La Suprema Corte9 in una fattispecie in cui due parti hanno sottoscritto nell’anno x

una scrittura privata avente per oggetto il trasferimento di un immobile, il cui

possesso giuridico ed il materiale godimento dell’immobile si intendevano trasferiti

a decorrere dal 31.12 del medesimo anno, ha riferito alla stessa data di

sottoscrizione della scrittura privata il verificarsi dell’effetto traslativo. Tale

conclusione avendo riguardo al comportamento delle parti e più propriamente a

quello della promissaria acquirente / (acquirente) che nell’atto di citazione del

promittente venditore / (venditore) aveva ritenuto che l’atto di compravendita si

fosse già perfezionato al momento della firma del contratto.

Tale indagine di merito, afferma la S.C., ha permesso di approdare alla

constatazione dell'immediata efficacia traslativa del negozio individuata, con

riguardo al contenuto della scrittura ed al comportamento delle parti, nella

regolamentazione della obbligazione di consegna della cosa, incombente sul

venditore (e non sul promittente: art. 1476 n. 1 c.c.), rispetto a cui il pagamento del

9 cass. civ. del 4.10.2000, n. 13174

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prezzo - avvenuto con assegno del 7 agosto 1991 - coerentemente risulta

ragguagliato all'obbligazione tipica del compratore (e non del promissario: art. 1498

c.c.).

La citazione del venditore ‘ ai fini dell’esecuzione specifica del contratto ‘, avente il

fine di rafforzare l’affermazione dell’efficacia reale immediata, è stata ritenuta dai

Giudici come pretesa a conseguire, in funzione riproduttiva, l’atto pubblico

necessario ai fini della trascrizione.

Quanto di cui sopra non rappresenta di certo un orientamento prevalente, ma non

si può fare ameno di evidenziarne l’esistenza.

La Commissione Tributaria Centrale (C.T.C.)10, in una fattispecie rappresentata dal

pagamento di acconti su una vendita futura ha deciso che l’acconto costituirà

ricavo tassabile soltanto al realizzarsi dell’effetto traslativo della proprietà.

Di analogo tenore anche l’A.F.11 che condivide l’impostazione di un contribuente

che (che nella fattispecie era il venditore) intende contabilizzare i ricavi derivanti

dalla vendita di immobili alla data in cui si verifica l’effetto traslativo della proprietà,

a prescindere dalla data dell’incasso degli acconti pattuiti.

In una fattispecie in cui un appaltatore e un committente sono addivenuti ad una

transazione sulla base della quale il secondo avrebbe ceduto e venduto al primo

l’immobile la cui ristrutturazione rappresentava l’oggetto dell’appalto, la Suprema

Corte12 ha sentenziato che l’esercizio di competenza è quello in cui è intervenuta la

stipula dell’atto pubblico di cessione e non quello, invece, in cui è stato sottoscritta

la scrittura privata contenente la promessa di cessione dietro pagamento di un

prezzo a remissione del debito.

§ Esercizio di competenza per la deduzione degli oneri di urbanizzazione

10 comm. trib. centr., del 15.10.1998, n. 4978 11 r. m. 25.11.1998, n. 176 / E 12 cass. civ. del 27.11.2002, n. 16787

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L’A.F.13 relativamente all’individuazione dell’esercizio di competenza degli oneri di

urbanizzazione ha affermato che, ferme restando le caratteristiche della certezza e

della determinabilità, i predetti oneri sono deducibili nell’esercizio in cui si

produrranno i ricavi derivanti dai lotti posti in vendita. Ciò anche se in quest’ultimo

momento gli oneri non sono stati ancora sostenuti. Il tutto a patto che la società dia

dimostrazione ed evidenza dei costi sostenuti. In tale sede è stata quindi posta

l’attenzione al principio di correlazione costi – ricavi. Assunto sulla base del quale

ai ricavi si contrappongono (si correlano) i costi. Il predetto principio di correlazione

è stato ulteriormente ribadito dall’A.F. in due diverse occasioni14.

§ Cessione di terreno a scomputo degli oneri di urbanizzazione

La Suprema Corte15 relativamente al caso di un terreno destinato ad essere ceduto

da una società di costruzioni (o edile) al Comune, a scomputo degli oneri di

urbanizzazione, non ha ritenuto di poterlo classificare tra i beni merce ma ha altresì

identificato l’operatività dell’impresa edile e/o di costruzione come caratterizzata

non solo dalla fase di intervento operativo propriamente detto, bensì anche da una

serie complessa di attività preliminari e propedeutiche di natura finanziaria, tecnica

e amministrativa. Attività all’interno delle quali rientra altresì quella diretta ad

adempiere al pagamento degli oneri di urbanizzazione. In virtù di quanto sopra i

Giudici hanno riconosciuto la deducibilità del costo.

L’A.F.16 relativamente a un interpello avente per oggetto il comportamento da

tenere in caso di cessione gratuita di un terreno all’Ente locale, in esecuzione degli

oneri derivanti dalla convenzione urbanistica, ha chiarito che il terreno ceduto deve

essere eliminato contabilmente sulla base del suo costo di acquisto.

13 r. m. 22.10.1981, n. 9 / 2940 14 r. m. 5.3.1998, n. 14 / E, r. m. 2.6.1998, n. 52 / E 15 cass. civ. del 19.3.2002, n. 3963 16 r. m. 9.10.2002, n. 322 / E

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Tale valore specifico viene poi imputato proporzionalmente alle aree residue che

incrementeranno pertanto la loro valorizzazione per un importo pari al valore del

terreno ceduto gratuitamente. Tale maggior valore assumerà rilievo fiscale in

quanto realizza il semplice ribaltamento di un costo già iscritto in bilancio e

direttamente imputabile alla unitaria iniziativa edilizia in corso di realizzazione.

§ Permuta di cosa esistente con cosa futura

Nel caso di permuta di cosa esistente con cosa futura l’effetto traslativo della

proprietà del bene in costruzione si verifica al momento in cui la cosa futura viene

ad esistenza. Condizione che, nella fattispecie considerata, era comprovata

dall’atto pubblico di individuazione catastale17. Anche l’A.F.18 concorda

nell’affermare che in caso di compravendita di cosa futura, ai sensi ex art. 1472,

cod. civ, i ricavi derivanti dal trasferimento del bene oggetto di costruzione devono

essere imputati mano a mano che il bene stesso viene a giuridica esistenza.

§ Individuazione del margine di utile compreso nelle vendite immobiliari la cui

costruzione si protrae per più esercizi

In caso di costruzione che si protrae per più esercizi, il valore delle rimanenze del

primo esercizio sarà composto da tutti gli oneri ragionevolmente imputabili al

prodotto in corso di fabbricazione.

Il valore delle rimanenze degli esercizi successivi al primo sarà invece formato

dalle rimanenze iniziali dell’esercizio considerato, incrementato degli oneri

sostenuti nel corso di quel dato esercizio e decurtato dal costo imputabile alle

porzioni relative al fabbricato venduto.

Al fine di determinare tale ultimo elemento è necessario operare mediante un

frazionamento del costo complessivamente stimato o sostenuto. Tale

determinazione deve fondarsi su elementi logici e oggettivi.

17 comm. trib. prov. Reggio Emilia del 19.4.2007, n. 225 18 vedere nota 17

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Questi possono essere rappresentati dalla cubatura o ancor meglio dalla superficie

o dai millesimi. Il metodo di calcolo sarà quindi proporzionale e si fonderà sul

rapporto tra l’unità di misura ceduta e venduta e la misurazione complessiva della

costruzione. Tale rapporto sarà applicato al costo complessivamente sostenuto o

stimato per la costruzione dell’intero corpo fabbricabile. Il valore che ne deriva

rappresenta la quota di costo imputabile al bene ceduto e da contrapporre al

corrispondente ricavo prodotto. Esso rappresenterà quindi il valore da decurtare

dalle rimanenze. Di tale avviso anche una specializzata dottrina19

*.*.*

Quanto svolto relativamente al criterio della competenza può essere ripercorso per

i metodi di valutazione. Di seguito sono evidenziate alcune prassi e orientamenti

giurisprudenziali in materia di valutazione.

