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Due giorni con Frans Brüggen

Date post: 15-Jan-2017
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Due giorni con Frans Brüggen Source: Il Flauto dolce, No. 6 (Gennaio-Giugno 1976), pp. 3-23 Published by: Fondazione Italiana Per La Musica Antica (FIMA) Stable URL: http://www.jstor.org/stable/41700197 . Accessed: 13/06/2014 21:50 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Fondazione Italiana Per La Musica Antica (FIMA) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Flauto dolce. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.109 on Fri, 13 Jun 2014 21:50:17 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Due giorni con Frans Brüggen

Due giorni con Frans BrüggenSource: Il Flauto dolce, No. 6 (Gennaio-Giugno 1976), pp. 3-23Published by: Fondazione Italiana Per La Musica Antica (FIMA)Stable URL: http://www.jstor.org/stable/41700197 .

Accessed: 13/06/2014 21:50

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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Due giorni

con Frans Brüggen

II

Nel numero 5 (gennaio-giugno 1974) del nostro Bol- lettino abbiamo pubblicato la prima parte del testo in- tegrale del seminario di flauto dolce tenuto a Roma da Frans Brüggen il 16 e 17 giugno 1973. il seminario , orga- nizzato dalla S1FD in collaborazione con l'Istituto Sto- rico Olandese e svoltosi presso la sede di questo istituto a Valle Giulia, era dedicato alla musica barocca (con riferimento particolare a G. Fr. Händel e a J. Hotteterre) , e comprendeva una conferenza sul compositore olandese del Seicento J. van Eyck. Gli otto allievi (a cui si aggiun- gevano una ventina di « uditori») suonarono a turno qualche movimento di una Sonata a scelta di Händel e di una Suite di Hotteterre; e nelle osservazioni rivolte a ciascuno di essi Brüggen venne svolgendo un discorso di pedagogia flautistica e più in generale musicale quan- to mai ricco e articolato, che pur nella brevità del semi- nario ha toccato e approfondito una quantità di punti essenziali: riguardo sia allo studio del flauto dolce, sia alla musica del Settecento, sia al nostro rapporto con una civiltà tanto diversa e tanto lontana da quella di oggi.

Di questi due giorni di lezioni ci è sembrato oppor- tuno dare una documentazione il più possibile esaurien- te: pubblicando la traduzione della registrazione su na- stro dell'intero svolgimento del seminario. Questa solu- zione ha alcuni inconvenienti: anzitutto quello che la trascrizione sia pure fedele di un discorso parlato (e per giunta dialogato, e ñtto di esempi musicali) resta per forza lontana mille miglia dalla vivacità e vitalità del- l'originale; questo, d'altra parte , appunto in quanto di- scorso parlato, ha certe ripetizioni , inceppamenti, e an- che sommarietà e improvvisazioni , che nella pagina scritta acquistano un peso diverso e indebito. Con tutto ciò pensiamo che questa trascrizione , a chi si dia la pena di leggerla con un po' di attenzione e di pazienza, e tenendo possibilmente sotť occhio i testi musicali di cui di volta in volta si parla, riuscirà ricca di interesse. Ma non ci illudiamo che essa possa rendere se non in minima parte il garbo, l'humour e in una parola il fa- scino di queste lezioni, che sono state per tutti i parte- cipanti, oltre che una fonte preziosa di arricchimento, non solo musicale, un'esperienza estremamente gra- devole.

Ringraziamo di cuore Frans Brüggen per questa esperienza (che speriamo si possa ripetere in un futuro non troppo lontano); e lo ringraziamo anche per averci consentito di darne questo documento scritto. La re- sponsabilità di eventuali inesattezze di trascrizione o di traduzione è interamente nostra.

Un vivo ringraziamento desideriamo rivolgere anche al prof. H. Schulte Nordholt, direttore dell'Istituto Olan- dese , e alla signora Elisabeth, per la gentilissima ospi-

talità data al seminario, e per il cordiale interessamento dimostrato, non solo in questa occasione, per l'attività della nostra associazione.

Pubblichiamo qui di seguito la seconda puntata , re- lativa alla seconda giornata dei lavori.

(Domenica mattina 17 giugno)

Mi raccomando di nuovo, se avete delle domande fatele, non ve ne dimenticate.

Ili nuovo allievo suona l'Adagio della Sonata in la minore di Ha/endel. Hmm... potresti... potresti cantare il basso di questo pezzo? Suona il basso o canta o come vuoi... io ti suonerò la melodia, va bene? Vediamo che succede. IBr. suona l'inizio della parte melodica al cla- vicembalo, l'allievo col flauto prova a suonare la parte del basso!... Non proprio... Potresti... Facciamo prima una altra cosa, che potremmo fare con tutti voi. Mi pare che quando suonate avete poco contatto con la parte del basso... negli orecchi. Suonate la vostra parte, e va benissimo; ma... ci potrebbe essere un nesso musicale maggiore fra la melodia e il basso; e per questo biso- gnerebbe naturalmente conoscere le funzioni del basso; non conoscere, voglio dire non leggere, ma sentirle; e perciò prima di tutto dovete avere un buon orecchio... e un orecchio collegato con lo strumento.

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Haendel, Sonata in La min., Adagio.

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Così potremmo fare qualche esercizio, che facevo con gli studenti del conservatorio per vedere se avevano un buon orecchio. Potresti magari darmi il flauto... o forse, io ti suono o fischio o canto qualche nota, e tu le suoni. Allora, vuoi suonare [fischia una nota, l'allie- vo la esegue o cerca di eseguirla sul flauto; così varie note!. Senza troppa fretta... devi cercare di non fare sbagli, eh [continuano!. Non fare sbagli, aspetta un po' di più [continuano!. Sì, benissimo. Adesso faccia- mo il contrario. Qual è la nota bassa se tu... metti tutte le dita sullo strumento... Sai cantare la nota più bassa del tuo strumento, senza suonarla? Questa diteggiatura... no, senza suonarla, senza suonarla [indica man mano varie diteggiature, e l'allievo cerca di cantare le note; poi Br. suona due note al clavicembalo! suonale un po'... Be', questa è una cosa molto importante da fare, tutti e due gli esercizi. E dovete riuscire a farlo senza stu- diarci sopra, ma per istinto... Adesso suoniamo a me- moria, senza musica [suona al clavicembalo l'inizio del- l'Adagio, e l'allievo suona col flauto a memoria!. Bene, e adesso facciamolo alzando di un tono [ripete partendo da una nota sopra; l'allievo cerca di eseguire sul flauto! . Anche questa è una cosa che dovete fare quotidiana- mente, trasporre in alto e in basso; naturalmente, senza fare gli stessi abbellimenti. Ripetiamo un tono sotto [pro- vano!. Fallo semplicemente, senza abbellimenti, hai altre cose a cui pensare per il momento [provano, l'allievo non riesce!. Rifacciamo [provano di nuovo). Adesso suo- niamolo come l'ha scritto Händel [provano con gli ab- bellimenti nella tonalità originaria; l'allievo a memoria non riesce!. Già; questo per farvi vedere che si è gua- stato: non riesce più neppure a suonare quello che prima suonava facilmente, con impeccabili abbellimenti... Ades- so non riesce più, perché io... gli ho confuso le idee dicendogli di trasporre. Non è stata una bella cosa da parte mia... Ma quello che ne vien fuori, è che prima suonava in modo puramente meccanico, con le dita, fa- cendo sempre gli stessi abbellimenti, naturalmente, l'ab- biamo sentito... non riusciva a suonare in modo diverso, le sue orecchie erano completamente isolate dalla realtà. Sicché in altre parole, quello che tu hai fatto... che è comprensibile, ma devi stare attento, e cercare di non farlo, è che sei andato troppo avanti, suonavi come un meccanico, senza rapporto... con te stesso, e anche sen- za molto rapporto con la musica... E' già un cattivo segno che il basso non abbia... che tu non riesca a cavar fuori niente che somigli al basso. Dovresti veramente tornare indietro di cento passi e ricominciare da princi- pio, non a suonare il flauto dolce, perché il flauto dolce lo suoni bene, ma le cose della musica. E' chiaro questo? è molto importante che non andiate troppo avanti.

Di solito lo sviluppo del talento musicale per uno strumento procede su due vie: di qua c'è la tecnica stru- mentale, e di qua l'orecchio musicale, la tecnica musi- cale, chiamiamola così. E il più delle volte quando si è giovani si parte da zero su entrambi i piani, e poi, di- pende, ma può darsi che lo strumento arrivi qui [fa un segno con la mano, per indicare « molto avanti » 1 , e la musica soltanto fino a qui [altro segno con l'altra ma- no, che rimane indietro!; lo strumento procede oltre, e la musica anche, ma meno, ecco vedete, la distanza cresce, più si sale e più i due livelli si allontanano; per cui succede che già alla sua età... quanti anni hai? [ri- sposta: « tredici » 1 , a tredici anni prendiamolo come esem- pio, a tredici anni è possibile che lo strumento sia qui [indica un punto avanzato con la mano!, e il resto,

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che all'inizio si trovava allo stesso punto, voglio dire che tutto allora era qui [al punto di partenza, a zero!, ma sullo stesso livello, adesso si trova talmente indie- tro, che la cosa più saggia sarebbe... gli si può dire in effetti che sarebbe di diminuire la sua tecnica stru- mentale in modo da farla tornare allo stesso livello della sua tecnica musicale, dopodiché tutte e due potranno crescere insieme. Perché adesso fra le due c'è troppa distanza. Sicché lui dovrebbe... la mia opinione è che dovresti smettere di suonare il flauto per sei mesi; lascialo da parte, lo sai già abbastanza bene, e lavora alla musica; e non suonandolo per sei mesi, automati- camente con lo strumento scenderai un po' di livello; e questa è un'ottima cosa, perché [arretra la mano che indica il punto dov'era arrivato lo strumento! perché adesso sarà più vicino al resto, che invece è salito; [...! e dopo vedi di procedere saggiamente, non come pri- ma, ma passo per passo [sposta alternativamente in avanti le due mani!, per evitare, a ottant'anni, di essere [indica, allontanando le mani, un enorme divario di preparazione). [Domanda di un uditore: «se uno non va al conservatorio, come fa a farsi questa preparazione musicale?»!. Be', si può... si possono fare ogni sorta di giochi. La cosa più importante è di esercitare sempre l'orecchio e per questo è sempre un'ottima cosa e molto piacevole fare questo esercizio che abbiamo fatto, se si ha un compagno, farlo in due... Vorresti [si rivolge a un altro allievo! fargli da compagno per il momento? vieni qui. Bene, guardatevi; adesso tu suoni una nota, e tu la canti ii due allievi provano!; adesso vicevèrsa [idem!. Non fate sbagli, naturalmente; è meglio piut- tosto aspettare un momento, pensaci su [continuano!. Suona quando sei sicuro, eh? di nuovo... E non pensate al nome delle note, soltanto al suono. Adesso chiedigli di suonare mezzo tono sotto li due allievi, voltandosi la schiena, continuano l'esercizio: uno suona ima nota, l'al- tro cerca di rifarla sul flauto; la stessa, o mezzo tono sotto, ecc.; cercano anche, solo diteggiando sul flauto, di cantare le note corrispondenti alle varie diteggiatu- re, scendendo o salendo a scala di mezzo tono in mezzo tono!. Questo vi insegna una quantità di cose del vostro strumento, e anche... che suono dà ima certa diteggia- tura, cos'è uri tono intero, cos'è un mezzo tono [fischia, diteggiando contemporaneamente le varie note sul flau- to!. Vi insegna a fare tutt'uno, per quanto riguarda l'orecchio, col vostro strumento; e questo è molto impor- tante, perché... il risultato possiamo vederlo, se questo non c'è, quello che vien fuori è [fischia l'inizio dell'Ada- gio di Händel, con gli abbellimenti, indicando col gesto un'esecuzione superficiale!, giusto? può suonarlo soltan- to in modo meccanico, non riesce più a farlo mezzo tono sopra; ciò vuol dire che ha perso il contatto con... Così, fa un abbellimento: ma in realtà non fa un abbel- limento, diteggia solo qualcosa, ma non lo sente, non se ne rende conto veramente [...!; muove le dita, tutto qui, come un uccello meccanico, come ima macchina. Allora, fate di questi giochi, questi esercizi a domanda e risposta, più difficili o meno difficili... Inventateli voi stessi, giocate voi stessi, imparerete moltissimo.

[Un ascoltatore: « Bisogna essere in due, è difficile da soli»!. Sì, è sempre bene essere in due... ma si può sem- pre trovare un compagno. E anche se si è soli, possiamo farci le domande da soli... a caso, questa diteggiatura, bene, che suono dà questa diteggiatura? [fa l'atto di pensare e canta una nota!; bene, adesso quest'altra [cer- ca fischiando la nota!; così imparate anche a cantare

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intonati. E poi potete controllare se cantate giusto [suo- na una nota col flauto], ecc. ecc.

Questo dunque è quello che potreste chiamare edu- cazione dell'orecchio, solfeggio, in generale; e questa, direi, è una cosa molto più importante che saper indi- care gli intervalli per nome [suona delle note al clavi- cembalo] terza maggiore, quarta, terza minore... Questo non è molto interessante, la conoscenza del solfeggio, non è educazione dell'orecchio. Quello che facciamo qui è semplicemente di imparare a parlare, come imparano a parlare i bambini: sentono certi suoni dal padre e dalla madre e da chi gli sta intorno, e così imparano a parlare: sarebbe sciocco insegnare a un bambino a parlare facendolo leggere. E quello che facciamo qui è altrettanto semplice, siamo l'uno per l'altro genitore e figlio. Questa dunque è una cosa; per il resto, direi che potreste leggere molto sulla buona musica, musica antica, se vi interessa, e ascoltare molto. Una volta vi interessa un compositore, la sua vita, le sue opere; un'al- tra volta vi interessano di più altre cose, l'interpreta- zione; ed ecco come potete aver da fare per anni e anni senza andare al conservatorio, e imparerete mol- tissimo.

Molto utile è anche... se avete in casa uno stru- mento a tastiera, suonate Händel, la parte del basso, e cantate la melodia [suona il basso della Sonata al clavicembalo cantando la parte del flauto], e metteteci un'altra melodia. E fate le cose in modo molto sempli- ce, eh, in principio: io in realtà l'ho fatto in modo troppo complicato: ma come melodia bastano le sole note armo- niche funzionali [suona il basso, e canta le note fon- damentali della melodia!. Si impara molto. Il fatto è, e questo è il grande pericolo, e penso che abbiamo bi- sogno tutti di essere messi in guardia: il fatto è che siamo circondati da radio, televisione, dischi, concerti, dalla smania di... di essere meglio di qualcun altro, e via dicendo, e tutto questo è così dannoso... La cosa migliore, se volete diventare davvero dei musicisti, è di non accendere mai la radio, mai; la televisione but- tatela dalla finestra; non comprate dischi, è pericoloso ascoltare delle buone esecuzioni, i cosiddetti dischi, non comprate dischi, sono dannosi per la vostra salute mu- sicale. Dovete fare tutto da voi. E' questa la sola ga- ranzia che arriverete a far bene, altrimenti ci sono tanti pericoli, che imitiate questo o quello, che facciate delle cose di gran lunga troppo difficili per voi.