La disciplina fiscale in materia di valutazione dei beni (con particolare riferimento

alla fattispecie esaminata) è riscontrabile dalla lett. ‘ b ‘, c. 1, art. 110, TUIR.

La predetta disposizione consente la capitalizzazione degli oneri accessori di

diretta imputazione, escludendo però da tale disciplina - per gli immobili diversi da

quelli strumentali e da quelli costituenti beni merce - gli interessi passivi e le spese

generali.

In merito alla capitalizzazione e all’individuazione di alcuni oneri accessori è utile

ricordare un orientamento di giurisprudenza20 che ha deciso che, al fine dell’esatta

determinazione del reddito d'impresa, i costi per consulenze legali e notarili sono

capitalizzabili. Altresì si ritengono oneri accessori quelli relativi alle mediazioni

corrisposte per l’acquisto. Tra tali oneri figura anche l’Iva indetraibile. Il legislatore

impedisce la detrazione dell’Iva corrisposta affermando che ‘ non è ammessa in

detrazione l'imposta relativa all'acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a

19 Corradin, Società immobiliari, I edizione, 186, ‘ Ipsoa ‘ 20 cass. civ. del 29.9.2003, n. 14477

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destinazione abitativa né quella relativa alla locazione o alla manutenzione,

recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto

esclusivo o principale dell'attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati o

delle predette porzioni ‘ 21

Allorquando la sopra citata lett. ‘ b ‘, c. 1, art. 110, TUIR recita ‘ Nel costo di

fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche i costi diversi da

quelli direttamente imputabili al prodotto ‘ sorge il dubbio se tale opportunità valga

solo per i beni strumentali o se possa trovare applicazione anche nel caso dei beni

merce e quindi delle rimanenze. Sul punto intervengono due note dottrine22 che

puntualmente rilevano che l’Assonime23 ha manifestato un orientamento

affermativo.

Sempre la disposizione in oggetto recita altresì che ‘ per gli immobili alla cui

produzione è diretta l'attività dell'impresa si comprendono nel costo gli interessi

passivi sui prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione ‘. In tal senso

anche un duplice orientamento giurisprudenziale24 che ha deciso che ‘ In materia

di determinazione del reddito di impresa delle imprese di costruzioni edili,

……………..la valutazione dei fabbricati in corso di costruzione va effettuata

imputando a costi non solo gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti e

utilizzati per la acquisizione di beni strumentali all'esercizio della impresa, ma

anche gli interessi passivi su finanziamenti per la costruzione dei predetti

fabbricati…..’.

Un autore citato25 sottolinea che la patrimonializzazione degli interessi è

fiscalmente consentita se questi ultimi, dal bilancio, risultano imputati ad aumento

21 art. 19 - bis1, c. 1, lett. ‘ i ‘, d.p.r. n. 633 del 1972 22 Leo, Le imposte sui redditi nel testo unico 2007, II, 2052 ‘ Giuffrè ‘ e Vasapolli, Dal bilancio d’esercizio al reddito di impresa, quattordicesima edizione 2007, 1035, ‘ Ipsoa ‘ 23 circ. 10.11.1994, n. 139, punto 5 24 cass. civ. del 14.11.2002, n. 15981 e cass. civ. del 2.7.2003, n. 10448 25 Leo, opera citata, 2053

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del costo del cespite. Con ciò ribadendo il contenuto di una prassi26 oramai datata

che testualmente chiarisce ‘ si ritiene che, nel caso prospettato, gli interessi passivi

relativi ai finanziamenti contratti ed effettivamente utilizzati per la costruzione degli

impianti devono essere imputati al costo degli stessi….. ‘. Trattasi di prassi che in

realtà interpretava il contenuto dell’art. 58, d.p.r. n. 597 del 1986 e che oggi non è

più riproposto. Il sottoscritto, in considerazione dell’avvicinamento della disciplina

fiscale a quella civilistica, ritiene che la patrimonializzazione degli interessi debba

avvenire anche in osservanza del n. 1, c. 1, art. 2426, cod. civ.

Relativamente a tale disciplina il legislatore fiscale non chiarisce il termine finale

della capitalizzazione degli interessi. A tal fine potrebbe essere assunto come

punto di riferimento il contenuto ex art. 2426, cod. civ. con un particolare riguardo

alla citata Relazione Ministeriale che individua il temine nel momento in cui il bene

è oggettivamente utilizzabile. Da ribadire infine che la detta capitalizzazione è

consentita anche nel caso di ristrutturazione.

Per quanto attiene al rapporto tra i predetti interessi capitalizzabili e la disciplina

della thin capitalisation, ex art. 98, TUIR, è necessario evidenziare l’orientamento

ministeriale27 del seguente tenore: ‘ ……Soltanto per i beni strumentali - materiali

ed immateriali e per gli immobili - merce, la norma deroga a tale principio,

consentendo la capitalizzazione degli interessi passivi sostenuti in relazione a

prestiti contratti per la loro costruzione, acquisizione o ristrutturazione.

In tali casi, la patrimonializzazione degli interessi passivi è riconosciuta ai fini

fiscali purché tali interessi siano imputati in bilancio ad incremento del costo dei

beni stessi. …………………..Tanto premesso, si ritiene che la thin capitalization

rule si rende applicabile anche a tali fattispecie, stante la portata generale delle

disposizioni contenute nell'art. 98 del T.U.I.R. che si riferiscono indifferentemente

26 r. m. 5.7.1976, n. 9 / 1211 27 c.m. 17.3.2005, n. 11 / E, cap. 7

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a tutti gli interessi passivi derivanti da finanziamenti, prescindendo dalla modalità

di imputazione degli stessi e dalla loro eventuale patrimonializzazione ‘.

Per quanto riguarda il rapporto tra gli interessi capitalizzati e l’art. 97, TUIR, che

regola le disposizioni relative al pro rata patrimoniale il già citato autore28,

richiamando altre autorevoli dottrine ritiene che ‘ la capitalizzazione del costo

dovrebbe essere causa oggettiva di esclusione degli interessi capitalizzati dalla

base di computo del pro rata patrimoniale, spezzandosi – attraverso la

capitalizzazione – l’inerenza presuntiva degli interessi al finanziamento per

l’acquisto delle partecipazioni potenzialmente beneficianti del regime ‘ pex ‘ ‘

---===*.*.*===---

Le società (o imprese) di gestione

Ai fini Ires, anche per quanto attiene alla disciplina fiscale degli immobili oggetto di

gestione (e quindi con riferimento agli immobili né strumentali, né merce), la

normativa di riferimento è riscontrabile dal combinato dei disposti dell’art. 43 e

dell’art. 90, d.p.r. n. 917 del 1986. Trattasi quindi di immobili che, aventi carattere

patrimoniale, rappresentano in via generale beni da investimento.

Di rilievo, nella fattispecie, il contenuto dell’art. 43 il quale, al comma 2, reca una

puntuale definizione degli immobili ritenuti strumentali.

Sono da considerarsi come tali oltre a quelli che sono utilizzati esclusivamente per

l’esercizio dell’attività, anche quelli che appartengono a imprese commerciali e che

per le loro caratteristiche strutturali e catastali non sono suscettibili di un diverso

uso senza l’intervento di una radicale trasformazione.

Tali immobili si considerano strumentali anche se non sono utilizzati direttamente o

se sono concessi in locazione e/o comodato. 28 Leo, opera citata, II, 1664

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Tale ultima formulazione consente il superamento di un orientamento

giurisprudenziale29 che aveva negato il carattere della strumentalità a quegli

immobili che ‘ pur potendo essere in un certo senso strumentali rispetto alle finalità

che il soggetto d'imposta persegue attraverso l'esercizio dell'impresa,

costituiscono, nel contempo l'oggetto della predetta attività imprenditoriale quali, in

generale, gli immobili locati a terzi ‘.

Il reddito degli immobili siti nel territorio nazionale e che non sono ritenuti

strumentali è determinato con le modalità di cui al Titolo I, Capo II, rubricato ‘

Redditi fondiari ‘, del TUIR (articoli dal 25 al 43 del TUIR compresi). Il reddito degli

immobili situati all’estero è determinato, invece, con le modalità di cui all’art. 70 del

TUIR. Fanno eccezione, ai sensi del c. 1 dell’art. 90 del TUIR, i redditi dominicali e

agrari dei terreni dediti alle attività agricole di cui all’art. 32 del TUIR.

Più precisamente, sarebbero quindi applicabili anche alle società commerciali le

disposizioni afferenti:

il non concorso alla formazione del reddito dei canoni di affitto di immobili abitativi

non percepiti dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di

convalida di sfratto per morosità e il credito di imposta pari ai canoni venuti a

scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto sulla base di un

procedimento giurisdizionale, di cui all’art. 26.

il secondo periodo del c. 3 dell’art. 36 relativo ai fabbricati che non producono

reddito nel perdurare della validità delle licenze, concessioni e autorizzazioni per

lavori di restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia;

la determinazione del reddito dei fabbricati di cui all’art. 37;

il concorso del reddito del fabbricato solo allorquando lo stesso è divenuto atto

all’uso, sulla base dei disposti dell’art. 40;

29 cass. civ, SS.UU, del 13.10.1983, n. 1367

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l’aumento di un terzo del reddito nel caso di unità immobiliari non locate, di cui

all’art. 41. Tale aspetto, foriero di differenti interpretazioni, è stato ribadito anche in

sede di istruzioni alla dichiarazione dei redditi modello unico 2006 – società di

capitali, alla pagina n. 26, in corrispondenza del contenuto del rigo RF14.

La lett. ‘ a ‘ del c. 1 dell’art. 7 del D.L. 30.9.2005, n. 203, convertito dalla L.

2.12.2005, n. 248, in vigore dal 4.10.2005 ha apportato una modifica all’art. 90 del

TUIR. Trattasi della deduzione dal canone risultante dal contratto di locazione di un

importo corrispondente ad un massimo del 15% del canone stesso e riferito alle

spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico (della società

locatrice) per la realizzazione degli interventi di cui alla lettera ‘ a ‘ del comma 1

dell’art. 3, del d.p.r. 6.6.2001, n. 380. Tale ultima disposizione si riferisce agli

interventi di manutenzione ordinaria.

Una dottrina,30 ben argomentando, pone il dubbio se a seguito della modifica

intervenuta all’art. 90 del TUIR permanga ancora in capo all’impresa locatrice la

possibilità di usufruire della riduzione del 30% del reddito derivante dalla locazione

di immobili di civile abitazione in caso di stipula di contratti convenzionali con

riferimento a immobili siti in comuni ad alta tensione abitativa.

La risposta appare positiva. Le istruzioni alla dichiarazione dei redditi modello

unico 2006 – società di capitali, alla pagina n. 25, in corrispondenza del contenuto

del rigo RF13 stabiliscono che ‘ se il fabbricato si trova in un comune ad alta

densità abitativa ed è concesso in affitto ad un canone convenzionale …………., il

reddito dell’unità immobiliare, determinato ai sensi dell’art. 4 – bis del TUIR, è

ridotto del 30%. ‘.

Una prassi e una giurisprudenza oramai consolidate e riferite alle disposizioni

esistenti anteriormente alla entrata in vigore dell’attuale TUIR, avevano tracciato un

chiaro indirizzo in merito agli immobili ‘ patrimoniali o ‘ gestiti ‘ che, pur strumentali 30 Corradin - Spina, Guida alla tassazione degli immobili, II edizione, 467, ‘ Ipsoa ‘

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per natura, appartenevano ad una società immobiliare e da questa concessi in

locazione. In tal caso il reddito che ne conseguiva, pur rientrando nella categoria

dei redditi di impresa, veniva determinato sulla base delle disposizioni relative ai

redditi fondiari.

L’attuale c. 2 dell’art 43 del TUIR è piuttosto chiaro e non lascia più spazio a dubbi

di sorta. L’elemento dirimente è la natura del cespite e non la sua classificazione in

seno alla società e quindi in bilancio. Di analogo avviso anche il già citato autore31.

Una ultima annotazione è riferita agli immobili vincolati di cui al D. Lgs. 22.1.2004,

n. 42. – codice dei beni culturali e del paesaggio – che, al c. 1 dell’art. 184, ha

abrogato il precedente Testo unico dei beni culturali e ambientali di cui al D. Lgs.

29.10.1999, n. 490.

Il c. 2 dell’art. 11 della Legge 30.12.1991, n. 413, così recita: ‘ In ogni caso, il

reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi ( aggiunto

dall’autore: ora del D. Lgs. 22.1.2004, n. 42)…..……………., e successive

modificazioni e integrazioni, è determinato mediante l' applicazione della minore tra

le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è

collocato il fabbricato ‘.

Relativamente agli immobili patrimoniali di proprietà delle società di persone sono

applicabili le disposizioni relative al recupero del patrimonio edilizio, di cui alla L.

27.12.1997, n. 449. Tale disciplina non è applicabile ai soggetti Ires.

Relativamente agli immobili di proprietà delle società di persone e di capitale sono

applicabili le disposizioni relative alla riqualificazione energetica di cui alla L.

27.12.2006, n. 296.

*.*.*

31 Leo, opera citata, II, 1553

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Al fine di approfondire alcune delle tematiche sopra affrontate può essere

interessante esaminare le seguenti prassi e i differenti orientamenti

giurisprudenziali in materia di determinazione del reddito.

§ Determinazione del reddito dei fabbricati riconosciuti di interesse storico o

artistico, ai sensi del D. Lgs. 22.1.2004, n. 42

In precedenza è stato citato il disposto del c. 2 dell’art. 11 della Legge 30.12.1991,

n. 413. E’ necessario esaminare, nella fattispecie, un orientamento dell’A.F.32 che

afferma che dalla combinazione del c. 2 dell'art. 11 - che prevede un criterio

catastale di determinazione del reddito limitatamente agli immobili di interesse

storico e/o artistico - con quello di cui all’art 90 TUIR, si possa concludere che

l’applicazione di favore contenuta nella prima delle due disposizioni possa trovare

applicazione all'interno delle norme che disciplinano il reddito d'impresa

esclusivamente nel caso degli immobili patrimoniali. Tali norme favorevoli non

trovano applicazione invece agli immobili che rappresentino beni merce o beni

strumentali per l'esercizio dell'impresa.

§ Determinazione del reddito dei fabbricati patrimonio non strumentali per la

società

La Suprema Corte33 ha sentenziato che [relativamente alla precedente disciplina

regolata dell’art. 52, c. 2, secondo periodo, del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597 (poi

art. 57) e ora art. 90 del d.p.r. n. 917 del 1986] gli immobili appartenenti a una

impresa commerciale e non strumentali per l'esercizio della stessa ‘ concorrono a

formare il reddito d'impresa nell'ammontare determinato secondo le disposizioni

che disciplinano i redditi fondiari e, quindi, relativamente ad un fabbricato, nella

misura pari alla rendita catastale rivalutata, ovvero rapportata al canone di

locazione. Sicché, secondo quanto prescritto dal primo periodo della predetta

32 r. m. 3.8.2006, n. 99 / E 33 cass. civ. del 5.4.2000, n. 4217

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disposizione – ‘ nella determinazione degli utili netti non si tiene conto..., né dei

proventi e dei costi relativi agli immobili indicati nell'art. 21 che non costituiscono

beni strumentali per l'esercizio dell'impresa ‘ - passando dal calcolo dell'utile di

bilancio (civilistico) alla determinazione del reddito d'impresa imponibile è

necessario, secondo il criterio delle ‘ variazioni ‘ (rispetto al risultato civilistico) in

aumento o in diminuzione (del reddito fiscale), sostituire ai costi ed ai ricavi effettivi

dell'immobile, il reddito fondiario ‘.