E il più delle volte dobbiamo semplicemente torna- re all'infanzia, e imparare a giocare con i suoni, come abbiamo fatto adesso, semplici giochi da bambini. Non c'è nessuno o quasi, me compreso, senza dubbio, che tragga abbastanza piacere da cose molto semplici, e che sia veramente capace di fare cose molto semplici- Guardate i bambini piccoli, come giocano con i loro balocchi, con i loro trenini o quello che è... una pazienza infinita, ... molto lentamente, concentratissimi, interessa- tissimi. E ricordatevi anche, vi prego, quello che dicevo ieri, che suonare una sonata di Händel come fa lui... ha tredici anni, e suona - perché gli piace, d'accordo - suona musica di Händel, scritta nel XVIII secolo... C'è qualcosa di così innaturale in questo, a volte sembra così innaturale; a meno che non si faccia il suo Händel, a meno che non giochi con Händel: e questo è appunto quello che dovrebbe fare, dovrebbe giocare con Händel, dovrebbe trasformare Händel in qualcosa di suo, nel suo mondo. Sicché la cosa più naturale da fare per te sarebbe (suona a caso sul clavicembalo, poi cerca degli

accordi], solo questo... Poi a un certo punto ti imbatti in un pezzo di Händel che comincia allo stesso modo [suona al clavicembalo], ecco, questo pezzo... non an- dare più avanti... comincia già a giocare con questo, mu- sicalmente, e con il tuo flauto e con il tuo amico, chiedi degli intervalli, fai altre cose; ma non suonare il pezzo così, questo è innaturale, sciocco. Perché quello che fac- ciamo in realtà quando suoniamo questa sonata di Hän- del è semplicemente copiare... tradurre in suoni non è esattamente la stessa cosa che copiare un dipinto, ma ci somiglia molto.

Prendiamo il quadro di un maestro del Seicento; un quadro del genere non lo si può copiare se non si sa disegnare, non si può copiarlo se non si sa dipingere, non si può copiarlo se non si conoscono le tinte e i colori e come mescolarli... Dunque quello che lui fa in realtà, è di fotografare il quadro. E invece quello che dovrebbe fare è lavorare con la pittura, con i colori, e in futuro copiare il quadro; ma per questo abbiamo tutti bisogno di fare un gran lavoro, e di lavorare di più nel senso semplicemente di maneggiare i colori, di occuparci delle note, della mugica, dei suoni, della strut- tura. E tutto chiaro? Altrimenti... Be', potrebbe essere interessante discutere su questo punto: che valore ha per voi fare musica, perché la suonate [un ascoltatore risponde: « per piacere » ] . Certo, per piacere; ma è un piacere continuare a arrabattarsi, a lottare con delle cose che voi non... che non sono vostre? è un piacere fare sempre gli stessi abbellimenti, per una sorta di cu- riosa abitudine? [suona al clavicembalo l'inizio dell'Ada- gio]. Non sarebbe più piacevole fare ogni volta qual- cosa di diverso? [suona, variando]. Io sono d'accordo, è un piacere, lo fate per piacere; ma i vostri piaceri non dovreste limitarli troppo, trasformarli in qualcosa che è... che diventa noioso. E dopo tutto questa è soltanto una Sonata, e io sono sicuro che forse qualcuno di voi... ho visto già una quantità di gente che... che finisce per annoiarsi, per averne fin sopra i capelli, e dopo dieci anni, quando deve suonare una sonata di Händel [fa un gesto come di nausea], mio dio, no... E gli viene a noia anche lo strumento, il flauto dolce, cominciano a studiarne un altro o smettono addirittura di far mu- sica, perché si sono stufati, dieci anni sono abbastanza. [Domanda di una ascoltatrice: « Quando vado in un museo, mi piace vedere Rembrandt, Brueghel, e li vedo perché li trovo esposti; ma se non sento la musica e non ne faccio anch'io, come faccio a godere, ad apprez- zare la musica antica, la musica barocca; debbo suo- narla io stessa; e allora questo è il mio piacere... Debbo suonarla... »]. Certo, bisogna suonarla, naturalmente; ma, è lo stesso come quando andiamo a una mostra, vedia- mo un quadro di Rembrandt, e ci piace, questo è vero; ma qualcuno che ha studiato tutta la vita la pittura di Rembrandt, che è professore in Rembrandt, se guarda 10 stesso quadro che guardiamo noi, che non abbiamo studiato Rembrandt, lo gode e lo capisce anche più di noi, perché ne sa tanto di più. I « E con la musica non è lo stesso? Bach e Händel ci piacciono di più perché 11 abbiamo studiati, perché li suoniamo noi stessi » ] . Certo, certo. Se ci lavorate sopra vi piaceranno man mano sempre di più, sempre di più e sempre di più, se ci lavorate sopra nel modo giusto; ma se ci lavorate nel modo sbagliato, allora vi piaceranno sempre meno, sempre meno e sempre meno, finché non vi interesse- ranno più affatto. E questo è il grande pericolo di non lavorare nel modo giusto, specialmente con questo tipo

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di musica antica. Potete farlo, fino a un certo punto, con la musica moderna, perché potete lavorare su un pezzo scritto ieri, e potete lavorarci per un paio di mesi, e poi dopo un paio di mesi ci sarà un nuovo pezzo scritto da un altro amico, ci sono una quantità di pezzi nuovi... mentre la musica antica è molto simile, c'è un certo stile, e tutti i pezzi sono in quello stile... è meno stimolante, a meno di studiarla nel modo giusto.

Passiamo adesso a un altro stile, allo stile francese. Ma sappiamo già che cos'è lo stile italiano? perché ci siamo occupati di cose che erano molto più importanti dello stile, ossia dei suoni, semplicemente... Lo stile viene alla fine di qualcos'altro: prima bisogna avere un orec- chio perfetto e una perfetta condotta strumentale, e poi si può parlare di stile. In effetti, se adesso diciamo che passiamo a un altro stile è un po' una sciocchezza, perché non stiamo parlando di stili, ma di altre cose. Dunque sentiremo semplicemente della musica d'altro genere, ma non entriamo nello stile, per questo ci vuo- le... non è che ci voglia troppo tempo, ma ho l'impres- sione che per noi qui ci siano cose molto più importan- ti dì cui parlare che non gli stili. Siete d'accordo? Non serve a molto parlare di stili, bla bla bla bla, senza capire realmente di che si tratta, perché per capire davvero che cosa è uno stile bisogna prima essere un buon artigiano, un artigiano perfetto. E questo è appun- to ciò di cui ci stiamo occupando. [L'allievo - lo stesso di prima - suona il Preludio

della Suite in mi minore di J. Hotteterre; Br. fa ripetere, dicendo di accentuare le note puntate e di tralasciare gli abbellimenti!. Lascia stare gli abbellimenti; il senso della musica è [canta le note fondamentali!. Ora, que- sta è una cosa molto importante per la musica francese (hai suonato benissimo, bravo)... potremmo essere più precisi nel ritmo. Pensate a Lully, e alla sua orchestra, un'orchestra enorme, in cui tutti i violini suonavano, tatàa [soffia più volte, ritmicamente], e il basso, pon-pon, pon-pon... Vuoi suonare il basso [alla clavicembalista], a tempo... e Lully che batteva col pugno, tan, tan, tan... Sì... Cerca di suonarlo nel modo più semplice possibile... E dicono che con questo suo modo di battere se ne andò all'altro mondo, perché si colpì una gamba, prese un'infezione e morì Ma comunque questa è una cosa mol- to francese... e non è una stupidaggine, è solo per avere una tale precisione ritmica, che basandosi su quella precisione ritmica, precisa come un orologio, basandosi su di essa si potessero fare tutti gli abbellimenti senza perdere il ritmo. Sicché questa è una cosa molto im- portante. Vogliamo provare? [dice alla clavicembalista di suonare soltanto la parte del basso], bene [l'allievo riprende il Preludio dall'inizio]... Non è già più a tem- po, Lully ti avrebbe già fermato... acceleri un po' [batte le mani ritmicamente, e dice alla clavicembalista:] Tu devi dargli una base perfetta... [clavicembalo e flauto riprendono, Br. batte le mani a tempo]... non troppo svelto... non troppo svelto... non troppo svelto... Bene, benissimo. E' molto importante, eh. Adesso con gli abbel- limenti, naturalmente, e continua a fare*, ta tàn, ta tàn, qualunque abbellimento ci sia, così: tatàan, tatàan, tatàan, tatàa... e non tan taan tan tan, a causa degli abbellimenti; il ritmo dice tatàan, tatàa; qualunque cosa cu faccia, bisogna che il ritmo rimanga questo [doman- da di un ascoltatore: « se questo ritmo sia solo per le ouvertures o anche per gli altri tempi delle sonate»; risposta: è solo per le ouvertures]. Bene, adesso fallo con gli abbellimenti, o con qualche abbellimento [ri- prendono dal principio, flauto e clavicembalo (solo della

Jacques Hotteterre, Suite in mi min., Prelude

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mano sinistra)]. Stop, stop. Dovreste fare come i suo- natori di strumenti ad arco: che sollevavano l'archetto, tatàn, e via l'archetto, staccavano l'archetto dalle corde, di nuovo, tatàn, e non così [fa il gesto di suonare con l'archetto senza staccarlo], ma così: tatàa e via l'ar- chetto... Questo atto di staccare l'archetto negli stru- menti ad arco è la stessa cosa che per noi prendere fiato: si può prendere fiato ogni due note: tatàa l respi- rai, tatàa [respirai. [L'allievo riprende alla battuta 111... prendi fiato... prendi fiato... prendi fiato... [L'allievo si interrompe], diventa difficile. [L'allievo riprende da 211. Bene, benissimo, hai fatto del tuo meglio. Grazie. Ci sono domande? [ « allora questo è uno stile per ouver- tures? » 1 Solamente.

[Il nuovo allievo suona la Sonata in fa maggiore di Händel, il Larghetto, poi l' Allegro 1. Sì. Parliamo del secondo movimento, del movimento veloce. Non vi sem- bra, da ascoltatori, come sembra a me, che sia un po' trop- po svelto? [l'allievo ha suonato l'Allegro col tempo, cir- ca, di un quarto = 1151. Sì? sembra anche a voi? ma perchè? perchè? in base a quale ragionamento dite che è troppo svelto? [varie risposte: forse per lui era troppo svelto, si sentiva che in qualche punto era in diffi- coltà!. E' lui... già, allora è colpa sua... Ma anche se lo

suonasse alla perfezione, senza difficoltà di ritmo o che so io... [altra risposta: « così il pezzo perde il suo humour, il suo spirito » ] . Giusto, questo è molto giusto, sì: il pezzo è troppo... come dire... troppo semplice per essere suo- nato al di là di una certa semplicità, e se lo facciamo troppo svelto, svelto come l'ha fatto lui, diventa più « complicato » di quello che vuol essere... Nella musica barocca i movimenti, anche quelli veloci, possono avere caratteri molto diversi... Prendiamo un altro Allegro, per esempio di Bach [canta], oppure lid.] : un buon Allegro, l'esempio migliore naturalmente è Bach, ha nel tema certe caratteristiche interessanti, melodiche o ritmiche, come questo di Bach [canticchia di nuovo uno degli Allegri di primal, che gli danno un certo peso; sicché parla di per se stesso, in tempo moderato. A proposito, Allegro non vuol dire veloce: voi conoscete l'italiano meglio di me, Allegro non vuol dire veloce in italiano, vuol dire allegro; indica appunto il carattere del pezzo, riguarda più il carattere che la velocità; così ci sono Allegri più lenti, e Allegri più veloci, tutti al di là di un certo limite; per un tempo veramente veloce, avreb- bero scritto Presto, o Allegro assai [domanda: « Anche Vivace?»!. No, anche Vivace è piuttosto un'indicazione di carattere; Vivace è un termine che compare quasi esclusivamente nei pezzi in misura ternaria, e che hanno intervalli abbastanza curiosi, intervalli molto grandi e insoliti. Prendiamo un Vivace, di Telemann per esempio [canticchiai, questo è un Vivace tipico, un po' come una marionetta, che fa movimenti strani, bizzarri, grotteschi. Potreste... questo sarebbe un argomento di studio, per te per esempio: ecco un tema interssante, andare in una biblioteca, sfogliare un po' di libri, e fare un piccolo elenco dei pezzi che hanno questa dicitura, Vivace; e cercare di vedere se tutti i Vivace che avete trovato hanno qualcosa in comune, e per tutta la vita saprete che cosa vuol dire in realtà Vivace. Questa è una buona cosa da sapere.

Bene. * Ma Allegro sta piuttosto nel mezzo, eh? non velocissimo e non lento, naturalmente, più svelto del- l'Andante, più lento dell'Allegro assai. Quantz [17521 dichiara che in generale il tempo dell'Allegro col segno C, non tagliato, in tempo C normale, è di un quarto =80; ossia un po' più svelto della pulsazione cardiaca. Ma poi, poi naturalmente interviene l'interpretazione perso- nale; e l'interpretazione personale non ha niente a che fare con lo stile, non si trova scritta nei libri. Tuttavia è possibile, col buon gusto e molta esperienza, e di que- sto parlano tutti questi libri, questi manuali... gente come Quantz, Hotteterre e tutti gli altri, scrivono dei gran libroni di regole e regole, questo dev'essere così e questo dev'essere cosà; ma il bello viene sempre alla fine di un capitolo: in ultima analisi, dicono, quello che decide è il buon gusto. E questa è una cosa meravi- gliosa, e dimostra che anche un'arte musicale organiz- zatissima come quella del primo e del tardo barocco non era una cosa arida e teorica, ma una cosa viva, vi- vida, musica. Ed era effettivamente il buon gusto a de- cidere se il pubblico tirava pomodori o no. Era il buon gusto dell'interprete che induceva il pubblico ad ascol- tare in silenzio o meno; di solito la gente non stava mica zitta, parlava e parlava; se l'esecuzione era buona si azzittivano, altrimenti non valeva la pena di stare a sentire. Ora, noi abbiamo deciso più o meno, credo tutti noi, che c'è qualcosa che non va nella sua esecu- zione: sicché nel Settecento, pomodori, per una ragione o per l'altra... adesso no. Dunque il tempo è troppo ve-

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G. F. Händel, Sonata in fa magg., Allegro

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loce; perché un tema come questo [canta le prime cinque battute dell'Allegro! è meno interessante di [canticchia di nuovo un paio di Allegri di Bachi, che sono molto migliori. Quindi bisogna dare a ogni idea musicale quello che merita; ne abbiamo parlato ieri, a proposito di van Eyck, eh? bisogna dare a ogni musica quello che merita. Questo non vuol dire che questa musica è così cattiva che non merita molto; tutt'altro; noi, per adesso, diremo piuttosto che Händel, in questa Sonata, voleva un secondo movimento non troppo complicato, piuttosto semplice. Analizzando che cosa merita questo pezzo, dobbiamo dire che non merita troppo, tutto qui. Ora, « troppo » è tutto ciò che si allontana molto dalla media. Così, se la base è il tempo di 80 pulsazioni, in- dicato da Quantz [scandisce il ritmo con questo tem- po], non possiamo andare più svelti di così, come si è visto, perché se lo suonate troppo svelto il pezzo recla- ma troppa attenzione. E vale anche il contrario, se lo suonate troppo lentamente, anche così gli dareste trop- po rilievo [canta con un tempo piuttosto lento e mar- cato], anche così avrebbe troppo rilievo. Dunque né questo né quello, ma qualcosa di intermedio.