L’Agenzia delle Entrate34, avendo riguardo alla modifica sopra indicata all’art. 90

del TUIR e conseguente al citato D.L. 30.9.2005, n. 203, chiarisce il significato di

‘ documentate ‘ [Le spese di manutenzione ordinaria possono essere portate in

riduzione del canone di locazione, ai sensi dell'art. 90 del T.U.I.R., solo se "

documentate ". Il sostenimento di tali spese, quindi, deve essere adeguatamente

comprovato per mezzo di contratti, attestazioni di pagamento, fatture e ricevute

fiscali] e di ‘effettivamente rimaste a carico‘ [La norma richiede, inoltre, che le

spese di manutenzione ordinaria siano " effettivamente rimaste a carico "

dell'impresa locatrice. A tal proposito, si rileva che l'art. 1576 del codice civile

pone a carico del locatore l'obbligo di eseguire, per la durata della locazione,

tutte le riparazioni necessarie per il mantenimento in buono stato del bene locato,

eccetto le spese di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore. Se le

parti stabiliscono nel contratto di locazione che le spese di manutenzione

ordinaria siano addebitate al conduttore anziché al locatore, quest'ultimo non

potrà dedurre gli importi delle spese in argomento e il canone rileverà per l'intero

ammontare contrattualmente previsto].

La citata prassi chiarisce altresì che [se le spese di manutenzione ordinaria

sostenute da un'impresa risultino, in un determinato periodo d'imposta, superiori

34 c.m. 13.3.2006, n. 10 / E, cap. 14.1

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al limite del 15 per cento, l'eccedenza non rileva nei periodi d'imposta successivi,

anche se l'importo delle spese sostenute nel corso di essi sia inferiore al predetto

limite]. La circolare di cui in oggetto nulla chiarisce in merito alle eventuali spese

straordinarie. A tal proposito il più volte citato autore35 ritiene che la tipologia di

tali spese sia idonea ad accrescere il valore dell’immobile e quindi a legittimarne

l’incremento del valore fiscale dell’immobile. Valore che sarà rilevante in sede di

quantificazione dell’eventuale plusvalenza o dell’eventuale minusvalenza future.

A tale riguardo è opportuno affermare che, in virtù dell’art. 86 e 101 del TUIR la

cessione dei beni in oggetto rileva ai fini della plusvalenza e della minusvalenza.

Una conferma indiretta del realizzo fiscale della plusvalenza la si ritrae da una

prassi avente per oggetto una immobiliare mista (di costruzione e di gestione)36

Una prassi già esaminata37 chiarisce che il provento immobiliare determinato

sulla base di canoni citati concorre alla formazione del valore netto della

produzione ai fini Irap, giusti i disposti ex c. 1, art. 11 bis, D. Lgs n. 446 del 1997.

In relazione al c. 2 dell’art. 90 TUIR che prevede che le spese e gli altri

componenti negativi relativi agli immobili in oggetto non sono ammessi in

deduzione, l’Agenzia delle Entrate38 chiarisce che la disposizione sopra citata

contiene un divieto assoluto di deducibilità di tutti i componenti negativi relativi

agli immobili, compresi gli interessi passivi. Sia quelli di funzionamento, sia quelli

di finanziamento.

Ai fini dell’applicazione delle disposizioni ex articoli 96, 97 e 98 è necessario

depurare gli interessi passivi di quelli relativi agli immobili, in virtù della

indeducibilità oggettiva degli stessi.

35 Leo, opera citata, II, 1557 36 r. m. 12.7.1982, n. 9 / 1730 37 c.m. 13.3.2006, n. 10 / E, cap. 14.1, ultimo capoverso 38 c.m. 13.2.2006, n. 6 / E, cap. 7.5

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la riproduzione anche parziale è vietata 24

La questione afferente la deducibilità degli interessi, con riferimento agli immobili

patrimonio, ha sempre dato luogo a diverse posizioni dottrinali.

L’elemento di discriminazione deriverebbe dal fatto che gli interessi di

finanziamento non rientrerebbero nella deduzione forfetaria applicata al canone e

come tali dovrebbero essere considerati deducibili. In sostanza, resterebbero

indeducibili solo gli oneri già compresi nel reddito medio ordinario, ovvero già

assorbiti e compresi nella deduzione forfetaria.

Ai sensi del c. 2 dell’art. 7 del d.p.r. 29.9.1973, n. 604, si evince che la tariffa

d’estimo dei fabbricati è costituita dal reddito medio lordo ordinario ridotto delle

spese di riparazione, di manutenzione, nonché di ogni altra spesa necessaria a

produrlo. Come è riscontrabile da quanto esposto e come peraltro è poi

confermato dal medesimo c. 2 dell’art. 7, nessuna detrazione è contemplata per

gli interessi passivi.

Di analogo tenore un importante indirizzo giurisprudenziale39. Della prima

sentenza è opportuno evidenziarne uno stralcio ‘ si deve tener conto anche

dell'art. 7 DPR 29 settembre 1973, n. 604, il quale dispone che la tariffa di estimo

delle unità immobiliari urbane è costituita per unità di riferimento dal reddito lordo

medio ordinario da essa ritraibile, diminuito delle spese di riparazione e

manutenzione e di ogni altra spesa necessaria a produrlo; se ne deduce che l'art.

52 DPR 29 settembre 1973, n. 597, prevede, ai fini della determinazione di un

imponibile fiscale, la "sostituzione" di ricavi e costi "effettivi" con dei ricavi e costi

"forfettari", rappresentati dalla rendita catastale, che è la differenza tra i ricavi e i

costi come definiti dall'art. 7 DPR 29 settembre 1973, n. 604; affinché tale

"sostituzione" sia legittima e in linea con la ratio della norma fiscale, è evidente

che le poste "sostituende" debbono trovare una necessaria corrispondenza con

39 cass. civ. del 27.11.2002, n. 16780 e cass. civ. 25.1.2006, n. 1430

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la riproduzione anche parziale è vietata 25

la posta "sostituita": ne discende che la rendita catastale, o meglio i costi insiti in

essa, sostituiscono soltanto quelle voci di costo che hanno partecipato alla sua

determinazione estimale; nella fattispecie le spese del personale afferenti

all'amministrazione e alla gestione dei medesimi immobili, non trovando

corrispondenza tra le voci di costo del calcolo estimale, non possono venire

surrogate dalla rendita catastale e, pertanto, partecipano legittimamente, come

poste negative, alla determinazione del reddito imponibile: un'interpretazione in

senso contrario produrrebbe l'indesiderata conseguenza di costituire una serie di

costi, sostenuti nell'esercizio di impresa fiscalmente irrilevanti, pur in assenza di

una norma che ne stabilisca esplicitamente l'indeducibilità ‘.

Anche l’ADC rispettivamente con la norma n. 98 del maggio 1998 e n. 156

dell’aprile 2004 ritiene che ‘Nella determinazione del reddito imponibile delle

imprese che possiedono immobili non strumentali i costi fondiari non sono

deducibili perché inclusi nelle tariffe d'estimo; sono invece deducibili gli altri costi.’

Tale norma di comportamento richiama un orientamento giurisprudenziale40 che

propende per l’indeducibilità degli interessi corrisposti per l’acquisto

dell’immobile.

Resta purtroppo il fatto, comunque, che il disposto ex c. 2, art. 90, TUIR,

evidenzia un divieto che appare piuttosto assoluto e sibillino.

Questa appena rappresentata è stata la fattispecie impositiva applicabile fino

all’entrata in vigore della Legge Finanziaria del 2008, più avanti anche solo L.F.