Conoscendo noi stessi, e sapendo quale sarà proba- bilmente il nostro atteggiamento, ossia che troveremo il pezzo un po' pedestre e noioso, a dire il vero, così probabilmente ci sembrerà, la nostra tendenza sarà di rimediare alla noia suonandolo troppo veloce; è quello che fa lui, e questa è la tendenza normale, di suonarlo troppo svelto, perché non è molto interessante. Io penso che la decisione più saggia, conoscendo la musica, co- noscendo le convenzioni: vedete che cosa bisogna co- noscere? bisogna conoscere le convenzioni, bisogna aver letto Quantz, bisogna sapere qual era il tempo medio... questa è ima delle cose da sapere. Secondo, dovete co- noscere meglio Händel, eh? sapere quanto possa essere interessante a volte Händel, e anche quanto possa es- sere privo di interesse, pedestre, banale. Quindi dovete essere in grado di situare questo particolare movimen- to, questo particolare tema, nel quadro di tutta la pro- duzione tematica del Settecento, vedete cosa intendo dire? dovete conoscere l'elenco di tutti i temi di Allegri scritti nel primo Settecento, compresi i temi di Bach, vedere com'è questo tema a paragone di quelli, ossia com'è complicato o non complicato rispetto agli altri; o in altre parole dovete vederlo bensì nella prospettiva storica, ma anche come lo sentite voi, ed è in questo modo che si sviluppa lentamente il buon gusto... il buon gusto è appunto questo, il buon gusto è sapere una quantità di cose, avere molto materiale da confrontare, e naturalmente molta intuizione e talento, e pazienza, ecc. ecc.; e poi sceglierete il tempo, e allora sarà molto probabile che automaticamente sceglierete il tempo giu- sto. E su questo tempo che sceglierete ci sarà un certo margine di discussione, qualcuno lo troverà un po' len- to, qualcun altro un po' troppo svelto; e questa è una cosa piacevole, personale; ma non ci potrà più essere un giudizio nettamente negativo, un rifiuto, non si potrà più dire: questo è sbagliato, così non può essere; come abbiamo dovuto dire adesso: così è sbagliato, così è troppo svelto. E perché? be', abbiamo cercato dr defi- nire perché. Ma capite adesso, spero, che non si può parlare della musica antica in modo autoritario, non si può dire: be' senti, così è troppo svelto; non so, è troppo svelto e basta, Si può sempre ragionare, è troppo svelto perché... E' troppo svelto, perché non hai ancora il buon gusto, il succo è questo. Personalmente, trovo

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che questo è uno degli aspetti più piacevoli della mu- sica antica, di essere antiautoritaria; a differenza del- l'Ottocento, ancora una volta, che... i compositori roman- tici, Beethoven in prima fila, e già Mozart... Mozart, Haydn, Beethoven, e poi in seguito, musica molto auto- ritaria, che deve essere suonata in un certo modo. Bee- thoven col suo metronomo: è tipica, per Beethoven, l'in- venzione del metronomo, l'invenzione dell'autorità, non avrebbe potuto avvenire altro che nell'Ottocento, è mol- to caratteristica. Anche prima, nel Settecento, perfino nel Seicento, c'erano stati tentativi di definire i tempi, come Quantz con il suo elenco, ma sempre molto alla buona, e a decidere in definitiva era il buon gusto; è ovvio che avendo buon gusto non c'era bisogno di, stare appiccicati alle regole, era il buon gusto a decidere.

Potrei dirvi che trovo qui un parallelo col XX seco- lo... io credo che una delle ragioni principali per cui suoniamo musica antica sia non soltanto perché ci pia- ce, ma perché viviamo in un'età antiautoritaria-, siamo sempre in lotta con l'autoritarismo, questo è tipico del XX secolo, un atteggiamento umano tipico del periodo seguito alla seconda guerra mondiale, e questa è una delle ragioni principali per cui noi amiamo la musica antiautoritaria. E questa è anche la ragione per cui negli ultimi decenni, dal 1950 circa, la musica antica viene eseguita in modo molto diverso da come si faceva prima in Germania, quelli di voi che sono più anziani questo lo sanno benissimo, quella specie di disciplinata Hausmusik tedesca, di musica domestica molto disci- plinata, propria della Germania del periodo intorno alla seconda guerra mondiale, in cui la alte Musik musste ganz gut und strikt gemacht werden , in cui la mußica antica andava eseguita alla perfezione e col massimo rigore. E storicamente adesso possiamo capire perché non è certo questo il modo di eseguire la musica antica, e anche i risultati l'hanno dimostrato, così è noiosa, è molto noiosa. Ma adesso noi... penso che noi siamo molto più avanti. Ci siamo resi conto però che suonare liberamente e con buon gusto nello spirito set- tecentesco, non è la stessa cosa che suonare a capric- cio: bisogna conoscere tutte le regole, perché si può essere liberi soltanto se si ha buon gusto, se si ha cattivo gusto la libertà ha risultati orripilanti. Torniamo a Hän- del. Bene, una buona cosa, ancora ima volta, per arri- vare al buon gusto, è ricomporre il pezzo, comporlo voi stessi. Prima il tema [fischia il tema dell'Allegro!. Ci sono parecchie cose. Ritmicamente è semplicissimo, non ci sono sincopi, niente di interessante. Gli intervalli non hanno niente di particolare. Se c'è qualcosa di speciale, debbono essere forse le note ripetute. Noi questo l'avrem- mo scritto? [fischia le prime due battute, do-fa-do-do-do- re-dol. C'è un'altra possibilità, di scrivere [fischia le due battute come se fossero: do-fa-do-re-mi-re-dol, che è già più piacevole, oppure Ido-fa-mi-re-do-re-dol, anco- ra più piacevole... oppure [do-fa-la-fa-do-re-dol, così è più tipo Vivace; no, più tipo Vivace sarebbe anche Ido- fa-laa-fa-re-dol, o qualcosa di simile, con quella piccola sincope, e con un salto, più vivace... [domanda di un allievo.- «se non sia meglio, quando si suona la prima volta, suonarlo come sta scritto, semplicemente, senza abbellimenti » 1 . Sì, certo. Questo è dunque sotto ogni aspetto un tema semplice, ma, e qui ha ragione lui, proprio per questa semplicità, e il fatto di essere così chiaro, nitido, senza abbellimenti, o intervalli o forme ritmiche interessanti, proprio per questo è molto rigo- roso, molto pulito, e come tema va benissimo: non sto

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dicendo che non è un buon tema, è un ottimo tema, per la sua semplicità. Noi dunque dobbiamo amarlo, e dar- gli quello che merita. Questo per la melodia. Adesso, che basso si potrebbe scrivere sotto questa melodia? Francamente, io non avrei scritto un basso come que- sto, perché io non sono Händel [suona al clavicembalo alcune battute del basso!; avrei scritto qualcosa di più facile, con più pause, come questo [fa un esempio di basso alternativo!. Banale, eh? ma Händel scrive [suona il basso di Händel 1, molto diverso. Questo vuol dire che è un buon compositore, questa è un'invenzione; non è una cosa banale. Il basso di Händel è una specie di pendolo, che ticchetta per tutto il passo, tac tac tac tac tac tac tac tac tac tac; il che sottolinea ulterior- mene la nettezza e la precisione di tutto il pezzo. Sicché, non troppa fantasia, suonarlo in modo piuttosto rigoro- so, netto e... com'è questo tema.

Naturalmente, se si vuol sottolineare la nitidezza, la lindura, l'ordine di qualcosa, si scrivono cose il più precise possibili; e questo basso funziona in modo molto preciso, come una specie di pendolo [suona due battute del basso di Händel], molto più di questo [basso alter- nativo, con ottavi di pausa], qui c'è già una certa in- terpretazione, potreste già [ripetei quasi dirlo canta- bile; invece qui non c'è niente di cantabile, è una cosa molto secca, asciutta, come un ago. Dunque finora tutto indica una certa nettezza, e mancanza di complicazio- ne, niente complicazioni, e niente di molto speciale, ma una cosa molto severa, molto esatta, molto onesta. E vedrete che più avanti nel pezzo, quando la melodia si complica un po' per via dei sedicesimi, allora Händel introduce nel basso qualche fraseggio, qualche nota più lunga, qualche pausa. A volte anche gli intervalli di- ventano interessanti; all'inizio gli intervalli non sono interessanti [suona le prime tre battute del basso], in- tervalli privi di interesse; ma nella seconda metà... sì, un po' prima, il basso fa [suona le batt. 10-14 del basso], che è diverso da [ripete le battute iniziali] fa dei salti, per qualche ragione [suona di nuovo le ultime battute della prima parte dell'Allegro]. E più avanti [suona le batt. 15-18], con intervalli interessanti come [suona re-mi bemolle-fa diesis-do della batt. 17], intervalli molto in- teressanti, c'è perfino un intervallo proibito, di quarta aumentata, [ripete] Sentite? Suoniamo insieme la se- conda metà, molto lentamente. Ora, noterete, in una, due, tre, quattro... per sei battute, che Händel ha tre cose da dire: semplicità, cose difficili (difficili ma ritmi- camente semplici, ritmicamente facili) e melodicamen- te interessanti. Ascoltate attentamente. Suoniamo solo sei battute [suonano insieme le prime sei battute]. Rifac- ciamolo; ascoltate attentamente. Dovete badare a tre cose: alla ritmica, agli intervalli, e al ritmo complemen- tare, al gioco reciproco fra le due parti. Forse dovremmo suonare la terza battuta un po' più lentamente, perché è così diffiicile [suonano di nuovo le batt. 15-17, rallen- tando sulla 171. Stop; improvvisamente tendete l'orec- chio, no? prima è facile, e poi nella terza battuta tutti e due facciamo improvvisamente delle cose così strane. Vogliamo rifarlo? [ripetono]. Ecco, questo è buon gusto: è buon gusto sentirlo, sentire che sta succedendo qual- cosa; ed è cattivo gusto non sentirlo. Facciamo un esem- pio, un esempio di cattivo gusto: adesso suoneremo con cattivo gusto, senza accorgerci che succede qualcosa, senzà aver rispetto per la composizione, ignorando Hän- del ,e occupati solo dal nostro privato, stupido virtuosi- smo. Non suoneremo troppo svelto, mà senza sentire...

[suonano «male» le battute 15-181. Assurdo, assurdo. Lo renderemo ancora più assurdo, perché lo suoneremo troppo svelto, di gran lunga troppo svelto [ripetono le stesse battute rapidamente]. Una pura assurdità. E ades- so saremo i due massimi virtuosi di flauto dolce e cla- vicembalo del mondo moderno [ripetono molto in frettai. Una stupidaggine, un'assurdità pura e semplice. E questa è l'interpretazione che si sente il più delle volte. Avete capito bene? capite anche che per gente come noi, per cui suonare la musica antica vuol essere una gioia, sarebbe meglio in realtà che suonassimo musica di nostra invenzione: non c'è nessuna ragione di suonare la mu- sica di Händel, a che scopo? non abbiamo nessuna idea delle sue composizioni, e dunque sarebbe molto meglio suonare musica nostra. Improvvisiamo [suonano im- provvisando due o tre battute! . Questo sarebbe già molto meglio. Facciamo qualcosa che non è organizza- to, ma ci piace, e ci capiamo a vicenda; sarebbe già meglio. Già meglio che suonare Händel in questo modo.

Bene. Potreste suonare insieme? [all'allievo e alla clavicembalista!. Adesso cercate di fare tutto... quello che pensate che Händel abbia voluto dire quando ha scritto questo pezzo. E' la stessa domanda che dovete porvi ogni giorno-, non solo perché suono il flauto dolce, ma anche, perché suono questa musica? [l'allievo chie- de se deve suonarla a MM 801 . Sì, falla un po' più len- tamente che all'inizio [l'allievo suona la prima parte, e come seconda volta fino alla batt. 5.; Br. lo interrompei. Sì, c'e un'altra cosa... Ci sono mille cose da dire su un pezzo come questo, potremmo parlarne per un anno, sapete? per un anno intero, solo su questo movimento. Ma dobbiamo fare una scelta. Una cosa importante è an- che il modo in cui si suonano certe formule ritmiche, per esempio, una cosa che capita mille volte nella musica barocca: un ottavo e due sedicesimi, tan ta-ta tan, come suonarli? Per esempio, dovete decidere: articolarli o le- garli? il più delle volte si articola, naturalmente; sicché anche qui dovete leggere tutto quello che potete e ve- dere tutte le partiture, vedere dove ci sono legature ori- ginali scritte dal compositore sulle coppie di sedicesimi e dove no; e arriverete a una certa conclusione. Poi, con che tempo suonate i due sedicesimi: suonate tan ta-ta tan [sveltol, come fa lui stesso; bisogna farli così? oppu- re tan taa-taa tan, in modo un po' più serio, un po' più lento? Ci sono circa una decina di modi ben distin- guibili di suonare due sedicesimi; e questo naturalmen- te dipende di iluovo dal buon gusto, nessun libro ve lo dirà. Dovète decidere in base alla testimonianza - interna del pezzo, all'importanza della figura. Ci sono for- mule diverse, qualcosa che scende [suona do si-la soli, qualcosa che sale [sol la-si dol, qualcosa che si alter- na [do si-la sil, o il suo rovescio [si la-si dol, qualcosa che salta [si sol-mi dol in giù o in su ido mi-sol sii e qualcosa ip. cui vi è una nota alterata; naturalmen- te quello phe dovete fare dipende, nel contesto, dall'im- portanza della musica in quel punto.

Dunque vediamo qui [suona le batt. 4 e 5 dell' Alle- gro!. Abbiamo una coppia ascendente e una discenden- te; poi dobbiamo guardare anche il basso, vedere che cosa fa il basso [suona il basso delle stesse battute al clavicembalo!; la prima coppia ha un intervallo di quar- ta nel basso, e [la secondai ha una quinta; quindi secon- do il basso si potrebbe dire che il secondo gruppo e più importante del primo [ripete col flauto le batt. 4-5, accentuando il sol-fa della batt. 51, secondo il basso; ma non sempre questo basta, perché melodicamente

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qualcosa che sale ha già il più delle volte maggiore im- portanza di qualcosa che scende, [suona il mi fa-sol do della 41 è più importante di [la sol-fa do della 51; e questo è molto chiaro per esempio in altri temi, che dovreste tutti andare a confrontare, temi famosi, pren- diamo Bach, il Quarto Concerto Brandeburghese [suona fa doo si-do re do-si do J, la prima coppia di sedicesimi è più importante della seconda; [ripete, accentuando il si-dol, il contrario non sarebbe così ovvio; oppure, un altro esempio... ecco, il Secondo Concerto Brandebur- ghese, qui l'articolazione è importante; lo si sente sem- pre suonare senza nessuna idea della musica barocca, martellando e basta, con la tromba in testa, natural- mente [ripete, tutto staccato e accentuato in modo e- gualel; è stupido; è chiaro che dovrebbe essere [ripete, articolando diversamente i sedicesimi], è così bello, no? se legassi il secondo gruppo sarebbe anche più chiaro [suonai, parlerebbe di più. Qui in Händel non si tratta di legare, ma si tratta di dare, suonando, più importan- za a qualcosa che a qualcos'altro, anche ritmicamente; così in questo caso io suggerirei, nonostante il basso, che il primo gruppo [suona col flauto le batt. 4 e 5 dell'Allegro di Händel, accentuando il (mi) fa-sol (do) della 41 è più importante del secondo; cioè, dev'essere un po' più lento. E un suonatore di strumenti ad arco - ecco cosa possiamo imparare dai suonatori di stru- menti ad arco - probabilmente ci insisterebbe molto più di noi: è così facile con uno strumento a fiato, ma chi suona uno strumento ad arco deve decidere quanto archetto usare; e allora probabilmente farebbe così, [fi- schia le stesse battute, facendo il gesto di muovere l'ar- chetto, con un'arcata ampia e lenta sulla prima coppia di sedicesimi, meno ampia e più rapida sulla secon- dai; non farebbe [fischia di nuovo le due battute, fa- cendo il gesto di eseguire molto rapidamente con l'ar- chetto la seconda coppia di sedicesimi 1. Sicché, anche se qualcosa non ha importanza, deve sempre avere un po'... una certa arcata. Dunque guardate i suonatori di strumenti ad arco...