A decorrere dall’introduzione nel nostro ordinamento di quest’ultimo complesso di

norme, ai fini di quanto in oggetto è necessario ricordare il c. 35 dell’art. 1, L.F.

che introduce un periodo che viene considerato norma di interpretazione

autentica. Il predetto, c. 35 dell’art. 1, L.F. chiarisce definitivamente che tra le

40 cass. civ. del 7.6.1994, n. 5501

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la riproduzione anche parziale è vietata 26

spese e i componenti negativi non deducibili ai sensi del c. 2 dell’art. 90, TUIR,

non si comprendono ‘ gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per

l’acquisto degli immobili di cui al c. 1 del medesimo articolo 90 ‘.

Trattasi di disposizione finalmente tranciante che pone una definitiva chiusura

relativamente alle controversie in merito.

La predetta disposizione, avendo la natura di interpretazione autentica, dovrebbe

trovare applicazione anche per le fattispecie pregresse.

Quanto sopra rappresentato è limitato agli interessi da finanziamento e non trova

quindi applicazione anche relativamente alla deduzione delle quote di

ammortamento. Altra fattispecie che non consentirebbe la deduzione della quota

di ammortamento risiede nel fatto che, ai sensi del c. 1 dell’art. 102 del TUIR, i

beni in questione non sono strumentali.

E’ opportuno segnalare che se il periodo di imposta della società è diverso

dall’anno solare, il c. 5 dell’art. 110 del TUIR prevede il ragguaglio ad anno dei

proventi e degli oneri.

IL RAPPORTO ESISTENTE TRA

IL CARATTERE COMMERCIALE DELLE SOCIETA’ IMMOBILIARI

E LA

PARTECIPATION EXEMPTION

Come oramai a tutti noto, la disciplina della partecipation exemption è contenuta

nell’art. 87, TUIR. Tale disposizione, rubricata ‘ plusvalenze esenti ‘ prevede, in

conseguenza della completa rivisitazione ad essa apportata dall’art. 1, D. Lgs.

12.12.2003, n. 344, che al verificarsi di determinate fattispecie si concretizzi una

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(quasi) totale esenzione delle plusvalenze realizzate e relative ad azioni o a

quote di partecipazione in società ed enti indicati sia all’art. 5, sia all’art. 73 TUIR,

con la sola eccezione delle partecipazioni in società semplici.

I requisiti che devono essere rispettati sono indicati alle lettere a), b), c) e d) del

comma 1, dell’art. 87 TUIR. I primi due sono di natura soggettiva (con riferimento

alla partecipazione in capo alla partecipante) e i restanti invece possiedono una

natura oggettiva, con riferimento alle caratteristiche della partecipata. E’ proprio

uno di questi due ultimi requisiti che è necessario esaminare e approfondire con

maggior cura rispetto alla consuetudine, allo scopo di valutare la possibilità o

meno di fruire della esenzione in sede di realizzo delle plusvalenze.

In particolare, l’attenzione deve essere posta sulla lettera d) del c. 1 dell’art. 87,

TUIR, ossia sul carattere della commercialità della partecipata.

Tale approfondimento diviene essenziale in considerazione del fatto che

attraverso il veicolo della partecipazione potrebbe risultare possibile far circolare

gli immobili fruendo, ovviamente, di un minor carico fiscale.

La predetta lettera d) in questione pone una presunzione assoluta di non

commercialità della partecipata allorquando il valore del patrimonio della stessa

sia prevalentemente costituito da immobili di gestione41.

Il comma 5 del predetto art. 87 riserva una disposizione alle holding (che in via

esclusiva o prevalente assumono partecipazioni) affermando che il requisito della

41 d) esercizio da parte della società partecipata di un'impresa commerciale secondo la definizione di cui all' articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell'esercizio d'impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l'attività agricola.

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commercialità deve sussistere in capo alle società da queste partecipate, così

chiarendo, a tal fine, il carattere trasparente delle holding stesse.

Il c. 2, sempre dell’art. 87, TUIR, offre una disposizione di chiusura antielusiva

stabilendo che (anche) il requisito della commercialità deve sussistere,

ininterrottamente, al momento del realizzo almeno dall’inizio del terzo periodo di

imposta anteriore al realizzo stesso.

Il Ministero42 ha chiarito e confermato che il requisito temporale della

commercialità deve essere verificato con riferimento alla società partecipata e

che il possesso ininterrotto, in caso in cui la società partecipata sia stata

costituita da meno di tre anni, debba riferirsi al minor tempo trascorso tra l’atto

costitutivo e la cessione della partecipazione.

La medesima prassi pone ulteriormente l’accento sul fatto che gli immobili che

non consentono alla partecipante di fruire della pex sono quelli di gestione.

L’A.F. ha chiarito un dubbio che si era creato tra i contribuenti allorquando dalla

lettura dell’art. 87 si desume che al fine di poter usufruire della pex è necessario

utilizzare ‘ direttamente ‘ il fabbricato nell’esercizio dell’impresa.

Il dubbio si era legittimamente insinuato in quanto il disposto del c. 2 dell’art. 43

del TUIR, individua quali immobili strumentali quelli utilizzati esclusivamente.

A tal fine il Ministero43 ha chiarito che il mancato riferimento alla esclusività

consenta di comprendere anche gli immobili utilizzati promiscuamente per

l’esercizio dell’attività di impresa. In tale fattispecie il valore dell’immobile verrà

assunto al numeratore del rapporto per il solo 50%.

Il residuale 50% sarà estraneo all’attività e costituirà la parte del patrimonio

rappresentata da immobili non direttamente utilizzati.

42 c. m. 4.8.2004, n. 36 / E, cap. 2.3.4 43 c. m. 16.3.2005, n. 10 / E, cap. 5.3

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Con riferimento alle società in liquidazione il Ministero si è espresso chiarendo44

che possono fruire della partecipation exemption anche le società in liquidazione

e che, vista la peculiarità delle predette, le caratteristiche della commercialità

devono esistere al momento della messa in liquidazione.

Anche il requisito antielusivo del possesso triennale della qualifica deve essere

assunto non con riferimento alla data del realizzo della partecipazione, bensì

avendo riguardo alla fase di inizio della procedura di liquidazione della società

partecipata.

In una fattispecie di assunzione del concordato in cui una società, che pure

avrebbe inteso gestire un complesso portuale, ha posto in essere per lungo

tempo solo l’esecuzione degli impegni derivanti dalla qualifica di assuntore,

senza ottenere dal Tribunale la disponibilità del complesso portuale, il Ministero45

non ha riconosciuto alla società predetta il carattere della commercialità. Con

conseguente impossibilità di fruire della pex.

Una ulteriore fattispecie è quella in cui una società di costruzione, man mano che

costruiva, pur essendo intenzionata a cedere e vendere l’immobile costruendo e

nelle more di trattative ritenute non soddisfacenti, ha provveduto a locare con

normali contratti di affitto commerciali gli immobili via realizzati. Il tutto adducendo

che in attesa di cedere e vendere aveva posto a reddito gli immobili.

Il Ministero46 ha esaminato il caso di specie e ha riscontrato sia il lungo periodo

intercorso tra la fine della costruzione degli immobili affittati e la data

dell’interpello sia la volontà, attestata dai contratti di affitto, di non limitare

l’aspetto locativo me di averlo perseguito. Ha quindi concluso per il carattere

gestorio dell’immobile e per la conseguente non possibilità di fruizione della pex.

44 c. m. 16.3.2005, n. 10 / E, cap. 5.6 45 r. m. 25.11.2005, n. 165 / E 46 r. m. 15.12.2004, n. 152 / E

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Il tutto a prescindere dalla allocazione in bilancio dei fabbricati in rimanenza,

iscritti quali ‘ prodotti finiti ‘.

Una recente posizione ministeriale47 si è manifestata relativamente a un caso in

cui il costruttore pone in essere un intervento importante di modifica e

adattamento di due fabbricati. Immobili che verranno uniti e riadattati al fine di

poter essere destinati dallo stesso costruttore all’esercizio di una attività

alberghiera.

In tale circostanza l’A.F. afferma di non ritenere utile al fine del calcolo della

commercialità il periodo in cui è posto in essere l’intervento edilizio di talché

conclude che ‘ l’eventuale plusvalenza conseguita a seguito della cessione delle

quote nella società in oggetto potrà beneficiare del regime della parziale

esenzione di cui all’art. 87 solo se all’atto della cessione delle stesse e fin

dall’inizio del terzo periodo d’imposta precedente la cessione stessa, la

partecipata possiede il requisito della commercialità, il quale sarà, nel caso di

specie integrato solo a partire dalla effettiva destinazione turistico – ricettivo ‘.

Con ciò concludendo, nella sostanza che l’immobile potrà essere considerato un

immobile strumentale direttamente utilizzato nell’attività di impresa solo quando,

una volta terminati i lavori, lo stesso sarà effettivamente attivo e destinato

all’attività alberghiera.

ACCERTAMENTO DEL VALORE DEGLI IMMOBILI

SULLA BASE DEL VALORE NORMALE

47 r. m. 9.11.2007, n. 323 / E

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Il c. 3 dell’art. 35 del D.L. 4.7.2006, n. 223, modificato in sede di conversione

dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha apportato delle modifiche al c. 1, lett. ‘ d ‘,

art. 39, d.p.r. 29.9.1973, n. 600.

Tale emendamento ha introdotto una nuova fattispecie di prova grave, precisa e

concordante. Allo stato attuale, pertanto, la prova dell’esistenza di attività non

dichiarate si intende riscontrata, e con le caratteristiche di cui sopra, quando

l’infedeltà dei ricavi è desunta sulla base del valore normale dei beni. Valore

normale che è determinato ai sensi del c. 3 dell’art. 9 del TUIR.

In virtù di quanto sopra esposto è possibile interpretare che se il prezzo di

trasferimento di un immobile è inferiore al valore normale dello stesso, si

concretizza la prova dell’infedeltà dei ricavi. Si manifesterebbe, nella sostanza,

una presunzione legale che comporta che l’onere della prova sia in capo al

contribuente.

L’Agenzia delle Entrate ben potrà, di conseguenza, provvedere alla rettifica del

ricavo dichiarato dal contribuente mediante l’elevazione del ricavo stesso fino al

livello del valore normale del cespite oggetto di compravendita.

Ora, alla luce delle modifiche intervenute al predetto c. 1, lett. ‘ d ‘ dell’art. 39 del

d.p.r. n. 600 del 1973, è opportuno soffermarsi sul fatto se il criterio del ‘ valore

normale ‘ rappresenti un criterio sostanziale (una presunzione legale assoluta)

per la determinazione del valore di trasferimento degli immobili oppure una

presunzione legale relativa.

Se si dovesse ipotizzare la prima impostazione si dovrebbe accettare una

profonda soggezione della volontà delle parti a quella dell’A.F. Situazione che

sarebbe sostanzialmente preclusiva della libera e autonoma volontà pattizia delle

parti stesse.

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Qualora si dovesse invece propendere per la seconda impostazione si

concretizzerebbe una situazione nella quale l’A.F. potrebbe fare riferimento al

valore normale, salva la possibilità del contribuente di offrire la prova contraria.

Il Consiglio Nazionale del Notariato48 (più avanti anche solo CNN), al capitolo 2

(ultimi due paragrafi) e al capitolo 3 rubricato ‘ L’interpretazione alla luce dei

principi comunitari e costituzionali ‘ propende per la natura non sostanziale del

criterio del valore normale. Tale convinzione si fonda sul fatto che la disposizione

di legge prevederebbe un particolare collegamento tra valore normale e infedeltà

del corrispettivo dichiarato. Per l’A.F. risulterebbe sufficiente provare la

divergenza tra valore normale e prezzo al fine di poter concretizzare il

presupposto legittimante la verifica.

Tale presunzione legale, sostiene il CNN, consentirebbe all’A.F. di non dovere

provare il fatto presunto ma la obbligherebbe a dimostrare il fatto indiziante, ossia

la divergenza tra valore normale e corrispettivo dichiarato.

Un ulteriore elemento che dovrebbe far propendere per il criterio non sostanziale

del ‘ valore normale ‘, sostiene sempre il CNN, è la relazione con le disposizioni

comunitarie.

La soluzione verrebbe attinta e mutuata dall’ambito Iva in cui la Sesta Direttiva

CE fa coincidere la base imponibile con il corrispettivo liberamente e

autonomamente pattuito tra le parti.

Sempre il CNN ricorda che la Corte di Giustizia CE ha ritenuto che qualora la

normativa nazionale utilizzi il valore normale per la determinazione della base

imponibile, nel caso di operazioni a titolo oneroso (e quindi in presenza di

corrispettivo) si configuri una violazione nei confronti della Sesta Direttiva e

quindi una situazione di illegittimità sul piano comunitario.

48 studio n. 152 – 2006 / T

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Su tale punto il CNN, concludendo che la norma ha finalità di evitare ‘ evasione o

frode fiscale ‘, riconosce che la presunzione relativa possa essere legittima

allorquando la prova contraria di cui beneficia il contribuente sia consentita e

l’esercizio del relativo diritto non sia reso difficoltoso.

La presunzione legale relativa fondata sul valore normale deve essere

ragionevole e proporzionale (anche alla capacità contributiva).

Una soluzione a quanto fin qui esposto potrebbe riscontrarsi da un recente

chiarimento dell’A.F.49 sulla base del quale il ‘ valore normale ‘ rappresenta una

presunzione relativa che consente all’A.F. stessa, insieme ad altri elementi

disponibili o acquisibili mediante un corretto ricorso ai poteri di controllo, di

considerare il prezzo come non corretto. Fattispecie che il contribuente può

comunque e sempre confutare mediante una prova contraria.

E’ necessario ricordare un orientamento della giurisprudenza di legittimità50 in

virtù del quale il comportamento antieconomico non giustificato da parte del

contribuente (contrario quindi ai canoni dell’economia) è presupposto per

l’accertamento ai sensi del c. 1, lett. ‘ d ‘ dell’art. 39 TUIR.

Nel caso in cui la compravendita sia preceduta da una prenotazione o da un

preliminare dai quali si possano desumere prezzi di vendita differenziati in

relazione al tempo della prenotazione o della stipula del preliminare l’A.F. dovrà

porre in essere una diligente e attenta ricognizione dei fatti per verificarne la

corrispondenza al fatto reale51.

La determinazione e l’individuazione del valore normale può non essere agevole

in quanto esso non è sempre il medesimo, bensì si differenzia in relazione alla

filiera commerciale (l’art. 9, c. 3, recita: ‘ in condizioni di libera concorrenza e al

49 r. m. 13.7.2007, n. 170 / E 50 cass. civ. del 24.7.2002, n. 10802 51 vedere nota 49

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medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata

effettuata l’operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi ‘). Il valore normale

del bene compravenduto dal costruttore sarà certamente differente da quello

individuato nel caso in cui la compravendita sia effettuata dal rivenditore.

Un noto autore52 ritiene che la disposizione del valore normale posta dall’art. 14

del d.p.r. n. 633 del 1972, che sostanzialmente corrisponde al contenuto dell’art.

9 TUIR, utilizzando una ampia dizione, consenta il riferimento al prezzo di

acquisto o, in mancanza al costo del cespite.

Una prassi recente53 - di primo chiarimento al D.L. n. 223 del 4.7.2006 - che

recita ‘ Il valore normale dei beni da assumere come parametro di riferimento ai

fini del controllo deve essere individuato ai sensi dell'art. 9, comma 3, del

T.U.I.R., che ripropone nella sostanza la medesima disposizione prevista ai fini

dell'imposta sul valore aggiunto ‘ nulla chiarisce rispetto a quanto già noto.