Vogliamo rifare la prima metà? [l'allievo, accom- pagnato al clavicembalo, suona le batt. 1-10 dell' Allegro 1. Già, scusate, anche questo è bello, prima un largo... [fischia le batt. 8-10, accentuando il ritmo alla 101, non è senza significato: Händel avrebbe anche potuto scrive- re [fischia il sol-la-si dell'ultimo tempo della 9, e poi do-si-la-si la-sol-fa-mi fa, anziché do-la-si-sol la-fa-sol-mi fa come nel testo], no? Più aggressivo, più deciso [l'al- lievo ripete, con accento più marcato: do-la-si-sol la-fa- sol-mi fai. Bene, adesso riprendi da prima [l'allievo ri- pete dal re in levare della 7 fino alla 101. Sì, bene, così va bene; adesso lo capiamo. E capiamo anche di più Händel; insomma, abbiamo maggiore motivo di occu- parci di musica antica.

Bravo, grazie. Ci sono domande? [domanda: « com'è l'articolazione di questo movimento? » 1 . Be', come ho detto ieri: le note debbono sempre essere raggruppate secondo la loro unità minima; che è una caratteristica della musica barocca di questo periodo, non del Sette- cento avanzato, ma a quest'epoca era basata ancora su un raggruppamento due a due, l'unità minima.

Troverete pochissime legature su due note nel pe- riodo barocco, perché la legatura sopra due note non era necessaria, in quanto due note venivano comunque, per consuetudine, non legate, ma raggruppate e pen- sate due a due; per cui una legatura non era necessaria. Le legature si trovano molto più spesso su gruppi di

più di due note: tre o quattro o sei. Ci, sono delle ecce- zioni, ma noi le eccezioni le lasceremo da parte.

Dunque, come articolazione generale di questo pez- zo, direi di articolare tutto senza legature; il modo mi- gliore sarebbe quello di articolare nitidamente in grup- pi di due a due, che corrisponde esattamente a quello che fa un suonatore di violino, giù e su, no? un colpo d'archetto in giù e uno in su; l'articolazione dunque sa- rebbe tu-du tu-du tu-du tu-du tu-du tu-du. Naturalmente dipende dagli intervalli. Se le note sono raggruppate di- versamente, per esempio [canta dal re in levare della mis. 7 alla fine della 101, andrebbe articolato: te te-re-te-re te-re-te-re te-re-te-re te'te-te-re te-re-te-re te'te-te-re te- re-te-re te-re-te-re- o te-te-te-re, interpretazione persona- le, te-re-te-re te-re-te-re tee-te [continua fino alla 141 te te te'te-te-re tee-te te te-re te te tee-te te te-re te te te te-re te te te te-re te te tee. Questa è l'articolazione italiana fondamentale, non quella francese. L'articola- zione francese sarebbe - in un passo completamente di- verso, naturalmente, ma mettiamo un'articolazione fran- cese su questo - sarebbe: te te-te-re-te re-te-te ..., comple- tamente diversa, qui abbiamo a che fare con 1'« inéga- lité ». Come l'arcata francese, negli strumenti ad arco, è anch'essa diversa da quella italiana, anche se le due si sono unificate abbastanza presto; già Muffat, alla fine del Seicento, propone una sorta di matrimonio fra ar- cata francese e arcata italiana. E ci sarebbe qualche le- gatura, più avanti proporrei te te te te re re te te te te te re re re te te te te te re re re, per far capire chia- ramente che ci sono due voci, due parti.

Anche l'articolazione è questione di studio, cono- scere le fonti, soprattutto, ei poi vedere una quantità di partiture, autografi, vedere dove il compositore ha segna- to una legatura e perché; tutto diventa chiaro; e poi, come ultima fase, potete deciderla voi stessi. Se deci- dete troppo presto da voi potreste incorrere in errori ovvi come quelli che si incontrano ancora nelle edizioni moderne, due note legate e due staccate, te-re-te-te te-re-te-te te-re-te-te te, una cosa che non esiste nel Settecento, fino a Mozart, non esiste, due legate e due staccate; non esisteva fino ai figli di Bach.

La ragione è anzitutto estetica, per loro era troppo aspro, e lo lasciavano fare soltanto agli ottoni, ai suo- natori di tromba e di corno; questa articolazione la tro- vate in tutti i manuali di musica per tromba e per corno, ma non la trovate mai nella musica per strumenti più raffinati, come i violini o i flauti. La seconda ragione è una ragione tecnica, che ha a che fare con l'archetto: per uno strumento ad arco questa è un'articolazione molto scomoda, perché con l'archetto ci si ritrova nella posizione sbagliata, guardate [fischia, facendo il gesto di muovere l'archetto, te-re-te-te tei, uscite con un colpo d'archetto in giù, naturalmente.

A quell'epoca, in linea di principio, e questo per il peso del braccio e per la natura delle regole fisiche, ogni battere dev'essere ancora un colpo in giù con l'ar- chetto, perché l'arcata dall'alto in basso è più pesante dell'altra. Dev'essere insomma*, dà panpanpanpapa dà panpanpanpapa, e se c'è questa articolazione dovete u- scire nel modo sbagliato. Dunque, tutto è permesso, po- tete usare l'articolazione seguente, nessuna, va benissi- mo [fischia te-te-te-te tei, bene; o potetete legare quat- tro a quattro, ma allora bisogna andare svelti, e perciò queste legature non le trovate di frequente, ma solo in tempi molto veloci [fischia legando le note quattro a quattro], solo per i tempi veloci, quando si conta in due

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e non in quattro, va bene? oppure, legate due a due, benissimo; tre e una; una e tre va bene; ma appunto, non questo [fischia due note legate e due staccate 1; questo non lo trovate mai nella musica prima di Bach; ma ci sono una quantità di edizioni moderne in cui l'editore indica questa articolazione a tutto spiano.

[Domanda: « Bach la usava già? » risposta:! No, i suoi figli; il nuovo stile, lo stile galante, che porta poi allo stile classico, a Mozart. E allora ci fu anche un cam- biamento nella tecnica di arcata: non facevano [fischia te-re-te-re te, facendo il gesto' di non staccare l'archetto dalla cordai, ma potevano fare [fischia te-re-te-te, stac- cando l'archetto!. E anche Geminiani, nel Settecento più inoltrato, Geminiani morì nel 1762, già nella nuova epo- ca, sosteneva che il colpo d'archetto ascendente doveva avere la stessa forza di quello discendente; proponeva che i violinisti si esercitassero in questo senso, perché l'arcata in su avesse la stessa qualità e la stessa forza dell'arcata in giù, cosa che allora non avveniva. Sicché per Geminiani non era un problema avere una nota in battere corrispondente a un colpo d'archetto in su, per- ché la sua arcata ascendente era molto forte, forte co- me quella discendente.

Ma è ovvio che questa non è una cosa naturale, non è naturale che l'arcata in su sia forte, perché questo va contro le esigenze fisiche del braccio. E anche questo è molto importante, ed è una cosa che si ritrova in tutte le tecniche strumentali di quel tempo, questo passaggio dal fare cose che vanno d'accordo con la natura fisica del corpo, a fare cose che per il corpo umano sono artificiali. Non è soltanto un cambiamento di atteggia- mento spirituale, un cambiamento psicologico di ideali estetici, questo cambiamento dalla musica barocca alla musica galante, classica, romantica, ma anche un cam- biamento fisico: dato che aveva idee estetiche diverse, la gente acconsentì a muoversi anche diversamente col proprio corpo. Sicché non è che nel periodo barocco non si riuscisse a maneggiare con forza l'archetto dal basso in alto, naturalmente non si tratta di questo, per- ché con l'esercizio questo si riesce a farlo benissimo; è che non gli andava di farlo, perché era una cosa con- traria ai loro ideali estetici, e perciò andava anche contro le loro possibilità o desideri fisici; queste cose so- no state sempre legate; insieme. Già questo solo è tutto un campo di studio a sé, il cambiamento degli ideali estetici attraverso i secoli.

Ma certo è una cosa strana: se guardate attenta- mente un'orchestra sinfonica moderna (che, fra paren- tesi, non è moderna, è un'orchestra ottocentesca; anzi, non ottocentesca, ma del primo Novecento, perché una vera orchestra ottocentesca sarebbe molto diversa: tutti gli strumenti a fiato avrebbero molto meno chiavi e suo- nerebbero suoni molto diversi; i violini sarebbero gli stessi, tutti gli archi sarebbero gli stessi, ma gli ottoni e i legni, e anche la percussione è cambiata molto nel XX secolo, in un'orchestra dell'Ottocento sarebbe mol- to diversa... così è sbagliato dire che quella che sen- tiamo oggi è un'orchestra ottocentesca, è un'orchestra del primo Novecento: Debussy, ecco quando si ha la formazione dell'orchestra sinfonica moderna) ; ma in- somma, se guardate un'orchestra suonare e vi rendete conto di quali siano le leggi fisiche, naturali, è stra- ordinario vedere come tutta l'orchestra, tutti i suoi membri uno per uno, secondo quello che suonano, tutti debbono fare movimenti fisici sbagliati, contrari a quel- lo che verrebbe spontaneo; ed è per questo che suonare

in un'orchestra è un lavoro così pesante, veramente pesante. Un orchestrale che ha le prove la mattina e il concerto la sera è esaurito, e ha ben ragione di es- serlo, perché fa cose completamente contrarie a quelle che il suo corpo vorrebbe fare in stato di distensione, sono tutti movimenti innaturali. E questo a causa della musica.

[Domanda: «anche per chi suona qualche autore di questo secolo, come Stravinsky, i movimenti sono inna- turali? » ] . Nella misura in cui le composizioni di Stra- vinsky sono ancora basate sugli schemi sonori di una orchestra del primo Novecento, sì. Esistono gruppi ab- bastanza grossi ormai, che non vogliono più suonare musica che abbia a che fare con le orchestre sinfoni- che, neanche con orchestre sinfoniche moderne, e che sviluppano senza dubbio altre tecniche, tecniche fisiche di esecuzione musicale... Il modo di dirigere l'orchestra è cambiato, non è più [fa il gesto di dirigere in modo tradizionale], cose del genere, ma, due [fa il segno due con la mano], uno [un sibilo], segnali... [...]. Personal- mente sono convinto che l'orchestra sinfonica finirà len- tamente per sparire... Fra vent'anni ci saranno, be', cia- scun paese avrà una sola orchestra sinfonica,

[Domanda: «perché? »1. Perché non si scrive più mu- sica moderna per orchestra sinfonica. I compositori mo- derni non compongono molti pezzi sinfonici. Le orche- stre possono suonare altra musica, ma non credo che questo a lungo andare basti a tenere in vita dieci or- chestre sinfoniche in un solo paese, dipende quanto è grande il paese; almeno non in Olanda, da dove vengo io: noi avevamo una quindicina di orchestre sinfoniche almeno, forse di più; e sono già diminuite, ima è già sparita, [domanda: « perché è difficile comporre musica moderna per orchestra sinfonica? » ] . Non è che sia dif- ficile, ma ai compositori moderni il suono dell'orchestra sinfonica non piace. Hanno altre idee sulla musica stru- mentale d'insieme, e gli strumenti che usano non sono gli stessi di un'orchestra sinfonica, col suo ordinamen- to, primi violini, secondi violini [...]. [domanda: «secondo lei a un compositore moderno piace il suono del flauto dolce?»]. Oh, sì. [domanda: «e allora perché non ci de- dichiamo più alla musica moderna che alla musica an- tica? » ] . E' perfettamente possibile suonare musica mo- dernissima; ormai c'è una quantità di musica di avan- guardia scritta per flauto dolce, e non c'è dubbio che se ne potrebbe suonare molta molta di più di quello che si è fatto finora; non è colpa dei compositori, loro hanno già scritto un sacco di musica moderna per flau- to dolce. [ domanda: « non è un inconiveniente per il flauto dolce, per l'esecuzione della musica moderna, la difficoltà di suonare cromaticamente? » 1 . Sì, ma i compo- sitori moderni, i compositori d'avanguardia non scrivo- no scale cromatiche; e il flauto dolce ha tante cose a suo vantaggio, rispetto agli altri strumenti a fiato, potete suonare degli splendidi accordi, tre nòte, quattro note insieme [chiede a un allievo di fare un esempio]. E le possibilità si arricchiscono negli strumenti più bas- si, un flauto dolce tenore può fare una larghissima gam- ma di accordi. E su un flauto dolce, dato che non ha chiavi, si possono fare tutti i glissando che si vogliono, mentre uno strumento a chiavi non. può farli. Il flauto dolce dunque ha grandi possibilità, e i nostri compo- sitori di avanguardia se ne servono, [domanda: «il flau- to dolce, dopo che suona molta musica moderna, non si sfascia a un certo punto?»]. Be', non proprio, ma un pochino cambia, non siipuò suonare una Sonata di Händel,

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dopo... Occorre un flauto dolce per le pressioni molto alte, quindi l'ideale è avere due strumenti, uno per la musica moderna e uno per la musica antica. Bene, arri- vederci alle 15,30.

(domenica, pomeriggio) [Un nuovo allievo suona la prima parte del secondo

Allegro della Sonata in la minore di Händel, e comincia il ritornello].

Si, qui [per il sol diesis della batt. 3] è la stessa cosa che nel primo movimento, dove il Sol diesis era così importante. Il primo movimento era [canta le prime 5 battute del Larghetto], qui è più o meno la stessa cosa; sicché hai fatto benissimo a non mettere nessun abbellimento su questa nota, e tuttavia suonala il più forte possibile, e più lunga possibile. [L'allievo riprende dal principio; Br. lo interrompe alla mis. 101. ¡Ha fatto molto bene a non prendere fiato dopo il Re alto della mis. 9, perchè c'è una linea discendente, [l'allievo ri- prende, fino alla mis. ill. Perché non prendi fiato dopo la nota finale? [il primo La della mis. il; l'allievo ripete, respirando dopo il Lai. Adesso va bene.

Ci vuole un certo coraggio per farei così, credo che sia perché uno ha sempre paura che l'accompagnatore non capisca, e quindi di rimanere indietro; sicché si tratta semplicemente di mettere le cose bene in chiaro con l'accompagnatore, in modo che magari l'accompa- gnatore segni la sua partitura con una virgola o che so io. E anche, in questi punti il suonatore della melodia deve avere, come dire, una certa autorità, deve imporsi al suonare del basso continuo, in modo da far capire anche senza parole che quello che vuole è questo e non altro; quindi se fai qualcosa del genere devi farlo in modo molto chiaro, in modo che non ci siano dubbi: non farlo di nascosto, non fare [canticchia le miss. 10-11, prendendo fiato affrettatamente dopo il primo la della mis. Ill, ma [ripete, respirando in modo marcato], in modo che l'accompagnatore capisca. Direi dunque che tu respiri con più comodo, lei [la clavicembalista! ti seguirà. [L'allievo ripete fino alla 15; Br. interrompe, chiedendo di ripetere il Mi-re diesis-do diesis-re diesis della 141. Vorresti rifarlo? [L'allievo ripetei. Be', è diffi- cile, questo è un punto difficile. Questo è sempre un punto difficile... Avevo un insegnante, un insegnante di flauto traverso... anch'io mi trovavo in difficoltà con cose di questo genere, e lui una volta mi chiese: «per- ché ti riesce difficile? », « Be', non so, non riesco a suo- narlo, è troppo difficile, non ci riesco»; e lui: «Ma l'hai studiato a casa? » « Sì, l'ho studiato, parecchie volte, e adesso, adesso non va, al 'moment suprême' non viene mai». E lui: «Be', è un peccato. L'hai studiato nel modo giusto? » « Come sarebbe a dire? certo, ho suonato taa ta-ta taa, taa ta- ta taa, teia ta-ta taa,- taa. ta-ta-ta- taa». «No, questo non è il modo giusto di studiare. Devi prima analizzare che cos'è che in realtà non riesci a suonare. Vediamo, ci sono quattro note: taa ta-ta taa, giusto? E tu mi dici che queste quattro note non riesci a suonarle. Ma questo già non è vero, perché quattro note sono troppe. Si può non riuscire a suonare ima nota; ma non si può non riuscire a suonare quattro note. Quella che non riesci a suonare in realtà è una

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Händel: Sonata in la min., II Allegro

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Albrecht Dürer (1471-1528) -Xilografia - Dalla collezione del Dipartimento di Musica del Gemeentemuseum, l'Aia, Olanda

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nota sola. Dunque nel tuo caso tu forse non riesci a suonare la nota numero uno, non riesci a suonare la no- ta numero due, non riesci a suonare la nota numero tre, e non riesci a suonare la nota numero quattro; uno più uno più uno più uno fa quattro, così tu non riesci a suonare quattro note, giusto? ma in realtà il fatto è che non riesci a suonare una nota». «Be', è vero, naturalmente », dissi io. E lui: « E' vero che non riesci a suonare la nota numero uno? ». Sì, riuscivo a suo- narla Ila suona col flauto!; «Non sai suonare la nota numero due?». Sì, ci riuscivo; «non sai suonare la nota numero tre? »; sì, la suonavo; «e non sai suonare la nota numero quattro?», sì, suonavo anche quella. Sicché ciascuna nota da sola andava benissimo; era solo la combinazione delle note che non andava. Ora, una com- binazione non può mai essere una combinazione di quat- tro note, giusto? Dunque poteva essere la combinazione della nota 1 più 2, o della nota 2 più 3, o della nota 3 più 4. Così, analizzando, il maestro arrivò a 1 più 1 più 1 più 1, quattro possibilità, e poi insieme riducemmo le possibilità a tre: le note 1 più 2, 2 più 3 e 3 più 4, va bene? Erano già tre possibilità, e non quattro. E poi andammo avanti, e il maestro mi disse: « Dunque, sai suonare la prima combinazione? » cioè [fischia le prime due note della batt. 14; all'allievo:! Sai suonare la prima combinazione? [L'allievo suona le due note!. Bene, nes- sun problema; dunque non è la prima combinazione. Sai suonare la seconda combinazione? [L'allievo suonai; questa sembra un po' difficile; dovremo... forse dovremo tornarci sopra. Sai suonare la terza combinazione? [L'al- lievo suonai. Bene; dunque non è la prima combina- zione, può essere soltanto la combinazione numero 2 o la combinazione numero 3, giusto? Ecco qua. Bisogna studiare questi passi al di fuori del loro contesto. Il problema per lui, come per me, sono solo le combina- zioni di due o di tre note. Ora, con le combinazioni è un po' come nel matrimonio: se separate i due coniugi, avrete un uomo e una donna, che non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro; sicché, se consideriamo le note di una combinazione come se fossero un ex matri- monio, ma adesso i due coniugi si sono separati, e uno vive qui e l'altro a venti chilometri di distanza... in altre parole, se i due non sono più sposati o non convivono più, allora avrete a che fare con due entità diverse, in questo caso due note differenti; e far visita a due note diverse non può mai essere una difficoltà; ci può volere un po' di tempo, perché bisogna fare la strada dall'una all'altra; ma mentalmente, prima visitate una, poi non pensate alla prima visita, e andate da un'altra perso- na, dimenticando la prima; mi sono spiegato? Dunque, il tuo problema era la seconda coppia, vuoi suonarla di nuovo? [l'allievo suona il Re diesis-Do diesis della 141. Vuoi rifarlo? Bene. Adesso, forse dovremmo separarle, ossia prendere fiato fra le due note, e pensare in que- sto modo [fischia le due note separatamente, respirando fra una e l'altra: l'alliefvo esegue 1. Respira; sì, lo puoi fare molto in fretta, non c'è difficoltà: suoni [fischia le due note separatamente 1, due cose diverse, e le diteg- giature non hanno nulla a che fare l'una con l'altra. Puoi suonare [fischia il Re diesis Fa diesis della 14; l'allievo esegue!. Bene, suona queste due note, la secon- da più alta. E adesso facciamo [canta il Ma-Re diesis - Do diesis della 141; (...) Ora, è un peccato che subito dopo ci siano dei problemi con la coppia successiva; sarebbe bello se i suoi guai fossero finiti... Nella maggior parte dei casi si può rimediare a tutte le difficoltà sepa-

rando semplicemente le note, ma adesso il guaio è che anche le due note successive sono difficili..., ma ci pro- veremo. Puoi suonare l'ultima coppia (Re diesis-Fa diesis) , nello stesso modo? non pensarle come un tutto unico, ma come due note separate. Ora, fallo molto rapida- mente, ma con tutto il cuore, senza paura; non sbaglierai se pensi giusto. [L'allievo suonai. Bene, così; se continui a pensare alle due note insieme ti impaurisci... Questa è la soluzione per tutti i problemi di diteggiatura.

Facciamo la seconda parte [l'allievo suona fino alla mis. 35; Br. lo interrompei. Scusa, due soluzioni di ap- poggiatura; ascolta il basso, non puoi fare senza il basso [suona al clavicembalo il basso delle miss. 34-351; dissonanza, consonanza, dissonanza, consonanza; biso- gna legare. Le soluzioni di appoggiatura debbono sem- pre essere legate [suona col flauto la fine della mis. 34 e la 35, legando il Fa al Mi e il Mi al Rei. C'è sempre bisogno del basso; se non lo senti o non lo conosci, non puoi sapere se suoni delle soluzioni di appoggiatura, quindi non sai che articolazione usare.

La melodia è questa [suona al clavicembalo la 34-361, e in questo caso, con un Sol diesis nel basso, è soluzione di appoggiatura [l'allievo suona tutta la seconda parte del 2. Allegro!. Sì. Qui torna la questione dei due se- dicesimi [canta le due coppie di sedicesimi della batt. 49, che l'allievo ha legato entrambe!: ta-ra ta ta-ta ta, è diverso, eh? Le cose diverse non bisogna mai artico- larle allo stesso modo, perché l'articolazione serve a chiarire il discorso, dunque con la tua articolazione devi far capire chiaramente che le due coppie debbono essere diverse, sicché non puoi legarle tutte e due: così il discorso non è più chiaro, ma meno chiaro. Sta a te scegliere quale delle due legare: voglio dire, quello che importa soprattutto è differenziarle. Bene. Passia- mo a Hotteterre.

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Jacques Hotteterre: Suite in mi min., allemande

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Questa è un' Allemande ideila Suite in mi minore] di Hotteterre. I L'allievo suona le prime battute]. Scusa, dobbiamo fare una distinzione. C'è una grande differen- za fra le allemande francesi e le allemande italiane, c'è una gran differenza fra una allemanda di Couperin o di Hotteterre e una di Corelli. Fra stile francese e stile italiano. Per distinguerle ci sono vari elementi. Anzitutto il musicista, se è francese o italiano: nel caso che sia francese non ci sono problemi, e così se è italiano. Se è tedesco, si possono avere tutti e due gli stili: ci sono tedeschi che scrivono in stile francese e tedeschi che scrivono in stile italiano; ma il più delle volte i compositori tedeschi che usano entrambi gli stili chiariscono sempre nel titolo, nell'intestazione del pezzo, se si tratta di un'Allemande (francese) o di un'Allemanda (italiana); compositori come Bach, aveva- no ben chiaro in mente in che stile il pezzo era compo- sto; lo stesso vale per Courante e Corrente, Gigue e Giga, ecc.; nei buoni musicisti è sempre messo in chiaro, non in tutti, ma nei compositori di prim'ordine è sem- pre chiarissimo, non ci sono dubbi sullo stile in cui è scritta la danza.

Un altro elemento è la notazione*, le allemande fran- cesi sono scritte per lo più in ottavi e in sedicesimi, mentre nelle italiane la notazione è per così dire due

volte più lenta, ossia per lo più in quarti e in ottavi, e una Allemande di Couperin in ottavi e sedicesimi. L'esecuzione però è inversamente proporzionale alla notazione, ossia: quelle con la notazione più « nera », le francesi, si suonano due volte più lentamente. Sicché si può essere abbastanza sicuri che un'Allemanda di un compositore italiano va suonata il doppio più svelta dell'Allemande di un francese, [domanda: « si usa il tempo tagliato o no?»; risposta:] Questo non c'entra ... Si scrivevano per lo più col C semplice, senza taglio; a volte il musicista voleva che fossero più veloci del solito, e allora metteva il taglio, o un segno speciale; ma di regola... Io parlo sempre della media, della regola generale, questa è già un'eccezione.

Sicché tu l'hai suonata troppo svelta... Corelli do- veva suonare qui a Roma un'ouverture francese di Händel, scritta così in stile francese, e Händel lavorava con Corelli, che doveva fare questa particolare arcata francese tataan, e Corelli provò e riprovò e non ci riu- sciva, sicché restituì il pezzo a Händel, dicendo: «Mi di- spiace, ma fatela suonare a qualcun altro, io non la posso suonare... non ha senso ».

Nel Sei e nel Settecento era una cosa difficilissima, fino alla ripugnanza, per i francesi suonare musica ita- liana e per gli italiani suonare musica francese; impos- sibile, due mondi diversi. Ma adesso viviamo nel XX secolo. [L'allievo suona l'Allemande, due volte la prima parte, una volta la seconda; all'inizio della ripetizione della seconda parte interviene Br.:l Questo è molto dif- ficile, portare... La musica francese ha poca melodia, molto meno della musica italiana di quel tempo; ma per compensare la povertà melodica è molto più ricca di armonia, sicché le armonie sono molto più complicate e interessanti che nella musica italiana, questa è una delle grandi differenze fra stile italiano e francese. Dato che la melodia era quasi inesistente, i francesi aveva- no per forza un bisogno molto maggiore di ornamenti, di abbellimenti molto complicati. E questi abbellimenti (e questo rientra pienamente nello spirito francese) sono tutti catalogati, sono tutti indicati da simboli e sono molto precisi, mentre il modo di abbel- lire italiano è libero: se gli ornamenti rendono la melo- dia ancora più bella si fanno, ma senza sentirsi limi- tati dalle regole. Così, se questa fosse una melodia ita- liana, gli italiani la suonerebbero senza abbellimenti, non ci sarebbero abbellimenti... non è una melodia ita- liana [suona le prime battute dell'Allemande al clavi- cembalo, solo la linea melodica] . Fra parentesi biso- gnerebbe farla molto più svelta, naturalmente, così è noiosa, come vedete... Un'Allemanda scritta da italiani sarebbe naturalmente molto più svelta [la suona di nuovo, più rapidamente]. Ora, - adesso la suonerò di nuovo un po' più lentamente - , è probabile che un italiano farebbe qualche abbellimento, ma sarebbero abbellimenti liberi, inventati lì per lì dall'esecutore [ri- pete al clavicembalo, all'italiana, con qualche abbelli- mento], qualcosa del genere; molto poco francese. L'or- namentazione francese, adesso ve la suono, è molto pre- cisa, indicata dal compositore con segni e simboli spe- ciali, e nella prefazione dell'edizione originale è spie- gato che cosa significa ciascun simbolo [suona al cla- vicembalo le prime 6 battute dell'Allemande, con gli ab- bellimenti francesi]. Molto complicato. Dei nomi degli abbellimenti mi pare che adesso non valga la pena di parlare, dobbiamo occuparci di cose più importanti che non i nomi degli abbellimenti francesi, potete legger-

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veli da soli. Importante è che, sebbene gli abbellimenti facciano parte integrante dello stile, voi pensiate an- zitutto a rendere il linguaggio molto raffinato della mu- sica francese; gli abbellimenti vengono al secondo po- sto. Fareste bene a segnare i respiri... El'« inégalité » è una cosa molto più importante; e qui potremmo par- larne un po'. In questo pezzo i sedicesimi andrebbero suonati ineguali in senso francese, ossia [canta le batt. 9-10; i sedicesimi della 10:1 ta-ra ta-ra-ta-ra ra [?], e non ta-ta ta-ta-ta-ta; e non ineguali nel modo generale, compreso quello italiano, che sarebbe stato: tàata tàa- ratàa-ra tàa; ma qui ta taràtarà tarà, va bene? L'abbia- mo fatto ieri. Hotteterre, nel suo libro Jouer sur la flute, indica le articolazioni per questo tipo di passag- gi, e dice che bisogna articolare të tëtëdëtédëtëdë, che è diverso, të të4ëdétëdétëdé, dove gli italiani farebbero te tède tède tédete, i francesi farebbero le tetedétedétedé, Ora Hotteterre dice senz'altro che bisogna fare così; ma non dice la ragione. E' un po' difficile da capire, perciò farò ima piccola annotazione. E' un'ottima trova- ta quella di Hotteterre, di farvi fare così, e una volta che sapete perché lo vedrete chiaramente. Quello che lui vuole in definitiva è ima leggera puntatura, un ritmo puntato; un pochino, non troppo puntato, ma una pun- tatura molto leggera, quasi saltellante. Una puntatura leggera, per la quale il termine « inégal » è bene ap- propriato: non è uguale, è un po' ineguale. E questo lo ottiene, dai suonatori di strumenti a fiato, con l'aiuto del corpo, ancora una volta, come avviene in tutti i ma- nuali del Sei e del Settecento; ossia fa pronunciare semplicemente ai lettori tedétedé ecc. L..1; sapendo che ci penserà la lingua a risolvere il problema, e infatti così è. Provate: dite tëdé; e adesso dite il contrario, dëté; adesso fatelo parecchie volte, tëdé tëdé, e dëté dété. Ora, qual è la differenza fra le due? La differenza non è che una sia... sono tutte e due ineguali, tëdé è carta-lunga, ma anche dëté, è carta-lunga, dipende da quanto le fate durare; si potrebbe anche fare alla rove- scia, ossia lunga-corta, tédë, o détë; sicché questo L..1 non ha ancora niente da fare con il più lungo o il più corto, si possono fare tutte e due le cose. Ma qual 'è allora la differenza fra tëdé e dëté; c'è una differenza. [Una risposta: « dëté è innaturale » ] . Dëté è innaturale, giusto; in che modo è innaturale, possiamo definirlo meglio? com'è che è innaturale, cosa succe- de? Í...1. Dunque, giusto, è innaturale: c'è ima virgola forzata, dé,té, dovete metterci una virgola, vi piaccia o no, ci pensa la vostra lingua; in dëté fra le due silla- be c'è una virgola; mentre l'altra coppia, tëdé, non ha per natura nessuna virgola. Ora, un'altra cosa... Se uno comincia a studiare musica e comincia a suonare uno strumento, e gli fate suonare, se siete suo maestro, un ritmo puntato, supponiamo la Passione secondo San Mat- teo [canta: tàn tatàn tatàn tatàn ecc.], è probabile che l'allievo faccia così: tàa ta'ttàa ta'tàa ta'ttàa» ecc. Dun- que, dov'è che sbaglia, vediamo. Sbaglia esagerando nella puntatura: fa una nota molto lunga e una molto corta; e questo è giusto, ma dimentica un'altra cosa, e cioè che è implicito in un ritmo puntato che la virgola si trovi in un certo posto; se la virgola sta al posto sbagliato, allora vien fuori quello che avete sentito, tàa ta'ttàa ta'ttàa ta'ttàa; qui la virgola sta al posto sbagliato, dovrebbe stare dopo la nota lunga: tàa, tatàa, tatàa, giusto? C'è dunque una combinazione di due cose: primo, che la virgola sia al posto giusto, e secondo, che