Soprattutto non individua i criteri che possano conferire una certezza di calcolo e

di determinazione del detto valore normale.

A tale funzione ha invece pensato il c. 307 dell’art. 1 della L. 27.12.2006, n. 296

la quale così recita: ‘ Per la uniforme e corretta applicazione delle norme di cui

all'articolo 54, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26

ottobre 1972, n. 633, all' articolo 39, primo comma, del decreto del Presidente

della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’ articolo 52 del testo unico delle

disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente

della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, con provvedimento del direttore

dell'Agenzia delle entrate sono individuati periodicamente i criteri utili per la

determinazione del valore normale dei fabbricati ai sensi dell' articolo 14 del

citato decreto n. 633 del 1972, dell' articolo 9, comma 3, del testo unico delle 52 Centore, Il Corriere Tributario, n. 37 del 2006, 2928 ‘ Ipsoa ‘ 53 c.m. 4.8.2006, n. 28 / E, cap. 2

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la riproduzione anche parziale è vietata 35

imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre

1986, n. 917, e dell' articolo 51, comma 3, del citato decreto n. 131 del 1986 ‘.

Come è possibile constatare il Legislatore – in sede di Finanziaria 2007 – non

solo ha individuato lo strumento giuridico attraverso il quale verranno individuati i

criteri utili per la determinazione del valore normale, ma ha altresì stabilito che tali

criteri saranno validi anche per l’Iva e per l’imposta di registro.

E’ stata voluta quindi una identicità (uniformità, come ribadito all’articolo 1 del

provvedimento) di criterio valutativo, valido per tutte le imposte.

Il predetto provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate è stato quindi

emanato nel luglio 200754. Esso, in attinenza alla predetta Legge n. 296 del 2006,

ribadisce che ‘ sono individuati periodicamente i criteri utili per la determinazione

del valore normale dei fabbricati ‘.

Stabilisce inoltre che il valore normale dei fabbricati (e non dei terreni) è

determinato in virtù di criteri che saranno stabiliti sulla base dei valori

dell’osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del Territorio. Valori che

saranno corretti sulla base di coefficienti di merito e che possono essere

qualificati quali elementi caratteristici soggettivi degli immobili.

In sostanza, anche sulla base di quanto emerge dal comma 1.2 del

provvedimento citato, il valore normale dell'immobile è determinato dal prodotto

fra la superficie in metri quadri risultante dal certificato catastale e il valore

unitario determinato sulla base delle quotazioni immobiliari dell'osservatorio del

mercato immobiliare e dei coefficienti di merito relativi alle caratteristiche

dell'immobile.

Qualora la superficie in metri quadri non fosse rinvenibile dal certificato catastale

il provvedimento individua una seconda fonte nell'allegato C al d.p.r. 23.3.1998,

54 provvedimento del 27.7.2007

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n. 138, rubricato ‘ Regolamento recante norme per la revisione generale delle

zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi

criteri nonché delle commissioni censuarie in esecuzione dell'articolo 3, commi

154 e 155, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ‘.

Il provvedimento in oggetto chiarisce che le quotazioni da assumere sono quelle

riferite alla relativa zona omogenea in cui è situato l’immobile compravenduto.

In mancanza, verrà assunta la zona limitrofa o analoga, censita con riferimento:

• al periodo dell'atto di compravendita;

• a quello antecedente in cui è stato pattuito il prezzo con atto avente data

certa. A tal fine è opportuno leggere tale disposizione congiuntamente al

chiarimento dell’A.F. in sede di interpello55.

• e comunque allo stato conservativo "normale".

I coefficienti di merito relativi alle caratteristiche dell'immobile si riferiscono al

taglio, al livello del piano e alla categoria catastale, secondo le modalità indicate

nell’apposito allegato del provvedimento.

Il provvedimento precisa inoltre che nel caso di immobili diversi dalle abitazioni il

valore normale viene determinato mediante l’assunzione del valore medio tra

quelli espressi dall'osservatorio del mercato immobiliare; valore riferito al periodo

dell'atto di compravendita e allo stato conservativo "normale" per la specifica

destinazione d'uso dell'immobile ivi censita, in particolare "negozi", "magazzini",

"uffici", "capannoni industriali", "capannoni tipici", "laboratori", "autorimesse",

"posti auto scoperti", "posti auto coperti", "box".

Una particolare attenzione deve essere posta agli immobili ultimati o ristrutturati

da non più di quattro anni per i quali il valore normale si determina sulla base

55 vedere nota 49

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la riproduzione anche parziale è vietata 37

dello stato conservativo "ottimo" censito dall'Osservatorio del mercato

immobiliare.

In mancanza del predetto elemento al valore determinato secondo la modalità ‘

ordinaria ‘ si applica un coefficiente di rivalutazione pari a 1,3. Tale moltiplicatore

è applicabile sia nel caso di immobili abitativi, sia non abitativi.

Il provvedimento oggetto di esame offre un ulteriore elemento di assoluta

rilevanza nel senso che l’A.F., oltre a basare le proprie considerazioni e quindi il

proprio operato sul citato valore normale, può anche trarre ulteriori spunti da

elementi e/o fatti a lei noti.

Tra questi:

• il valore del mutuo, per gli atti soggetti a IVA, nel caso esso sia di importo

superiore a quello della compravendita;

• i prezzi effettivamente praticati che emergono dalle compravendite fra

privati per la stessa zona nello stesso periodo temporale;

• i prezzi che emergono dagli accertamenti effettuati con la ricostruzione

dei ricavi in base all'osservazione diretta dei costi sostenuti per la

costruzione, ad altre prove certe e, in particolare, alle risultanze delle

indagini finanziarie;

• i prezzi che emergono da offerte di vendita del soggetto controllato;

• i prezzi che emergono da offerte di vendita al pubblico tramite i media;

• i prezzi che emergono da analoghe vendite eseguite dal soggetto

controllato;

• le ristrutturazioni desunte dai dati relativi ai permessi di costruire e alle

D.I.A. (denunce di inizio attività) trasmesse dai comuni e alle detrazioni

dichiarate per spese di recupero del patrimonio edilizio.

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la riproduzione anche parziale è vietata 38

Il provvedimento conclude il capitolo 1 stabilendo che il valore normale frutto del

calcolo sopra descritto viene sottoposto periodicamente a variazioni.

La periodicità è stabilita nel capitolo rubricato ‘ motivazioni ‘ e risulta essere

semestrale.

Infine, in merito alla applicabilità del valore normale calcolato sulla base di

quanto sopra citato, è necessario rilevare che l’A.F. ha chiarito56 che la

disposizione che ha introdotto l’accertamento basato sul ‘ valore normale ‘ ha

natura procedimentale e come tale applicabile ed efficace anche per le rettifiche

relative ai periodi di imposta ancora accertabili e non solo, quindi, agli atti stipulati

a decorrere dal 4.7.2006.

Tale posizione, ad avviso di chi scrive, è lesiva della ‘ tutela dell’affidamento

legittimo e della buona fede ‘ del contribuente. Presupposto imprescindibile

contenuto nello ‘ Statuto del Contribuente e di cui il Legislatore ne ha rubricato

uno specifico articolo ‘ 57. A tal fine potrebbe essere interessante considerare un

orientamento giurisprudenziale in materia che ha confermato la portata generale

della ‘ tutela dell’affidamento legittimo e della buona fede ‘ 58.

Una analisi più accurata ci consente altresì di ipotizzare anche una violazione al

concetto di ‘ efficacia temporale delle norme tributarie ‘. Anche in tale caso il

Legislatore ha ritenuto di rubricarne un articolo59.