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una nota sia lunga, un'altra corta, ecc. Ora, torniamo a Hotteterre e alle nostre pronuncie: se dite tëdé, non c'è nessuna virgola; se dite dëté c'è la virgola, giusto? Allora, questo è quanto: applicate questa articolazione a un ritmo puntato, e se avete una lingua normale farete automaticamente la virgola al posto giusto, ossia: dë.të, ci sarà automaticamente una virgola, dë.të: dë, tëdé, tëdé, ecc. Il segreto è tutto qui. Ora, dice Hotteterre, questo funziona soltanto a coppie, due note, tëdë o dëtë; una nota singola si può articolare in un modo o nell'altro, può essere të të të të, o dë dë dë dë, o si si si si, non importa. Ora la prima nota, la primissima, quella ini- ziale, è senza compagna; sicché anche se forse fareste bene a usare il dë, potete anche farla col të, non im- porta. Hotteterre dice, dato che è la primissima nota del pezzo, Í...1; dunque perché nom usare il të; allora avete të... e poi il treno comincia a muoversi, tëdé tëdé, tëdé; o, non con questa piantatura troppi accen- tuata, ma con un ritmo eguale, che deve diventare leg- germente ineguale, abbiamo té tëré tëré tëré: té tétëré- tërétëré, che dà automaticamente una certa ineguaglian- za, ed è appunto quel tanto di ineguaglianza che ci vuole: Ibatt. 10-11, do so-si la-sol-fa-mi fa re:l té tétë rétërétë rétë. Vuoi provare uria volta? [L'allievo suona queste note delle batt. 10-111. No, devi pronunciare esat- tamente; e non pensare a un ritmo puntato, pronunciale eguali, vuoi provare? [L'allievo ripetei. Bene, quello che vien fuori è un certo ritmo puntato, lievemente punta- to, che è completamente diverso da uno eguale. Vuoi suonare: të tëtë tëtëtëtë té [l'allievo suonai; sì, e adesso ineguale, come dice Hotteterre. [c. s.l. Vedete, è legger- mente ineguale; e questo è quello che ai francesi piace moltissimo: non essere precisi ma leggermente... in una specie di linguaggio mistico che poteva essere padro- neggiato soltanto dai migliori musicisti di Parigi, sol- tanto, non della provincia. Molto snob, eh; e questa spe- cie di « inégalité » non durò «per molto, si può situarla intorno al 1700, in Francia, e particolarmente a Parigi. Questa speciale « inégalité » francese si faceva soltanto qui. Vedete adesso la differenza rispetto alla inegua- glianza italiana, o tedesca, o europea? è la differenza fra arcata discendente e arcata ascendente, come ve- dete, più forte e più debole, e ^«inégalité » francese, che sarebbe un'articolazione, un'arcata, sul clavicembalo [...1 tlaa tattarattaratta raa... un arcata molto complicata [domanda*, «potrebbe per favore suo- nare una volta questa inégalité?»!. Sì. [suona la batt. 10 dell'Allemande, ripetendola tre voltei. Certo non è [ripete la batt., con una «puntatura più accentuata! , questo è già puntato. Ci sono... i francesi distinguono fra puntato e « inégal », per cui... nella Sarabande, che è il pezzo successivo, nelle battute 5 e 6 e 7, cè diffe- renza fra puntato e «inégal» [suonai; non è [ripete,

suonando la batt. 6 con una puntatura abbastanza mar- cata 1, vedete, questo sarebbe semplicemente puntato. Ci sono domande? Dovete tenere ben presente che

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I'« inégalité » non è un abbellimento, non rientra nella categoria degli abbellimenti. E* una Haltung, un atteg- giamento, un modo di vita... o siete « inégal » o no, in altre parole, o siete parigino o no. Se nascete negli ambienti giusti, va da sé che tutto quello che fate è «inégal», qualsiasi cosa facciate... Questo perché mi capita di sentire gente che non conosce bene la musica francese, e in un minuetto la prima volta suona in modo normale, e la seconda volta, nel ritornello, suona «iné- gal »: è una cosa bizzarra, non può essere, così se ne fa un abbellimento. [Un allievo: « So che non tutti gli autori di trattati settecenteschi sono d'accordo che nelle Allemandes si debba usare 1'« inégalité » per i sedice- simi » 1 . Sì, è vero, Couperin è contrario; sì, questa è un eccezione, Couperin è un'eccezione, e anche Rebel [?1, per i sedicesimi; sì, è vero, a loro non piace il taa tarara per i loro pezzi, li preferiscono al modo ordina- rio, taratara, ci sono sempre delle eccezioni.

[Domanda: « Con che velocità si debbono suonare le notine aggiunte (nel Port de voix)?»]. Oh, note brevi, tan tan tia, non tan tan ta-la, quasi prima del battere. [...! [Domanda: quando è che nella musica francese bi- sogna fare questa ineguaglianza e quando no? » 1 . Bene. Ci sono certe eccezioni, come abbiamo detto, le Alle- mandes di Couperin e di [...! ...Per il resto va usata in tutte le musiche, in tutti i pezzi, e sulle note di valore reale minore. Potete analizzare ogni pezzo secondo i valori delle note; questa Allemande per esempio è scrit- ta in quarti, ottavi e sedicesimi, giusto? quindi l'inegua- glianza si applica ai sedicesimi. Se ci fosse un pezzo scritto in minime, quarti e ottavi, allora l'ineguaglianza si applica agli ottavi, che sono le note più brevi. Na- turalmente non bisogna calcolare le piccole notine or- namentali, le note di valore piccolissimo. [Domanda*. « Se questi sedicesimi hanno dei punti sopra o delle le- gature, subiscono lo stesso l'ineguaglianza? » 1 . No, que- sta è un'altra eccezione... [...1. Non dovete usare l'ine- guaglianza nei pezzi in cui sapete che l'autore non la voleva, come abbiamo detto, nelle Allemandes di Coupe- rin e [...]; non dovete usarla quando l'autore ha messo una legatura sopra le note; non dovete usarla quando l'autore dice esplicitamente «notes égales», come av- viene qualche volta [...!: notes égales, come eccezione, no? perchè la consuetudine, la rigorosa consuetudine francese era, senza bisogno di scriverlo, di suonare in modo ineguale. A volte il musicista, se non voleva che un passo o un pezzo si suonasse nel modo solito, inse- riva l'indicazione espressa: «notes égales», note eguali. E non va usata, l'ineguaglianza, per due note soltanto: l'ineguaglianza si usa soltanto quando le note sono più di due. E non dovete usarla quando l'intervallo è supe- riore a una terza. Sicché ci sono parecchie eccezioni.

[Domanda: «e nel caso che le note più brevi non siano semicrome, ma per esempio, come qui nel Minuetto, che siano crome, si applica sulle crome, o solamente nel caso di note molto brevi come le* semi- crome?»!. No, bisogna considerare ciascun pezzo... qui (nel Minuetto) la notazione consiste di minime, quarti e ottavi, quindi l'ineguaglianza andrebbe applicata agli ottavi (ma non qui, perché c'è la legatura). E può darsi che compaia occasionalmente una coppia di sedicesi- mi, ma non conta (come per esempio nella Sarabande: in questo caso si fanno ineguali le crome) ... In questo Minuetto di Hotteterre le crome vanno suonate eguali perché l'autore ci ha messo una legatura, altrimenti le suoneremmo ineguali... Se non ci fosse la legatura, do-

vreste suonarle ineguali... Credo che mai nella storia gli italiani si siano interessati tanto all'ineguaglianza francese... Vorrei, già che siamo in argomento, vorrei parlare di un altro aspetto dell'« inégalité », che riguar- da piuttosto l'atteggiamento generale del Seicento e del Settecento verso l'ineguaglianza. Come forse avrete già notato, nella musica barocca non c'è mai niente di identico... tutto è ineguale, in un modo o nell'altro, no? Nella strumentazione, naturalmente: gli strumenti sono ineguali, non esiste, come poi più tardi, il quartetto d'ar- chi: l'eguaglianza nella strumentazione è un tratto tipi- co della musica classica. Così, già a questo riguardo, e poi riguardo all'esecuzione c'è sempre ineguaglianza, in senso francese o in senso generale, o già anche nei testi, nei movimenti... Potreste fare voi stessi una quan- tità di paralleli con l'architettura barocca o i disegni del Settecento, tutto è ineguale o irregolare, non egua- le, non uniforme. Anche nell'ambito di un singolo stru- menta era una buona caratteristica barocca di non essere eguali, uniformi: il che è molto diverso da quello che avviene più tardi, per cui è bene che lo sappiate. Ne abbiamo parlato di passaggio ieri, ma vorrei spie- garlo meglio Í...1. Il flauto traverso, strumento per eccellenza del periodo barocco, non aveva chiavi, perchè le chiavi avrebbero reso le note troppo eguali l'una al- l'altra. Sapevano benissimo fare le chiavi, questo non era un problema, abbiamo detto anche questo, e anzi qui [indica il suo flauto! avevano una chiave, per necessità; ma per il resto preferivano lo strumento senza chiavi, per questa ragione. Ora, il flauto traverso è in- tonato in re, la nota più bassa è un re, è in re maggio- re; sicché, per usare un termine italiano, ha note «buo- ne » e note « cattive », e questa è una caratteristica ba- rocca: bisogna che ci siano, se non ci fossero lo stru- mento non sarebbe buono. Tutto alla rovescia rispetto a noi. Un aspetto degli strumenti melodici era di essere ineguali; uno svantaggio degli strumenti a tastiera, cla- vicembalo, organo, era di essere eguali, di qualità uni- forme. Se suono lentamente la scala di re maggiore su questo strumento (flauto traverso barocco), ogni nota dev'essere buona, perché lo strumento è costruito in questa tonalità. [Suona una scala in re maggiore!. Ora, se mi seguite, suonerò una scala cromatica, e voi vedrete che tutte le note che non sono nella scala di re maggiore scadono come qualità di tono, a parte la nota per cui c'è sfortunatamente la schiave, altri- menti sarebbe ineseguibile, sicché non dovete con- tare il re diesis [suona re, re diesis-. 1 dovrebbe essere cattiva, ma purtroppo è buona [suona tutta la scala cromaticamente 1 [...! Questo ha degli enormi van- taggi. Anzitutto: le tonalità si differenziano chiara- mente; con un flauto moderno tipo Böhm, in cui tutte le note hanno chiavi, tutte suonano altrettanto bene; sicché in un flauto di metallo o di legno tipo Böhm non fa differenza, per la qualità del suono voglio dire, se si suona in do maggiore, o in si bemolle mag- giore, o in la maggiore, è tutto lo stesso, tutto è bril- lante uguale. In questo strumento invece tutto ciò che si allontana troppo dalla scala di re maggiore suona male, intendo male in senso buono, nel modo barocco; sicché c'è una grossa differenza in questo strumento se si suona in re maggiore o in fa maggiore [fa l'esem- pio, suonando prima in re maggiore poi in fa maggio- re!... Per cui è diverso se un musicista scrive una so- nata o una parte in re maggiore o in fa maggiore, c'è una differenza di Buono, e questo vale non solo per

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il flauto ma per tutti gli strumenti. Così se Bach in una delle sue Passioni scrive un'Aria con flauto obbli- gato e coro [?]... in fa minore, immaginate che suono verrà fuori... se si suona uno strumento storico verrà fuori un suono tremendo, cupo, non veramente sonan- te, ma vago, infelice. A differenza di un altro pezzo di Bach scritto anch'esso per flauto, ma adesso in re maggiore: che ha un suono brillante, aperto, facile e felice. Ora, Bach usa questa chiave di re maggiore solo per musica da concerto, quasi concerti per flauto, con- certi come il 5. Brandeburghese [suona un passo 1, fe- lice, facile; ma nella Passione secondo San Matteo, no, di San Giovanni, in cui scrive questa Aria in fa minore, il testo parla di morte, della miseria, della miseria del mondo, ecc., e la musica è tutta proiettata sul testo. E questo aspetto si perde completamente se si suona con uno strumento moderno, perché con uno strumento mo- derno, il fa minore, be', è la stessa cosa*, ha un bel suo- no il fa minore, bello e brillante, nessuna differenza con il sol minore o il do minore. Qui di nuovo c'è un contrasto... Tanto per indicarvi la differenza di idee musicali, Ottocento contro Settecento.

Nell'Ottocento una cosa che non suonava bene fa- ceva orrore, sicché corri corri corri, gli strumenti fu- rono come si dice migliorati. Ma il prezzo che bisogna pagare per questi miglioramenti ve l'ho fatto vedere, una mancanza di qualità del tono. L..1 Quello che si guadagna è che tutte le tonalità suonano benissimo. Così era per tutti gli strumenti a fiato, anche per i flauti dolci; potreste provare sul vostro flauto dolce a suonare una scala, lo strumento è costruito nella scala di fa maggiore, dunque tutte le note che appartengono alla scala di fa maggiore dovrebbero essere buone, e tutte le note che non appartengono alla scala di fa maggiore dovrebbero essere cattive. Debbo dire che nei flauti dolci questa caratteristica è meno pronun- ciata che nei flauti traversi, ma è sempre molto note- vole. Vi dico questo perché la gente, quando compra un flauto dolce, spesso dopo si lamenta perché lo stru- mento è così ineguale, perché certe note sono belle sonore e altre troppo sommesse. Ma se le note buone sono al posto giusto e anche le cattive sono al posto giusto, non dovreste essere scontenti, ma felici, felicis- simi, ben lieti di avere uno strumento così interamente barocco, uno strumento barocco ideale, [domanda: «Ho letto che un flauto dura di solito una quindicina d'anni, è vero? di quando è quel flauto? » (il traverso barocco che Br. ha suonato prima) 1 . Del 1735. I « Ha un suono molto bello » 1 . Sì, ha un bel suono, ma è pieno di cre- pe, l'ho riparato... con dello scotch... Poi un flau- to dolce soffre più di un t raverso, perché un flauto dolce lo mettete in bocca, e si inumidisce... Un flauto traverso dopo tutto rimane fuori dal corpo. An- che negli oboi, in un oboe l'ancia dura un certo tempo e poi bisogna metterne una nuova, per quanto all'oboi- sta piaccia quella di prima, perché si rovina; nel flauto dolce il processo è molto più lento, ma più o meno è la stessa cosa, per cui a volte dovete sostituire il blocco o tappo... Questo è effettivamente uno svantaggio del flauto dolce, nell'oboe si pu£> sostituire soltanto l'ancia, mettere un ancia nuova; mq, il flauto dolce lo mettete in bocca, e si inumidisce il t$ppo, ma anche questa parte, vedete, la parte superiore del canale dell'aria, che ap- partiene allo strumento vero e proprio: sicché quel che potete fare è sostituire il tappo, metterne uno nuovo, ma poi può darsi che anche la parte superiore del ca-

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naie dell aria sia rovinata, e allora non si può far nulla, bisogna comprare un flauto nuovo, [domanda: «allora in questi flauti col bocchino d'avorio non ci dovrebbero essere danni? » 1 . L'avorio? oh sì, l'avorio è anche più sensibile al clima e all'umidità del legno, molto sensi- bile, è per questo che i flauti d'avorio, interamente d'avo- rio, il più delle volte non sono buoni, [...I è un mate- riale molto vivo. La funzione dell'avorio, a parte che ci sta bene dal punto di vista ornamentale, è soprat- tutto di impedire al legno che sta sotto di fendersi, perché naturalmente l'avorio è molto duro, è come un anello. Ma di per sé, quando si inumidisce, si compor- ta peggio del legno, o come il legno. Facciamo una piccola pausa?

[Il nuovo allievo suona il primo Allegro della So- nata in la minore di Händel, a memoria-, la prima volta come è scritto, la seconda con abbellimenti!. Molto bene. Due cose. Mi pare che ci sia troppo vibrato, il che non ha senso perché... a parte le note lunghe, ma nelle brevi non lo si sente bene, e inoltre puoi soffiare meglio senza vibrato. [L'allievo: « Io sono contrario al vibrato, ma sono nervoso»]. La seconda cosa è -che.,, personalmente penso che per un movimento çome questo hai esage- rato un pochino, non troppo, mà" un pochino con gli abbellimenti, ne hai fatti un pp' troppl. Così perde un po' della sua [fa un gesto come per indicare un moto rapido e diretto!... In realtà questo è un pezzo più per

Händel: Sonata in la min., Allegro

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il clavicembalo che per il flauto dolce. Penso che il tuo ruolo dovrebbe essere modesto e molto chiaro, e ogni tanto naturalmente qualche abbellimento... É poi hai fatto anche un po' troppe legature: penso che quando fai degli abbellimenti in genere puoi non legarli, a parte cose come [fa un esempio di acciaccatura] [?]... altre cose [canta l'inizio della batt. Ili l?l è meglio non le- garle. E hai fatto una nota sbagliata [gliela indica]. [L'allievo: « Ero nervoso... non l'ho studiato abbastan- za » 1 . Be', poco male, siamo tutti nervosi. E' difficile analizzare cos'è il nervosismo... Credo che in definitiva alla base ci sia un sentimento molto amabile, simpatico, ma sbagliato, di... be', chiamiamola vanità... Ci si sente guardati, osservati, giudicati, e allora in modo del tutto inconscio ci preoccupiamo più di noi stessi, del nostro atteggiamento verso gli altri, verso il pubblico, o il maestro, o che so io, badiamo più a noi stessi che alla musica... E' una cosa molto difficile da vincere; occorre molta forza di volontà, molta immaginazione e concen- trazione, costringersi a pensare soltanto alla musica e allo strumento, come quando si stu- dia a casa, a nostro agio; dimenticare il pubblico, di- menticare l'insegnante, cercare... semplicemente di scor- darsene. Noi ti daremo una mano. Sapete cosa faremo? Cercheremo di far sì che lui sia meno consapevole della nostra presenza, faremo come se non gli badassimo af- fatto; questo lo aiuterebbe moltissimo, sapere che non stiamo a sentire come suona. Vediamo se funziona: tu suona pure il tuo Hotteterre, e noi intanto faremo quat- tro chiacchiere, o magari fischi eremo [fischietta, e tutti chiacchierano ad alta voce mentre l'allievo suona l'Alle- mande di Hotteterre, prima parte]. Com'è andata a- desso, come ti sentivi, meno nervoso? ti aiuta il fatto che la gente non ti osservi, non ti stia a guardare? non molto? [L'allievo: «Forse uno non è nervoso quando ha studiato molto bene il pezzo, completamente, quando l'ha studiato molto bene » 1 . Be', certo, questa è la solu- zione, una delle soluzioni... Sono d'accordo, è molto dif- ficile, quando tutti stanno zitti, e ti giudicano, è terri- bile, è la stessa sensazione orrenda che si ha agli esa- mi, e cose del genere. Si è meno nervosi come suona- tori [...] quando si è dovuto effettivamente suonare per una scolaresca distratta, alle nove della mattina, que- sta è un'ora buona, per chi suona voglio dire, non per gli ascoltatori. Ci sono domande? [Un allievo: « Sì, a volte, quando si studia un pezzo per tanto tempo, per ore, si diventa... se ci si esercita troppo si ridiventa ner- vosi. Perché in un primo momento uno pensa di saperlo bene, ma poi si ha paura che al momento buono non verrà fuori»]. Anche qui, il fatto è... che allora ti aspet- ti molto da te stesso, naturalmente; ti dici che l'hai studiato così bene, che devi per forza eseguirlo in modo perfetto, sicché allora tu diventi il pubblico di te stesso. Per suonare in pubblico occorre un addestramento spe- ciale... Inoltre ci sono fasi nella vita in cui si tende a essere più nervosi che in altre... Quando si è giovani, pieni di coraggio e di rabbia per ogni cosa, si è meno nervosi di quando si ha una certa posizione, quando la gente conosce il tuo nome e si aspetta qualcosa da te, quando si ha una certa responsabilità, tutto questo ci rende nervosi. Ci sono di quelli... be', posso nominar- ne qualcuno che conosco molto bene: Rubinstein, il pia- nista, è talmente nervoso prima di cominciare a suo- nare, che gli viene quasi da vomitare. Molti stanno così male, ma proprio male, che debbono prendere delle pillole,.. [L'allievo: «Dipende anche da quante ore si

studia al giorno. Quantz nel suo trattato dice che quando si comincia a suonare non bisogna suonare troppo a lungo, «soltanto» quattro ore al giorno, non di più, e poi si possono studiare sei, otto ore... Penso che se si ha coscienza del lavoro che uno ha fatto, dello studio che si è fatto, forse si è meno nervosi, forse » 1 . Forse, ma... la mia esperienza è diversa, e anche la sua [dell'allievo che è intervenuto prima! è diversa, e cioè che così ci si innervosisce di più. Non so, il libro sui nervi non è ancora stato scritto. Vogliamo rifarla? [L'al- lievo suona l'Allemande di Hotteterre; nella ripetizione della prima parte, Br. lo interrompe alla batt. 5:1 Mi sembra che quell abbellimento sia sbagliato: il grup- petto, «tour de gosier», deve seguire immediatamente dopo la nota, dunque taràaara tarà... [L'allievo ripren- de dalla batt. 5; alla batt. 7, ultimo tempo, Br. osserva che:! Il trillo deve cominciare dalla nota superiore, an- che se questa nota c'è già prima. [(L'allievo ripe- te la 7, passando alla 8/2 della prima parte. Circa il fa finale della 8/2, su cui l'allievo prima si dilunga un po', poi fa troppo puntata, Br. osserva:] La ve- rità sta nel mezzo: è breve, ma non «piquée», non tatàaa... dunque, breve in valore, lunga in articola- zione. [L'allievo riprende; Br. lo interrompe dopo la scala discendente di semicrome della batt. 101. Qui penso che la tua « inégalité », se si deve fare - perché potrebbe essere proibita da Couperin [allievo: «Sì, ma a me piace » ] . Certo, benissimo, ma la tua « inégalité » è esagerata, assomiglia troppo alle note puntate. Il con- siglio è di non pensare a note puntate: pensare eguale, ma articolare ineguale; e il risultato sarà automatica^ mente quello giusto. [L'allievo riprende; Br. lo inter- rompe dopo il sol diesis della batt. 161. Anche qui, dato che si tratta di musica francese, e l'armonia è della massima importanza, specialmente nella musica francese, potremmo parlare un po' delle dissonanze; bisogna aver più piacere nel mettere le dissonanze, e nel far sì che abbiano una certa durata, goderle, go- dere la sofferenza... Forse potremmo fare questo lavo- ro insieme, per qualche battuta... Facciamo la secon- da metà, e poi ci fermiamo sulle dissonanze, in modo che tutti possano sentire la sofferenza [suonano dalla batt. 9 (Br. al clavicembalo), soffermandosi in partico- lare sul sol diesis della 16; dopo il primo fa diesis della 18, Br. si interrompe:] Più lungo... e non sciupatelo (il fa diesis) con un trillo, c'è un trillo scritto dall'autore, ma non allungatelo troppo, bisogna che il fa diesis si senta bene [riprendono dalla 17, fino al re diesis della 19:1 Bene, dunque ci sono quattro dissonanze, e nessuna risoluzione, tranne nella battuta successiva, dove siamo appena arrivati [il re diesis della 19; l'allievo ripete le 17-19, poi dalla 17 alla fine dell'Allemande]. Sì, bene. Alla fine, c'è quello che Hotteterre chiama « silence d'ar- ticulation », così [canta la 21/2 con una lunga sospen- sione prima del penultimo mi, e terminando pianissi- mo], una grossa virgola. Molto più delle altre lingue nazionali, il francese era... doveva essere la migliore d'Europa, l'arte stessa del parlare, di fare un discor- so, così raffinata, e mai molto esplosiva come gli ita- liani o a volte i tedeschi, ma sempre molto raffinata, ma così espressiva, e così raffinata, che il pubblico ri- maneva [...], con piccole, in linguaggio musicale, con piccole dissonanze, piccole sospensioni, non dite l'ulti- ma parola troppo presto, che è un difficile artificio fran- cese, d'alta scuola [canta di nuovo l'ultima battuta,

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21/2, con una lunga sospensione prima del penultimo mi, e poi pianissimo ta taal.

Un'altra cosa che ho trovato nella tua esecuzione è che era un pochino troppo breve: anche questa è una cosa molto francese, a differenza della musica italia- na, che è esplicita, ha un carattere più pronunciato, è triste o è gaia, molto gaia, molto triste; e già i termini lo dicono: Allegro, Vivace, Allegro assai, Presto, Ada- gio, Grave, Lento, Largo... molto espliciti; mentre i fran- cesi non usano Allegro, e Allegro assai, niente; usano « Un peu vite », a volte « Vite », « Gai », « Un peu gai », « Allemande gaie », ma niente è molto pronunciato, è tutto moderato, eh? E questo è anche molto... è il cuore che brucia senza dirlo, è molto ipocrita, non dire mai quello che si pensa, tenerselo sempre dentro... non esse- re mai brutali, le buone maniere, comportarsi bene a tavola, questo francese, comportarsi bene è tavola... Anche la cucina francese è così, eh? molto raffinata, non troppo aglio... Se voi... doivete saperlo, io lo constato sempre quando viaggio in ¡Francia e quan- do viaggio in Italia, che tutte e due le cucine, quan- do sono curate, sono s emip li cernente eccellenti, tutte e due; ma la differenza fra le due cucine è che quella italiana è più esplicita, e quella francese molto più [...] ...la cucina francese non comincerebbe mai con un piatto di pastasciutta, non si fa, sarebbe troppo bru- tale per i francesi, troppo esplicito. Loro la pensano allo stesso modo, il senso della pastasciutta è di riem- pire lo stomaco, semplicemente; anche i francesi vor- rebbero riempirsi lo stornano, ma non è permesso, le buone maniere in qualche modo lo vietano... così co- minciano con qualche piccola soupe... Lo stesso con la musica; [...] nella musica francese niente è esplici- to, troppo marcato: niente è svelto, e niente è lento, niente è molto lungo, niente è molto breve, tutto sta nel mezzo-, sicché quando lui fa tatàaa ta ta ta ta ta taa, è troppo breve; non dev'essere neppure taarararararaa, che sarebbe troppo lungo, dev'essere giusto nel mezzo, in modo da poter essere tutte e due le cose, corto e tut- tavia non molto corto. Questo è il segreto della musica francese. Mi sono spiegato?

Vuoi provare ancora ima volta, il principio? I L'al- lievo suona le prime tre battute dell'Allemande]. Sì, bene, molto bene, adesso va bene. Qui forse dobbiamo parlare di un altro mezzo espressivo francese molto particolare, che è il cosiddetto «flattement», che è un tipo speciale... come 1« inégalité », un tipo speciale di vibrato parigino, di vibrato fatto con le dita. E' un vi- brato che non agisce come quello solito fatto col fiato su entrambi i lati della nota, ma soltanto dal disotto; e siccome questo si può farlo soltanto aggiungendo una parte delle dita più lontane l?l, si chiama vibrato fatto con le dita-, il termine francese è « flattement », smor- zare, flatter... e suona molto artificioso. Da usare sol- tanto sulle note che sono lunghe abbastanza, e che me- ritano ima certa attenzione, melodicamente o armoni- camente [suona la batt. 3 dell'Allemande, facendo il «flattement» sul dol. Sentite com'è appassionato, una cosa speciale, no? E molto bello. Vuoi provare? [Allie- vo: « sulle note lunghe? » 1 . No, soltanto su note spe- cialissime, direi soltanto su questa [il do della batt. 31... magari comincia dalla batt. 2 [l'allievo suona fino alla fine dela prima parte]. Sì, meglio; c'è ancora qualcosa di troppo pronunciato, troppo lungo o troppo corto, troppo forte, anche... la musica francese non è mai forte, sta sempre nel mezzo. [Domanda di una uditrice: « E il

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'tendrement'? perché anche la tendresse è francese, e a me sembra che lui (l'allievo) non pensi con tenerezza»]. Certo, dovrebbe essere molto intimo e tenero... E' diffi- cile renderlo, specialmente col flauto dolce, sul flauto traverso è più facile, si può suonare in modo più mor- bido... Il flauto dolce è così diretto, è una delle carat- teristiche dello strumento. Questi pezzi sono stati scritti originariamente per il traverso; ma Hotteterre stesso di- ce, nella prefazione, òhe è possibile trasporti una terza minore sopra, e suonarli con un flauto dolce. Ma debbo anche dire che col flauto dolce è più difficile che col traverso. E ciò che giova anche per suonarlo, per ren- derlo più « tendre », più tenero, è l'uso di diteggiature alternative; per esempio, quando suonate [suona le pri- me 3 battute dell'Allemande], questo mi [il mi della 31 sul flauto dolce, fatto con la posizione fondamentale, pollice-dndice, è troppo forte, troppo sonoro Í...1; an- drebbe fatto [suona il mi con la diteggiatura alterna- tiva, pollice-medio-anularel; o, in altre parale, le no- te dovrebbero essere non «buone», ma «cattive», mi spiego? questa nota in questo punto. Ora disgrazia- tamente in questo contesto la nota da suonare è un mi, e un mi sul flauto dolce, appartenendo alla scala di fa maggiore, è una nota buona, che suona bene. Oc- corre allora renderla « cattiva », e si può renderla cat- tiva se si fa in modo che non appartenga alla scala di fa maggiore, e allora il risultato sarà che sarà una nota cattiva. Così se diteggiate un fa, e poi lo abbas- sate artificialmente, possiamo dire, finché sia diventato un fa bemolle, il fa bemolle è mi, per cui avete la nota ma un suono diverso; ascoltate, questo è un mi, un mi fatto con un'altra diteggiatura [suona un mi con di- teggiatura alternativa]; questo è un fa [suona], che è anche una buona nota; ora, ci sono vari modi di abbas- sare un fa a fa bemolle [suona un fa bemolle con va- rie diteggiature!. Ogni nota buona ha almeno tre altre diteggiature, noi le chiamiamo diteggiature alternative, note «cattive». Vi farò un esempio, molto lentamente, in modo che possiate sentire bene: le note normali sa- rebbero [suona una scala discendente di fa maggiore con diteggiatura normale]; ora, con diteggiature alter- native per le note che stanno nei punti deboli [ripete, con diteggiature alternative]. E questo aiuta molto, specialmente nella musica francese. Ma questa è una raffinatezza, e all'inizio ci sono da studiare cose migliori delle diteggiature alternative, anche se è un argomento molto interessante. [L'allievo: « Forse servirebbe un flau- to di suono meno pieno, meno squillante? (more reedy) »1 [...] I flauti antichi hanno un suono molto meno rude di uno strumento moderno. [Altro allievo*. « Volevo chiedere una cosa. La tonalità originale di questo brano è in do minore; trasportato una terza minore sopra è in mi bemolle; forse è spiegato, ecco, allora sì che si sente questo carattere di tenerezza, perché è una to- nalità scomoda, solo che è insuonabile » 1 . Sì, certo; que- sta non è la sola ragione, ma è giusto, sarebbe già me- glio se la suonaste in mi bemolle... Quello che conta però è la relazione fra le note, con [le note! in assoluto [...]; in questo caso [fischia] sol-mi diventerebbero sol bemolle -mi bemolle, che sono entrambe note cattive; sicché la relazione, diciamo, fra le due note rimane la stessa... Così questa tonalità è meglio per lo stato d'ani- mo di tutto il pezzo, va bene; ma non è meglio per que- ste piccole differenze... è meglio per tutto il carattere- Giusto? mi sono spiegato bene? Bene. Grazie.