Tali perplessità hanno trovato riscontro nella L.F. 2008 che, al c. 265 dell’art. 1

ha disposto che le presunzioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art 35 del D.L. 4.7.2006,

n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4.8.2006, n. 248, relativamente agli

atti formati anteriormente al 4.7.2006, agli effetti tributari valgono come

presunzioni semplici.

56 r. m. 16.2.2007, n. 11 / E, cap. 12.4 57 legge 27.7.2000, n. 212, art. 10 58 cass. civ. del 10.12.2002, n. 17576 59 legge 27.7.2000, n. 212, art. 3

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DETERMINAZIONE DEL VALORE NORMALE DEGLI IMMOBILI RESIDENZIALI

Ipotesi n. 1

Tipo residenziale non nuovo

con coincidenza delle categorie catastali dell’immobile alla tipologia edilizia OMI

e

con quotazioni presenti nella banca dati delle quotazioni OMI

Valore Normale ( VN ) = ( VUN ) Valore Normale Unitario * superficie (mq.)

il VUN è dato da

Val OMI min. + ( Val OMI max. – Val OMI min. ) x K

e dove il K è dato da

( K1 + 3 * K2 ) / 4

in cui

K1 rappresenta il taglio della superficie

fino a 45 mq. 1

oltre 45 mq fino a 70 mq. 0,8

oltre 70 mq fino a 120 mq. 0,5

oltre 120 mq fino a 150 mq. 0,3

oltre 150 mq. 0

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la riproduzione anche parziale è vietata 40

K2 rappresenta il livello del piano

piano seminterrato 0

piano terreno 0,2

piano primo 0,4

piano intermedio 0,5

piano ultimo 0,8

piano attico 1

ipotizziamo un immobile abitativo residenziale nel centro di Genova, zona Via XX

Settembre, con le seguenti caratteristiche:

§ superficie mq. 200: K1 = 0

§ piano intermedio: K2 = 0,5

§ lo stato conservativo è normale

§ trattasi di una abitazione civile Val OMI min. 2.800 - Val OMI max. 3.800

La determinazione del valore normale sarebbe la seguente:

Valore Normale ( VN ) = ( VUN ) Valore Normale Unitario * superficie (mq.)

Individuazione del K

K = ( K1 + 3 * K2 ) / 4

K = ( 0 + 3 * 0,5) / 4 = 0 + (1,5 / 4) = 0,375

Individuazione del VUN

Val OMI min. + ( Val OMI max. – Val OMI min. ) x K

2.800 + ( 3.800 - 2.800 ) x 0,375

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2.800 + ( 1.000 ) x 0,375

2.800 + 375 = 3.175

Individuazione del VU

Valore Normale ( VN ) = ( VUN ) Valore Normale Unitario * superficie (mq.)

VN = 3.175 * 200 = Euro 635.000

*.*.*

Ipotesi n. 2

Tipo residenziale non nuovo

mediante conversione da categoria catastale a tipologia edilizia OMI

e

conversione della tipologia edilizia OMI in caso di quotazione mancante nella

banca dati delle quotazioni OMI

Ipotizziamo di essere proprietari di una abitazione in villa (A/8), il cui riferimento

catastale non trova corrispondenza (a seguito degli accorpamenti) nella tipologia

edilizia OMI. Tipologia che corrisponde, invece, alla voce ville e villini e per la quale

la Tabella 1, colonna 3, prevede, all’allegato al Provvedimento, il rapporto di

conversione pari a 1,10;

che la quotazione della suddetta tipologia edilizia OMI (villini e , nella zona di

interesse non sia presente in quanto nella predetta zona siano previste quotazioni

riferite alla categoria più prossima che è quella delle abitazioni civili e per le quali la

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Tabella 2, colonna 3, prevede, all’allegato al Provvedimento, il rapporto di

conversione pari a 1,20;

In tale caso il calcolo del VUN sarà fondato sulle quotazioni riferite alle abitazioni

civili salvo poi procedere alla correzione in ‘ aumento ‘ moltiplicando il VUN

medesimo, dapprima per il coefficiente 1,20 (passaggio del valore da abitazioni

civili a ville e villini) e poi per il coefficiente 1,10 (passaggio della tipologia

immobiliare da ville e villini a abitazioni in ville).

*.*.*

Ipotesi n. 3

Tipo residenziale nuovo

con coincidenza delle categorie catastali dell’immobile alla tipologia edilizia OMI

e

con quotazioni presenti nella banca dati delle quotazioni OMI

Il Provvedimento del 27.7.2007, sia al cap. 1.4, sia al capitolo rubricato motivazioni

prevede che per gli immobili ultimati o ristrutturati da non più di quattro anni il

valore normale si determina sulla base dello stato conservativo ‘ ottimo ‘ censito

dall’OMI.

In mancanza di tale stato viene applicato al VN un moltiplicatore pari a 1.3.

*.*.*

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Ipotesi n. 4

Tipo diverso da residenziale

con coincidenza delle categorie catastali dell’immobile alla tipologia edilizia OMI

e

con quotazioni presenti nella banca dati delle quotazioni OMI

Il Provvedimento del 27.7.2007, al cap. 1.3 prevede che per gli immobili diversi

dalle abitazioni il valore normale è determinato dalla media fra il valore minimo e

massimo espresso dall'osservatorio del mercato immobiliare riferite al periodo

dell'atto di compravendita e allo stato conservativo "normale" per la specifica

destinazione d'uso dell'immobile ivi censita, in particolare "negozi", "magazzini",

"uffici", "capannoni industriali", "capannoni tipici", "laboratori", "autorimesse", "posti

auto scoperti", "posti auto coperti", "box".

Pertanto il VUN è dato non più dalla formula come sopra evidenziata, bensì dalla

seguente:

VUN = ( Val OMI max. + Val OMI min. ) / 2

e il VN è invece sempre pari a:

VN = VUN * superficie (mq.)

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GIURISPRUDENZE E PRASSI

§ Competenza delle provvigioni ai mediatori immobiliari.

In una sentenza non eccessivamente comprensibile nella sua lettura la Suprema

Corte60 decide che il compenso al mediatore deve essere dedotto nell’anno di

imposta in cui il costo viene effettivamente sostenuto. Trattasi di affermazione che

non risulta di agevole e immediata interpretazione. Sarebbe forse opportuno e

comunque interessante approfondire l’eventuale applicabilità del concetto di ‘

correlazione ‘ (peraltro già affondato nel presente lavoro) tra i ricavi (proventi) di

vendita degli immobili e il predetto onere.

§ Somme corrisposte per la sanatoria di irregolarità edilizie

E’ riscontrabile una giurisprudenza di merito61che propende per la deducibilità delle

somme pagate a titolo di sanatoria per le irregolarità edilizie.

Un autore già citato62, rilevando la mancanza del requisito dell’inerenza, cita la

sentenza del 29.11.2002, n. 7317 della Suprema Corte che esclude in tale caso

qualsiasi correlazione tra il costo e il reddito prodotto.

La mancanza di inerenza era stata constatata, pur in differente situazione, sia da

fonte ministeriale, sia dalla giurisprudenza di merito63. In senso contrario un in

differente filone della giurisprudenza di merito64.

§ Spese di registrazione di un contratto di locazione

60 cass. civ. del 3.7.1999, n. 6870 61 comm. trib. reg. Lombardia del 2.11.2000, n. 293 62 Corradin - Spina, opera citata, 528 63 r. m. 12.6.2001, n. 89 / E, comm. trib. prov. Milano del 23.4.2002, n. 79 64 comm. trib. prov. Milano del 4.4.2001, n. 370, comm. trib. prov. Matera, del 4.10.2001, n. 437,

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Un orientamento della Suprema Corte65 è nel senso che in tema di

determinazione del reddito d'impresa, le spese di registrazione di un contratto di

locazione pluriennale, qualora la registrazione venga effettuata una sola volta

con riferimento al corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto, vanno

imputate all'anno in cui avviene l'esborso, anche se questo si riferisce a più

annualità.

65 cass. civ. del 22.2.2202, n. 2550


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