Ci sono domande? (Domanda: Per il vibrato con le

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dita bisogna eliminare il vibrato di gola, del diafram- ma? » 1 . Temo di nuovo che questo dipenda dallo stru- mento su cui si suona. Con uno strumento antico, o con una buona copia di uno strumento antico, la nota senza vibrato ha già un suono così incantevole che il bisogno di vibrare che si sente suonando uno strumento antico è molto molto molto minore che con uno stru- mento moderno; la ragione è che uno strumento moder- no, un flauto dolce moderno, un flauto traverso moder- no, un violino moderno, un piano moderno hanno un suono così aperto, deciso, da essere quasi brutale, hanno un suono brutale-, mentre tutti gli strumenti antichi, o le copie, hanno un suono velato, chei somiglia al tempo di oggi: oggi il sole non splendeva come ieri, ma c'era sul sole un velo leggero, delle piccole nuvole; gli strumenti antichi hanno un suono simile. [Domanda: « iE' l'età che dà agli strumenti antichi questa qua- lità, o è il modo in cui sono costruiti? » 1 . No, è la costruzione... ipiù un pochino l'età. Per il novanta- nove per cento è la costruzione, e anche il materiale... 1...1 La risposta alla domanda di prima, dunque, è che dipende... se suonassi questa musica con quel flauto fun flauto moderno] userei anche una dose maggiore di vi- brato vero e proprio, perché con uno strumento « bruta- le » il vibrato vela un po' le cose... Ma con uno stru- mento antico è già così [...1, che non c'è bisogno in real- tà di aggiungere un vibrato extra; dunque dipende, se si suona su uno strumento antico o su uno moderno. La differenza fra gli strumenti antichi e moderni è... c'è una cosa che vale per tutti gli strumenti, ad arco, a fiato, per il clavicembalo: gli strumenti nuovi hanno diciamo così un « motore » troppo potente rispetto alla carrozzeria. C'è la stessa tendenza nelle automobili: conoscete tutti quelle automobili, Fiat-Abarth, Morris, Austin, con motori potenziati, macchine molto picco- le, con motori veramente molto potenti: così quello che succede con queste macchine è che sono molto veloci; per i viaggi lunghi in autostrada non sono molto pia- cevoli: vanno bene per la città, perché sono molto ve- loci, scattanti, la guida invece non è così piacevole; per una guida morbida, piacevole, sarebbe bello avere una Chevrolet o una Rolls-Royce otto cilindri: queste non sono così scattanti, in città, con i semafori... E questo è proprio ciò che rende preferibili gli strumenti moderni se si suona in un'orchestra, e bisogna suonare una scaRa cromatica prestissimo, al segno del direttore d'orche- stra, immediatamente, e non troppo tardi; allora si ha bisogno di strumenti che rispondano subito, e questo è appunto il periodo in cui tutti quegli strumenti sono stati o ricostruiti di sana pianta, gli strumenti a fiato, o rimodellati, come gli strumenti ad arco antichi: non c'è nessuno Stradivari, nessun Amati e nessun Guarnieri ancora nelle condizioni originali, sono stati tutti rimo- dellati durante l'Ottocento: sicché quello che si sente dire, di un violinista che suona con uno Stradivari o un Amati originale, non è aff atto ivero, non è uno Stradivari originale, è una specie di Stradivari revisionato, lo stru- mento antico è stato cambiato internamente, tutta la co- struzione dello strumento, tutta cambiata. Ora, si po- trebbe sostenere, io la penso così, ma è un'opinione per- sonale, che come ideale costruttivo per un ingegnere automobilistico, il tipo Chevrolet, Oldsmobile, Rolls, que- ste grosse macchine in cui il motore è grosso, certo, ma anche la carrozzeria è molto grossa, siano uno stru- mento molto migliore, come macchina, come creazione, per l'equilibrio fra il motore e il corpo della macchina,

siano di per sé una creazione molto migliore di queste macchinette tipo Fiat-Abarth ecc. E a mio parere per il primo tipo si può parlare di bellezza, il secondo rien- tra nella categoria dei giocattoli, sono più simili a giocattoli. Ve ne accorgete quando suonate su ima co- pia, e poi su uno strumento moderno: lo strumento mo- derno vi sembra improvvisamente un giocattolo da bam- bini, molto infantile, una cosa assurda. Ma questo non vuol dire... La cosa principale è la vostra testa, l'essen- ziale della musica deve venir fuori non perché avete questo o quello strumento (domanda*. « Se è così, se que- sti strumenti antichi sono migliori dal punto di vi- sta musicale, perché non costruiamo degli strumenti così? » 1 . Oh, ma lo stiamo facendo: tutti gli strumenti a fiato vengono copiati in grande quantità in tutto il mondo... II costruttori hanno lunghe liste d'attesa, ma chiunque può ottenere uno strumento così. [Do- manda: « Nel vibrato fatto con le dita, nella musica francese, ci sono delle leggi che regolano il modo di variare, cioè, se uno mette il dito in un modo si ha un vibrato, oppure più leggero; insomma, c'è una certa regola? » 1 . Certo, ci sono delle regole, ossia ci sono un paio di fonti che dicono che bisogna coprire di più il foro e soffiare più forte se si vuole un vibrato robusto, e viceversa, che bisogna coprire il foro di meno e soffia- re più piano se si vuole un vibrato più sommesso. Ma non ci sono regole precise, non c'è nessuna regola che dice che il vibrato più debole dovete farlo in questi e questi e questi casi, e il vibrato più forte in questi e questi e questi altri. Questo non lo dicono; bisogna sco- prirlo personalmente, quando lo si fa. Buon gusto. [Do- manda: « Vorrei chiedere se c'è un motivo preciso per cui lei quando fa il vibrato muove le guance, cioè se è per rendere più morbido il vibrato oppure se è... »1. E' solo perché tutto, tutti i muscoli, siano il più rilassati possibile, non per altro; solo... per evitare ogni tensione. Dato che il flauto dolce non ha imboccatura, a differen- za del traverso, ci possiamo permettere di non far nulla. [Domanda-. « Ho letto da qualche parte che per le note alte bisogna incavare le guance... »1. Sì, è giusto, in effetti lo si fa automaticamente, è vero, perché le note vengono meglio, in certo modo; anche se è ima cosa molto meno importante che sul flauto traverso, dove è veramente necessario; col flauto dolce non c'è una vera necessità, le note vengono lo stesso... ma lo si fa automaticamente.

Altre domande? [Domanda: « Potrebbe dirci quali sono le note che non suonano 'bene' sul flauto dolce? » 1 . Tutte le note che non appartengono alla tonalità di fa maggiore: lo strumento è costruito nella tonalità di fa maggiore, e tutte le note che non appartengono a questa tonalità dovrebbero automaticamente essere un po' inferiori come qualità di suono. [Domanda: «Volevo sapere se ha dei consigli pratici da darci, a noi almeno allievi attivi, riguardo ai nostri problemi personali » 1 . Be', direi che anche se non avete un maestro, non so quanti di voi prendano lezioni settimanali, dunque se dovete lavorare da soli, direi che anche da soli potete fare parecchia strada, potete imparare moltissimo anche da soli. Naturalmente è più difficile, perché non c'è nes- suno che vi dica quando siete su una via sbagliata [...1; ma se si è intelligenti e si lavora molto lentamente e con molta pazienza, credo che si possa fare molto da soli, senza maestro. E' più difficile che con un maestro, sono d'accordo, non è una situazione ideale. Del re- sto anche con un maestro ci sono dei pericoli, special-

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mente nel caso di un'unica lezione settimanale, ci può essere una situazione poco propizia e non simpatica, col maestro qua e l'allievo là Ifa il gesto di indicare una grande distanza « gerarchica » 1 , una cosa assolutamente deprimente. Poi c'è anche sempre il pericolo che imitia- te troppo il maestro, naturalmente; è bene imitarlo un pochino, ho constatato, questo è naturale, che suo- niate un po' come il vostro maestro, ma... il pericolo c'è soprattutto quando ci sono queste sedute settima- nali col vostro... col vostro psichiatra. Sicché da questo punto di vista voi siete in una situazione felice, non avendo questi legami Í...1; dovete procedere con molta intelligenza, e quello che vi occorre so- pratutto è una buona conoscenza di voi stessi: fino a che punto potete andare, che cosa potete fare, come siete dotati a un certo momento... Io sono convinto che i nostri talenti, i nostri doni, non è che stiano lì, innati, dati una volta per tutte, ma che o li sviluppia- mo... o no. Perché voi avete un certo numero di talenti, tutti, ciascuno di noi ne ha magari un centinaio, o giù di lì; e uno si sviluppa e l'altro no, e il talento numero 49 svanisce addirittura, il talento numero 51 fa un passo avanti, e così via. C'è uno stimolo reciproco, un andi- rivieni continuo... be', è la vita, senza dubbio. Ora, se voi sapete con precisione quanto grande è il vostro ta- lento per un settore particolare, per un capitoletto, nel vostro caso, del far musica, del suonare il flauto dolce, allora voi... è più facile che facciate un passo avanti; e se per il momento non avete talento per un altro aspetto della musica, non cercate di lavorare a questo settore, perché non servirebbe a nulla. Per fare pro- gressi occorre talento, mi spiego? Così, se fate un elen- co dei vostri talenti: talento per la bellezza del suono, talento per la diteggiatura, talento per l'articolazione, talento per il ritmo, talento per la melodia, talento per l'ambito musicale, considerato storicamente, in cui state lavorando... ne nomino solo alcuni. Supponiamo che abbiate otto talenti: dovete essere capaci di scoprire in voi stessi quale talento è per il momento il più forte. Può darsi che sia il talento numero 4, quello per la me- lodia, d'accordo? e magari gli altri non sono ancora così forti, allora dovete prendere la palla al balzo e studiare la melodia, finché il ivostro talento per essa si trova in prima linea. Perché allora farete dei grandi progressi in questo campo. Bene, allora vi troverete con un talento molto sviluppato, mentre gli altri sono rimasti molto indietro. Allora dovete conoscervi così bene, da riuscire a indovinare qual è, dopo il primo, il vostro talento migliore. E' come quando si gioca a scacchi, qual è la mossa migliore? Debbo studiare la rit- mica, l'armonia, debbo leggere di più sulla storia del mio strumento, cosa debbo dire? bene, scelgo questo, magari il ritmo. Di modo che tutto un po' alla volta venga in primo piano; è una questione di autocoscienza, di conoscenza di sé.

Quello che non ha senso è suonare e basta, come

vien viene: questo non ha assolutamente senso. E anche, non cercate di suonare un'opera da cima a fondo, in tutti i suoi aspetti, perché non potete, non è possibile: cercate di fare un aspetto per volta. Quando studiate questo pezzo di Hotteterre, non ha senso suonarlo e ri- suonarlo tutto quanto; se pensate che dovreste lavorare alle note, allora lo studio numero 1 sarà semplicemen- te di fare l suona separatamente le singole note dell'ini- zio dell'Allemande, lungamente e fortel senza preoccu- parvi dell'articolazione, tornando all'infanzia; poi con un'articolazione molto tenue; niente vibrato, niente ritmo, niente linea melodica, le note nude e crude... imparate a suonarle bene [ripete le note della batt. 1, fino al re diesis della 2, una per unal. E se vi sembra di essere diventati abbastanza bravi in questo, vi riposate per un po' e fate qualcos'altro; ma questo è uno studio che dura tre mesi, non un giorno, tre mesi soltanto questo. [Un allievo: « Bisogna trovare la giusta pressione, per il fiato » 1 . Esattamente, il flauto deve diventare parte del vostro corpo... [perchè poi ogni nota ha biso- gno di uno pressione particolare»!. Appunto, proprio così, quello che dovete acquistare è un istinto in- fallibile per la pressione. E non soltanto con que- ste note, di Hotteterre, ma anche con altre [suona alcune note, alte e basse 1; di modo che a lungo andare, dopo tre mesi, ogni nota che suonate col flauto dolce, se non avete contro il mondo intero e tutta quanta la musica, ogni nota avrà sempre un suono perfetto. In questo modo non avrete imparato nulla del pezzo di Hotteterre, ma avrete imparato molto su tutta la musica antica che suonerete in futuro; perché quando, dopo di questo, suonerete Händel [accenna col flauto l'Alle- gro della Sonata in la minorei, non lo suonerete più così [ripete, smozzicando le note], perché questo non sarà più il vostro livello; il vostro livello, quello che avrete insegnato a voi stessi, sarà di suonare... di fare dei suoni [suona le stesse note, con più «corpo»!. Avre- te imparato la qualità, la qualità del suono. Bene, allora avrete fatto un passo, con un talento; e poi ci saranno altri dieci o venti passi o più da fare, e vi ci vuole un periodo... be', tutta la vita, come vi dicevo, tutta la vita di studio e di pazienza. [Domanda: «Questo studio può essere fatto con note tenute, cominciando dalla più bassa alla più acuta, senza rapporto con Sonate qualsiasi, oppure è meglio avere... cioè, prendere una Sonata e stu- diare i suoni così?»!. No, questo è soltanto un prete- sto, ma potete prendere quello che vi pare. La cosa prin- cipale è sapere che cos'è che vi giova, che vi è utile- Questa potrebbe essere una definizione del talento, una delle definizioni del talento: una persona che ha talen- to sa sempre cos'è che le giova. Ed è vero, non agirà mai in modo da danneggiare... il suo molto egocentrico io...

Bene, grazie di cuore per l'ascolto. Spero che la prossima volta avremo fatto tutti dei progressi.

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Page 22: Due giorni con Frans Brüggen

L. E. Vorsterman (1595-1675) - Incisione - Dalla collezione del Dipartimento di Musica del Gemeentemuseum, l'Aia, Olanda

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